NOTA CONGIUNTURALE
Maggio 2015
N.B. La presente nota è aggiornata al 25.04.2015. La prossima
nota sarà sul sito il 29.05.2015
INDICE
1.
1.1
1.2
1.3
ECONOMIA INTERNAZIONALE - Sommario
Quadro congiunturale
Evoluzione per Paese
Area €uro
News dal mondo
Previsioni dei principali Istituti (CE, FMI, OCSE, BCE)
2.
2.1
2.2
2.3
ECONOMIA INTERNA - Sommario
Indicatori reali
Indicatori finanziari
Previsioni
2.4 Finanza pubblica
Italia
Zona Euro
2.5 Politica delle riforme
3. MERCATI FINANZIARI - Sommario
1
1.
Economia Internazionale – Sommario
Il potenziale di crescita nelle economie avanzate e nei mercati emergenti è
destinato a rimanere sotto i livelli pre-crisi. E' quanto afferma il Fondo
Monetario Internazionale che comunque stima una crescita in aumento rispetto
agli attuali livelli. Nel World Economic Outlook, il rapporto sull'economia
globale pubblicato dall'istituto di Washington ad aprile, il Fondo evidenzia che
"il potenziale di crescita nelle economie avanzate è previsto aumentare
leggermente, da una media di circa l'1,3% nel periodo 2008-2014 all'1,6% tra il
2015 e il 2020".
USA. L'economia statunitense continua a crescere, ma più lentamente. E'
quanto rileva il report della Federal Reserve, cosiddetto "Beige Book" sullo
stato di salute della prima economia mondiale, che sarà utilizzato nella
prossima riunione della Fed in calendario a fine aprile. L'economia statunitense
da meta' febbraio a meta' marzo ha continuato a crescere a un ritmo
"modesto o moderato" nella maggior parte del Paese, anche se il rialzo del
dollaro, il calo dei prezzi del petrolio e le rigide condizioni climatiche hanno
rallentato l'attivita' di alcuni settori.
Giappone. La ripresa economica del Giappone procede ma a passo lento. E'
quanto rilevato dalle Minute della Bank of Japan (BoJ) che indicano le
motivazioni delle decisioni prese dalla Banca Centrale giapponese nel corso
della riunione del mese scorso che, dopo aver lasciato i tassi di interesse
invariati come peraltro previsto, ha confermato il massiccio programma di
stimoli monetari all'economia.
Area euro. Nel primo trimestre del 2015, il Pil dell'Eurozona è atteso in
crescita a un ritmo dello 0,4%, che dovrebbe ripetersi anche nel secondo
trimestre e nel terzo trimestre. E' quanto risulta dallo Eurozone economic
outlook diffuso dall'Istat che prevede un "cambio di passo in vista" per
l'economia dell'area, sulla scia del calo dei prezzi del petrolio e dell'euro.
Germania. La crescita economica tedesca probabilmente ha rallentato nel
primo trimestre di quest'anno, anche se ci si aspetta che continui a salire ad
un ritmo moderato. Lo riferisce il ministero dell'Economia. "L'alto tasso di
crescita della fine dello scorso anno probabilmente non sarà raggiunto", ha
scritto il ministero nel suo report mensile. L'economia tedesca è cresciuta
dello 0,7% nel trimestre tra ottobre e dicembre 2014.
2
Economia Internazionale
Quadro congiunturale
Previsioni
Una crescita economica mediocre potrebbe essere la "nuova realtà" lasciando
milioni di persone senza lavoro e aumentando i rischi alla stabilità finanziaria
globale, secondo quanto sostiene Christine Lagarde, direttore generale del
Fondo monetario internazionale. A gennaio il Fondo monetario per lo scorso
anno indicava una crescita dell'economia globale del 3,3% dell'1,8% per le
economie avanzate e del 4,4% per i mercati emergenti.
Il potenziale di crescita nelle economie avanzate e nei mercati emergenti è
destinato a rimanere sotto i livelli pre-crisi. E' quanto afferma il Fondo
Monetario Internazionale che comunque stima una crescita in aumento rispetto
agli attuali livelli. Nel World Economic Outlook, il rapporto sull'economia globale
pubblicato dall'istituto di Washington ad aprile, il Fondo evidenzia che "il
potenziale di crescita nelle economie avanzate è previsto aumentare
leggermente, da una media di circa l'1,3% nel periodo 2008-2014 all'1,6%
tra il 2015 e il 2020". Questa crescita, si sottolinea nel report, "è ben al di
sotto dei tassi pre-crisi (2,25% nel periodo 2001-2007) e deriva in parte
dall'effetto negativo dato da fattori demografici e dalla lenta ripresa della
crescita di capitale".
La novità contenuta nell’ultimo rapporto riguarda invece una nuova mappatura
dell’economia globale, dovuta per lo più alle oscillazioni dei mercati valutari e al
calo del prezzo del petrolio.
La forte rivalutazione del dollaro USA, secondo l’FMI, ha provocato un taglio
delle previsioni espansive americane. L'outlook fa riferimento ora a una crescita
del 3,1% del Pil per entrambi gli anni; lo scorso gennaio, le previsioni erano state
più alte, rispettivamente +0,5% e +0,2%. "E' attesa la continuazione di una solida
ripresa negli Usa, dove la crescita in media è stata del 4% circa negli ultimi tre
trimestri del 2014".
Le prospettive di crescita del Giappone sono invece aumentate all’1%, da una
previsione precedente dello 0,6%. L’Eurozona vede lievitare la sua performance
media all’1,5%, in aumento dell’1%, per l’indebolimento della valuta domestica
rispetto al dollaro americano.
I mercati emergenti stanno mostrando previsioni eterogenee, con una
crescita in fase di rallentamento, la quinta consecutiva, al 4,3%, rispetto al
4,6% conseguito nel 2014. L’India crescerà quest’anno più rapidamente rispetto
alla Cina, per la prima volta dal 1999. L'FMI prevede per l’India una crescita del
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7,5%, in miglioramento sulle stime di gennaio di 1,2 punti percentuali. Questa
previsione è dovuta al fatto che l’India sta beneficiando di un profondo piano di
riforme messo in campo dal primo ministro Narendra Modi, un mix di maggiori
investimenti delle imprese e riduzione dei prezzi dell'energia.
Lasciate invariate le stime sulla crescita della Cina di quest'anno e dell'anno
prossimo. Si parla di una crescita che "rallenta", ma che allo stesso tempo "è più
sostenibile". Le stime sono di un incremento del prodotto interno lordo +6,8%,
come reso noto a gennaio (ma in flessione dello 0,3% rispetto a quanto era stato
reso noto a ottobre). Le previsioni sono più basse di quelle ufficiali, con Pechino
che prevede una crescita del 7%. Per il 2016 si attende Pil +6,3%. "Precedenti
eccessi nel mercato immobiliare e del credito così come negli investimenti
continuano a sgonfiarsi - si legge nel World Economic Usa - "il processo di
riforme strutturali e i bassi prezzi delle materie prime dovrebbero sostenere le
attività legate ai consumatori, fungendo da parziale cuscinetto al rallentamento".
Tuttavia, un rischio principale risiede nell'incapacità di concretizzare l'agenda
delle riforme, volte a contenere "i rischi finanziari, a riequilibrare l'economia e a
scoprire nuove fonti di crescita".
Sull'Ucraina, la contrazione del Pil sarà nel 2015 -5,5%, meglio del -6,8%
del 2014 (da allora i calcoli del Fondo escludono la penisola di Crimea, annessa
alla Russia nel marzo 2014, e Sevastopol, la parte sudoccidentale della penisola
stessa). Il paese avrebbe dunque toccato il fondo, tanto che per il 2016 si
prevede una crescita del Pil +2%.
Male la Russia, per cui è confermata la recessione nel corso di quest'anno, causa
il tonfo dei prezzi del greggio e le sanzioni imposte dall'Occidente (oltre,
ovviamente, agli effetti del conflitto contro l'Ucraina). Si stima un calo del Pil 3,8% dopo +0,6% nel 2014 e +1,3% nel 2013. Previsione tagliate da stime gennaio,
che parlavano di una contrazione quest'anno -0,8%. Nel 2016 attesa contrazione 1,1%.
Tornando all'economia globale, il World Economic Outlook sottolinea che i
rischi alla crescita sono "più equilibrati" di sei mesi fa, ma sono ancora al
ribasso. Più precisamente, i rischi economici come la recessione e la deflazione in
Eurozona "sono leggermente calati", mentre quelli finanziari e geopolitici sono
saliti. Tra questi vengono citati un ulteriore balzo del dollaro, che avrebbe
ripercussioni negative sui mercati emergenti; modifiche nei prezzi degli asset,
soprattutto nel mercato obbligazionario; tensioni geopolitiche legate al Medio
Oriente, all'Ucraina e Africa occidentale; stagnazione e inflazione bassa nelle
economie avanzate, che in generale potrebbero ostacolare la ripresa. Un altro
rischio è il petrolioo, ed esattamente una ripresa più veloce del previsto.
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"I prezzi potrebbero salire più velocemente delle attese" per vari motivi "non
riconducibili a una ripresa più sostenuta della domanda globale, che sosterrebbe
la crescita mondiale". Il documento del Fondo fa riferimento anche allo "stress
finanziario nell'Eurozona che può scattare dall'incertezza associata alla Grecia o
derivare dalla turbolenza politica nell'Area euro, che può far riemergere e
rafforzare il legame tra banche, bond sovrani ed economia reale".
Il Fondo monetario internazionale reitera, inoltre, il sostegno al programma
di Quantitative Easing che è stato lanciato dalla Bce, ma sottolinea che le
manovre di politica monetaria espansiva dovrebbero essere accompagnate da
"misure che puntino a rafforzare i bilanci delle banche, che aiuterebbero a
migliorare i meccanismi di trasmissione della politica monetaria nei mercati del
credito". La priorità in tal senso deve essere data a regole più severe sul
problema dei crediti inesigibili e sulle procedure fallimentari.
La probabilità che il rischio di deflazione - inteso in senso tecnico come calo dei
prezzi di quattro trimestri - si verifichi interessa l'Eurozona nel periodo
compreso tra il terzo trimestre del 2015 e il secondo trimestre del 2016, ma ora
"è scesa sotto il 30%".
Consuntivo G20
Nel 2014 il pil nell'area G20 ha registrato una crescita del 3,4% contro
+3,2% nel 2013. Lo rende noto l'Ocse in un comunicato diffondendo una stima
preliminare. Il pil del G20 ha registrato, nel quarto trimestre del 2014, una
crescita dello 0,9%, come nel terzo trimestre. Rispetto al quarto trimestre del
2013 il pil nei paesi del G20 ha registrato una crescita del 3,4% (contro +3,3% nel
terzo trimestre).
Tra i paesi del G20 l'India, nel quarto trimestre del 2014, ha registrato la
crescita più forte con +1,6% (contro +2,2% nel terzo trimestre 2014). La Cina ha
registrato un pil in crescita dell'1,5% (contro +1,9% nel terzo trimestre).
Negli Stati Uniti il pil ha registrato una crescita dello 0,5% nel quarto trimestre
(+1,2% nel terzo trimestre). In Canada (+0,6%), nel Regno Unito (+0,5%) e in
Francia (+0,1%), la crescita ha registrato un rallentamento.
In Germania (+0,7% contro +0,1% nel terzo trimestre) e in Africa del Sud (+1%
contro +0,5% nel terzo) la crescita del pil si è accelerata nettamente.
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Previsioni FMI aprile 2015
Fonte:IMF
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Aspettative a breve termine
OCSE (CLI)
Se la ripresa si sta stabilizzando nei paesi industrializzati, si è rafforzata in
Eurozona e anche in Italia che, insieme alla Francia, è il paese più in
difficoltà tra quelli che contano maggiormente nella regione. È quanto emerge
dagli ultimi dati dell'Ocse, il cui superindice economico ha registrato a febbraio
un più 0,11 per cento dal mese precedente nell'area della moneta unica e un
più 0,10 per cento su base annua.
Ha subìto invece una lieve contrazione l'intera area dei paesi Ocse: un meno 0,02
per cento dal mese precedente e un meno 0,08 per cento su base annua. Sull'area
euro il Composite leading indicators (Cli) ha invece registrato
Anche sull'Italia il superindice ha registrato un nuovo rafforzamento, un più
0,14 per cento su base mensile e un più 0,31 per cento su base annua. L'aumento
più consistente è il più 0,15 per cento della Francia, con un più 0,73 per cento nel
confronto annuo. Sulla Germania ha registrato un più 0,08 per cento su base
mensile ma un meno 1,22 per cento nel confronto annuo.
L'Ocse riporta invece un calo mensile dello 0,14 per cento sugli Usa, assieme ad
un meno 0,32 per cento su base annua. Sulla Gran Bretagna meno 0,11 per cento
su mese e meno 0,99 per cento su anno. Sul Giappone rispettivamente più 0,10 per
cento e meno 1,06 per cento.
L'ente parigino poi riporta le letture sulle maggiori economie emergenti, anche se
non fanno parte dell'Ocse stessa. In Cina il superindice ha segnato meno 0,05 per
cento su mese e meno 0,96 per centro su anno, sul Brasile meno 0,14 per cento su
mese e più 0,09 per cento su anno, sull'India più 0,14 per cento su mese e più 1
per cento su anno e sulla Russia meno 0,18 per cento su base mensile e meno 1,32
per cento su base annua.
Leading indicator Ocse
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USA
Aumento più delle attese a febbraio il superindice USA, che rappresenta un
indicatore anticipatore delle condizioni economiche attuali e prospettiche, in un
arco temporale di sei mesi. L'indice si è attestato a 121,4 punti, mostrando un
incremento dello 0,2% rispetto al +0,1% rivisto di gennaio (+0,2% il dato
preliminare). Lo comunica il Conference Board degli Stati Uniti. Le attese erano
per un +0,3%. L'indice coincidente nello stesso periodo è salito dello 0,1% a 112
punti dopo il +0,2% del mese precedente. L'indice differito è cresciuto dello 0,4%
a 116,2 punti dopo il +0,3% precedente.
Area Euro
Torna a peggiorare, seppur moderatamente, la fiducia dei consumatori di
Eurolandia. La stima flash del dato sul sentiment dei consumatori indica per il
mese di aprile un valore di -4,6 punti dai -3 punti di marzo, risultando al di sotto
delle attese degli analisti che indicavano un -2,75. Lo rende noto la Direzione
Generale degli Affari Economici e Finanziari della Comunità europea (DG ECFIN).
Sale ancora la fiducia degli investitori dell'Eurozona, anche se meno di quanto
atteso dagli analisti. Se nei mesi scorsi, in particolare a marzo, il programma di
acquisto di titoli di Stato da parte della Banca Centrale Europea aveva
letteralmente galvanizzato il sentiment, ad aprile il fattore QE sembra aver
scemato di intensità.
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Aumento di rischi legati alla volatilità finanziaria
I Paesi del G20 mettono in allerta le principali economie globali sull'aumento di
rischi legati alla volatilità finanziaria, in un momento in cui la politica monetaria
delle maggiori banche centrali va in direzioni diverse.
"In un contesto di strategie monetarie divergenti e di un aumento della volatilità
dei mercati finanziari, la politica deve essere attentamente calibrata e
chiaramente comunicata per minimizzare gli impatti negativi", si legge in una bozza
del comunicato dei ministri delle Finanze e dei banchieri centrali G20 che si
riuniranno stasera a Washington.
"Continueremo a monitorare la volatilità dei mercati finanziari e a definire le azioni
necessarie", precisa il documento, ricordando che "ci sono problemi, compresa la
volatilità dei tassi di cambio e il protrarsi di un'inflazione bassa, oltre che
sostenuti squilibri e tensioni geopolitiche".
Nubi sul commercio mondiale
Nubi sul commercio mondiale, che sente il peso di un’espansione economica che non
fa scintille. Secondo i dati pubblicati dalla World Trade Organization (WTO),
quest’anno il commercio mondiale crescerà quest’anno del 3,3% e di un altro
4% il prossimo. La stima per quest’anno è stata già tagliata due volte, dal 5,3 per
cento si è passati al 4% fino ad arrivare alla stima odierna. "Ci aspettiamo che il
commercio mondiale continui la sua lenta risalita ma in presenza di una crescita
mondiale che resta fragile e continue tensioni geopolitiche, questo trend può
essere facilmente messo a rischio" ha detto il direttore generale
dell’organizzazione Roberto Azevedo. E’ quello che è successo per esempio nel 2014
quando a fronte di una previsione iniziale di crescita del 4,7%, l’organizzazione è
arrivata a prevedere un più modesto 3,1% lo scorso settembre per poi scontrarsi
con una realtà ancora più debole, ovvero di una crescita del 2,8%.
Distorsioni delle politiche monetarie
Le politiche monetarie divergenti delle banche centrali (in primis quella della
Fed e quella della BCE) stanno producendo nuove distorsioni, che potrebbero
sfociare in una nuova bolla e diventare una vera e propria crisi finanziaria in
stile 2008, che stavolta avrebbe come "epicentro l'Europa".
Tutto parte dal mercato obbligazionario, un mercato di dimensioni mostruose, che
sta consentendo alle grandi Corporate statunitensi di scaricare il proprio debito
(ed eventualmente le proprie difficoltà) in Europa, dove il costo del denaro è più
basso. La problematica è nota da tempo, ma l'allarme è stato lanciato dal direttore
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del Fondo Monetario Christine Lagarde, che ha parlato di un aumento del rischio
bolle, dopo aver affermato che vi sono "crediti incagliati per 900 miliardi di euro,
che stanno bloccando i canali del credito nell'Eurozona".
Di qui, la Lagarde espresso preoccupazione per il "crescere dei rischi di instabilità
globale", che sono generati proprio dalle politiche accomodanti delle banche
centrali: un meccanismo che, partendo da tassi a zero, spinge gli investitori ad
aumentare la propensione al rischio, gonfiando le valutazioni degli asset e
sfociando in una bolla.
Per l'ex ministro delle finanze francese occorre rafforzare la normativa e la
procedura per gestire le insolvenze, soprattutto nel settore primato, popolato da
milioni di piccole e medie imprese. La Lagarde ha stimato che quasi la totalità dei
20 milioni di aziende non finanziarie presenti in UE ha dimensioni medio-piccole e
conta per quasi due terzi dell'occupazione complessiva: aiutare queste imprese a
ridurre la fetta di prestiti inesigibili garantirebbe maggiori profitti,
riflerttendsosi anche sulla stabilità della crescita.
La Grecia rimborsa il debito al FMI
Puntuale alla scadenza, la Grecia ha rimborsato il debito di 485 milioni di
dollari contratto con il Fondo Monetario Internazionale. Lo ha confermato a
Bloomberg una fonte del Ministero delle Finanze ellenico, che ha dichiarato: "Il
pagamento è stato registrato e sarà effettuato in giornata", ha detto il portavoce.
La domenica di Pasqua, il Ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis aveva
incontrato a Washington Christine Lagarde, direttrice del FMI, garantendo che
Atene avrebbe onorato gli impegni. Nei giorni seguenti, però, la tensione di era
fatta palpabile nel timore che la Grecia non riuscisse a rispettare la scadenza.
Nel frattempo, la Grecia continua a negoziare con Bruxelles l'approvazione del
pacchetto di riforme che dovrà consentire di sbloccare i nuovi aiuti internazionali.
Banca mondiale cinese- Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib)
Dopo la Gran Bretagna, anche Italia, Francia e Germania entrano nella banca
mondiale cinese. Una sfida dell'Europa agli Stati Uniti, all'amministrazione Obama,
già fortemente irritata per la mossa del Regno Unito.
A riportarlo è il Financial Times secondo cui anche il nostro Paese ha accettato di
entrare a far parte della Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib).
La Aiib è l’istituto finanziario promosso dalla Cina ed è visto dagli Stati Uniti come
potenziale rivale della Banca Mondiale di Washington. Una decisione, dunque, che
non piace agli USA tanto che il Financial Times parla di sfida dei Paesi europei agli
Stati Uniti.
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La Gran Bretagna ha deciso a sorpresa di partecipare al finanziamento dell'Asian
Infrastructure Investment Bank (AIIB). A darne l'annuncio il Cancelliere dello
Scacchiere George Osborne, che ha spiegato come questa iniziativa serva a saldare
il legame economico tra il Regno Unito e i mercati a più veloce tasso di crescita.
L'AIIB è stata lanciata da Pechino (che ne ospiterà la sede) lo scorso anno per
rivitalizzare gli investimenti in alcuni settori-chiave quale quello dei trasporti,
dell'energia e delle telecomunicazioni.
Partirà con una dotazione di capitale pari a 50 miliardi di dollari.
Per ora hanno già aderito 19 paesi asiatici, tra cui alcuni big come Singapore,
Malesia e Vietnam. Si sono invece chiamati fuori i tradizionali alleati USA del
Pacific Rim, quali Australia e Giappone.
Nascita del fondo EFSI (European fund for strategic investments)
L'Europa spinge l'acceleratore sugli investimenti e l'Italia decide di dare il suo
contributo: nel giorno in cui l'Ecofin approva le regole del nuovo fondo previsto dal
piano Juncker, il premier Renzi annuncia che il Governo contribuirà con otto
miliardi attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. Un contributo che, grazie alle
regole approvate non finirà in un'unica cassa dalla destinazione incerta come da
proposta iniziale, ma sarà utilizzato per progetti di interesse nazionale. Il ministro
dell'economia Pier Carlo Padoan ha spiegato che "l'idea generale è di far confluire
le risorse in piattaforme di investimento che sono di interesse nazionale, anche se
c'è chiarezza sul fatto che i criteri di allocazione dei fondi del piano Juncker non
devono essere di tipo geopolitico". Quindi non ci saranno quote per Paese, ma allo
stesso tempo chi partecipa vedrà un ritorno diretto del suo investimento.
I progetti, ha detto Padoan, devono rispettare un criterio macroeconomico, cioè
andranno dove meno sono caduti in passato, e uno microeconomico, cioè saranno
finanziati progetti meritevoli che non hanno trovato fondi per un 'fallimento di
mercato'. Per avere un'idea di dove finiranno gli otto miliardi della Cdp, Padoan ha
ricordato che "l'Italia ha già prodotto una lista di progetti di interesse nazionale e
progetti fatti in comune con altri Paesi, di tipo infrastrutturale e di sostegno alle
pmi, che sono stati vagliati già durante il semestre italiano e che costituisce già un
pacchetto di progetti che nel caso dell'Italia hanno un valore facciale di circa 240
miliardi".
Il regolamento approvato dall'Ecofin prevede la nascita del fondo EFSI (European
fund for strategic investments) con un accordo Bei-Commissione Ue, dotato di 21
miliardi iniziali (16 dal bilancio Ue e 5 da Bei) che faranno da garanzie per
mobilitare fino a 315 miliardi di euro. Il fondo sarà gestito da uno 'Steering board'
che fisserà le linee guida degli investimenti e il profilo di rischio del fondo, e da
una 'Commissione per gli investimenti' indipendente che selezionerà i progetti da
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finanziare. Per assicurare l'imparzialità e l'assenza di influenza politica, entrambi i
board saranno composti esclusivamente da funzionari di Bei e Commissione Ue.
Ora la presidenza lettone potrà cominciare il negoziato con il Parlamento Ue per
arrivare all'approvazione definitiva, che la Ue spera possa arrivare entro l'estate
in modo da avere il fondo operativo a partire da settembre-ottobre. Ma vista la
sete di investimenti dell'Europa, per anticipare i tempi la Bei è disposta ad avviare
il lavoro prima che siano completati tutti i passaggi formali e ad aprile dovrebbe
presentare al suo board la lista dei primi progetti che è disposta a cofinanziare.
Nell'ultimo anno "l'Europa è cambiata. Le parole d'ordine che prima erano stabilità
e austerità sono diventate crescita, riforme e investimenti.
Rating, dopo il taglio del 2011 Tesoro pagò 2,5 miliardi. “Ma poteva opporsi”
“Il fatto quotidiano”
Un esborso miliardario dalle casse dello Stato italiano che forse avrebbe
potuto essere evitato o limitato e intrecci azionari che fanno sorgere diversi
interrogativi. Dalle carte del processo contro le agenzie di rating Standard &
Poor’s e Fitch in corso a Trani, anticipate in parte dal Corriere della Sera,
emergono particolari imbarazzanti per il ministero dell’Economia.
I documenti aggiuntivi depositati dal pm Michele Ruggiero in vista dell’udienza del
5 marzo evidenziano infatti che all’inizio del 2012, dopo che S&P aveva
declassato il rating della Penisola con una mossa finita al centro dell’inchiesta
per manipolazione del mercato, l’Italia pagò oltre 2,5 miliardi di euro a
Morgan Stanley in attuazione della clausola di risoluzione anticipata di un
derivato. Circostanza peraltro già nota: la banca d’affari statunitense, troppo
esposta nei confronti di Roma, fece appello a un codicillo che le consentiva di
chiudere anzitempo il contratto sottoscritto nel 1994 con il Tesoro, facendosi
restituire l’intero valore di mercato della posizione. Che in quella fase era
particolarmente alto proprio in seguito alla debolezza finanziaria dell’Italia.
Ma quel che emerge ora dalla testimonianza della numero uno della direzione
Debito pubblico Maria Cannata è che via XX Settembre versò quella cifra
all’istituto di cui è vicepresidente e country head per l’Italia l’ex ministro
Domenico Siniscalco senza consultare l’avvocatura dello Stato né tentare di
percorrere fino in fondo la strada, forse meno onerosa, del trasferimento
della posizione a un’altra banca. Questo nonostante, come ricorda il pm, le
indagini sulla legittimità del declassamento fossero già partite e la stessa Cannata
lo avesse definito “eccessivo, incoerente e ingiustificato“. Ma la funzionaria
risponde che al ministero ci sono competenze tali da non rendere necessarie
ulteriori consulenze e, riguardo alla possibilità di interpellare l’avvocatura, sostiene
che “non c’erano i tempi tecnici” e comunque “le clausole sono molto chiare”, “non è
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che ci siano margini di interpretazione” e “non possiamo avviarci sul terreno di
creare un contenzioso“. Quanto alla possibilità di “contestare formalmente le
richieste delle controparti di chiusura anticipata e/o rinegoziazione, sui
presupposti che c’era una indagine penale in corso”, Cannata ribatte che “il mercato
una cosa del genere non la avrebbe capita”.
Vale ricordare che la dirigente che dal 2000 è responsabile delle emissioni di
titoli pubblici di Roma è la stessa che secondo indiscrezioni ha caldeggiato
l’inserimento nella legge di Stabilità di un articolo che autorizza il Tesoro a
stipulare con le grandi banche d’affari “accordi di garanzia in relazione alle
operazioni in strumenti derivati”, impegnandosi a depositare miliardi di euro su
conti esteri come garanzia, appunto, per i pagamenti futuri dovuti sui
contratti derivati. Anche su questo aspetto dovrebbe far chiarezza l’indagine
conoscitiva sui derivati che ha preso il via a novembre in commissione Finanze alla
Camera.
A suscitare l’interesse degli inquirenti è però soprattutto il fatto che all’epoca
dell’incasso miliardario e ancora oggi, come confermato ai pm dalla European
Securities and Markets Authority (Esma) a cui Consob ha rimpallato la domanda,
Morgan Stanley è tra i soci di McGraw-Hill financial, a cui fa S&P fa capo.
Dunque la banca d’affari guadagnò 2,5 miliardi facendo leva su un downgrade
deciso da una sua partecipata. Quadro che suscita non poche perplessità sulla
trasparenza dell’iter che portò l’agenzia a tagliare di un punto il giudizio sul debito
italiano, con il conseguente scatenarsi della speculazione sui titoli di Stato della
Penisola, le dimissioni di Silvio Berlusconi da premier e la nascita del governo
“tecnico” guidato da Mario Monti. Il quale all’epoca del versamento dei 2,5 miliardi
ricopriva anche l’incarico di ministro dell’Economia.
Secondo l’Adusbef, dalle cui denunce (presentate insieme a Federconsumatori)
sono partite le indagini della Procura di Trani, questi incroci pericolosi
spiegherebbero anche perché via XX Settembre, così come la Banca d’Italia e
la Consob, non si sia costituita parte civile nel processo di Trani. Una decisione
contestata dall’associazione dei consumatori, che ha di recente presentato un
esposto alla Corte dei Conti chiedendo di accertare se questo “non integri la
fattispecie di danno erariale“. “Forse lo ritiene imbarazzante, sapendo che quando
pagò era già pendente il procedimento penale che dubitava della legittimità e
trasparenza di quei declassamenti”, ipotizza ora il presidente Adusbef Elio
Lannutti. Imbarazzo forse legato anche al fatto che nelle ultime settimane le
società coinvolte, Morgan Stanley e S&P, hanno patteggiato con l’amministrazione
Obama e con la Sec (ente federale che vigila sulla Borsa Usa) rispettivamente due
multe da 2,6 e da 1,5 miliardi di euro per la vendita di quei mutui subprime che
contribuirono a causare la crisi finanziaria.
Tornando ai fatti italiani, occorre aggiungere che nelle carte di Trani è riportata
anche la trascrizione della testimonianza dell’attuale ministro dell’Economia Pier
Carlo Padoan, sentito nel marzo 2012 quando era ancora capo economista
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dell’Ocse. Padoan riferisce di aver ritenuto “non giustificato” il declassamento
deciso da S&P il 13 gennaio 2012 e conferma lo “stupore”, espresso in
un’intervista pochi giorni dopo, per il fatto che la decisione fosse arrivata
“proprio nel momento in cui il governo stava prendendo azioni positive per
affrontare la situazione”.
Brics verso indipendenza Fmi, la Banca di Sviluppo pronta al via
(WSI)
Mosca ha ratificato il nuovo istituto, dando il via libera al fondo di riserva da 100
miliardi di dollari. Attesa piena operatività entro fine anno.
Nuovi passi avanti nella costituzione della Banca di Sviluppo dei Brics, nata a
Fortaleza lo scorso luglio per volere di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa con
l'intento di assumere la stessa importanza che la World Bank e il Fondo Monetario
Internazionale hanno per i Paesi occidentali e maggiormente industrializzati.
La Duma di Stato russa ha ratificato il nuovo istituto, dando il via libera al fondo di
riserva da 100 miliardi di dollari che i BRICS implementeranno versando quote
individuali e che verrà utilizzato per far fronte ad eventuali shock economici o
crisi monetarie ma anche per il miglioramento delle infrastrutture.
In base alle dichiarazioni del ministero delle finanze russo, la nuova banca
dovrebbe diventare pienamente operativa alla fine del 2015. La composizione
prevede Presidente, un Consiglio dei governatori e un Consiglio di Amministrazione.
Quest'ultimo dovrebbe riunirsi a Ufa, in Russia, ad aprile. (mt)
Derivati dello Stato, Tesoro: “Italia impegnata con contratti da 163 miliardi”
Fonte: Il fatto quotidiano
Centosessantatre miliardi di euro. E’ questo l’ammontare dei derivati in pancia
allo Stato italiano e su cui il Tesoro è stato autorizzato dalla legge di Stabilità a
“stipulare accordi di garanzia” sui futuri pagamenti a favore delle banche d’affari
con cui ha sottoscritto contratti negli anni Novanta. Nel pacchetto di derivati
stipulati dal ministero dell’Economia ce n’è poi uno con una clausola di
risoluzione anticipata che può essere esercitata nel 2015. E altri dodici in cui
è prevista la possibilità di concludere anzitempo l’intesa con una soluzione
“legata al valore di mercato”. Questo, in sintesi, il quadro emerso dall’intervento
alla Commissione finanze del responsabile della direzione del debito pubblico,
Maria Cannata, nell’ambito dell’indagine conoscitiva parlamentare avviata dopo che
il Tesoro aveva in pratica già trasformato le banche d’affari in creditori
privilegiati dello Stato italiano nel caso di default del Paese.
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Il funzionario del Tesoro ha tuttavia escluso che l’Italia possa trovarsi nuovamente
a pagare un caro prezzo alle banche d’affari con cui ha stipulato derivati sulla
falsariga di quanto accaduto nel 2012 sotto il governo Monti. All’epoca il Tesoro
versò 2,6 miliardi di euro a Morgan Stanley sulla base di una clausola di Additional
termination event (Ate), che consente ad una delle due controparti di risolvere il
contratto. Quella clausola era “unica nel suo genere” ha spiegato il funzionario
che ha difeso la scelta del governo dei tecnici. “Alla fine del 2011 la posizione di
credito della Repubblica appariva così fragile che Morgan Stanley ritenne di non
poter tralasciare di avvalersi della posizione di forza” legata a una clausola di un
contratto quadro sottoscritto nel gennaio 1994”, ha precisato il funzionario.
Tuttavia in quell’occasione “il Tesoro ha negoziato attivamente, effettuando alcune
ristrutturazioni e chiudendo buona parte del portafoglio con la controparte: anche
se l’esborso è stato considerevole, è risultato comunque inferiore a quello che ci
sarebbe stato subendo passivamente l’esercizio della clausola”.
Da allora comunque, il Tesoro si è impegnato nella rinegoziazione dei contratti
derivati. Secondo quanto riferisce Reuters, da inizio 2011 il ministero
dell’Economia ha trattato con le banche d’affari internazionali riuscendo ad
eliminare venti clausole di chiusura anticipata. Delle ultime tredici, la risoluzione è
riconosciuta ad entrambe le parti “a date predefinite”, come ha specificato la
Cannata precisando che nei 163 miliardi di derivati entrano sia 159,6 miliardi di
valore nozionale che 3,5 miliardi di una componente marginale aggiuntiva legata alla
gestione di posizioni finanziarie attive su mutui ex Cassa Depositi e Prestiti in cui
lo Stato è diventato parte creditrice dopo la trasformazione della Cassa in spa nel
2005.
Fatto sta però che i derivati hanno aumentato la spesa per interessi di circa 3
miliardi di euro nel 2013. In più il loro valore di mercato aggiornato al terzo
trimestre dello scorso anno è negativo per 36,87 miliardi a causa del “livello
assoluto straordinariamente basso dei tassi”. In buona sostanza, il Tesoro ha
pensato bene di proteggersi con i derivati dal rischio di un “rialzo repentino dei
tassi” come ha spiegato la Cannata. Peccato però che la crisi abbia prodotto uno
scenario ben diverso da quello immaginato da via XX settembre con il risultato che
l’Italia paga alle banche controparti dei derivati un tasso medio di poco più basso
del 4,4 per cento quando il costo del denaro è vicino allo zero.
http://leg16.camera.it/465?area=9&tema=39&I+derivati+degli+enti+territoriali
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Cina
Previsioni
La Banca Mondiale ha tagliato le previsioni di crescita del 2015 per
l'economia dell'Asia orientale e della Cina, sottolineando i "significativi"
rischi derivanti dai fattori di incertezza a livello globale tra cui il
rafforzamento del dollaro e la crescita dei tassi di interesse statunitensi.
L'istituto di Wahington si aspetta che l'area East Asia and Pacific (EAP), che
include la Cina, cresca del 6,7% sia nel 2015 che nel 2016, in calo rispetto al
+6,9% registrato nel 2014. La nuova stima è rivista al ribasso dalla precedente
previsione di ottobre per una crescita del 6,9% quest'anno e del 6,8% nel 2016.
Alla base del rallentamento della crescita cinese vi sarebbero, secondo la Banca
Mondiale, le politiche di stabilizzazione volte a mettere l'economia su basi più
sostenibili e a renderla meno vulnerabile agli andamenti della finanza.
In particolare, secondo le previsioni aggiornate, la crescita dell'economia
cinese dovrebbe rallentare ad un tasso del 7,1% nel 2015 e del 7% nel 2016
dal 7,4% del 2014, rispetto alla precedente stima di, rispettivamente,
+7,2% e +7,1%.
La frenata dell'economia del Dragone era pressoché scontata, dato che gli
Emergenti stanno sentendo le ripercussioni delle politiche della fed, del dollaro e
del crollo della domanda mondiale, ma la banca centrale cinese è tornata a
soccorrere l'economia, per l'ennesima volta quest'anno. Dunque, la People's Bank
of China ha annunciato un nuovo taglio delle riserve obbligatorie delle banche
di un punto percentuale. Si tratta della correzione più ampia dal 2008 e risulta
ben al di sopra delle attese del mercato. L'intento è quello di aiutare l'economia,
che si trova ad affrontare difficoltà sul fronte del credito ed un rallentamento
che se, con l'obiettivo di aiutare l'economia. Si tratta di un taglio superiore
quanto previsto dal mercato.
Consuntivo
Nel primo trimestre, l'economia cinese è cresciuta al ritmo più lento egli
ultimi sei anni appesantita dai crolli del mercato immobiliare dall'eccesso di
capacità del settore e dal ristagno della domanda all'estero.Il prodotto
interno lordo della Cina è aumentato del 7% su base annua, in linea con
l'obiettivo fissato da Pechino per l'intero anno, anche se i segnali di
rallentamento ci sono, visto che i numeri sono al di sotto della crescita del 7,4%
dell'anno scorso e del 7,3% dell'ultimo trimestre.
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"Siamo di fronte ad una situazione internazionale complessa,mentre aumenta la
pressione al ribasso per l'economia nazionale," spiega l'Ufficio Nazionale di
Statistica nella nota che svela i numeri.
L'ultima volta che l'economia ha mostrato segni di stallo è stato il primo
trimestre del 2009, nel bel mezzo della crisi finanziaria, quando la crescita è
stata del 6,6% . Che la Cina fosse in un momento di stagnazione non è una novità
visto che anche la Banca mondiale, ha spiegato che il Dragone rallenterà la
crescita. Una teoria questa confermata anche dalle ultime statistiche di
produzione e inflazione .
Secondo alcuni analisti il rallentamento del primo trimestre e il deterioramento a
marzo dell'attività industriale che ha visto la produzione industriale di marzo
aumentare del 5,6% su base annuale rispetto al 6,9% delle stime indicano che il
Paese ancora fa fatica e si fa sempre più spazio l'ipotesi che Pechino ricorra a
nuovi stimoli per risollevare l'economia. Le vendite al dettaglio aumentano del
10,2% rispetto al 10,9% previsto e dal 10,7% precedente.
Il governo cinese ha fissato per il 2015 un target di crescita del pil del 7%
circa, rispetto al 7,5% del 2014. Il premier Li Keqiang ha avvertito che la Cina
potrebbe far fronte a maggiori difficoltà economiche nel 2015 rispetto al 2014 e
che le pressioni al ribasso stanno ancora aumentando.
La Cina aumenterà la flessibilità dello yuan, anche se quest'anno non si ravvisa la
necessità di allargare il trading range entro cui oscilla la valuta. Per il 2015,
l'inflazione è prevista a un tasso del 3% circa e il deficit al 2,3% del Pil.
La Cina è reduce dalla crescita al tasso più basso in 24 anni, con il Pil avanzato del
7,4% nel 2014, rispetto al 7,7% del 2013, deludendo le stime del governo per la
prima volta dal 1998.
Anticipatori
Nel mese di aprile, l'indice che misura le condizioni di salute dell'attività
manifatturiera del paese - l'HSBC China Manufacturing Pmi - è scivolato al
minimo dall'aprile del 2014, dunque in 12 mesi. Il dato si è attestato a quota
49,2 punti, al di sotto delle attese di 49,6 punti di Bloomberg, e in evidente fase
di contrazione, in quanto inferiore ai 50 punti (soglia di demarcazione tra fase di
contrazione - valori al di sotto - e di espansione - valori al di sopra).
Elementi congiunturali
Nel mese di marzo l'indice dei prezzi al consumo della Cina è salito +1,4% su
base annua, al di sopra delle attese di un rialzo +1,3% (consensus Reuters).
Tuttavia, il quadro dell'inflazione, in generale, rimane contrastato, dal momento
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che l'indice dei prezzi alla produzione è sceso -4,6%, meglio delle stime (-4,8%),
e successivo a una flessione -4,8% a febbraio.
Scivola la produzione industriale che, base annua, hanno evidenziato un calo
pari al 4,6%, rallentando la caduta dopo il -4,8% del mese scorso.
Le vendite al dettaglio nel bimestre gennaio-febbraio, sono cresciute del
10,7% rallentando tuttavia dal +11,9% di dicembre. Anche in questo caso il
dato è inferiore alle stime di consensus di un aumento dell'11,5%.
I prezzi alla produzione sono calati in Cina a gennaio del 4,8%, mettendo a
segno il 36esimo calo consecutivo su base annua ed il più forte dall'ottobre
del 2009. Il consensus aveva previsto una contrazione del 4,3%. A gennaio i
prezzi alla produzione erano calati del 4,3%. La lettura di febbraio sui prezzi alla
produzione, che hanno estero la loro caduta nel bel mezzo di un'economia in
rallentamento, alimenta i timori tra gli operatori che il rischio deflattivo possa
mettere a serio rischio i timidi segnali di ripresa di Pechino.
Petrolio
La domanda mondiale di petrolio crescerà più del previsto, quest'anno,
trainata soprattutto dalle temperature più fredde e da un costante
miglioramento dello scenario economico globale.
A stimarlo, è l'International Energy Agency (IEA) che, nel suo rapporto mensile
sul mercato del petrolio, ha stimato una crescita della domanda di 90 mila barili al
giorno, portando così la domanda globale a un totale annuo di 93,6 milioni di barili.
Si tratta di un aumento di 1,1 milioni di barili al giorno rispetto a un anno fa. Le
cause sono da ricercare nella domanda aggiuntiva per il riscaldamento di case,
uffici e altri edifici, in gran parte delle economie dell'OCSE (Organizzazione per
la cooperazione e lo sviluppo economico).
L'agenzia ricorda che la produzione dei paesi esportatori di petrolio è
aumentata fortemente, nel mese di marzo, spinta dai livelli record raggiunti
dall'Arabia Saudita.
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1.2 Evoluzione per Paese
Stati Uniti
Previsioni
L'economia statunitense continua a crescere, ma più lentamente. E' quanto
rileva il report della Federal Reserve, cosiddetto "Beige Book" sullo stato di
salute della prima economia mondiale, che sarà utilizzato nella prossima riunione
della Fed in calendario a fine aprile.
L'economia statunitense da meta' febbraio a meta' marzo ha continuato a
crescere a un ritmo "modesto o moderato" nella maggior parte del Paese,
anche se il rialzo del dollaro, il calo dei prezzi del petrolio e le rigide condizioni
climatiche hanno rallentato l'attivita' di alcuni settori. Questa la fotografia
scattata dal Beige Book della Federal Reserve che nel sondaggio ha analizzato le
condizioni economiche nei suoi 12 distretti. In particolare, secondo il sondaggio,
otto su 12 distretti della Fed hanno registrato una crescita tra il modesto e il
moderato, mentre nelle altre quattro aree l'attivita' economica e' stata stabile,
lieve o in continua crescita.
Il rapporto dell'istituto guidato da Janet Yellen cita i distretti di Cleveland,
Atlanta, Minneapolis, Kansas City e Dallas, i più colpiti sul fronte dei
"licenziamenti nel settore energetico e in quello manifatturiero".
Il documento spiega che in alcune aree del Paese alcuni gruppi manifatturieri
si sono lamentati di un dollaro forte, che può pesare sulle esportazioni, e del
maltempo. Ma la domanda di lavoratori con precise competenze resta forte in
altri comparti e in alcuni distretti si sono visti alcuni segnali di pressione
"modesta o moderata" sui salari. "Spesso è difficile trovare lavoratori con
competenze particolari", si legge nel documento.
Consuntivo
L'economia americana mostra una decelerazione della crescita nel 4°
trimestre del 2014, nonostante le buone notizie che continuano a giungere dal
fronte macroeconomico, ma che forse riguardano più il 2015 che il 2014.
Il PIL statunitense è stato confermato in rialzo del 2,2%, come nella
seconda lettura, risultando inferiore alle attese del mercato che erano per
un 2,4%. La lettura finale del dato è stata diffusa dal Dipartimento del
Commercio americano. Nel 3° trimestre il Prodotto Interno Lordo era salito del
5%. Il deflatore del PIL ha segnato un rialzo dello 0,2% (+0,1% nella precedente
stima) dall'1,4% del trimestre precedente.
Le spese personali reali (PCE) hanno registrato un decremento dello 0,4%
dall'1,2% del trimestre precedente, mentre l'indice PCE core esclusi cibo ed
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energia, che rappresenta una misura dell'inflazione, risulta in crescita dello 0,7%
rispetto all'1,4% del trimestre precedente.
Nel 2014, invece, il Prodotto Interno Lordo americano è salito del 2,4% dal
2,2% del 2013 e dal 2,3% del 2012.
Guardando al nuovo anno negli Stati Uniti si osserva un miglioramento del mercato
del lavoro, tanto che le richieste di sussidio alla disoccupazione diffuse ieri, sono
scivolate ai minimi delle ultime cinque settimane, accrescendo le probabilità di un
prossimo rialzo del costo del denaro da parte della Federal Reserve.
Con 219 voti a favore e 206 contrari, la Camera americana ha approvato il
compromesso da oltre mille miliardi di dollari per finanziare il Governo fino al
settembre 2015, evitando così lo shutdown, ovvero che l’esecutivo restasse
senza fondi.
Il testo prevede un allentamento della riforma di Wall Street e concede fondi al
dipartimento per la Sicurezza nazionale fino a febbraio, rimandando di fatto il
dibattito sulla riforma dell’immigrazione
Anticipatori
L'attività manifatturiera degli Stati Uniti mostra segnali di rallentamento ad
aprile, esattamente come avvenuto per quella cinese e in Eurozona. La stima
flash sull'indice PMI manifatturiero indica, per il mese in esame, un livello di 54,2
punti, in deciso calo rispetto ai 55,7 di marzo. Il dato, pubblicato da Markit,
risulta inoltre inferiore alle attese del mercato che erano per un valore pari a
55,5 punti. L'indice si conferma comunque ampiamente al di sopra della soglia
chiave dei 50 punti, denotando una espansione del settore manifatturiero.
Nella lettura prelimare di aprile l'indagine a cura dell'Università del Michigan
sul morale dei consumatori Usa si porta a 95,9, ampiamente oltre il 93,0
finale di marzo e il 94,0 delle aspettative dei mercati finanziari. Tra le
componenti, la voce sulle condizioni attuali migliora a 108,2 da 105 del mese
scorso, contro un consensus per 105,2, e quella sulle aspettative passa a 88,0 da
85,3 (87,0 il consnensus).
Si porta a 7,5 punti l'indice relativo all'attività manifatturiera del distretto
FED di Philadelphia, ad aprile, contro i 5 punti di marzo. Lo comunica il
Distretto FED di Philadelphia. Il dato, risulta migliore delle attese degli analisti
che stimavano un aumento a 6,3 punti, si posiziona anche ai massimi degli ultimi
quattro anni.
Scivola inaspettatamente ad aprile, dopo l'ennesimo calo registrato a marzo,
l'Empire State Index. Il dato, elaborato dalla FED di New York, si è attestato
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infatti a -1,2 punti rispetto ai 6,9 punti del mese precedente, risultando
decisamente inferiore alle attese degli analisti che stimavano un leggero
miglioramento a 7 punti. L'indice misura le condizioni del settore manifatturiero
nel distretto di New York. Si ricorda che un livello del dato superiore/inferiore
allo 0 indica che la maggior parte delle compagnie riportano
miglioramenti/peggioramenti delle condizioni.
Buoni segnali di ripresa arrivano dal terziario a stelle e strisce, che continua a
espandersi a tassi di crescita elevati. L'indice PMI dei servizi si è attestato a
marzo a 59,2 punti dai 59,6 del mese precedente, superando il consensus
che indicata un livello invariato. Nello stesso periodo l'indice ISM non
manifatturiero si è portato a 56,5 dai 56,9 punti del mese precedente, in linea
con le attese, confermando un discreto tasso di espansione.
Migliora a marzo, anche se meno delle attese, l'attività manifatturiera
nell'area di Chicago. Nel mese in esame l'indice PMI Chicago destagionalizzato si
è attestato a 46,3 punti dai 45,8 del mese precedente, risultando però al di sotto
del consensus degli analisti che avevano stimato un aumento a 50,2 punti.
Il dato, che è stato comunicato dall'ISM di Chicago, si conferma dunque sotto la
soglia critica dell'espansione: il livello dell'indice al di sotto dei 50 punti indica
infatti una contrazione del settore manifatturiero statunitense mentre un livello
al di sopra di 50 denota un'espansione.
Elementi congiunturali
Rimbalzano a marzo gli ordinativi di beni durevoli americani dopo il crollo di
febbraio. Il dato, comunicato dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti
(Bureau of the Census), ha segnato un incremento del 4% a 240,2 miliardi di
dollari, dopo il -1,4% del mese precedente. Le attese del mercato erano per un
incremento dello 0,5%. Se si esclude il settore dei trasporti il dato (core) ha
registrato un calo dello 0,2% dal -1,3% precedente (era atteso +0,3%), mentre
escludendo il settore della difesa gli ordini registrano un balzo del 2,6% (-1% il
precedente). Queste statistiche confermano la forza motrice dell'industria dei
trasporti americana, che sta vivendo un lungo trend di crescita. Il fatto che gli
ordini "core" siano scesi per il settimo mese consecutivo conferma la debolezza
degli investimenti da parte delle aziende americane.
Ristagna l'inflazione anche negli Stati Uniti, che accusano ancora le
ripercussioni del crollo del petrolio, degli svantaggiosi tassi di cambio e del
rallentamento della domanda mondiale. Questa crescita lenta dei prezzi resta
anche ben lontana dai target fissati dalla Fed ed avrà dunque riflessi sulla
strategia di politica monetaria e sullo slittamento del primo rialzo dei tassi dal
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2006. Secondo il Bureau of Labour Statistics, i prezzi al consumo hanno
registrato un aumento dello 0,2% rispetto al mese precedente, come riportato
anche a febbraio, risultando ancora inferiori alle attese degli analisti, che si
attendevano un incremento dello 0,3%. Su base annua l'indice ha segnato un calo
dello 0,1% dopo aver segnalato una stabilità il mese precedente (consensus era
+0,1%). Il core rate, l'indice dei prezzi al consumo depurato delle componenti più
volatili quali cibo ed energia, ha evidenziato una variazione positiva dello 0,2%
(+0,2% anche il dato del mese precedente), risultando in linea con il consensus. Il
dato tendenziale si attesta invece all'1,8% dall'1,7% precedente ed atteso.
In particolare, i prezzi della componente energetica hanno registrato un nuovo
aumento pari all'1,1% dopo il +1% precedente, dopo aver riportato pesantissimi
cali nei tre mesi precedenti, a causa del crollo del petrolio. I prezzi della della
componente alimentare sono scesi dello 0,2% rispetto al +0,2% precedente.
Cala più delle attese a marzo la produzione industriale americana, segnando
un decremento dello 0,6% dopo il +0,1% del mese precedente. Il dato risulta
nettamente inferiore alle stime degli analisti, che erano per un -0,3%. Su base
annua si è evidenziato un aumento del 2%. La produzione manifatturiera è salita
dello 0,1%, in linea con le attese, dopo il -0,2% del mese precedente. L'aumento
tendenziale è pari al 2,4%.
Nello stesso periodo la capacità di utilizzo relativa a tutti i settori industriali
si è attestata al 78,4% dal 79% rivisto del mese precedente e contro il 78,7%
atteso. Resta invece ferma al 77,1% la capacità di utilizzo nell'industria
manifatturiera.
Tornano a salire per la prima volta da ottobre i prezzi alla produzione
vantando un rialzo dello 0,3% a marzo rispetto al -0,4% di febbraio. Il dato
comunicato dal Dipartimento del Lavoro americano (BLS) si confronta con le
attese degli analisti che erano per un +0,2%. Su base annua si è registrata una
flessione dello 0,8%. Il dato sui prezzi alla produzione attenua così i timori
sull'inflazione americana, al di sotto dei livelli considerati ottimali, ma in via di
stabilizzazione. Il PPI dei beni e servizi "core", ovvero l'indice depurato dalle
componenti più volatili quali il settore alimentare e quello dell'energia, ha
registrato un aumento dello 0,2% dopo il -0,1% di febbraio. La componente
energia ha registrato variazioni positive dell'1,5%.
Tornano a salire le vendite al dettaglio in USA, nel mese di marzo, anche se
deludono le attese degli analisti. Il dato ha, infatti, mostrato una variazione
positiva dello 0,9% a 445 mld di dollari, risultando sotto le stime degli analisti
che erano per un +1,1%. A febbraio si era verificato un decremento dello 0,5%
(dato rivisto da -0,6%). Su base annua si è registrato un progresso del 2,1%. Lo
comunica l'US Census Bureau. Il dato "core", ossia le vendite al dettaglio escluse
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le auto, ha segnato un variazione positiva dello 0,4% mentre la crescita
tendenziale è stata pari allo 0,8%
Tornano a salire a febbraio le scorte di magazzino USA, che si sono
attestate a 1.790,20 mld di dollari con un aumento dello 0,3% rispetto alla
variazione nulla di gennaio. Il dato supera anche le stime degli analisti che
stimavano un incremento più contenuto dello 0,2%. Il dato, comunicato dal
Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, su base tendenziale è salito del
3,3%. Nello stesso periodo le vendite hanno registrato una variazione nulla a
1.313,12 mld di dollari, mostrando un calo annuale dell'1,2%. La ratio
scorte/vendite è risultata pari a 1,36 dall'1,30 di febbraio 2014.
In calo dello 0,3% i prezzi alle importazioni in USA nel mese di marzo dopo il
+0,2% di febbraio (+0,3% la prima lettura). Il dato, comunicato dal Bureau of
Labour Statistics degli Stati Uniti, è di poco migliore rispetto alle attese degli
analisti che stimavano un -0,4%. Su base annua si è avuto un calo del 10,5%.
Al netto delle importazioni di petrolio i prezzi import hanno registrato una
variazione negativa dello 0,4% a livello mensile, mentre su anno si è verificato una
discesa dell'1,9%.
L'indice dei prezzi alle esportazioni ha mostrato un progresso dello 0,1%
dopo il -0,2% rivisto di febbraio (-0,3% il consensus). Su anno il dato è sceso
del 6,7%. Al netto dei prodotti agricoli i prezzi alle esportazioni sono saliti dello
0,2% contro il +0,1% del mese precedente mentre su base tendenziale hanno
registrato una variazione negativa del 5,9%.
L'economia statunitense non riesce a replicare il boom di occupazione
registrato a febbraio, confermando i timori per un rallentamento della
ripresa del mercato del lavoro dopo l'incredibile ripresa mostrata negli ultimi
mesi. Secondo il Bureau of Labour Statistics, a marzo gli occupati del settore
non agricolo sono saliti di 126 mila unità, un dato molto al di sotto delle attese
degli analisti che si attendevano una crescita di 247 mila unità rispetto alle 264
mila riviste di febbraio (295 mila la lettura preliminare). Si tratta inoltre del
minor incremento dalla fine del 2013. Invece gli occupati del settore
manifatturiero sono calati di 1000 unità, dopo aver segnato, il mese precedente,
un incremento di 2.000 unità. Il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al
5,5%, come da consensus. Il numero di disoccupati totali si attesta così a 8,5
milioni dagli 8,7 di febbraio.
Le retribuzioni medie orarie infine mostrano un calo a 34,5 dollari dai 34,6 dollari
precedenti, risultato leggermente inferiori alle attese che indicavano 34,6
dollari.
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Secondo il Bureau of Economic Analysis (BEA) degli Stati Uniti, a febbraio i
redditi personali hanno registrato una crescita dello 0,4%, in linea con la
variazione riportata il mese prima (rivista al rialzo rispetto al +0,3% della prima
lettura), e superiore alle attese degli analisti, che erano per un incremento dello
0,3%. Nello stesso periodo, i redditi disponibili sono aumentati dello 0,4%,
rispetto al +0,5% di gennaio.
I consumi personali (PCE), invece, hanno ripreso a salire dopo due mesi in
rosso (-0,2% a gennaio e dicembre) mostrando un incremento dello 0,1%. Gli
analisti stimavano però una crescita dello 0,2%. Il PCE price index, una misura
dell'inflazione, segna infine una variazione positiva dello 0,2%, mentre il dato
core (che esclude cibo ed energia). Entrambi i dati sono in linea con il consensus.
Il tasso tendenziale, molto osservato dalla Fed per le sue decisioni di politica
monetaria, è salito dello 0,3%
Sale il deficit delle partite correnti americano nel 4° trimestre, attestandosi
a 113,5 miliardi di dollari dai 98,9 mld rivisti del 3° trimestre (-100,3
miliardi la prima lettura). Il dato è comunicato dal Bureau of Economic Analysis
(BEA) del Dipartimento del Commercio statunitense. Le attese del mercato erano
per un disavanzo a 103,2 miliardi di dollari.
Cala il deficit della bilancia commerciale americana, attestatasi nel mese di
gennaio a 41,8 miliardi di dollari, dai 45,6 miliardi di dicembre (46,6 miliardi la
lettura preliminare). Il dato, comunicato dal Bureau of Economic Analysis (BEA)
del Dipartimento del Commercio americano, risulta lievemente al di sopra delle
stime degli analisti che si aspettavano un deficit pari a 41,7 miliardi di dollari.
Le esportazioni di beni e servizi sono scese a 189,4 mld USD, mentre le
importazioni si sono portate a 231,2 mld di dollari.
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Giappone
Previsioni
La ripresa economica del Giappone procede ma a passo lento. E' quanto
rilevato dalle Minute della Bank of Japan (BoJ) che indicano le motivazioni delle
decisioni prese dalla Banca Centrale giapponese nel corso della riunione del mese
scorso che, dopo aver lasciato i tassi di interesse invariati come peraltro
previsto, ha confermato il massiccio programma di stimoli monetari
all'economia.
Secondo la Banca Centrale giapponese "l'economia del Giappone continuerà il
suo moderato trend di ripresa", con "il tasso d'inflazione core che resterà
attorno allo zero nel breve periodo "a causa degli effetti del calo dei prezzi
dell'energia". "La banca continuerà con un allentamento monetario quantitativo e
qualitativo, al fine di raggiungere l'obiettivo della stabilità dei prezzi del 2%,
purché ciò sia necessario per il mantenimento di tale obiettivo in maniera stabile",
si legge nella nota del BoJ.
Le previsioni di crescita economica sono stimate dalla Banca Centrale per il
prossimo anno fiscale a un 2,1% (e +1,6% nell'esercizio seguente), superiore
a quanto gli analisti si aspettano. Per la banca centrale l'economia resta su una
traiettoria di moderata crescita, come trend”.
Il Fondo monetario è più cauto e ha ridotto le sue previsioni sull'economia
giapponese a una modesta crescita dello 0,6% nell'anno solare 2015 e dello
0,8% nel 2016.
Il pacchetto di stimoli varato dal governo per sostenere i livelli economici conta
di realizzare una non facile alchimia economica, attraverso degli aiuti pubblici che
non saranno finanziati con l'emissione di nuovi titoli del debito pubblico, ma con
l'utilizzo dei fondi non spesi e già stanziati, nonchè con l'impiego delle entrate
fiscali extra e cioè che superano i tetti prefissati.
L'annuncio del nuovo piano di Abe segue la decisione di posticipare di 18 mesi
il previsto aumento dell'Iva e l'iniezione di capitali freschi avviato dalla
Banca centrale del Giappone a ottobre.
Da rilevare che ora il Giappone può contare anche sul forte calo del prezzo del
greggio, che porterà risparmi per 7 mila miliardi di yen dal momento che il Paese
importa il 90% dell'energia di cui necessita. Secondo il Governo queste misure
faranno guadagnare all'economia nipponica 0,7 punti di PIL.
Consuntivo
L'economia giapponese è cresciuta più lentamente di quanto inizialmente
previsto. Il PIL del quarto trimestre, infatti, è cresciuto dell'1,5% rispetto
al +2,2% della stima preliminare.
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Il dato definitivo pubblicato dall'Istituto di ricerca economica e sociale del
Cabinet Office giapponese, conferma l'uscita dalla recessione per il Giappone
anche se evidenzia le difficoltà del paese di prendere lo slancio.
Anticipatori
Aumenta a marzo l'indice della fiducia dei consumatori giapponesi. Il dato,
comunicato dall'Istituto di ricerca economica e sociale del Cabinet Office
giapponese, si è attestato a 41,7 punti dai 40,2 punti del mese precedente,
L'indice resta tuttavia al di sotto dei 50 punti, evidenziando un clima ancora
negativo. Il dato è comunque migliore delle attese degli analisti che si
attendevano un recupero a 41,3 punti.
Peggiora la situazione economica in Giappone nel mese di aprile, con la
battuta d'arresto del settore industriale, confermata dall'indice PMI
manifatturiero, che si è portato a 49,7 punti, in zona contrazione, dai 50,3 punti
del mese precedente. La contrazione del manifatturiero è stata determinata dalla
caduta dei nuovi ordini e dall'inversione di rotta della produzione, che è scesa per
la prima volta dal luglio 2014. A sostenere il settore industriale vi sono solo gli
ordini all'export, che vengono ancora favoriti dalla debolezza dello yen contro il
dollaro e da conseguente recupero di competitività dell'industria nipponica.
Elementi congiunturali
Torna a salire la bilancia commerciale giapponese. Il dato diffuso dal Ministero
delle Finanze del Giappone (MOF) si è attestato a 229,26 mld di yen migliorando
dal deficit di 1.450,1 mld dello stesso mese di un anno prima. Nello stesso periodo
le esportazioni salgono dell'8,5% a/a, mentre le importazioni hanno segnato una
flessione del 14,5%.
Rivista leggermente al rialzo la produzione industriale giapponese. Il dato è
sceso del 3,1% nel mese di febbraio registrando un miglioramento rispetto al 3,3% del mese precedente. Si tratta di una piccola revisione al rialzo rispetto alla
stima preliminare che prevedeva un del calo del 3,4%. Lo comunica il Ministero del
Commercio Internazionale e dell'Industria giapponese (METI) che ha pubblicato i
dati rivisti. Su base annua la produzione ha evidenziato una variazione negativa
del 2%, a fronte del -2,6% previsto nella stima preliminare.
In calo gli ordini dei macchinari del settore privato in Giappone nel mese di
febbraio. Il dato core, al netto delle componenti volatili, ha registrato un
decremento dello 0,4% dopo il -1,7% del mese precedente. Il dato è tuttavia
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migliore delle attese degli analisti che stimavano una discesa del 2,8%. Il dato
complessivo che include anche queste componenti registra invece una calo
dell'1,4% dopo il +8,6% precedente. L'indicatore è stato pubblicato dall'Istituto
di Ricerca Economica e Sociale del Giappone (ESRI).
Vola il surplus delle partite correnti del Giappone a febbraio, attestandosi a
1440,1 miliardi di yen, rispetto all'avanzo di 61,4 miliardi dle mese precedente,
ma anche in aumento rispetto al 598,8 miliardi dello stesso mese del 2014. Il
dato è stato comunicato dal Ministero delle Finanze (MOF). Per quanto riguarda
le esportazioni sono salite su anno di un modesto 0,4%, mentre le importazioni
sono scese del 6,2%, portando il passivo della bilancia commerciale a 251,8
miliardi di yen.
In calo le vendite al dettaglio in Giappone nel mese di febbraio che
continuano a mostrarsi deboli dopo il tracollo che avevano accusato nei mesi
precedenti, a causa delle ripercussioni dell'aumento dell'IVA scattato il 1° aprile
scorso. Nel periodo preso in considerazione, le vendite hanno segnato una calo
dell'1,8% dopo il -2% di gennaio il +0,1% registrato a dicembre ed il +0,5% di
novembre secondo i dati resi noti dal Ministero del Commercio Internazionale e
dell'Industria (METI). In calo le vendite all'ingrosso, che segnano un decremento
tendenziale del 3,7% dal -3,1% precedente. Pertanto, le vendite totali hanno
evidenziato un calo del 3,1%, dopo il -2,7% di gennaio. Le vendite dei grandi
magazzini hanno registrato un recupero del 2% (+1,3% livello adjusted) dal +0,6%
precedente ( invariato adjusted).
Ancora in calo le spese delle famiglie giapponesi. A febbraio, il dato ha segnato
infatti un calo dello 0,4% in termini nominali e del 2,9% in termini reali,
attestandosi a 265.632 yen. Lo ha comunicato l'Ufficio statistico nazionale del
Giappone. I redditi delle famiglie operaie sono saliti dell'1,9% in termini nominali,
ma scesi dello 0,7% in termini reali a 488.518 yen.
Scende a febbraio il tasso di disoccupazione giapponese, che si attesta al
3,5% dal 3,6% di gennaio, e dal 3,6% di febbraio 2014. Il dato è comunicato dal
Ministro degli Affari interni delle poste e telecomunicazioni del Giappone.
Il numero dei disoccupati si è attestato a 2,26 milioni, risultando in calo di 6 mila
unità rispetto allo scorso anno. Gli occupati sono pari a 63,48 milioni, in aumento
di 39 mila unità pari a +0,6% rispetto di un anno prima.
Scende l'indice dei prezzi al consumo (CPI) del Giappone nel mese di febbraio
che su base mensile registra un calo dello 0,2%, crescendo del 2,2% su base
tendenziale. Lo comunica l'ufficio nazionale di statistica. Il dato, al netto delle
componenti più volatili, quali i cibi freschi ed energia, scivola dello 0,1%
mensilmente, mostrando un aumento del 2% su base annua. Il dato preliminare
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dell'indice dei prezzi al consumo dell'area di Tokyo, relativo al mese di marzo è
risalito dello 0,4% base congiunturale e un aumento del 2,3% a livello tendenziale.
L'indice core è salito dello 0,5% su mese, mentre ha mostrato un incremento del
2,2% rispetto allo scorso anno. I dati di Tokyo sono ritenuti un ottimo
anticipatore del trend di prezzi nazionale
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Germania
Previsioni
La crescita economica tedesca probabilmente ha rallentato nel primo
trimestre di quest'anno, anche se ci si aspetta che continui a salire ad un
ritmo moderato. Lo riferisce il ministero dell'Economia. "L'alto tasso di crescita
della fine dello scorso anno probabilmente non sarà raggiunto", ha scritto il
ministero nel suo report mensile.
"L'attività industriale nella prima parte dell'anno resta in un trend di crescita ma,
nei primi due mesi, non ha toccato i livelli di dinamismo visti a fine 2014". "Da ciò
deriva che la crescita del Pil probabilmente, come da attese, sarà più bassa del
risultato ottimo del quarto trimestre".
Secondo gli economisti sentiti da Reuters, tra gennaio e marzo il Pil tedesco è
cresciuto dello 0,5%. L'economia tedesca è cresciuta dello 0,7% nel trimestre tra
ottobre e dicembre 2014.
L’inatteso peggioramento del clima di fiducia tra gli investitori conferma la
possibilità di un rallentamento. In aprile, infatti, l'indice elaborato dalla società
di ricerche Zew ha registrato un calo a 53,3 punti, dai 54,8 di marzo, laddove in
media gli analisti prevedevano un rafforzamento. Si tratta della prima flessione
dall'ottobre del 2014, per questo indicatore che prende in esame le aspettative
degli esperti di finanza nel settore imprenditoriale tedesco.
Secondo il presidente dello Zew hanno pesato fattori esterni, in particolare "la
debolezza dell'economia globale che mina le prospettive dell'export tedesco".
Perché altrimenti l'economia teutonica mostra un quadro positivo, "con un
mercato del lavoro stabile - ha commentato in una nota - e retribuzioni in
crescita".
Nonostante l’evoluzione congiunturale il governo stima che l’economia crescerà
al ritmo di 1,8% sia quest'anno sia il prossimo, secondo un percorso migliorato
rispetto alle precedenti attese di 1,5% sul 2015 e 1,6% sul 2016, grazie alla
dinamica positiva dei salari, alla crescita dell'occupazione e a quella dei consumi.
Grazie al deprezzamento del cambio, sempre secondo l'esecutivo, le esportazioni
dovrebbero espandersi di 4,7% quest'anno e 4,5% il prossimo. L'attesa per la
dinamica degli investimenti lordi è attesa a 2,2% quest'anno e 3,1% nel 2016.
Le precedenti previsioni del Governo federale per il 2015 indicavano una crescita
reale pari a +1,5%, un dato che non si discosta molto da altre previsioni ufficiali
(+1,1% della Commissione Europea e dell’OCSE) e da quelle dei principali istituti di
ricerca tedeschi.
I maggior centri di studi economici della Germania hanno, in conformità,
rivisto al rialzo le previsioni congiunte, citando le spinte supplementari
derivanti dal calo del petrolio e dell’euro e dal rafforzamento dei consumi.
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Ora sul 2015 stimano una espansione del Pil del 2,1 per cento, nettamente
più elevata del più 1,2 per cento indicato l’autunno scorso.
Consuntivo
Il valore per il prodotto interno lordo della Germania é salito più di quanto ci
si aspettasse nell’ultimo quarto, dai dati preliminari ufficiali.
In un report, l’Ufficio Statistica Federale di Germania ha dichiarato che il valore
per il PIL tedesco é salito a un tasso destagionalizzato di 0,7%, da 0,1% nel
precedente quarto. Gli analisti si aspettavano che il valore per il PIL tedesco un
incremento di 0,3% nell’ultimo quarto.
La sorpresa del dato tedesco porterà probabilmente una revisione di uno o due
decimi di punto, anche della crescita media nell'eurozona, che era attesa allo 0,20,3%.
A sostenere il PIL sono stati i consumi interni, risultati in forte crescita
(+0,8%), mentre i consumi pubblici sono cresciuti dello 0,2%, ma soprattutto
le esportazioni, che registrano un +1,3%, confermandosi il maggior driver della
crescita.
L'ottimo risultato del 2014 dovrebbe avere poi un effetto di trascinamento sulla
crescita del 2015. Il dato tedesco si confronta ancora una volta con una
crescita pressoché stagnante in Francia (+0,1% nel quarto trimestre) e in
Italia, dove tuttavia, secondo una dichiarazione del ministro tedesco Wolfgang
Schaeuble al G-20 di Istanbul, comincia a emergere un miglioramento delle
prospettive che contribuisce a un quadro più favorevole dell'economia europea e
globale.
Per la Commissione Ue, l’anno prossimo la Germania doveva crescere del 2% in
base alle previsioni di Bruxelles di primavera scorsa, dell’1,3% secondo le stime di
31
Berlino di poche settimane fa, ma ora la Commissione stessa le taglia ancora
all’1,1%. la Germania nel 2015 frenerà per una ragione ben precisa: volge al
termine il grande ciclo di ordini dai Paesi emergenti, Cina in testa, di impianti,
treni o centrali nei quali l’economia tedesca è specializzata.
Anticipatori
Migliorano in primavera le condizioni economiche della Germania, prima
economia di Eurolandia, anche se lo spettro di un default della Grecia condiziona
ancora le aspettative future. Lo segnala l'indice IFO tedesco, che è salito più
delle aspettative ad aprile. Secondo i dati diffusi dall'IFO Institute, l'indicatore
si è attestato a 108,6 punti dai 107,9 di marzo, risultando anche al di sopra delle
attese degli analisti che stimavano un incremento più contenuto a 108,4 punti.
Il sottoindice relativo alle aspettative è calato a 103,5 punti dai 103,9
precedenti, sotto il consensus di 104,5 punti, mentre l'indice sulla situazione
corrente è balzato a 113,9 punti dai 112 precedenti, risultando molto sopra il
consensus di 112,4 punti.
In Germania, i Pmi sia manifatturiero che dei servizi hanno deluso le attese.
In particolare, quello manifatturiero si è attestato ad aprile a 51,9 punti, contro i
53 punti attesi, mentre quello dei servizi a 54,5 dai 55,5 punti previsti.
Da segnalare tuttavia che il Pmi composite della Germania rimane al secondo
valore record in otto mesi, a quota 54,2 punti, dai 55,4 punti di marzo. E che le
aziende tedesche hanno comunque reso noto che la produzione e i nuovi ordinativi
stanno ancora salendo, anche se hanno rallentato il passo ad aprile.
I consumatori tedeschi diventando più ottimisti. L'indice GFK, un indicatore
anticipatore del sentiment basato su un campione di 2.000 intervistati,
dovrebbe risalire a maggio a 10,1 punti dai 10 precedenti. Il dato, reso noto
dal GFK Institute, che mensilmente conduce l'inchiesta, risulta però al di sotto
delle aspettative degli analisti, che avevano previsto 10,2 punti. Certamente, il
sentiment dei consumatori ha rallentato il passo nell'ultimo mese, ma resta
comunque ai massimi dalla riunificazione. A stimolare l'ottimismo sono
soprattutto le prospettive di reddito, alimentate dalla bassa inflazione che
aumenta il potere d'acquisto, mentre la propensione a spendere e le aspettative
economiche segnalano un leggero indebolimento, a causa delle incertezze sulla
ripercussione della crisi greca.
Per la prima volta da ottobre 2014 l'indicatore Zew relativo al sentiment in
Germania registra una contrazione interrompendo di fatto il rimbalzo avviato
in autunno. L'indicatore è sceso di 1,5 punti a quota 53,3 rispetto ai 54,8 punti
toccati a marzo, risultando anche sotto le attese degli analisti che avevano
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prospettato un miglioramento più marcato fino a 55,3 punti. Secondo l'Istituto di
ricerca tedesco ZEW Institute "l'economia tedesca è in buona forma. Il mercato
del lavoro è stabile e l'aumento dei salari sta rafforzando la fiducia dei
consumatori". Tuttavia, "l'attuale debolezza dell'economia mondiale smorza le
prospettive di esportazione e riduce la possibilità di ulteriori miglioramenti della
situazione economica in Germania". Quanto alla valutazione della situazione
attuale in Germania è migliorata notevolmente. L'indicatore è aumentato a 70.2
punti dai 55,1 precedenti, superando il consensus di 56. Balza anche l'indice del
clima relativo alla Zona Euro che passa a 64,8 punti dai 63,7 precedenti. Le stime
degli analisti erano per un rialzo fino a 63,7.
Elementi congiunturali
Lieve risalita dei prezzi alla produzione in Germania. Il dato di marzo
comunicato dall'Ufficio Federale di Statistica tedesco, ha segnato una variazione
positiva dello 0,1%. Il dato è poco sotto le attese degli analisti che avevano
previsto una salita dello 0,2%. Rispetto allo stesso mese dell'anno precedente i
prezzi hanno segnato invece una diminuzione dell'1,7% dopo il -2,1% di febbraio.
Anche questo dato non centra le attese che erano per una diminuzione dell'1,6%.
L'inflazione in Germania sale dello 0,3% nel mese di marzo. Il dato,
comunicato dall'Ufficio federale di statistica, centra le attese. In salita anche il
dato su base mensile che avanza dello 0,5%. Anche questo risultato non
sorprende visto che gli investitori avevano previsto una salita dello 0,5%.
Segnali di recupero per i prezzi all'ingrosso della Germania. L'Ufficio Federale
di Statistica tedesco fa sapere che a marzo, i prezzi all'ingrosso sono saliti
dell'1%, rispetto al mese precedente quando erano saliti dello 0,5%. Nello
stesso periodo, i prezzi all'ingrosso sono calati dell'1,1% rispetto allo stesso
periodo di un anno fa. A gennaio e febbraio si era verificata una discesa
rispettivamente del 2,6% e del 2,1%.
Piccoli passo in avanti per la produzione industriale tedesca che cresce anche
se ad un ritmo contenuto. A febbraio, l'indice dell'attività è salito dello 0,2%
dopo il -0,4% rivisto del mese precedente. Il dato, comunicato da Destatis,
l'ufficio di statistica tedesco, centra le stime degli analisti che si attendevano
una crescita dello 0,2%. La produzione di energia è salita dell'1,2% rispetto al
mese precedente mentre quella nelle costruzioni è scivolata del 3,1%.
Sale a 19,2 mld di euro il surplus della bilancia commerciale tedesca a
febbraio rispetto all'avanzo di 16,2 mld di febbraio 2014. Lo comunica
Destatis, l'ufficio di statistica tedesco. Le esportazioni sono cresciute dell'1,5%
33
a/a mentre le importazioni salgono dell'1,8%. In termini destagionalizzati, la
bilancia del commercio estero ha mostrato un surplus di 19,7 mld.. Il saldo della
bilancia relativa ai servizi mostra un passivo di 2,4 mld mentre le partite dei
redditi sono in surplus per 7,2 mld. I trasferimenti correnti risultano in surplus
di 13,3 mld per 3,1 mld.
Nel mese di febbraio gli ordini alle fabbriche sono scesi per il secondo mese
consecutivo, a conferma di come la prima economia dell'Europa sia ancora
soggetta a rischi. Il dato, tenendo conto degli aggiustamenti stagionali e di
inflazione, è sceso su base mensile -0,9% dopo il calo -2,6% di gennaio e rispetto
all'aumento +1,5% atteso dagli analisti intervistati da Bloomberg. Su base annua,
la flessione è stata -1,3%. Da segnalare che l'indicatore è noto, comunque, per la
sua volatilità.
Secondo i risultati provvisori dell'Ufficio Federale di Statistica tedesco
(DESTATIS), le vendite al dettaglio della Germania nel mese di febbraio
hanno registrato una variazione positiva del 3,6% in termini reali rispetto allo
scorso anno e del 2,8% in termini nominali. Lo comunica l'Ufficio Federale di
Statistica tedesco (DESTATIS). Su base mensile invece le vendite
destagionalizzate sono salite dello 0,2% in termini nominali e hanno registrato un
aumento dello 0,5% in termini reali.
Bene il mercato del lavoro in Germania, dove continua a scendere la
disoccupazione, che si porta ai minimi degli ultimi vent'anni. Secondo il Federal
Labour Office, il tasso di disoccupazione è calato a marzo al 6,4%, nuovo minimo,
dal 6,5% del mese di febbraio. Parallelamente, si è verificato un calo dei
disoccupati di 15 mia unità, a quota 2,8 milioni, che ha sorpreso positivamente gli
analisti che attendevano una riduzione di 12 mila posti, a fronte del calo di 20
mila riportato a febbraio. Il tasso di disoccupazione non destagionalizzato è
risultato pari al 6,8% contro il 6,9% di febbraio. I disoccupati segnano
dunque un calo di oltre 123 mila unità a 2,9 milioni.
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Francia
Previsioni
Migliora l'outlook per la Francia che aveva mostrato una resistenza ad uscire
dalla crisi, in assenza di misure sufficienti a riattivare la gli investimenti e la
crescita. Lo ha confermato proprio il Premier Manuel Valls, che ha lanciato un
piano di investimenti da 2,5 miliardi a favore di imprese e famiglie.
Anche la banca centrale francese ha migliorato le stime di crescita del 1°
trimestre allo 0,4% dallo 0,3% precedente, in risposta al generale
miglioramento dell'economia europea.
Il consueto bollettino mensile della Banque de France segnala che la produzione
industriale è cresciuta e le consegne hanno accelerato a marzo, soprattutto nel
settore dei trasporti, nella chimica e nell'agroalimentare. A sostenere l'attività,
però, è stata soprattutto la domanda estera, che ha favorito la crescita
dell'export. Migliora il quadro anche nel settore terziario (trasporti e libere
professioni), guidata dall'exploit del lavoro a carattere temporaneo, mentre resta
al palo il settore edile, seppur con un lieve miglioramento.
Le ultime previsioni della Commissione Europea stimano una crescita
economica per la Francia nel 2015 pari a +1% con un deficit pubblico
previsto del 4,1% del PIL. Per il 2016 la crescita del PIL è stimata al +1,8%,
meglio di quanto annunciato in novembre 2014 (+0,7% per 2015 e +1,5% per 2016).
Il deficit pubblico in percentuale del PIL dovrebbe diminuire e registrare nel
2015 un +4,1% rispetto al +4,3% del 2014.
In contrasto, il Pmi manifatturiero francese, già in fase di contrazione, è
peggiorato, accelerando al ribasso da 48,8 punti a 48,4 punti, al valore più
basso in due mesi. Jack Kennedy, economista senior di Markit ha confermato che
le imprese francesi stanno ancora soffrendo. "La crescita dell'output si è quasi
fermata ad aprile, indicando la continuazione del contesto economico moribondo
in Francia. La crescita delle nuove attività di business ha subito un rallentamento
nonostante l'ulteriore calo marcato dei prezzi, il che mette in evidenza le sfide a
cui fanno fronte le società francesi in termini di competitività".
Qualche segnale positivo è arrivato dal sottoindice delle aspettative sui
servizi, al record in tre anni, e a quello dell'occupazione, in crescita per il
secondo mese consecutivo.
La Francia rischia di riaccendere le tensioni con la Commissione Europea dopo che
il ministro delle finanze ha affermato che l'Eliseo taglierà il deficit
strutturale in misura inferiore di quanto richiesto dall'UE. Sapin ha detto che,
nei prossimi due anni, il deficit sarà ridotto dello 0,5%, ogni anno, per
salvaguardare la crescita economica. Per l'anno in corso, l'obiettivo di Parigi, è in
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linea con i target europei, mentre si discosta da quello del 2016 (era previsto un
taglio dello 0,8%) e del 2017 (0,9%).
Le parole annunciate dal ministro delle finanze, potrebbero creare nuove frizioni
fra la Francia e l'UE che, il mese scorso, ha concesso una nuova proroga, di altri
due anni, per riportare il deficit sotto il 3% del PIL. La Francia in questo modo
ottiene una proroga per la terza volta consecutiva dal 2009. Secondo le stime, il
rapporto deficit/PIl francese dovrebbe attestarsi quest'anno al 4,1%. La
decisione di estendere di due anni il target di rientro del deficit, in realtà, è
stata oggetto di qualche critica, ma l'Ecofin ha sottolineato che la flessibilità "è
stata giustificata dagli evidenti sforzi fiscali fatti dalla Francia sin dal 2013 e
dalle attuali difficili condizioni economiche", non ultima una disoccupazione
record.
In Francia il governo forza la mano sulla riforma tesa a favorire la crescita
e la liberalizzazione economica. ‘‘Non perderò tempo in inutili dibattiti’‘: con
queste parole il primo ministro Manuel Valls ha confermato la volontà di adottare
per decreto la legge di riforma che porta il nome del ministro dell’Economia
Macron. A essere usato sarà l’articolo 49-3 della Costituzione, che permette al
governo di far adottare un testo di legge senza che sia necessario il via libera
dell’Assemblea Nazionale.
‘‘Questo governo non ha più una maggioranza ed è costretto a seguire la
procedura dell’articolo 49-3. Il Partito socialista francese farà la stessa fine
del Pasok in Grecia con il 5% del voti, perché spinge il Paese verso la crisi
economica, non risolve i problemi, si limita a obbedire a Bruxelles’‘, dice Nicolas
Dupont-Aignan, deputato dell’opposizione, presidente del partito di centrodestra
“Debout la France”.
Dalla liberalizzazione del lavoro domenicale alla semplificazione delle
privatizzazioni: il pacchetto di riforme firmate Macron contiene 106 articoli
che hanno profondamente diviso il partito socialista, una parte del quale è
contrario a questa svolta “liberista” al governo.
Le boutique sugli Champs Elysee parigini aperte fino a mezzanotte, sette giorni su
sette. Tra i punti più controversi delle nuove norme, però, non c‘è tanto la
creazione di zone turistiche speciali, bensì la possibilità per tutti i negozi
dell’esagono di tenere aperto fino ad un massimo di 12 domeniche l’anno al posto
delle attuali cinque. Inoltre viene introdotta un’apertura alla concorrenza delle
professioni giuridiche (ad esempio nelle tariffe dei notai) e semplificazioni nelle
procedure per quanto riguarda le controversie sul lavoro.
Infine, c‘è il capitolo liberalizzazioni, che si focalizza in particolare sui trasporti
stradali. Obiettivo del provvedimento è quello di aprire alla concorrenza il
mercato dei servizi sulle grandi distanze, oggi molto limitato in Francia, in
maniera tale da fornire un’alternativa economica al treno.
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Consuntivo
Confermata in rialzo dello 0,1% l'economia in Francia nel quarto trimestre
del 2014, in linea con la prima lettura e con le stime del mercato. Lo
comunica l'istituto nazionale di statistica francese Insee, che ha pubblicato i dati
finali del PIL (Prodotto Interno Lordo), specificando che nel 2014 l'incremento è
stato dello 0,4%.
Rivisto al ribasso, invece, il dato sul deficit pubblico, attestatosi nel 2014 al
4% del PIL dal 4,4% della stima preliminare e dal 4,1% del 2013.
Soddisfatto il ministro delle finanze Michel Sapin, secondo cui il "risultato
migliore del previsto apre la prospettiva di una revisione al ribasso del deficit
pubblico nel 2015, attorno al 3,8% del PIL", invece del 4,1% atteso.
Il ministro conferma la discesa sotto il 3% entro il 2017.
Fonte: Insee
Anticipatori
Il Pmi manifatturiero francese, già in fase di contrazione, è peggiorato
accelerando al ribasso da 48,8 punti a 48,4 punti, al valore più basso in due
mesi. Stando a quanto reso noto da Markit, il Pmi servizi della Francia è sceso al
minimo in tre mesi ad aprile, a 50,8 punti, vicino ai 50 punti, la linea di
demarcazione tra fase di contrazione - valori al di sotto - e di espansione - valori
al di sopra. Qualche segnale positivo è arrivato dal sottoindice delle aspettative
sui servizi, al record in tre anni, e a quello dell'occupazione, in crescita per il
secondo mese consecutivo.
La crescita del terziario francese risulta nella lettura finale di marzo
leggermente inferiore rispetto alla stima preliminare, con l'effetto di deprimere
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lievemente anche l'aggregato dell'indice composito. L'indagine congiunturale Pmi
a cura di Markit si attesta il mese scorso a 52,4, quattro decimi al di sotto della
stima flash e un punto pieno al di sotto del 53,4 di febbraio. La lettura finale
dell'indicatore composito - una sintesi tra manifattura e servizi - si porta a
51,5 da 51,7 della prima stima e da 52,2 di febbraio.
Cresce a marzo la fiducia dei consumatori francesi. Il relativo indice,
comunicato dall'Ufficio Statistico Nazionale francese (INSEE), è infatti salito a
93 punti dai 92 di febbraio. Il dato, in linea con le attese degli analisti, risulta
però inferiore alla media di lungo termine di 100 punti.
Si ridimensiona lievemente il sentiment delle imprese manifatturiere francesi,
ma resta molto vicino alla media storica, grazie al recupero evidenziato
dall'economia d'oltralpe, che è una delle protagoniste della ripresa in atto in UE.
Nel mese di marzo il relativo indice è sceso a 99 punti dai 100 punti rivisti del
mese precedente, risultando in linea con le attese e molto vicino alla media di
lungo termine pari a 100. Il dato è stato pubblicato dall'Ufficio Statistico
Nazionale francese (INSEE). Fra i altri settori, il sentiment del commercio al
dettaglio è salito a 104 da 101, quello dei servizi passa a 93 da 92 punti e quello
dell'edilizia resta fermo a 89 punti. L'indice complessivo che rappresenta il
sentiment del mondo degli affari cresce così a 96 da 94 punti del mese
precedente
Elementi congiunturali
Risale ancora l'inflazione in Francia nel mese di marzo. Il dato sui prezzi al
consumo, diffuso dall'Istituto Statistico Nazionale Francese (INSEE), ha
evidenziato una variazione positiva dello 0,7% su base mensile in linea con le stime
degli analisti e della rilevazione di febbraio. Su base annua i prezzi al consumo
hanno registrato un calo dello 0,1% in miglioramento rispetto al -0,3% della
precedente lettura. L'indice dei prezzi depurato dei tabacchi segna un aumento
dello 0,7% mensile
Ferma a febbraio la produzione industriale in Francia, dopo la crescita
riportata nei mesi precedenti. Secondo i dati dell'ufficio statistico INSEE,
l'output complessivo non ha mostrato variazioni dopo il +0,3% rivisto di gennaio.
Le attese del mercato erano per un calo dello 0,1%. Su base annua si è registrato
un aumento dello 0,3%. Parimenti, la produzione manifatturiera è rimasta ferma
dopo la frenata dello 0,3% riportata ad inizio anno.
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Migliora leggermente la situazione dei conti con l'estero della Francia. A
febbraio la bilancia commerciale ha registrato un deficit pari a 3,44 miliardi di
euro, in discesa rispetto al rosso di 3,71 miliardi registrato nel mese precedente.
Secondo quanto comunicato dall'Ufficio doganale francese, l'export è salito a
37,3 miliardi da 36,8 miliardi, mentre le importazioni sono cresciute di poco a
40,7 miliardi dai 40,5 miliardi di gennaio.
I prezzi alla produzione francesi riprendono quota a febbraio: il dato ha
registrato un aumento congiunturale dello 0,7%, con l'indicatore che si attesta a
105,6 punti dopo il calo dello 0,9% del mese precedente. Su base tendenziale si è
registrato un decremento del 2,6%. Lo comunica l'Ufficio Nazionale di Statistica
francese (INSEE). I prezzi degli alimentari e del tabacco scendono sono rimasti
invariati su base mensile, mentre su anno hanno evidenziato un -2,3%. In risalita i
prezzi dei prodotti energetici e delle commodities, che sono sono aumentati del
13,1% su mese, ma continuano a calare del 28,4% su anno.
Il tasso di disoccupazione è aumentato in Francia nel quarto trimestre del
2014 al 10,4%. Lo ha comunicato l'Insee (Institut National de la Statistique et
des Études Économiques). Il dato è conforme alle previsioni degli economisti. Il
dato del terzo trimestre è stato rivisto al ribasso, dal 10,4% al 10,3%.
Nella sola Francia metropolitana il tasso di disoccupazione è salito nel quarto
trimestre, rispetto al trimestre precedente, dal 9,9% al 10%. Il numero dei
disoccupati si è attestato a 2.877.000 milioni. Il tasso di disoccupazione tra i
giovani è rimasto stabile al 23,7%.
Il saldo delle partite correnti della Francia ha evidenziato a dicembre un
disavanzo di 1,9 miliardi di euro, dopo il piccolo avanzo di 0,3 miliardi riportato
a novembre. Lo si apprende dalla Banque de France.
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Regno Unito
Previsioni
Nel Regno Unito l’economia continua a espandersi a ritmi relativamente
vigorosi, nonostante un lieve indebolimento nel quarto trimestre del 2014.
In prospettiva, anche se la crescita dovrebbe essere frenata dai perduranti
sforzi di risanamento dei conti pubblici, il calo dei prezzi dell'energia e
l'accelerazione della dinamica salariale dovrebbero sostenere i redditi disponibili
reali e i consumi privati. Si prevede inoltre che la ripresa della domanda e
l'allentamento delle condizioni del credito stimolino gli investimenti delle imprese.
Nel consueto Rapporto sull'inflazione (Inflation Report) la Bank of England ha
evidenziato come il crollo delle quotazioni del greggio abbia impattato molto
negativamente sui prezzi. L'inflazione viaggia ora allo 0,5%, il livello più basso di
sempre (l'ultima volta che fu toccato era maggio del 2000), e non è escluso che
vada in negativo nei mesi a venire, per poi rimbalzare leggermente.
Il Governatore Mark Carney ha tenuto a precisare che si tratta di una fase
"temporanea" che va distinta da uno scenario di deflazione, lasciando però
intendere che al momento la Banca Centrale non ha alcuna intenzione di alzare il
costo del denaro per tutto il 2016. Non solo: se sarà necessario, l'Istituto
porterà i tassi in negativo.
Per quanto riguarda l'economia, la Bank of England, come detto, è piuttosto
ottimista. Per questo la BoE ha rivisto al rialzo le stime sulla crescita e sui salari,
che erano rimasti l'ultimo tallone d'Achille del Paese.
Il PIL è visto crescere del 2,9% sia quest'anno che il prossimo. Da rilevare
che l'outlook del 2016 è stato rivisto al rialzo rispetto al +2,6%
precedentemente stimato.
I salari dovrebbero invece aumentare del 3,5% nel 2015 dopo il ben più modesto
+1,75% messo a segno nel 2014.
Suscita polemiche la nuova riforma del sistema previdenziale del governo
Cameron, entrata in vigore nel Regno Unito.
Ciascun lavoratore con 55 anni di età potrà ritirare tutti i contributi
previdenziali versati nella propria carriera e farne ciò che vuole, senza poi
ricevere alcuna pensione. Si tratta di un'opzione e non di un obbligo, studiato
per alimentare i consumi e far crescere l'economia nazionale.
Ma gli inglesi saranno in grado di gestire al meglio questo gruzzoletto fino alla
fine dei loro giorni? oppure dopo un periodo di spese folli si ritroveranno sulla
soglia della povertà?
40
Le critiche non finisco qui: se tutti gli inglesi decidessero di aderire a questa
iniziativa, il sistema previdenziale britannico sarebbe in grado di reggere?
Da considerare poi la tassazione, visto che un quarto della somma sarà tax free,
mentre i restanti tre quarti saranno sottoposti a tassazione ordinaria del 40%.
Il Cancelliere delle Scacchiere, George Osborne, in occasione della
presentazione dell'Autumn Statement, ha annunciato le previsioni aggiornate
del PIL al 2018, che indicano: per il 2015 a +2,4% da +2,3%, per il 2016 ed
il 2017 a +2,6% da +2,2% e per il 2018 a +2,5% da +2,3%.
Migliora lo scenario anche per il mercato del lavoro, con un tasso di disoccupazione
atteso al 5,4% dal 6,5% della stima precedente.
A dispetto di questa accelerazione dell'economia, il governo britannico ha
dovuto rettificare la data in cui è atteso il pareggio strutturale, che slitta al
2018, mentre era precedentemente atteso a metà 2015. Dunque, per il 2015 si
stima un deficit/PIL al 5% (91,3 miliardi di sterline), dimezzato rispetto al 10,2%
del 2010, mentre nel 2016 è atteso al 4%, nel 2017 al 2,1% e nel 2018 allo 0,7%. Il
debito/PIL è atteso all'81%,1% e, successivamente, al 76,2% nell'esercizio fiscale
2018-2019.
Il nuovo scenario comporterà anche un prolungamento delle misure di austerity,
messe in campo durante la crisi, mentre Osborne ha già annunciato l'arrivo di una
tassa del 25% sulle multinazionali, per disincentivare la cosiddetta "tax inversion",
vale a dire la pratica usata da colosso come Google ed Amazon di trasferire i ricavi
generati in Regno Unito verso Stati con una tassazione più "benevola".
Consuntivo
Secondo i dati diffusi dall'ufficio statistico ONS, il PIL del Regno Unito è
stato rivisto al rialzo al 3% dal 2,7% della stima precedente e contro il 2,6% del
trimestre precedente. La stima finale sorprende in positivo gli analisti, che
prevedevano una conferma del 2,7%. La crescita del 2014 è così stata rivista al
rialzo al 2,8%. L'aumento del PIL su trimestre è stato analogamente rivisto al
rialzo allo 0,7% dallo 0,5% indicati nella precedente stima ed atteso dagli analisti.
Gli investimenti hanno riportato un calo dello 0,9%, su trimestre, inferiore al -1,4%
indicato in precedenza e stimati dagli analisti, mentre su base annua accelerano al
3,1% dal 2,1% precedente.
Il PIL pro-capite ha segnato un +0,5% su trimestre ed un +2,2% su anno.
41
Anticipatori
L'attività manifatturiera in Gran Bretagna a marzo ha toccato il picco degli
ultimi otto mesi, sostenuta dalla domanda interna e dagli ordini all'export.
L'indice Pmi, calcolato da Markit, il mese scorso è salito a 54,4 da 54 di febbraio.
Si tratta del massimo dal luglio 2014. Le stime degli economisti si attestavano a
54,3. Secondo Markit, l'indicatore suggerisce che il settore manifatturiero nei
primi tre mesi dell'anno ha registrato una crescita dello 0,6% rispetto al
trimestre precedente. La componente degli ordini all'esportazione si è attestata
a 52,1 da 49,5 di febbraio, segnando il picco da agosto 2014.
La crescita nel settore servizi in Gran Bretagna ha segnato un rallentamento
a febbraio, ma le aziende hanno assunto personale al secondo tasso più elevato
di sempre, con salari e ordini in rialzo, a sottolineare come la ripresa economica
sia partita forte a inizio 2015. L'indice Pmi servizi è calato oltre le attese a 56,7,
da 57,2 di gennaio. L'indice dell'occupazione è salito a 57,3, secondo massimo di
sempre (nei 19 anni di storia dell'indice), da 57,1 di gennaio, massimo da giugno
2014. Ma l'analisi realizzata da Markit dice che i salari - centrali nella decisione
della Bank of England su un eventuale aumento dei tassi - sono stati "la causa
principale" dell'aumento dei costi nel settore.
42
Elementi congiunturali
Frenano a sorpresa le vendite al dettaglio britanniche nel mese di marzo. Il
dato ha evidenziato un decremento congiunturale dello 0,5% che si confronta con
il +0,6% precedente e con un +0,4% atteso dagli analisti. Secondo i dati pubblicati
dall'Office for National Statistics (ONS), la crescita tendenziale rallenta al
4,2% dal 5,4% precedente ed atteso. Le vendite si confermano comunque in
crescita a livello tendenziale da oltre due anni. Il rallentamento è stato
determinato soprattutto dai carburanti, giacché il più ampio calo è stato
registrato dalle stazioni di rifornimento (-6,2%). Le vendite al dettaglio core, che
escludono i carburanti, sono infatti cresciute del 5% su anno, che appare
comunque sotto il 5,4% del consensus. La variazione su base mensile è positiva
dello 0,2% ma inferiore al +0,4% atteso
L'economia della Gran Bretagna continua a creare posti di lavoro anche nel
2015, confermando il trend positivo iniziato tra la fine del 2011 e l'inizio del
2012. Secondo gli ultimi dati comunicati dall'Office for National Statistics
(ONS), a marzo il numero dei senza lavoro richiedenti sussidi alla disoccupazione
è diminuito per il 29esimo mese consecutivo, segnando una flessione pari a 20.700
unità rispetto a febbraio, mentre rispetto all'anno prima la flessione è stata di
369.400 unità. Tuttavia il dato è peggiore delle attese degli analisti che
stimavano un calo delle richieste di 29.500 unità.
Nel trimestre dicembre-febbraio, invece, il tasso di disoccupazione è calato
al 5,6% rispetto al 5,7% del trimestre precedente, risultando perfettamente
in linea con le attese. Il totale di disoccupati è pari a 1,45 mln di unità (-76 mila
rispetto al trimestre precedente e -416 mila rispetto allo stesso trimestre del
2014). Nello stesso periodo il numero degli occupati si è attestato a 31,05 mln di
unità (+248 mila sul trimestre precedente e +557 mila rispetto all'anno prima).
Infine, il tasso di crescita dei salari medi, dato monitorato con attenzione
dalla bank of England per meglio valutare lo stato di salute del mercato del
lavoro, è dell'1,8% al netto dei bonus, dell'1,7% calcolando i bonus.
Rallenta ancora la caduta dei prezzi alla produzione in Gran Bretagna. A
marzo l'indice dei prezzi alla produzione (output), infatti, ha mostrato un
incremento dello 0,2% a livello congiunturale, come nel mese di febbraio ed in
linea con le attese. A livello tendenziale i prezzi hanno evidenziato una discesa
dell'1,7%, come il dato rivisto del mese precedente, ma sotto il consensus di 1,8%. Lo comunica l'Ufficio Nazionale di Statistica (ONS) del Regno Unito.
L'indice core, al netto di cibo, bevande, tabacchi e petrolio, risulta in aumento
dello 0,1% su anno, dopo il +0,3% riportato a febbraio, restando fermo su mese
(come il mese precedente)
43
La produzione industriale in Gran Bretagna a febbraio è salita dello 0,1% su
base annua rispetto alla crescita dell'1,2% della precedente rilevazione (dato
rivisto da +1,3%). Le attese erano per un aumento dello 0,3%. Stesso
incremento su base mensile (+0,1%) dal precedente calo dello 0,1% e contro una
stima di un +0,3%. La produzione industriale nel Regno Unito ha registrato, a
febbraio, una crescita dello 0,1% rispetto al mese di gennaio e dello 0,1% rispetto
allo stesso mese dell'anno precedente. Lo rende noto l'Ons, l'istituto di
statistica britannico. La produzione manifatturiera è cresciuta dello 0,4%
rispetto al mese di gennaio e dell'1,1% rispetto a febbraio 2014.
Aumenta a febbraio il deficit della bilancia commerciale dei beni della Gran
Bretagna, attestandosi a 10,3 mld di sterline rispetto al passivo di 9,1 mld rivisto
registrato nel mese precedente (8,4 mld la prima lettura). Il dato reso noto
dall'Office for National Statistics della Gran Bretagna (ONS) si confronta con le
stime di consensus per un deficit di 9 mld. In particolare, il commercio dei beni
verso i Paesi dell'UE ha generato un deficit di 6,5 miliardi dai 6,7 miliardi
precedenti, mentre il disavanzo con i Paesi terzi è cresciuto a 3,2 miliardi dagli
1,9 miliardi precedenti. Le attese degli analisti erano per un passivo di 2 mld.
Per quanto riguarda la bilancia commerciale complessiva, il deficit si attesta a 2,8
miliardi dai 1,5 miliardi precedenti.
Cala a 25,3 miliardi di sterline il deficit delle partite correnti in Gran
Bretagna relativo al 4° trimestre 2014, contro il disavanzo di 27,7 mld rivisto
del 3° trimestre. Il dato, comunicato dall'Office for National Statistics del
Regno Unito, si rivela però superiore al rosso di 21,5 mld atteso dagli analisti.
Il deficit corrente si attesta così al 5,6% del PIL dal 6,1% precedente.
Nessun segnale di ripresa dei prezzi in Gran Bretagna, cosa che potrebbe
indurre la Banca Centrale del Paese a perseverare nell'attuale politica monetaria
ultra accomodante nonostante la buona performance dell'economia e del mercato
del lavoro. Secondo le ultime rilevazioni dell'Office for National Statistics
(ONS), a febbraio i prezzi al consumo sono rimasti invariati rispetto allo
stesso mese dell'anno precedente dopo il +0,3% registrato a gennaio. Questo
tasso, oltre ad essere leggermente al di sotto delle attese degli analisti che
erano per un +0,1%, è il più basso da quando l'ONS ha iniziato a registrare questa
statistica, ossia dal 1988. Il dato core dell'inflazione (che esclude le componenti
volatili come l'energia) evidenzia invece una crescita dell'1,2%, a conferma di
come il crollo delle quotazioni del greggio sia il principale responsabile del calo dei
prezzi.
44
1.3 Area Euro
Previsioni
Nel primo trimestre del 2015, il Pil dell'Eurozona è atteso in crescita a un
ritmo dello 0,4%, che dovrebbe ripetersi anche nel secondo trimestre e nel terzo
trimestre. E' quanto risulta dallo Eurozone economic outlook diffuso dall'Istat
che prevede un "cambio di passo in vista" per l'economia dell'area, sulla scia del
calo dei prezzi del petrolio e dell'euro.
Le stime parlano di un Pil che continuerà di fatto a crescere "a un ritmo costante
nei primi tre trimestri di quest'anno (+0,4%)"; si attende un passo in avanti
anche per "le condizioni del mercato del lavoro", che si prevede miglioreranno
"nell'orizzonte di previsione e l'occupazione è attesa crescere ad un ritmo
contenuto".
Lascia sperare anche l'outlook sull'inflazione. La deflazione è attesa nel primo
trimestre del 2015: il rapporto parte dalla precondizione che i prezzi del Brent si
stabilizzino a $58 al barile e che il rapporto euro/dollaro oscilli attorno a quota
$1,10. Ferme restando queste condizioni, si prevede che l'inflazione dell'area
toccherà il minimo a -0,5% nel primo trimestre, per rallentare a -0,1% nel secondo
trimestre.
Secondo l'outlook economico dell'Eurozona, i prezzi torneranno a salire nel
terzo trimestre (+0,1%). L'analisi mette in evidenza come, dallo scorso giugno, i
prezzi del petrolio misurati in euro siano scesi -45% circa. Di conseguenza, il calo
"renderebbe più economiche le importazioni di energia della zona euro migliorando
significativamente i bilanci delle imprese e delle famiglie". Riferimento anche al QE
45
della Bce, che si è tradotto nella flessione dell'euro, fattore che renderà le
esportazioni più competitive.
La produzione industriale dell'area è "in stabile espansione" e le recenti
indagini sulle aziende dell'Eurozona "mostrano un proseguimento dell'attuale
fase positiva". Si nota un incremento della produzione in tutti i settori, a
eccezione del settore edilizio, dove l'attività è attesa invariata.(Lna)
In termini di anticipatori il settore terziario dell'Eurozona si conferma in
crescita a marzo, anche se poco meno di quanto prospettato inizialmente.
Secondo i dati definitivi comunicati da Markit, nel mese in esame il PMI servizi è
risultato pari a 54,2 punti, in accelerazione rispetto ai 53,7 punti di febbraio
anche se rivisto al ribasso rispetto alla stima flash fornita qualche settimana fa.
Il dato sorprende gli analisti che stimavano una conferma a 54,3 punti.
Rivisto al ribasso il PMI composito della produzione: il dato passa infatti dal 54,1
della stima flash al 54 della lettura finale, anche se rispetto al 53,3 di febbraio
viene confermata la spinta espansiva.
Marzo resta dunque il secondo mese consecutivo in cui l’attività economica
delle quattro grandi nazioni risulta in rialzo.
Peraltro i termini ancora provvisori del PMI di aprile evidenziano un
rallentamento del settore manifatturiero in Eurolandia. Secondo i dati
preliminari l'indice PMI manifatturiero dovrebbe frenare ad aprile a 51,9 punti dai
52,2 precedenti, risultando sotto le attese di 52,6 punti. Anche i servizi
dovrebbero raffreddarsi, con un PMI stimato in calo a 53,7 punti dai 54,2
precedenti (consensus 54,5). L'indice PMI composito viene dunque indicato in
flessione a 53,5 punti da 54, sotto i 54,4 stimati dagli economisti.
L'attività economica rallenta soprattutto nelle maggiori economie di Eurolandia,
come la Germania (PMI composito giù a 54,2 punti) e la Francia (a 50,2).
Contrariamente ai tassi di espansione più lenti registrati in Germania e Francia, il
resto della regione ha beneficiato del più forte ritmo di crescita da agosto 2007,
con l’aumento dei nuovi ordini e dell’occupazione anch'essi al record dalla metà del
2007.
"Se si considerano le aspettative diffuse che il quantitative easing della BCE
avrebbe dovuto dare spinta alla nuova ripresa registrata all'inizio dell'anno, risulta
molto deludente l'indebolimento del tasso di espansione", commenta il capo
economista di Markit, aggiungendo che comunque il tasso di espansione resta vicino
ai picchi di marzo e segnala una crescita robusta dello 0,4% per l'economia
dell'Area Euro.
Consuntivo
Nessuna sorpresa dalla seconda stima del PIL dell'Eurozona, che si conferma
in moderata crescita. L'Ufficio centrale di statistica dell'Unione europea
46
(EUROSTAT) ha comunicato oggi l'ultima release del Prodotto Interno Lordo del
4° trimestre di Eurolandia, ribadendo un incremento dello 0,3% rispetto ai tre
mesi precedenti e dello 0,9% rispetto allo stesso periodo del 2013.
Il Governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha alzato le stime
sull'Area nonostante le minacce deflazionistiche.
Nell'intera Unione Europea (UE) l'economia ha registrato un progresso dello 0,4%
congiunturale, mentre rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente si è
avuto uno scatto in avanti dell'1,3%.
Anticipatori
Torna a peggiorare, seppur moderatamente, la fiducia dei consumatori di
Eurolandia. La stima flash del dato sul sentiment dei consumatori indica per il mese
di aprile un valore di -4,6 punti dai -3 punti di marzo, risultando al di sotto delle
attese degli analisti che indicavano un -2,75. Lo rende noto la Direzione Generale
degli Affari Economici e Finanziari della Comunità europea (DG ECFIN).
Sale ancora la fiducia degli investitori dell'Eurozona, anche se meno di quanto
atteso dagli analisti. Se nei mesi scorsi, in particolare a marzo, il programma di
acquisto di titoli di Stato da parte della Banca Centrale Europea aveva
letteralmente galvanizzato il sentiment, ad aprile il fattore QE sembra aver
scemato di intensità. L'indice Sentix, un indicatore rilevato dall'omonimo Istituto
di ricerche tedesco che misura la fiducia degli investitori, è salito a 20 punti
rispetto ai 18,6 punti di marzo, quando aveva toccato i massimi dal 2007,
deludendo le attese degli analisti che erano per un valore di 20,3 punti.
Elementi congiunturali
L'inflazione continua a zavorrare l'Eurozona, anche se con una presa minore
rispetto ai mesi precedenti a conferma dell'ottimismo della BCE sul
raggiungimento del target del 2%. L'Ufficio statistico europeo (Eurostat) ha
confermato, relativamente al mese di marzo, una discesa annua dei prezzi dello
0,1%, esattamente come indicato dalla stima flash dello scorso 31 marzo.
A febbraio i prezzi avevano segnato un calo dello 0,3%, mentre a marzo 2014 la
variazione era risultata positiva per lo 0,5%. A livello congiunturale i prezzi sono
scesi invece dell'1,1% principalmente a causa del forte calo delle quotazioni del
greggio. Il dato core - che esclude energia, alimenti, alcool e tabacchi - segna un
+0,6% su anno ed un +1,4% su mese. Nell'intera Unione Europea, l'inflazione ha
mostrato una discesa dello 0,1% rispetto al -0,3% di febbraio. La variazione
mensile è pari a +0,9%.
47
Si amplia il surplus della bilancia commerciale della Zona Euro nei confronti del
resto del mondo. A febbraio si è registrato un avanzo di 20,3 mld di euro, in
aumento rispetto ai 7,6 miliardi rivisti del mese precedente (7,9 miliardi il dato
preliminare). Il dato reso noto dall'Istituto di statistica dell'Unione Europea
(Eurostat), risulta tuttavia inferiore alle attese degli analisti. A febbraio 2014 era
pari a 14,4 miliardi. Le esportazioni su base destagionalizzata sono cresciute del
2% mentre le importazioni hanno segnato una flessione del 3%. Per l'intera Unione
Europea (EU-28) si è registrato un surplus di 3,4 mld di euro, rispetto all'avanzo di
4,9 miliardi registrato a febbraio 2014. Le esportazioni sono rimaste stabili
mentre l'import è sceso dell'1%.
La produzione industriale dell'Eurozona si è incrementata a febbraio, dopo la
pausa di riflessione del mese precedente, riavviando il trend accennato a fine
2014. Secondo quanto riportato dall'Istituto di Statistica dell'Unione Europea
(Eurostat), nel mese di febbraio la produzione industriale ha registrato una
variazione positiva dell'1,1% rispetto al -0,3% di gennaio, sorprendendo le
attese degli analisti che indicavano un incremento dello 0,4%.
Su base annua l'output ha registrato un aumento dell'1,6% che si confronta con il
+0,4% riportato nel mese precedente. Anche in questo caso, il dato è migliore del
consensus, che era per un +0,7%. Per quanto riguarda l'Europa dei 28, si è
registrata variazione pari a +0,9% su base mensile dopo il -0,3% di gennaio, mentre
su anno la produzione ha registrato un aumento dell'1,4% dopo il +0,8% precedente.
Le vendite al dettaglio della zona euro hanno registrato a febbraio un
incremento a perimetro annuo in linea con le attese, grazie alla domanda più
robusta per i prodotti non alimentari e per i carburanti. Eurostat ha detto che le
vendite al dettaglio nei 19 Paesi della zona euro sono scese dello 0,2% su mese a
fronte di un incremente del 3,0% anno su anno, in linea con le attese degli
economisti interpellati da Reuters. Eurostat ha aggiunto che le vendite di prodotti
non alimentari sono aumentate del 4,3% anno su anno a febbraio, rispetto al 4,2%
di gennaio mentre le vendite di carburanti per auto sono aumentate del 4,2% a
perimetro annuo, dal 3,1% di gennaio.
Ancora segnali di ripresa dal fronte prezzi. Nella Zona Euro, a febbraio i prezzi
alla produzione hanno segnato un aumento mensile dello 0,5%, dopo il crollo
dell'1,1% riportato il mese prima. Il dato, comunicato dall'Ufficio di Statistica
dell'Unione Europea (Eurostat), risulta migliore delle attese, che indicavano una
crescita dello 0,2%. Su base annua si è registrata invece una diminuzione del 2,8%
rispetto al -3,5% di gennaio. Anche questo dato è superiore al consensus che era
per una discesa del 3%. Per l'intera Unione Europea (EU28) i prezzi sono aumentati
dello 0,6% su base congiunturale dopo il -1,3% del mese precedente. Su base annua
si è registrata invece una variazione negativa del 3,4% (-4,1% a gennaio).
48
Scende all'11,3% il tasso di disoccupazione della Zona Euro relativo al mese di
febbraio rispetto all'11,4% registrato il mese precedente ed all'11,8% di
febbraio 2014. Il dato sulla disoccupazione, reso nota dall'Istituto di Statistica
dell'Unione Europea (Eurostat), svela che, nell'intera Unione Europea la
percentuale dei senza lavoro si porta al 9,8%, in calo dal 9,9% di gennaio e dal
10,5% di febbraio 2014.
Cresce dello 0,1% il tasso di occupazione della Zona Euro alla fine del quarto
trimestre, rispetto al trimestre precedente. A livello tendenziale l'occupazione è
salita dello 0,9% dopo il +0,7% del terzo trimestre. Il dato è stato reso noto
dall'Istituto di Statistica dell'Unione Europea (Eurostat). Nell'intera Unione
Europea il numero degli occupati è salito allo 0,2% su base trimestrale registrando
una variazione positiva dell'1% su base tendenziale.
Indicatori finanziari
M3
Le statistiche recenti segnalano un rafforzamento della dinamica della
moneta
e del credito. Il tasso di crescita sui dodici mesi dell’aggregato
monetario ampio M3 è ancora sostenuto dalle sue componenti più liquide, in un
contesto di espansione vigorosa dell'aggregato monetario ristretto M1.
I prestiti bancari al settore privato hanno proseguito la ripresa, confermando
la svolta nella dinamica dei prestiti osservata agli inizi del 2014. In particolare, il
calo dei prestiti alle SNF ha continuato ad attenuarsi negli ultimi mesi e la crescita
dei prestiti alle famiglie si è stabilizzata su livelli positivi. Inoltre, l'indagine sul
credito bancario nell’area dell’euro di gennaio 2015 ha confermato la valutazione di
un graduale allentamento delle restrizioni all'offerta di credito e di un recupero
della domanda di prestiti. Gli andamenti recenti stanno nell'insieme a indicare che
le misure di politica monetaria adottate dalla BCE contribuiscono ad allentare le
condizioni per la concessione dei prestiti bancari e, più in generale, a ripristinare il
corretto funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria.
I finanziamenti alle famiglie e alle imprese nella zona euro ha segnato un lieve
ribasso in febbraio, deludendo le attese di un primo miglioramento dopo tre anni.
Secondo i dati Bce i prestiti sono scesi dello 0,1% annuo dopo il -0,2% (dato rivisto
al ribasso) di gennaio. Le attese, elaborate in un sondaggio Reuters, erano per un
incremento dello 0,1%. L'ultimo dato con il segno più risale al marzo 2012.
L'offerta di moneta, misurata attraverso l'aggregato M3, è cresciuta del 4%,
confermando un trend di ripresa nonostante il calo registrato in gennaio. Le stime
in questo caso erano per un incremento leggermente superiore, del 4,3%.
49
La media mobile dell'aggregato M3 è risultata in crescita del 3,8% nel periodo
dicembre-febbraio rispetto al 3,5% di novembre-gennaio.
Fonte: BCE
Bilancia dei pagamenti – Partite correnti
La bilancia delle partite correnti della Zona Euro di febbraio chiude con un
attivo di 26,4 mld di euro, contro l'avanzo di 30,4 mld rilevato a gennaio. Lo
comunica la Banca Centrale Europea. Nel dettaglio, la componente dei servizi ha
evidenziato un bilancio positivo per 4,4 mld e quella dei beni per 26,2 mld.
Da inizio anno, la bilancia delle partite correnti evidenzia un surplus di 240,9 mld di
euro, pari a circa il 2,4% del PIL, che si confronta con un avanzo di 191,3 miliardi,
pari all'1,9% del PIL, del 2014.
Il saldo delle partite correnti dell'intera Unione Europea (EU-28) relativo al 4°
trimestre del 2014 ha evidenziato un surplus di 38,7 mld di euro, a fronte
dell'avanzo di 29,9 mld del 3° trimestre 2014. Il dato si confronta con il surplus di
33.4 miliardi della prima lettura.
Nel 4° trimestre del 2013, il risultato era positivo per 43 mld. Lo comunica
l'Ufficio statistico centrale della comunità europea (Eurostat) che ha pubblicato
oggi la seconda release.
50
Bollettino BCE
Marzo 2015
Le statistiche recenti segnalano un rafforzamento della dinamica della moneta
e del credito. Il tasso di crescita sui dodici mesi dell’aggregato monetario ampio
M3 è ancora sostenuto dalle sue componenti più liquide, in un contesto di
espansione vigorosa dell'aggregato monetario ristretto M1. I prestiti bancari al
settore privato hanno proseguito la ripresa, confermando la svolta nella dinamica
dei prestiti osservata agli inizi del 2014. In particolare, il calo dei prestiti alle
SNF ha continuato ad attenuarsi negli ultimi mesi e la crescita dei prestiti alle
famiglie si è stabilizzata su livelli positivi. Inoltre, l'indagine sul credito bancario
nell’area dell’euro di gennaio 2015 ha confermato la valutazione di un graduale
allentamento delle restrizioni all'offerta di credito e di un recupero della
domanda di prestiti. Gli andamenti recenti stanno nell'insieme a indicare che le
misure di politica monetaria adottate dalla BCE contribuiscono ad allentare le
condizioni per la concessione dei prestiti bancari e, più in generale, a ripristinare
il corretto funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica
monetaria.
L’ulteriore sostanziale allentamento dell'orientamento di politica monetaria della
BCE sostiene e favorisce l’emergere di andamenti economici più favorevoli
nell’area dell’euro. La ripresa economica si è gradualmente consolidata nella
seconda metà del 2014. La variazione percentuale del PIL in termini reali sul
periodo precedente è stata pari allo 0,2 per cento nel terzo trimestre e, secondo
la stima rapida dell'Eurostat, allo 0,3 per cento nel quarto, risultato lievemente
superiore a quanto atteso in precedenza. Gli indicatori di breve periodo e i
risultati delle indagini congiunturali segnalano un ulteriore miglioramento
dell'attività economica agli inizi del 2015. L'attività nell’area dell’euro sarebbe
stata sorretta dal calo significativo dei corsi petroliferi a partire da luglio 2014.
Il miglioramento del clima di fiducia delle imprese e dei consumatori favorirà la
trasmissione efficace delle misure di politica monetaria all’economia reale,
contribuendo a migliorare ulteriormente le prospettive di crescita e a ridurre il
margine di capacità inutilizzata nell’economia.
La ripresa economica dovrebbe rafforzarsi e ampliarsi gradualmente. L'attività
economica dovrebbe accelerare grazie al recente miglioramento del clima di
fiducia delle imprese e dei consumatori, al netto calo dei corsi petroliferi,
all’indebolimento del tasso di cambio effettivo dell’euro nonché all'effetto delle
recenti misure di politica monetaria della BCE. L'orientamento accomodante della
politica monetaria, sostanzialmente rafforzato dal PAA, dovrebbe sorreggere la
crescita del PIL in termini reali sia a breve termine sia su un orizzonte temporale
51
più lungo. Si prevede inoltre che l'economia reale tragga gradualmente beneficio
dai progressi compiuti in materia di riforme strutturali e risanamento dei conti
pubblici e che le esportazioni siano sorrette dai guadagni di competitività di
prezzo e dalla ripresa mondiale.
Al tempo stesso, vari fattori continuano a ostacolare una ripresa più robusta
dell’atti vità. Tra questi figurano principalmente il processo di aggiustamento dei
bilanci in corso in diversi settori e il ritmo piuttosto lento di attuazione delle
riforme strutturali. Inoltre, l'incertezza perdurante, ancorché in diminuzione,
connessa alla crisi del debito sovrano a livello europeo e fattori geopolitici
frenano la crescita nell’area dell’euro.
Le proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della
BCE a marzo 2015, che incorporano l’impatto stimato delle misure di politica
monetaria, convenzionali e non convenzionali, adottate dal Consiglio direttivo,
prevedono una crescita annuale del PIL in termini reali dell’1,5 per cento nel 2015,
dell’1,9 per cento nel 2016 e del 2,1 per cento nel 2017. Rispetto all’esercizio di
dicembre 2014 svolto dagli esperti dell’Eurosistema, le previsioni per il tasso di
crescita per il PIL in termini reali nel 2015 e 2016 sono state riviste al rialzo
di riflesso agli effetti favorevoli del calo delle quotazioni petrolifere,
all'indebolimento del tasso di cambio effettivo dell'euro e all’impatto delle
recenti misure di politica monetaria. Secondo la valutazione del Consiglio
direttivo, i rischi per le prospettive economiche rimangono orientati verso il
basso anche se si sono ridotti dopo alle ultime decisioni del Consiglio direttivo e
alla caduta dei corsi petroliferi.
Sulla base delle informazioni correnti, ci si attende che l'inflazione resti su livelli
molto bassi o negativi nei prossimi mesi. I corsi petroliferi sono un importante
fattore alla base del passaggio in territorio negativo dell’inflazione misurata
sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) negli ultimi mesi. Secondo la
stima rapida di Eurostat, a febbraio 2015 l'inflazione calcolata sullo IAPC è salita
a ‑0,3 per cento (da ‑0,6 in gennaio) e il tasso calcolato al netto della componente
alimentare ed energetica è rimasto sostanzialmente stabile allo 0,6 per cento.
I tassi di inflazione dovrebbero aumentare gradualmente nel prosieguo dell’anno.
Si prevede in primo luogo che, per la graduale fuoriuscita dei precedenti cali dei
prezzi dei beni energetici dal calcolo dell’inflazione sui dodici mesi (e a condizione
che i corsi petroliferi aumentino nell’orizzonte di proiezione in linea con
l’inclinazione ascendente della curva dei contratti future per le quotazioni del
greggio), i prezzi dell'energia cessino di influire negativamente sull’inflazione
complessiva misurata sullo IAPC nel 2015 e ne determinino un aumento nel 2016 e
2017. Questo incremento atteso è dovuto in larga parte all'inversione
nell’andamento dei prezzi dei beni energetici e dovrebbe fare altresì seguito al
52
consolidamento della ripresa economica favorito dalle recenti decisioni di
politica monetaria. Si prevede che andamenti economici più robusti determinino
un restringimento considerevole dell’output gap negativo e quindi una crescita più
vigorosa dei margini di profitto e dei redditi per occupato. L'aumento
dell'inflazione dovrebbe essere inoltre favorito dai rincari delle materie prime
non energetiche e dagli effetti ritardati dell'indebolimento del tasso di cambio
dell'euro.
Le proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della
BCE a marzo 2015 prevedono che l’inflazione misurata sullo IAPC si collochi, in
media d’anno, allo 0,0 per cento nel 2015, all’1,5 per cento nel 2016 e all'1,8 per
cento nel 2017. Rispetto alle proiezioni macroeconomiche degli esperti
dell'Eurosistema pubblicate a dicembre 2014, le previsioni per l'inflazione nel
2015 sono state riviste al ribasso riflettendo principalmente la caduta dei corsi
petroliferi mentre quelle per il 2016 sono state corrette al rialzo, in parte per
l’impatto atteso delle misure di politica monetaria.
Le proiezioni macroeconomiche di marzo 2015 formulate dagli esperti della BCE
sono subordinate alla piena attuazione delle misure di politica monetaria della
BCE. Il Consiglio direttivo continuerà a tenere sotto stretta osservazione i rischi
per le prospettive sull’andamento dei prezzi nel medio periodo, in particolare per
quanto riguarda la trasmissione delle misure di politica monetaria, gli sviluppi
geopolitici e l’evoluzione del tasso di cambio e dei prezzi dell'energia.
L’attenzione della politica monetaria è al momento concentrata sull’attuazione
delle misure decise dal Consiglio direttivo a gennaio. Nella riunione del 5 marzo
2015, sulla base della consueta analisi economica e monetaria e in linea con le
indicazioni prospettiche (forward guidance), il Consiglio direttivo ha deciso di
lasciare invariati i tassi di interesse della BCE e ha fornito ulteriori informazioni
sugli aspetti attuativi del PAA. Gli acquisti di titoli del settore pubblico nel
mercato secondario nell’ambito di questo programma sono iniziati il 9 marzo 2015.
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NEWS dal mondo
(fonti: varie, ICE, Farnesina)
Europa
Turchia
Ritocco all'ingiù per le prospettive di crescita della Turchia. La Banca
Mondiale ha rivisto al ribasso le stime sull'economia del paese prevedendo per
quest'anno un aumento del PIL del del 3% rispetto al +3,5% stimato in
precedenza. "Alcuni indicatori macroeconomici suggeriscono un'estensione
dell'attuale debolezza economica fino a tutta la prima parte dell'anno in corso",
ha sottolineato la World Bank nel suo report dedicato alla Turchia.
L'economia del paese è cresciuta del 2,9% lo scorso anno al di sotto delle stime
del governo (3,3%) e rallentando rispetto al tasso di crescita del 4,2% registrato
nel 2013. Il tasso annuo di inflazione è salito al 7,61% a marzo dal 7,55% di
febbraio, grazie all'aumento dei prezzi alimentari e al deprezzamento della valuta
esercitato dalle pressioni inflazionistiche. La Banca Mondiale ha alzato le sue
previsioni di inflazione per il 2015 al 7% dalla precedente proiezione del 6,7%
rilasciata a dicembre.
Romania
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha realizzato un rapporto in cui si
legge che la Romania potrebbe registrare quest’anno una crescita del 2,7 %.
Si tratta di stime riviste al rialzo rispetto al mese di ottobre 2014, quando il FMI
aveva previsto un tasso di crescita del 2,5%.
Secondo gli esperti FMI, lo sviluppo economico sarà sostenuto principalmente dai
consumi privati incoraggiati dall'aumento dei salari, dai bassi prezzi del petrolio e
dai tassi di interesse che hanno raggiunto un minimo record. Dato che nel mese di
ottobre dello scorso anno il FMI prevedeva un aumento dei prezzi di consumo del
2,9 %, il tasso medio annuo di inflazione nel 2015 si stima all’1%.
Per l’anno prossimo si prevede invece un tasso di crescita dell’economia romena
del 2,9% e del 2,4 % per l’inflazione.
Spagna
L'economia spagnola crescerà quest'anno al ritmo di 2,8%. E' la stima di
Banca di Spagna, che ha migliorato la precedente proiezione, e prevede per il Pil
del primo trimestre una crescita congiunturale di 0,8% e tendenziale di 2,5%.I
dati ufficiali preliminari relativi alla prima frazione d'anno verranno resi noti
dall'istituto nazionale di statistica Ine a fine aprile.Secondo Banca di Spagna,
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quest'anno i prezzi al consumo subiranno una contrazione di 0,2%, per poi tornare
a crescere di 1% l'anno prossimo.
Irlanda
Gli anni bui della crisi del debito sembrano ormai essere un incubo lontano, al
punto che c'è già chi torna a parlare di Tigre celtica. Una cosa è certa: con un
PIL in crescita del 4,8%, in questo momento l'Irlanda è l'economia
dell'Unione Europea con lo stato di salute migliore. I dati, diffusi dal Central
Statistics Office irlandese, hanno confermato per il 2014 un'espansione
economica di quasi 5 punti percentuali, in forte crescita rispetto al +0,2% messo
a segno nell'anno precedente, e decisamente al di sopra del +2,6% della vicina
Gran Bretagna e degli Stati Uniti.
Questo, nonostante l'ancora basso livello della spesa pubblica, reduce da anni di
austerity imposta dalla Troika (Unione Europea, Banca Centrale Europea, Fondo
Monetario Internazionale) come condizione per ricevere il programma di
salvataggio. Non solo: sembra che la deflazione non sia una minaccia per il Paese,
visto che a febbraio i prezzi al consumo sono saliti dello 0,6% dopo il tonfo dello
0,8% di gennaio, anche se il crollo delle quotazioni energetiche ha influito
notevolmente sull'inflazione.
Russia
L'attività manifatturiera russa continua a ridursi, ma a un ritmo più lento
rispetto al mese precedente. L'indice del settore servizi PMI, a cura di Markit,
è sceso a febbraio a 41,3 punti contro i 43,9 punti del mese precedente,
registrando così la discesa più rapida dal marzo 2009. L'indicatore sotto i 50
punti, che fa da spartiacque tra crescita e contrazione, segnala un calo
dell'attività per il decimo mese consecutivo. Nell'ultimo scorcio del 2014
l’economia russa si è contratta registrando una flessione dello 0,1% rispetto
ai tre mesi precedenti.
Polonia
Accelera l'economia della Polonia. Il paese, ormai ex cenerentola d'Europa, ha
visto crescere il Prodotto Interno Lordo del 3,3% nell'anno che si è da poco
concluso rispetto al +1,7% di un anno prima. Il dato annunciato dall'Ufficio
centrale di statistica è in linea con le aspettative di consensus.
L'economia più grande dell'Europa centrale è dunque rimbalzata rispetto al 2013,
grazie soprattutto al robusto aumento della domanda interna, cresciuta del 4,6%
su base annuale (+0,2% nel 2013), spinta dalla ripresa dei consumi privati (+3%) e
dall'aumento degli investimenti (+9,4%).
55
Va ricordato che la Polonia è l'unico paese dell'Unione europea a non essere mai
andato in recessione dopo la crisi finanziaria del 2008.
Ucraina
L'economia dell'Ucraina si contrarrà dell'8% quest'anno. A prevederlo è la
Banca Mondiale che cita l'insurrezione filorussa zona orientale del Paese.
La World Bank ha così rivisto al ribasso la sua stima precedente prevedendo
anche una flessione nel 2015, dell'1%. Qimiao Fan, capo della delegazione in
Ucraina della Banca mondiale, presentando il nuovo rapporto sul Paese a Kiev, ha
affermato che "l'interruzione dell'attività economica ad est ha prodotto un calo
del Prodotto Interno Lordo peggiore del previsto". Solo "l'attuazione delle
riforme" consentirà a Kiev di superare la complicata situazione economica.
Lo scorso giugno l'istituto aveva pronosticato una contrazione del PIL ucraino del
5%.
Asia e Oceania
Australia
Secondo il FMI l’Australia avrà il maggiore balzo nel debito pubblico entro il
2020 tra le economie sviluppate, sottolineando che il governo non è riuscito a
risparmiare abbastanza durante il boom economico.
I dati però mostrano che il GDP peggiorerà rapidamente nei prossimi 5 anni.
Il debito aumenterà del 32%, raggiungendo il 22.4% del GDP entro il 2020, stima
IMF. L’aumento sarà 10 volte maggiore di quello previsto per USA nello stesso
periodo. La Grecia a causa dei sui problemi ridurrà il suo debito in proporzioni
simili all’aumento Australiano. Le critiche del FMI sulla gestione nei momenti di
boom sono esemplificati con quanto è successo quando l’aumento dei prezzi delle
materie prime ha permesso una massiccia riduzione delle tasse ed un aumento
della spesa invece che un risparmio.Per avere un sistema fiscale automaticamente
stabilizzante durante i rallentamenti economici i governi permettono al debito di
allargarsi per supportare la crescita economica evitando tasse e tagli e durante i
periodi di boom – come quello in Australia tra il 2003 e il 2011 – i governi
dovrebbero risparmiare per accrescere le riserve e prepararsi a superare futuri
periodi difficili, secondo il FMI.
Singapore
L'economia di Singapore è cresciuta ad un ritmo costante nel primo trimestre
del 2015, con l'aiuto dell'espansione nel settore delle costruzioni e il settore
dei servizi che hanno compensato il calo nella produzione. Nel primo trimestre
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dell’anno, l'economia del Paese è cresciuta del 2,1% su base annua, mentre è
rimasta stabile rispetto al trimestre precedente. Il dato, svelato dal Ministero
del Commercio e dell'Industria di Singapore, ha superato le stime degli
economisti che attendevano una crescita annua dell'1,7%.
Nello stesso periodo, il settore dei servizi cresciuto del 3,1% su base annua,
mentre è rimasto invariato rispetto al quarto trimestre dello scorso anno. Il
settore delle costruzioni ha ampliato la crescita del 3,3%. La manifattura, invece,
è scesa del 3,4%, ampliando un periodo di declino dopo il -1,3% del trimestre
precedente. "La contrazione è dovuta ad un calo della produzione in ingegneria dei
trasporti, dell'elettronica e della meccanica di precisione", spiega la nota dal
Ministero del Commercio e dell'Industria.
Korea
La Bank of Korea, ha rivisto al ribasso le proprie stime di crescita del Paese
e di inflazione, oscurando così le prospettive di una rapida ripresa per la
quarta potenza economica dell'Asia. L'istituto centrale della Corea del Sud,
citando la debolezza delle esportazioni e la domanda interna stagnante, ha
previsto che il Prodotto Interno Lordo crescerà, quest'anno, del 3,1% rispetto al
+3,4% delle precedenti previsioni. Stime che si confrontano con il +3,3% del PIL
nel 2014. Quanto all'inflazione è attesa crescere dello 0,9% nel 2015,
decisamente sotto l'1,9% delle stime precedenti. Confermati i tassi di interesse
all'1,75%, minimi storici, dopo il taglio registrato nel mese precedente.
Vietnam
Piazzato lungo una delle rotte marittime più importanti del mondo e con una
popolazione giovane e in crescita, il Vietnam, dopo anni di delusioni, è pronto
per un vero e proprio boom economico. Il denaro fatto arrivare dai big
dell’economia mondiale, come Samsung e Intel, sta dando Vietnam una seconda
vita alla tigre dell’economia asiatica. "Doi Moi", il piano di riforme economiche
iniziato nel 1986 che letteralmente vuol dire “porte aperte”, ha inaugurato una
serie di scatti di crescita economica superiore al 7% all’anno, scemati negli ultimi
anni dopo una serie di difficoltà venute in capo alle imprese di proprietà statale.
Secondo la società di revisione PricewaterhouseCoopers, il paese ha il potenziale
per diventare uno dei paesi a più rapida crescita economica nel mondo, per i
prossimi decenni. Peraltro, il Vietnam, non solo è la nazione asiatica sudorientale
che si pone come valida alternativa alle produzioni della vicina Cina, ma è anche
politicamente appetibile come destinazione per le imprese giapponesi, in cerca di
regioni ove incrementare i propri investimenti nella regione.
“E’ possibile che il Vietnam possa diventare l’economia a più rapida crescita in
Asia”, ha detto Vikram Nehru, partner nel Programma di Studi economici del sud
est asiatico presso il Carnegie Endowment di Washington. "Ci sono tutti gli
57
ingredienti per una rapida crescita economica, a patto che sappia affrontare le
sfide nel settore statale”.
India
Nell'anno fiscale 2015-2016 l'India potrebbe sorpassare la Cina diventando
la seconda potenza economica al mondo. Ne è quasi certo il Ministero delle
Finanze indiane che alla vigilia della diffusione del bilancio del Governo Modi, ha
pronosticato per il Paese un PIL in aumento tra l'8,1 e l'8,5% e dichiarato che nel
medio termine la crescita potrebbe essere a doppia cifra.
Se queste previsioni si rivelassero corrette, l'India sorpasserebbe la Cina (ferma
al 7%) per la prima volta dal 1990, e diventerebbe la Nazione con il maggior tasso
di espansione al mondo tra le economia di grandi dimensioni.
Da rilevare, tuttavia, che recentemente l'ufficio di statistica indiano ha mutato i
metodi di calcolo, cosa che ha portato ad ampie revisioni al rialzo. Nell'anno
fiscale al 31 marzo l'India dovrebbe aver collezionato un PIL in accelerazione del
7,4%, ma le stime precedenti indicavano un +5,5%.
Sempre in base a queste revisioni statistiche, la crescita dell'anno fiscale 20132014 è balzata al 6,9% dal precedente 4,7%.
58
Previsioni dei principali Istituti
(CE, FMI, OCSE, BCE)
59
Previsioni FMI aprile 2015
Word economic outlook
60
Previsioni della Commissione europea
Inverno 2015
61
FMI
Update gennaio 2015
62
Previsioni BCE dicenbre 2014
63
Ocse economic outlook novembre 2014
64
Previsioni Commissione europea autunno 2014
65
2. Economia Interna
Sommario
Fatturato e ordinativi. A febbraio il fatturato all'industria ha segnato un
aumento dello 0,4% rispetto al mese precedente, registrando incrementi sia sul
mercato interno (+0,2%), sia su quello estero (+0,6%). Il fatturato totale
diminuisce in termini tendenziali dello 0,9%, con cali dell'1,6% sul mercato interno
ed una crescita dello 0,8% su quello estero. Ancora più marcata la salita degli
ordinativi totali: il dato è cresciuto dello 0,8% congiunturale e del 2%
tendenziale.
Vendite del commercio fisso al dettaglio. Nuova battuta d'arresto per il
commercio tricolore dopo i timidi disegnali di ripresa visti a inizio anno.
L'ISTAT fa sapere che a febbraio l’indice destagionalizzato delle vendite al
dettaglio ha segnato una diminuzione dello 0,2% rispetto al mese precedente.
Questo peggioramento è dovuto al calo registrato sua dalle vendite di prodotti
alimentari (-0,2%) che da quelle di prodotti non alimentari (-0,1%).
Attività Produttiva. Secondo i dati Istat, la produzione industriale è
aumentata dello 0,6% rispetto al mese precedente (dato destagionalizzato),
portando la media del trimestre dicembre-febbraio a +0,4% rispetto al trimestre
precedente. La variazione tendenziale aggiustata per gli effetti del calendario
segna una diminuzione dello 0,2%.
Saldo commerciale. Secondo l'ultima rilevazione dell'ISTAT, a febbraio
l’avanzo commerciale è di 3,5 miliardi, in allungo rispetto ai 2,7 miliardi di
febbraio 2014, mentre al netto dell’energia, la bilancia risulta in attivo per 6,1
miliardi. Il dato risulta nettamente superiore alle attese degli analisti che
avevano previsto un surplus di 1,2 miliardi. A far da traino è stato l'export, che
ha fatto un balzo del 2,5%, mentre le importazioni sono salite dello 0,6%.
Prezzi al consumo. La deflazione persiste in Italia. Stando a quanto riporta
l'Istat, nel mese di marzo i prezzi al consumo sono scesi -0,1% su base
annua, come a febbraio. Su base mensile si è rilevato un aumento dello 0,1%. Il
dato ha confermato le stime preliminari. La stabilità della deflazione (-0,1%), si
legge nel documento dell'Istat, "è la sintesi del ridimensionamento del calo
tendenziale dei prezzi degli energetici non regolamentati (-9% da -12,8% di
febbraio) e del rallentamento della crescita su base annua dei prezzi dei servizi,
con particolare riguardo a quelli relativi ai trasporti (+0,5%, da +1,4% di
febbraio).
66
2.1 Indicatori di Economia reale
Pil reale IV° trim.2014
Nel quarto trimestre del 2014 il prodotto interno lordo (PIL), espresso in valori
concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e
destagionalizzato, ha registrato una variazione nulla rispetto al trimestre
precedente ed è diminuito dello 0,5% nei confronti del quarto trimestre del
2013.
La stima preliminare diffusa il 13 febbraio 2015 scorso aveva rilevato la stessa
variazione congiunturale e una diminuzione tendenziale dello 0,3%.
Il quarto trimestre del 2014 ha avuto due giornate lavorative in meno del
trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative rispetto al quarto
trimestre del 2013.
Nel 2014 il PIL corretto per gli effetti di calendario è diminuito dello 0,4%.
Si fa notare che il 2014 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al 2013.
La variazione acquisita per il 2015 è pari a -0,1%.
Rispetto al trimestre precedente i principali aggregati della domanda interna
registrano una lieve risalita, con una crescita dello 0,2% sia dei consumi finali
nazionali, sia degli investimenti fissi lordi. Anche importazioni ed esportazioni
sono aumentate, con incrementi rispettivamente dello 0,3% e dell'1,6%.
La domanda nazionale al netto delle scorte fornisce un contributo alla crescita del
PIL positivo per 0,2 punti percentuali; risultano nulli l'apporto dei consumi delle
famiglie residenti e delle Istituzioni sociali private (ISP) e quello degli
investimenti fissi lordi, mentre la spesa della Pubblica amministrazione (PA)
contribuisce per +0,1 punti. Un contributo positivo più ampio giunge dalla domanda
estera netta (+0,4 punti percentuali), mentre le scorte sottraggono 0,6 punti
percentuali alla variazione del PIL.
Fonte: Istat
67
Il valore aggiunto ha registrato variazioni negative nell'agricoltura (-4,4%),
nell'industria in senso stretto (-0,3%) e nelle costruzioni (-0,5%), mentre è
aumentato dello 0,2% nei servizi. Anche in termini tendenziali, si registrano cali
nell'agricoltura (-6,9%), nell'industria in senso stretto (-1,4%) e nelle costruzioni
(-3,2%) e un lieve incremento nei servizi (+0,2%).
Andamento del PIL in altri paesi
Facendo una comparazione con le altre nazioni, si ricorda che il PIL è aumentato in
termini congiunturali dello 0,7% negli Stati Uniti e dello 0,5% nel Regno Unito
mentre in termini tendenziali si è registrato un aumento del 2,5% negli Stati Uniti
e del 2,7% nel Regno Unito.
Previsioni
Nel secondo trimestre del 2015 il Pil crescerà ad un ritmo maggiore dello
0,1% già stimato per il primo trimestre, con risultati in linea alle previsioni
del Def. "Secondo il modello di previsione di breve termine dell'Istat,
l'andamento trimestrale del Pil italiano (corretto per gli effetti di calendario)
dovrebbe tornare a segnare un lieve incremento nel primo trimestre del 2015
(+0,1%), seguito da ritmi di crescita più intensi nel trimestre successivo", ha detto
Alleva. Il Def ha alzato a +0,7 da +0,6% la previsione di crescita del 2015 e
nel 2016 il Pil dovrebbe aumentare dell'1,4%.
Il Pil, ma l'economia e in particolare le esportazioni rischiano di essere
ridimensionate in caso di rafforzamento dell'euro, che per il momento è
schiacciato dal piano di Quantitative Easing della Bce.
Indicatore anticipatore
Fonte: Istat
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Anticipatori
PMI. L'attività del settore dei servizi in Italia è tornata ad espandersi a
marzo, dopo la stagnazione registrata il mese precedente, alimentando le speranze
di ripresa economica dopo un triennio di recessione.
E' quanto emerge
dall'indagine congiunturale Purchasing Managers' Index (Pmi), condotta da Markit
sulla base di un'indagine tra i direttori acquisto di settore. L'indice Pmi relativo al
terziario è salito a 51,6 da 50,0 di febbraio, quando si era attestato sulla soglia
spartiacque tra contrazione e crescita.
L'indice composito, sintesi di
manifattura e servizi e considerato un barometro dell'attività del settore
privato, è salito a 52,4 da 51,0 di febbraio, toccando il picco da otto mesi.
Fiducia dei consumatori. Secondo quanto comunicati dall'Istat, l’indice composito
del clima di fiducia dei consumatori, aumenta a 110,9 da 107,7 di febbraio
2015. Anche l’indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane mostra un
deciso miglioramento, salendo a 103 da 97,5 di febbraio. Per il clima di fiducia dei
consumatori la componente economica aumenta in misura più consistente (a 144,8
da 138,1) rispetto a quella personale, che passa a 99,7 da 98. I giudizi dei
consumatori sull’attuale situazione economica del Paese migliorano (-57 da -71 il
saldo) e in lieve aumento sono anche le attese future sull’economia (22 da 21). Il
saldo dei giudizi sulla dinamica dei prezzi al consumo negli ultimi 12 mesi mostra un
leggero miglioramento e quello delle attese per i prossimi 12 mesi conferma questa
tendenza. Migliorano anche le aspettative sulla disoccupazione (a -3 da 10).
Fiducia delle imprese. Riguardo le imprese, il miglioramento del clima di fiducia
coinvolge tutti i principali settori: manifattura, costruzioni, servizi di mercato e
commercio al dettaglio. Nelle imprese manifatturiere migliorano sia i giudizi sugli
ordini sia le attese di produzione. Nelle costruzioni migliorano sia i giudizi sugli
ordini e/o piani di costruzione, sia – seppur lievemente – le attese sull’occupazione.
Nelle imprese dei servizi migliorano i giudizi e le attese sugli ordini e le attese
sull’andamento dell’economia in generale. Nel commercio al dettaglio peggiorano i
giudizi sulle vendite correnti mentre migliorano le attese sulle vendite future.
CLI Ocse. Il leading indicator calcolato dall'Ocse per l'Italia evidenzia a
febbraio un nuovo progresso a 101,0 da 100,8 di gennaio. "In Italia e Francia,
i segnali di un positivo cambio di passo, giudicati provvisori a marzo, adesso
vengono confermati", si legge in una nota a cura dell'Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico. L'indicatore complessivo relativo all'intera
area euro passa a 100,7 da 100,6 di gennaio.
69
Elementi congiunturali
Fatturato e ordinativi
Dopo la frenata del mese scorso, l'industria torna a crescere, riprendendo
così il recupero avviato nell'ultimo scorcio del 2014. A febbraio il fatturato
all'industria ha segnato un aumento dello 0,4% rispetto al mese precedente,
registrando incrementi sia sul mercato interno (+0,2%), sia su quello estero
(+0,6%). Il fatturato totale diminuisce in termini tendenziali dello 0,9%, con cali
dell'1,6% sul mercato interno ed una crescita dello 0,8% su quello estero.
Ancora più marcata la salita degli ordinativi totali: il dato è cresciuto dello
0,8% congiunturale e del 2% tendenziale. L’incremento più rilevante si registra
nella fabbricazione di mezzi di trasporto (+14,4%), mentre la flessione maggiore si
osserva nella fabbricazione di prodotti chimici (-6,7%).
Fonte: Istat
Attività Produttiva
Produzione in ripresa a febbraio, grazie al contributo della raffinazione e
dell'auto, che hanno evidenziato una robusta accelerazione, superando anche le
stime formulate il mese scorso dall'ufficio studi Confindustria. Secondo i dati
Istat, la produzione industriale è aumentata dello 0,6% rispetto al mese
precedente (dato destagionalizzato), portando la media del trimestre dicembrefebbraio a +0,4% rispetto al trimestre precedente. La variazione tendenziale
aggiustata per gli effetti del calendario segna una diminuzione dello 0,2%.
Gran balzo del comparto energia, che segna un +3,6% a livello congiunturale ed un
+2,5% in termini tendenziali. Bene anche i beni strumentali, che crescono
dell'1,1% rispetto al mese precedente e del 2% su anno. Restano al palo i beni
intermedi (-0,4%mese -1,4% anno).
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Fonte: Istat
Vendite del commercio fisso al dettaglio
Nuova battuta d'arresto per il commercio tricolore dopo i timidi disegnali di
ripresa visti a inizio anno. L'ISTAT fa sapere che a febbraio l’indice
destagionalizzato delle vendite al dettaglio ha segnato una diminuzione dello 0,2%
rispetto al mese precedente. Questo peggioramento è dovuto al calo registrato
sua dalle vendite di prodotti alimentari (-0,2%) che da quelle di prodotti non
alimentari (-0,1%). Rispetto a febbraio 2014, l’indice grezzo del totale delle
vendite segna invece un lieve aumento dello 0,1%, frutto dell'incremento delle
vendite di prodotti alimentari (+0,5%), mentre quelle di prodotti non alimentari
sono risultate in peggioramento (-0,3%).
Immatricolazioni auto (motorizzazione)
La Motorizzazione ha immatricolato - nel mese di marzo 2015 – 161.303
autovetture, con una variazione di +15,06% rispetto a marzo 2014, durante il
quale ne furono immatricolate 140.189 (nel mese di febbraio 2015 sono state
invece immatricolate 135.110 autovetture, con una variazione di +13,56% rispetto a
febbraio 2014, durante il quale ne furono immatricolate 118.976).
Nello stesso periodo di marzo 2015 sono stati registrati 426.460 trasferimenti di
proprietà di auto usate, con una variazione di +16,43% rispetto a marzo 2014,
durante il quale ne furono registrati 366.276 (nel mese di febbraio 2015 sono stati
invece registrati 377.619 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una
variazione di +6,90% rispetto a febbraio 2014, durante il quale ne furono
registrati 353.242).
Nel mese di marzo 2015 il volume globale delle vendite (587.763 autovetture)
ha dunque interessato per il 27,44% auto nuove e per il 72,56% auto usate.
71
Retribuzioni orarie contrattuali
Secondo gli ultimi dati Istat, le retribuzioni contrattuali sono rimaste ferme a
marzo, pur confermando un aumento dell'1% rispetto al corrispondente periodo
del 2014. L'aumento delle retribuzioni nel settore privato (+1,5% tendenziale) è
stato controbilanciato al congelamento degli stipendi nel pubblico impiego, in piedi
dall'inizio della crisi economica.
Marzo segna ancore un record in termini di attesa di un rinnovo contrattuale.
Sempre secondo l'Istat c'erano 40 contratti, pari a 7,3 milioni di lavoratori,
in attesa di rinnovo (di cui 2,9 milioni nella PA). Alla fine di marzo la quota dei
dipendenti in attesa di rinnovo è del 56,9% nel totale dell’economia e del 44,4% nel
settore privato. L’attesa del rinnovo è lievitata ad oltre 3 anni (in media è ora di
39,3 mesi per l’insieme dei dipendenti e di 23,7 mesi per quelli del settore privato).
Indicatori di lavoro nelle grandi imprese
A dicembre 2014, rispetto al mese precedente, l'occupazione nelle grandi
imprese registra in termini destagionalizzati una diminuzione dello 0,2% al
lordo dei dipendenti in cassa integrazione guadagni (Cig) e un aumento dello
0,1% al netto dei dipendenti in Cig. Nel confronto con dicembre 2013
l'occupazione diminuisce dello 0,9% al lordo della Cig e dello 0,4% al netto dei
dipendenti in Cig.
L'incidenza delle ore di cassa integrazione guadagni utilizzate è pari a 24,8
ore ogni mille ore lavorate, in diminuzione di 8,5 ore ogni mille rispetto a
dicembre 2013.
La retribuzione lorda per ora lavorata (dati destagionalizzati) registra una
diminuzione dello 0,3% rispetto al mese precedente. In termini tendenziali
l'indice grezzo aumenta dell'1,1%. Rispetto a dicembre 2013 la retribuzione lorda
per dipendente e il costo del lavoro per dipendente (al netto dei dipendenti in
Cig) aumentano rispettivamente dell'1,0% e dello 0,7%. Considerando la sola
componente continuativa, la retribuzione lorda per dipendente diminuisce,
rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, dello 0,1%. Nella media annua del
2014 la retribuzione lorda per dipendente (al netto dei dipendenti in Cig)
aumenta, rispetto all'anno precedente, dello 0,8% mentre il costo del lavoro
cresce dello 0,7%.
72
La dinamica dei contratti di lavoro
In ripresa il mercato del lavoro, mentre il Jobs Act continua a fare passi
avanti verso il suo varo completo previsto tra maggio e giugno.
Secondo i dati comunicati dal ministero del Lavoro, nel mese di marzo il numero
di attivazioni di nuovi contratti di lavoro (al netto del lavoro domestico e
della pubblica amministrazione) è stato pari a 641.572 a fronte delle
549.273 cessazioni. Il saldo è attivo di oltre 92 mila unità dalle 61 mila del
pari periodo 2014.
Dei nuovi contratti 162.498 sono a tempo indeterminato, 381.234 sono contratti a
tempo determinato, 16.844 sono contratti di apprendistato, 36.460 sono
collaborazioni e 44.536 sono le forme di lavoro classificate nella voce "altro".
Da segnalare le trasformazioni di rapporti di lavoro a tempo determinato in
rapporti a tempo indeterminato, pari a 40.034 a fronte delle 22.116 nello stesso
periodo del 2014.
Occupati e disoccupati
Dopo i segnali positivi offerti fra dicembre e gennaio, il mercato del lavoro
torna ad impensierire l'Italia, in attesa che si esplichino gli effetti del Job
Act sui contratti e sulle assunzioni. A febbraio, il tasso di disoccupazione è
cresciuto al 12,7% dal 12,6% di gennaio e rispetto al 12,5% di un anno fa
(febbraio 2014). I disoccupati aumentano su base mensile dello 0,7% (+23 mila),
mentre nei dodici mesi il numero di disoccupati è cresciuto del 2,1% (+67 mila).
Tornano a calare gli occupati, che segnano una diminuzione dello 0,2% (-44 mila)
rispetto al mese precedente, pur confermando un aumento dello 0,4% (+93 mila)
rispetto a febbraio 2014. Il tasso di occupazione scende al 55,7%.
73
La vera piaga resta la disoccupazione giovanile, che torna a lievitare. Il tasso di
disoccupazione relativo alla fascia 15-24 anni fa un balzo di 1,3 punti al 42,6%,
anche se risulta ancora in calo rispetto al 43,4% di febbraio 2014.
Il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni mostra un lieve incremento (+0,1% su
mese), mentre il tasso di inattività si mantiene stabile al 36% contro il 36,4% di
febbraio 2014.
Indicatori di tensione
Cassa integrazione a picco a marzo, a causa della mancanza degli
stanziamenti, che ha colpito soprattutto gli interventi in deroga.
Secondo l'ultimo rapporto INPS, la cassa integrazione (CIG) ha subito un calo del
43,8% rispetto all'anno prima, con appena 61,6 milioni di ore autorizzate. Anche nel
confronto con il mese di febbraio i dati destagionalizzati evidenziano una
diminuzione, con una differenza pari a -5,9%, per il totale degli interventi di cassa
integrazione.
Più in dettaglio, la cassa integrazione ordinaria (CIGO) ha segnato un calo del
17,8% a 22,6 milioni di ore, con una flessione pari al 15,2% nel settore Industria
e al 23,5% nel settore Edilizia.
La cassa integrazione straordinaria (CIGS) ha segnato un calo del 31,4% a
36,5 milioni di ore.
Infine la cassa in deroga (CIGD) ha visto crollare le ore autorizzate del
91,2% a 2,6 milioni dai 29,1 milioni dello stesso mese del 2014.
Occupati e disoccupati IV trim.2014
Nel quarto trimestre 2014 continua la crescita del numero di occupati su base
annua (+0,7%, pari a 156.000 unità). L'incremento si registra in tutte le
ripartizioni geografiche ma con diversa intensità. Al più marcato aumento nel Nord
(+0,7%, pari a 84.000 unità) e nel Centro (+1,2%, pari a 56.000 occupati) si associa
quello contenuto nel Mezzogiorno (+0,3%, pari a 16.000 unità). La crescita riguarda
entrambe le componenti di genere, in particolar modo le donne (+1,0%, pari a
91.000 unità). Al lieve calo degli occupati nella classe di età 15-34 anni e a quello
più intenso per i 35-49enni (-0,2% e -2,3%, rispettivamente), continua a
contrapporsi la crescita di coloro con almeno 50 anni (+5,8%).
L'aumento dell'occupazione riguarda sia gli italiani (+44.000 unità) sia gli
stranieri (+113.000 unità). In confronto al quarto trimestre 2013, il tasso di
occupazione degli italiani aumenta di 0,3 punti percentuali e quello degli stranieri di
0,2 punti.
Nell'industria in senso stretto prosegue, a ritmi meno sostenuti dei due
precedenti trimestri, la crescita tendenziale dell'occupazione (+0,6%, pari a
28.000 unità) mentre si accentua la contrazione di occupati nelle costruzioni
74
(-7,0%, pari a -109.000 unità); nei servizi l'occupazione presenta
l'incremento maggiore (+1,2%, pari a 180.000 unità).
Gli occupati a tempo pieno segnalano un primo modesto aumento tendenziale
(+0,2%, pari a 28.000 unità nel quarto trimestre 2014). Gli occupati a tempo
parziale continuano, invece, ad aumentare a ritmo sostenuto (+3,2%, pari a 128.000
unità), ma la crescita interessa soprattutto il part time involontario, che riguarda il
64,1% dei lavoratori a tempo parziale (era il 62,1% un anno prima).
Per il terzo trimestre consecutivo e con maggiore intensità prosegue la crescita
dei dipendenti a termine (+6,6%, pari a 145.000 unità nel raffronto tendenziale) e
quella dei collaboratori (+8,9%, pari a 31.000 unità).
Nel quarto trimestre 2014 il numero dei disoccupati continua ad aumentare a
ritmi sostenuti (+6,5%, pari a 208.000 unità in un anno), coinvolgendo
soprattutto le donne e gli occupati che hanno perso il lavoro. L'incremento riguarda
tutte le ripartizioni, in particolare il Centro e il Mezzogiorno. Il 60,3% dei
disoccupati cerca lavoro da un anno o più (57,9% nel quarto trimestre 2013).
Il tasso di disoccupazione è pari al 13,3%, in crescita di 0,6 punti percentuali
su base annua; l'indicatore si attesta al 12,2% per gli uomini e al 14,7% per le
donne. Rimangono elevati i divari territoriali, con l'indicatore pari al 9,1% nel Nord
(+0,2 punti percentuali), al 12,2% nel Centro (+1,2 punti) e al 21,2% nel
Mezzogiorno (+0,8 punti).
Prosegue la forte diminuzione del numero degli inattivi di 15-64 anni (-2,6%, pari a
-363.000 unità). Alimentato per oltre due terzi dei casi dalle donne, il calo
interessa soprattutto i 55-64enni e i 15-34enni. Il tasso di inattività scende al
35,3% (-0,9 punti percentuali).
Prezzi all’importazione dei prodotti industriali
Nel mese di febbraio 2015 l'indice dei prezzi all'importazione dei prodotti
industriali aumenta dell'1,6% rispetto al mese precedente e diminuisce del
4,7% nei confronti di febbraio 2014. Al netto del comparto energetico l'indice
aumenta dello 0,2% rispetto al mese precedente e dello 0,4% in termini
tendenziali. I prezzi dei beni importati presentano, rispetto al mese precedente,
variazioni positive dello 0,1% per l'area euro e del 2,8% per l'area non euro. In
termini tendenziali si registrano diminuzioni dello 0,4% per l'area euro e del 7,8%
per quella non euro.
Prezzi alla produzione
Dalle ultime rilevazioni ISTAT emerge che a febbraio i prezzi alla produzione
sono saliti dello 0,5% rispetto al mese precedente mentre sono scesi del
2,6% rispetto a febbraio del 2014. I prezzi dei prodotti venduti sul mercato
interno aumentano dello 0,5% rispetto a gennaio e diminuiscono del 3,3% su base
75
tendenziale. Al netto del comparto energetico si registra una diminuzione dello
0,1% in termini congiunturali e un aumento dello 0,1% su base tendenziale.
Fonte: Istat
I prezzi dei beni venduti sul mercato estero segnano un aumento dello 0,5% sul
mese precedente (con variazioni positive dello 0,4% per l’area euro e dello 0,7%
per quella non euro). In termini tendenziali si registra un calo dello 0,4% (con pari
diminuzioni per entrambe le zone). Il contributo maggiore al calo tendenziale dei
prezzi dei beni venduti sul mercato interno proviene dal comparto energetico (3,3 punti percentuali). Anche sul mercato estero i contributi negativi più rilevanti
derivano dell’energia sia per l’area euro che per quella non euro (rispettivamente 0,6 e -0,8 punti percentuali).
Prezzi al consumo
La deflazione persiste in Italia. Stando a quanto riporta l'Istat, nel mese di
marzo i prezzi al consumo sono scesi -0,1% su base annua, come a febbraio.
Su base mensile si è rilevato un aumento dello 0,1%. Il dato ha confermato le
stime preliminari. La stabilità della deflazione (-0,1%), si legge nel documento
dell'Istat, "è la sintesi del ridimensionamento del calo tendenziale dei prezzi degli
energetici non regolamentati (-9% da -12,8% di febbraio) e del rallentamento della
crescita su base annua dei prezzi dei servizi, con particolare riguardo a quelli
relativi ai trasporti (+0,5%, da +1,4% di febbraio). Al netto degli alimentari non
lavorati e dei beni energetici l'inflazione di fondo scende a +0,4% (da +0,6% di
febbraio); al netto dei soli beni energetici si porta a +0,6% (era +0,7% il mese
prima)".
La performance su base mensile, che è invece al rialzo, è dovuta soprattutto "al
sensibile aumento dei prezzi degli energetici non regolamentati (+3,9%), per
effetto dei marcati rialzi dei carburanti; a contenere l'aumento è la diminuzione
76
dei prezzi dei vegetali freschi (-3,1%)". L'inflazione acquisita per il 2015 è pari a 0,1% (era -0,2% a febbraio).
Fonte: Istat
L'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,3% su base
mensile e fa registrare una ripresa della crescita su base annua (+0,1%, da 0,5% di gennaio), confermando la stima preliminare.
Rapporti con l’estero (UE+Extra-UE)
Secondo l'ultima rilevazione dell'ISTAT, a febbraio l’avanzo commerciale è di
3,5 miliardi, in allungo rispetto ai 2,7 miliardi di febbraio 2014, mentre al
netto dell’energia, la bilancia risulta in attivo per 6,1 miliardi. Il dato risulta
nettamente superiore alle attese degli analisti che avevano previsto un surplus di
1,2 miliardi. A far da traino è stato l'export, che ha fatto un balzo del 2,5%,
mentre le importazioni sono salite dello 0,6%.
Nel dettaglio, l’incremento dell’export è stato determinato da una crescita delle
vendite particolarmente sostenuta verso i mercati extra UE, a fronte di un
incremento più limitato verso l’area UE. I beni più ambiti sono stati quelli
strumentali (+7,6%), seguiti dai beni di consumo durevoli e dai prodotti energetici.
Tra i Paesi che più hanno contribuito all'aumento delle esportazioni vi sono gli
Stati Uniti con un boom di richieste del 48,5%.
Paesi Extra-Ue
Resta forte l'export italiano con i Paesi terzi (extra UE), il cui interscambio
fa lievitare il surplus commerciale a 3,58 miliardi di euro a marzo dai 2,7
77
miliardi dello stesso mese del 2014. Il surplus nell'interscambio di prodotti non
energetici è pari a 6,2 miliardi, rispetto ai 5,9 miliardi di marzo 2014.
Entrambi i flussi commerciali sono in espansione rispetto al mese precedente, con
un incremento più marcato per le importazioni (+4,8%) che per le esportazioni
(+2,2%). E' sempre l'energia a sostenere le dinamiche commerciali, sia in termini di
import (acquisti di energia +7,7%) sia di export (componente energia +19,1%).
La dinamica tendenziale evidenzia un balzo dell'export (+13,2%), cui ha dato un
grosso contributo l’export di mezzi di navigazione marittima (+2,3 punti
percentuali). Quanto alle importazioni si registra un incremento tendenziale del
9%. Al netto della componente energetica (-15,7%), la crescita degli acquisti dai
paesi extra Ue è più ampia (+20,5%) e diffusa a tutti i comparti. Ancora una
performance positiva per la bilancia commerciale italiana verso il resto del mondo.
Bilancia dei pagamenti
Partite correnti
La componente corrente della bilancia dei pagamenti mostra un attivo a
novembre 2014 di 3.482 ml di euro, (nov.2014: 2.990). La componente capitale
è positiva per 851 ml. (nov. ’14: 844 ml).
Il cumulato gen/nov.’14 è positivo rispettivamente per 27.710 ml (gen/nov
2013: 15.282 ml.) e 2.272 ml. (751 ml).
Partite finanziarie
La componente finanziaria evidenzia un positivo di 9.907 ml di euro (nov.’14
190 ml.).Nell’ambito dell’ aggregato le riserve ufficiali segnalano un negativo
di 231 ml (nov.’14:140ml).
Il cumulato gen/nov.’14 è positivo per 44.232 ml (gen/nov 2013: 12.674 ml.).
Le riserve ufficiali evidenziano una crescita (base monetaria) di 530 ml.
(gen/nov.’13 distruzione di moneta per 1.437 ml.)
Errori ed omissioni
Il dato, compensativo della somma algebrica degli altri due, è positivo per
5.574 ml di euro.
Il cumulato gen/nov.2014 segnala 14.250 ml.(gen/nov’13: -3.359).
78
Bilancia dei pagamenti
ml di euro
Fonte: Banca d’Italia
79
2.2 Indicatori finanziari
Fabbisogno del settore statale (dati MEF)
(Il saldo del Settore Statale è un dato di cassa, che tiene conto anche delle variazione presso la Tesoreria
dello Stato delle disponibilità dell’UE (passività dello Stato secondo le regole del SEC 95) e delle giacenze
dei correnti postali intestati a Poste S.p.A e ad altri soggetti privati. E’ un aggregato più ristretto rispetto
a quello della Pubblica Amministrazione definito dai criteri della contabilità europea. Il saldo del settore
statale, pertanto, non è rilevante ai fini della verifica del rispetto dei parametri europei, mentre lo è
l’indebitamento netto elaborato dall’Istat).
Cala il fabbisogno del settore statale a febbraio, attestandosi in via definitiva a
7,1 miliardi di euro, rispetto ai 7,2 miliardi di euro indicati nella stima
preliminare. Lo rivela il Ministero dell'Economia, segnalando che lo sbilanciamento di
cassa si conferma così nettamente inferiore a quello di 12,77 miliardi del febbraio
2014. Le entrate sono state pari a 31,6 miliardi, grazie soprattutto agli incassi INAIL,
mentre le spese sono state pari a 38,7 miliardi, per effetto della minor spesa per
interessi pari a 8,3 miliardi.
Nei primi due mesi dell’anno in corso, invece, il fabbisogno si è attestato a circa
3,600 miliardi, con una riduzione di circa 8,6 miliardi rispetto al dato registrato
nel primo bimestre dello scorso anno.
Questo risultato, spiegano da Via XX Settembre, è ascrivibile a un miglioramento degli
incassi fiscali rispetto al febbraio 2014, quando la prima rata del versamento dei premi
assicurativi INAIL era slittata al mese di maggio.
Nel confronto con lo stesso mese dell’anno precedente si segnalano, inoltre, minori
pagamenti per interessi sul debito pubblico e il riversamento su conti di Tesoreria
delle disponibilità liquide detenute dalle Camere di Commercio ai sensi della Legge di
Stabilità 2015.
Fabbisogno del settore statale
(dati provvisori, fonte MEF)
80
2014
( md.euro)
2015
( md.euro)
Gen.
Gen.
12.2
3.6
Dati di sintesi di copertura del settore statale nel mese di febbraio 2015
(fonte: MEF)
(1) La copertura del saldo di cassa del Settore Statale indica il reperimento (+) o
l’accumulazione (-) di risorse finanziarie nette conseguenti al fabbisogno o alla
disponibilità registrate dal lato della formazione. E’ data dalla differenza tra le
operazioni di accensione e rimborso prestiti dello Stato, dalla variazione delle
giacenze sui conti correnti presso la tesoreria statale intestati a soggetti
esterni alla Pubblica Amministrazione, al netto della variazione del conto
disponibilità e di altre partite minori.
(2) Comprendono la raccolta postale e la variazione del conto di disponibilità.
A fronte di un del fabbisogno stimato a dicembre in 7.101 ml di euro, il
Tesoro ha:
- rimborsato titoli a breve per 456 ml di euro;
- emesso titoli a medio-lungo per 559 ml. di euro;
- emesso prestiti esteri per 5.595 ml di euro.
Per un totale di 5.698 ml di euro.
81
La differenza tra il fabbisogno e le operazioni in titoli è stata coperta dal
conto di disponibilità per 1.403 ml di euro.
Entrate tributarie
Andamento delle entrate tributarie
Nei primi due mesi dell'anno le entrate tributarie sono calate rispetto allo scorso
anno, ma si registra una vera e propria impennata delle entrate derivanti dalla
lotta all'evasione, che hanno fruttato un terzo in più rispetto allo scorso
anno. Lo rivela il consueto rapporto del Ministero dell'economia, secondo il quale
le entrate tributarie hanno superato di poco i 61 miliardi di euro con una lieve
riduzione dello 0,8% rispetto al 2014.
Le imposte dirette hanno registrato un gettito di circa 37,2 miliardi di euro,
con una crescita dell’1,9%, sebbene l'IRPEF sia rimasto sostanzialmente stabile
(-0,1%): gli effetti delle ritenute sugli stipendi nel settore privato (+2,3%) sono
state compensate dal calo di quelle del pubblico impiego (-2,6%).
Le imposte indirette segnano un decremento del 4,7% a 23,8 miliardi, con un
gettito IVA che mostra un calo del 5,6%.
Le entrate relative ai giochi registrano un calo dello 0,8%.
Elemento positivo sono le entrate da accertamento e controllo, valer a dire
quelle rivenienti dal contrasto all'evasione, che registrano un vero boom (+32,6%)
rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Banca d’Italia: Entrate contabilizzate in bilancio
(I dati pubblicati dall’Istituto riguardano i flussi delle entrate tributarie, rilevati al
momento della contabilizzazione in bilancio, non contestuale al versamento. Avvenendo in
tempi diversi i dati contabilizzati e quelli di cassa possono non coincidere ).
Nel primo bimestre, "le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato
sono rimaste sostanzialmente invariate rispetto allo stesso periodo del 2014 (58
miliardi)".
Debito delle Amministrazioni Pubbliche
Nuovo record assoluto per il debito pubblico italiano che a febbraio, stando alle
rilevazioni di Bankitalia, è balzato +3,3 miliardi rispetto a gennaio, al massimo
assoluto di 2.169,2 miliardi.
82
Bankitalia, nel suo bollettino statistico, ha scritto che l'incremento "è stato
inferiore al fabbisogno del mese grazie alla diminuzione di 3,6 miliardi delle
disponibilità liquide del Tesoro (pari a fine febbraio a 79,1 miliardi) e all'effetto
complessivo dell'emissione di titoli sopra la pari, del deprezzamento dell'euro e
della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione (1,2 miliardi)".
"Il fabbisogno (e conseguentemente l'aumento del debito) è stato contenuto dal
parziale rimborso (2,1 miliardi) dei prestiti concessi alla Grecia ed erogati per il
tramite dell'Efsf. Si tratta di un rimborso non programmato, connesso con risorse
(finalizzate a interventi a favore del settore finanziario in Grecia) finora non
utilizzate e che sono state temporaneamente riattribuite ai paesi contribuenti".
Il debito delle amministrazioni centrali è salito di 3,7 miliardi, quello delle
amministrazioni locali è sceso di 0,4 miliardi e quello degli enti di previdenza è
rimasto sostanzialmente invariato.
Finanziamenti al settore privato
Qualcosa si muove nel settore creditizio italiano, anche se il peggioramento
della raccolta bancaria e il record di sofferenze segnalano ancora tempo
incerto per le banche.
Per quanto riguarda l'erogazione del credito, dall'ultimo rapporto mensile
dell'Associazione Bancaria Italiana (ABI) emerge che a marzo il totale dei
finanziamenti a famiglie e imprese ha presentato una variazione annua di 0,9%, in miglioramento rispetto al -1,5% di e al -4,5% di novembre 2013, quando
aveva raggiunto il picco negativo degli impieghi. Pur negativo, il dato è il miglior
risultato da maggio 2012.
Anche i nuovi mutui per l'acquisto di immobili hanno conosciuto un vero e proprio
boom:+42% nel trimestre dicembre 2014-febbraio 2015.
Da segnalare anche il proseguimento della discesa dei tassi d'interesse praticati
dalle banche sui mutui. A marzo il tasso medio sulle nuove operazioni per
l'acquisto di abitazioni si è attestato al 2,70% (era al 2,76% il mese precedente),
segnando il valore più basso da ottobre 2010.
Meno brillante il panorama delle banche. A marzo l'andamento della raccolta
bancaria complessiva ha registrato una diminuzione di circa 24,3 miliardi
rispetto a un anno prima, manifestando una variazione su base annua di -1,4%, in
peggioramento rispetto al -1,2% di febbraio a causa della dinamica negativa della
raccolta a medio e lungo termine.
I depositi, invece, sono aumentati di 43,8 miliardi rispetto all'anno precedente
(+3,6% su base annua).
83
Le sofferenze bancarie, infine, hanno toccato un nuovo record raggiungendo a
febbraio quota 187,25 miliardi di euro, in aumento di 1,8 miliardi rispetto al mese
precedente e di oltre 25 miliardi rispetto a febbraio 2014.
Il rapporto sofferenze lorde su impieghi è salito al 9,8% a febbraio (era all'8,5%
un anno prima e ben al 2,8% a fine 2007), valore che raggiunge il 16,5% per i
piccoli operatori economici (14,4% a febbraio 2014), il 16,5% per le imprese
(13,7% un anno prima) e il 7,1% per le famiglie (6,4% a febbraio 2014).
In diminuzione invece le sofferenze nette che sono passate da 81,3 miliardi di
gennaio a 79,3 miliardi di febbraio. Il rapporto sofferenze nette su impieghi
totali è risultato pari al 4,38% a febbraio dal 4,5% del mese precedente.
84
2.3 Previsioni
Banca d’Italia
Il commercio mondiale si rafforza ma il quadro geopolitico resta incerto.
L’attività economica si consolida negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Giappone,
mentre si indebolisce in alcune economie emergenti. Per il 2015 è attesa una lieve
accelerazione del commercio mondiale. Il prezzo del petrolio, pur leggermente
risalito dai minimi toccati a metà gennaio, rimane basso anche in prospettiva.
L’incertezza riguardo alla situazione della Grecia e ai conflitti in Ucraina, in Libia
e in Medio Oriente resta elevata, anche se non si è finora riflessa sulle condizioni
dei mercati finanziari internazionali.
Si sono avviati gli acquisti di titoli pubblici da parte dell’Eurosistema…
È stato ampliato ai titoli pubblici il programma di acquisto dell’Eurosistema. Si
prevedono complessivamente acquisti per 60 miliardi di euro al mese almeno sino
alla fine di settembre del 2016, e comunque fino a quando non si verifichi un
aggiustamento duraturo dell’inflazione nell’area coerente con l’obiettivo di
stabilità dei prezzi (un tasso di inflazione inferiore ma prossimo al 2 per cento
nel medio periodo). Il programma è volto a scongiurare i rischi di un prolungato
periodo di bassa inflazione; andrà portato avanti con decisione e pienamente
attuato.
…con effetti positivi sui mercati
Il programma ha già avuto effetti significativi sui mercati finanziari e valutari:
sulla scadenza decennale i rendimenti dei titoli di Stato hanno raggiunto un nuovo
minimo storico (0,6 per cento, nella media dell’area) e l’euro si è deprezzato (del
15 per cento nei confronti del dollaro dal novembre 2014). Le aspettative di
inflazione, in continua caduta fino all’inizio di gennaio, si sono stabilizzate e hanno
segnato un primo miglioramento.
Sono ancora in corso le trattative sull’aggiustamento macroeconomico in
Grecia
L’Eurogruppo si è espresso a favore della richiesta del governo greco di
un’ulteriore proroga per completare il programma macroeconomico di
aggiustamento, al quale sono condizionate misure di sostegno da parte delle
istituzioni europee. Tuttavia le trattative sono in corso da oltre un mese e
l’incertezza sul loro esito resta elevata. Il governo greco si è impegnato a
completare il processo di riforma, a rispettare gli impegni nei confronti dei
creditori e a garantire la sostenibilità del debito pubblico. Un programma
dettagliato delle misure da realizzare dovrebbe essere concordato entro aprile; il
raggiungimento di un accordo nei tempi stabiliti è nell’interesse comune.
In Italia sono emersi segnali più favorevoli, che devono ancora consolidarsi
85
In Italia si sono intensificati i segnali congiunturali favorevoli, anche se deve
ancora consolidarsi il riavvio del ciclo economico. Nell’ultimo trimestre del 2014,
pur a fronte di una stazionarietà del prodotto, i conti nazionali confermano
l’espansione dei consumi delle famiglie, l’accelerazione delle esportazioni e
segnalano una lieve ripresa dell’accumulazione di capitale, in particolare per
macchinari e mezzi di trasporto. Nei primi mesi dell’anno in corso l’andamento
dell’attività industriale è ancora incerto, ma si riscontra un netto miglioramento
della fiducia di famiglie e imprese.
Le prospettive dell’occupazione sarebbero in lieve miglioramento
Benché nel quarto trimestre il numero degli occupati sia leggermente diminuito,
risentendo del calo nelle costruzioni, nel bimestre gennaio-febbraio l’occupazione
si è stabilizzata; il tasso di disoccupazione si è lievemente ridotto riflettendo
tuttavia la minor partecipazione al mercato del lavoro. Nei più recenti sondaggi,
famiglie e imprese prefigurano per i prossimi mesi un lieve miglioramento delle
prospettive occupazionali, a cui potrebbero aver concorso gli sgravi contributivi
introdotti in gennaio e la disciplina prevista dal Jobs Act, in vigore da marzo.
La dinamica dei prezzi resta debole
Nei primi mesi del 2015 l’inflazione al consumo è stata pressoché nulla, per
effetto soprattutto di una dinamica negativa dei prezzi dei beni energetici e del
debole aumento delle componenti di fondo; dalle inchieste svolte presso le
imprese è emerso tuttavia qualche primo segnale positivo, connesso a valutazioni
di minore debolezza della domanda.
In Italia il programma di acquisto di titoli si è riflesso positivamente sui
mercati finanziari…
Nell’ambito del piano di acquisto dell’Eurosistema i titoli di Stato italiani che
saranno comprati dalla Banca d’Italia ammonteranno a circa 130 miliardi;
includendo le operazioni della BCE, gli acquisti complessivi di titoli pubblici del
nostro paese saranno pari a circa 150 miliardi. Le condizioni dei mercati finanziari
italiani sono migliorate sensibilmente già dall’annuncio, lo scorso 6 novembre,
dell’inizio dei lavori preparatori per il programma. Si sono ridotti i rendimenti dei
titoli di Stato, i premi per il rischio sul debito sovrano e privato e quelli sui credit
default swap delle maggiori banche. Il rendimento del BTP decennale è sceso di
1,2 punti percentuali, dal 2,5 all’1,3 per cento, tra l’annuncio dei lavori preparatori
per il piano e il suo avvio e, in seguito, è ri-masto appena al di sotto dell’1,3 per
cento. I corsi azionari hanno registrato marcati rialzi; la loro volatilità è
diminuita.
…e potrà fornire un impulso all’attività economica
L’ampliamento del programma di acquisto di titoli può imprimere un impulso
all’attività economica quantificabile, in base all’impatto sui tassi di interesse e sul
cambio, in oltre un punto percentuale di PIL nel biennio 2015-16. Nel complesso,
in uno scenario di piena attuazione del piano, la crescita del prodotto in Italia
potrebbe essere superiore allo 0,5 per cento quest’anno e attorno all’1,5 il
prossimo. A tali effetti se ne possono aggiungere altri, di non facile
86
quantificazione, qualora un aumento generalizzato dei prezzi delle attività, dovuto
al riequilibrio dei portafogli, fornisca ulteriori incentivi a consumi e investimenti.
Al prodotto contribuisce, per circa mezzo punto nel biennio, anche la riduzione
del prezzo del petrolio verificatasi dalla metà dell’anno scorso. Resta però
essenziale un consolidamento della fiducia di famiglie e imprese.
Proseguono i segnali di miglioramento delle condizioni del credito
Le banche italiane stanno completando il recepimento nei bilanci dei risultati del
comprehensive assessment. Secondo i sondaggi le condizioni di offerta del
credito alle imprese sono ulteriormente migliorate, ma rimangono differenziate
per dimensione aziendale e settore di attività economica. I tassi attivi medi sono
scesi, benché restino superiori ai corrispondenti valori per l’area dell’euro; è
verosimile che si riducano ancora nei prossimi mesi per effetto del calo dei
rendimenti di mercato. Prosegue tuttavia la flessione dei finanziamenti alle
imprese; si è sostanzialmente arrestata quella dei prestiti alle famiglie. Le
banche italiane hanno fatto ampio ricorso alla terza operazione mirata di
rifinanziamento a più lungo termine, che può favorire l’espansione del credito
all’economia.
Il Governo ha presentato il DEF
Nel 2014, nonostante la contrazione del prodotto, l’indebitamento netto delle
Amministrazioni pubbliche è rimasto pressoché stabile, al 3,0 per cento del PIL.
Nei programmi del Governo presentati nel Documento di economia e finanza 2015
l’indebitamento netto scenderebbe al 2,6 per cento nel 2015 e all’1,8 nel 2016; al
netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum, di-minuirebbe
dallo 0,7 allo 0,5 quest’anno, allo 0,4 il prossimo e raggiungerebbe il pareggio nel
2017. Il rapporto tra debito e prodotto inizierebbe a ridursi dal 2016.
Al sostegno della domanda si devono accompagnare azioni mirate a innalzare
il potenziale di crescita
L’uscita dell’Italia dalla lunga recessione richiede misure incisive dal lato sia della
domanda sia dell’offerta. L’impulso fornito dalle politiche macroeconomiche si è
accentuato significativamente negli ultimi trimestri e ha creato i presupposti per
una ripresa della domanda interna, oltre a consolidare i benefici di quella estera.
Per sostenere la crescita nel medio termine e conseguire un aumento duraturo
dell’occupazione è però indispensabile un rilancio del prodotto potenziale. A tale
scopo è essenziale proseguire nell’azione di riforma: il miglioramento del contesto
normativo e delle condizioni per investire può incidere sulla capacità delle
imprese italiane di rispondere e adattarsi con successo ai cambiamenti strutturali
in atto nell’economia mondiale.
Confindustria
Le potenti spinte esterne ed il quadro economico internazionale in miglioramento
hanno innescato la ripresa italiana: la bilancia degli indicatori congiunturali
pende senza dubbio dal lato della risalita del PIL. Lo conferma Confindustria,
ricordando che questo ha spinto gli economisti a rivedere al rialzo le stime di
87
crescita nel 2015 a +0,7% e nel 2016 a +1,4% (per il Centro Studi Confindustria le
stime sono invece +0,5% e +1,1% nel biennio).
Il punto interrogativo rimane la velocità della ripresa, sottolinea il consueto
rapporto mensile dell'associazione imprenditoriale, ricordando che ordini,
aspettative e indici anticipatori segnalano un'accelerazione dalla primavera.
Permane dunque una certa prudenza, perché si tiene conto del fatto che l’Italia
soffriva di lenta crescita prima della crisi.
La stessa crisi - si sottolinea - ha azionato freni straordinari: alta
disoccupazione, credit crunch, ampia capacità inutilizzata, settore immobiliare
fragile, margini di profitto ai minimi e risparmio da ricostituire che intralciano la
ripartenza della domanda interna e delle attività produttive.
Confindustria torna poi ad esprimere un giudizio positivo sul DEF, con il quale
ritiene che il Governo possa attenuare l’impostazione restrittiva della politica di
bilancio. Sul fronte degli investimenti pubblici - aggiunge - si dovrebbero
utilizzare appieno i fondi europei e i margini di flessibilità per il loro
cofinanziamento.
DEF
Il quadro macroeconomico prefigurato nel DEF è in linea con quello prevalente tra
i principali previsori nazionali e internazionali. Lo scenario programmatico segna il
ritorno della crescita dopo un prolungato periodo di recessione. Per il 2015 si
riscontra un incremento del PIL pari allo 0,7 per cento, che si porterebbe all’1,4 e
all’1,5 per cento nel 2016 e 2017, rispettivamente. Rispetto al tendenziale la
crescita risulta lievemente più elevata, in particolare negli ultimi anni
dell’orizzonte previsivo; vi contribuiscono gli effetti della politica di bilancio
orientata alla crescita, unitamente a quelli delle riforme.
Vengono confermati gli obiettivi di indebitamento netto indicati lo scorso
autunno per il triennio 2015 2017 – rispettivamente pari a 2,6, 1,8 e 0,8
per cento del PIL. Si riduce la pressione fiscale, al netto della
classificazione contabile del bonus IRPEF 80 euro.
FMI
Il Fondo monetario internazionale ha fiducia nella ripresa economica
dell'Italia. Tanto da aver rialzato le stime sul Pil a un ritmo anche più
robusto di quanto abbia fatto per le previsioni sull'economia mondiale.
Stando a quanto reso noto nell'ultima edizione del World Economic Outlook, l'Fmi
prevede ora una crescita del prodotto interno lordo +0,5% nel 2015 e +1,1% nel
2016; si tratta di una revisione al rialzo che è stata rispettivamente +0,1% e
+0,3% rispetto alle stime rese note a gennaio.
L'istituzione di Washington prevede anche un miglioramento nel mercato del
lavoro. Si stima un tasso di disoccupazione, per il 2015, in calo al 12,6%, poi al
88
12,3% nel 2016. Surplus partire correnti atteso al 2,6% del Pil nel 2015 e 2,5%
nel 2016. Inflazione debole: crescita dei prezzi al consumo a zero quest'anno e
allo 0,8% nel 2016.
Tuttavia i problemi rimangono: "Tra i problemi che l'Italia sta ancora vivendo c'è
il settore bancario e la capacità delle banche di fornire credito". Lo ha detto
Olivier Blanchard, responsabile del dipartimento della ricerca dell'Fmi, nel corso
della conferenza stampa con cui sono state commentate le stime contenute nel
World Economic Outlook. Una capacità, quella delle banche italiane, che secondo
Blanchard "probabilmente è peggiore dei paesi citati" nella domanda, ovvero
Spagna, Germania, Francia.
Ocse
L'Ocse ha rivisto al rialzo le stime sulla crescita del Pil italiano. Ora prevede
un rialzo dello 0,6% nel 2015. Le stime precedenti erano per un progresso
del +0,2%. L'anno successivo l'economia italiana crescerà dell'1,3% rispetto
all'1% pronosticato quattro mesi fa.
L'organizzazione parigina rileva che le prospettive di crescita per le principali
economie mondiali sono migliorate rispetto alla previsioni del novembre scorso
anche se nel breve periodo la dinamica della crescita rimane moderata.
Al miglioramento ha contribuito, segnale l'Ocse, la politica della Bce con il
quantitative easing. L'Ocse rileva che "i bassi prezzi del petrolio e gli effetti del
quantitative easing costituiscono nuovi e positivi fattori di crescita per spiegare
la revisione al rialzo delle stime sulla crescita economica dell'area euro".
Tale quadro rappresenta e "un'opportunità per l'area euro di evitare un
prolungato periodo di stagnazione, mercati del lavoro deboli e inflazione troppo
bassa".
Prometeia
Il 2014 lascia un’eredità positiva al 2015, in termini di commercio e di prospettive
di crescita, anche se la ripresa mondiale rimane fragile ed eterogenea. Lo rivela
l'ultimo rapporto Prometeia, che preannuncia per l'Italia l'uscita dalla recessione.
In questo contesto, il crollo delle quotazioni petrolifere, le politiche monetarie
accomodanti e l'effetto cambio hanno avuto ed avranno impatti positivi sulla
crescita dell'Eurozona, stimati nello 0,5%.
Per l’Italia, dal QE si avranno benefici pari allo 0,6% del PIL, al netto dell’effetto
cambio. Gli investimenti saranno la voce su cui si manifesteranno maggiormente gli
impulsi espansivi, sia per la riduzione dei tassi di interesse sia per la maggiore
disponibilità di credito. Il piano comporterà un acquisto di titoli pubblici italiani di
circa 150 miliardi.
Prometeia conferma una crescita media nel 2015 dello 0,7% e indica una
crescita dello 0,2% nel primo trimestre dell’anno.
89
I tre effetti del QE, secondo l'istituto di analisti economica, saranno: la fine del
credit crunch (gli impieghi delle banche cresceranno sia verso le imprese per 20
miliardi sia verso le famiglie per 13 miliardi); una ripresa degli investimenti
favorita dalla riduzione dei tassi di interesse e dalla maggiore disponibilità di
credito; un ulteriore indebolimento del cambio dell’euro sul dollaro, con una
stabilizzazione in area 1,05 e 1,10.
Commissione europea
La Commissione europea conferma un contenuto ritorno alla crescita per il
2015 in Italia, con il Pil in aumento dello 0,6% dopo essere sceso dello 0,5%
nel 2014. L'atteso aumento del reddito reale a disposizione delle famiglie dovuto
al calo dei prezzi dell'energia si tradurrà solo parzialmente in un aumento dei
consumi" (quelli privati saliranno dello 0,5%). Per il 2016, Bruxelles ha migliorato
la stima di crescita, con un Pil a +1,3% contro l'1,1% previsto lo scorso novembre.
La crescita di 0,6% "è sostenuta dagli export e solo da un modesto miglioramento
della domanda interna. L'atteso aumento dei redditi delle famiglie dovuto al calo
dei prezzi dell'energia, si prevede che si traduca solo parzialmente in consumi più
elevati", scrive la Commissione. In realtà, spiega, "le condizioni del mercato del
lavoro restano povere e molte famiglie hanno bisogno di rimettere in sesto i
risparmi erosi durante la crisi". Un "possibile rinvio della domanda esterna resta il
maggior rischio al ribasso alle previsioni di crescita, mentre il successo
nell'attuazione delle riforme e nel piano Ue di investimenti rappresentano fattori
di rialzo delle prospettive".
Deficit italiano in calo a 2,6% nel 2015, grazie al calo della spesa per
interessi: la Ue rivede al ribasso le stime di novembre (2,7%), e per il 2014
prevede che si fermi al 3%. Nel 2016 scende a 2%. Secondo Bruxelles è l'effetto
spending, limitato però dalla spesa corrente che aumenta per le misure di
sostegno a disoccupati e famiglie. Lo sforzo dell'Italia sul deficit
strutturale sarà pari allo 0,25% del Pil nel 2015, indica la Commissione europea
nelle previsioni economiche invernali, spiegando che "il bilancio strutturale
migliorerà di un quarto di punto percentuale del Prodotto interno lordo nel 2015".
Debito italiano in leggero calo grazie a "crescita e avanzo primario": la Ue rivede
al ribasso la stima 2015 che si ferma a 133% invece del 133,8% previsto a
novembre. Il calo prosegue poi nel 2016, quando scenderà a 131,9%. Migliora
anche il deficit strutturale 2015: dallo 0,8% previsto a novembre, passa a 0,6%.
90
Previsioni dei principali Istituti
(MEF, Banca d’Italia, CE, FMI, OCSE, BCE)
91
DEF aprile 2015
PROSPETTIVE MACROECONOMICHE
Fonte: Documento di economia e finanza
92
Commissione europea inverno 2015
93
Nota di aggiornamento DEF ottobre 2014
94
DEF- Documento di economia e finanza
Aprile 2014
95
2.4 Evoluzione della Finanza Pubblica
Italia
Documento di economia e finanza 2015
Area euro
Consuntivo 2014
Previsioni 2015
96
Italia
DEF
Politica di bilancio
La politica di bilancio presentata nel Documento di Economia e Finanza per il 2015
è volta a :
i) sostenere la ripresa economica, in primo luogo evitando qualsiasi aumento
del prelievo fiscale, ma anche rilanciando gli investimenti – compresi
quelli nell’edilizia scolastica;
ii) collocare su un sentiero di riduzione il rapporto tra il debito pubblico e
il PIL, così rafforzando la fiducia dei mercati;
iii) irrobustire la fase di ripresa dell’economia, che porterà con se un deciso
recupero dell’occupazione nel prossimo triennio.
Il quadro macroeconomico prefigurato nel DEF è in linea con quello prevalente tra
i principali previsori nazionali e internazionali. Lo scenario programmatico segna il
ritorno della crescita dopo un prolungato periodo di recessione. Per il 2015 si
riscontra un incremento del PIL pari allo 0,7 per cento, che si porterebbe all’1,4 e
all’1,5 per cento nel 2016 e 2017, rispettivamente. Rispetto al tendenziale la
crescita risulta lievemente più elevata, in particolare negli ultimi anni
dell’orizzonte previsivo; vi contribuiscono gli effetti della politica di bilancio
orientata alla crescita, unitamente a quelli delle riforme.
Vengono confermati gli obiettivi di indebitamento netto indicati lo scorso
autunno per il triennio 2015 2017 – rispettivamente pari a 2,6, 1,8 e 0,8
per cento del PIL. Si riduce la pressione fiscale, al netto della
classificazione contabile del bonus IRPEF 80 euro.
97
INDICATORI DI FINANZA PUBBLICA (in percentuale del PIL)
CONTO ECONOMICO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
98
PREVISIONI DELLA SPESA PER PRESTAZIONI SOCIALI IN DENARO, 2014 - 2019
99
Area euro
Il disavanzo in Eurolandia è sceso al 2,4 in percentuale rispetto al Pil dal 2,9%
dell'anno prima. Il debito pubblico ha continuato a crescere attestandosi al
91,9% del Pil dal 90,9% del 2013, per un ammontare complessivo che ha
raggiunto quota 9,292 miliardi di euro.
In Italia nel 2014, l'indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche è
salito al 3% del PIL, rispetto al 2,9% registrato nel 2013. Lo ha comunicato
l'Eurostat nella sua prima notifica dei dati complessivi del 2014 annunciando inoltre
che il debito italiano è cresciuto al 132% del PIL rispetto al 128,5% dell'anno
precedente.
Il debito italiano è il secondo più alto della UE dopo quello greco al 177,1%.
Il saldo primario (indebitamento netto al netto della spesa per interessi) è risultato
positivo e pari all'1,6% del PIL, con una diminuzione di 0,3 punti percentuali rispetto
al 2013. La spesa per interessi che, secondo le nuove regole, non comprende più'
l'impatto delle operazioni di swap, è stata pari al 4,7% del PIL, in contrazione di 0,1
punti percentuali rispetto al 2013.
L'Italia, la terza economia del blocco a 19, ha riportato un valore di oltre il 40%
sopra la media nel 2014.
Fonte Eurostat
100
ANDAMENTO DEI CONTI PUBBLICI
Di seguito si descrivono i recenti andamenti di bilancio nelle maggiori
economie dell’area dell’euro e nei paesi che sono soggetti, o sono usciti da poco,
a un programma di aggiustamento dell’UE/FMI.
In Germania i dati di contabilità nazionale per il primo semestre del 2014
mostrano un avanzo pari a circa lo 0,6 per cento del PIL su base annua, in
aumento dello 0,2 rispetto allo stesso periodo del 2013, indicando un
superamento degli obiettivi di bilancio per quest’anno.
Secondo l’aggiornamento del programma di stabilità del 2014 e il progetto
riveduto di documento programmatico di bilancio dello scorso 8 aprile, gli
obiettivi del governo restano sostanzialmente invariati e contemplano un bilancio
in pareggio in termini nominali dal 2014 al 2016 e avanzi pari allo 0,5 per cento del
PIL nel 2017 e nel 2018. In termini strutturali, ci si attende un avanzo costante
dello 0,5 per cento del PIL, superiore all’obiettivo di bilancio a medio termine
(OMT) di un disavanzo strutturale pari allo 0,5 per cento del PIL. Per i prossimi
anni l’esecutivo tedesco prevede una cospicua diminuzione del rapporto
debito/PIL, tale da eccedere i requisiti del “freno al debito” nazionale, l’OMT del
paese e il parametro per la riduzione del debito fissato nel Patto di stabilità e
crescita.
In Francia i dati del bilancio statale in termini di cassa per i sei mesi fino a
giugno 2014 mostrano un disavanzo pari a circa il 3,0 per cento del PIL annuo; non
si osserva dunque alcun miglioramento rispetto al valore riferito allo stesso
periodo dello scorso anno. A seguito di una correzione al ribasso delle sue
proiezioni per la crescita economica, il governo francese ha indicato di
recente che l’obiettivo di disavanzo per il 2014 (3,8 per cento del PIL) verrà
ampiamente disatteso. Inoltre, sulla base della pianificazione attuale, ci si
attende un incremento cumulato del saldo strutturale decisamente inferiore al
requisito previsto nella raccomandazione della PDE di giugno 2013 (che prevede
un miglioramento strutturale di 2,9 punti percentuali). Considerando l’accresciuto
rischio che la scadenza del 2015 per la correzione del disavanzo eccessivo non
venga rispettata, e al fine di assicurare la piena ottemperanza agli obblighi del
Patto di stabilità e crescita, occorre varare ulteriori misure di risanamento nel
contesto del progetto di documento programmatico di bilancio per il 2015 che
sarà predisposto a breve.
In Spagna, il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (escluse quelle locali)
sulla base dei conti economici nazionali (PDE) nel periodo gennaio-maggio è
ammontato al 2,3 per cento del PIL annuo, in calo dal 2,7 per cento dello stesso
periodo del 2013 (o dal 2,5 per cento, al netto degli effetti del sostegno alle
istituzioni finanziarie). Alla fine di giugno il debito delle amministrazioni
101
pubbliche risultava pari al 96,8 per cento del PIL su base annua, in rialzo dal
93,9 per cento di fine 2013. Nella seconda metà di giugno il governo ha definito
gli elementi essenziali della riforma fiscale, tesa, fra le altre cose, a semplificare
e ridurre le aliquote della tassazione sui redditi delle persone fisiche e delle
società. L’intervento si prefigge di stimolare la crescita e l’occupazione, ma
potrebbe verosimilmente causare un calo netto delle entrate. Nel contesto di
una ripresa dell’attività economica superiore alle attese, appaiono conseguibili
l’obiettivo di disavanzo previsto dalla PDE per l’anno in corso (5,8 per cento
del PIL) e persino il più ambizioso obiettivo di disavanzo del governo (5,5 per
cento del PIL). Sembra invece più difficile, alla luce della riforma fiscale e di
unastabilizzazione della spesa, che vengano rispettati gli obiettivi di disavanzo
indicati dalla PDE per il 2015 (4,2 per cento del PIL) e per il 2016 (2,8 per cento
del PIL).
In Grecia, i dati più recenti indicano la realizzabilità dell’obiettivo di avanzo
primario, fissato nel programma per il 2014 all’1,5 per cento del PIL. I rischi per
le prospettive di finanza pubblica nel breve periodo derivano dall’ incertezza
circa gli effetti delle ampie riforme dell’imposizione sul reddito entrate in vigore
quest’anno, nonché da pronunce giudiziali avverse su riduzioni di salari e pensioni
varate in precedenza per talune professioni e dalla complessa situazione
finanziaria del settore sanitario. Per gli anni successivi al 2014, si evidenziano
divari considerevoli rispetto ai più ambiziosi obiettivi di avanzo primario
prospettati per il 2015 (3,0 per cento del PIL) e per il 2016 (4,5 per cento
del PIL). Sarà necessario vagliare le possibili soluzioni al problema nel quadro
della predisposizione del bilancio per il 2015 e del prossimo riesame del
programma, previsto per questo autunno.
A Cipro, dai dati di cassa per le amministrazioni pubbliche emerge un avanzo
primario dell’1,1 per cento del PIL annuo nel primo semestre. Secondo la quinta
missione di valutazione del programma di aggiustamento dell’UE/FMI, svoltasi a
luglio, gli obiettivi di finanza pubblica per il primo semestre dell’anno sono stati
ampiamente raggiunti a seguito di un’esecuzione prudente del bilancio che, se
protratta per tutto il resto dell’anno, consentirebbe di rispettare
abbondantemente l’obiettivo di bilancio del 2014, pari all’1,6 per cento del PIL. Il
programma prevede per il 2016 un avanzo primario delle amministrazioni
pubbliche dell’1,2 per cento del PIL, conformemente alla scadenza, fissata dalla
PDE al 2016, per la riduzione del disavanzo di bilancio complessivo al di sotto del
2,8 per cento del PIL, nonché al requisito imposto dal programma di conseguire un
avanzo primario del 4 per cento del PIL entro il 2018, al fine di portare il debito
pubblico su un duraturo percorso discendente.
In Irlanda, i dati di cassa per i sette mesi fino a luglio segnalano un disavanzo
intorno al 3 per cento del PIL su base annua, in miglioramento di circa 0,5 punti
102
percentuali rispetto al profilo di finanza pubblica e di 1,4 punti percentuali sullo
stesso periodo dello scorso anno. Tale evoluzione è stata trainata da entrate
superiori alle attese, specie sul fronte dell’IVA, e da un calo della spesa che ha
interessato in particolare il costo del servizio del debito; ha invece superato
l’obiettivo del governo il livello della spesa sanitaria, che resta pertanto una fonte
di rischio per i conti pubblici. Sulla base degli ultimi dati, sia l’obiettivo di
disavanzo delle amministrazioni pubbliche del 5,1 per cento del PIL connesso
con la PDE per il 2014 sia il più ambizioso obiettivo di bilancio del 4,8 per
cento del PIL sembrano ampiamente raggiungibili.
In Portogallo, i dati di cassa per il settore delle amministrazioni pubbliche
relativi al periodo gennaio-luglio indicano un disavanzo pari all’incirca al 3,5 per
cento del PIL su base annua, in peggioramento di 0,2 punti percentuali rispetto al
valore riferito allo stesso periodo dello scorso anno. Ci si attende che una serie di
sentenze della Corte Costituzionale emanate tra la fine di maggio e la metà di
agosto esercitino sul bilancio del 2014 un impatto avverso pari complessivamente
a circa lo 0,3 per cento del PIL. Dopo aver sancito lo scorso 30 maggio
l’incostituzionalità di alcuni interventi di risanamento, riguardanti perlopiù le
retribuzioni dei dipendenti pubblici, più di recente la Corte costituzionale
portoghese si è pronunciata a favore delle altre misure comprese nel bilancio del
2014; ha inoltre dichiarato costituzionale una riduzione salariale, prevista per il
biennio 2014-2015, che compensa in parte l’impatto della decisione di maggio.
Tuttavia, è stato giudicato incostituzionale un intervento in materia di pensioni
che sarebbe dovuto confluire nel bilancio del 2015. Le autorità portoghesi hanno
confermato l’impegno a individuare misure sostitutive che controbilancino gli
effetti dei provvedimenti giudiziali nel 2014 e nel 2015.
103
Fonte: BCE
104
Previsioni
(Ministero dell’Economia e delle Finanze, Istat, Commissione
europea)
105
Italia
Commissione europea inverno 2015
106
DEF 2015
107
Aggiornamento DEF settembre 2014
108
DEF- documento di economia e finanza
Aprile 2014
109
Eurozona
Commissione europea inverno 2015
110
Commissione europea inverno 2015
111
Stime esperti BCE, giugno 2014
112
2.5
Politica delle Riforme
Consiglio dei Ministri n.60
FISCO E CONTRIBUENTI – TRE DECRETI ATTUATIVI
DELLA RIFORMA FISCALE
Consiglio dei Ministri n.56
DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2015
113
Consiglio dei Ministri n.60
FISCO E CONTRIBUENTI – TRE DECRETI ATTUATIVI
FISCALE
DELLA RIFORMA
Il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, tre decreti attuativi
della riforma fiscale (legge delega n. 23 del 2014) che ora passano alle Camere
per il prescritto parere. Si tratta:
- del decreto legislativo sulla trasmissione telematica delle operazioni IVA e di
controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori elettronici
(fatturazione elettronica);
- del decreto concernente misure per la crescita e l’internazionalizzazione
delle imprese;
- del decreto recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra
fisco e contribuente.
1. Decreto legislativo di trasmissione telematica delle operazioni IVA e di
controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori
elettronici (fatturazione elettronica)
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente, Matteo Renzi, e del Ministro
dell’Economia e delle Finanze, Pietro Carlo Padoan, ha approvato, in via
preliminare, il decreto legislativo che introduce misure volte ad incentivare,
mediante la riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei
contribuenti, l’utilizzo della fatturazione elettronica e la trasmissione telematica
dei corrispettivi, nonché di adeguati meccanismi di riscontro tra la
documentazione in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA) e le transazioni
effettuate, potenziando i relativi sistemi di tracciabilità dei pagamenti, nonché a
prevedere specifici strumenti di controllo relativamente alle cessioni di beni
effettuate attraverso distributori automatici.
La misura si rivolge a tutti i soggetti passivi Iva e introduce incentivi, in termini
di riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili, a vantaggio delle
imprese che la utilizzano. Il provvedimento è in linea con l’impostazione dell’Ocse,
secondo cui il fisco deve trasformarsi da verificatore ex post a soggetto che
facilita gli adempimenti fiscali sfruttando le leve della tecnologia.
L’utilizzo della fatturazione elettronica è facoltativo. Il decreto prevede, in via
opzionale, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’invio telematico all’Agenzia delle
Entrate di tutte le fatture emesse e ricevute. Si potrà quindi disporre di un lasso
di tempo congruo per predisporre l’infrastruttura tecnologica. Per agevolare le
imprese nell’uso del nuovo strumento telematico l’Agenzia delle Entrate renderà
114
disponibile gratuitamente, a decorrere dal 1° luglio 2016, il servizio base per la
predisposizione del file contenente i dati della fattura e il suo invio.
Le regole tecniche e i termini per la trasmissione telematica delle fatture
secondo principi di semplificazione, economicità e minimo aggravio per i
contribuenti sono definite con un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle
Entrate. Importanti novità riguardano anche le modalità nuove e semplificate per
i controlli fiscali (che saranno dettagliate con un decreto del Ministro
dell’Economia e delle Finanze). I controlli potranno essere effettuati, anche ‘da
remoto’,
riducendo così gli adempimenti dei contribuenti ed evitando di
ostacolare il normale svolgimento delle attività. Viene poi esclusa la duplicazione
nella richiesta di dati.
Per tutti i soggetti che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi
(essenzialmente il settore del commercio) è prevista la facoltà di trasmettere
telematicamente all’Agenzia delle Entrate i dati dei corrispettivi, in sostituzione
degli obblighi di registrazione. L’opzione ha effetto per cinque anni e si estende
di quinquennio in quinquennio. In sostanza si tratta del superamento dello
scontrino a fini fiscali. Resta comunque fermo l’obbligo di emissione della fattura
su richiesta del cliente (necessaria ad esempio per attivare una garanzia, o per
dimostrare un avvenuto acquisto).
Per i gestori dei distributori automatici la memorizzazione elettronica e la
trasmissione telematica dei dati è obbligatoria.
Per i soggetti che scelgono di avvalersi della fatturazione elettronica vengono
meno gli obblighi di comunicazione relativi al cosiddetto ‘spesometro’ e alle ‘black
lists’. Inoltre, beneficiano di rimborsi Iva più veloci.
2. Decreto legislativo sull’internazionalizzazione delle imprese
Gli interventi contenuti nel decreto sono finalizzati a:
1. creare un contesto di maggiore certezza, anche eliminando alcune lacune
dell’ordinamento domestico;
2. ridurre gli adempimenti per le imprese e i relativi oneri amministrativi;
3. eliminare alcune distorsioni del sistema vigente.
Tra le principali novità del decreto figura l’introduzione di accordi preventivi per
le imprese con attività internazionale. L’obiettivo è quello di conferire maggiore
organicità alla disciplina del ruling di standard internazionale (accordi fiscali, di
natura preventiva, aventi ad oggetto diverse fattispecie di rilievo transnazionale)
e creare un contesto di maggiore certezza per gli operatori.
115
I principali ambiti di operatività degli accordi preventivi riguardano la disciplina
dei prezzi di trasferimento infragruppo, l’attribuzione di utili e perdite alle
stabili organizzazioni, la valutazione preventiva dei requisiti che configurano una
stabile organizzazione situata nel territorio italiano, l’individuazione, nel caso
concreto specifico, delle norme sull’erogazione o la percezione di dividendi,
royalties, interessi e altri componenti reddituali a o da soggetti non residenti.
Gli accordi vincolano le parti per il periodo d'imposta nel corso del quale sono
stipulati e per i quattro periodi d'imposta successivi. Per il periodo intercorrente
tra la data di presentazione dell’istanza e quella di conclusione dell’accordo il
contribuente ha comunque la possibilità di presentare dichiarazione integrativa,
senza applicazione di sanzioni.
Il decreto introduce anche l’istituto dell’ interpello per le società che effettuano
nuovi investimenti, per dare certezza in merito ai profili fiscali del piano di
investimenti che si intende attuare. Fondamentale a tal fine è la presentazione da
parte dell’investitore di un business plan con la descrizione dell’ammontare
dell’intervento, i tempi e le modalità di realizzazione dello stesso, l’incremento
occupazionale e i riflessi che esso ha sul sistema fiscale italiano.
Per l’accesso all’istituto è prevista una soglia minima di 30 milioni di euro per
l’investimento, che può consistere anche nella ristrutturazione di imprese in crisi
qualora ci siano effetti positivi sull’occupazione.
La risposta scritta e motivata dell’Agenzia delle entrate è resa entro centoventi
giorni , prorogabili di ulteriori novanta, nel caso sia necessario acquisire ulteriori
informazioni.
3. Decreto legislativo riguardante disposizioni sulla certezza del diritto
nei rapporti tra fisco e contribuente
L’abuso del diritto e elusione fiscale si unificano in un unico concetto (inserendo
un nuovo articolo nella legge sullo statuto del contribuente) che ha una valenza
generale, con riguardo a tutti i tributi (imposte sui redditi e imposte indirette,
fatta comunque salva la speciale disciplina vigente in materia doganale).
I presupposti per l’esistenza dell’abuso sono:
1. l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate (ossia operazioni
che non perseguono obiettivi quali, ad esempio, sviluppo dell’attività o creazione di
posti di lavoro, ma solo vantaggi fiscali;
2. la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
116
3. la circostanza che il vantaggio fiscale costituisca l’effetto essenziale
dell’operazione.
Quando Agenzia delle Entrate accerta la condotta abusiva, le operazioni elusive
effettuate dal contribuente diventano inefficaci ai fini tributari e, quindi, non
sono ottenibili i relativi vantaggi fiscali.
Non si considerano invece abusive le operazioni giustificate da “valide ragioni
extrafiscali non marginali” anche di ordine organizzativo o gestionale, che
rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o
dell’attività professionale del contribuente.
Nel procedimento di accertamento dell’abuso del diritto l’onere della prova della
condotta abusiva grava sull’amministrazione finanziaria, mentre il contribuente è
tenuto a dimostrare la sussistenza delle “valide ragioni extrafiscali” che stanno
alla base delle operazioni effettuate.
Il decreto introduce alcune novità in tema di termini di accertamento. A tutela
del contribuente si prevede che il raddoppio dei termini in presenza di un reato
penale sia possibile a condizione che la denuncia all’autorità giudiziaria da parte
dell’Amministrazione finanziaria sia inviata entro i termini ordinari
dell’accertamento. Il raddoppio non opera se la denuncia sia presentata o
trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini. A normativa vigente, invece,
l’amministrazione finanziaria può beneficiare del raddoppio anche se non è stata
ancora inoltrata una formale denuncia, ovvero se la stessa è stata presentata
oltre i termini ordinari .
Con lo stesso decreto viene istituito un nuovo schema di relazioni tra l’Agenzia
delle Entrate e i contribuenti (tax compliance) denominato “Regime di
adempimento collaborativo”, valevole in via di prima applicazione per le imprese di
maggiori dimensioni.
L’accesso al regime, su base volontaria, è subordinato al possesso da parte del
contribuente di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del
rischio fiscale, che consenta l’autovalutazione preventiva e il monitoraggio dei
rischi. Attraverso l’istaurazione di un regime di scambio continuo di informazioni
improntato alla trasparenza, con imposizione di doveri a carico dell’Agenzia delle
entrate e del contribuente si realizza anticipatamente un sistema di controllo per
prevenire potenziali controversie fiscali.
117
Consiglio dei Ministri n.56
DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA
Documento di economia e finanza 2015 - DEF, a norma dell’articolo 10 della legge
31 dicembre 2009, n. 196
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze,
Pietro Carlo Padoan, ha avviato l’esame del Documento di economia e finanza
previsto dalla legge di contabilità e finanza pubblica, n.196 del 2009, la cui
approvazione è prevista entro il 10 aprile di ogni anno.
Presentazione DEF
La programmazione economico-finanziaria viene aggiornata alla luce di un quadro
macro favorevole all’Italia e all’Eurozona: il prezzo dell’energia ha subito un
drastico calo e al tempo stesso il rapporto euro/dollaro è più coerente con i
fondamentali delle due aree economiche. Questa seconda componente del quadro
macro si è realizzata grazie alla politica di quantitative easing della BCE, resa
possibile sia dalla gestione responsabile dei bilanci nazionali dei paesi dell’Unione
europea, sia dal nuovo clima maturato durante la presidenza italiana dell’Unione
europea.
Dopo un lungo periodo caratterizzato dall’instabilità politico-istituzionale e
dall’emergenza finanziaria, il Governo lavora alla politica economica in una
prospettiva non più emergenziale e intende cogliere l’opportunità offerta dalla
finestra temporale favorevole dando continuità alla propria strategia di medio
termine: riduzione delle tasse compensata da risparmi sulla spesa, ripresa degli
investimenti, gestione responsabile del bilancio statale, riforme strutturali.
Il Documento di Economia e Finanza 2015 opera quindi in continuità con i
principali provvedimenti assunti nei mesi precedenti (il decreto legge 66, la legge
di stabilità, l’investment compact) e conferma l’ambizioso programma di riforme
che costituisce il segno distintivo del Governo: piena realizzazione del jobs act,
riforma della pubblica amministrazione, riforma della legge elettorale e
dell’architettura istituzionale, riforma della scuola, adeguamento del settore del
credito, revisione della spesa orientata sia alla generazione di risparmi che
all’aumento dell’efficacia dei servizi pubblici offerti a cittadini e imprese. Un
programma che ha l’obiettivo di migliorare strutturalmente la capacità
competitiva del Paese a partire dal capitale umano e dalle infrastrutture.
118
L’affacciarsi della crescita dopo tre anni di recessione e la realizzazione di
riforme lungamente attese consentono di impostare un ciclo della fiducia: il
circolo virtuoso che fa risalire la domanda e insieme alla revisione della spesa
crea spazio per la riduzione delle tasse e la ripresa degli investimenti pubblici; il
risultato sarà un ritmo di crescita più elevato nel 2016 e 2017, il rafforzamento
dell’occupazione e quindi della fiducia.
Questa strategia si sviluppa entro il vincolo stringente dovuti all’elevato debito
pubblico che grava sulle finanze del paese. Questo vincolo trova manifestazione
nelle regole comuni adottate nell’ambito dell’Unione europea, che il Governo
italiano rispetta integralmente (vincolo del 3% nel rapporto deficit/PIL, saldo
strutturale in evoluzione verso il pareggio, regola del debito). Una strategia che
ha consentito finora di consolidare la fiducia dei mercati (con un beneficio
consistente nella riduzione del costo del debito) e ha dato la possibilità alle
istituzioni europee di mettere in campo una strategia per la flessibilità e per una
politica monetaria espansiva.
Le stime di crescita e il programma di finanza pubblica
Il quadro programmatico contempla una crescita superiore alle precedenti
previsioni, grazie alla cancellazione delle tasse contemplate per il 2016 dalle
clausole di salvaguardia e nonostante l’impatto negativo dei risparmi sulla spesa:
119
Il quadro tendenziale aggiornato consentirebbe di raggiungere il pareggio di
bilancio strutturale già nel 2016, tuttavia il Governo ha ritenuto opportuno
confermare al 2017 il conseguimento di tale obiettivo così da conferire una
natura espansiva alla programmazione per il 2016.
Per il 2016, infatti, il Governo si impegna a cancellare l’aumento delle tasse
contemplato dalle clausole di salvaguardia, per un valore corrispondente a 1 punto
di PIL. Questo intervento viene effettuato grazie ai risparmi della revisione della
120
spesa e al beneficio che si registra grazie alla crescita maggiore e alla spesa per
interessi sul debito inferiore rispetto alle previsioni precedenti.
Il ricorso alla “clausola delle riforme” prevista dalle linee guida sulla flessibilità
delle regole europee pubblicate dalla Commissione a gennaio di quest’anno,
consente di contenere l’aggiustamento strutturale a 0,1% del PIL rispetto allo
0,5% altrimenti richiesto dalle regole comuni.
Il debito pubblico si stabilizza nel 2015 e comincia il percorso di riduzione a
partire dal 2016. Un percorso che libererà il Paese da un grave fardello. La regola
del debito viene quindi rispettata e l’obiettivo viene centrato nel 2018.
.
121
3. Mercati finanziari
- Sommario
- Analisi del mese
Global Financial Stability Report (elementi di sintesi)
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3.Mercati finanziari
Sommario
FED.
La Fed mantiene una estrema flessibilità, divenuta l'elemento
caratterizzante della sua strategia di politica monetaria, tanto da lasciare
interdetti i mercati e generare incertezza sul "se" e "quando" ci sarà un rialzo dei
tassi di interesse, il primo dal 2006. Secondo i verbali dell'ultima riunione del
FOMC, il comitato di politica monetaria della fed, i banchieri sono ancora divisi
sulla tempistica di un rialzo dei tassi, giacché vi sono molte variabili in gioco :se da
un lato il mercato del lavoro mostra segni di miglioramento (con qualche piccola
ricaduta), i riflessi del crollo del prezzo del petrolio e del super dollaro
impensieriscono molto le autorità monetarie, che vedono allontanarsi il
raggiungimento del target del 2% in termini di inflazione.
BCE. Annunciato a fine gennaio e concretamente operativo da poco più di un
mese, il programma degli acquisti Bce ampliato ai titoli di Stato della zona
euro sta effettivamente dando ossigeno all'asfittico canale del credito e
farà riprendere l'inflazione. Le ricadute, secondo Draghi, saranno ancora più
positive con la piena messa a punto del programma - acquisti mensili per un totale
di 60 miliardi almeno fino a settembre dell'anno prossimo - e non ha dunque senso
prendere in considerazione l'ipotesi di sospendere in anticipo una terapia dagli
effetti soltanto benefici.
Mercati azionari. La paura del rischio di un effetto contagio legato alla
Grecia continua a dominare la scena con un incremento della volatilità sui
mercati finanziari ed una crescita del nervosismo tra gli operatori. Ovviamente il
comportamento dei mercati va anche contestualizzato con le performance
realizzate dall’inizio dell’anno: con indici che hanno messo a segno rialzi superiori
al 30%.
Mercati valutari. Negli ultimi giorni le speranze di sviluppi positivi della crisi
greca hanno spinto al rialzo la divisa unica che si è rafforzata intorno
all’1,0% contro yen e dollaro. Poco variato l’euro contro la sterlina che continua
a mostrarsi forte anche dopo la pubblicazione delle minute della Banca
d’Inghilterra che non ha modificato la propria politica monetaria.
123
3.1 Mercati finanziari
FED
La
Fed
mantiene
una
estrema
flessibilità,
divenuta
l'elemento
caratterizzante della sua strategia di politica monetaria, tanto da lasciare
interdetti i mercati e generare incertezza sul "se" e "quando" ci sarà un
rialzo dei tassi di interesse, il primo dal 2006. Secondo i verbali dell'ultima
riunione del FOMC, il comitato di politica monetaria della fed, i banchieri sono
ancora divisi sulla tempistica di un rialzo dei tassi, giacché vi sono molte variabili
in gioco: se da un lato il mercato del lavoro mostra segni di miglioramento (con
qualche piccola ricaduta), i riflessi del crollo del prezzo del petrolio e del super
dollaro impensieriscono molto le autorità monetarie, che vedono allontanarsi il
raggiungimento del target del 2% in termini di inflazione.
Così, anche l'ultima riunione ha visto alcuni membri sostenere l'opportunità di
un aumento del costo del denaro già a giugno, in risposta all'accelerazione
dell'economia, mentre altri banchieri hanno assunto una posizione più
prudente, consigliando di attendere l'estate o anche l'autunno, considerando vari
fattori di rischio, non ultimo il rallentamento delle economie Emergenti.
A questo punto nulla più è certo e, a partire da giugno, ogni incontro sarà
potenzialmente favorevole per una stretta monetaria, ma il fattore determinante
non saranno solo i tassi di interesse, ma anche i riflessi di una politica
accomodante per così tanti anni, che implica la necessità di trovare un impiego ai
proventi del riacquisto di Treasury, senza avere ripercussioni troppo pesanti sui
mercati.
BCE
Annunciato a fine gennaio e concretamente operativo da poco più di un mese,
il programma degli acquisti Bce ampliato ai titoli di Stato della zona euro sta
effettivamente dando ossigeno all'asfittico canale del credito e farà
riprendere l'inflazione. Le ricadute, secondo Draghi, saranno ancora più positive
con la piena messa a punto del programma - acquisti mensili per un totale di 60
miliardi almeno fino a settembre dell'anno prossimo - e non ha dunque senso
prendere in considerazione l'ipotesi di sospendere in anticipo una terapia dagli
effetti soltanto benefici. "La realizzazione del programma degli acquisti procede
fluidamente, con volumi in linea agli obiettivi. Si vedono inoltre prove concrete
degli effetti delle misure di politica monetaria" spiega il presidente, parlando di
innegabile miglioramento sul mercato finanziario e di riduzione nei costi di
raccolta per il settore privato.
Dati macro e statistiche congiunturali, per lo meno quelli a partire da
febbraio, tendono a sostenere i commenti di Draghi. In base alla stima flash
124
sul mese scorso i prezzi al consumo di marzo evidenziano un raffreddamento al
tasso annuo di 0,1%, livello in assoluto ancora anni luce dall'obiettivo Bce di
"inferiore ma vicino a 2%", risultato meno scoraggiante nel confronto con il -0,3%
di febbraio e il -0,6% di gennaio. L'indagine trimestrale Bce sul credito evidenzia
come l'ampia maggioranza degli istituti europei dichiari di aver visto nei primi tre
mesi dell'anno una ripresa della domanda di finanziamenti legata al programma
degli acquisti Bce, il cui effetto ha ulteriormente sgonfiato i tassi.
Sempre a proposito del nuovo 'qe', respingendo qualsiasi critica anche indiretta
finora giunta dalla fazione dei cosiddetti 'falchi', il numero uno Bce parla di un
programma già dotato della flessibilità sufficiente in caso la situazione
macro/finanziaria dovesse richiedere un adeguato "aggiustamento".
"Pur restando al ribasso, i rischi sulle prospettive macro per la zona euro
appaiono meno squilibrati grazie alle recenti misure di politica monetaria, del
raffreddamento dei corsi del greggio e della debolezza del cambio" assicura
Draghi.
1.Tassi ai minimi storici
Federal Reserve. La Fed mantiene invariato il costo del denaro. I tassi sui
Fed Funds restano fermi in una forchetta fra lo 0 e lo 0,25%. ''Una politica
monetaria accomodante resterà appropriata per un considerevole periodo di
tempo dopo che il programma di acquisto di asset sarà finito'', afferma la Fed,
sottolineando che tassi bassi saranno appropriati fino a quando il tasso di
disoccupazione scenderà ben al di sotto del 6,5%, soprattutto se l'inflazione
resterà sotto l'obiettivo del 2%.
125
BCE. Il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di lasciare invariati i tassi di
interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di
rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rispettivamente
allo 0,05%, allo 0,30% e al -0,20%, dopo il taglio operato a settembre.
Banca Centrale d'Inghilterra. Ancora una volta, la Bank of England (BOE), nella
seduta odierna del Monetary Policy Committee (MPC), ha mantenuto invariati i
tassi d'interesse allo 0,5%. L'ultima modifica risale al marzo del 2009 e
consisteva in un taglio al minimo storico. Inoltre, il Comitato di politica monetaria,
ha deciso di continuare il suo programma di acquisto di asset, per un importo di
375 miliardi di sterline.
Bank of Japan. La Bank of Japan continuerà a supportare l'economia
nipponica a suon di trilioni di yen, certa di poter centrare il target di inflazione
al 2% in tempi più o meno stretti. Non desta sorpresa il verdetto emesso dalla
Banca Centrale del Giappone al termine del meeting di politica monetaria. Il Board
ha confermato infatti sia l'attuale livello dei tassi di interesse che l'ammontare
annuale del quantitative easing (80 mila miliardi di yen, pari a 665 miliardi di
dollari). Tra gli otto membri del Comitato di politica monetaria solo uno, Takahide
Kiuchi, ha invocato un ridimensionamento degli stimoli per i potenziali effetti
negativi che potrebbero avere sui mercati. L'esito del meeting era quanto mai
scontato, se non altro a causa dell'inflazione a zero, zavorrata dalla debole
ripresa dell'economia nipponica e dal crollo dei prezzi del greggio.
Molti economisti sono pronti a scommettere su un aumento del programma di
stimoli entro ottobre, anche se i banchieri centrali nipponici continuano a sperare
in una inversione di trend innescata dall'aumento dei profitti societari e dei salari
e dalle attese per una ripresa dei prezzi.
2. La paura del rischio di un effetto contagio legato alla Grecia continua
a dominare la scena con un incremento della volatilità.
La paura del rischio di un effetto contagio legato alla Grecia continua a
dominare la scena con un incremento della volatilità sui mercati finanziari ed
una crescita del nervosismo tra gli operatori.
Ovviamente il comportamento dei mercati va anche contestualizzato con le
performance realizzate dall’inizio dell’anno: con indici che hanno messo a
segno rialzi superiori al 30%.
Con questi presupposti non deve quindi stupire se vi sono state e vi potranno
essere improvvise impennate di tensione sui mercati.
126
Nell’ultima settimana il nervosismo sulla Grecia e i dati macro in
rallentamento non hanno prodotto ulteriori cali assumendo la configurazione di
ritracciamenti tecnici. Sono ancora i bassi tassi ed il pronto intervento delle
Banche centrali a supportare i mercati azionari.
Nell’Area euro si chiude con una variazione intorno al +1,0% con il FtseMib
ed il Dax che restano sotto i massimi dell’anno sopra i 24mila punti ed i
12.300 punti.
In recupero in termini relativi rispetto ai listini dell’Area euro (che restano i
best performer del 2015) sia la Borsa di Tokio che Wall Street. Per il Nikkei
si registra la prima chiusura settimanale sopra la soglia psicologica dei 20mila
punti con l’indice che si porta ai livelli massimi degli ultimi 15 anni; da inizio anno è
in rialzo del 14%.
Per Wall Street gli indici si riportano sopra le importanti soglie tecniche dei
18mila punti del Dow Jones e dei 2.100 punti dello S&P500. Il Nasdaq
Composite continua a restare sopra quota 5mila e si avvicina al test dei massimi
del 2000 toccati all’apice della bolla tecnologica. Negli Usa ci avviciniamo a metà
della stagione delle trimestrali con i risultati che sono migliori delle attese per
oltre il 70% delle 190 società dello S&P500. Gli utili sono risultati in calo del
3,0% rispetto al primo trimestre dello scorso anno.
3. Si conferma il trend di debolezza della divisa unica.
Negli ultimi giorni le speranze di sviluppi positivi della crisi greca hanno
spinto al rialzo la divisa unica che si è rafforzata intorno all’1,0% contro
yen e dollaro.
Poco variato l’euro contro la sterlina che continua a mostrarsi forte anche dopo
la pubblicazione delle minute della Banca d’Inghilterra che non ha modificato la
propria politica monetaria.
Poche novità per il cross Eur/Usd che continua a restare all’interno di un
range laterale di consolidamento mediamente compreso tra 1,05 e 1,10
punti dopo il forte movimento ribassista in atto ormai da metà 2014.
Il dollaro appare in leggero rafforzamento sostenuto dai dati positivi relativi al
settore abitativo, sopra le attese che hanno spinto al rialzo i rendimenti dei
Treasury Usa. Sulla divisa unica il mercato attende gli sviluppi della situazione
greca e conferma la sua debolezza contro le principali divise: il cross Eur/Usd si
è riportato sotto l’1,07 ed il cross Eur/Gbp è sceso poco sopra lo 0,71.
127
Cambio euro/dollaro
Fonte:cambioeuro
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Global Financial Stability Report
I rischi alla stabilità finanziaria sono aumentati negli ultimi sei mesi come
conseguenza di una serie di sviluppi finanziari e macroeconomici, sia positivi
che negativi.
Ad affermarlo è il Fondo Monetario Internazionale nel Global Financial Stability
Report nel quale l'Organizzazione con sede a Washington punta il dito
soprattutto contro le forze disinflattive si sono rafforzate con il calo dei
prezzi del petrolio e delle materie prime.
Sebbene il calo del greggio abbia dato benefici ai Paesi importatori di prodotti
energetici e abbia aumentato lo spazio di manovra delle politiche monetarie nei
Paesi con un'inflazione alta, esso ha aumentato i rischi finanziari in alcune
nazioni esportatrici e nel settore petrolifero, spiega il Fondo.
In un contesto prolungato di tassi bassi diversi gruppi assicurativi del ramo vita
attivi in Europa rischiano di finire sotto uno stress crescente e risultare
insolvibili. A rischiare sono in particolare quelli di medie dimensioni. A dirlo è
l'ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria mondiale del Fondo Monetario
Internazionale.
Dagli stress test effettuati dalla European Insurance and Occupational Pensions
Authority emerge che il 24% di quei gruppi potrebbe non essere in grado
rispettare requisiti di solvibilità in un contesto caratterizzato per un lungo
periodo di tempo da bassi tassi di interesse.
A creare uno scenario di interessi sotto zero in zona pericolo in molte economie
industrializzate sono state la paura rappresentata dallo spauracchio deflazione
e le prospettive di un continuo allentamento monetario. "Nell'area euro" in
particolare, precisa il Fondo, "quasi un terzo dei bond sovrani a breve e lunga
scadenza ora ha rendimenti negativi".
Passando all'analisi dell'economia reale, il Fondo ritiene che sia impossibile
che si sblocchi il credito finché la qualità degli asset delle banche, che è
andata deteriorandosi nel 2014, non migliorerà. Farlo è indispensabile,
suggerisce sempre il Fmi, rivolgendosi agli istituti di credito di Eurolandia.
Nel rapporto si spiega che nell'Eurozona "la qualità degli asset ha continuato a
deteriorarsi nel 2014 sebbene a un passo più lento con prestiti incagliati ora
oltre i 900 miliardi di euro". Una cifra definita "ampia rispetto alla dimensione
dell'economia di riferimento"
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Il rapporto specifica inoltre che la distribuzione di quei prestiti inesigibili è
distribuita in modo squilibrato: solo in Italia, Irlanda, Grecia, Cipro, Portogallo e
Spagna il totale supera i 600 miliardi di euro.
Non a caso, ricorda il rapporto, in Italia, Grecia, Cipro, Irlanda, Portogallo e
Slovenia la maggioranza - se non tutte - le banche coinvolte nell'Asset Quality
Review della Banca centrale europea hanno mostrato asset in sofferenza per il
10% o più dello loro esposizione complessiva.
Alla luce di queste considerazioni, il Fondo dice che le aziende devono
"diversificare le fonti di finanziamento" spostandosi dalle banche al mercato dei
capitali. "Nonostante il balzo dell'accesso al mercato dei capitali, esso
rappresenta solo il 36% circa del sistema", si legge nel documento.
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