26 Avvenire 06/04/2010 l’analisi LO» e ne. La ano io orso, ani ), o cieli eglio mio »è uoto» Page : A26 Copy Reduced to 65% from original to fit letter page Teologhe in Italia, siamo solo al 10% A mezzo secolo dal Concilio, nelle facoltà ecclesiastiche le docenti sono appena una su dieci Si occupano di spiritualità e antropologia, ma ancora poco di liturgia e pastorale Esce il censimento delle donne nelle scienze sacre Metti il pallo. DI LAURA BADARACCHI orreva l’anno 1967 quando, nella seduta del 20 dicembre, la Sacra Congregazione dei Riti si pronunciò sulla «capacità» dottrinale delle donne. Si trattava del primo «segnale importante» e ufficiale del magistero, due anni dopo la chiusura del Vaticano II, che sanciva «la piena e pari dignità teologica» dell’universo femminile rispetto a quello maschile. E affermava che le donne possono salire in cattedra: una «svolta epocale per il cattolicesimo, che segna un punto di non ritorno. Che non coincide però con il punto d’arrivo». È lucida l’analisi di Anna Carfora, docente di Storia della Chiesa alla Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale (sezione San Luigi), che insieme al collega Sergio Tanzarella ha curato il volume Teologhe in Italia. Indagine su una tenace minoranza, pubblicato dall’editore trapanese Il pozzo di Giacobbe (pp. 192, 20), che viene presentato oggi alle 17 al Papyrus Café di Roma (via De Lucchesi 28) da Gianni Gennari e Marinella Perroni insieme al volume di Cettina Militello Volti e storie. Donne e teologia in Italia (Effatà, pp. 320, euro 17). A poco più di quarant’anni dall’apertura della formazione teologica di tipo accademico alle donne, il libro C o della rso ela in ario ». ni sul ori ersi i: «È ne in a ù a vita ssere o il r è stata da ma o sta un ualità: sia la me a e, no? ione». utta di ro a ù Oggi si eresa di fessor orriso don della fa iu»). a allo arina: bolo are il re, e more. me Miele sarà Per di più fanno fatica a trovare posti stabili nelle istituzioni e dunque a vivere di ricerca, però questo «part time forzato» è stimolo alla creatività E ora arriva la terza generazione di studiose tenta un’inedita – seppure parziale – ricognizione numerica nel mondo delle teologhe in Italia (Quante sono? Dove insegnano?) e allo stesso tempo qualitativa, sondando le tipologie prevalenti dei campi esplorati da ambiti disciplinari scelti, ricerche e pubblicazioni. Si scopre così che liturgia e pastorale sono ancora settori teologici in prevalenza maschili; non così l’antropologia teologica e la teologia spirituale. «Significativo il fenomeno delle madri spirituali che esercitano un ruolo di direzione spirituale – tradizionalmente riservato agli uomini – e che sono in numero maggiore rispetto alle teologhe», evidenziano i curatori. «La mappatura è da completare e aggiornare. Ma il libro, ci tengo a sottolinearlo, è frutto del lavoro corale di un gruppo misto in seno alla facoltà», riferisce Carfora, che insieme ai collaboratori ha cercato di evitare «la retorica di genere e le analisi poco concrete: rischi di ghettizzazione quando si affrontano questi temi». Per sgombrare il campo da pregiudizi impliciti e diffidenze non supportate dai fatti, spazio alle cifre: nelle Copyright (c) Avvenire Teologhe italiane durante un incontro in vista del Cupolone facoltà teologiche italiane le donne rappresentano circa il 10,4% dei docenti, «ma sono poche quelle che insegnano discipline strettamente teologiche», fa notare la storica. E le suore costituiscono «una minoranza nella minoranza», cosa che evidenzia «i limiti relativi alla loro emancipazione intellettuale». Ma nelle istituzioni accademiche ecclesiastiche sono i laici nella loro totalità – uomini e donne – a rimanere un’esigua porzione ri- spetto a chierici e religiosi. Anche se nel decennio 1998-2008 si è registrato «un leggero aumento di presenza a tutti i livelli» nella Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale. Per avere un’idea delle proporzioni, nell’anno accademico 2008-2009 in 12 facoltà teologiche romane insegnavano 72 donne (laiche e religiose) e 653 uomini, tra preti, religiosi e laici. Tuttavia sta avanzando «la terza generazione di teologhe, oggi in formazione», che auspicano al pari delle colleghe precedenti «una collocazione stabile all’interno delle istituzioni. Altrimenti di teologia non si vive: uno scoglio contro cui si infrangono non poche vocazioni femminili in questo settore», osserva Carfora. Riconoscendo al tempo stesso che la precarietà di studiosi e ricercatori, oltre a essere oggi un problema diffuso, risulta drammatica in tutti gli atenei, compresi quelli statali. Ma c’è il rovescio della medaglia: da questa specie di «part-time teologico» forzato «può scaturire una sorta di originalità creativa e di innovazione metodologica che conduce il pensiero a non alimentarsi di se stesso, ma ad assorbire nuova linfa dall’esterno». Infatti questo particolarissimo ramo del sapere «non è più legato esclusivamente allo stato clericale ma tocca anche i laici»: ha qualcosa da dire alla vita di tutti. Madre Zorzi: ancora poche le suore che vanno in cattedra Marinella Perroni: contarsi per fare cultura «dal basso» n monaco ha stanza, refettorio, chiesa, aula e biblioteca a pochi metri, in collegi "chiavi in mano"; una monaca trova queste cose a molti chilometri di distanza tra loro e senza chiavi"». Suor Maria Benedetta Zorzi, benedettina quarantenne del monastero di San Luca a Fabriano, si serve di un’immagine caricaturale per raccontare come oggi gli studi teologici siano sì aperti alle donne, ma non «pensati» anche per loro. Lo dicono i dati snocciolati nel volume Teologhe in Italia, evidenziando il basso numero di religiose, di vita attiva o contemplativa, tra le loro file. «Desiderare titoli accademici da parte di una consacrata viene talvolta attribuito a mancanza di umiltà e di spirito di nascondimento, o a carrierismo – spiega la monaca, che insegna all’Istituto teologico marchigiano e al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma, nonché alla Scuola di teologia della sua diocesi –. Lo studio teologico da alcune viene considerato "altro" dalla vita spirituale. Un certo timore deriva anche dal fatto che non c’è una lunga tradizione in questo campo, chiuso alle donne fino a pochi decenni or sono, e si è impreparate ad affrontare percorsi che ancora risultano "singolari"». Ma suor Benedetta è convinta che il problema permane solo se i percorsi di formazione teologica «restano un "privilegio" per alcune, non nel momento in cui fossero comuni a tutte». E stanno aumentando le monache, «molto motivate», che stanno intraprendendo l’iter accademico: «A Sant’Anselmo siamo in 5 benedettine docenti, tra cui alcune badesse; a San Giuliano Milanese madre Ignazia Angelini, alla guida del monastero di Viboldone, è stata tra le prime monache docenti in una facoltà teologica. Molte hanno raggiunto i titoli, ma non li spendono nella docenza». Senza dimenticare «le cultrici della materia, di grande spessore intellettuale e spirituale, come la mia amica carmelitana suor Cristiana Dobner, che si trova al monastero di Concenedo di Barzio (Lc): impegnate in una ricerca teologica alta, pubblicano libri ma non insegnano in una facoltà». (L.Bad.) l primo tentativo di fotografare, anche dalla prospettiva dei numeri, la presenza complessiva delle teologhe in Italia: Marinella Perroni, presidente del Coordinamento teologhe italiane (Cti) e docente di Nuovo Testamento presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma, delinea i contorni del volume Teologhe in Italia, concordando in primis con il sottotitolo «Indagine su una tenace minoranza»: «Mi sento rappresentata da questa definizione e così ci sentiamo al Cti, fondato nel 2003: oggi conta un centinaio di iscritte. Ma il Coordinamento non abbraccia tutta la realtà delle teologhe nel nostro Paese, quindi un censimento era necessario per ricostruire un mondo che non si riusciva a mettere a fuoco». La ricerca, dunque, costituisce un punto di partenza da ampliare in futuro, per sondare ad esempio «la galassia delle studentesse che stanno completando gli studi teologici: una risorsa viva per le realtà ecclesiali», fa notare Perroni, ribadendo quanto sia urgente per la Chiesa italiana confrontarsi con una produzione variegata e in crescita ma ancora con una scarsa visibilità nel panorama nazionale. Inoltre si potrebbe «allargare l’indagine ai confini europei» – propone – per un confronto anche in ambito ecumenico con le colleghe valdesi e battiste. «In Italia ci sentiamo già in rete, anche se riflettiamo tutte la vita delle donne odierne, impegnate nel prendersi cura dei familiari e delle comunità: purtroppo a volte resta poco tempo per lo studio». Intanto si può implementare «una teologia "dal basso" nella vita culturale del Paese, coniugando i linguaggi specialistici con quelli esistenziali». Un esempio? Il protocollo d’intesa siglato nei giorni scorsi dal Ministero dell’istruzione con l’associazione Biblia, di cui fa parte anche la Perroni, per promuovere tra i banchi delle scuole la conoscenza delle Scritture in percorsi interdisciplinari o all’interno di singole materie, considerando il testo biblico «una componente essenziale di tutte le culture d’Occidente». «U testimonianze E I Laura Badaracchi June 6, 2010 6:05 pm / Powered by TECNAVIA / HIT-MP E tutte le religioni fecero i conti con l’«homo sapiens»