Cultura etimologia

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1
Introduzione
Questo lavoro si propone di discutere la nozione di cultura. L'indagine su
questa nozione così ricca di significati non può fermarsi all'analisi
lessicologica e etimologica, benché lo sviluppo semantico dei referenti,
delle connotazioni e denotazioni abbiano un ruolo importante per la
comprensione. Sarà anche necessario parlare della teoria della cultura.
Per primo bisognava cercare la voce come si trova nella letteratura, nei
dizionari e nella letteratura secondaria. Presenterò quindi una prima
parte del lavoro che ha per soggetto l'analisi etimologica dai tempi latini
fino ai giorni nostri. Il procedimento di questa analisi si svolgerà in ordine
cronologico.
Lo sviluppo dal significato antico di 'terreno lavorato' e 'agricoltura' ai
significati di oggi è un mutamento dal figurato all'immaginario. 1 Il campo
semantico della nozione subisce un arricchimento significativo che va
oltre il figurato. Presenterò quindi due parti dell'analisi etimologica: l'una
che analizza lo sviluppo dal significato figurato a quello immaginario
della nozione e l'altra che tratta il significato immaginario. Tra queste due
parti inserirò un exursus che tratterà le nozioni dialettali che entrano nel
campo semantico di 'agricoltura' e che sono rimaste nel significato
figurato.
Non mi proponevo un lavoro sulla storia della cultura, ma sulla storia
della nozione di cultura. In generale la problematica consisteva nel
distinguere tutto quello che può essere cultura, cioè l'espressione della
cultura dall'uso concreto della nozione cultura. Questo distinguere
permanente nel corso dell'indagine ha suscito la domanda della
definizione di cultura, cioè della teoria della cultura. Come si definisce la
cultura scientificamente? Quindi nella seconda parte del lavoro mi
concentrerò sulla nozione dal punto di vista socio-antropologico. Mi
1
I significati vengono messi tra virgolette semplici. Le nozioni e i modi di dire, oltre le
indicazioni bibliografiche, sono messe in corsivo.
2
occuperò in primo luogo della problematica scientifica come si presenta
oggi, per poi indagare lo sviluppo dei metodi e modelli antropologici che
conducevano a quelli odierni. Inizierò dal secolo scorso con i suoi primi
grandi modelli antropologici.
Nella terza parte analizzerò qualche aspetto di sviluppi culturali odierni
con le loro espressioni linguistiche e concluderò con alcune riflessioni
sulle prospettive future.
3
Etimologia di cultura
Dal significato figurato ai significati immaginari della nozione
Cultura e coltura in primo luogo hanno il significato dell'azione attiva di
'lavorare il terreno' e il significato dell'azione passiva 'la cosa, il terreno
che vengono coltivati'.2 Nell'antichità la nozione possedeva soprattutto il
forte significato di 'agricoltura'. Nel Thesaurus, IV si trovano molte
attestazioni che trasmettono questo significato per esempio in Catone,
nell'Agricoltura, 61, 2: "cetera cultura praeter arandum est multum sarire
et diligenter eximere semina et per tempus radices quam plurimas", in
Falccone, 71: "agros habent [...] diligentia culturaque merliores", in
Orazio, Carmina, 3, 24, 14: "rigidi Getae, immetata quibus ingera liberas
fruges et Cererem ferunt, nec cultura placet longior annua", in Varrone,
nelle Saturae Menippeae, 17: "terra culturae causa attributa olim
particulatim hominibus", in Cicerone, in De legibus agricolae, 2, 84: "agros
desertos a plebe atque a cultura hominum liberorum esser non oportere"
e in Plinio, nella Naturalis historia, 14, 33: "non naturam eius [...]
repugnare Italiae, sed culturam avide palmites evocantium". 3 Tutte queste
citazioni
hanno
come
comune
connotazione
il
bisogno
umano
dell'alimentarsi e della lavorazione del terreno. È un aspetto importante
che trova la sua espressione nell'uso della nozione. Se non ci si occupa
bene del terreno, non rende o diventa deserto. Inoltre l'agricoltura serve
per sostenere la propria popolazione. In contrasto a essa sta la cultura
degli altri popoli che serve, o ad imparare facendo delle buone esperienze
2
cultura e coltura (cul-tu-ra, allotropico), ssf., derivate da colere, 'coltivare', participio
passato cólto (anche < cultore, sm. e coltare, cultare vvt.), <mlat> culturam. Còlto,
agg., con l'accento grave invece significa 'afferrato, colpito, spiccato' < cogliere, vt.,
<aprov> coillir, colhir, colre, vvt. (Romanisches etymologisches Wörterbuch, a cura
di W. Meyer-Lübke, Heidelberg, Carl Winters, 1935 e Glossario degli antichi volgari
italiani, a cura di G. Colussi, Foligno Editoriale Umbra, 1983, voce còlto, coltura).
3
Thesaurus linguae latinae, a cura di Teubner, Göttingen, 1909, vol. IV, voce cultura.
Gli autori vengono di seguito indicati con le loro date di vita: Catone (234-149 a.D.),
Flaccone (†90), Orazio (65-8 a.D.), Varrone (116-27 a.D.), Cicerone (106-43 a.D), Plinio
(23-79).
4
che sono favorevoli alla propria agricoltura o a criticarla, perché non sia
romana oppure non ancora romanizzata.
La cultura è sempre determinata dello scambio e del commercio. La
cultura romana sin dall'inizio conosceva non soltanto lo scambio dei
merci, ma anche dei metodi agricoli. L'interesse per le altre popolazioni
con le loro agricolture era importante per migliorare la propria
agricoltura. Essa diventa espressione di uno stato di sviluppo più
avanzato dallo stato romano in contrasto alla barbaria.4
Per la valutazione delle possibilità semantiche dei significati della
nozione cultura bisogna esaminare i verbi ai quali si fa ricondurre. Il
verbo attivo colere assume diversi significati in età romana: 1. 'incolere,
abitare', 2. 'curare, trattare, ediligere' 3. 'ornare', 4. 'magni estimare' e 5.
'venerari'.5 Nella citazione di Cicerone in Tusculanae disputationes, lib.2,
13: "ut agri non omnes frugideri sunt, qui coluntur [...] sic animi non
omnes culti fructum ferunt" manca l'uso figurato, il significato si muta da
'trattare, solere, lavorare' in 'formare, ornare'. Lo stesso fenomeno è anche
percepibile in Ovidio in Ars amandi, lib.2, 121: "ingenuas pectus
[ingenium] coluisse per artes [...] et linguas edidicisse duas" (A.d.a.). 6
D'altra parte al livello significativo il verbo excolere si accompagna al
significato latino cultura animi e cultus vitae che assume il significato di
'migliorare, formare più avanzatamente e adornare'. Il participio passato
exculto assume il significato di 'formare fino alla fine' come per esempio
nell'espressione excolere animum in Cicero in Ad Atticum, 12: "animos
4
Ibidem, Indice: A. Gellio, in Noctes Atticae, 19, 8, 1: "homo Thracus [...] ex ultima barbaria, ruris colendi insolens, cum in terras cultiores humanioris vitae cupidine commigrasset[...]". Nel III secolo Giustino contrappone le tradizioni dei greci a quelle
degli "Scythi barbarici" in Historia Alexandri Magni, lib.7, cp. 8, 11: "cultos mores
[Greaecorum] incultae barabriae [Scytharum] collatione superari" (A.d.a.). Inoltre un
popolo è coltivato se provvede di grandi città. Vedi Thesaurus, vol. III: Amm. Marcellino, in Rerum gestae, lib.15, 11, 13: "prima provincia est Aquitania, amplitude civitatum admodum culta". Giustino (100-165), Gellio (125-170), Amm. Marcellino (330395).
5
Secondo la classificazione nel Thesaurus, vol. III, voce colere.
6
Ovidio (43 a.D.-18).
5
[...] doctrina excolamus".7 Le nozioni di cólto e culto trovano il significato
simile di 'coltivato, onorato, ricercato' e 'coltivazione'. 8 Nell'età antica le
nozioni assumono due campi referenziali di azioni attive, cioè 'curatio,
tractatio, diligentia, venerazione' e di stati passivi 'stato, portamento,
specie di uomini'. Si trova spesso la nozione di cultus animi in Cicero:
"animi cultus ille [librorum scriptura] erat ei [Demetrio Falereo] quasi
quidam humanitatis cibus" (A.d.a.).9 Il termine di culto si sviluppa
parallelamente a quello di cultura. Cultus ingeniis e cultus vitae sono di
frequente uso e ostacolano lo sviluppo della nozione immaginaria di
cultura.10 Nel campo referenziale di stati passivi, il culto è quindi il
risultato della formazione mentale. Cicero mette l'humanus cultus in
contrasto alla vita selvaggia e grossolana. 11 Cultus significa qui 'la cura
dell'anima', 'la condotta di una vita mentalmente avanzata', 'il modo di
vivere' e 'la formazione della mente'. Escludeva ancora attività come le
arti, i mestieri e il lavoro manuale in generale. 12 Questo cambierà in
Mamerto che vede la differenza dell'uomo dalla bestia nel coltivare
l'anima e nella formazione della mente con le bonae artes.13
Nel corso della cristianizzazione, la nozione di cultura assume un
significato che si sposta da 'agricoltura' verso 'modo di vivere' e 'il modo
7
Niedermann, J., Kultur, Werden und Wandlungen des Begriffs und seiner Ersatzbegriffe von Cicero bis Herder, Libreria Antiquaria Editrice, diretta da Giulio Bertoni,
Firenze, 1941, p.18 e 19.
8
culto e colto, (cul-to, allotropico), da <mlat> "cultum", derivata di colere e coltivare.
VEI e GDLI: voce culto. (Vocabolario etimologico italiano, Angelico Prati, Garzanti,
Milano, 1951 e Grande Dizionario della Lingua Italiana, Torino, UTET, 1964).
9
Vedi: Thesaurus, vol. IV, 1324-1339 e Niedermann, p.22. Demetrio Falereo (360-280
a.D.).
10
Niedermann, p.118 e 119.
11
Vedi: Thesaurus, vol. IV, col. 1328, Cicerone, nelle Epistulae, p.203, 16: "homines [...] a
fera agrestique vita ad hunc humanum cultum civilemque deducere".
12
Il lavoro a mano viene indicato con il termine di banausia. (Nicola, A., Dizionario di
filosofia, UTET, Torino, 1977, p.204).
13
Thesaurus, vol. IV, col. 1328, Claud. E. Mamerto, in Ab urbe condita, lib.5, 54: "Bonarum Artium [...] iactura [...] animi cultum despuens, quo solo praestat pecudi gens
humana". Mamerto (†474).
6
di spirito'. Le attestazioni si trovano in Maximiniano Etrusco nelle
Carmines, 53: "unum esse gregem Christi, unam culturam et unum
aedificium", in Agostino nelle Confessiones, 87, 1: "cultura ipsius dei est
in nos", in Leo I nelle Epistulae, 14, 1: "in dominico agro [...] oportet nos
prudenter atque vigilanter spiritualem exercere culturam", nella Bibbia di
Itala (Septuaginta o Vetus Latina) in Giovanni apostolo, 16, 2 nel codice
numero e: "culturam deo afferre [nella Vulgata "obsequium praestare"]"
(A.d.a.) e in Geronimo nelle Epistulae, 120, 10, p.998: "[...]quorum
[Israelitarum] fuit adoptio et gloria et testamentum et legislatio et cultura
et promissio[fere in quod fides]" (A.d.a.). 14
La nozione assume scarsamente il significato di 'venerazione, onore e
portamento umano', come in Ennodio nelle Epistulae, 3, 4, p.74, 22:
"sempre vos singulari cultura suspexi" e in Polycarpo di Smyrna nel
passim Polycarpi, 19,1: "solus tamen inter cetero culturae meruit
principatum".15 Si trovano inoltre scarse attestazioni che significano
'cerimonia e sacrificio' come in Geronimo nel 132 o Salmo: "[...]sublimitas
ac pompa cultura[...]" e in Pelagio: "sacramenta culturae corrigere vel
augere [...] sacramenta caerimonia corrigere vel augere". 16
Anche nel medioevo la filosofia era lo strumento principale per la
formazione dell'uomo e serviva per trovare la verità rivelata dalla
religione e contro le tentazioni dell'eresia e della miscredenza.17 Il
cristianesimo portava nuovi ideali. Il mutamento del significato della
14
Maximiniano Etrusco (attorno al 520 ca.), Agostino (354-430), Leo I (†461), Geronimo
(348-420).
15
Attestazione incerta perchè molto probabilmente dovuta a un'annotazione - chiosa o
glossa - di mano sconosciuta. Ennodio (473-521), Polycarpo di Smyrna (†156).
16
Pelagio (†422), cfr.: pelagianismo.
17
Vedi l'espressione Philosophia ancilla theologiae. I verbi culturare e colturare, nel
senso di 'coltivare' sono medioevale del XIV sec. La sua variante <fr> cultiver pare
derivare da <lat> cultivus con l'estensione nel suffisso ( -ivus) da cultus 'coltivato' a
colere 'coltivare' nel XII e XIII secolo. Il Dictionnaire étymologique costata la datazione nel articolo di cultiver: "[...]L'ancien français ha aussi le verbe contiver, dont le lat.
médiéval cultivare n'est q'une transcription, comparez aussi le langue-docien continu
"culture, champ cultivé"[...]". (Dictionnaire étymologique de la langue française, a cura di W. von Wartburg, Presses universitaires de France, Paris, 1968).
7
nozione figurata dell'agricoltura agli altri significati si fonde sull'analogia
semantica. Si parte sempre della prospettiva umana. Le cose che verranno
coltivate sono da trovare esternamente o internamente. Quello che deve
essere lavorato e trattato perché frutti si trova anche nell'interno ( anima,
ethos). La cultura assume piuttosto il significato di 'venerazione' nel senso
di cultura Christi, cultura christianae religionis, cultura idolorum.18
L'interesse panteistico si mutava in un interesse monoteistico. Con questo
mutamento teologico-filosofico si capovolgerà la terminologia. La società,
coniato alla civitas Dei, si vede presto in opposizione ai popoli pagani che
vengono descritti cultores daemonum (in opposizione a cultus Christi),
pagani, gentiles e infedeles.19
Nell'umanesimo le nozioni di cultura e culto non subivono cambiamenti
sostanziali nei loro significati. Non è ancora da costatare un aumento
significativo e decisivo dal significato figurato a quello immaginario. Però
in Petrarca nel Canzoniere si trova un'attestazione che sembra andare
oltre il figurato: "Elena, madre di Costantino, vestita di coltura religiosa",
mentre in Dante nella Divina commedia, Inferno, 20, il significato resta
ancora figurato: "Vide terra nel mezzo del pantano sanza cultura, e
d'abitanti nuda."20 La voce coltura si concretizza nel significato limitando
'agricoltura, coltivazione' a 'luogo coltivato'.21
Più tardi nel filologo-filosofo Filippo Beroaldo la cultura animi assume il
significato di attività scientifica e eloquentia. Il significato si sviluppa poi
nel XVI secolo in direzione di 'dottrina' e 'erudizione', ma civilitas e
humanitas vengono usate più frequentemente. In civilitas entrano i
concetti di urbanitas nel senso di civitas-urbs 'comportamento urbano',
18
Niedermann, p.27.
19
Cfr.: Agostino (354-430): De Civitate Dei e Confessiones.
20
Vedi: Vocabolario degli accademici della Crusca, Tipografia galileiana di M. Cellini,
1878, p.1059, art.7 e p.1058. Petrarca (1304-1374), Dante (1265-1321).
21
Prati constata che i due significati esistono da allora parallelamente. (Prati, A., Vocabolario etimologico italiano, Garzanti, Milano, 1951 e VEI, voce cultura e Niedermann, p.64).
8
mentre in humanitas entrano la 'natura umana e il suo sviluppo', il
'comportamento umano verso se stesso e gli altri' e la 'formazione della
mente'.22
Excursus
Nozioni dialettali
Le postille al REW presentano tre nozioni che entrano nel campo
semantico di 'agricoltura' e designano luoghi dove viene oppure è stata
lavorata una cosa: coltura <parm> 'campo coltivato', cutura <cal>,
'pascolo, terreno erboso' e <lig> kotüra, 'profondità cui si giunge
coltivando la terra', mentre la nozione di koltüra <verz> 'primo fieno'
designa il prodotto e la produzione agricola.23 Si trovano anche nelle voci
<navarr> acoutrar, 'lavorare la terra', <frz> accoutrer 'preparare' e più
diffusamente <astur> kuitrala, 'vecchia vacca'. Affinità a questo campo
semantico trovano le voci cultare, 'concimare' con le sue varianti nel <irp>
koltà, <trevis> kolta(r), <grodn> kolté con derivati in <obw> kultem,
<astur> kuitu, 'concime' <astur> cuchar.
Gli utensili per lavorare la terra come <prov> colter 'vomere senza ruota',
<ir> coltar 'coltello del vomere', anche coltrina, 'sorta d'aratro toscano
primitivo' e la misura che può essere lavorata, la coltra di campo, 'misura
di terra che può essere arata in un giorno', sembrano essere derivati dal
<lat> culter24 o cultrum, <it> coltro, nel senso di 'vomere'. Anche cultellus
22
Niedermann, pp. 66, 67, 73 e 74. Filippo Beroaldo (1453-1505).
23
REW, voce cultura e Postille italiane al Romanisches Etymologisches Wörterbuch di
W. Meyer-Lübke comprendenti le postille italiane e ladine di Carlo Salvioni , a cura di
Paolo A. Farè, Istituto lombardo di scienze e lettere, Milano, 1972, voce cultura e
Vocabolario dei dialetti della Svizzera Italiana, Taiana-Tipografia N. Mazzucconi,
Lugano, 1990.
24
Al sacrificio antico, il victimarius [anche hiereùs] o cultrarius apre, con il culter, un'utensile simile al coltello, la carotide dell'animale che viene sacrificato e lo sventra.
Culter era anche l'attributo dei popoli antichi conosciuti per la loro forza nella battaglia. (Der neue Pauly; Enzyclopädie der Antike , a cura di H. Cancik e H. Schneider,
Metzler, Stuttgart, 1997, tomo III, gli articoli culter e cultrarius, p.230). Cfr. anche:
VEI, voce coltro.
9
o cuntellus derivato da culter - possibile rotacismo - sono realizzati in ol
cortel25, <prov> coltel, <catal> coltell, <port> cutelo (e <sudfrz> †kutela,
oggi Iris), in <obw> kunti e <catal> kuntell.
Interessante la voce in <eng> cuttüra che vuol dire 'campo, campagna' e
sta in opposizione a città. Nell'Umbria esisteva la voce coltura come
'esazione' (1516) nel linguaggio amministrativo. L'ufficio del coltore era
quindi l'ufficio dell'esattore, dei 'coltori delle dative della terra' (Perugia,
1526).26
I significati immaginari della nozione
La dialettica tra uomo e società, discussione che trova il suo inizio
nell'umanesimo, crea una nuova prospettiva nel significato di cultura
animi. Con le opere di Pufendorf il termine assume un ruolo che non
aveva nel XVI secolo.27 Il tema del lutto dell'individuo che vuole entrare
nella società diventa un importante problema filosofico. Non si colgono
soltanto i campi, ma anche le scienze, l'arte, l'amicizia, la pace a la vita
socialis. Assume il significato di 'educazione che serve per la vita sociale'
e la 'conoscenza delle artes liberes' che risale in sostanza ai pensieri di
Hobbes, Grotius e Pufendorf. Grotius comincia. L'uomo per sé è un essere
sociale dotato di appetitus societatis. Hobbes poi espone la tesi che
l'uomo trovi la sua fortuna personale soltanto da solo, perché ama
soltanto se stesso (homo homini lupus). Questi pensieri filosofici
culminano nella sintesi di Pufendorf. L'uomo trova la sua fortuna
25
GAVI, voce cóltro.
26
Dizionario del linguaggio italiano storico e amministrativo, a cura di G. Rezasco,
Fornì, Bologna, 1881, voce coltore.
27
Samuel von Pufendorf (1632-1694) è filosofo e scienziato di diritti naturali. Vedi il capitolo: "De praestationibus himinis erga seipsum tam circa culturam animi quam curam corporis et vitae" (Pufendorf, S. von, "Eris Scandica qua adversus libros de Jure
naturali et Gentium objecta diluuntur", 1686). Bacon (1561-1626), Leibnitz (1646-1716)
e Vico (1668-1774) entrano nella stessa linea filosofica, mentre in Spagna si adoperano
i termini di culto e cultismo. (Niedermann, p.104). Cfr. anche: DELI, voce coltivare:
"esercitare l'ingegno, le facoltà spirituali, acuire la mente". In quest'epoca si sviluppa
l'equazione di <it> cultura = <ted> Kultur = <fr> civilisation. (GAVI, voce coltura).
10
personale soltanto nella società. In cultura animi entrano i significati di
socialitas e di cultus vitae.28
Mentre nel Tasso la nozione di cultura restava ancora nel significato di
'ornamento'29, il prosatore gesuita Daniello Bartoli la mette in relazione
sociale con la formazione della personalità. 30 Il significato muta dalla
formazione della mente di una persona allo stato più generico della
cultura di un popolo.31
Il coltivare le nuove scienze per giungere a conoscenze più profonde delle
cose non implica una dicotomia tra natura e uomo, ma "porge gran
soccorso alla storia della natura".32 Muratori, nella sua opera Riflessioni
sopra il buon gusto nelle scienze e nelle arti (1708), vede la continuità tra
l'età rinascimentale e il nuovo tempo nell'alleanza delle humanae litterae
e nelle nuove scienze sperimentali. 33
Rousseau si occupa delle relazioni tra uomo e natura. In questo contesto
la cultures des sciences e la culture des hommes nella Lettre a Raynal e la
bonne culture in Émil esprimono un concetto di cultura che è diverso da
quello della natura mentre oscilla tra formazione della mente personale e
sociale.34 Il passaggio tra formazione dell'uomo singolare e il prodotto di
questa formazione di una società in relazione alla natura avvenne
nell'opera Kritik der reinen Vernunft di Kant:
"La produzione, in un essere ragionevole, della capacità di scegliere i propri fini in
generale (e quindi di essere libero) è la cultura. Perciò la cultura soltanto può
28
Hobbes (1588-1679), Grotius (1583-1645).
29
Vedi: Crusca, 1059, 8, Tasso (1544-1595), nelle Lettere, 1, 179: "[...]ma non vi manca
cultura; altro è l'ornamento, altro la cultura[...]".
30
Niedermann, p.181. Daniello Bartoli (1608-1685).
31
Crusca, 1059, 5, D. Bartoli, in Della storia della Campagnia di Gesù, 565:"[...]la fedeltà
de i Tlascalesi, che, in gente di così poca cultura,... ebbe del miracoloso".
32
Ibidem, pp.205 e 206.
33
Le nuove scienze sperimentali è un concetto che risale a Galilei (1564-1642). ( La cultura civile; L'Italia e la formazione della civiltà europea , a cura di N. Matteucci, UTET,
Torino, 1993, p.208). Muratori (1672-1750).
34
Niedermann, p.190. Rousseau (1712-1778).
11
essere l'ultimo fine che la natura ha ragione di porre al genere umano."35
Kant denomina - sotto l'influsso di Rousseau - questo problema filosofico
Widerstreit der Kultur mit der Natur. L'essere umano deve progredire
nella sua cultura affinché l'arte perfetta ( vollkommene Kunst) diventi
natura che è lo scopo dell'essere umano:
"[...]bis vollkommene Kunst wieder Natur wird: als welches das letzte Ziel der
sittlichen Bestimmung der Menschengattung ist."36
Altre indicazioni sul concetto della cultura oggettiva di un popolo o di
una nazione si trovano da Vico nella sua opera Principi di una Scienza
Nuova d'intorno alla comune Natura delle Nazioni .37 Qui la "natura di un
popolo" significa la formazione politica ed economica di un popolo. Esser
colto non significa più possedere le arti liberali,
ma conoscere e
sviluppare la matematica, la fisica, le scienze naturali, le scienze della
storia e la filologia scientifica. Il pensiero culmina in D'Alembert e
Diderot, gli autori - come noto - dell'Encyclopédie.38
Montesquieu nel 1748 parla di un esprit général per esprimere il suo
concetto culturale, sociale e politico:
"[...]Plusieurs choses gouvernent les hommes: le climat, la religion, les lois, les
maximes du gouvernement, les exemples des choses passées, les moeus, les
manières; d'où il se forme un esprit général qui en résulte."39
In Voltaire il concetto è espresso con la culture d'époque nel suo libro
Siècle de Louis XIV in cui descrive l'epoca nella poliprospetticità di
35
Kant, I., Kritik der reinen Vernunft, Felix Meiner, Hamburg, 1998, paragr. 83. (Traduzione del Dizionario di filosofia, articolo cultura, p.150). Kant (1724-1804).
36
Kant, I., Briefe, Vandenhoeck, Göttingen, 1970, Lettre néologique.
37
Vico, G.B., Principi di una Scienza Nuova d'intorno alla comune Natura delle
Nazioni, Opere, Ferrari, Napoli, 1725. Vico (1668-1744).
38
Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers , Briasson,
Paris, 1751-1780. Sia lecito di rinviare anche ai periodici della "Société Diderot", ricerche interessanti su diversi concetti e nozioni che appaiono nell' Encyclopédie: Recherches sur Diderot et sur l'Encyclopédie , Klincksieck, Paris, diversi fascicoli.
D'Alembert (1717-1783), Diderot (1713-1784). Vedi anche le nozioni encylopédisme e
encyclopédistes.
39
Montesquieu, Oeuvres complètes, Laboulaye, Paris, 1877. Montesquieu (1689-1755).
12
politica, affari finanziarie, religione, arte, scienza e costumi. 40 E Toussaint
(1765) esprime questo concetto collegandolo al language. Aveva
presentato un trattato nell'accademia di Berlino intitolato Des inductions
qu'on peut tirer du language d'une nation par rapport à sa culture et à ses
moeurs.41
In Herder poi la nozione raggiunge la polisemia di 'formazione mentale
personale e soggettiva' e 'formazione mentale civile e oggettiva', a parte di
'storia', 'modo di vivere', 'ornamento' e 'ascendenza e discendenza di una
società a gradini'.
"Von wem bekamen sie Cultur, Gesetze, Götter, Wissenschaften, Künste? ...
dass ... Fremde bei ihnen die Kultur erweckt und in den ersten Zeiten des
Fortganges in wiederholten Stössen beschleunigt".42
Questa polisemia è inoltre rappresentata nei concetti illuministici di
Mendelssohn:
"Aufklärung geht bloss auf das Theoretische, auf Erkenntnisse, auf Wegschaffung
der Vorurtheile, Cultur hingegen auf Sitten, Geselligkeit, Künste, Thun und
Lassen".43
Il lessicografo e storico della lingua Adelung rinvia il discorso culturale al
confronto storico dello stato della cultura con quello della natura:
"Cultur ist mir der Übergang aus dem mehr sinnlichen und thierischen Zustande
in enger verschlungene Verbindungen des gesellschaftlichen Lebens. [...] Stand
der Natur ist Abwesenheit aller Cultur [...] Zur Cultur gehören vornehmlich fünf
Stücke: 1. Abnahme der Leibesstärke und Verfeinerung der thierischen Körpers
[...] 2. Allmähliche Abnahme der sinnlichen oder dunklen Begriffe und ihrer
Herrschaft und 3. eben so allmähliche Zunahme der deutlichen Begriffe, oder der
vernünftigen Erkenntniss und ihrer Herrschaft über die vorigen. 4. Verfeinerung
un Milderung der Sitten; und 5. in den höheren Graden der Cultur, Bildung des
Geschmackes".44
40
Voltaire, Oeuvres complètes, Société Littéraire-Typographique, 1785, tomo X.
Voltaire (1694-1778).
41
Mémoires de l'Académie Royale des Sciences et Belles-Lettres; 1765 , Berlin, 1767,
pp.495-505. (Niedermann, pp.211-213).
42
Herder, J. G., Sämtliche Werke, Olms-Weidmann, Zürich, 1994. Herder (1744-1803).
43
Mendelssohn, M., Gesammelte Schriften, a cura di G.B. Mendelssohn, 1843.
Mendelssohn (1729-1786).
44
Adelung, J. Chr., Versuch einer Geschichte der Cultur des menschlichen Geschlechts ,
13
La cultura non conosce lo stato della natura pura e quindi si trova in
relazione dicotomica con essa. In questa linea concettuale s'inserisce
Leopardi costatando che la "cultura de' costumi e delle menti" faccia parte
delle "buone leggi" che con "l'educazione buona" conservano "nella
società degli uomini" la "giustizia e la mansuetudine".45
Dopo l'Unità d'Italia si è verificata la differenziazione e individuazione
funzionale degli allotropi coltura e cultura. Da allora la coltura avrà il
significato di 'agricoltura'.46 Cito De Mauro: "[...]là dove l'uso tradizionale
della lingua scritta scillava, talora da secoli, nel proporre due varianti, come [...] cultura e coltura [...] una maggior confidenza con l'uso della lingua ha consentito che una delle due forme, diventando sensibilmente meno frequente dato l'uso accresciuto, cadesse, ovvero ha portato a differenziare il significato delle due forme". 47 Il VEI suggerisce l'uso di coltura per
'l'agricoltura, quella de' campi e de' fiori' e cultura 'quella metafisica
dell'ingegno'.48 Le alterazioni - senza badare ai significanti - si trovano
anche nei compositi di -coltura e -cultura. Ipoteticamente coltura e
cultura si adoperano indifferentemente. Migliorini constata che a molti
vocaboli d'impronta popolare vengono a contrapporsi le corrispondenti
forme latine. In altri casi si tratta di adattamenti più o meno radicali delle
stesse voci dotte e trionfa l'una o l'altra forma. Si osserva il fenomeno
anche per esempio nelle voci ancella / ancilla, carena / carina e coltura /
cultura e altri.49 Apposto su tali parole verteva principalmente la disputa
Leipzig, 1782. Adelung (1732-1806).
45
Crusca, 1059, 3. Leopardi (1798-1837).
46
Anche bachicoltura, pollicoltura. Nel nostro secolo coltura designa l'allevamento di
animali, la coltivazione di germi patogeni e batteri a scopo della ricerca e anche la
sostanza fisiologica in cui sono allevati. (DELI, voce coltura).
47
De Mauro, T., Storia linguistica dell'Italia unita, Laterza, Bari, 1986, p.228.
48
Cfr. anche: Migliorini, B., La civilità europea; storia della lingua italiana, Sansoni,
Firenze, 1960. Migliorini rinvia a Fanfani, P., Vocabolario della lingua italiana, Le
Monnier, Firenze, 1898.
49
Vedi: ibidem, voce cultura. Il GDLI dichiara "disusato" il significato di agricoltura per
la cultura. Però sia anche valabile di attribuire la preferenza di cultura a coltura all'influsso del francese culture e del tedesco Kultur - infatti di origine molto recente nei si-
14
tra fautori della lingua cortigiana e fautori della lingua fiorentina o
toscana. I primi consigliavano di attenersi alle forme latineggianti, i
secondi difendevano le forme della tradizione popolare toscana. 50
Vale a esplicitare un fatto politico di origine tedesca per poter spiegare il
processo della generalizzazione e dell'istituzionalizzazione della nozione
che ebbe influsso per tutta l'Europa. Si chiama Kulturkampf ed è il nome
dato dal patologo e uomo politico Virchow alla lotta combattuta da
Bismarck e dai liberali contro la chiesa cattolica e il "Partito Cattolico del
Centro", PCC ("Zentrums-Partei", ZP) negli anni 1871-79, quando sembrò
che la pubblicazione di papa Pio IX del "Syllabus errorum" (1864) e la
proclamazione del dogma dell'infallibilità nel Concilio Vaticano I (18691870) avessero rivolto dalle fondamenta i rapporti tra lo stato e la chiesa.
Provvedimenti come lo scioglimento della sezione cattolica nel ministero
dei culti, l'espulsione dei gesuiti dalla Germania e la limitazione
dell'insegnamento religioso nelle scuole con tutte le sue conseguenze
diedero inizio ad aspre polemiche.51
L'aspetto sociale-urbano, formativo e ornativo della cultura trova la sua
espressione speciale nell'"epoca del salotto o del salon".52 I convenuti
conversavano su soggetti letterari, filosofici e artistici. Con il processo del
Risorgimento e dell'Unità d'Italia si cominciava a discutere apertamente
gnificati di 'civilità' e 'sapere'. Cfr.: De Mauro, T., Storia linguistica dell'Italia unita,
Laterza, Bari, 1986, p.228, nota Fehler: Referenz nicht gefunden. Ho scoperto che il
pittore Cuno Amiet (1868-1961) usava coltura per dare il titolo a un suo quadro su cui
presenta una ragazza in costume regionale: "Mädchen in Coltura" (1890). Coltura è
un villaggio in Val Bregaglia. (Gerster, U., Im Kreis der Avantgarde, in: "Neue
Zürcher Zeitung", No. 287, Feuilleton, il 9-dic-1999, p.68).
50
Migliorini cita per i primi Equicola (1470-1525), Castiglione (1478-1529), Achillino
(1466-1538), Castelvetro (1505-1571) e Trissino (1478-1550) e per gli altri Ruscelli
(1504-1566) e Borghini (1515-1580). (La civilità europea; storia della lingua italiana,
voce cultura).
51
La lingua della cultura, a cura di Pietro Bonfiglioli e Marzio Marzaduri, Zanichelli,
Bologna, 1977, p.1149. Virchow (1821-1902), Bismarck (1815-1898). Vedi anche le
nozioni infallibilisti, razionalisti, materialisti e liberali. Per Virchow vedi le nozioni
Fortschrittspartei e igiene.
52
I luoghi della memoria, simboli e miti dell'Italia unita , a cura di Mario Isnenghi, Laterza, Roma, 1996, pp.175-195.
15
su temi fortemente politici. Il conversare che è espressione di un rituale di
urbanità e raffinatezza apporta anche al significato della cultura. Lo
studio della storia del salon rivela degli straordinari personaggi
femminili, donne dotate di ésprit con la capacità di riunire e far dialogare
nel proprio salon - mentre nel XVIII secolo era espressione di cour
patriarcale. Si sviluppano diversi modelli di salotto-salon. Vi sono i salons
viennesi, russi, francesi, tedeschi - si pensa ai celebri pranzi di Kant - e
quelli italiani, specializzati e diversi dal punto di vista di spartizione
geografica e politica.53 Il salon si muta in una sorte di "riunione a tavola"
nel
corso
della
specializzazione
dell'industrializzazione
e
scientifica,
richiesta
postindustrializzazione
che
nel
corso
rendono
indispensabile la formazione di competenze specifiche che stanno in
contrasto alla "formazione ornamentale e generica" come avvenne nei
salon.54
Nell'epoca della prima guerra mondiale, si abusa del termine di cultura
per polemizzare con la propria cultura. Essa sta nel contrasto alle
barbarie delle altre culture. Rinvia al significato archaico del concetto,
usato per i propri bisogni di propaganda all'onda nazionalistica. 55 Vale
aggiungere che il significato moderno di <ted> kulturell è entrato
contemporaneamente (1914) anche nel francese realizzatosi in culture e
culturel (1929).56 In quest'epoca si sviluppano inoltre le voci di culturale,
culturalismo e culturalistico.57
53
Salvati discute anche la peculiarità dei salotti-salon di tipo italiano. Viene qui tralascato a causa di spazio e rendimento. (I luoghi, p.185-193).
54
Nicola, A., Dizionario di filosofia, UTET, Torino, 1977, voce cultura. La scrittrice
americana Virginia Woolf (1882-1941) fu l'ultima protagonista della cultura del salon.
Vedi le nozioni salonnière, autorité salonnière e littérature du salon.
55
Vedi: Isnenghi, M., La Première Guerre Mondiale; XXème siècle, casterman, Firenze,
1993, p.23.
56
Vedi anche: DELF, voce culture: "vers 1300: 1509 sens propre. Empr. du lat. cultura
qui ha les deux sens: une forme régulière couture de l'a.fr., au sens de "champ cultivé", est encore usitée dans quelques parlers septentrionaux, cf. it. a. pr. [(pronom)]
coltura "culture, terre en culture" [...] Dér.: culturel, 1929, d'après l'allmand kulturell.".
57
L'aggettivo cultuale assume nel XX sec. il significato 'del culto' che trova la sua
corrisondenza nel <fr.> cultuel. (DEI, voce, culturale)
16
L'Italia fascista poi conosceva il Ministero della Cultura Popolare che
controllava anche la stampa.58 Non ha niente a che fare con la cultura
popolare nel senso socio-antropolgico, ma designava una specie di ufficio
pubblico che stava per "il popolo italiano" con forte connotazione di
demostrazione unitaria.
La cultura assume significato polisemantico e può essere utilizzato in
contesti diversi. Se Prezzolini parla nel 1927 di cultura italiana, parla della
letteratura italiana nel contesto storico, filosofico e filologico. 59 In questa
linea Croce usa la nozione di kulturhistorisch con cui designa la
connotazione dello sviluppo storico.60
Pasolini, nel 1962, parlerà di cultura nel contesto della formazione
politica. La nozione resta qui nell'ambito soggettivo della formazione
personale:
"[...]Infine, ti "sei fatta comunista": il che significa che la tua intelligenza e la tua
sensibilità, possono trovare una "forma" ideologica, possono diventare cultura,
modo di vedere il mondo, di giudicarlo, di capirlo, di aggredirlo[...]".61
L'ambito delle implicazioni semantiche della cultura è diventato vasto. Si
vede nel Kulturfahrplan di Stein - ci troviamo sempre nella cultura
occidentale - che ha lo scopo di elencare tutti gli eventi culturali da 13000
a.D. fino ai nostri giorni su 1611 pagine.62
58
Storia linguistica dell'Italia unita, p.118.
59
Prezzolini, G., La cultura italiana, Corbaccio, Milano, 1938. Sulla distinzione prezzoliniana tra politica e cultura nell'epoca fascista cfr.: Cultura e fascismo, Letteratura, arti
e spettacolo di un Ventennio, a cura di M. Boindi e A. Borsotti, Ponte alle Grazie, Firenze, 1996, pp.73-92. Prezzolini (1882-1982).
60
DEI, voce culturistorico. Vedi anche le nozioni scienze dello spirito, scienze della
natura, neoidealismo, new criticism. Croce (1866-1952).
61
Pier Paolo Pasolini; I dialoghi, a cura di G. Falaschi, Editori Riuniti, Roma, 1992,
p.259.
62
Presentano i fatti culturali le seguenti rubriche: "la politica", "la poesia", "lo
spettacolo", "la religione", "la filosofia", "l'educazione", "le scienze", "la vita culturale
in generale", "l'arte", "l'architettura", "il film", "la musica", "l'opera musicale", "la
danza", "la tecnica", "l'economia" e "la vita quotidiana". La nozione generica di cultura
comprende la scienza letteraria, linguistica, filsofica, la tecnologia con la sua
produzione industriale ed agricola, i trasporti, l'armamento, la communicazione,
l'abitazione e l'igiene pubblica e personale. La communicazione culturale è lo
settacolo, la politica, il diritto. L'organizzazione culturale è di natura giuridica,
17
Nel corso del tempo si sono formate dei nuovi termini che esprimono i
concetti moderni e postmoderni del nostro secolo. Il minimo di esistenza
culturale descrive quel minimo individuale che va oltre le possibilità
nutritive, di vivere e di vestirsi, e serve all'individuo per assumere un
ruolo sociale.63 La critica culturale si basa sulle analisi della società e delle
loro discrepanze tra motivi di attività e di motivazioni. La critica culturale
cerca di chiarire la questione dell'entrata in azione delle possibilità
tecniche in una società.64 L'espressione della rivoluzione culturale trova il
suo centro nella Repubblica popolare cinese sin dalla metà degli anni
sessanta e descrive il movimento forzato della consolidazione dell'ordine
sociale nel senso comunista in una "rivoluzione permanente" con
l'intenzione di dissolvere i resti del capitalismo nella coscienza degli
uomini.65
amministrativa, produttiva, commerciale e credizia. La cultura si definisce con
relazioni sociali, i costumi, la tradizione e la solidarietà con i suoi tratti espliciti ed
impliciti. (Kulturfahrplan; Die wichtigsten Daten der Kulturgeschichte von Anbeginn
bis 1973, a cura di W. Stein, Herbig, München, 1974, pp.1452 e 1453).
63
Wörterbuch der Soziologie, a cura di K.-H. Hillmann, Kröner, Stuttgart, 1972, voce
Kulturelles Existenzminimum.
64
Per questo argomento vedi: Prismen, Kultur und Gesellschaft, a cura di Adorno, Th.
W., 1969 e Adorno, Th. W., Kultur und Lebensphilosophie, a cura di Lieber, H. J.,
1974. Per l'accesso filosofico diverso che non vede la tecnologia in funzione di forni tore di "utensili" per l'uomo che si realizzi con l'uso di essi, ma come un concetto
complesso che porta in sé lo sviluppo di nuove tradizioni venendo compreso come
"disorientamento" in contesto all'"alienazione" umana vedi: Heidegger, M., Die Technik, Die Technik und Die Kehre , Neske, Pfullingen, 19784. Vedi anche le nozioni Gestell, Seinsvergessenheit, Kehre, postmodern e Verwindung.
65
Mao Tse Tung, Della Rivoluzione, 1971. Vedi anche: Domes, J., Politik und Herrschaft in Rotchina, 1965.
18
Nozione scientifica e socio-antropologica
La problematica ai giorni nostri66
"Il mondo visitato dell'antropologo è il mondo del mito, per definizione
"altro" rispetto a quello della razionalità conoscitiva". 67 Il problema è lo
scarto che intercorre tra l'"essere là" sul campo dove si fanno indagini - un
villaggio indigeno, un quartiere urbano ecc. - e l'"essere qui" di chi fa
l'indagine e parla di ciò che crede di aver capito sul campo. La certezza
dell'oggettività scientifica è una pretesa del rapporto tra "sapere locale" e
"sapere globale". Se si percepisce un enunciato locale e l'azione che la
segue, come si può essere sicuri che questa voce valga soltanto per questa
azione particolare e viceversa? I nostri saperi sono debitori di cosmologie
eurocentriche. Capire l'eurocentrismo è un passo verso la relativizzazione
analitica del discorso antropologico.68 Remotti chiama questo fenomeno
"l'inquietudine degli antropologi".69 Lo scienziato che fa l'indagine sul
campo non sa mai di sicuro se il sapere locale analizzato corrisponde
anche alle azioni locali.
"Noi" ci troviamo sul campo con il nostro sapere, "loro" vi si trovano con
il loro sapere. "Noi", quando pensiamo, comprendiamo e descriviamo
l'altro, trasferiamo gli altri in noi stessi. Per evitare un certo
"cannibalismo", lo scienziato deve abolire la presunzione di una verità
generalizzata. Resta sempre il dubbio, perchè possediamo i strumenti
analitici che sono soltanto parzialmente effettivi. Lo scienziato deve
mantenere l'identità propria perché percepisca sempre con i propri
66
Non parlerò di metodi di indagine che si adoperano per le culture anziane. Entra nel
campo scientifico archeologico. Un esempio di una soperta recente - quello che interessa è un villaggio etrusco nell'Italia meridionale - ci dà l'indagine sul campo di Bogucki con i suoi studenti dell'università di Jale. (Bogucki, P., Case Sudies in european
Prehistory, CRC Press, 1993, pp.229-235).
67
Il sapere dell'antropologia; pensare, comprendere, descrivere l'Altro , a cura di U. Fabietti, Mursia, Bologna, 1993, p.5.
68
Ibidem, pp.25 e 26.
69
Ibidem, pp.52-54.
19
"occhiali" culturali. Non bisogna dimenticare che nemmeno l'antropologia
è esclusivamente nostra. Il riconoscimento della propria cultura, la
considerazione dei propri concetti nel processo autoidentificatorio come
se fossero "concetti indigeni" si chiama l'antropologia dell'antropologia o
etno-antropologia. Si considera l'antropologia come un "qualche sapere
antropologico".70
Altre culture conoscono altre antropologie con cui ci osservano e
descrivono. Entriamo qui nel discorso di inculturazione e acculturazione.
Siamo inculturati se accettiamo la cultura forestiera come una parte che è
diventata nostra. Acculturiamo se accettiamo l'altra cultura, ma non
facendola nostra. Resterà sempre una parte estranea al nostro corpo
culturale. Certo che ci sono dei processi di inculturazione che trapassano
all'acculturazione.
Ci sono diverse strategie per svolgere l'indagine sul campo "alieno". 71 La
prima strategia tratta l'alieno come l'ineffabile, senza descriverlo
direttamente e facendolo intuire al lettore attraverso lo specchio delle
reazioni umani. Citando l'altro, lo scienziato è forzato di parlare in modo
"alieno". Così diventerà possibile la scoperta dell'alieno che si trova in noi
- nel lettore e nello scienziato - perchè si scopre l'alterità in noi stessi.
La seconda strategia si basa sulla distorsione o cancellatura di specifici
attributi umani dell'alieno. È la strategia "classica", perchè applicata già
nel passato. L'oggetto da analizzare dallo scienziato viene staccato
dall'aspetto umano, sintetizzato nella sua generalità. Con questa strategia
rischia di cadere in distorsioni troppo immediate e "grossolane" in
dipendenza del livello di raffinatezza analitica.
La terza strategia è la più moderna e pare essere la più adatta. Lo
scienziato non definisce e spiega l'alterità. Fa immergere il lettore
70
Cfr.: Ardener, E., Social Antropolgy and the Decline of Modernism , a cura di J. Overing, in: Reason and Morality, London, Tavistock, 1985, pp.47-70. (Fabietti, p.54).
71
Il contributo di Fabio Dei e Pietro Clemente dimostra le strategie a mano di esempi
della letteratura science fiction che facilita la comprensione del sogetto. (Fabietti,
pp.97-107).
20
direttamente in una dimensione di alterità tuffandolo in una situazione
iniziale di almeno parziale incomprensione, di estraneità a sé stesso e di
"non senso". Così viene spinto dall'autore ad accettare una "scommessa di
senso". Deve risolvere questo "puzzle di riferimenti semantici" trovandosi
in un frame semantico72 che gli è alieno. Per lo scienziato, questa analisi
implica un'indagine sofisticata e specializzata. Deve farsi delle idee per
poter immergersi lui stesso nell'alieno. È un lavoro continuo, molto
raffinato, che aiuta ad eliminare l'eurocentrismo.
Il prossimo capitolo proseguirà con lo sviluppo dei modi - o meglio
atteggiamenti socio-antropologici - dell'analisi culturale.
Lo sviluppo delle teorie antropologiche sulla cultura
La cultura è connessa alla civilità. Però la questione se la civilità e la
cultura siano lo stesso non è ancora risolta. Gli impulsi elementari sono
controllato della civilità, quale si manifesta appunto nel tratto, nelle
maniere dell'individuo.73 La cultura rappresenta i valori autentici, gli
aspetti più spirituali dell'uomo i quali si manifestano nella religione, nella
filosofia e nell'arte. La separazione contrastiva tra civiltà e cultura trova il
suo inizio in Kant. L'idea di moralità che è elemento della Kultur si
contrappone alla forma e alla convenzione sociale che appartengono alla
Zivilisierung. I scienziati del XIX secolo compresero la cultura come
espressione di diverse forme dell'attività umana. Riflettendo su modalità
culturali di popoli diversi - Tylor (1881) riconosce che tutte le società
dispongono di cultura74 - si cerca di trovare un sistema unificatorio di
costumi, abitudini e abilità umane.
Toennies (1887) tratta la relazione tra comunità e società in modo
dicotomico il che impone una decisa contrapposizione tra cultura e
72
Il "frame <ingl> semantico" è la cornice di significati in una entità semantica che ci si
propone di analizzare sul campo.
73
Gallino, L., Dizionario sociologico, 1983.
74
Anthropology, a cura di E. B. Tylor, MacMillan, London, 1881.
21
civilità. La cultura comprende i modi di vita e gli ordinamenti comunitari,
la civiltà comprende la pace e gli scambi "in virtù della convenzione e del
timore reciproco che in essa si esprime".75 Ci si collega Spengler (1920)
costatando che la civiltà sia la forma finale, decadente di una cultura. Essa
è lo stato il più artificiale a cui possa giungere un popolo. 76 Il ciclo
culturale e l'espressione della filosofia storica e parzialmente anche della
sociologia culturale e descrive la teoria del mutamento, trasformazione e
sviluppo culturale che conosca diversi stati di sviluppo. 77 Kroeber poi - in
maniera non valutativa - mette di nuovo in risalto la sinonimicità di
civiltà e cultura avanzata. E Lévy-Strauss, mentre menziona la cultura,
parlerà della "civilisation primitive".78 Questa non valutazione conduce a
Sorokin che espone la non-esistenza dell'uniformità di giudizio su
fenomeni culturali che appaiono utili e non utili. Non ci siano criteri
precisi su ciò che è il valore di un mezzo per incivilirsi e su ciò che è la
sua fine.79 La dicotomia tra civiltà e cultura non corrisponde alla realtà
vissuta. Però esistano degli elementi in una cultura che appaiono più
efficaci per soddisfare i vari bisogni umani perché vengono valutati in
più.
Ogni cultura rappresenta particolari varianti culturali. Questo concetto di
cultura, soprattutto dell'antropologia culturale nordamericana sin degli
anni 30, è onnicomprensivo e include ogni prodotto materiale e
intellettuale dell'attività umana. E descrittivo e non valutativo perchè
facilita l'analisi antropologica antievoluzionistica. A ogni società più o
meno sviluppata viene attribuito una identità culturale tale. La cultura è
75
Tönnies, F., Gemeinschaft und Gesellschaft , Curtius, Berlin, 1926.
76
Vedi: Spengler, O., Der Untergang des Abendlandes, Beck, München, 1920.
77
Spengler denomina la fase iniziale di una cultura la "Geburtsblüte" e il declino di una
cultura le "Untergangsphasen". (Spengler, O., Der Untergang des Abendlandes, 1922
e vedi anche: Sorokin, P. A., Social and cultural Dynamics, 1941).
78
Kroeber, A. L., The nature of culture, University of Chicago Press, Chicago, 1960 e
Lévi-Strauss, C., Du miel aux cendres, 1966.
79
Sorokin, P. A., Socio-cultural causality, Space, Time , Duke, Durham, 1943.
22
l'entità delle forme, prospettive e le condizioni di vita che trovano le loro
espressioni nelle attività umane di un popolo in una cornice storicatemporale e regionale-locale. Tutte le forme di creatività umana che
formano l'ambiente - per esempio gli edifici e gli utensili - si trovano nel
processo dello sviluppo essendo tradotte dalle generazioni precedenti. La
cultura è quindi anche il sapere e il fruttamento conseguente di processi
naturali nelle loro leggi. I punti essenziali della delimitazione culturale
sono la lingua, le prospettive morali, le abitudini di vita e le cosiddette
"forme socialmente produttivi".80
Le culture non sono costrutti monolitici, ma caratterizzate di processi di
mutamenti e di strutture, sistemi e peculiarità sociali. Ratzel (1891)
introdusse il termine di cultura marginale. Allora era strettamente usato
in referenza geografica. Poi è passata a designare una cultura arretrata.
Vale ancora oggi e fa parte dell'indagine di aree culturali (Herskovits,
1948). Una cultura marginale che si trova nell'ambito di un'area culturale
generale deve designare delle pecularità rispetto ad altre culture che si
trovano in questa area. Si differenziano in grado crescente che è dovuto
alla proporzionale distanza geografica tra di loro. La collocazione
geografica resta implicita. La nozione serve inoltre per definire le culture
antiche e ritenute marginali.81
L'antropologia stessa doveva essere definita come scienza tale per poter
differenziarsi dalle altre scienze. La nozione culturologia veniva
introdotta dal chimico e filosofo Ostwald (1915). Whire (1949) lo usa
nell'ambito
dell'antropologia
per
poter
definire
la
disciplina
differenziatasi dalle altre scienze. Esamina i fenomeni irriducibili a
elementi biologici o psicologici, ma comprensibili secondo leggi proprie
che sono il risultato di un lungo processo globale - l'evoluzione - le cui
80
Soziale Gebildeformen (Hillmann, voce Kultur).
81
Dizionario di antropologia, etnologia antropologia culturale antropologia sociale , a
cura di U. Fabietti e F. Remotti, Zanichelli, Bologna, 1997, p.219.
23
fondamenta sia l'aumento dell'utilizzazione energetica. 82
Boas (1927) introduce la cultura materiale. Gli strumenti e gli oggetti
utilitari im una cultura sono portatori di istanze riconducibili alla
dimensione estetica. Questa resa estetica è condizionata in modo
determinante dalle abitudini motorie, dall'uso e dal ricorso a tecniche di
esecuzione. La cultura materiale proviene dell'influsso delle scienze
archeologiche. Il concetto è stato elaborato nel secolo scorso quando si
costituirono le raccolte di oggetti etnografici in modo più ampio e
sistematico. Poi negli anni trenta - ideologicamente vicino al marxismo gli storici delle "Annales" dirigevano l'interesse verso gli strumenti e
utensili delle culture antiche che assumavano un'importanza primaria
materialistica. Ritenevano che gli oggetti d'uso rimandano a ciò che è
ripetitivo, quotidiano, duraturo e fondamentale espressione di una
cultura.83
Weber (1935) poi focalizza da un lato i processi civilizzatori generali e
dall'altro lato i processi civilizzatori particolari che una civiltà subisce. La
cultura è definita come espressione di senso profondo di un'epoca storica
e come fisionomia dei modi ontologici di una società che non conosca il
progresso tale, ma alternazioni di valori, di significati e di forme. La
cultura assume valore di per sè e la civiltà si definisce per l'uso delle cose
culturali di per sé valide e gratificanti.84 In ricerca di processi civilizzatori
Leroi-Gourhan (1964-65) espone che l'evoluzione umana è caratterizzata
82
Dizionario di antropologia, p.221.
83
Boas, F., History and Science in Antropology; a Reply , in: American Antropologist,
vol. 38, 1936. Esposizioni del commercio di artifizi antichi come per esempio la fiera
"Cultura" che ebbe luogo a Basilea, potrebbero essere viste nel contesto della cultura
materiale dove vengono presentati degli oggetti quotidiani non esplicitamente ornativi (Objet d'art [quotidien]). (Sonderbeilage Cultura, in: "Neue Zürcher Zeitung", No.
263, il 11-nov-1999, pp.B1-B8 e Cultura, The World Art & Antiques Fair; 13. al 21.
nov. 1999, Dépliant d'informazione della "Messe Basel").
84
La sociologia culturale è il campo scientifico che fa l'indagine sul significato della cultura nel processo dello sviluppo di strutture sociali. Distingue le forme dell'essere
umano che servono a uno scopo, sono utili e prattiche dalle forme che si trovano a
livello artistico, morale-giuridico, intellettuale-anima e scientifico. (Weber, A., Kulturgeschichte als Kultursoziologie, Sijtoff, Leiden, 1935).
24
dell'adattamento
ambientale
e
della
collocazione
sociale
esterna
dell'organismo umano individuale. Entrano in campo dei concetti della
memoria collettiva e organismo sociale. Le sue riflessioni indicano in
direzione dell'opposizione tra società e cultura, tra antropologia sociale e
antropologia culturale, tra cultura materiale e cultura spirituale.85 Una
società conosce dei convenzioni e simboli condivisi. Per l'analisi pratica ci
si chiedeva come si potesse presentare la dialettica tra invenzione e
convenzione di simboli condivisi o meglio tra significato e uso, ma
soprattutto tra invenzione della parole e controllo della langue. Geertz
(1973) è giunto alla convinzione che la cultura può essere vista come
documento perennemente agito o come un testo variamente commentato
(1987).86 In questa linea sta anche Lotman (1974) che descrive la scrittura
come un insieme di attività grafiche praticamente universali che formano
la cultura.87
Lévi-Strauss (1966) costata che le culture sono legate tra di loro con
somiglianze e differenze. Una cultura non è un universo separato, ma
un'insieme etnografico che presenta scarti significativi rispetto ad altri
"insiemi".88 La diffusione della cultura vuol dire allargamento di elementi
culturali tra membri di culture diverse. Succedono per mezzo di
assunzioni
e
migrazioni.
La
relatività
culturale
descrive
la
presupposizione che questi elementi culturali della propria società 85
Dizionario di antropologia, p.217.
86
"Il concetto di cultura che esporrò [...] è essenzialmente un concetto semiotico. Ritenendo insieme con Max Weber, che l'uomo è un animale sospeso fra ragnatele di significati che egli stesso ha tessuto, credo che la cultura consista in queste ragnatele e
che perciò la loro analisi non sia anzitutto una scienza sperimentale im cerca di leggi,
ma una scienza interpretativa in cerca di significato." e "La cultura, questa sorta di
documento agito, quindi pubblica come un ammiccamento derisorio o una finta razzia di gregge di pecore." (Geertz, C., Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna,
1973, pp.41 e 47).
87
Vedi: Lotman, J. M., Aufsätze zur Theorie und Methodologie der Literatur und Kultur, Scriptor, Kronberg, 1974 e Lotman, J. M., Semiotica e cultura, Ricciardi, Napoli,
1975 e Lotman, J. M., Semiotica e cultura, Ricciardi, Napoli, 1975.
88
"Ma, quando l'antropologo cerca di costruire modelli, lo fa sempre in vista, e con il secondo fine, di scoprire una forma comune alle diverse manifestazioni della vita sociale." (Lévi-Strauss, C., Antropologia strutturale, Plon, Paris, 1958, p.400).
25
soprattutto le norme e i valori - non siano più "naturali" e "assoluti" in
contrasto alle altre società. Il grado dell'autocomprensione e la stabilità
della propria cultura vengono diminuiti con il processo della
comprensione della storicità, della relatività e delle possibilità di
mutamento della propria cultura. Nello stesso momento questo processo
favorisce la tolleranza, l'acculturazione e il vivere insieme in pace. I
membri di un certo gruppo umano formano un'identità etnica che si
differenzia con la loro alterità da altri gruppi. Per lo scienziato che
conduce l'analisi socio-antropologica tendono a rappresentare la loro
cultura dando un'immagine semplificato e segmentato della varietà
culturale.89 Enfatizzano e inventano le differenze culturali - anch'esse
rappresentazioni segmentate e semplificate - che sorgono dalla varietà
culturale, rivelano il loro carattere di operazioni metaculturali, come
fossero sempre stati delimitabili. Sono convenzioni che subiscono un
processo di naturalizzazione, si vestono di un carattere normale e
provvedono di un senso comune e uno normativo. A questa
normalizzazione
o
reificazione
si
aggiungono
poi
forme
di
sacralizzazione.90 Questo "surplus" culturale rassicura un gruppo umano
della verità e della validità di soluzioni non essendo riducibile a
spiegazioni funzionalistiche e utilitaristiche. Come la marcatura dei
confini etnici, non è genetico nell'adattamento e rappresenta un
operazione
metaculturale.
Un'altra
operazione
metaculturale
è
l'opposizione di "noi"/"gli altri" che si preseta nella superiorità culturale,
nell'etnocentrismo.
La cultura è la base di norme, posizioni, tradizioni e l'entità di
immaginazioni collettivi. L'individuo che non è per sè un essere
specificamente sociale assume in questa cultura il suo ruolo sociale e
diventa il membro della società. Il concetto del membro sociale singolo in
congiunta con la cultura diventa importante per concetti culturali nel
89
Barth, F., Ethnic groups and boundaries, G. Allen and Unwin, Oslo, 1969.
90
Dizionario di antropologia, p.218.
26
Novecento. L'influsso della psicanalisi dopo Freud, la psicologia della
Gestalt fa trovare e inventare nuovi modelli di studio delle relazioni fra
cultura e personalità e si chiama cultura e personalità o culture and
personality ed è un concetto dell'antropologia statunitense. La cultura si
presenta come configurazione integrata è organizzata attorno a un ethos
centrale. Le persone arrivano a condividere le stesse strutture
psicologiche fondamentali con la loro personalità di base. Dalla critica
scientifica questo concetto-modello è accusato di determinismo culturale.
Le culture quindi siano incommensurabili, distinte e una produzione di
processi inconsci di selezione, ma ciò nonostante messi in un modello
unitario e specifico. In fondo la teoria trova la sua origine nei caratteri
nazionali di Benedict (1934).91 In questo contesto il culturalismo viene
usato per designare l'analisi delle caratteristiche di una cultura mediante
lo studio delle sue manifestazioni nella personalità individuale.
La geistige Kultur, la cultura intellettuale o meglio dello spirito descrive
le attività che vanno oltre quelle che servono per la sopravvivenza, cioè
l'arte, la letteratura, la politica, le leggi e forme di ordini economici e dello
stato.92 Qui si differenzia la cultura materiale - usato in referenza politica dalla cultura immateriale. Le minoranze che sopportono la cultura si
differenziano da quelle che sono culturalmente creative.93 Secondo la
teoria marxista, i contenuti culturalistici e sociali si determinano nello
stato di sviluppo storico attuale delle forze unitarie di produzione.
Gramsci utilizzò i termini di cultura egemonica e cultura subalterna
(1947) per esprimere la contrapposizione tra le concezioni del mondo e
della vita degli strati sociali subalterni e le concezioni del mondo degli
"ufficiali", le classi dominanti.94 Cirese (1971) parlerà poi di dislivelli di
91
Ibidem, p.219.
92
Staatliche und wirtschaftliche Ordnungsgestalten (Hillmann, voce Kultur).
93
Kulturtragende und kulturschöpferische Minderheiten (Hillmann, voce Kultur).
94
Gramsci, A., Lettere, Einaudi, Torino, 1997 e Gramsci, A., Quaderni dal carcere, Einaudi, Torino, 1977 e Gramsci, A., Quaderno 13, Einaudi, Torino, 1981. Le lettere dal
carcere sono uscite nel 1947.
27
cultura in relazione politico-economico di dominio di classe che è
l'espressione di una disuguale partecipazione e fruizione dei beni
culturali.
La
subcultura
assume
il
significato
particolare
dell'individualizzazione di un gruppo sociale che si trova in un processo
di ascendenza o discendenza. La cultura egemonica e legata a quella
subalterna con una fitta rete di scambi, prestiti e condizionamenti
reciproci, mentre la cultura popolare si contrappone ontologicamente alla
cultura ufficiale delle classi superiori.95 Istoricamente il termine è già
usato negli anni trenta da Redfield (1953 e 1956) e designa i gruppi di
piccole dimensioni, omogenee, tecnicamente ed economicamente semplici
e inseriti in una società nazionale che si oppongono in qualche modo alla
società urbana. Designa la cultura di un gruppo sociale che conosce un
forte fattore d'integrazione, fondato su una trasmissione ereditaria orale. 96
L'affinità culturale è caratterizzata della omogeneità sociale di abitanti in
un quartiere di una città per esempio. 97 I modelli delle convenienze si
formano appropriamente su una data condizione sociale, su gusti, valori
ed atteggiamenti comuni. La continuità e la stabilità della cultura è
fondata sull'avere delle idee, condivise sul come essere e sul come
comportarsi. Questo complesso facilita i processi di apprendimento e
socializzazione.
Tentori e Giudicini (1972) esplicitano che l'agente di un quartiere si trova
all'interno della cultura urbana che è composta di sottoculture dei
quartieri. La città ha la sua funzione culturale. Tentori costata che ogni
comunità umana non può fare a meno di una propria cultura. La funzione
culturale di un quartiere fa parte del sistema culturale che viene
95
Cirese, A. M., Cultura egemonica e culture subalterne; rassegna degli studi sul
mondo popolare tradizionale, Palumbo, Palermo, 19732. Per la definizione e la ricerca
sul campo non connotata politicamente cfr.: Pianta, B., Cultura popolare, Garzanti,
Milano, 1982.
96
Cortelazzo, M., Cardinale, O., Dizionario di parole nuove, 1964-1987, Loescher, Torino, 1989, voce cultura popolare.
97
Tentori, T., Giudicini, P., Borgo, quartiere, città, Indagine socio-antropologica sul
quartiere si San Carlo nel centro storico di Bologna , Franco Angeli, 1972, pp.24-26, 27
e 28.
28
caratterizzato e interpretato come sistema interpretativo e valutativo. Le
relazioni e interrelazioni umane comunicative e collaborative hanno
funzione culturale è appartengono quindi al sistema culturale. 98 Gli autori
mettono in evidenza la dimensione storica di una cultura perché conosce
un sviluppo storico ereditorio. Vedono la trasmissione culturale come
processo storico elaborativo in senso univoco che dà fondamento alla
continuità e la stabilità culturale da cui un gruppo sociale attinga la
propria
sicurezza.
Questo
processo
storico
e
caratterizzato
da
trasformazioni e invenzioni che possono mettere in crisi la forza
stabilizzatrice e rassicuratrice di una cultura che tende a farsi fondere un
nuovo equilibrio su nuovi valori e nuovi sistemi. Qui entra il concetto
della cultura del quartiere, nella dimensione ristretta e attivamente
integrante che è diversa della cultura ufficiale. 99
98
Ibidem, p.25.
99
Lurati, O., Parole nuove; la neologia negli anni 1980-1990 , Zanichelli, Bologna, 1990,
voce cultura di quartiere.
29
Prospettive
Le nuove tendenze antropologiche, con l'autoriflessione sulla propria
cultura, si oppongono all'eurocentrismo e all'etnocentrismo. Vogliono
scoprire le altre culture in modo non distruttivo. L'uomo sta al centro
delle ricerche. Le personalità degli uomini nelle loro differenze e
convergenze hanno un ruolo importante. Nel corso di questa
specializzazione scientifica, il pensare in gerarchie si perde in un
descrivere agglomerato senza gerarchie. Lo sviluppo e la differenziazione
di diversi campi della cultura come l'economia, la legge, la politica, la
religione, l'educazione ecc. ha diminuito l'influsso e l'importanza di una
scienza sociologica generica a favore di sociologie speciali. Un modello
unico della cultura non esiste. Quelli che vorrebbero coglierlo dovrebbero
tenerci così fortemente che diventerebbe subito assurdo e privo di senso
realistico.
Il conflitto culturale tra cultura egemonica e subcultura locale si fonde sul
conflitto sociale di interessi economici. Lo rende più aspro e meno
risolubile nei termini di puro conflitto interculturale. 100 Il recente
fenomeno del cultural lag (Ogburn), dovuto all'accelerazione del tempo
nel corso dello sviluppo tecnologico post-industriale e se si vuole
"postmoderno", è la sfasatura fra strutture sociali e modelli culturali. Il
nucleo della famiglia può servire da esempio. La famiglia tradizionale,
formando il sistema sociale con i loro valori tradizionali e codici culturali,
sta in contrapposizione alla familia "nucleare" che ha sostituito questi
valori e codici per uniformarsi alle esigenze del nuovo sistema produttivo
spesso senza sostituirli con un sistema di codici nuovi e diversi. Apre una
nuova serie di problemi legati al processo dell'inculturazione fondata
sulla sfasatura del sistema sociale e dei codici culturali ed è caratterizzata
dell'incomunicabilità fra le generazioni e dell'isolamento sociale degli
100
Problematica dello sviluppo e del sottosviluppo , in: Antologia multidisciplinare; Antropologia culturale, a cura di E. Damiano, F.O.C.S.I.V., quaderno 32, 1, p.201.
30
individui.101 Visto che tutta la dinamica sociale culturale è fondata sul
mutamento e trasferimento permanente, sia lecito costatare che il cultural
lag è una fase di stato sociale intermedio che condurrà a sconvolgimenti
sociali e culturali e alla formazione di nuove tradizioni. Le voci come
cultura operaia, cultura della povertà, cultura maschile, cultura
femminile, cultura della gioventù o degli giovani sono espressioni di un
pluralismo culturale e di conflitti che emergono all'interno delle aree
culturali.102
L'influsso dell'economia, concretamente la costruzione di vasti campi
economici, il crollo di sistemi politici e l'influsso delle nuove tecnologie
favoriscono l'individualizzazione da un lato, ma dall'altro conducono ad
una certa unificazione sociale. Con la cultura di massa sono venuti i
grandi cult movies. Rappresentavano ancora negli anni sessanta
l'espressione di rivoluzione e lotta intellettuale, significano sempre più
prodotti dell'"industria del divertimento" che suscitano emozioni e
vengono recipiti delle masse che cercano di sfogarsi e di divertirsi nei
grandi palazzi.103 La nozione di cult <ing> {kLlt} (cult movie, cult
director, cult book, cult band, cult musician, cult serial 104) sembra
designare sempre più questi prodotti. Il consumismo, per sé, non è
produttivo. Si vedono nei giuochi e discussioni alla televisione su un
livello di divertimento dubbio che ogni giorno su quasi tutte le reti
attirano molti visitatori.105 Con questa cultura di ridondanza, quale è
soprattutto da osservare nell'ambito urbano, la gente perde la capacità di
differenziare. Gli individui sociali da un lato vivono la vita della
101
Ibidem, p.202.
102
Cfr.: Arbeiterkultur, Armutskultur, Männerkultur, Judendkultur.
103
Vedi anche le nozioni The Industry e Hollywood.
104
Serie in televisione, vedi anche soap opera.
105
Entra qui il concetto dei cultura-quiz che si fanno in televisione e che offrono la possibilità di partecipare chiamando e di vincere un premio. Per una fenomenologia del tipo quiz master cfr.: Eco, U., Diario minimo, Mondadori, Milano, 1963, Fenomenologia di Mike Bongiorno, pp.30-35.
31
riduzione
e
specializzazione
e
dall'altro
la
pianificazione
e
ugualizzazione. Coincide con la cultura-valium (1988), una cultura che è
"tranquillante da consumare".106
La nozione di cultivar (cultivated variety, abbr. CV) per l'ambito
dell'agricoltura comincia a designare le nuove "creazioni" di piante
resistenti. La tecnologia genetica rappresenta anch'essa un fatto culturale
nostro che condurrà a un diverso atteggiamento verso la natura e verso
noi stessi.107
La possibilità di trovare informazioni su diversi livelli ci offre l'internet.
Se si poteva parlare di culto negli anni 80 - di coloro che sapevano
navigare nell'internet - oggi e nel futuro rappresenterà sempre più un
fattore importante di cultura. 108 Forse si parlerà di cultura e culto
d'informazione.109
Nell'ambito del lavoro l'emisfero europeo - oltre quello americano conoscerà la cultura del cambiamento (1985).110 Il fenomeno sociale del
frequente cambiamento del posto di lavoro è dovuto a diversi sviluppi
della specializzazione del sapere, alla computerizzazione e alle esigenze
del mercato. La nozione sta in rapporto con il lifetime employment.
La globalizzazione è la sfida culturale di oggi. I legami di tipo politico e
soprattutto economico di culture diversissime sul nostro globo diventano
sempre più stretti. Le frontiere tra le culture devono essere nuovamente
definite nel corso di conflitti politici, economici e sociali. Dovremo
sviluppare nuovi modi per poter vivere insieme. Sarà allora che potremo
arrivare ad una realtà davvero multiculturale.
106
Lurati, O., Parole nuove; la neologia negli anni 1980-1990, Zanichelli, Bologna, 1990,
voce cultura valium.
107
GDLI e CDS, voce cultivar.
108
Vedi anche i termini tecnici gopher, point to point comunication, site, homepage e
multimedia.
109
Non ho trovato delle attestazioni precise, né nei dizionari, né nella stampa.
110
Lurati, voce cultura del cambiamento.
32
Appendice
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Abbreviazioni
antico provenzale
asturiano
calabrese
engadinese
francese
grodnerico
inglese
irlandese
irpinate
ligure
navarrese
obvaldese
parmigiano
provenzale
francese del sud
Ticino: Val Verzasca
trevisano
<aprov>
<astur>
<cal>
<eng>
<frz>
<grod>
<ing>
<irl>
<irp>
<lig>
<navarr>
<obw>
<parm>
<prov>
<sudfrz>
<verz>
<trev>
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