TECNOLOGIE BIOMOLECOLARI
Brown Capitolo 5:
Introduzione di DNA in cellule vive
T. A. Brown, BIOTECNOLOGIE
MOLECOLARI, Zanichelli
Per clonare un gene dobbiamo inserirlo in un vettore
di clonaggio ed introdurre il costrutto risultante in un
ospite capace di replicarlo
Isolamento di un
gene
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T. A. Brown, BIOTECNOLOGIE
MOLECOLARI, Zanichelli
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MOLECOLARI, Zanichelli
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MOLECOLARI, Zanichelli
T. A. Brown, BIOTECNOLOGIE
MOLECOLARI, Zanichelli
T. A. Brown, BIOTECNOLOGIE
MOLECOLARI, Zanichelli
Trasformazione di cellule procariotiche ed eucariotiche
Un aspetto importante di tutte le tecniche di ingegneria genetica è rappresentato
dalla introduzione del DNA ricombinante in una cellula ospite capace di replicarlo.
La capacità di trasferire geni da un organismo ad un altro è alla base di tutte le tecniche di ingegneria genetica. L’efficienza di questo passaggio è cruciale per garantire il
successo di qualunque clonaggio
Svariate strategie di trasferimento genico sono state evolute in diversi organismi e
sono rimaste le tracce di antichi trasferimenti genici. I batteri, per esempio, sono in
grado di trasferire materiale genetico da batterio a batterio, mediante coniugazione; i
virus infettando cellule suscettibili di vari organismi; i batteri del suolo del genere
Agrobacterium riescono a trasferire e integrare stabilmente in cellule vegetali porzioni
del loro genoma.
Recenti progressi nelle tecniche di trasferimento genico permettono oggi di trasferire
ad alta efficenza, e in modo controllato materiale genico in altri organismi.
L’introduzione di materiale genetico eterologo, cioè proveniente da un altro
organismo, in una cellula viene generalmente definita trasformazione. Bisogna
tener conto, tuttavia, che il termine “trasformazione” è piuttosto generico, indicando,
per esempio anche la trasformazione di cellule normali in cellule tumorali.
Generalmente per “trasformazione” s’intende il trasferimento di DNA in cellule
batteriche, mentre per “trasfezione” il trasferimento genico mediato da batteriofagi o
virus.
Per le cellule animali il termine “trasformazione” indica il passaggio da cellula
normale a cellula tumorale, mentre l’introduzione di DNA eterologo nella cellula si
definisce “ trasformazione mediata da DNA” o, più frequentemente “trasfezione”.
Tipi di trasferimento genico
DNA
DNA
plasmidico
Elettroporazione
CaCl2
Coniugazione
Trasformazione
virus
PEG
Elettroporazione
DEAE-destrano
CaPO4
Trasfezione
Cellula animale
Cellula batterica
Elettroporazione
cannoncino balistico
Agrobacterium
Elettroporazione
fusione di protoplasti
protoplasto
Cellula vegetale
Protocollo di trasformazione con cellule calcio-competenti
A . C a C l2 m e t h o d ( f r e s h c e ll s )
1 . D il u t e o v e r n i g h t L B c u lt u r e 1 : 1 0 0 0 i n t o 1 0 0 m l o f fr e s h L B b r o t h a t 3 7 ° C
2 .C o ll e c t c e ll s a t O .D .A 6 0 0 = 0 .4 - 0 .5 ( I t m a y v a r y d e p e n d i n g o n t h e s t r a in s ) a n d
s e d im e n t a t 4 .0 0 0 x g ( = 5 0 0 0 r p m w it h A 4 r o to r * ) f o r 5 ’ a t 4 ° C
3 . W a s h c e ll s i n a b o u t h a lf t h e v o l u m e ( 5 0 m l ) o f c o l d 0 . 1 M C a C l 2
4 . . S e d im e n t c e ll s a t 3 .0 0 0 0 x g fo r 5 ’ a n d r e s u s p e n d v e r y g e n t l y i n a b o u t 1 / 4 t h e
v o lu m e
( 2 5 m l ) o f c o ld 0 .1 M C a C l2
5 . S e d im e n t c e ll s a t 3 .0 0 0 0 x g f o r 5 ’ a n d r e s u s p e n d v e r y g e n t l y in
4 m l ) o f c o ld 0 .1 M C a C l2 . S ta n d o n ic e fo r a t le a s t 3 0 ’ .
6 . A d d D N A i n a v o l u m e a s lit t le a s p o s s i b le ( u p to 0 .1 m l ) to a 2 0 0 µ l a li q u o t o f
c o m p e te n t
c e lls a n d i n c u b a te o n i c e f r o m 1 h o u r t o a ll d a y
7 . H e a t s h o c k fo r 9 0 ’’ a t 4 2 ° C . (im p o rta n t!)
8 . A d d 0 ,8 m l o f L B w ith o u t d r u g s a n d in c u b a te w it h o u t s h a k in g f o r 1 h o u r
9 . P l a t e o n s e l e c t iv e m e d ia b y s p r e a d in g .
Tavola riassuntiva dei principali metodi di trasferimento genico
Batteri
Elettroporazione
trasformazione chimica con CaCl2
coniugazione batterica
Protoplasti
Elettroporazione
fusione di protoplasti
Piante
elettroporazione
trasferimento mediato da Agrobacterium
cannoncino balistico
fusione di protoplasti
Celule animali
Lieviti
PEG
Elettroporazione
DEAE-destrano
PEG
Elettroporazione
DEAE-destrano
CaPO4
TECNOLOGIE BIOMOLECOLARI
Brown Capitolo 6:
Vettori di clonaggio per E. coli
T. A. Brown, BIOTECNOLOGIE
MOLECOLARI, Zanichelli
Vettori di clonaggio.
Gran parte degli straordinari progressi ottenuti dalla biotecnologia e dalla biologia molecolare, dipendono
dall'acquisizione della capacità di amplificare e propagare indefinitivamente i geni.
Clonare un gene significa isolarlo da un genoma ed inserirlo in un vettore capace di replicarsi in un certo
ospite (di solito E.coli o lievito).
Esistono diversi tipi di vettori di clonaggio, ciascuno con vantaggi e svantaggi.
La principale considerazione da fare é relativa alle dimensioni dell'inserto di DNA che ogni vettore può
accettare.
PLASMIDI
da 0,1 a 10-15 Kb
FAGI
da 8 a 22 kb
COSMIDI
da 32 a 45 kb
BAC
da 75 a 300 kb
YAC
da 100 a 2000 kb
VETTORI DI CLONAGGIO
Dai plasmidi batterici naturali sono derivati i vettori di clonaggio, le cui caratteristiche essenziali sono
• Origine
di replicazione
• Marcatore
• Siti
selezionabile
di restrizione unici
PLASMIDI
I plasmidi sono degli elementi genetici extracromosomali che si replicano autonomamente.
Variano da 1 a 200 kb e sono molto diffusi tra i procarioti. Esempi di plasmidi batterici
naturali sono i plasmidi ColE1 di E.coli, i plasmidi Sym di rhizobium, I plasmidi Ti o Ri di
Agrobacterium.
I plasmidi possono essere lineari o integrati nel cromosoma batterico (episomi) ma, nella
maggior parte dei casi , sono molecole di DNA circolari
Nell'ospite batterico i plasmidi si presentano come molecole circolari superavvolte, che,
durante le manipolazioni sperimentali, possono rilassarsi o linearizzarsi in seguito a rotture a
singolo o a doppio filamento. In un gel di agarosio e bromuro di etidio le tre forme migrano
a velocità diverse e possono essere distinte.
nick
Plasmide superavvolto
(supercoiled)
Plasmide circolare
rilassato
Plasmide linearizzato
Plasmide:
forma rilassata
forma lineare
forma superavvolta
forma linerizzata ( tagliata con un
enzima di restrizione in un sito unico)
Replicazione plasmidica
La caratteristica più importante dei plasmidi, quella di essere dei “repliconi”, cioè
molecole capaci di replicazione autonoma, è conferita loro dalla presenza di una
origine di replicazione, chiamata ori (Nel caso dei plasmidi oriV, per “ori vector”)
I plasmidi si replicano per replicazione θ (uni o bi-direzionale) o per circolo rotante
Richiedono proteine plasmidiche e/o dell’ospite batterico
Funzioni dell’origine di replicazione
Oltre ad essere essenziale per la replicazione, l’origine di replicazione controlla:
•Il numero di copie
•La specificità d’ospite
•I gruppi di incompatibilità
NUMERO DI COPIE e MODALITA' DI REPLICAZIONE
I plasmidi si replicano con due modalità diverse. Alcuni, generalmente quelli di grandi
dimensioni, si replicano in maniera coordinata con la replicazione del cromosoma
batterico e si di dicono sottoposti a controllo stringente. In genere sono presenti in una
o poche copie per batterio.
Altri, in genere di piccole dimensioni, si replicano in maniera indipendente dalla
replicazione batterica e si dicono sottoposti a controllo rilassato. Sono presenti in molte
copie - fino a 1000 - per batterio.
Plasmidi
ori
numero di copie
PBR322 e derivati
PMB1
15-20
PUC e derivati
ColE1
500-700
pACYC e derivati
p15A
10-12
pSC101 e derivati
pSC10
1 -5
Controllo del numero di copie
I batteri possono controllare il numero di copie regolando l’inizio della replicazione
plasmidica
L’inizio della replicazione può essere controllata regolando:
• La disponibilità del primer necessario a innescare la replicazione del DNA plasmidico
• La disponibilità di proteine essenziali alla replicazione
• La funzionalità di proteine essenziali alla replicazione
Rnasi H
RNA II
ori
rop
RNA I
La maggior parte dei vettori di clonaggio derivano dal plasmide Col E1 in cui la
replicazione plasmidica inizia dalla ori ed è innescata da un primer a RNA (RNA II),
trascritto da un promotore situato 550 bp a monte della ori. Gli ibridi DNA:RNA formati
dal filamento di DNA e dall’RNA II nascente, costituiscono un substrato per la Rnasi H che
taglia l’ibrido e fornisce l’-OH al 3’ per la replicazione del DNA.
La maturazione dell’RNA II è controllata dall’ RNA I, trascritto sul filamento opposto della
stessa regione di DNA e, quindi, complementare all’RNA II. L’appaiamento tra l’RNA II e
L’RNA I compete con l’appaiamento tra l’RNA II e il filamento stampo, riducendo la
frequenza di inizio della replicazione. Il prodotto d’espressione del gene rop, inoltre, stabilizza
il complesso RNA I:RNA II, riducendo ulteriormente la frequenza di inzio.
Rnasi H
RNA II
ori
rop
RNA I
Il numero di copie dei plasmidi, quindi, è diminuito da mutazioni che destabilizzano il legame
tra il filamento stampo e l’RNA II o da mutazioni che stabilizzano il complesso RNA I:RNA II
e, all’inverso è aumentato da mutazioni che destabilizzano il legame RNAI:RNAII oppure da
mutazioni che stabilizzano il legame tra il filamento stampo e l’RNA II . Analogamente
mutazioni che aumentano la disponibilità della proteina Rop o dell’RNA I o che diminuiscono
l’abbondanza di RNA II diminuiscono il numero di copie, mentre mutazioni che aumentano
l’abbondanza di RNA II e diminuiscono quella di RNA I e/o Rop, aumentano il numero di
copie.
SPECIFICITA' D'OSPITE
Alcuni plasmidi sono in grado di replicare in un numero limitato di specie batteriche e si dicono a
specificità d'ospite limitata ( narrow host range). Per esempio PBR322 o PUC18 che si
replicano solo in E.coli. Altri sono in grado di replicarsi in una vasta gamma di specie batteriche
e si dicono a largo spettro d'ospite (Broad host range). Per es. RK2 , è capace di replicarsi in
molti batteri gram-negativi.
I plasmidi a largo spettro d'ospite derivano questa loro proprietà dal possesso di alcuni geni
necessari per il riconoscimento dell' origine di replicazione. Dipendono meno, quindi,
dall'apparato replicativo dell'ospite batterico.
GRUPPI DI INCOMPATIBILITA’
Plasmidi con la stessa origine di replicazione (Inc) sono incompatibili tra loro. I plasmidi
dipendono per la loro replicazione da componenti genetiche dell'ospite batterico in grado di
riconoscere l'origine di replicazione e iniziare la replicazione. Per esempio i geni che codificano
la DNA polimerasi, RNA polimerasi- DNA dipendente, RNasi H ecc. Se in uno stesso batterio
entrano due plasmidi con la stessa origine di replicazione, questa compete per componenti
proteici comuni. Come risultato nel giro di poche generazioni uno dei due plasmidi verrà perso.
Possono invece coesistere plasmidi con origine di replicazione diverse che appartengono a
diversi gruppi di incompatibilità
MARCATORI SELEZIONABILI
I plasmidi naturali a volte codificano per uno o pochi geni non essenziali capaci di conferire loro un vantaggio
selettivo in alcune situazioni. Per esempio possono codificare per la tossine batteriche o per geni di resistenza
agli antibiotici. In alcuni casi, tuttavia, nessun vantaggio competitivo sembra essere associato alla presenza di
geni di resistenza.
Tutti i vettori di clonaggio includono almeno un marcatore selezionabile.
Hanno lo scopo essenziale di distinguere e selezionare le molecole ricombinanti. Inoltre, sotto un'appropriata
pressione selettiva, stabilizzano il plasmide
I marcatori selezionabili più utilizzati nei batteri sono i geni di resistenza agli antibiotici. Per esempio il gene
per la Beta-lattamasi codifica per un enzima capace di idrolizzare l'anello lattamico degli antibiotici di tipo
penicillinico (es. l'ampicillina). I batteri che contengono un plasmide con questo gene quindi ( simboleggiato
con Amp o Ap) possono crescere in terreni di coltura che contengono l'ampicillina.
SITI DI RESTRIZIONE UNICI
Per effettuare un clonaggio molecolare é necessario avere sempre almeno un sito di riconoscimento per una
endonucleasi di restrizione.
Il sito di riconoscimento per una endonucleasi di restrizione deve essere presente nel vettore una volta sola
per non distruggere l'integrità fisica del plasmide e non deve essere presente in regioni cis essenziali (es. ori o
promotori) o in geni che codificano per funzioni essenziali (es. geni di resistenza).
Plasmidi coniugativi e non coniugativi
I plasmidi possono essere classificati in due gruppi; plasmidi coniugativi e non coniugativi in
relazione alla loro capacità di trasferire materiale genetico tra batteri mediante la
coniugazione batterica. In generale, sono i plasmidi di grosse dimensione ad essere
coniugativi, mentre la maggior parte dei piccoli vettori usati in ingegneria genetica, non lo
sono.
Per essere coniugativo un plasmide deve possedere:
• Una specifica regione di riconoscimento chiamata Ori T (origine di trasferimento)
• I prodotti genici, agenti in trans, specificati dal locus tra (trasferimento)
• I prodotti genici, agenti in trans, specificati dal locus mob (mobilizzazione)
Plasmidi privi di queste funzioni geniche non sono trasmissibili; tuttavia se un plasmide
possiede un Ori T può essere trasferito per coniugazione utilizzando appositi batteri helper
che forniscono, in trans, i prodotti genici mancanti.
Un classico esempio di plasmide di clonaggio
(4363 bp)
T. A. Brown, BIOTECNOLOGIE
MOLECOLARI, Zanichelli
Un vettore plasmidico più evoluto
T. A. Brown, BIOTECNOLOGIE
MOLECOLARI, Zanichelli
EVOLUZIONE DEI VETTORI DI CLONAGGIO
Da questi due vettori di clonaggio sono derivati decine di nuovi altri vettori. La tendenza é quella di creare
vettori più piccoli e funzionali. Ci sono numerosi vantaggi, infatti, a ridurre la dimensione di un plasmide
1) E' più maneggevole. per esempio é più difficile danneggiarlo o introdurvi interruzzioni a singola elica
durante le manipolazioni sperimentali.
2) E' più facile estrarlo. I principali metodi di separazione dei plasmidi dal cromosoma batterico si basano
sulla denaturazione degli acidi nucleici ( per es. mediante calore o basi diluite) e sulla loro successiva
rinaturazione. Mentre i plasmidi, di piccole dimensioni, rinaturano rapidamente il grosso cromosoma batterico
non riesce a rinaturare velocemente e viene selettivamente eliminato.
La velocità di rinaturazione plasmidica é inversamente proporzionale alla dimensione. Quanto più piccoli
sono, quindi, tanto più facile é il loro isolamento.
3) E' più facile introdurlo dentro un batterio. I metodi di "trasformazione" sono essenziali nella tecnologia del
DNA ricombinante. esistono varie tecniche, come la trasformazione con CaCl2 o l'elettroporazione, ma in tutti
i casi l'efficenza di trasformazione é inversamente proporzonale alla dimensione plasmidica.
Un'ulteriore tendenza é quella di sostituire i siti di restrizione unici con Multi cloning sites sempre più
completi. Questa caratteristica (in genere) facilita il lavoro di clonaggio permettendo di utilizzare l'enzima di
restrizione più conveniente. Questo problema é particolarmente sentito quando si devono clonare inserti di
grosse dimensioni in cui possono essere presenti numerosi siti di restrizione. Numerosi altri vettori più o
meno "specializzati" sono reperibili per gli utilizzi più disparati:" trascrizione in vitro, inserzioni di
trasposoni, selezione di mutazioni, clonaggio di frammenti amplificati con PCR, vettori"shuttle" che
contengono più origini di replicazione ecc.
T. A. Brown, BIOTECNOLOGIE
MOLECOLARI, Zanichelli
I Batteriofagi
I batteriofagi furono descritti per la prima volta intorno alla seconda decade del '900, come placche di lisi
osservabili su popolazioni batteriche cresciute a confluenza su terreni solidi. Ciscuna placca rappresenta una
popolazione clonale. A partire dalla scoperta iniziale sono stati isolati e caratterizzati numerosi batteriofagi,
ciascuno con differenze genetiche e strutturali. Per esempio il fago λ capace di integrarsi nel genoma
batterico sfruttando delle integrasi virali, o il batteriofago µ, che si integra a caso nel cromosoma batterico
sfruttando l'enzima transposasi. Il batteriofago λ, il fago di maggior interesse in Biologia molecolare, può
utilizzare due stili di vita all'interno del batterio: il ciclo litico e il ciclo lisogeno
Nel
primo
caso
il
batteriofago replica il
proprio corredo genetico,
si assembla in virione
maturo e lisa la cellula
uccidendola. In altri casi
invece il fago é capace di
integrare il proprio DNA
nel cromosoma batterico,
mantenendolo in uno stato
profagico inattivo e non
dannoso
per
l'ospite
batterico .
A livello molecolare il controllo della scelta del ciclo litico o di quello lisogeno dipende dall’espressione
di una serie di repressori proteici. Il repressore essenziale nel mantenimento del ciclo lisogeno è cI. La
sua presenza reprime efficacentemente l’espressione dei geni del ciclo litico. La proteina più importante
per lo stabilirsi del ciclo litico è il prodotto del gene S.
geni tardivi
geni della geni della
testa
coda
ricombinazione
lisogenia
replicazione DNA lisi
att intXis α β γ cIII N cI cro cII O P Q S R
cos
cos
β
α
xis
int
att
cro cII O
N cI
P
cIII
Q
γ
S
R
cos
Gen
i de
coda lla
ella
d
i
n
Ge esta
t
Lisi o Lisogenia?
Lamda è un fago temperato, che può infettare una cellula di E.coli e lisarla, producendo molte particelle
fagiche, oppure integrarsi nel cromosoma batterico replicandosi come parte integrante di coli senza produrre
danno alcuno. La scelta tra ciclo litico e ciclo lisogeno è influenzato da diversi fattori. Una volta che la scelta
è stata effettuata è, essenzialmente irreversibile, anche se una piccola percentuale di fagi possono revertire da
un ciclo all’altro.
L’espressione dei geni di λ si divide in fasi che portano all’espressione dei geni molto precoci, precoci,
intermedi e tardivi.L’espressione dei geni precoci utilizza essenzialmente le proteine di coli e porta alla
trascrizione dei geni N e cIII, a partire da PL e d cro e cII, a partire da PR.
I prodotti di cIII e cII e sono necessari all’espressione di cI, che, a sua volta reprime l’espressione della
maggior parte dei geni, incluso se stesso.
N e cro, d’altra parte codificano, rispettivamente per un fattore di antiterminazione e per un repressore di cI
Il prevalere dell’azione di N e cro porta alla repressione di cI, alla trascrizione dei geni intermedi e allo
stabilirsi del ciclo litico, mentre il prevalere dell’azione di cIII, cII e, quindi, cI, porta al ciclo lisogeno.
N
cIII
TL
cI
PL
PR
cro
TL
cII
Aspetti applicativi.
Dal punto di vista pratico inizialmente i batteriofagi hanno suscitato molto interesse per un loro possibile
utilizzo contro agenti patogeni batterici. Completamente superato dall'introduzione degli antibiotici, questo
possibile utilizzo dei batteriofagi come "antibiotici naturali" sta nuovamente risquotendo qualche interesse, a
causa della comparsa di ceppi batterici resistenti agli antibiotici. Il principale campo di applicazione dei
batteriofagi, tuttavia, consiste nello sviluppo di diversi tipi di vettori per biologia molecolare. Fra i più comuni
citiamo, ovviamente, il fago λ , ma anche M13, T3, T7 e f1.
Packaging in vitro
Sebbene il DNA possa essere inserito in un batterio per trasformazione, la dimensione del genoma di λ rende
questa metodica poco efficiente. Si preferisce sfruttare, in alternativa, il sistema di packaging in vitro di λ. In
una normale infezione litica, λ comincia a replicarsi con la modalità del circolo rotante, producendo lunghi
concatenameri, Questi vengono successivamente ridotti in frammenti lineari, delimitati dalle estremità cos, e
impacchettati all’interno di un capside vuoto. In seguito all’assemblaggio con una coda, si ricostituisce un
virione maturo e infettivo. Il risultato di un infezione fagica consiste nella formazione di placche di lisi
traslucide su uno strato di batteri a confluenza.
Mescolando il DNA da inserire, con due colture di fagi difettivi, uno incapace di introdurre il DNA nei
capsidi vuoti e l’altro incapace di produrre capsidi vuoti, si riesce a produrre un packaging efficiente
A causa delle caratteristiche biologiche di λ, la produzione di lunghi stampi concatenati, risulta in packaging
più efficienti.
I vettori derivati dal fago λ
I più importanti vettori fagici sono quelli derivati dal fago λ. Il DNA di λ è una molecola lineare a doppio
filamento di 48,5 Kb, caratterizzata dalla presenza alle estremità 5’ di due terminali coesivi a singola elica di
12 bp. Queste code a singolo filamento sono chiamte siti cos ( per cohesive ends ) e permettono la
circolarizzazione del DNA di λ dopo l’infezione della cellula ospite.
La mappa genetica del fago λ comprende circa 40 geni che possono essere suddivisi in tre gruppi
funzionali:
La parte sinistra, comprendente i geni da A a J, codifica per proteine strutturali della testa e della coda.
La parte centrale, contiene geni responsabili per la lisogenia, cioé il processo che porta all'integrazione del
DNA virale ed altri processi ricombinativi. Gran parte di questa regione non é essenziale per la crescita
litica e può essere eliminata per la costruzione di vettori.
La parte destra contiene geni coinvolti nella replicazione del DNA e nel ciclo litico.
Struttura generale dei vettori λ
La regione tra i geni J e N del genoma di λ, come dicevamo, non è essenziale per la crescita litica. In linea di
principio, un vettore privo di questa regione potrebbe contenere circa14500 bp di DNA estraneo, che
ricostituirebbero la lunghezza originale del genoma di λ. Sappiamo, però, che nella testa del fago può trovare
posto fino al 105% della lunghezza del suo DNA e, inoltre, esistono nei bracci di λ altre regioni non
essenziali che possono essere rimosse. Considerando tutto questo si ottiene un valore massimo di circa 22 Kb
di DNA estraneo inseribile. Esiste anche un limite inferiore, pari al 75% del genoma di λ, pari a circa 37 Kb,
al di sotto del quale il DNA non viene impaccato e il λ non è vitale.
Esistono due tipi di vettori λ
*
I vettori d'inserzione
*
I vettori di sostituzione
I vettori che contengono un sito di restrizione unico (x) per l'inserzione di DNA estraneo sono chiamati vettori
d'inserzione. Questi vettori sono più facili da utilizzare e possono accettare inserti di dimensioni da 8 fino a
10-12 Kb. Sono generalmente utilizzati per costruire librerie di cDNA.
I vettori con due siti di taglio, in cui la parte centrale del DNA (frammento stuffer) può essere rimossa e
sostituita con un frammento di DNA estraneo, sono chiamati vettori di sostituzione. Possono accettare inserti
da 10 a 22 Kb e sono in genere utilizzati per costruire librerie genomiche.
In linea generale tutti i λ utilizzati come vettori sono stati estesamente modificati. In particolare sono stati
creati siti di restrizione unici nella regione centrale, eliminando eventuali siti di restizione multipli mediante
mutazioni sito-specifiche. I vettori derivati da λ inoltre sono stati ridotti in dimensione rispetto al wild type,
eliminando la maggior parte delle sequenze non necessarie al ciclo litico. λ gt10 è un esempio di vettore
d'insezione, mentre EMBL3 rappresenta un esempio di vettore di sostituzione.
0
10
20
30
40
50 Kb
cI
λgt10
braccio sinistro 32,7 Kb
braccio destro 10,6 Kb
EcoRI
lacZ
Charon16A
braccio destro 21,9 Kb
braccio sinistro 19.9 Kb
EcoRI
Stuffer
EMBL4
braccio sinistro 19.9 Kb
SalI, BamHI, EcoRI
braccio destro 8,8 Kb
SalI, BamHI, EcoRI
SalI
Stuffer
Charon40
braccio destro 9,6Kb
braccio sinistro 19.2Kb
polilinker
polilinker
Inserimento di DNA in un fago
Selezione naturale per l’isolamento di fagi λ privi
di siti di restrizione per EcoRI
Il ciclo vitale del fago M13
La biologia del fago M13: il ciclo vitale
•Il genoma del fagoM13 è costituito da una molecola
di DNA circolare a singola elica, lunga 6407 nt.
•M13 infetta solo ceppi F+ poiché entra nella cellula
batterica attraverso il pilo codificato dal fattore F.
•Il DNA viene convertito nella forma replicativa
intermedia a doppio filamento (RF).
•Vengono sintetizzate circa 100 copie della forma RF.
•Inizia la replicazione a cerchio rotante di un’unica
elica del genoma virale. Vengono sintetizzate circa
1000 copie.
•Il genoma viene assemblato alle proteine per
costituire le nuove particelle virali che fuoriescono
dalla cellula batterica senza causarne la lisi.
Vettori di clonaggio basati sul fago M13
T. A. Brown, BIOTECNOLOGIE
MOLECOLARI, Zanichelli
Clonaggio con il vettore M13mp7
Recupero del DNA clonato da M13mp7
Vettori ibridi plasmide-M13
Cosmidi
Abbiamo visto come per avere un packaging efficace il DNA deve avere un sito cos e dimensioni comprese
tra 37 e 51 Kb, il che limita la dimensione degli inserti utilizzabili nei vettori lambda da 8 a 22 kb. Sebbene
questa dimensione sia considerevolmente maggiore di quella utilizzabile con i plasmidi, è ancora relativa
mente piccola, specie quando si lavora con grandi genomi.
Un’alternativa è offerta dai cosmidi che permettono di inserire DNA fino a 45 Kb. Un cosmide è semplicemente un plasmide, di solito intorno alle 5 Kb, contenente, un sito cos. Come tutti i vettori plasmidici
contiene una ori, un marcatore di resistenza e siti unici di restrizione e si utilizza nello stesso modo. Invece
di trasformare la miscela di ligazione per trasformazione, processo che sarebbe piuttosto inefficiente, vista la
dimensione media di un cosmide, si può utilizzare un packaging in vitro. Il cosmide infatti possiede un sito
cos è può essere considerato un buon substrato per una reazione di packaging, purchè abbia dimensione
comprese tra 37 e 51 Kb. Considerando la dimensione media di un vettore cosmidico, la dimensione di un
inserto che può essere clonato in un cosmide varierà tra 32 e 45Kb.
T. A. Brown, BIOTECNOLOGIE
MOLECOLARI, Zanichelli