Vaginosi batterica - Analisi Cliniche Cimatti Roma

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LA VAGINOSI BATTERICA
Gia conosciuta in passato come vaginite aspecifica, vaginite da gardnerella vaginalis, vaginite da
anaerobi, è la più frequente affezione vaginale nella donna in età fertile. Il termine di vaginosi
batterica è stato introdotto nell’ 1984 in occasione del I Simposio Internazionale sulle vaginiti di
Stoccolma, per definire una condizione clinica caratterizzata da leucorrea maleodorante senza segni
di flogosi vaginale, dovuta ad uno squilibrio dell’ecosistema vaginale.
La vaginosi batterica (VB) è secondo la maggior parte degli autori la causa più frequente di
leucorrea nelle donna. Sembra responsabile di circa il 30% delle affezioni vaginali. Essa è
considerata una alterazione dell'ecosistema vaginale con scomparsa dei lattobacilli e prevalenza
degli anaerobi. Nella VB in pratica si verifica una riduzione fino alla scomparsa dei lattobacilli
perossido produttori, e la sostituzione della normale flora vaginale con una flora in cui prevalgono
Gardnerella, Micoplasmi e gli anaerobi, come
Bacteroides, Mobiluncus, Prevotella,
Peptostreptococchi. Non è da considerare quindi una malattia sessualmente trasmessa, ma solo
un’alterazione dell’ecosistema vaginale, con prevalenza di microrganismi, che già sono
abitualmente presenti in vagina a basse concentrazioni (fig.1).
PATOGENESI DELLA VAGINOSI
alterazione dell’ecosistema vaginale
scomparsa dei lattobacilli
innalzamento del pH
situazione favorevole allo sviluppo di
batteri normalmente commensali
La eziopatogenesi non è ancora del tutto conosciuta. La VB è più frequente nelle donne
sessualmente attive. L’attività sessuale è sicuramente considerata un fattore favorente la vaginosi, in
quanto innalzando il pH, facilita lo sviluppo degli anaerobi e della gardnerella. Non c’è trasmissione
sessuale di un agente eziologico. Ciò è confermato anche dalla elevata prevalenza nelle omosessuali
e nelle donne di età superiore a 25 anni, rispetto a quelle di età inferiore, in cui le malattie
sessualmente trasmesse sono più frequenti. Altri fattori facilitanti la vaginosi sono le lavande
vaginali frequenti, e le terapie antibiotiche ad ampio spettro, che riducendo il lattobacillo, possono
alterare l’ecosistema. Lo IUD, il fumo e la razza negra sono considerati altri fattori di rischio della
vaginosi.
La VB è stata associata ad aumentato rischio di aborto tardivo, corioamniotite, parto pretermine,
PROM,. E' riportato anche un maggior rischio di endometrite postpartum, postabortiva, PID (Pelvic
Inflammatory Disease), cellulite postisterectomia.
Alla base dell’insorgenza di queste complicazioni starebbe la presenza di elevate concentrazioni di
sialidasi di origine batterica, che, agendo sul muco cervicale, faciliterebbe l’ascesa di microrganismi
patogeni nelle vie genitali alte. Inoltre alcuni anaerobi sono capaci di produrre fosfolipasi A2, con
attivazione della sintesi delle prostaglandine e induzione del travaglio pretermine. Sembra inoltre
che la VB sia correlata con un maggior rischio di contrarre l’infezione da HIV e di altre malattie a
trasmissione sessuale (sifilide, chlamydia, gonococco, tricomonas).
In gravidanza la VB interessa il 9-23% delle donne e numerosi studi hanno chiaramente confermato
una importante correlazione tra VB e parto pretermine, corioamniotite, PROM(rottura pre termine
delle membrane), aborto tardivo. Il rischio è aumentato solo se la VB è presente nei primi 4 mesi di
gravidanza, se insorge successivamente non aumenta il rischio di PROM e parto pretermine.
Nel 50% dei casi le pazienti affette da vaginosi batterica sono asintomatiche. Il sintomo più
caratteristico della VB è la presenza di una leucorrea maleodorante, fluida, bianco-grigiastra,
omogenea, adesa alle pareti vaginali. Prurito e bruciore sono quasi sempre assenti e per lo più lievi,
assenti dispareunia e disuria. Il cattivo odore della secrezione vaginale è dovuta alla presenza di
amine (soprattutto trimetilamina), prodotte dai germi anaerobi a partire dagli aminoacidi. Questo
sintomo si accentua con le mestruazioni e dopo i rapporti sessuali, perché l’aumento del pH, che in
queste condizioni si verifica, facilita la liberazione di amine.
All'esame colposcopico la cervice si presenta normale senza segni di colpite, e in vagina e nei
fornici si evidenzia una secrezione abbondante omogenea bianco-grigiastra adesa alle pareti. Per la
diagnosi sono ancora validi i criteri di Amsel del 1983, almeno tre devono essere presenti:
• pH>4,5
• leucorrea omogenea aderente alle pareti, non infiammatoria
• clue cells alla osservazione microscopica
• sniff test positivo
Lo sniff test si esegue aggiungendo una goccia di una soluzione di KOH al 10% alla secrezione
vaginale prelevata e posta su un vetrino. Il test è positivo quando si libera un caratteristico odore di
pesce marcio, dovuto alla presenza delle amine. La presenza delle clue cells, cioè cellule epiteliali
ricoperte da batteri adesi alla superficie esterna, può essere messa in evidenza con un esame a fresco
del secreto vaginale o con colorazione di Gram.
La microscopia a fresco o dopo colorazione di Gram è l'esame di elezione per la diagnosi di VB.
Essa permette, oltre alla evidenziazione delle clue cells, anche una valutazione quantitativa dei
lattobacilli e della flora vaginale. Le colture, che hanno un valore predittivo positivo inferiore al
50%, non sono raccomandate. Una coltura positiva per Gardnerella non dovrebbe essere usata per
fare diagnosi di vaginosi, perché molte donne sono colonizzate da questo microorganismo senza
nessun segno di VB, inoltre le colture che comunemente si usano non testano gli anaerobi. Al
contrario la microscopia è obiettiva e riproducibile con una sensibilità del 62-100% e un valore
predittivo positivo del 76-100%. Una diagnosi corretta di VB può essere formulata con il solo
ausilio della microscopia a fresco o con colorazione gram.
La terapia della VB si basa principalmente sull’uso di metronidazolo per uso topico in gel o per os.
In alternativa la clindamicina per uso topico od orale. Il metronidazolo può essere assunto per via
orale alla dose di 2 gr in una unica somministrazione, oppure 500 mg per 2 volte al di per 7 giorni.
Per uso topico in gel il metronidazolo viene somministrato alla dose di 5 g di gel allo 0.75% in
vagina alla sera per 5 giorni. La clindamicina è presente in commercio in ovuli da 100 mg (uno alla
sera per 3 sere), in crema al 2% (5g alla sera per 7 giorni), o in compresse orali da 300 mg ( una per
2 volte al di per 7 giorni). Il trattamento va riservato alle forme sintomatiche, ad eccezione che in
gravidanza, in cui la vaginosi deve essere diagnosticata nel primo trimestre e trattata entro la 16°
settimana, anche se asintomatica. Il trattamento del partner non è consigliato.
Non ci sono attualmente dati certi sulla efficacia della terapia della VB sulla prevenzione del parto
pretermine.Una recente review (McDonald et al. 2005) ha riportato che il trattamento antibiotico
non riduce in modo significativo il rischio di parto pretermine e di PROM. Alcuni studi recenti
riferiscono il possibile beneficio della terapia topica, con metronidazolo in gel, utilizzata in epoca
precoce di gestazione (Yudin et al. 2003). Il trattamento tardivo invece nel terzo trimestre non
sarebbe efficace.
Per questi motivi quindi le raccomandazioni in gravidanza prevedono, nelle pazienti ad alto rischio
di parto pretermine, uno screening per la VB in occasione della prima visita prenatale prima della
16a settimana, con un esame microscopico del secreto vaginale.
La VB tende a recidivare, per una incapacità in alcuni individui di ristabilire il normale ambiente
vaginale dopo la terapia. In questi casi può ridurre le recidive l’utilizzo prolungato di gel vaginali a
forte potere acidificante (Dilani et al 2000, Ginè et al, 2001), mentre la somministrazione
endovaginale di lattobacilli non ha trovato ancora evidenze scientifiche di efficacia. Nella vaginosi
ricorrente è stata consigliata, come terapia di mantenimento, la somministrazione di metronidazolo
topico per una settimana prima di ogni mestruazione, seguito dopo la mestruazione da
metronidazolo orale associato a fluconazolo, per prevenire la micosi, per 6 mesi (Hay, 1998). Il
trattamento del partner non modifica l’incidenza di recidive.
LA VAGINITE AEROBIA
La vaginite aerobia è una nuova entità nosologica ancora non del tutto chiarita, che
rappresenterebbe secondo alcuni il 10 % delle vaginiti sintomatiche diagnosticate. E’ una infezione
vaginale batterica diversa dalla vaginosi. Il termine vaginite aerobia è stato proposto da Donders nel
2002 per indicare una condizione caratterizzata da diminuzione dei lattobacilli con aumento di
batteri aerobi di origine intestinale, escherichia coli, streptococchi, proteus o klebsiella, con evidenti
segni di flogosi, a differenza della vaginosi.
La patogenesi non è chiara, sono chiamati in causa l’alterazione della flora batterica intestinale,
abitudini igieniche errate, alterazione dell’ecosistema vaginale, diminuzione delle difese
immunitarie, per poter spiegare i motivi che portano microrganismi abitualmente residenti a
diventare patogeni, determinando flogosi.
Clinicamente si presenta con sintomi variabili dal bruciore alla dispareunia, con disuria, e
obiettivamente eritema delle mucose, leucoxantorrea maleodorante, pH > 5 e importanti segni di
flogosi. Lo sniff test è negativo. La diagnosi si basa soprattutto sul esame microscopico a fresco o
colorato con gram, che mette in evidenza la riduzione o scomparsa dei lattobacilli e la prevalenza di
batteri aerobi con abbondanza di leucociti. In genere non è necessario eseguire una coltura, che
comunque va eseguita soltanto dopo aver valutato con l’esame microscopico, il microbiota vaginale
nel suo insieme.
Una possibile associazione tra infezione da coli e da streptococchi di gruppo B e alcune
complicanze ostetriche è riportata in letteratura, ma se la vaginite aerobia possa avere una
responsabilità nella insorgenza di PROM, parto pretermine, corioamniotiti deve essere ancora
dimostrato.
La terapia utilizza antibiotici per uso topico vaginale, la kanamicina sembra essere la più indicata,
perché possiede una attività antibatterica sui batteri di origine intestinale, superiore ad altri
antibiotici, ma è inattiva verso i lattobacilli. In commercio la kanamicina è disponibile in ovuli da
100 mg (uno alla sera per 7 giorni). In alternativa possono essere utilizzati il cloranfenicolo in ovuli
da 500 mg e la meclociclina in ovuli da 35 mg.
LA INFEZIONE DA CHLAMYDIA TRACHOMATIS
La chlamydia trachomatis è un batterio a sviluppo intracellulare obbligato. È la infezione a
trasmissione sessuale a maggiore prevalenza nei paesi industrializzati dopo quella da HPV. La
prevalenza nelle donne italiane in età fertile è del 3-5%. La trasmissione è pressocchè
esclusivamente per via sessuale o perinatale. Non determina vaginite perché l’ambiente vaginale
non è adatto al suo sviluppo. Infetta primariamente l’epitelio cilindrico endocervicale e l’epitelio
colonnare e transizionale dell’uretra, determinando endocervicite e uretrite. L’infezione non trattata
può propagarsi alla parte più alta del tratto genitale, determinando PID nel 30-40% dei casi, con
possibile conseguente sterilità tubarica e gravidanza ectopica. I fattori di rischio di questa infezione
sono simili a quelli di altre malattie a trasmissione sessuale (età <25aa, partner multipli, anamnesi
positiva per altre MST, non utilizzo del preservativo). Per la prevenzione sarebbe consigliabile uno
screening nelle giovani donne con fattori di rischio.
Il periodo di incubazione è di 1-3 settimane.
La sintomatologia è assente nel 70-80% delle donne e nel 50% degli uomini. Nella donna quando
presente è aspecifica e caratterizzata da perdite uretrali e/o vaginali, disuria, sanguinamento
postcoitale, cervicite mucopurulenta all’esame speculare, dolori pelvici in caso di PID, e artrite
reattiva. Nell’uomo determina uretrite con disuria e secrezione uretrale ed è considerata il principale
agente della uretrite non gonococcica, più raramente epididimo-orchite e artrite reattiva. Alla
Colposcopia la cervice appare congesta con epitelio fragile e sanguinante al minimo contatto, con
epitelio cilindrico ipertrofico congesto, facilmente sanguinante, con secrezione mucopurulenta che
fuoriesce dal canale cervicale. Raramente è presente leucorrea, nel 37% dei casi la zona di
trasformazione della cervice è anormale, per la concomitanza di una infezione da HPV.. Nei casi
più gravi si giunge al quadro della PID, con conseguente sterilità e gravidanze ectopiche. E’
frequente la coinfezione chlamydia-gonococco.
In gravidanza l’infezione non curata si associa ad un rischio più elevato di aborto tardivo, rottura
prematura delle membrane e parto pretermine, ritardo della crescita intrauterina. Inoltre al parto
vaginale può verificarsi la trasmissione della infezione al neonato con conseguenti congiuntiviti
(25-50%) e polmoniti (10-20%). Alcuni consigliano lo screening in gravidanza nel I trimestre nelle
donne a rischio di infezione.
Per la diagnosi si esegue il tampone endocervicale, con ricerca della chlamydia mediante coltura
cellulare, test immunoenzimatici, test di immunofluorescenza diretta o più recentemente con i test
di amplificazione del DNA (LCR, PCR), o dell’RNA (TMA). Questi ultimi hanno una sensibilità e
una specificità vicine al 100% ( i test colturali e quelli verso antigeni hanno una sensibilità del 6070%). Hanno inoltre il vantaggio di poter essere utilizzati anche su campioni di urine, e sono quindi
utili come metodi di screening nei gruppi a rischio.
E’ possibile anche eseguire l’esame microscopico con ricerca dei corpi inclusi nelle cellule
cilindriche, che però ha una bassa sensibilità.
La terapia si basa su l’uso di azitromicina in dose singola (1 g), oppure doxiciclina (100 mg x 2 per
os per 7-10 gg.), eritromicina (500 mg x 4 x os per 7-14 gg.), iosamicina (1 g. x 2 x os per 7-14
gg.), ofloxacina (300 mg x 2 x os per 7 gg) con trattamenti più prolungati. Questi schemi terapeutici
sono in grado di far guarire l’infezione nel 95% dei casi. Nei casi di infezione ascendente la terapia
deve avere una durata maggiore con cicli anche di 30 giorni, e alcuni consigliano di associare alla
doxiciclina , il metronidazolo (1g / die per 7 giorni) o la clindamicina. Il contemporaneo
trattamento dei partners è indispensabile al fine di prevenire la ricorrenza della malattia.
In gravidanza il trattamento può essere eseguito con eritromicina (500 mg x 4 x os per 7 gg) o
amoxicillina (500 mg x 3 per os per 7 gg).
Il follow-up richiede una valutazione clinica dopo 3 settimane dall’inizio della terapia, il test per la
ricerca della chlamydia può essere ripetuto dopo 5 settimane.
IL LINFOGRANULOMA VENEREO (LGV)
E determinato dai sierotipi L1,L2 eL3 della Chlamydia trachomatis (CT), diversi da quelli
responsabili delle uretriti, cerviciti, salpingiti e PID (B, D-K).
La trasmissione è sessuale per contatto diretto. Il periodo di incubazione è variabile da 3 a 30 giorni.
Nella sede di inoculazione si forma una papula che si ulcera, e può localizzarsi sulla vulva, nella
vagina o nel retto. Si distinguono due sindromi cliniche: a) la sindrome inguinale, caratterizzata da
lesioni ulcerative genitali con linfoadenopatia inguinale unilaterale o bilaterale; b) la sindrome
anorettale, caratterizzata da proctocolite con rettorragia, dolore e tenesmo, febbre e dimagrimento.
Fino a pochi anni fa il LGV era considerato ormai scomparso, ma a partire dal 2003 ne sono stati
descritti focolai in Nord Europa, con diffusione in Inghilterra, Francia, Germania, Spagna, Svezia e
forse anche in Italia.
I casi segnalati riguardano solo la sindrome anorettale e interessano prevalentemente maschi
omosessuali.
La diagnosi si basa sull’isolamento della CT dalle lesioni genitali o rettali, che viene eseguito
principalmente con i test di amplificazione del DNA (PCR), con identificazione dei sierotipi L1,L2e
L3.
La terapia consigliata è basata sull’uso della doxiciclina 100 mg x 2 al di per 21 giorni, oppure
eritromicina 500 mg x 4 al di per 21 giorni . Tutti i partner asintomatici devono essere trattati con
gli stessi farmaci per 7 giorni o con una singola dose da 1 g di azitromicina.
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