1 Introduzione Questo lavoro si propone di discutere la nozione di cultura. L'indagine su questa nozione così ricca di significati non può fermarsi all'analisi lessicologica e etimologica, benché lo sviluppo semantico dei referenti, delle connotazioni e denotazioni abbiano un ruolo importante per la comprensione. Sarà anche necessario parlare della teoria della cultura. Per primo bisognava cercare la voce come si trova nella letteratura, nei dizionari e nella letteratura secondaria. Presenterò quindi una prima parte del lavoro che ha per soggetto l'analisi etimologica dai tempi latini fino ai giorni nostri. Il procedimento di questa analisi si svolgerà in ordine cronologico. Lo sviluppo dal significato antico di 'terreno lavorato' e 'agricoltura' ai significati di oggi è un mutamento dal figurato all'immaginario. 1 Il campo semantico della nozione subisce un arricchimento significativo che va oltre il figurato. Presenterò quindi due parti dell'analisi etimologica: l'una che analizza lo sviluppo dal significato figurato a quello immaginario della nozione e l'altra che tratta il significato immaginario. Tra queste due parti inserirò un exursus che tratterà le nozioni dialettali che entrano nel campo semantico di 'agricoltura' e che sono rimaste nel significato figurato. Non mi proponevo un lavoro sulla storia della cultura, ma sulla storia della nozione di cultura. In generale la problematica consisteva nel distinguere tutto quello che può essere cultura, cioè l'espressione della cultura dall'uso concreto della nozione cultura. Questo distinguere permanente nel corso dell'indagine ha suscito la domanda della definizione di cultura, cioè della teoria della cultura. Come si definisce la cultura scientificamente? Quindi nella seconda parte del lavoro mi concentrerò sulla nozione dal punto di vista socio-antropologico. Mi 1 I significati vengono messi tra virgolette semplici. Le nozioni e i modi di dire, oltre le indicazioni bibliografiche, sono messe in corsivo. 2 occuperò in primo luogo della problematica scientifica come si presenta oggi, per poi indagare lo sviluppo dei metodi e modelli antropologici che conducevano a quelli odierni. Inizierò dal secolo scorso con i suoi primi grandi modelli antropologici. Nella terza parte analizzerò qualche aspetto di sviluppi culturali odierni con le loro espressioni linguistiche e concluderò con alcune riflessioni sulle prospettive future. 3 Etimologia di cultura Dal significato figurato ai significati immaginari della nozione Cultura e coltura in primo luogo hanno il significato dell'azione attiva di 'lavorare il terreno' e il significato dell'azione passiva 'la cosa, il terreno che vengono coltivati'.2 Nell'antichità la nozione possedeva soprattutto il forte significato di 'agricoltura'. Nel Thesaurus, IV si trovano molte attestazioni che trasmettono questo significato per esempio in Catone, nell'Agricoltura, 61, 2: "cetera cultura praeter arandum est multum sarire et diligenter eximere semina et per tempus radices quam plurimas", in Falccone, 71: "agros habent [...] diligentia culturaque merliores", in Orazio, Carmina, 3, 24, 14: "rigidi Getae, immetata quibus ingera liberas fruges et Cererem ferunt, nec cultura placet longior annua", in Varrone, nelle Saturae Menippeae, 17: "terra culturae causa attributa olim particulatim hominibus", in Cicerone, in De legibus agricolae, 2, 84: "agros desertos a plebe atque a cultura hominum liberorum esser non oportere" e in Plinio, nella Naturalis historia, 14, 33: "non naturam eius [...] repugnare Italiae, sed culturam avide palmites evocantium". 3 Tutte queste citazioni hanno come comune connotazione il bisogno umano dell'alimentarsi e della lavorazione del terreno. È un aspetto importante che trova la sua espressione nell'uso della nozione. Se non ci si occupa bene del terreno, non rende o diventa deserto. Inoltre l'agricoltura serve per sostenere la propria popolazione. In contrasto a essa sta la cultura degli altri popoli che serve, o ad imparare facendo delle buone esperienze 2 cultura e coltura (cul-tu-ra, allotropico), ssf., derivate da colere, 'coltivare', participio passato cólto (anche < cultore, sm. e coltare, cultare vvt.), <mlat> culturam. Còlto, agg., con l'accento grave invece significa 'afferrato, colpito, spiccato' < cogliere, vt., <aprov> coillir, colhir, colre, vvt. (Romanisches etymologisches Wörterbuch, a cura di W. Meyer-Lübke, Heidelberg, Carl Winters, 1935 e Glossario degli antichi volgari italiani, a cura di G. Colussi, Foligno Editoriale Umbra, 1983, voce còlto, coltura). 3 Thesaurus linguae latinae, a cura di Teubner, Göttingen, 1909, vol. IV, voce cultura. Gli autori vengono di seguito indicati con le loro date di vita: Catone (234-149 a.D.), Flaccone (†90), Orazio (65-8 a.D.), Varrone (116-27 a.D.), Cicerone (106-43 a.D), Plinio (23-79). 4 che sono favorevoli alla propria agricoltura o a criticarla, perché non sia romana oppure non ancora romanizzata. La cultura è sempre determinata dello scambio e del commercio. La cultura romana sin dall'inizio conosceva non soltanto lo scambio dei merci, ma anche dei metodi agricoli. L'interesse per le altre popolazioni con le loro agricolture era importante per migliorare la propria agricoltura. Essa diventa espressione di uno stato di sviluppo più avanzato dallo stato romano in contrasto alla barbaria.4 Per la valutazione delle possibilità semantiche dei significati della nozione cultura bisogna esaminare i verbi ai quali si fa ricondurre. Il verbo attivo colere assume diversi significati in età romana: 1. 'incolere, abitare', 2. 'curare, trattare, ediligere' 3. 'ornare', 4. 'magni estimare' e 5. 'venerari'.5 Nella citazione di Cicerone in Tusculanae disputationes, lib.2, 13: "ut agri non omnes frugideri sunt, qui coluntur [...] sic animi non omnes culti fructum ferunt" manca l'uso figurato, il significato si muta da 'trattare, solere, lavorare' in 'formare, ornare'. Lo stesso fenomeno è anche percepibile in Ovidio in Ars amandi, lib.2, 121: "ingenuas pectus [ingenium] coluisse per artes [...] et linguas edidicisse duas" (A.d.a.). 6 D'altra parte al livello significativo il verbo excolere si accompagna al significato latino cultura animi e cultus vitae che assume il significato di 'migliorare, formare più avanzatamente e adornare'. Il participio passato exculto assume il significato di 'formare fino alla fine' come per esempio nell'espressione excolere animum in Cicero in Ad Atticum, 12: "animos 4 Ibidem, Indice: A. Gellio, in Noctes Atticae, 19, 8, 1: "homo Thracus [...] ex ultima barbaria, ruris colendi insolens, cum in terras cultiores humanioris vitae cupidine commigrasset[...]". Nel III secolo Giustino contrappone le tradizioni dei greci a quelle degli "Scythi barbarici" in Historia Alexandri Magni, lib.7, cp. 8, 11: "cultos mores [Greaecorum] incultae barabriae [Scytharum] collatione superari" (A.d.a.). Inoltre un popolo è coltivato se provvede di grandi città. Vedi Thesaurus, vol. III: Amm. Marcellino, in Rerum gestae, lib.15, 11, 13: "prima provincia est Aquitania, amplitude civitatum admodum culta". Giustino (100-165), Gellio (125-170), Amm. Marcellino (330395). 5 Secondo la classificazione nel Thesaurus, vol. III, voce colere. 6 Ovidio (43 a.D.-18). 5 [...] doctrina excolamus".7 Le nozioni di cólto e culto trovano il significato simile di 'coltivato, onorato, ricercato' e 'coltivazione'. 8 Nell'età antica le nozioni assumono due campi referenziali di azioni attive, cioè 'curatio, tractatio, diligentia, venerazione' e di stati passivi 'stato, portamento, specie di uomini'. Si trova spesso la nozione di cultus animi in Cicero: "animi cultus ille [librorum scriptura] erat ei [Demetrio Falereo] quasi quidam humanitatis cibus" (A.d.a.).9 Il termine di culto si sviluppa parallelamente a quello di cultura. Cultus ingeniis e cultus vitae sono di frequente uso e ostacolano lo sviluppo della nozione immaginaria di cultura.10 Nel campo referenziale di stati passivi, il culto è quindi il risultato della formazione mentale. Cicero mette l'humanus cultus in contrasto alla vita selvaggia e grossolana. 11 Cultus significa qui 'la cura dell'anima', 'la condotta di una vita mentalmente avanzata', 'il modo di vivere' e 'la formazione della mente'. Escludeva ancora attività come le arti, i mestieri e il lavoro manuale in generale. 12 Questo cambierà in Mamerto che vede la differenza dell'uomo dalla bestia nel coltivare l'anima e nella formazione della mente con le bonae artes.13 Nel corso della cristianizzazione, la nozione di cultura assume un significato che si sposta da 'agricoltura' verso 'modo di vivere' e 'il modo 7 Niedermann, J., Kultur, Werden und Wandlungen des Begriffs und seiner Ersatzbegriffe von Cicero bis Herder, Libreria Antiquaria Editrice, diretta da Giulio Bertoni, Firenze, 1941, p.18 e 19. 8 culto e colto, (cul-to, allotropico), da <mlat> "cultum", derivata di colere e coltivare. VEI e GDLI: voce culto. (Vocabolario etimologico italiano, Angelico Prati, Garzanti, Milano, 1951 e Grande Dizionario della Lingua Italiana, Torino, UTET, 1964). 9 Vedi: Thesaurus, vol. IV, 1324-1339 e Niedermann, p.22. Demetrio Falereo (360-280 a.D.). 10 Niedermann, p.118 e 119. 11 Vedi: Thesaurus, vol. IV, col. 1328, Cicerone, nelle Epistulae, p.203, 16: "homines [...] a fera agrestique vita ad hunc humanum cultum civilemque deducere". 12 Il lavoro a mano viene indicato con il termine di banausia. (Nicola, A., Dizionario di filosofia, UTET, Torino, 1977, p.204). 13 Thesaurus, vol. IV, col. 1328, Claud. E. Mamerto, in Ab urbe condita, lib.5, 54: "Bonarum Artium [...] iactura [...] animi cultum despuens, quo solo praestat pecudi gens humana". Mamerto (†474). 6 di spirito'. Le attestazioni si trovano in Maximiniano Etrusco nelle Carmines, 53: "unum esse gregem Christi, unam culturam et unum aedificium", in Agostino nelle Confessiones, 87, 1: "cultura ipsius dei est in nos", in Leo I nelle Epistulae, 14, 1: "in dominico agro [...] oportet nos prudenter atque vigilanter spiritualem exercere culturam", nella Bibbia di Itala (Septuaginta o Vetus Latina) in Giovanni apostolo, 16, 2 nel codice numero e: "culturam deo afferre [nella Vulgata "obsequium praestare"]" (A.d.a.) e in Geronimo nelle Epistulae, 120, 10, p.998: "[...]quorum [Israelitarum] fuit adoptio et gloria et testamentum et legislatio et cultura et promissio[fere in quod fides]" (A.d.a.). 14 La nozione assume scarsamente il significato di 'venerazione, onore e portamento umano', come in Ennodio nelle Epistulae, 3, 4, p.74, 22: "sempre vos singulari cultura suspexi" e in Polycarpo di Smyrna nel passim Polycarpi, 19,1: "solus tamen inter cetero culturae meruit principatum".15 Si trovano inoltre scarse attestazioni che significano 'cerimonia e sacrificio' come in Geronimo nel 132 o Salmo: "[...]sublimitas ac pompa cultura[...]" e in Pelagio: "sacramenta culturae corrigere vel augere [...] sacramenta caerimonia corrigere vel augere". 16 Anche nel medioevo la filosofia era lo strumento principale per la formazione dell'uomo e serviva per trovare la verità rivelata dalla religione e contro le tentazioni dell'eresia e della miscredenza.17 Il cristianesimo portava nuovi ideali. Il mutamento del significato della 14 Maximiniano Etrusco (attorno al 520 ca.), Agostino (354-430), Leo I (†461), Geronimo (348-420). 15 Attestazione incerta perchè molto probabilmente dovuta a un'annotazione - chiosa o glossa - di mano sconosciuta. Ennodio (473-521), Polycarpo di Smyrna (†156). 16 Pelagio (†422), cfr.: pelagianismo. 17 Vedi l'espressione Philosophia ancilla theologiae. I verbi culturare e colturare, nel senso di 'coltivare' sono medioevale del XIV sec. La sua variante <fr> cultiver pare derivare da <lat> cultivus con l'estensione nel suffisso ( -ivus) da cultus 'coltivato' a colere 'coltivare' nel XII e XIII secolo. Il Dictionnaire étymologique costata la datazione nel articolo di cultiver: "[...]L'ancien français ha aussi le verbe contiver, dont le lat. médiéval cultivare n'est q'une transcription, comparez aussi le langue-docien continu "culture, champ cultivé"[...]". (Dictionnaire étymologique de la langue française, a cura di W. von Wartburg, Presses universitaires de France, Paris, 1968). 7 nozione figurata dell'agricoltura agli altri significati si fonde sull'analogia semantica. Si parte sempre della prospettiva umana. Le cose che verranno coltivate sono da trovare esternamente o internamente. Quello che deve essere lavorato e trattato perché frutti si trova anche nell'interno ( anima, ethos). La cultura assume piuttosto il significato di 'venerazione' nel senso di cultura Christi, cultura christianae religionis, cultura idolorum.18 L'interesse panteistico si mutava in un interesse monoteistico. Con questo mutamento teologico-filosofico si capovolgerà la terminologia. La società, coniato alla civitas Dei, si vede presto in opposizione ai popoli pagani che vengono descritti cultores daemonum (in opposizione a cultus Christi), pagani, gentiles e infedeles.19 Nell'umanesimo le nozioni di cultura e culto non subivono cambiamenti sostanziali nei loro significati. Non è ancora da costatare un aumento significativo e decisivo dal significato figurato a quello immaginario. Però in Petrarca nel Canzoniere si trova un'attestazione che sembra andare oltre il figurato: "Elena, madre di Costantino, vestita di coltura religiosa", mentre in Dante nella Divina commedia, Inferno, 20, il significato resta ancora figurato: "Vide terra nel mezzo del pantano sanza cultura, e d'abitanti nuda."20 La voce coltura si concretizza nel significato limitando 'agricoltura, coltivazione' a 'luogo coltivato'.21 Più tardi nel filologo-filosofo Filippo Beroaldo la cultura animi assume il significato di attività scientifica e eloquentia. Il significato si sviluppa poi nel XVI secolo in direzione di 'dottrina' e 'erudizione', ma civilitas e humanitas vengono usate più frequentemente. In civilitas entrano i concetti di urbanitas nel senso di civitas-urbs 'comportamento urbano', 18 Niedermann, p.27. 19 Cfr.: Agostino (354-430): De Civitate Dei e Confessiones. 20 Vedi: Vocabolario degli accademici della Crusca, Tipografia galileiana di M. Cellini, 1878, p.1059, art.7 e p.1058. Petrarca (1304-1374), Dante (1265-1321). 21 Prati constata che i due significati esistono da allora parallelamente. (Prati, A., Vocabolario etimologico italiano, Garzanti, Milano, 1951 e VEI, voce cultura e Niedermann, p.64). 8 mentre in humanitas entrano la 'natura umana e il suo sviluppo', il 'comportamento umano verso se stesso e gli altri' e la 'formazione della mente'.22 Excursus Nozioni dialettali Le postille al REW presentano tre nozioni che entrano nel campo semantico di 'agricoltura' e designano luoghi dove viene oppure è stata lavorata una cosa: coltura <parm> 'campo coltivato', cutura <cal>, 'pascolo, terreno erboso' e <lig> kotüra, 'profondità cui si giunge coltivando la terra', mentre la nozione di koltüra <verz> 'primo fieno' designa il prodotto e la produzione agricola.23 Si trovano anche nelle voci <navarr> acoutrar, 'lavorare la terra', <frz> accoutrer 'preparare' e più diffusamente <astur> kuitrala, 'vecchia vacca'. Affinità a questo campo semantico trovano le voci cultare, 'concimare' con le sue varianti nel <irp> koltà, <trevis> kolta(r), <grodn> kolté con derivati in <obw> kultem, <astur> kuitu, 'concime' <astur> cuchar. Gli utensili per lavorare la terra come <prov> colter 'vomere senza ruota', <ir> coltar 'coltello del vomere', anche coltrina, 'sorta d'aratro toscano primitivo' e la misura che può essere lavorata, la coltra di campo, 'misura di terra che può essere arata in un giorno', sembrano essere derivati dal <lat> culter24 o cultrum, <it> coltro, nel senso di 'vomere'. Anche cultellus 22 Niedermann, pp. 66, 67, 73 e 74. Filippo Beroaldo (1453-1505). 23 REW, voce cultura e Postille italiane al Romanisches Etymologisches Wörterbuch di W. Meyer-Lübke comprendenti le postille italiane e ladine di Carlo Salvioni , a cura di Paolo A. Farè, Istituto lombardo di scienze e lettere, Milano, 1972, voce cultura e Vocabolario dei dialetti della Svizzera Italiana, Taiana-Tipografia N. Mazzucconi, Lugano, 1990. 24 Al sacrificio antico, il victimarius [anche hiereùs] o cultrarius apre, con il culter, un'utensile simile al coltello, la carotide dell'animale che viene sacrificato e lo sventra. Culter era anche l'attributo dei popoli antichi conosciuti per la loro forza nella battaglia. (Der neue Pauly; Enzyclopädie der Antike , a cura di H. Cancik e H. Schneider, Metzler, Stuttgart, 1997, tomo III, gli articoli culter e cultrarius, p.230). Cfr. anche: VEI, voce coltro. 9 o cuntellus derivato da culter - possibile rotacismo - sono realizzati in ol cortel25, <prov> coltel, <catal> coltell, <port> cutelo (e <sudfrz> †kutela, oggi Iris), in <obw> kunti e <catal> kuntell. Interessante la voce in <eng> cuttüra che vuol dire 'campo, campagna' e sta in opposizione a città. Nell'Umbria esisteva la voce coltura come 'esazione' (1516) nel linguaggio amministrativo. L'ufficio del coltore era quindi l'ufficio dell'esattore, dei 'coltori delle dative della terra' (Perugia, 1526).26 I significati immaginari della nozione La dialettica tra uomo e società, discussione che trova il suo inizio nell'umanesimo, crea una nuova prospettiva nel significato di cultura animi. Con le opere di Pufendorf il termine assume un ruolo che non aveva nel XVI secolo.27 Il tema del lutto dell'individuo che vuole entrare nella società diventa un importante problema filosofico. Non si colgono soltanto i campi, ma anche le scienze, l'arte, l'amicizia, la pace a la vita socialis. Assume il significato di 'educazione che serve per la vita sociale' e la 'conoscenza delle artes liberes' che risale in sostanza ai pensieri di Hobbes, Grotius e Pufendorf. Grotius comincia. L'uomo per sé è un essere sociale dotato di appetitus societatis. Hobbes poi espone la tesi che l'uomo trovi la sua fortuna personale soltanto da solo, perché ama soltanto se stesso (homo homini lupus). Questi pensieri filosofici culminano nella sintesi di Pufendorf. L'uomo trova la sua fortuna 25 GAVI, voce cóltro. 26 Dizionario del linguaggio italiano storico e amministrativo, a cura di G. Rezasco, Fornì, Bologna, 1881, voce coltore. 27 Samuel von Pufendorf (1632-1694) è filosofo e scienziato di diritti naturali. Vedi il capitolo: "De praestationibus himinis erga seipsum tam circa culturam animi quam curam corporis et vitae" (Pufendorf, S. von, "Eris Scandica qua adversus libros de Jure naturali et Gentium objecta diluuntur", 1686). Bacon (1561-1626), Leibnitz (1646-1716) e Vico (1668-1774) entrano nella stessa linea filosofica, mentre in Spagna si adoperano i termini di culto e cultismo. (Niedermann, p.104). Cfr. anche: DELI, voce coltivare: "esercitare l'ingegno, le facoltà spirituali, acuire la mente". In quest'epoca si sviluppa l'equazione di <it> cultura = <ted> Kultur = <fr> civilisation. (GAVI, voce coltura). 10 personale soltanto nella società. In cultura animi entrano i significati di socialitas e di cultus vitae.28 Mentre nel Tasso la nozione di cultura restava ancora nel significato di 'ornamento'29, il prosatore gesuita Daniello Bartoli la mette in relazione sociale con la formazione della personalità. 30 Il significato muta dalla formazione della mente di una persona allo stato più generico della cultura di un popolo.31 Il coltivare le nuove scienze per giungere a conoscenze più profonde delle cose non implica una dicotomia tra natura e uomo, ma "porge gran soccorso alla storia della natura".32 Muratori, nella sua opera Riflessioni sopra il buon gusto nelle scienze e nelle arti (1708), vede la continuità tra l'età rinascimentale e il nuovo tempo nell'alleanza delle humanae litterae e nelle nuove scienze sperimentali. 33 Rousseau si occupa delle relazioni tra uomo e natura. In questo contesto la cultures des sciences e la culture des hommes nella Lettre a Raynal e la bonne culture in Émil esprimono un concetto di cultura che è diverso da quello della natura mentre oscilla tra formazione della mente personale e sociale.34 Il passaggio tra formazione dell'uomo singolare e il prodotto di questa formazione di una società in relazione alla natura avvenne nell'opera Kritik der reinen Vernunft di Kant: "La produzione, in un essere ragionevole, della capacità di scegliere i propri fini in generale (e quindi di essere libero) è la cultura. Perciò la cultura soltanto può 28 Hobbes (1588-1679), Grotius (1583-1645). 29 Vedi: Crusca, 1059, 8, Tasso (1544-1595), nelle Lettere, 1, 179: "[...]ma non vi manca cultura; altro è l'ornamento, altro la cultura[...]". 30 Niedermann, p.181. Daniello Bartoli (1608-1685). 31 Crusca, 1059, 5, D. Bartoli, in Della storia della Campagnia di Gesù, 565:"[...]la fedeltà de i Tlascalesi, che, in gente di così poca cultura,... ebbe del miracoloso". 32 Ibidem, pp.205 e 206. 33 Le nuove scienze sperimentali è un concetto che risale a Galilei (1564-1642). ( La cultura civile; L'Italia e la formazione della civiltà europea , a cura di N. Matteucci, UTET, Torino, 1993, p.208). Muratori (1672-1750). 34 Niedermann, p.190. Rousseau (1712-1778). 11 essere l'ultimo fine che la natura ha ragione di porre al genere umano."35 Kant denomina - sotto l'influsso di Rousseau - questo problema filosofico Widerstreit der Kultur mit der Natur. L'essere umano deve progredire nella sua cultura affinché l'arte perfetta ( vollkommene Kunst) diventi natura che è lo scopo dell'essere umano: "[...]bis vollkommene Kunst wieder Natur wird: als welches das letzte Ziel der sittlichen Bestimmung der Menschengattung ist."36 Altre indicazioni sul concetto della cultura oggettiva di un popolo o di una nazione si trovano da Vico nella sua opera Principi di una Scienza Nuova d'intorno alla comune Natura delle Nazioni .37 Qui la "natura di un popolo" significa la formazione politica ed economica di un popolo. Esser colto non significa più possedere le arti liberali, ma conoscere e sviluppare la matematica, la fisica, le scienze naturali, le scienze della storia e la filologia scientifica. Il pensiero culmina in D'Alembert e Diderot, gli autori - come noto - dell'Encyclopédie.38 Montesquieu nel 1748 parla di un esprit général per esprimere il suo concetto culturale, sociale e politico: "[...]Plusieurs choses gouvernent les hommes: le climat, la religion, les lois, les maximes du gouvernement, les exemples des choses passées, les moeus, les manières; d'où il se forme un esprit général qui en résulte."39 In Voltaire il concetto è espresso con la culture d'époque nel suo libro Siècle de Louis XIV in cui descrive l'epoca nella poliprospetticità di 35 Kant, I., Kritik der reinen Vernunft, Felix Meiner, Hamburg, 1998, paragr. 83. (Traduzione del Dizionario di filosofia, articolo cultura, p.150). Kant (1724-1804). 36 Kant, I., Briefe, Vandenhoeck, Göttingen, 1970, Lettre néologique. 37 Vico, G.B., Principi di una Scienza Nuova d'intorno alla comune Natura delle Nazioni, Opere, Ferrari, Napoli, 1725. Vico (1668-1744). 38 Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers , Briasson, Paris, 1751-1780. Sia lecito di rinviare anche ai periodici della "Société Diderot", ricerche interessanti su diversi concetti e nozioni che appaiono nell' Encyclopédie: Recherches sur Diderot et sur l'Encyclopédie , Klincksieck, Paris, diversi fascicoli. D'Alembert (1717-1783), Diderot (1713-1784). Vedi anche le nozioni encylopédisme e encyclopédistes. 39 Montesquieu, Oeuvres complètes, Laboulaye, Paris, 1877. Montesquieu (1689-1755). 12 politica, affari finanziarie, religione, arte, scienza e costumi. 40 E Toussaint (1765) esprime questo concetto collegandolo al language. Aveva presentato un trattato nell'accademia di Berlino intitolato Des inductions qu'on peut tirer du language d'une nation par rapport à sa culture et à ses moeurs.41 In Herder poi la nozione raggiunge la polisemia di 'formazione mentale personale e soggettiva' e 'formazione mentale civile e oggettiva', a parte di 'storia', 'modo di vivere', 'ornamento' e 'ascendenza e discendenza di una società a gradini'. "Von wem bekamen sie Cultur, Gesetze, Götter, Wissenschaften, Künste? ... dass ... Fremde bei ihnen die Kultur erweckt und in den ersten Zeiten des Fortganges in wiederholten Stössen beschleunigt".42 Questa polisemia è inoltre rappresentata nei concetti illuministici di Mendelssohn: "Aufklärung geht bloss auf das Theoretische, auf Erkenntnisse, auf Wegschaffung der Vorurtheile, Cultur hingegen auf Sitten, Geselligkeit, Künste, Thun und Lassen".43 Il lessicografo e storico della lingua Adelung rinvia il discorso culturale al confronto storico dello stato della cultura con quello della natura: "Cultur ist mir der Übergang aus dem mehr sinnlichen und thierischen Zustande in enger verschlungene Verbindungen des gesellschaftlichen Lebens. [...] Stand der Natur ist Abwesenheit aller Cultur [...] Zur Cultur gehören vornehmlich fünf Stücke: 1. Abnahme der Leibesstärke und Verfeinerung der thierischen Körpers [...] 2. Allmähliche Abnahme der sinnlichen oder dunklen Begriffe und ihrer Herrschaft und 3. eben so allmähliche Zunahme der deutlichen Begriffe, oder der vernünftigen Erkenntniss und ihrer Herrschaft über die vorigen. 4. Verfeinerung un Milderung der Sitten; und 5. in den höheren Graden der Cultur, Bildung des Geschmackes".44 40 Voltaire, Oeuvres complètes, Société Littéraire-Typographique, 1785, tomo X. Voltaire (1694-1778). 41 Mémoires de l'Académie Royale des Sciences et Belles-Lettres; 1765 , Berlin, 1767, pp.495-505. (Niedermann, pp.211-213). 42 Herder, J. G., Sämtliche Werke, Olms-Weidmann, Zürich, 1994. Herder (1744-1803). 43 Mendelssohn, M., Gesammelte Schriften, a cura di G.B. Mendelssohn, 1843. Mendelssohn (1729-1786). 44 Adelung, J. Chr., Versuch einer Geschichte der Cultur des menschlichen Geschlechts , 13 La cultura non conosce lo stato della natura pura e quindi si trova in relazione dicotomica con essa. In questa linea concettuale s'inserisce Leopardi costatando che la "cultura de' costumi e delle menti" faccia parte delle "buone leggi" che con "l'educazione buona" conservano "nella società degli uomini" la "giustizia e la mansuetudine".45 Dopo l'Unità d'Italia si è verificata la differenziazione e individuazione funzionale degli allotropi coltura e cultura. Da allora la coltura avrà il significato di 'agricoltura'.46 Cito De Mauro: "[...]là dove l'uso tradizionale della lingua scritta scillava, talora da secoli, nel proporre due varianti, come [...] cultura e coltura [...] una maggior confidenza con l'uso della lingua ha consentito che una delle due forme, diventando sensibilmente meno frequente dato l'uso accresciuto, cadesse, ovvero ha portato a differenziare il significato delle due forme". 47 Il VEI suggerisce l'uso di coltura per 'l'agricoltura, quella de' campi e de' fiori' e cultura 'quella metafisica dell'ingegno'.48 Le alterazioni - senza badare ai significanti - si trovano anche nei compositi di -coltura e -cultura. Ipoteticamente coltura e cultura si adoperano indifferentemente. Migliorini constata che a molti vocaboli d'impronta popolare vengono a contrapporsi le corrispondenti forme latine. In altri casi si tratta di adattamenti più o meno radicali delle stesse voci dotte e trionfa l'una o l'altra forma. Si osserva il fenomeno anche per esempio nelle voci ancella / ancilla, carena / carina e coltura / cultura e altri.49 Apposto su tali parole verteva principalmente la disputa Leipzig, 1782. Adelung (1732-1806). 45 Crusca, 1059, 3. Leopardi (1798-1837). 46 Anche bachicoltura, pollicoltura. Nel nostro secolo coltura designa l'allevamento di animali, la coltivazione di germi patogeni e batteri a scopo della ricerca e anche la sostanza fisiologica in cui sono allevati. (DELI, voce coltura). 47 De Mauro, T., Storia linguistica dell'Italia unita, Laterza, Bari, 1986, p.228. 48 Cfr. anche: Migliorini, B., La civilità europea; storia della lingua italiana, Sansoni, Firenze, 1960. Migliorini rinvia a Fanfani, P., Vocabolario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze, 1898. 49 Vedi: ibidem, voce cultura. Il GDLI dichiara "disusato" il significato di agricoltura per la cultura. Però sia anche valabile di attribuire la preferenza di cultura a coltura all'influsso del francese culture e del tedesco Kultur - infatti di origine molto recente nei si- 14 tra fautori della lingua cortigiana e fautori della lingua fiorentina o toscana. I primi consigliavano di attenersi alle forme latineggianti, i secondi difendevano le forme della tradizione popolare toscana. 50 Vale a esplicitare un fatto politico di origine tedesca per poter spiegare il processo della generalizzazione e dell'istituzionalizzazione della nozione che ebbe influsso per tutta l'Europa. Si chiama Kulturkampf ed è il nome dato dal patologo e uomo politico Virchow alla lotta combattuta da Bismarck e dai liberali contro la chiesa cattolica e il "Partito Cattolico del Centro", PCC ("Zentrums-Partei", ZP) negli anni 1871-79, quando sembrò che la pubblicazione di papa Pio IX del "Syllabus errorum" (1864) e la proclamazione del dogma dell'infallibilità nel Concilio Vaticano I (18691870) avessero rivolto dalle fondamenta i rapporti tra lo stato e la chiesa. Provvedimenti come lo scioglimento della sezione cattolica nel ministero dei culti, l'espulsione dei gesuiti dalla Germania e la limitazione dell'insegnamento religioso nelle scuole con tutte le sue conseguenze diedero inizio ad aspre polemiche.51 L'aspetto sociale-urbano, formativo e ornativo della cultura trova la sua espressione speciale nell'"epoca del salotto o del salon".52 I convenuti conversavano su soggetti letterari, filosofici e artistici. Con il processo del Risorgimento e dell'Unità d'Italia si cominciava a discutere apertamente gnificati di 'civilità' e 'sapere'. Cfr.: De Mauro, T., Storia linguistica dell'Italia unita, Laterza, Bari, 1986, p.228, nota Fehler: Referenz nicht gefunden. Ho scoperto che il pittore Cuno Amiet (1868-1961) usava coltura per dare il titolo a un suo quadro su cui presenta una ragazza in costume regionale: "Mädchen in Coltura" (1890). Coltura è un villaggio in Val Bregaglia. (Gerster, U., Im Kreis der Avantgarde, in: "Neue Zürcher Zeitung", No. 287, Feuilleton, il 9-dic-1999, p.68). 50 Migliorini cita per i primi Equicola (1470-1525), Castiglione (1478-1529), Achillino (1466-1538), Castelvetro (1505-1571) e Trissino (1478-1550) e per gli altri Ruscelli (1504-1566) e Borghini (1515-1580). (La civilità europea; storia della lingua italiana, voce cultura). 51 La lingua della cultura, a cura di Pietro Bonfiglioli e Marzio Marzaduri, Zanichelli, Bologna, 1977, p.1149. Virchow (1821-1902), Bismarck (1815-1898). Vedi anche le nozioni infallibilisti, razionalisti, materialisti e liberali. Per Virchow vedi le nozioni Fortschrittspartei e igiene. 52 I luoghi della memoria, simboli e miti dell'Italia unita , a cura di Mario Isnenghi, Laterza, Roma, 1996, pp.175-195. 15 su temi fortemente politici. Il conversare che è espressione di un rituale di urbanità e raffinatezza apporta anche al significato della cultura. Lo studio della storia del salon rivela degli straordinari personaggi femminili, donne dotate di ésprit con la capacità di riunire e far dialogare nel proprio salon - mentre nel XVIII secolo era espressione di cour patriarcale. Si sviluppano diversi modelli di salotto-salon. Vi sono i salons viennesi, russi, francesi, tedeschi - si pensa ai celebri pranzi di Kant - e quelli italiani, specializzati e diversi dal punto di vista di spartizione geografica e politica.53 Il salon si muta in una sorte di "riunione a tavola" nel corso della specializzazione dell'industrializzazione e scientifica, richiesta postindustrializzazione che nel corso rendono indispensabile la formazione di competenze specifiche che stanno in contrasto alla "formazione ornamentale e generica" come avvenne nei salon.54 Nell'epoca della prima guerra mondiale, si abusa del termine di cultura per polemizzare con la propria cultura. Essa sta nel contrasto alle barbarie delle altre culture. Rinvia al significato archaico del concetto, usato per i propri bisogni di propaganda all'onda nazionalistica. 55 Vale aggiungere che il significato moderno di <ted> kulturell è entrato contemporaneamente (1914) anche nel francese realizzatosi in culture e culturel (1929).56 In quest'epoca si sviluppano inoltre le voci di culturale, culturalismo e culturalistico.57 53 Salvati discute anche la peculiarità dei salotti-salon di tipo italiano. Viene qui tralascato a causa di spazio e rendimento. (I luoghi, p.185-193). 54 Nicola, A., Dizionario di filosofia, UTET, Torino, 1977, voce cultura. La scrittrice americana Virginia Woolf (1882-1941) fu l'ultima protagonista della cultura del salon. Vedi le nozioni salonnière, autorité salonnière e littérature du salon. 55 Vedi: Isnenghi, M., La Première Guerre Mondiale; XXème siècle, casterman, Firenze, 1993, p.23. 56 Vedi anche: DELF, voce culture: "vers 1300: 1509 sens propre. Empr. du lat. cultura qui ha les deux sens: une forme régulière couture de l'a.fr., au sens de "champ cultivé", est encore usitée dans quelques parlers septentrionaux, cf. it. a. pr. [(pronom)] coltura "culture, terre en culture" [...] Dér.: culturel, 1929, d'après l'allmand kulturell.". 57 L'aggettivo cultuale assume nel XX sec. il significato 'del culto' che trova la sua corrisondenza nel <fr.> cultuel. (DEI, voce, culturale) 16 L'Italia fascista poi conosceva il Ministero della Cultura Popolare che controllava anche la stampa.58 Non ha niente a che fare con la cultura popolare nel senso socio-antropolgico, ma designava una specie di ufficio pubblico che stava per "il popolo italiano" con forte connotazione di demostrazione unitaria. La cultura assume significato polisemantico e può essere utilizzato in contesti diversi. Se Prezzolini parla nel 1927 di cultura italiana, parla della letteratura italiana nel contesto storico, filosofico e filologico. 59 In questa linea Croce usa la nozione di kulturhistorisch con cui designa la connotazione dello sviluppo storico.60 Pasolini, nel 1962, parlerà di cultura nel contesto della formazione politica. La nozione resta qui nell'ambito soggettivo della formazione personale: "[...]Infine, ti "sei fatta comunista": il che significa che la tua intelligenza e la tua sensibilità, possono trovare una "forma" ideologica, possono diventare cultura, modo di vedere il mondo, di giudicarlo, di capirlo, di aggredirlo[...]".61 L'ambito delle implicazioni semantiche della cultura è diventato vasto. Si vede nel Kulturfahrplan di Stein - ci troviamo sempre nella cultura occidentale - che ha lo scopo di elencare tutti gli eventi culturali da 13000 a.D. fino ai nostri giorni su 1611 pagine.62 58 Storia linguistica dell'Italia unita, p.118. 59 Prezzolini, G., La cultura italiana, Corbaccio, Milano, 1938. Sulla distinzione prezzoliniana tra politica e cultura nell'epoca fascista cfr.: Cultura e fascismo, Letteratura, arti e spettacolo di un Ventennio, a cura di M. Boindi e A. Borsotti, Ponte alle Grazie, Firenze, 1996, pp.73-92. Prezzolini (1882-1982). 60 DEI, voce culturistorico. Vedi anche le nozioni scienze dello spirito, scienze della natura, neoidealismo, new criticism. Croce (1866-1952). 61 Pier Paolo Pasolini; I dialoghi, a cura di G. Falaschi, Editori Riuniti, Roma, 1992, p.259. 62 Presentano i fatti culturali le seguenti rubriche: "la politica", "la poesia", "lo spettacolo", "la religione", "la filosofia", "l'educazione", "le scienze", "la vita culturale in generale", "l'arte", "l'architettura", "il film", "la musica", "l'opera musicale", "la danza", "la tecnica", "l'economia" e "la vita quotidiana". La nozione generica di cultura comprende la scienza letteraria, linguistica, filsofica, la tecnologia con la sua produzione industriale ed agricola, i trasporti, l'armamento, la communicazione, l'abitazione e l'igiene pubblica e personale. La communicazione culturale è lo settacolo, la politica, il diritto. L'organizzazione culturale è di natura giuridica, 17 Nel corso del tempo si sono formate dei nuovi termini che esprimono i concetti moderni e postmoderni del nostro secolo. Il minimo di esistenza culturale descrive quel minimo individuale che va oltre le possibilità nutritive, di vivere e di vestirsi, e serve all'individuo per assumere un ruolo sociale.63 La critica culturale si basa sulle analisi della società e delle loro discrepanze tra motivi di attività e di motivazioni. La critica culturale cerca di chiarire la questione dell'entrata in azione delle possibilità tecniche in una società.64 L'espressione della rivoluzione culturale trova il suo centro nella Repubblica popolare cinese sin dalla metà degli anni sessanta e descrive il movimento forzato della consolidazione dell'ordine sociale nel senso comunista in una "rivoluzione permanente" con l'intenzione di dissolvere i resti del capitalismo nella coscienza degli uomini.65 amministrativa, produttiva, commerciale e credizia. La cultura si definisce con relazioni sociali, i costumi, la tradizione e la solidarietà con i suoi tratti espliciti ed impliciti. (Kulturfahrplan; Die wichtigsten Daten der Kulturgeschichte von Anbeginn bis 1973, a cura di W. Stein, Herbig, München, 1974, pp.1452 e 1453). 63 Wörterbuch der Soziologie, a cura di K.-H. Hillmann, Kröner, Stuttgart, 1972, voce Kulturelles Existenzminimum. 64 Per questo argomento vedi: Prismen, Kultur und Gesellschaft, a cura di Adorno, Th. W., 1969 e Adorno, Th. W., Kultur und Lebensphilosophie, a cura di Lieber, H. J., 1974. Per l'accesso filosofico diverso che non vede la tecnologia in funzione di forni tore di "utensili" per l'uomo che si realizzi con l'uso di essi, ma come un concetto complesso che porta in sé lo sviluppo di nuove tradizioni venendo compreso come "disorientamento" in contesto all'"alienazione" umana vedi: Heidegger, M., Die Technik, Die Technik und Die Kehre , Neske, Pfullingen, 19784. Vedi anche le nozioni Gestell, Seinsvergessenheit, Kehre, postmodern e Verwindung. 65 Mao Tse Tung, Della Rivoluzione, 1971. Vedi anche: Domes, J., Politik und Herrschaft in Rotchina, 1965. 18 Nozione scientifica e socio-antropologica La problematica ai giorni nostri66 "Il mondo visitato dell'antropologo è il mondo del mito, per definizione "altro" rispetto a quello della razionalità conoscitiva". 67 Il problema è lo scarto che intercorre tra l'"essere là" sul campo dove si fanno indagini - un villaggio indigeno, un quartiere urbano ecc. - e l'"essere qui" di chi fa l'indagine e parla di ciò che crede di aver capito sul campo. La certezza dell'oggettività scientifica è una pretesa del rapporto tra "sapere locale" e "sapere globale". Se si percepisce un enunciato locale e l'azione che la segue, come si può essere sicuri che questa voce valga soltanto per questa azione particolare e viceversa? I nostri saperi sono debitori di cosmologie eurocentriche. Capire l'eurocentrismo è un passo verso la relativizzazione analitica del discorso antropologico.68 Remotti chiama questo fenomeno "l'inquietudine degli antropologi".69 Lo scienziato che fa l'indagine sul campo non sa mai di sicuro se il sapere locale analizzato corrisponde anche alle azioni locali. "Noi" ci troviamo sul campo con il nostro sapere, "loro" vi si trovano con il loro sapere. "Noi", quando pensiamo, comprendiamo e descriviamo l'altro, trasferiamo gli altri in noi stessi. Per evitare un certo "cannibalismo", lo scienziato deve abolire la presunzione di una verità generalizzata. Resta sempre il dubbio, perchè possediamo i strumenti analitici che sono soltanto parzialmente effettivi. Lo scienziato deve mantenere l'identità propria perché percepisca sempre con i propri 66 Non parlerò di metodi di indagine che si adoperano per le culture anziane. Entra nel campo scientifico archeologico. Un esempio di una soperta recente - quello che interessa è un villaggio etrusco nell'Italia meridionale - ci dà l'indagine sul campo di Bogucki con i suoi studenti dell'università di Jale. (Bogucki, P., Case Sudies in european Prehistory, CRC Press, 1993, pp.229-235). 67 Il sapere dell'antropologia; pensare, comprendere, descrivere l'Altro , a cura di U. Fabietti, Mursia, Bologna, 1993, p.5. 68 Ibidem, pp.25 e 26. 69 Ibidem, pp.52-54. 19 "occhiali" culturali. Non bisogna dimenticare che nemmeno l'antropologia è esclusivamente nostra. Il riconoscimento della propria cultura, la considerazione dei propri concetti nel processo autoidentificatorio come se fossero "concetti indigeni" si chiama l'antropologia dell'antropologia o etno-antropologia. Si considera l'antropologia come un "qualche sapere antropologico".70 Altre culture conoscono altre antropologie con cui ci osservano e descrivono. Entriamo qui nel discorso di inculturazione e acculturazione. Siamo inculturati se accettiamo la cultura forestiera come una parte che è diventata nostra. Acculturiamo se accettiamo l'altra cultura, ma non facendola nostra. Resterà sempre una parte estranea al nostro corpo culturale. Certo che ci sono dei processi di inculturazione che trapassano all'acculturazione. Ci sono diverse strategie per svolgere l'indagine sul campo "alieno". 71 La prima strategia tratta l'alieno come l'ineffabile, senza descriverlo direttamente e facendolo intuire al lettore attraverso lo specchio delle reazioni umani. Citando l'altro, lo scienziato è forzato di parlare in modo "alieno". Così diventerà possibile la scoperta dell'alieno che si trova in noi - nel lettore e nello scienziato - perchè si scopre l'alterità in noi stessi. La seconda strategia si basa sulla distorsione o cancellatura di specifici attributi umani dell'alieno. È la strategia "classica", perchè applicata già nel passato. L'oggetto da analizzare dallo scienziato viene staccato dall'aspetto umano, sintetizzato nella sua generalità. Con questa strategia rischia di cadere in distorsioni troppo immediate e "grossolane" in dipendenza del livello di raffinatezza analitica. La terza strategia è la più moderna e pare essere la più adatta. Lo scienziato non definisce e spiega l'alterità. Fa immergere il lettore 70 Cfr.: Ardener, E., Social Antropolgy and the Decline of Modernism , a cura di J. Overing, in: Reason and Morality, London, Tavistock, 1985, pp.47-70. (Fabietti, p.54). 71 Il contributo di Fabio Dei e Pietro Clemente dimostra le strategie a mano di esempi della letteratura science fiction che facilita la comprensione del sogetto. (Fabietti, pp.97-107). 20 direttamente in una dimensione di alterità tuffandolo in una situazione iniziale di almeno parziale incomprensione, di estraneità a sé stesso e di "non senso". Così viene spinto dall'autore ad accettare una "scommessa di senso". Deve risolvere questo "puzzle di riferimenti semantici" trovandosi in un frame semantico72 che gli è alieno. Per lo scienziato, questa analisi implica un'indagine sofisticata e specializzata. Deve farsi delle idee per poter immergersi lui stesso nell'alieno. È un lavoro continuo, molto raffinato, che aiuta ad eliminare l'eurocentrismo. Il prossimo capitolo proseguirà con lo sviluppo dei modi - o meglio atteggiamenti socio-antropologici - dell'analisi culturale. Lo sviluppo delle teorie antropologiche sulla cultura La cultura è connessa alla civilità. Però la questione se la civilità e la cultura siano lo stesso non è ancora risolta. Gli impulsi elementari sono controllato della civilità, quale si manifesta appunto nel tratto, nelle maniere dell'individuo.73 La cultura rappresenta i valori autentici, gli aspetti più spirituali dell'uomo i quali si manifestano nella religione, nella filosofia e nell'arte. La separazione contrastiva tra civiltà e cultura trova il suo inizio in Kant. L'idea di moralità che è elemento della Kultur si contrappone alla forma e alla convenzione sociale che appartengono alla Zivilisierung. I scienziati del XIX secolo compresero la cultura come espressione di diverse forme dell'attività umana. Riflettendo su modalità culturali di popoli diversi - Tylor (1881) riconosce che tutte le società dispongono di cultura74 - si cerca di trovare un sistema unificatorio di costumi, abitudini e abilità umane. Toennies (1887) tratta la relazione tra comunità e società in modo dicotomico il che impone una decisa contrapposizione tra cultura e 72 Il "frame <ingl> semantico" è la cornice di significati in una entità semantica che ci si propone di analizzare sul campo. 73 Gallino, L., Dizionario sociologico, 1983. 74 Anthropology, a cura di E. B. Tylor, MacMillan, London, 1881. 21 civilità. La cultura comprende i modi di vita e gli ordinamenti comunitari, la civiltà comprende la pace e gli scambi "in virtù della convenzione e del timore reciproco che in essa si esprime".75 Ci si collega Spengler (1920) costatando che la civiltà sia la forma finale, decadente di una cultura. Essa è lo stato il più artificiale a cui possa giungere un popolo. 76 Il ciclo culturale e l'espressione della filosofia storica e parzialmente anche della sociologia culturale e descrive la teoria del mutamento, trasformazione e sviluppo culturale che conosca diversi stati di sviluppo. 77 Kroeber poi - in maniera non valutativa - mette di nuovo in risalto la sinonimicità di civiltà e cultura avanzata. E Lévy-Strauss, mentre menziona la cultura, parlerà della "civilisation primitive".78 Questa non valutazione conduce a Sorokin che espone la non-esistenza dell'uniformità di giudizio su fenomeni culturali che appaiono utili e non utili. Non ci siano criteri precisi su ciò che è il valore di un mezzo per incivilirsi e su ciò che è la sua fine.79 La dicotomia tra civiltà e cultura non corrisponde alla realtà vissuta. Però esistano degli elementi in una cultura che appaiono più efficaci per soddisfare i vari bisogni umani perché vengono valutati in più. Ogni cultura rappresenta particolari varianti culturali. Questo concetto di cultura, soprattutto dell'antropologia culturale nordamericana sin degli anni 30, è onnicomprensivo e include ogni prodotto materiale e intellettuale dell'attività umana. E descrittivo e non valutativo perchè facilita l'analisi antropologica antievoluzionistica. A ogni società più o meno sviluppata viene attribuito una identità culturale tale. La cultura è 75 Tönnies, F., Gemeinschaft und Gesellschaft , Curtius, Berlin, 1926. 76 Vedi: Spengler, O., Der Untergang des Abendlandes, Beck, München, 1920. 77 Spengler denomina la fase iniziale di una cultura la "Geburtsblüte" e il declino di una cultura le "Untergangsphasen". (Spengler, O., Der Untergang des Abendlandes, 1922 e vedi anche: Sorokin, P. A., Social and cultural Dynamics, 1941). 78 Kroeber, A. L., The nature of culture, University of Chicago Press, Chicago, 1960 e Lévi-Strauss, C., Du miel aux cendres, 1966. 79 Sorokin, P. A., Socio-cultural causality, Space, Time , Duke, Durham, 1943. 22 l'entità delle forme, prospettive e le condizioni di vita che trovano le loro espressioni nelle attività umane di un popolo in una cornice storicatemporale e regionale-locale. Tutte le forme di creatività umana che formano l'ambiente - per esempio gli edifici e gli utensili - si trovano nel processo dello sviluppo essendo tradotte dalle generazioni precedenti. La cultura è quindi anche il sapere e il fruttamento conseguente di processi naturali nelle loro leggi. I punti essenziali della delimitazione culturale sono la lingua, le prospettive morali, le abitudini di vita e le cosiddette "forme socialmente produttivi".80 Le culture non sono costrutti monolitici, ma caratterizzate di processi di mutamenti e di strutture, sistemi e peculiarità sociali. Ratzel (1891) introdusse il termine di cultura marginale. Allora era strettamente usato in referenza geografica. Poi è passata a designare una cultura arretrata. Vale ancora oggi e fa parte dell'indagine di aree culturali (Herskovits, 1948). Una cultura marginale che si trova nell'ambito di un'area culturale generale deve designare delle pecularità rispetto ad altre culture che si trovano in questa area. Si differenziano in grado crescente che è dovuto alla proporzionale distanza geografica tra di loro. La collocazione geografica resta implicita. La nozione serve inoltre per definire le culture antiche e ritenute marginali.81 L'antropologia stessa doveva essere definita come scienza tale per poter differenziarsi dalle altre scienze. La nozione culturologia veniva introdotta dal chimico e filosofo Ostwald (1915). Whire (1949) lo usa nell'ambito dell'antropologia per poter definire la disciplina differenziatasi dalle altre scienze. Esamina i fenomeni irriducibili a elementi biologici o psicologici, ma comprensibili secondo leggi proprie che sono il risultato di un lungo processo globale - l'evoluzione - le cui 80 Soziale Gebildeformen (Hillmann, voce Kultur). 81 Dizionario di antropologia, etnologia antropologia culturale antropologia sociale , a cura di U. Fabietti e F. Remotti, Zanichelli, Bologna, 1997, p.219. 23 fondamenta sia l'aumento dell'utilizzazione energetica. 82 Boas (1927) introduce la cultura materiale. Gli strumenti e gli oggetti utilitari im una cultura sono portatori di istanze riconducibili alla dimensione estetica. Questa resa estetica è condizionata in modo determinante dalle abitudini motorie, dall'uso e dal ricorso a tecniche di esecuzione. La cultura materiale proviene dell'influsso delle scienze archeologiche. Il concetto è stato elaborato nel secolo scorso quando si costituirono le raccolte di oggetti etnografici in modo più ampio e sistematico. Poi negli anni trenta - ideologicamente vicino al marxismo gli storici delle "Annales" dirigevano l'interesse verso gli strumenti e utensili delle culture antiche che assumavano un'importanza primaria materialistica. Ritenevano che gli oggetti d'uso rimandano a ciò che è ripetitivo, quotidiano, duraturo e fondamentale espressione di una cultura.83 Weber (1935) poi focalizza da un lato i processi civilizzatori generali e dall'altro lato i processi civilizzatori particolari che una civiltà subisce. La cultura è definita come espressione di senso profondo di un'epoca storica e come fisionomia dei modi ontologici di una società che non conosca il progresso tale, ma alternazioni di valori, di significati e di forme. La cultura assume valore di per sè e la civiltà si definisce per l'uso delle cose culturali di per sé valide e gratificanti.84 In ricerca di processi civilizzatori Leroi-Gourhan (1964-65) espone che l'evoluzione umana è caratterizzata 82 Dizionario di antropologia, p.221. 83 Boas, F., History and Science in Antropology; a Reply , in: American Antropologist, vol. 38, 1936. Esposizioni del commercio di artifizi antichi come per esempio la fiera "Cultura" che ebbe luogo a Basilea, potrebbero essere viste nel contesto della cultura materiale dove vengono presentati degli oggetti quotidiani non esplicitamente ornativi (Objet d'art [quotidien]). (Sonderbeilage Cultura, in: "Neue Zürcher Zeitung", No. 263, il 11-nov-1999, pp.B1-B8 e Cultura, The World Art & Antiques Fair; 13. al 21. nov. 1999, Dépliant d'informazione della "Messe Basel"). 84 La sociologia culturale è il campo scientifico che fa l'indagine sul significato della cultura nel processo dello sviluppo di strutture sociali. Distingue le forme dell'essere umano che servono a uno scopo, sono utili e prattiche dalle forme che si trovano a livello artistico, morale-giuridico, intellettuale-anima e scientifico. (Weber, A., Kulturgeschichte als Kultursoziologie, Sijtoff, Leiden, 1935). 24 dell'adattamento ambientale e della collocazione sociale esterna dell'organismo umano individuale. Entrano in campo dei concetti della memoria collettiva e organismo sociale. Le sue riflessioni indicano in direzione dell'opposizione tra società e cultura, tra antropologia sociale e antropologia culturale, tra cultura materiale e cultura spirituale.85 Una società conosce dei convenzioni e simboli condivisi. Per l'analisi pratica ci si chiedeva come si potesse presentare la dialettica tra invenzione e convenzione di simboli condivisi o meglio tra significato e uso, ma soprattutto tra invenzione della parole e controllo della langue. Geertz (1973) è giunto alla convinzione che la cultura può essere vista come documento perennemente agito o come un testo variamente commentato (1987).86 In questa linea sta anche Lotman (1974) che descrive la scrittura come un insieme di attività grafiche praticamente universali che formano la cultura.87 Lévi-Strauss (1966) costata che le culture sono legate tra di loro con somiglianze e differenze. Una cultura non è un universo separato, ma un'insieme etnografico che presenta scarti significativi rispetto ad altri "insiemi".88 La diffusione della cultura vuol dire allargamento di elementi culturali tra membri di culture diverse. Succedono per mezzo di assunzioni e migrazioni. La relatività culturale descrive la presupposizione che questi elementi culturali della propria società 85 Dizionario di antropologia, p.217. 86 "Il concetto di cultura che esporrò [...] è essenzialmente un concetto semiotico. Ritenendo insieme con Max Weber, che l'uomo è un animale sospeso fra ragnatele di significati che egli stesso ha tessuto, credo che la cultura consista in queste ragnatele e che perciò la loro analisi non sia anzitutto una scienza sperimentale im cerca di leggi, ma una scienza interpretativa in cerca di significato." e "La cultura, questa sorta di documento agito, quindi pubblica come un ammiccamento derisorio o una finta razzia di gregge di pecore." (Geertz, C., Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna, 1973, pp.41 e 47). 87 Vedi: Lotman, J. M., Aufsätze zur Theorie und Methodologie der Literatur und Kultur, Scriptor, Kronberg, 1974 e Lotman, J. M., Semiotica e cultura, Ricciardi, Napoli, 1975 e Lotman, J. M., Semiotica e cultura, Ricciardi, Napoli, 1975. 88 "Ma, quando l'antropologo cerca di costruire modelli, lo fa sempre in vista, e con il secondo fine, di scoprire una forma comune alle diverse manifestazioni della vita sociale." (Lévi-Strauss, C., Antropologia strutturale, Plon, Paris, 1958, p.400). 25 soprattutto le norme e i valori - non siano più "naturali" e "assoluti" in contrasto alle altre società. Il grado dell'autocomprensione e la stabilità della propria cultura vengono diminuiti con il processo della comprensione della storicità, della relatività e delle possibilità di mutamento della propria cultura. Nello stesso momento questo processo favorisce la tolleranza, l'acculturazione e il vivere insieme in pace. I membri di un certo gruppo umano formano un'identità etnica che si differenzia con la loro alterità da altri gruppi. Per lo scienziato che conduce l'analisi socio-antropologica tendono a rappresentare la loro cultura dando un'immagine semplificato e segmentato della varietà culturale.89 Enfatizzano e inventano le differenze culturali - anch'esse rappresentazioni segmentate e semplificate - che sorgono dalla varietà culturale, rivelano il loro carattere di operazioni metaculturali, come fossero sempre stati delimitabili. Sono convenzioni che subiscono un processo di naturalizzazione, si vestono di un carattere normale e provvedono di un senso comune e uno normativo. A questa normalizzazione o reificazione si aggiungono poi forme di sacralizzazione.90 Questo "surplus" culturale rassicura un gruppo umano della verità e della validità di soluzioni non essendo riducibile a spiegazioni funzionalistiche e utilitaristiche. Come la marcatura dei confini etnici, non è genetico nell'adattamento e rappresenta un operazione metaculturale. Un'altra operazione metaculturale è l'opposizione di "noi"/"gli altri" che si preseta nella superiorità culturale, nell'etnocentrismo. La cultura è la base di norme, posizioni, tradizioni e l'entità di immaginazioni collettivi. L'individuo che non è per sè un essere specificamente sociale assume in questa cultura il suo ruolo sociale e diventa il membro della società. Il concetto del membro sociale singolo in congiunta con la cultura diventa importante per concetti culturali nel 89 Barth, F., Ethnic groups and boundaries, G. Allen and Unwin, Oslo, 1969. 90 Dizionario di antropologia, p.218. 26 Novecento. L'influsso della psicanalisi dopo Freud, la psicologia della Gestalt fa trovare e inventare nuovi modelli di studio delle relazioni fra cultura e personalità e si chiama cultura e personalità o culture and personality ed è un concetto dell'antropologia statunitense. La cultura si presenta come configurazione integrata è organizzata attorno a un ethos centrale. Le persone arrivano a condividere le stesse strutture psicologiche fondamentali con la loro personalità di base. Dalla critica scientifica questo concetto-modello è accusato di determinismo culturale. Le culture quindi siano incommensurabili, distinte e una produzione di processi inconsci di selezione, ma ciò nonostante messi in un modello unitario e specifico. In fondo la teoria trova la sua origine nei caratteri nazionali di Benedict (1934).91 In questo contesto il culturalismo viene usato per designare l'analisi delle caratteristiche di una cultura mediante lo studio delle sue manifestazioni nella personalità individuale. La geistige Kultur, la cultura intellettuale o meglio dello spirito descrive le attività che vanno oltre quelle che servono per la sopravvivenza, cioè l'arte, la letteratura, la politica, le leggi e forme di ordini economici e dello stato.92 Qui si differenzia la cultura materiale - usato in referenza politica dalla cultura immateriale. Le minoranze che sopportono la cultura si differenziano da quelle che sono culturalmente creative.93 Secondo la teoria marxista, i contenuti culturalistici e sociali si determinano nello stato di sviluppo storico attuale delle forze unitarie di produzione. Gramsci utilizzò i termini di cultura egemonica e cultura subalterna (1947) per esprimere la contrapposizione tra le concezioni del mondo e della vita degli strati sociali subalterni e le concezioni del mondo degli "ufficiali", le classi dominanti.94 Cirese (1971) parlerà poi di dislivelli di 91 Ibidem, p.219. 92 Staatliche und wirtschaftliche Ordnungsgestalten (Hillmann, voce Kultur). 93 Kulturtragende und kulturschöpferische Minderheiten (Hillmann, voce Kultur). 94 Gramsci, A., Lettere, Einaudi, Torino, 1997 e Gramsci, A., Quaderni dal carcere, Einaudi, Torino, 1977 e Gramsci, A., Quaderno 13, Einaudi, Torino, 1981. Le lettere dal carcere sono uscite nel 1947. 27 cultura in relazione politico-economico di dominio di classe che è l'espressione di una disuguale partecipazione e fruizione dei beni culturali. La subcultura assume il significato particolare dell'individualizzazione di un gruppo sociale che si trova in un processo di ascendenza o discendenza. La cultura egemonica e legata a quella subalterna con una fitta rete di scambi, prestiti e condizionamenti reciproci, mentre la cultura popolare si contrappone ontologicamente alla cultura ufficiale delle classi superiori.95 Istoricamente il termine è già usato negli anni trenta da Redfield (1953 e 1956) e designa i gruppi di piccole dimensioni, omogenee, tecnicamente ed economicamente semplici e inseriti in una società nazionale che si oppongono in qualche modo alla società urbana. Designa la cultura di un gruppo sociale che conosce un forte fattore d'integrazione, fondato su una trasmissione ereditaria orale. 96 L'affinità culturale è caratterizzata della omogeneità sociale di abitanti in un quartiere di una città per esempio. 97 I modelli delle convenienze si formano appropriamente su una data condizione sociale, su gusti, valori ed atteggiamenti comuni. La continuità e la stabilità della cultura è fondata sull'avere delle idee, condivise sul come essere e sul come comportarsi. Questo complesso facilita i processi di apprendimento e socializzazione. Tentori e Giudicini (1972) esplicitano che l'agente di un quartiere si trova all'interno della cultura urbana che è composta di sottoculture dei quartieri. La città ha la sua funzione culturale. Tentori costata che ogni comunità umana non può fare a meno di una propria cultura. La funzione culturale di un quartiere fa parte del sistema culturale che viene 95 Cirese, A. M., Cultura egemonica e culture subalterne; rassegna degli studi sul mondo popolare tradizionale, Palumbo, Palermo, 19732. Per la definizione e la ricerca sul campo non connotata politicamente cfr.: Pianta, B., Cultura popolare, Garzanti, Milano, 1982. 96 Cortelazzo, M., Cardinale, O., Dizionario di parole nuove, 1964-1987, Loescher, Torino, 1989, voce cultura popolare. 97 Tentori, T., Giudicini, P., Borgo, quartiere, città, Indagine socio-antropologica sul quartiere si San Carlo nel centro storico di Bologna , Franco Angeli, 1972, pp.24-26, 27 e 28. 28 caratterizzato e interpretato come sistema interpretativo e valutativo. Le relazioni e interrelazioni umane comunicative e collaborative hanno funzione culturale è appartengono quindi al sistema culturale. 98 Gli autori mettono in evidenza la dimensione storica di una cultura perché conosce un sviluppo storico ereditorio. Vedono la trasmissione culturale come processo storico elaborativo in senso univoco che dà fondamento alla continuità e la stabilità culturale da cui un gruppo sociale attinga la propria sicurezza. Questo processo storico e caratterizzato da trasformazioni e invenzioni che possono mettere in crisi la forza stabilizzatrice e rassicuratrice di una cultura che tende a farsi fondere un nuovo equilibrio su nuovi valori e nuovi sistemi. Qui entra il concetto della cultura del quartiere, nella dimensione ristretta e attivamente integrante che è diversa della cultura ufficiale. 99 98 Ibidem, p.25. 99 Lurati, O., Parole nuove; la neologia negli anni 1980-1990 , Zanichelli, Bologna, 1990, voce cultura di quartiere. 29 Prospettive Le nuove tendenze antropologiche, con l'autoriflessione sulla propria cultura, si oppongono all'eurocentrismo e all'etnocentrismo. Vogliono scoprire le altre culture in modo non distruttivo. L'uomo sta al centro delle ricerche. Le personalità degli uomini nelle loro differenze e convergenze hanno un ruolo importante. Nel corso di questa specializzazione scientifica, il pensare in gerarchie si perde in un descrivere agglomerato senza gerarchie. Lo sviluppo e la differenziazione di diversi campi della cultura come l'economia, la legge, la politica, la religione, l'educazione ecc. ha diminuito l'influsso e l'importanza di una scienza sociologica generica a favore di sociologie speciali. Un modello unico della cultura non esiste. Quelli che vorrebbero coglierlo dovrebbero tenerci così fortemente che diventerebbe subito assurdo e privo di senso realistico. Il conflitto culturale tra cultura egemonica e subcultura locale si fonde sul conflitto sociale di interessi economici. Lo rende più aspro e meno risolubile nei termini di puro conflitto interculturale. 100 Il recente fenomeno del cultural lag (Ogburn), dovuto all'accelerazione del tempo nel corso dello sviluppo tecnologico post-industriale e se si vuole "postmoderno", è la sfasatura fra strutture sociali e modelli culturali. Il nucleo della famiglia può servire da esempio. La famiglia tradizionale, formando il sistema sociale con i loro valori tradizionali e codici culturali, sta in contrapposizione alla familia "nucleare" che ha sostituito questi valori e codici per uniformarsi alle esigenze del nuovo sistema produttivo spesso senza sostituirli con un sistema di codici nuovi e diversi. Apre una nuova serie di problemi legati al processo dell'inculturazione fondata sulla sfasatura del sistema sociale e dei codici culturali ed è caratterizzata dell'incomunicabilità fra le generazioni e dell'isolamento sociale degli 100 Problematica dello sviluppo e del sottosviluppo , in: Antologia multidisciplinare; Antropologia culturale, a cura di E. Damiano, F.O.C.S.I.V., quaderno 32, 1, p.201. 30 individui.101 Visto che tutta la dinamica sociale culturale è fondata sul mutamento e trasferimento permanente, sia lecito costatare che il cultural lag è una fase di stato sociale intermedio che condurrà a sconvolgimenti sociali e culturali e alla formazione di nuove tradizioni. Le voci come cultura operaia, cultura della povertà, cultura maschile, cultura femminile, cultura della gioventù o degli giovani sono espressioni di un pluralismo culturale e di conflitti che emergono all'interno delle aree culturali.102 L'influsso dell'economia, concretamente la costruzione di vasti campi economici, il crollo di sistemi politici e l'influsso delle nuove tecnologie favoriscono l'individualizzazione da un lato, ma dall'altro conducono ad una certa unificazione sociale. Con la cultura di massa sono venuti i grandi cult movies. Rappresentavano ancora negli anni sessanta l'espressione di rivoluzione e lotta intellettuale, significano sempre più prodotti dell'"industria del divertimento" che suscitano emozioni e vengono recipiti delle masse che cercano di sfogarsi e di divertirsi nei grandi palazzi.103 La nozione di cult <ing> {kLlt} (cult movie, cult director, cult book, cult band, cult musician, cult serial 104) sembra designare sempre più questi prodotti. Il consumismo, per sé, non è produttivo. Si vedono nei giuochi e discussioni alla televisione su un livello di divertimento dubbio che ogni giorno su quasi tutte le reti attirano molti visitatori.105 Con questa cultura di ridondanza, quale è soprattutto da osservare nell'ambito urbano, la gente perde la capacità di differenziare. Gli individui sociali da un lato vivono la vita della 101 Ibidem, p.202. 102 Cfr.: Arbeiterkultur, Armutskultur, Männerkultur, Judendkultur. 103 Vedi anche le nozioni The Industry e Hollywood. 104 Serie in televisione, vedi anche soap opera. 105 Entra qui il concetto dei cultura-quiz che si fanno in televisione e che offrono la possibilità di partecipare chiamando e di vincere un premio. Per una fenomenologia del tipo quiz master cfr.: Eco, U., Diario minimo, Mondadori, Milano, 1963, Fenomenologia di Mike Bongiorno, pp.30-35. 31 riduzione e specializzazione e dall'altro la pianificazione e ugualizzazione. Coincide con la cultura-valium (1988), una cultura che è "tranquillante da consumare".106 La nozione di cultivar (cultivated variety, abbr. CV) per l'ambito dell'agricoltura comincia a designare le nuove "creazioni" di piante resistenti. La tecnologia genetica rappresenta anch'essa un fatto culturale nostro che condurrà a un diverso atteggiamento verso la natura e verso noi stessi.107 La possibilità di trovare informazioni su diversi livelli ci offre l'internet. Se si poteva parlare di culto negli anni 80 - di coloro che sapevano navigare nell'internet - oggi e nel futuro rappresenterà sempre più un fattore importante di cultura. 108 Forse si parlerà di cultura e culto d'informazione.109 Nell'ambito del lavoro l'emisfero europeo - oltre quello americano conoscerà la cultura del cambiamento (1985).110 Il fenomeno sociale del frequente cambiamento del posto di lavoro è dovuto a diversi sviluppi della specializzazione del sapere, alla computerizzazione e alle esigenze del mercato. La nozione sta in rapporto con il lifetime employment. La globalizzazione è la sfida culturale di oggi. I legami di tipo politico e soprattutto economico di culture diversissime sul nostro globo diventano sempre più stretti. Le frontiere tra le culture devono essere nuovamente definite nel corso di conflitti politici, economici e sociali. Dovremo sviluppare nuovi modi per poter vivere insieme. Sarà allora che potremo arrivare ad una realtà davvero multiculturale. 106 Lurati, O., Parole nuove; la neologia negli anni 1980-1990, Zanichelli, Bologna, 1990, voce cultura valium. 107 GDLI e CDS, voce cultivar. 108 Vedi anche i termini tecnici gopher, point to point comunication, site, homepage e multimedia. 109 Non ho trovato delle attestazioni precise, né nei dizionari, né nella stampa. 110 Lurati, voce cultura del cambiamento. 32 Appendice Bibliografia Dizionari Vocabolario degli accademici della Crusca, Tipografia galileiana di M. Cellini, 18785. DAEA Dizionario di antropologia, etnologia, antropologia culturale, antropologia sociale, a cura di U. Fabietti e F. Remotti, Zanichelli, Bologna, 1997. DEI Dizionario etimologico italiano, a cura di C. Battisti e G. Alessio, Barbera, Firenze, 1951. 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