Appunti di geometria del piano

Appunti di geometria del piano
Gianpaolo Prina
Istituto Prof. “G. Sismondi” – Pescia
Anno scolastico 2010-2011
La geometria e gli enti primitivi
La geometria è la disciplina che descrive e studia le proprietà di figure individuate come rappresentazioni ideali degli oggetti reali. Essa è stata esposta in forma razionale e sistematica negli
Elementi, opera del matematico greco Euclide (III secolo a.C.). Da più di duemila anni questo
testo è considerato fondamentale nella formazione matematica di base, e la geometria elementare
viene per questa ragione denominata “geometria euclidea”.
I primi oggetti (o meglio “enti ”) considerati dalla geometria sono i cosiddetti enti primitivi : il
punto; la retta; il piano. Di essi non è possibile dare una definizione formale, ma ci si deve affidare
all’intuizione per avere una rappresentazione esatta del concetto: il punto non ha dimensioni ed
è quindi un’entità assolutamente immateriale; la retta ha la sola dimensione della lunghezza ed è
illimitata, ossia non ha inizio né fine; il piano è “infinitamente sottile”, ossia non ha spessore, ma si
estende illimitatamente in tutte le direzioni. Per gli scopi pratici, si può dare una rappresentazione
approssimata degli enti primitivi, ed è ciò che si fa abitualmente quando ad esempio si traccia su
carta o su lavagna, mediante un opportuno strumento di scrittura, un punto (che in realtà è qualcosa
di simile a un cerchietto), oppure una retta (che in realtà è qualcosa di simile a un rettangolo “molto
stretto” e comunque di lunghezza finita, date le dimensioni finite del supporto su cui si scrive).
Tutti gli altri enti di cui la geometria si occupa necessitano invece di una definizione, ossia di
una frase in cui a ciascun ente viene associato un nome e vengono presentate le sue caratteristiche.
Naturalmente, nel “corpo” della definizione potranno essere presenti soltanto enti primitivi, enti
già definiti in precedenza, o termini del linguaggio comune.
Esempio: la frase: “Un parallelogramma è un quadrilatero con i lati opposti paralleli” definisce
correttamente l’ente geometrico “parallelogramma”, a condizione di aver già fornito definizioni
corrette per i termini “quadrilatero”, “lati”, “opposti”, “paralleli”.
Alcune definizioni fondamentali
Def.: Una semiretta è ciascuna delle due parti in cui una retta viene divisa da un suo punto. Tale
punto è detto origine delle due semirette. Le due semirette che appartengono alla stessa retta
ed hanno la stessa origine si dicono opposte.
Def.: Un semipiano è ciascuna delle due parti in cui il piano viene diviso da una sua retta.
Def.: Un segmento è la parte di retta delimitata da due suoi punti. Tali punti si dicono estremi del
segmento.
Def.: Un angolo è la parte di piano compresa fra due semirette aventi la stessa origine. L’origine
comune è detta vertice dell’angolo; le due semirette sono i lati dell’angolo stesso.
Def.: Due segmenti si dicono consecutivi quando hanno un estremo in comune.
Def.: Due segmenti si dicono adiacenti quando sono consecutivi ed appartengono alla stessa retta.
Def.: Due rette appartenenti allo stesso piano si dicono parallele se non hanno punti in comune.
Def.: Due angoli si dicono consecutivi quando hanno in comune il vertice ed un lato, e giacciono
nei due semipiani opposti ripetto al lato in comune.
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Def.: Due angoli si dicono adiacenti quando sono consecutivi e i due lati non comuni sono due
semirette opposte.
Def.: Un angolo si dice piatto quando i suoi lati sono due semirette opposte (l’angolo piatto coincide
con un semipiano).
Def.: L’angolo giro è l’angolo i cui lati sono semirette coincidenti (l’angolo giro coincide con l’intero
piano).
Def.: L’angolo retto è la metà di un angolo piatto.
Def.: Due rette si dicono perpendicolari se incontrandosi formano quattro angoli retti.
Convenzioni di rappresentazione
• I punti sono indicati con le lettere maiuscole dell’alfabeto: A, B, C, D, . . .
• Le rette sono indicate con le lettere minuscole dell’alfabeto: a, b, c, d, . . .
• I piani sono indicati con le lettere minuscole dell’alfabeto greco: α (alfa), β (beta), γ (gamma),
δ (delta), . . .
• Gli angoli sono anch’essi indicati con le lettere minuscole dell’alfabeto greco, oppure con le
lettere corrispondenti agli estremi dei segmenti che delimitano l’angolo (es.: AB̂C)
Postulato - teorema - dimostrazione
Le proposizioni che descrivono le relazioni tra enti geometrici si distinguono in due categorie:
• postulati o assiomi: sono proposizioni fondamentali, che devono essere accettate come vere
senza dimostrazione per poterne ricavare altre proprietà o relazioni;
• teoremi: sono proposizioni che necessitano di una dimostrazione, ossia di una sequenza di
deduzioni logiche mediante le quali, partendo da affermazioni considerate vere (ipotesi ), si
arriva ad accettare come vera una nuova affermazione (tesi ).
Alcune osservazioni riguardo a ciò che è ammesso o non ammesso in una dimostrazione:
• È sempre ammesso il ricorso ai postulati e ai teoremi già dimostrati in precedenza; non è
ammesso l’uso di semplici considerazioni del tipo “è evidente che...”, “si vede che...”, ecc.
• È sempre ammesso integrare la figura iniziale mediante la costruzione di elementi (punti, rette, segmenti, ecc.) che possano risultare utili ai fini della dimostrazione, purché le
costruzioni stesse siano realizzabili con riga e compasso (ad esempio, non sarebbe ammessa
una costruzione che prevedesse di dividere un angolo in tre parti uguali, dal momento che
tale costruzione non è realizzabile con riga e compasso).
• In molti casi (ma non sempre!) è possibile scambiare l’ipotesi con la tesi, ottenendo cosı̀ un
nuovo teorema che prende il nome di teorema inverso di quello originario.
Alcuni postulati:
Post.: Per un punto di un piano passano infinite rette.
Post.: Per due punti distinti di un piano passa una ed una sola retta.
Post.: Per tre punti non allineati passa uno ed un solo piano.
Post.: Dati, su un piano, una retta ed un punto esterno alla retta, esiste una ed una sola retta che
passa per quel punto ed è parallela alla retta data.
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La congruenza delle figure
Si dovrebbe correttamente usare il termine “uguaglianza” soltanto per indicare la coincidenza punto
per punto di due figure. Per indicare, invece, la sovrapponibilità punto per punto di due figure
distinte si usa il termine più specifico “congruenza”. Dato il carattere fortemente semplificativo
della presente trattazione, sarà in generale consentito usare il termine “uguaglianza” (e suoi derivati)
anche nel significato di “congruenza”.
Def.: Due figure si dicono congruenti se risultano sovrapponibili punto per punto l’una sull’altra
mediante un movimento rigido, ossia un movimento che consente di trasportare le figure senza
deformarle.
Confronto, somma e differenza di segmenti ed angoli
Confrontare due segmenti significa stabilire se sono o meno congruenti e, in caso negativo, quale
dei due è il maggiore. Per effettuare il confronto basterà trasportare mediante un movimento rigido
uno dei due segmenti sull’altro in modo che due loro estremi coincidano. Se anche i secondi estremi
coincidono, i due segmenti risultano congruenti, in caso contrario non sono congruenti.
Per ottenere la somma di due segmenti occorre innanzitutto trasportare il secondo in posizione
adiacente al primo; il segmento somma è quello che ha per estremi i loro estremi non comuni.
[Si lascia come esercizio la descrizione del procedimento per ottenere la differenza di due segmenti
(di cui il primo evidentemente maggiore del secondo), come pure le operazioni di confronto, somma
e differenza di angoli.]
Dal confronto e dalla somma di angoli discendono le seguenti definizioni:
Def.: Due angoli si dicono supplementari se la loro somma è un angolo piatto (due angoli adiacenti ,
per quanto osservato in precedenza, sono quindi supplementari).
Def.: Due angoli si dicono complementari se la loro somma è un angolo retto.
Def.: Un angolo si dice acuto se è minore di un angolo retto.
Def.: Un angolo si dice ottuso se è maggiore di un angolo retto e minore di un angolo piatto.
Def.: Si definisce bisettrice di un angolo la semiretta, uscente dal vertice, che divide l’angolo in due
angoli congruenti.
e i seguenti teoremi (di cui si tralascia la dimostrazione):
Teor.: Due angoli complementari di uno stesso angolo sono congruenti.
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Teor.: Due angoli supplementari di uno stesso angolo sono congruenti.
Teor.: Due angoli opposti al vertice (ossia aventi il vertice in comune e i lati appartenenti alle stesse
rette) sono congruenti.
Angoli formati da due rette parallele tagliate da una trasversale
Consideriamo nel piano due rette parallele r e s, intersecate da una terza retta (“trasversale”) t; si
individuano otto angoli che sono denominati come segue:
Corrispondenti:
Alterni interni:
Alterni esterni:
Coniugati interni:
Coniugati esterni:
α, α0
δ, β 0
α, γ 0
δ, α0
α, δ 0
;
;
;
;
;
β, β 0 ; γ, γ 0 ; δ, δ 0
γ, α0
β, δ 0
γ, β 0
β, γ 0
Con riferimento alla nomenclatura appena introdotta, si ha il seguente importante teorema (di cui
si tralascia la dimostrazione):
Teor.: Due rette parallele tagliate da una trasversale formano:
– angoli corrispondenti congruenti
– angoli alterni (interni ed esterni) congruenti
– angoli coniugati (interni ed esterni) supplementari
In questo caso è anche possibile scambiare l’ipotesi con la tesi, e risulta quindi anche vero il teorema
inverso:
Teor.: Se due rette tagliate da una trasversale formano angoli corrispondenti congruenti, oppure
angoli alterni (interni o esterni) congruenti, oppure angoli coniugati (interni o esterni) supplementari, allora le due rette sono parallele.
Poligoni - triangoli
Alcune definizioni preliminari:
Def.: Una figura costituita da segmenti a due a due consecutivi è detta poligonale; i segmenti stessi
si dicono lati della poligonale.
Def.: Una poligonale è chiusa se l’ultimo estremo coincide con il primo; in caso contrario la
poligonale si dice aperta.
Def.: Una poligonale si dice intrecciata se due suoi lati non consecutivi si intersecano.
Def.: Si definisce poligono la parte di piano delimitata da una poligonale chiusa non intrecciata.
Def.: Un triangolo è un poligono delimitato da tre lati; i punti estremi dei tre lati si dicono vertici
del triangolo; il vertice non appartenente a un lato si dice opposto al lato stesso.
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Somma degli angoli di un triangolo
Teor.: La somma degli angoli di un triangolo è congruente a un angolo piatto.
Dimostrazione.
Ipotesi: ABC è un triangolo
Tesi: Â + B̂ + Ĉ = angolo piatto
Costruiamo la retta passante per C e parallela al lato AB (il postulato visto in precedenza
assicura l’esistenza e l’unicità di tale retta; se ne vedrà in seguito una costruzione elementare con
riga e compasso). Per il teorema delle rette parallele tagliate da una trasversale risulta:
• B ÂC = AĈH = α perché angoli alterni interni di rette parallele tagliate da una trasversale
• AB̂C = B ĈK = β perché angoli alterni interni di rette parallele tagliate da una trasversale
Si ha quindi  + B̂ + Ĉ = α + β + γ = AĈH + AĈB + B ĈK = angolo piatto.
Somma degli angoli di un poligono qualsiasi
Def.: Si definisce diagonale di un poligono un segmento che unisce un vertice con un altro vertice
non consecutivo.
Teor.: La somma degli angoli di un poligono di n lati è congruente a (n − 2) angoli piatti.
Dimostrazione.
Tracciando tutte le diagonali uscenti da un vertice (ad esempio da A), il poligono di n lati risulta
suddiviso in (n − 2) triangoli, e la somma degli angoli del poligono è uguale alla somma degli angoli
di questi (n − 2) triangoli, ossia (n − 2) angoli piatti, per il teorema appena dimostrato.
Classificazione dei triangoli
Un criterio per classificare i triangoli è quello basato sulla congruenza dei lati:
Def.: Un triangolo è equilatero quando ha i tre lati congruenti.
Def.: Un triangolo è isoscele quando ha due lati congruenti. Nel triangolo isoscele, il lato non
congruente agli altri viene solitamente detto base e i due angoli ad esso adiacenti vengono
detti angoli alla base; gli altri due lati vengono solitamente detti lati obliqui .
Def.: Un triangolo è scaleno quando ha i tre lati tra loro non congruenti.
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Un altro criterio è quello basato sugli angoli:
Def.: Un triangolo è rettangolo quando ha un angolo retto. I due lati che formano l’angolo retto
sono detti cateti ; il lato opposto all’angolo retto è detto ipotenusa.
Def.: Un triangolo è ottusangolo quando ha un angolo ottuso.
Def.: Un triangolo è acutangolo quando ha i tre angoli acuti.
Osservazione: se un triangolo ha un angolo retto oppure un angolo ottuso, gli altri due angoli sono
necessariamente acuti, in quanto la somma degli angoli di un triangolo – come è stato dimostrato
in precedenza – è congruente a un angolo piatto.
Altezze - mediane - bisettrici
Def.: Si definisce altezza relativa a un lato di un triangolo il segmento di perpendicolare condotto
da un vertice al lato opposto. In un triangolo vi sono tre altezze, che si incontrano in un
punto (non necessariamente interno al triangolo) detto ortocentro.
Def.: Si definisce mediana relativa a un lato di un triangolo il segmento che unisce un vertice con
il punto medio del lato opposto. In un triangolo vi sono tre mediane che si incontrano in un
punto (interno al triangolo) detto baricentro.
Def.: Si definisce bisettrice relativa a un vertice di un triangolo il segmento appartenente alla bisettrice dell’angolo e interno al triangolo. Le bisettrici dei tre angoli di un triangolo si incontrano
in un punto (interno al triangolo) detto incentro.
Congruenza dei triangoli
Come già detto in precedenza, per affermare che due triangoli sono congruenti è necessario dimostrare che essi sono sovrapponibili punto per punto. I criteri di congruenza dei triangoli sono,
per cosı̀ dire, delle “scorciatoie” che consentono di dimostrare la congruenza di due triangoli a
partire da un numero ridotto di elementi (tre del primo triangolo e tre del secondo). Sono tra gli
enunciati più importanti di tutta la geometria, in quanto proprio sulla congruenza dei triangoli è
basata la dimostrazione di moltissimi teoremi.
Primo criterio di congruenza dei triangoli. Due triangoli sono congruenti se hanno
rispettivamente congruenti due lati e l’angolo compreso.
Secondo criterio di congruenza dei triangoli. Due triangoli sono congruenti se hanno
rispettivamente congruenti due angoli e il lato compreso [oppure: un lato e i due angoli ad esso
adiacenti].
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Terzo criterio di congruenza dei triangoli. Due triangoli sono congruenti se hanno i tre
lati rispettivamente congruenti.
Proprietà del triangolo isoscele
Teor.: In un triangolo isoscele, gli angoli alla base sono congruenti.
Teor.: In un triangolo isoscele, la bisettrice dell’angolo opposto alla base è anche mediana e altezza
relativa alla base.
Dimostrazione.
Ipotesi: AC = BC ; AĈH = B ĈH
Tesi: B ÂC = AB̂C ; AH = BH ; C ĤA = C ĤB = angolo retto.
Confrontiamo i triangoli ACH e BCH. Essi hanno:
• AC = BC per ipotesi
• il lato CH in comune
• AĈH = B ĈH per ipotesi
Essi risultano dunque congruenti per il primo criterio di congruenza. Hanno pertanto tutti gli elementi corrispondenti congruenti, e in particolare B ÂC = AB̂C, AH = BH e C ĤA = C ĤB. Questi
ultimi, in particolare, risultano angoli retti in quanto, essendo congruenti e adiacenti, ciascuno di
essi è la metà di un angolo piatto.
Per i due teoremi appena descritti valgono anche le relazioni inverse:
Teor.: Se in un triangolo due angoli sono congruenti, il triangolo è isoscele.
Teor.: Se in un triangolo la bisettrice di un angolo è anche mediana (oppure altezza) relativa al lato
opposto, il triangolo è isoscele.
[Le dimostrazioni di questi teoremi si lasciano per esercizio: si tratta come al solito di verificare la congruenza di due triangoli in base a uno dei criteri visti in precedenza, e di dedurre quindi la congruenza
degli elementi corrispondenti nei due triangoli in questione].
Congruenza dei triangoli rettangoli
Dai criteri di congruenza dei triangoli e dalle proprietà del triangolo rettangolo derivano i seguenti
teoremi (talora chiamati “criteri di congruenza dei triangoli rettangoli”):
Teor.: Due triangoli rettangoli sono congruenti se hanno i due cateti rispettivamente congruenti. [Dim.: direttamente dal primo criterio di congruenza dei triangoli, in quanto l’angolo
“compreso” è l’angolo retto.]
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Teor.: Due triangoli rettangoli sono congruenti se hanno rispettivamente congruenti un lato (cateto
o ipotenusa) e uno degli angoli acuti. [Dim.: per il teorema della somma degli angoli di un
triangolo, anche i rimanenti angoli (acuti) risultano congruenti, e i due triangoli sono quindi
congruenti per il secondo criterio.]
Teor.: Due triangoli rettangoli sono congruenti se hanno rispettivamente congruenti un cateto e
l’ipotenusa. [Dim.: Non è possibile in questo caso applicare direttamente uno dei criteri
esaminati in precedenza, in quanto le ipotesi non sono verificate (non si considera infatti tra
le ipotesi la congruenza di “due lati e l’angolo compreso” né di “due angoli e il lato compreso”).
Si immagini allora di spostare mediante un movimento rigido uno dei due triangoli fino a far
combaciare tra loro i due cateti congruenti: si ottiene in questo modo un triangolo isoscele
in cui il cateto comune è altezza relativa alla base. Per quanto osservato in precedenza,
l’altezza relativa alla base di un triangolo isoscele è anche mediana, quindi anche i secondi
cateti risultano congruenti e risulta provata la congruenza dei triangoli per il terzo criterio.]
Parallelogrammi
Def.: Un quadrilatero è un poligono delimitato da quattro lati; i lati non consecutivi si dicono
opposti .
Def.: Un parallelogramma è un quadrilatero con i lati opposti paralleli.
Teor.: In un parallelogramma valgono le seguenti proprietà:
(a) ciascuna diagonale lo divide in due triangoli congruenti;
(b) i lati opposti sono congruenti;
(c) gli angoli opposti sono congruenti;
(d) gli angoli adiacenti a ogni lato sono supplementari;
(e) le diagonali si incontrano nel loro punto medio.
Dimostrazione.
Confrontiamo i due triangoli ABD e BCD. Essi hanno:
• il lato BD in comune;
• AB̂D = C D̂B perché angoli alterni interni formati dalle parallele AB e CD tagliate dalla
trasversale BD;
• AD̂B = C B̂D perché angoli alterni interni formati dalle parallele AD e BC tagliate dalla
trasversale BD.
I due triangoli sono quindi congruenti per il secondo criterio di congruenza (tesi a); hanno pertanto
tutti gli elementi corrispondenti congruenti, ed in particolare:
- AB = DC e AD = BC (tesi b)
- DÂB = B ĈD (tesi c) [in maniera analoga, tracciando l’altra diagonale e considerando i
triangoli ABC e ACD, si dimostra la congruenza degli angoli AB̂C e AD̂C]
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Gli angoli  e B̂ del parallelogramma sono angoli coniugati interni formati dalle parallele AD
e BC tagliate dalla trasversale BD: essi risultano quindi supplementari; analoga conclusione per
gli angoli B̂ e Ĉ (tesi d ).
Per dimostrare la tesi e occorre tracciare anche la seconda diagonale AC e, indicato con O il
punto d’intersezione delle due diagonali, confrontiamo i due triangoli AOB e COD. Essi hanno:
• AB = DC appena dimostrato (tesi b del teorema precedente);
• AB̂O = OD̂C perché angoli alterni interni formati dalle parallele AB e CD tagliate dalla
trasversale BD;
• B ÂO = OĈD perché angoli alterni interni formati dalle parallele AB e CD tagliate dalla
trasversale AC.
I due triangoli sono quindi congruenti per il secondo criterio di congruenza ed hanno pertanto tutti
gli elementi corrispondenti congruenti, in particolare AO = OC e OB = OD, (tesi e).
Nel teorema precedente l’ipotesi può essere scambiata con ciascuna delle tesi b - c - d - e,
ottenendo i seguenti teoremi (inversi del precedente):
Teor.: Se un quadrilatero ha i lati opposti congruenti, esso è un parallelogramma.
Teor.: Se un quadrilatero ha gli angoli opposti congruenti, esso è un parallelogramma.
Teor.: Se un quadrilatero ha gli angoli adiacenti a ciascun lato supplementari, esso è un parallelogramma.
Teor.: Se in un quadrilatero le diagonali si incontrano nel loro punto medio, esso è un parallelogramma.
Riportiamo la dimostrazione del primo di questi teoremi, lasciando le rimanenti come esercizio.
Ipotesi: AB = DC e AD = BC
Tesi: ABCD è un parallelogramma
Dimostrazione.
Confrontiamo i due triangoli ABD e BCD. Essi hanno:
• il lato BD in comune;
• AB = DC e AD = BC per ipotesi
I due triangoli sono quindi congruenti per il terzo criterio di congruenza; hanno pertanto tutti gli
elementi corrispondenti congruenti, ed in particolare:
- AB̂D = B D̂C;
- AD̂B = DB̂C.
Poiché questi angoli sono alterni interni di due rette tagliate da una trasversale, le rette stesse
risultano parallele, da cui segue la tesi.
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Osservazione: non è invece possibile scambiare la tesi a con l’ipotesi originaria, ossia non
è vero che “se un quadrilatero è diviso da una diagonale in due triangoli congruenti, esso è un
parallelogramma”, come è evidenziato dalla figura seguente, in cui i due triangoli ABD e BCD
sono effettivamente congruenti, mentre il quadrilatero ABCD non è un parallelogramma.
Rettangolo
Def.: Un rettangolo è un parallelogramma con i quattro angoli congruenti [ovvero: con i quattro
angoli retti].
Teor.: In un rettangolo le diagonali sono congruenti.
Dimostrazione.
Confrontiamo i due triangoli ABD e ABC. Essi hanno:
• il lato AB in comune;
• AD = BC perché lati opposti di un parallelogramma;
• Â = B̂ perché entrambi retti.
I due triangoli sono quindi congruenti per il primo criterio di congruenza; hanno pertanto tutti gli
elementi corrispondenti congruenti, ed in particolare AC = BD (tesi).
È possibile scambiare l’ipotesi con la tesi, ottenendo il teorema inverso:
Teor.: Se un parallelogramma ha le diagonali congruenti, esso è un rettangolo.
Dimostrazione.
Confrontiamo i due triangoli ABD e ABC. Essi hanno:
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• il lato AB in comune;
• AD = BC perché lati opposti di un parallelogramma;
• AC = BD per ipotesi.
I due triangoli sono quindi congruenti per il terzo criterio di congruenza; hanno pertanto tutti gli
elementi corrispondenti congruenti, ed in particolare  = B̂. Questi due angoli, essendo anche supplementari in quanto angoli adiacenti ad un lato di un parallelogramma, risultano quindi entrambi
retti (tesi).
Rombo
Def.: Un rombo è un parallelogramma con i quattro lati congruenti.
Teor.: In un rombo le diagonali sono perpendicolari e bisettrici degli angoli.
Dimostrazione.
Il triangolo ADC è isoscele perché AD = DC per ipotesi. Il segmento DO è mediana relativa
alla base, in quanto O è punto medio di AC (in un parallelogramma le diagonali si incontrano nel
loro punto medio). Quindi DO, essendo mediana relativa alla base di un triangolo isoscele, è anche
altezza e bisettrice (tesi).
Anche in questo caso è possibile scambiare l’ipotesi con la tesi, ottenendo i due teoremi inversi:
Teor.: Se un parallelogramma ha le diagonali perpendicolari, esso è un rombo.
Teor.: Se un parallelogramma ha le diagonali che sono bisettrici degli angoli, esso è un rombo.
[Le dimostrazioni di questi due teoremi sono lasciate per esercizio.]
Osservazione (sui teoremi inversi del rettangolo e del rombo): è necessario precisare nell’ipotesi
che si tratta di un “parallelogramma” e non di un “quadrilatero” qualsiasi: non è infatti vero, in
generale, che “se un quadrilatero ha le diagonali congruenti, esso è un rettangolo” oppure che “se
un quadrilatero ha le diagonali perpendicolari, esso è un rombo”, come evidenziano le due figure
seguenti:
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Quadrato
Def.: Un quadrato è un parallelogramma con i lati e gli angoli congruenti.
Teor.: Un quadrato ha le diagonali congruenti, perpendicolari e bisettrici degli angoli.
Dimostrazione.
Poiché, in base alla definizione, il quadrato è sia un rettangolo, sia un rombo, esso presenta le
medesime proprietà del rettangolo (diagonali congruenti) e del rombo (diagonali perpendicolari e
bisettrici degli angoli).
Valgono anche i teoremi inversi, per la cui dimostrazione basta riferirsi direttamente ai corrispondenti teoremi relativi al rettangolo e al rombo:
Teor.: Se un parallelogramma ha le diagonali congruenti e perpendicolari, esso è un quadrato.
Teor.: Se un parallelogramma ha le diagonali congruenti e bisettrici degli angoli, esso è un quadrato.
Fascio di rette parallele
Teor.: Dato un fascio (ovvero un insieme) di rette parallele tagliato da due trasversali, a segmenti congruenti su una delle due trasversali corrispondono segmenti congruenti sull’altra
trasversale.
Dimostrazione.
Ipotesi: r, s, t, u parallele ; AB = CD
Tesi: A0 B 0 = C 0 D0
Costruiamo le rette parallele a q e passanti rispettivamente per A e per C (il postulato delle
parallele assicura l’esistenza ed unicità di ciascuna delle due rette). Mediante questa costruzione si
individuano i triangoli AM B e CN D che hanno:
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• AB = CD per ipotesi
• M B̂A = N D̂C e M ÂB = N ĈD perché angoli corrispondenti di rette parallele tagliate da
una trasversale
I due triangoli sono dunque congruenti per il secondo criterio di congruenza; hanno pertanto tutti
gli elementi corrispondenti congruenti, ed in particolare AM = CN .
I quadrilateri AM B 0 A0 e CN D0 C 0 sono parallelogrammi per costruzione, quindi hanno i lati
opposti congruenti ed in particolare AM = A0 B 0 e CN = C 0 D0 .
Dalle congruenze AM = A0 B 0 , CN = C 0 D0 e AM = CN si ricava infine (proprietà transitiva
della congruenza) la relazione A0 B 0 = C 0 D0 (tesi).
Il trapezio
Def.: Un trapezio è un quadrilatero con due soli lati paralleli. I due lati paralleli si chiamano basi
del trapezio (base maggiore il più lungo, base minore il più corto); gli altri due lati, non
paralleli, si chiamano lati obliqui ; la distanza tra le due basi è l’altezza del trapezio.
Def.: Un trapezio è isoscele se ha i due lati obliqui congruenti.
Def.: Un trapezio è rettangolo se ha uno dei lati obliqui perpendicolare alle basi.
Def.: Un trapezio che non sia né isoscele né rettangolo è detto scaleno.
Teor.: In un trapezio isoscele, gli angoli adiacenti a ciascuna base sono congruenti.
Dimostrazione.
Tracciamo le altezze DH e CK e confrontiamo i triangoli rettangoli ADH e BCK. Essi hanno:
• AD = BC per ipotesi
• DH = CK per costruzione (lati opposti del rettangolo CDHK)
Essi risultano quindi congruenti, in quanto triangoli rettangoli con l’ipotenusa e un cateto rispettivamente congruenti; hanno pertanto gli elementi corrispondenti congruenti, ed in particolare  = B̂
(tesi). Infine, anche gli angoli Ĉ e D̂ del trapezio risultano congruenti, in quanto supplementari di
angoli congruenti.
Scambiando l’ipotesi con la tesi, abbiamo il teorema inverso:
Teor.: Se in un trapezio gli angoli adiacenti a una delle basi sono congruenti, il trapezio è isoscele.
Dimostrazione.
Nella figura precedente, basta osservare che i due triangoli ADH e BCK hanno ora  = B̂
(per ipotesi) e DH = CK (per costruzione); sono quindi congruenti perché triangoli rettangoli
con un cateto ed un angolo acuto rispettivamente congruenti, ed hanno pertanto tutti gli elementi
corrispondenti congruenti, in particolare AD = BC (tesi).
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Alcune costruzioni elementari con riga e compasso
1. Costruzione della retta parallela a una retta data e passante per un punto esterno
Si voglia costruire la retta passante per P e parallela alla retta r. Scelti due punti qualsiasi A e B
su r, si traccia un arco di circonferenza con centro P e raggio AB e successivamente un secondo
arco con centro B e raggio AP . Il punto Q d’intersezione dei due archi determina con A, B e P
un quadrilatero che risulta essere un parallelogramma in quanto i lati opposti AB, P Q e AP, BQ
sono congruenti per costruzione. Quindi la retta s individuata da P e Q risulta parallela a r come
si voleva.
2. Divisione di un segmento in un numero qualsiasi di parti congruenti
Il teorema del fascio di rette parallele consente di ricavare un metodo pratico per suddividere un
segmento dato in un numero qualsiasi di parti tra loro congruenti.
Si supponga ad esempio di dover dividere il segmento dato AB in 5 parti congruenti.
Si traccia una semiretta uscente da A con direzione qualsiasi, sulla quale si riportano, a partire
da A, 5 segmenti adiacenti e congruenti (basta puntare il compasso in A con apertura qualsiasi e
tracciare un arco che interseca la semiretta in un punto N 0 , e poi ripetere quattro volte la stessa
operazione con la medesima apertura). Si unisce con B l’estremo E dell’ultimo segmento cosı̀
costruito e si tracciano le rette N 0 N, O0 O, P 0 P, Q0 Q parallele a BE e passanti rispettivamente per
i punti N 0 , O0 , P 0 , Q0 .
Si è in questo modo costruito un fascio di rette parallele tagliate da due trasversali, su una delle
quali (la semiretta costruita inizialmente) vi sono 5 segmenti tra loro congruenti per costruzione.
Per il teorema sopra dimostrato, anche i segmenti sulla seconda trasversale (il segmento AB dato)
risulteranno congruenti, e si è in tal modo ottenuta la suddivisione del segmento stesso in 5 parti
congruenti.
È evidente che la costruzione proposta resta valida qualunque sia il numero di parti in cui si
vuole suddividere un segmento assegnato.
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3. Costruzione del punto medio di un segmento
Si supponga di voler trovare il punto medio del segmento AB. Puntando il compasso in A con
apertura qualsiasi (purché “ad occhio” maggiore della metà del segmento stesso) si traccia un arco
di circonferenza che attraversa il segmento AB; successivamente, si punta il compasso in B e con
la stessa apertura si traccia un secondo arco, che interseca il precedente nei punti C e D. Il
quadrilatero ACBD cosı̀ costruito è un rombo, e quindi un parallelogramma; le sue diagonali si
intersecano nel loro punto medio, e quindi M (intersezione del segmento AB con il segmento CD
che è l’altra diagonale del rombo, risulta il punto medio di AB cercato.
4. Costruzione della retta perpendicolare a una retta data e passante per un suo punto
Si voglia determinare la retta perpendicolare alla retta r e passante per il punto P appartenente a r
stessa. Con centro in P e apertura qualsiasi si tracciano due archi di circonferenza che intersecano
r nei punti A e B. Successivamente, con centro dapprima in A e poi in B si tracciano due archi di
circonferenza aventi lo stesso raggio (qualsiasi, purché “ad occhio” maggiore della metà di AB). Il
punto M di intersezione dei due archi determina con A e B un triangolo isoscele per costruzione,
in cui il segmento M P è la mediana relativa alla base (in quanto AP = P B per costruzione) ed è
quindi anche altezza, ossia cade perpendicolarmente rispetto alla base AB stessa, come si voleva.
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5. Costruzione della retta perpendicolare a una retta data e passante per un punto
esterno
Si voglia costruire la retta passante per P e perpendicolare alla retta r. Con centro in P e raggio
qualsiasi (purché “ ad occhio” maggiore della distanza di P da r), si traccia un arco di circonferenza
che interseca r nei punti A e B. Successivamente, con centro dapprima in A e poi in B si tracciano
due archi di circonferenza aventi lo stesso raggio (qualsiasi, purché “ad occhio” maggiore della
metà di AB). Sia D il punto d’intersezione dei due archi. I due triangoli AP D e BP D risultano
congruenti per il terzo criterio, avendo il lato P D in comune e le altre coppie di lati rispettivamente
congruenti per costruzione. Pertanto anche gli angoli AP̂ D e B P̂ D risultano congruenti, ovvero nei
due triangoli ABP e ABD (isosceli per costruzione) il segmento P D risulta bisettrice dell’angolo
opposto alla base, e quindi anche altezza relativa alla base stessa, come si voleva.
6. Costruzione della bisettrice di un angolo
Con centro nel vertice A dell’angolo e raggio qualsiasi si traccia un arco di circonferenza che interseca
i due lati dell’angolo nei punti E e F . Successivamente, con centro dapprima in E e poi in F si
tracciano due archi di circonferenza aventi lo stesso raggio (qualsiasi, purché “ad occhio” maggiore
della metà di EF ). Sia L il punto d’intersezione dei due archi. I due triangoli AEL e AF L risultano
congruenti per il terzo criterio, avendo il lato AL in comune e le altre coppie di lati rispettivamente
congruenti per costruzione. Pertanto anche gli angoli F ÂL e E ÂL risultano congruenti, ovvero AL
risulta bisettrice dell’angolo AB̂C, come si voleva.
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