UNIONCAMERE UNIONE ITALIANA DELLE CAMERE DI COMMERCIO Il presente rapporto è stato curato dal Servizio Statistica e Studi della Camera di Commercio di Belluno Coordinamento: Paola Menazza Testi e grafici: Paola Menazza Giovanni Larese Tavole statistiche: Monica Sandi Il rapporto è stato chiuso il 2 maggio 2008 Per chiarimenti sul contenuto della pubblicazione rivolgersi a: Camera di Commercio I.A.A. di Belluno Servizio Statistica e Studi P.zza S. Stefano, 15/17 - 32100 Belluno Tel. 0437 955131 - Fax 0437 955171 e-mail: [email protected] web site: www.bl.camcom.it Stampato in proprio Si autorizza la riproduzione per fini non commerciali e con la citazione della fonte Il volume è disponibile su richiesta presso il Servizio Statistica e Studi C.C.I.A.A. di Belluno e in formato elettronico sul sito internet www.bl.camcom.it e www.starnet.unioncamere.it PRESENTAZIONE Il 9 maggio 2008 si celebra la sesta edizione della Giornata dell’Economia organizzata dalla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Belluno, un evento che ha preso avvio nel 2003 e che coinvolge contemporaneamente tutte le Camere di Commercio d’Italia. L’obiettivo principale della Giornata dell’Economia, promossa dal Sistema Camerale, è quello di fornire agli interessati, nuovi e spesso inediti materiali di supporto allo scopo di favorire una riflessione su alcuni temi emergenti, sociali e di politica economica, che rendono peculiare ogni realtà provinciale. Ne consegue che l’incontro si configura in tutta la Penisola come un’occasione qualificata e privilegiata di analisi e di confronto, che interessa soprattutto chi – impegnandosi nella competizione imprenditoriale, nell’attività politico-amministrativa o nello studio – ha a cuore l’acquisizione e la trasmissione di conoscenze più approfondite e aggiornate sulla realtà economica nella quale sono quotidianamente attivi. Per l’edizione 2008 Unioncamere ha proposto il tema delle Infrastrutture, che abbiamo accolto di buon grado. Siamo molto onorati di ospitare in casa nostra relatori di prestigio per dibattere nella maniera più concreta possibile una questione nodale per la nostra economia, nell’auspicio che da questo tavolo possano nascere progetti attuabili per migliorare e razionalizzare i servizi di cui la nostra provincia è alquanto carente. Lo testimonia il 95° posto che Unioncamere le attribuisce nella graduatoria nazionale delle infrastrutture. Questo è il punto di partenza, niente affatto lusinghiero, del quale siamo consapevoli: lo viviamo quotidianamente sulla nostra pelle di cittadini e imprenditori, con costi sempre più pesanti e sempre più difficili da sostenere, a maggior ragione in un contesto globale di spietata concorrenza che ci imporrebbe, invece, di ridurli. Nell’incontro del 9 maggio, che ritorna quest’anno nella sede camerale, si dibatterà del nostro insufficiente sistema viario e della possibilità di sfruttare l’aeroporto di Treviso come porta di ingresso per turisti da convogliare nelle Dolomiti bellunesi. La sesta Giornata dell’economia, infatti - la mia prima come Presidente della Camera di Commercio – è focalizzata anche sul turismo, che tuttora resta un’opportunità economica non sfruttata al massimo delle sue potenzialità, sul quale questa amministrazione camerale vuole essere particolarmente attenta. A corredo di questo evento, vi è come di consueto il “Rapporto sull’economia locale” predisposto dal Servizio Studi e Statistica, che si caratterizza per un vasto apparato statistico, fornito dall’Unione Italiana delle Camere di Commercio e dall’Istituto Guglielmo Tagliacarne di Roma, che descrive e confronta, facendo leva sulla forza dei numeri, i tratti salienti della vita economica provinciale, con puntuali riferimenti anche alla nazione, alla regione e alle altre province venete. Le tavole e le tabelle sono precedute da un’attenta analisi che suggerisce una chiave di lettura dei percorsi di sviluppo locale. Nel primo paragrafo vengono esaminate la congiuntura mondiale, nazionale e regionale del 2007; il secondo traccia un consuntivo sull’economia provinciale, fungendo da punto di partenza per le analisi dei due paragrafi successivi. Il terzo, infatti, offre uno sguardo d’insieme sulle tendenze in atto nel 2008 e analizza le modalità in cui l’impatto potrebbe trasmettersi sulle economie locali, mentre il quarto propone una riflessione sulle criticità dell’economia bellunese e sulle sue potenzialità. Il corposo apparato statistico che costituisce gran parte del Rapporto è suddiviso in sei sezioni: la prima, che è la più ampia, è dedicata a un consuntivo strutturale del 2007, la seconda si occupa della contabilità territoriale, mentre la terza è incentrata sulla messa a fuoco del livello di competitività del tessuto produttivo provinciale. La quarta sezione tratta della dotazione infrastrutturale, la quinta riporta infine alcune statistiche di interesse ambientale e la sesta è dedicata agli scenari previsionali al 2011. Ogni sezione si suddivide a sua volta in diversi paragrafi, ciascuno dei quali è aperto da una breve nota metodologica che funge da indispensabile supporto per una corretta interpretazione dei dati. Un ringraziamento particolare a quanti hanno in vario modo contribuito alla realizzazione intellettuale e materiale dell’opera: un plauso va rivolto al Centro Studi Unioncamere per avere promosso sei anni fa questa iniziativa e per averla portata avanti con costanza, producendo per ogni Camera un corposo apparato statistico di dati anche inediti. Ringrazio il Servizio Statistica e Studi della Camera di Commercio di Belluno che nel breve arco di tempo intercorrente tra l’invio del materiale e la data dell’evento ha elaborato il Rapporto (scegliendo, organizzando e integrando le tavole fornite da Unioncamere e scrivendo i testi) e che ha realizzato concretamente questa sesta Giornata dell’Economia. Infine un ringraziamento va alla stamperia camerale, che ha prodotto in proprio e in tempi ristretti il presente opuscolo. Belluno, maggio 2008 IL PRESIDENTE CAMERA DI COMMERCIO I.A.A. DI BELLUNO DOTT. PAOLO DOGLIONI La congiuntura nel 2007 nel mondo, in Italia e nel Veneto Nel 2006 l’Italia1 è uscita da una perdurante crisi che aveva attanagliato la produzione e i consumi delle famiglie, mentre in altri Paesi lo sviluppo economico aveva conosciuto ritmi espansivi mediamente più elevati o molto alti, tanto da far parlare di boom dell’economia globale. Analisi e previsioni di inizio 2007 avevano prefigurato che a caratterizzare l'anno entrante a livello planetario potesse essere ancora un ulteriore slancio delle attività produttive e di scambio, come già avvenuto nell’ultimo quadriennio. Solo pochi osservatori, allarmati dal rallentamento USA, iniziato nel settembre 2006, avevano previsto l’affievolirsi del ritmo di crescita, sino ad allora sostenuto e proprio per questo difficile da mantenere oltre il medio periodo. E in effetti così è stato: l’aumento del PIL è stato più contenuto (4,9% rispetto al 5,1% del 2006) e il commercio ha perduto in brillantezza, pur realizzando a consuntivo un più che positivo +6,6% nei volumi di scambio. Fino a giugno 2007 lo scenario mondiale ha messo in mostra quasi ovunque una crescita secondo le aspettative, ma poi si è passati in pochi mesi da un fiducioso ottimismo a un clima sempre più pesante e incerto sulle prospettive a medio termine, che si è gradualmente trasformato in pessimismo per consumatori e imprese. L’evidente mutamento negativo è stato originato da alcuni fattori avversi, impostisi sulla scena economica internazionale nella seconda metà dell’anno: la crisi negli Stati Uniti del settore immobiliare e delle banche coinvolte nella bolla dei mutui subprime, cui hanno fatto seguito l’impennata dei prezzi delle materie prime (a cominciare dal petrolio, la cui quotazione ha presto superato i 100 dollari al barile anche per l’elevata domanda di greggio dei Paesi emergenti), l’accelerazione dell’inflazione (originata soprattutto dall’aumento dei costi energetici cresciuti in un anno del 17%), e, di conseguenza, il rallentamento dei consumi da parte delle famiglie. Considerato il ruolo economico predominante degli Stati Uniti nel panorama economico internazionale, si è temuto che un aggravamento delle condizioni congiunturali americane potesse ripercuotersi in modo molto negativo sulle economie più sviluppate. 1 Il commento al dossier è stato redatto da Giovanni Larese e da Paola Menazza, che ha curato anche la parte grafica. Monica Sandi ha curato la composizione delle sei sezioni statistiche. I 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Anche per questo, dopo l’estate, le stime di crescita dei Paesi più industrializzati, a partire dagli USA, sono state ribassate, aumentando nel resto del mondo l’incertezza sull’evoluzione futura. La riduzione del costo del denaro decisa dalla FED per contrastare gli impulsi indotti dalla crisi immobiliare ha indebolito il dollaro, favorendo la progressiva perdita di peso della domanda americana, il cui ruolo di traino dell’economia internazionale è stato messo in discussione. Grazie all’espansione dei Paesi emergenti e alla buona tenuta dell’Area euro, il giudizio complessivo sull’economia globale nel 2007 è rimasto positivo. I Paesi in via di sviluppo, cresciuti nel 2007 del 7,4%, hanno sostituito gli USA quale locomotiva dell’economia mondiale. La loro solidità economica si è rivelata analoga a quella degli USA, tuttavia la velocità di crescita da essi palesata è tre volte superiore a quella statunitense. L’espansione asiatica è stata sostenuta da una forte domanda interna indirizzata non solo verso beni di investimento (macchinari e impianti), ma anche verso i consumi finali di famiglie dotate di crescente capacità di spesa. Il PIL della Cina è salito dell’11,4% sul 2006, nonostante che l’aumento dei prezzi dei beni alimentari ed energetici abbia spinto l’inflazione annua a sfiorare il 7%, il livello più alto dal 1996. La crescita ha interessato anche il Brasile (con il PIL al +4,4%), la Russia (+7%) e l’India (+9%). Beneficiando dell’aumento delle esportazioni e della ripresa degli investimenti fissi, il Giappone ha visto crescere nel 2007 il PIL dell’1,9%, confermando il trend degli ultimi anni, nei quali la scarsa dinamicità della domanda interna ha frenato un’economia ancora convalescente. Pur scontando l’indebolimento delle esportazioni conseguente sia a una minore domanda da parte degli Stati Uniti che al rafforzamento dell’euro, l’Europa ha tenuto, anche se nel quarto trimestre il PIL è cresciuto solo dello 0,4% rispetto allo 0,8% messo a segno tra luglio e settembre. Al suo interno il quadro varia da Paese a Paese, ma l’Unione Europea a 27 (PIL a +2,9%) è andata meglio dell’Europa dei 12 (2,6%). Nel 2007 l’Eurozona ha messo a segno ai danni degli Stati Uniti un significativo sorpasso, che tuttavia potrebbe rivelarsi di breve respiro, poiché pesa l’incognita della congiuntura mondiale, indebolita dagli effetti recessivi sui mercati finanziari e sull'economia reale della crisi innescata dal settore immobiliare-edilizio americano. Anche la BCE ha ammesso una situazione di leggera stagflazione, cioè una fase in cui l'economia europea presenta un'inflazione relativamente elevata e una crescita indebolita. II 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ A trainare l’Europa è stata in primis la Germania, (+2,5% nel PIL), pur appesantita, a fine 2007, dalla debolezza dei consumi e dall'inflazione elevata. Bene la Spagna, cresciuta del 3,5%, e il Regno Unito(+2,9%), mentre a frenare la Francia (+1,9%) è stato l’andamento non favorevole dell’export. A dicembre 2007 Eurostat ha certificato che la Spagna, accelerando nella classifica del PIL pro-capite, ha scavalcato in graduatoria l'Italia: si è trattato di un segnale negativo per l’immagine del nostro Paese, di una conferma del quadro pessimistico che di esso hanno fornito sia il New York Times (parlando esplicitamente di "declino") che il Rapporto 2007 del Censis. Nel 2007 l’Italia non ha brillato, risentendo più degli altri Paesi UE dell’indebolita congiuntura mondiale. L’economia nazionale, già in crescita molto modesta in tarda primavera, ha frenato ulteriormente in chiusura d’anno, pur salendo di più dell’1,1% medio annuo registrato dall’inizio del decennio. L’aumento annuo del PIL (+1,5%) è rimasto ben al di sotto della media UE (+2,6%), di quella dei Paesi industrializzati del G7 (+2,3%) e dell’analogo dato nazionale per il 2006, quando tale indicatore si fermò a +1,8%. L’indebolimento della crescita ha interessato in particolare la domanda interna, frenata nella seconda parte del 2007 dall’accelerazione dei prezzi dei prodotti energetici e alimentari e dalle più onerose condizioni di finanziamento. Di conseguenza, a fine anno i consumi sono aumentati dell’1,4%, mentre gli investimenti non hanno superato l’1,2%. Di segno decisamente positivo, nonostante le obiettive difficoltà originate dalla forte rivalutazione dell’euro sul dollaro, è stata la dinamica della domanda estera, con le esportazioni di beni a +8%, mentre le importazioni sono salite del 4,4%. Nel 2007 l’occupazione è cresciuta dell’1%, per effetto dell’incremento dell’1,5% fatto segnare dalla componente dipendente, che ha bilanciato la contrazione pari a –0,4% riferibile al lavoro autonomo. In sintesi, il 2007 ha rappresentato per le imprese un anno sostanzialmente positivo, mentre per il sistema economico e sociale nel suo complesso ha segnato una “inversione”, sia per la rilevante e oggettiva impennata dei prezzi di molti beni e servizi primari alimentari e non (e in generale del costo della vita), che ha allargato la fascia di povertà, sia per la diffusa percezione tra le famiglie di un ulteriore peggioramento del tenore di vita. Dopo la dinamica piatta del 2005 (+0,5%) e l’ottimo risultato del 2006 (+2,5%), il Veneto ha chiuso il 2007 in crescita, conseguendo - nonostante i preoccupanti segnali giunti dalle economie più avanzate - risultati migliori di quelli nazionali, in particolare nell’industria e nel turismo. L’aumento del PIL III 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ (+2,1%), preceduto soltanto dalla Lombardia (+2,2%), ha staccato quello italiano (+1,5%), superando anche Emilia Romagna e Toscana e finendo alla pari col Piemonte. Anche nel 2007 il Nord-Est, guidato dal Friuli Venezia Giulia (+2,2%) e dal Veneto, si è riproposto – insieme al Nord-Ovest - quale zona leader dell’economia italiana, rispetto al Centro (+1,5%) e al Mezzogiorno (1,4%). Tale crescita è stata sostenuta dalla domanda interna, in aumento del 2,1%, e in particolare dai consumi delle famiglie (+2,4%), per effetto soprattutto degli incentivi alla rottamazione di alcuni tipi di elettrodomestici a basso consumo energetico. Risultati positivi anche per gli investimenti, che sono aumentati nel 2007 del 2,3% su base annua rispetto al 1,7% del 2006. Puntello della crescita del valore aggiunto del Veneto è stato il manifatturiero (+2,9%), ma anche dall’agricoltura e dai servizi sono giunti apporti positivi (+2%), mentre le costruzioni hanno evidenziato una dinamica piatta. Vanno interpretati invece, come segnali di rallentamento il lievissimo incremento nel totale delle imprese attive (+0,1%) e la crescita su base annua dell’occupazione, stimata dall’Istat al +0,8%. La performance veneta – terza regione in Italia per numero di occupati dopo Lombardia e Lazio – è più bassa di quella del resto del Paese (+1%), anche se migliore di quella lombarda (+0,7%), piemontese (+0,6%) e toscana (+0,3%). Il totale degli occupati è salito in Veneto a 2 milioni e 119mila unità e il tasso di occupazione ha raggiunto quota 65,8%, contro il 65,5% del 2006. Il tasso di disoccupazione è infine sceso al 3,3% (nel 2006 era al 4%). Toccando quota 47,5 miliardi di euro, le esportazioni sono cresciute del 2,7%2, anche se non è stato mantenuto il trend del 2006, quando si registrò uno squillante +13,9%. L’export regionale, pur avendo evidenziato una dinamica un po’ più appannata, appare comunque in linea con le altre regioni exportoriented come Piemonte (+6,6%), Lombardia (+9,3%) e Toscana (+7,8%). Come nel 2006, anche il consuntivo 2007 ha accomunato in positivo quasi tutti i settori economici. Discreto è stato il bilancio dell’agricoltura (+10% della 2 La percentuale del 2,7% è stata calcolata confrontando i dati provvisori 2007 con i definitivi 2006. Il consolidamento definitivo dei dati avviene con l’inserimento delle cosiddette pratiche “fuori anno” (cioè le dichiarazioni registrate in ritardo dagli Uffici Doganali del Ministero delle Finanze) nei mesi successivi alla chiusura del periodo di riferimento e può generare delle differenze importanti rispetto ai dati provvisori precedentemente diffusi. Ad esempio, per il Veneto tale la differenza si è rivelata pari a 2,5 miliardi di euro. Per evitare una valutazione fuorviante (perché inferiore a quella reale) della crescita dell’export, il Centro Studi di Unioncamere del Veneto ha applicato un coefficiente di correzione ai dati provvisori 2007 (calcolato sulla base delle differenze tra le due grandezze rilevate nel biennio 2005-2006) e ha stimato che la variazione delle esportazioni 2007 (dati “corretti”) sul 2006 (definitivi) sia stata del 7%. IV 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ produzione lorda rispetto al 2006, 4.800 milioni di euro di fatturato), mentre la crescita in termini reali si è assestata attorno al 2%. Nonostante il rallentamento del secondo semestre, bene è andato il manifatturiero, aiutato dalla ripresa delle imprese sotto i 10 addetti: lo conferma l’indagine "VenetoCongiuntura" che nel quarto trimestre 2007 ha visto crescere la produzione industriale del +1,9%, grazie soprattutto al contributo delle imprese di minori dimensioni (10-49 addetti) che hanno registrato un +2%; sebbene in misura più contenuta. La dinamica positiva della produzione è stata accompagnata da un aumento del fatturato (+2,5%) e della domanda interna superiore a quella estera: gli ordini interni sono cresciuti del 3%, quelli esteri del +2,4%. V La congiuntura nel 2007 in provincia di Belluno In questa sede si fornirà solo un quadro di sintesi della congiuntura economica provinciale nel 2007, rinviando l’approfondimento sui punti di forza e di debolezza dell’economia bellunese al capitolo finale e, per il profilo numerico, all’apparato statistico che chiude il rapporto. Grafico 1. Belluno, Veneto e Italia. Imprese attive al 31 dicembre (var.% rispetto l’anno precedente). Anni 2003-2007 1,5 1,0 0,5 0,0 -0,5 -1,0 -1,5 var.% 2004/03 var.% 2005/04 var.% 2006/05 var.% 2007/06 0,8 0,6 -0,6 -0,9 Veneto 0,9 0,6 0,6 0,1 Italia 1,3 1,1 0,8 0,3 Belluno Fonte: ns. elaborazione su dati Infocamere - Stock-view La fotografia di fine anno del Registro delle Imprese evidenzia un calo delle imprese attive in provincia di Belluno dell’ordine dello 0,9%, un dato in controtendenza rispetto alla crescita - sia pur modesta - avutasi in Veneto e in Italia e peggiore anche del dato registrato tra il 2005 e il 2006 (grafico 1). E’ proseguita anche nel 2007, sia pure senza conseguenze negative sull’occupazione (aumentata, al contrario, dell’1,6%), la ristrutturazione del distretto dell’occhiale, le cui sedi d’impresa a dicembre erano diminuite dell’8,4% (40 unità). Per l’artigianato il calo è stato percentualmente inferiore (-6,6%). A segnare il passo è da tempo l’attività manifatturiera nel suo complesso, che ha subito un “taglio” annuo del 3,1%. VI 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Il manifatturiero, pur numericamente ridimensionato, ha visto crescere al suo interno l’incidenza delle società di capitali (il 17,1% rispetto a una media generale di 10,5%, ma solo un anno prima erano il 16,9%) e risulta quindi più attrezzato di fronte alla competizione globale, confermando di essere il fulcro del sistema economico bellunese, sia sotto il profilo occupazionale che del reddito. Non sorprende neppure l’ulteriore contrazione delle imprese dell’agricoltura (-2,2%); in discesa anche il dato dell’edilizia (-1,4%). Nel terziario sono diminuiti i trasporti (-1,8%) e gli alberghi e i ristoranti (-1%). Saldo negativo anche per l’intermediazione monetaria e finanziaria (-1,2%), mentre è positivo per le attività immobiliari e informatiche (+2,9%) e per i servizi alle persone (+2%). Quanto alle diverse attività economiche, l’agricoltura montana va intesa come presidio del territorio, a sostegno dell’ambiente e degli altri settori economici, e, tramite i prodotti tipici, come strumento di marketing turistico. Il settore non ha registrato nel 2007 scostamenti rilevanti rispetto al consueto. La produzione si è mantenuta nella media e l’aumento notevole del prezzo dei cereali ha favorito i produttori di mais, ma ha messo in difficoltà gli allevatori che usano mangimi. Di conseguenza, a fine anno, il prezzo del latte è salito, senza però remunerare adeguatamente gli accresciuti costi del settore. E’ rimasto pressoché immutato, invece, il prezzo della carne bovina. L’elemento di novità del 2007 riguarda la diffusione dell’allevamento ovi-caprino, favorito dal fatto che la lavorazione del latte non soggiace al contingentamento delle quote e richiede investimenti minori rispetto ai bovini. Al contrario di quanto avvenuto in Veneto, il commercio ha stentato in provincia a scrollarsi di dosso la pesante eredità degli anni precedenti. Qualche segnale di risveglio c’è stato, legato anche all’incremento occupazionale, ma di fondo la domanda di beni e servizi delle famiglie bellunesi è rimasta piuttosto piatta. In generale, come a livello nazionale, sono aumentate le vendite di beni durevoli, legate agli incentivi fiscali per l’acquisto di automobili e di alcuni tipi di elettrodomestici a basso consumo energetico. Più in difficoltà sono risultati i consumi di beni alimentari, verso i quali si indirizza il 13,3 % della spesa delle famiglie (il valore più basso nel Veneto, dopo Verona). I consumatori, il cui potere di acquisto è in costante diminuzione, ricorrono sempre di più alla grande distribuzione e ai discount, con ricadute negative sui negozi piccoli e non specializzati come quelli di montagna, la cui sopravvivenza va salvaguardata, specie per il ruolo sociale da essi rivestito. Da diversi anni i risultati del turismo sono largamente inferiori alle straordinarie potenzialità del comparto in una provincia che può contare sull’incomparabile ambiente della Valbelluna (con il Parco Nazionale delle VII 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Dolomiti) e soprattutto delle Dolomiti, ma anche su un notevole patrimonio artistico e culturale e sulla presenza di centri storici di pregio. Se nel Veneto il turismo è andato a gonfie vele (i dati, ancora provvisori, raccolti dalle ex APT hanno evidenziato un aumento degli arrivi del 5,3%, pari a 700mila unità, mentre le presenze sono cresciute del 3,7%) a Belluno essi sono meno lusinghieri, soprattutto per le presenze (+0,5%), mentre gli arrivi hanno vantato un incremento di 4 punti percentuali. A penalizzare le presenze è stato il calo dei turisti italiani (-0,7%) che costituiscono addirittura l’81,9% del totale delle presenze e il 72,7% degli arrivi di ospiti in provincia, mentre il forte aumento di stranieri può essere di buon auspicio per il futuro. Con riferimento ai soli esercizi alberghieri nel 2007 gli arrivi hanno fatto segnare un +3,5% e le presenze un +1,5%, mentre la ricettività extra alberghiera ha visto le presenze in lieve calo (-0,1%) e gli arrivi (col +4,9%) più vicini al trend regionale. Si è assottigliata la permanenza media, scendendo da 6,3 a 6,1 giorni l’anno; negli alberghi il soggiorno è passato da 4,2 a 4,1 giorni, negli esercizi extralberghieri il risultato è stato peggiore, in calo da 9 da 9,4 giorni. Lo scenario provinciale appena delineato conferma che la montagna da sola non basta e che attorno ad essa va organizzato un circuito culturale, di accoglienza, intrattenimento e cura alla persona. Il successo ottenuto dalla mostra del Tiziano indica che questa è la via giusta da seguire. Quanto al manifatturiero bellunese, l’indagine "VenetoCongiuntura"3 per l’intero 2006 aveva collocato Belluno sopra la media regionale per quasi tutti gli indicatori. Ebbene, nei primi due trimestri del 2007 c’è stato un riallineamento col Veneto e nel terzo la provincia è scesa sotto il dato medio regionale, registrando anche numerose variazioni negative, di natura temporanea e in parte fisiologica, in quanto il temine di paragone – il terzo trimestre 2006 – è stato caratterizzato da una particolare crescita economica. Il manifatturiero bellunese ha chiuso l’anno con percentuali di crescita tendenziale (sul quarto trimestre 2006) nuovamente positive per i principali indicatori, superando ancora la media veneta (grafico 2). 3 L’indagine è condotta trimestralmente da Unioncamere del Veneto in collaborazione con Confartigianato su campione veneto di circa 2.000 imprese con almeno 2 addetti. Per la provincia di Belluno vengono intervistate circa 200 imprese, di cui il 60% con un numero di addetti tra 2 e 9 (le cui problematiche possono, pertanto, essere assimilate a quelle delle imprese artigiane) e il 40% con 10 e più (che possono essere ricondotte alle imprese industriali). Vengono rilevati i principali indicatori economici (produzione, fatturato, ordinativi dall’interno e dall’estero, occupazione), con un approfondimento per l’occhialeria all’interno delle imprese con più di 9 addetti. Alle imprese viene chiesto di formulare anche delle previsioni sui successivi 6 mesi, indicando di scegliere tra diverse opzioni: aumento (una previsione, per l’indicatore in esame, che va oltre il 5%), lieve aumento (tra il 2 e il 5%), stabilità (tra -2% e +2%), leggera diminuzione (tra -2% e -5%) e diminuzione (oltre il -5%). VIII 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ La ripresa è stata guidata dalle grandi imprese dell’occhialeria, ma a partire dalla seconda parte del 2007 hanno fatto meglio le altre aziende metalmeccaniche, per lo più della fascia dai 50 ai 250 addetti. Sia in Veneto che a Belluno nel 2006 e nella prima metà del 2007 si è evidenziata un’economia a due velocità, più celere per le imprese di maggiori dimensioni (più di 9 addetti) e più lenta per le piccole (fino a 9). Per queste ultime la ripresa è iniziata a fine 2006, si è consolidata nei primi due trimestri del 2007, per poi raggiungere risultati addirittura migliori delle altre imprese nella seconda parte dell’anno. Grafico 2 – Belluno e Veneto. Andamento tendenziale (var. % rispetto allo stesso periodo anno prec.) della produzione (1° trim. 2006 - 4° trim. 2007) 12,0 10,0 9,5 7,8 8,0 6,0 4,0 7,7 5,4 5,0 3,9 3,5 3,3 3,0 2,4 2,0 2,4 3,5 2,7 1,3 1,9 0,0 -2,0 2,6- -4,0 1° trim. 2006 2° trim. 2006 3° trim. 2006 4° trim. 2006 Belluno 1° trim. 2007 2° trim. 2007 3° trim. 2007 4° trim. 2007 Veneto Fonte: ns. elaborazione su dati Unioncamere del Veneto - Veneto Congiuntura Nel 4° trimestre 2007 la produzione è aumentata del 2,4% su base annua, una crescita più elevata del +1,9% medio regionale; per le imprese dai 2 ai 9 addetti tale percentuale è salita al 7,4%, mentre quelle con più di 9 hanno totalizzato un più modesto 1,3% (tabella 1). L’incremento medio del fatturato è stato del 3,8% (+2,5% in Veneto), che ha raggiunto 7,2% per le piccole imprese ed è sceso a 3,1% per le altre. Gli ordinativi dall’interno sono complessivamente aumentati del 5,6% (3% in Veneto), con una forbice di oltre due punti percentuali tra il 7,4% delle imprese 2-9 e il 5% delle altre. Negli ordini dall’estero hanno pesato le difficoltà internazionali: il +0,4% di Belluno è risultato ben inferiore al +2,4% IX 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ medio regionale e in tal caso il gap tra le due fasce dimensionali è apparso ancora maggiore (+12,3% per le piccole e +0,3% per le altre). In tale contesto si è consolidata anche l’occupazione che, sia pur leggermente ridimensionata rispetto al trimestre precedente (-0,5%), è aumentata dell’1,5% sul quarto del 2007). La ripresa occupazionale, che per molto tempo è dipesa dalle grandi imprese (inizialmente l’occhialeria, poi la meccanica), ora appare più forte tra le aziende fino ai 9 addetti (+2,7%) rispetto a quelle sopra tale soglia (1,2%). Solo le assunzioni di extracomunitari continuano ad essere più marcate tra le imprese di grandi dimensioni (che li hanno visti aumentare oltre il 20%) rispetto alle altre (meno del 6%). Tabella 1. Belluno e Veneto. Risultati dell'indagine sull'industria manifatturiera del periodo gennaio/dicembre 2007 (imprese 2-9 addetti, 10 e più e totali). Variazioni tendenziali (rispetto lo stesso periodo 2006) 1° trimestre 2007 2° trimestre 2007 2-9 10 e più Totale imprese addetti addetti Totale imprese 3° trimestre 2007 4° trimestre 2007 2-9 10 e più addetti addetti Totale imprese 2-9 addetti 10 e più addetti 2-9 Totale imprese addetti 10 e più addetti Produzione Belluno Veneto 3,5 3,5 0,3 -0,3 3,7 3,7 2,7 3,3 -1,4 -0,7 2,9 3,5 -2,6 1,3 -1,6 -2,0 -2,7 1,6 2,4 1,9 7,4 1,3 Fatturato Belluno Veneto 8,2 6,1 0,4 0,0 8,7 6,4 3,1 4,9 0,6 -0,6 3,2 5,2 -1,1 3,7 -1,6 -1,6 -1,0 4,1 3,8 2,5 7,2 3,1 Occupazione Belluno Veneto 1,7 0,0 -1,1 -1,8 2,3 0,3 0,9 0,4 0,0 -0,3 1,1 0,6 1,1 0,3 -0,3 -1,4 1,3 0,6 1,5 2,7 1,2 Ordinativi dal mercato interno Belluno Veneto n.d. n.d. n.d. n.d. 2,2 3,7 4,5 2,2 0,0 1,8 4,6 2,2 -3,3 -0,6 -1,6 -1,8 -3,8 -0,4 5,6 3,0 7,4 5,0 Ordinativi dal mercato estero Belluno Veneto n.d. n.d. n.d. n.d. 1,8 7,3 3,1 6,1 4,5 3,1 6,1 -0,2 5,0 3,9 3,1 -0,2 5,0 0,4 2,4 12,3 0,3 Fonte: Unioncamere del Veneto - Indagine "VenetoCongiuntura" All’interno delle imprese di 10 e più addetti, l’indagine permette di monitorare l’occhialeria, la cui produzione nel quarto trimestre 2007 è cresciuta del 2% (quindi più del 1,3% della media delle imprese di quella soglia dimensionale), il fatturato del 4%, gli ordini interni del +2,3%. Sul versante estero, a fronte di un aumento di fatturato del 10,8%, gli ordinativi sono calati del 2%, il che è senz’altro connesso alla debolezza degli USA e alla super valutazione dell‘euro. Per ciò che riguarda le piccole aziende, è importante sottolineare che se da tempo non si aprivano nuove attività artigiane dell’occhiale, nei mesi a cavallo tra il 2007 e il 2008 hanno preso avvio alcune nuove ditte individuali. La novità, pur quasi ininfluente sotto il profilo numerico, va salutata positivamente perché costituisce un elemento di rottura col passato, indicando l’esistenza di nuovi spazi di mercato per le piccole imprese, anche individuali. X 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Anche le previsioni a sei mesi sono in linea con la tendenza appena descritta: nel terzo trimestre rispetto agli altri è cresciuta la percentuale di coloro che si sono pronunciati per la stazionarietà (quasi sempre oltre il 50% degli intervistati) e tra i rimanenti sono prevalse le indicazioni di crescita, per effetto delle dichiarazioni delle piccole imprese, poiché le altre hanno evidenziato un atteggiamento più pessimistico. Si cita per tutti il dato delle aspettative di produzione: il 63,5% degli intervistati ha indicato stabilità e tra il rimanente 36,5% gli ottimisti si sono rivelati il 9,8% in più dei pessimisti. Tra le aziende 2-9 sono aumentati i cauti (67,4%), ma anche il gap tra ottimisti e pessimisti (14,5%); tra le altre, invece, sussiste un maggior pessimismo: la stazionarietà è stata indicata dal 53,7% del campione e nel rimanente 46,3% sono prevalse le attese al ribasso (il saldo % delle risposte è -2). E veniamo all’edilizia, per sottolineare che il trend dei lavori pubblici – che secondo Assindustria valgono tra il 20 e il 25% dell’intero comparto edile – ha avuto una battuta di arresto. Sono calate le gare e gli investimenti anche a causa dell’esclusione della provincia dalla programmazione delle grandi opere pubbliche. Le 75 gare del primo semestre, con un importo degli appalti vicino a quota 30 milioni di euro (pur escludendo dal conteggio una gara per complessivi 18 milioni), nel 2° semestre si sono ridotte a 54, per un importo complessivo di 22,5 milioni di euro. L’edilizia privata (residenziale e non residenziale) che pareva destinata a cali pesanti, tutto sommato ha tenuto, anche se nel Feltrino per alcune aziende si sono verificati tagli alla manodopera. In generale le imprese artigiane sono andate meglio di quelle industriali, che hanno maggiormente sofferto del ripiegamento fisiologico del ciclo espansivo del settore, durato in provincia più a lungo che in altre parti del Veneto. La situazione appare, però, in stallo, a causa del crescente costo dei mutui per la casa e di una domanda di abitazioni abbastanza piatta sia da parte dei residenti che degli stranieri (ancora pochi in provincia), mentre l’offerta supera la domanda e non sempre sa rispondere alle mutate esigenze di quanti ricorrono in provincia al mercato della casa o per migliorare il proprio standard abitativo o per esigenze turistiche (seconda casa). Al riguardo il Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l'Edilizia e il Territorio) stima che nel decennio 2005-2015 la provincia esprimerà una richiesta, poco vivace, di circa 5mila nuove abitazioni. Risulta dunque sempre più importante che l’edilizia privata si orienti al recupero dell’esistente, magari favorita da opportune incentivazioni da parte delle istituzioni pubbliche. Per valutare lo stato di salute di un’economia provinciale fortemente orientata all’export come la nostra, un capitolo estremamente importante è quello degli scambi con l’estero. Nel 2007 le esportazioni hanno palesato un XI 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ ottimo andamento: il flusso dei prodotti bellunesi verso l'estero ha avuto un incremento superiore ai 10 punti percentuali. Belluno ha fatto molto meglio del Veneto (fermatosi a quota +2,7%4), ma anche del dato del Nordest (+7,5%) e di quello nazionale (+8%). In ambito regionale quella bellunese è stata, in termini percentuali, la performance migliore dopo quella di Venezia (+14,1%), ma nettamente davanti alle altre province in una graduatoria, chiusa da Vicenza, l’unica “in rosso” (-3,6%). L’incidenza della percentuale veneta sul totale dell’export è salita in un anno dal 5,2 al 5,6%. Com’è facilmente intuibile, il prodotto locale più esportato sono gli occhiali, che nel 2007 hanno visto lievitare il volume dei traffici verso l’estero dell’11,2%, superando per entità quota 1,6 miliardi, mentre, al secondo posto, si sono confermate le “macchine e gli apparecchi meccanici”, che hanno sfiorato i 463 milioni di euro. Per quanto concerne le importazioni, il dato provinciale – che vede un aumento del 2,4% sul 2006 e consente alla provincia di mantenere la quota del 2,3% sul totale dell’import regionale – è inferiore sia al riscontro del Veneto (+3,6%) che a quello dell’Italia (+4,4%). In ogni caso il saldo commerciale provinciale, come del resto quello regionale, resta ampiamente in attivo, forte anche di una variazione assoluta pari in un anno a 226.193.965 euro. Grafico 3. Belluno, Veneto e Italia. Dinamica delle esportazioni (var.% rispetto anno precedente). Anni 2003-2007 25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0 var. % 2004/03 var. % 2005/04 var. % 2006/05 var. % 2007/06 Belluno 4,5 9,7 20,2 10,3 Veneto 6,5 1,1 13,9 2,7 Italia 7,5 5,5 10,7 8,0 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT 4 Si veda nota 2. XII 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Sulla base delle risultanze dell’Osservatorio statistico provinciale sul mercato del lavoro, concludiamo con l’occupazione. Il quadro per il 2007 appare confortante, anche se non brillante come nel 20065. La disoccupazione è calata sull’intero territorio provinciale, per tutte le classi di età e per entrambi i sessi. Quanto al primo aspetto, mentre nei Centri per l’Impiego (CPI) di Belluno e Pieve di Cadore lo stock dei disoccupati a dicembre 2007 era inferiore a quello dell’anno prima, ad Agordo e a Feltre si é registrato un leggero recupero in chiusura d’anno, su cui ci si potrà confrontare solamente a consuntivo di giugno 2008. I disoccupati sono diminuiti in termini assoluti su quasi tutte le fasce d’età, in primis in quelle che vanno dai 15 ai 29 anni e dai 30 ai 39, le più appetibili per i datori di lavoro, il cui peso percentuale sul numero di disoccupati segue dal 2006 un trend decrescente. In ribasso è risultato altresì il numero assoluto dei disoccupati dai 40 ai 49 anni, il cui apporto complessivo sul totale è rimasto pressoché costante per tutto il 2007, mentre sono leggermente aumentati i disoccupati da 50 a 64 anni, la cui incidenza è cresciuta negli ultimi mesi dell’anno. Poiché per tutto il 2006 e nella prima parte del 2007 l’aumento occupazionale aveva beneficiato anche di questa classe d’età (dalla quale le imprese hanno attinto in via residuale ad esaurimento delle altre), il modesto incremento di questi disoccupati da un lato è normale in un momento in cui si attenuano i ritmi della ripresa occupazionale (data la congiuntura in atto), ma dall’altro potrebbe anticipare un’inversione di tendenza, sulla quale ci si potrà pronunciare solo a giugno 2008. Tabella 2. Belluno. Disoccupati in senso stretto per sesso: medie annuali e var.% tendenziali. Anni 2005 - 2006 2007 ANNO Femmine Maschi Maschi + Femmine 2004 2005 2006 2007 2.873 3.010 2.610 2.128 1.899 2.019 1.842 1.559 4.772 5.029 4.452 3.687 var. % 2005/2004 var. % 2006/2005 var. % 2007/2006 4,8 -13,3 -18,5 6,3 -8,8 -15,4 5,4 -11,5 -17,2 Fonte: CPI della provincia di Belluno Si è protratto per tutto il 2007 il recupero delle lavoratrici, tanto che la distanza con i disoccupati di sesso maschile è oramai quasi annullata (tabella 5 G. Gobitti (2008), in Periodico Statistico della provincia di Belluno, n. 7. XIII 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ 2); l’Istat stima un tasso di disoccupazione femminile per il 2007 pari a 2,5%, ancora superiore all’1,8% di quella maschile, ma in calo rispetto al 2006 (2,6%). L’occupazione femminile ha raggiunto nel 2007 il 60,9% (rispetto al 54% veneto e al 46,6% nazionale), incrementata rispetto al 60,4 del 2006 e risultata inferiore solo ad alcune province dell’Emilia Romagna, tanto che Belluno dimostra di aver già superato l’obiettivo di Lisbona del 60% per il 2010. Negli ultimi due anni sono cresciuti sia gli avviamenti6 che le cessazioni, e i saldi si sono mantenuti positivi: quello dei tempi indeterminati (t.i.) si è confermato negativo, ma nel 2007 si è notevolmente ridotto (da -2.029 a -1.472), a seguito della probabile trasformazione di una parte dei contratti a tempo determinato (t.d.) sottoscritti nel 2006, nel pieno della ripresa economica e occupazionale. Sono risultati in calo i saldi sia del t.d. (da 6.388 a 6.223) che dei contratti di apprendistato (da 596 a 421); i primi sono scesi tra le occhialerie (saldo 2007 pari a 776 rispetto a 1.990 del 2006) e cresciuti nel metalmeccanico (685 rispetto al precedente 641), comparto al momento trainante, che ha visto diminuire anche il saldo negativo dei tempi indeterminati. In calo i saldi dei t.d. nelle costruzioni (a fronte di un peggioramento della situazione dei t.i. e nei servizi (+2.068 nel 2007 e 1.373 l’anno prima); questi ultimi sono l’unico settore con un saldo positivo di 404 unità (-196 nel 2006) anche nei tempi indeterminati. Tra le donne vi è stato un vistoso calo di interesse verso i contratti part time con un numero di ore settimanali inferiore a 20 (dal 22,4% degli avviamenti 2006 al 19,6% del 2007) a favore di una crescita del tempo pieno (da 54,5 a 57,6%), a causa probabilmente della necessità di maggiore entrate familiari. Infine, un rapido sguardo ai dati della Cassa Integrazione Guadagni: nel 2007 sono state autorizzate 960mila di intervento, circa 200mila in meno del 2006 (-35,8%). Sono diminuite le ore a sostegno sia del comparto edile (-41,7%) che del manifatturiero (-29%), all’interno del quale sono andati meglio il tessile (da 391 a 17mila), l’alimentare (-33,1%) e la trasformazione di minerali (-39%), mentre per la meccanica (che ricomprende l’occhialeria) sono state autorizzate 156mila ore in più sul 2006 (+71,9%). 6 I flussi di avviamenti e di cessazioni misurano il numero di contratti (e non di persone) avviati e cessati nel periodo di riferimento; una persona può essere interessata a più avviamenti e/o cessazioni nell’arco temporale considerato. XIV Il rallentamento dell’economia nazionale nel 2008 e i suoi possibili effetti sulle province Il 2008 non è iniziato affatto bene per l’economia globale e soprattutto per l’Italia. Lo sviluppo mondiale sembra reggersi sulle economie emergenti asiatiche e latino-americane (Cina, India, Brasile) e sui principali produttori di materie prime (paesi dell’OPEC e Russia). All’inizio del 2008 il quadro macroeconomico generale risulta pesantemente condizionato da tre fattori: 1) le tensioni sui mercati finanziari; 2) i rialzi dei prezzi del petrolio e dei beni in generale (che sottraggono capacità di spesa alle famiglie e reddito alle imprese, con evidenti riflessi sulla domanda interna); 3) la debolezza del dollaro (che riduce la capacità dell’Eurozona e degli altri paesi di esportare verso il principale motore dell’economia mondiale). La crisi dei mutui ipotecari sta rischiando di mandare in recessione l’economia USA e i suoi effetti si sono propagati nel vecchio continente sia nel settore del credito che sotto forma di minori esportazioni per un rallentamento della domanda americana. Durante il mese di marzo la Federal Reserve ha ridotto il costo del denaro portando il tasso di riferimento a 2,5% dal 3,5% precedente; la Banca Centrale Europea, al contrario, ha lasciato il tasso-base al 4,0%, conseguentemente l’euro ha continuato ad apprezzarsi, con una quotazione massima di circa 1,6 nei confronti del dollaro, fatto che contribuisce ad aggravare il rallentamento economico in atto. Inoltre, la politica monetaria non è riuscita a contenere l’inflazione (la mission della BCE è quella di controllo sui prezzi e, quindi, dell’inflazione, a differenza della FED che ha compiti anche in materia di sviluppo), che invece si mantiene sopra il 3%, ossia oltre il target del 2% fissato dalla stessa Banca Centrale. Conseguentemente, per quasi tutti i Paesi, compresi quelli emergenti (sia pure in misura ridotta) i principali istituti di ricerca hanno già rivisto al ribasso le previsioni di crescita del PIL per il 2008 che erano state formulate in autunno. La Commissione Europea si è pronunciata per un 2% per l’intera Unione e per un 1,8% per Eurozona. La Germania continuerà a dare un contributo positivo (1,6%), la Francia crescerà dell’1,7%, la Spagna realizzerà il 2,7%, e, fuori dall’Area euro, il Regno Unito aumenterebbe dell’1,7%. XV 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Il rallentamento che si verificherebbe in Europa non dovrebbe, però, modificare pesantemente il suo trend di crescita di lungo periodo. Diverso è il caso dell’Italia. Tra il quarto trimestre 2007 e il primo 2008, il nostro Paese non solo ha confermato il ritardo di crescita nei confronti dell'Eurozona, ma ha ulteriormente ampliato il gap, arrivando fino alle soglie della recessione. Le prospettive per il 2008 sono state ridimensionate: l'aumento del PIL, secondo le previsioni governative della Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica, si fermerà allo 0,6% e tutte le più recenti previsioni dei maggiori centri nazionali oscillano tra lo 0,5% e lo 0,7%. Il quadro della congiuntura italiana a inizio primavera si presenta, dunque, peggiore rispetto a quello, pur mediocre, prospettato solo tre mesi prima (quando il PIL veniva dato in crescita dell’1%). I dati relativi ai primi mesi sembrano confermare queste previsioni, con l’inflazione arrivata a marzo a un aumento del 3,3% e con la produzione industriale cresciuta a gennaio dello 0,5% tendenziale. Gli indicatori di fiducia di imprese e consumatori sono in peggioramento e si stanno portando ai minimi dell’ottobre 2005; di conseguenza, anche per effetto dell’aumento dell’inflazione i consumi subiranno un rallentamento (+0,9%) e la domanda estera dovrebbe decelerare (+2,9%) rispetto al 2007, pur mantenendosi sostenuta grazie a un buon andamento degli scambi con l’UE. In questo contesto il Veneto si muoverebbe, come per il 2007, conseguendo risultati migliori dell’Italia. Nel 2008 la sua crescita oscillerebbe tra l’1,2 e l’1,6%, ma alla luce delle recenti revisioni al ribasso della stima per l’economia italiana il tasso di sviluppo regionale potrebbe subire anch’esso una correzione. Secondo Unioncamere-Tagliacarne, l’affermazione delle imprese nazionali nel mercato globale è ostacolata da una serie di criticità strutturali riassunte in dieci punti: 1) il debito pubblico più elevato d’Europa, pari al 104% del PIL; 2) l’eccessiva frammentazione del sistema produttivo: il 99,8% delle imprese ha meno di 50 addetti e la metà di esse ne ha meno di 10; 3) l’elevata vocazione a produrre in settori tradizionali a basso valore aggiunto e a forte esposizione alla concorrenza internazionale; 4) la forte dipendenza energetica dall’estero; 5) l’inadeguatezza della dotazione infrastrutturale; 6) le difficoltà nelle relazioni tra banche e imprese; 7) alti costi e lentezza della burocrazia; 8) elevata pressione fiscale; 9) l’insufficiente propensione all’innovazione e alla ricerca scientifica; XVI 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ 10) le difficoltà storiche ad avviare un processo di crescita da parte di numerose aree del Mezzogiorno, dove il divario con il Nord in termini di PIL pro-capite non si riduce dagli Anni Novanta. Le province italiane, a seconda che siano pro-cicliche, anticicliche o acicliche, in funzione delle specifiche vocazioni economiche e delle caratteristiche della struttura produttiva, risentiranno in misura differente del rallentamento dell’economia mondiale in atto, allineandosi o meno alla congiuntura nazionale. Le province pro-cicliche seguono l’andamento nazionale e sono a forte caratterizzazione metropolitana (con una elevata densità abitativa, una concentrazione di imprese del terziario avanzato e di attività manifatturiere a elevato valore aggiunto), e/o ad elevata vocazione manifatturiera, che presentano un’alta propensione all’esportazione e una forte diffusione di imprese sul territorio. In tutto 42 province, la maggior parte di quelle del NordEst (tutte quelle del Veneto eccetto Rovigo), della Lombardia e sette realtà meridionali. In esse risiede il 56,4% della popolazione italiana, si produce il 59,3% del PIL nazionale e si esporta il 64,4% dei prodotti destinati ai mercati esteri. Su queste il rallentamento in atto potrebbe avere un impatto medioalto. Le province non cicliche (anti-cicliche o acicliche) presentano un’elevata vocazione per i servizi tradizionali o per l’attività agricola e un peso della domanda interna su quella aggregata particolarmente rilevante. Sono province con imprese appartenenti alla grande industria manifatturiera (che condizionano e determinano un ciclo congiunturale per certi versi “starato” dalle tendenze nazionali), con economie di piccole e medie dimensioni, caratterizzate da una apertura medio-bassa sui mercati esteri e una fragile presenza del settore manifatturiero. Complessivamente 33 province (tra cui Rovigo) che anticipano o posticipano le fasi del ciclo economico nazionale o sono “neutrali”, secondo un modello che le penalizza nei periodi di espansione (o comunque non consente loro di ottenere performances in linea o al di sopra della media nazionale) e le protegge nei periodi di crisi, come quello attuale. Tali province pesano sul totale nazionale per il 19,2% in termini di popolazione, contribuiscono per il 20% alla formazione del PIL e per il 15,7% alle esportazioni italiane. Infine, è stato individuato un gruppo “cerniera”, composto da 28 province che risentiranno in misura medio-alta del rallentamento dell’economia nazionale ma che, insieme al precedente gruppo, potrebbero avere un ruolo “calmieratore” del ciclo economico negativo. Queste pesano per il 23,7% della popolazione residente, il 20,7% dl PIL e determinano il 20% delle esportazioni nazionali. Alla luce di ciò, per contrastare il rallentamento dell’economia, nei prossimi mesi la politica italiana dovrebbe tenere sotto controllo anche gli XVII 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ aspetti mesoeconomici (territoriali), oltre a quelli macroeconomici (PIL, inflazione, conti pubblici, ecc.) e microeconomici (le performances e le strategie delle imprese). Tabella 3. L’impatto del rallentamento del PIL 2008 sulle province italiane Province ad “Alto Impatto” Venezia Lucca Prato Arezzo Milano Crotone Trieste Belluno Caserta Perugia Treviso Pistoia Modena Ancona Reggio E. Roma Teramo Genova Bologna Avellino Torino Messina Como Napoli Trento Alessandria Rimini Pesaro Urbino Firenze Isernia Vicenza Ravenna La Spezia Padova Verona Varese Taranto Sassari Vercelli Palermo Lecco Sondrio Peso su Pil totale Peso su export totale Peso su pop. totale Correlazione* PIL Italia/Pil prov. 95-06 0,95 0,92 0,9 0,89 0,87 0,86 0,85 0,84 0,83 0,82 0,82 0,8 0,79 0,77 0,76 0,75 0,75 0,74 0,74 0,74 0,73 0,73 0,72 0,72 0,71 0,71 0,71 0,7 0,7 0,69 0,69 0,67 0,67 0,67 0,66 0,64 0,64 0,63 0,62 0,61 0,61 0,6 0,593 0,644 0,564 Province a “Medio- Correlazione* Province a “Medio Alto Impatto” Basso Impatto” PIL Italia – Pil prov. 95-06 Lodi Catania Bari Catanzaro Biella Livorno Pescara Ragusa Siena Campobasso Novara Cagliari Cosenza Bergamo Brindisi L'Aquila Piacenza Massa-Carrara Brescia Foggia Lecce Bolzano Verbania Chieti Ascoli Piceno Savona Siracusa Terni Peso su Pil totale Peso su export tot. Peso su pop. totale Parma Cuneo Latina Enna Potenza Vibo V. Reggio C. Pisa Forli' Grosseto Ferrara Pavia Imperia Mantova Pordenone Udine Salerno Asti Cremona Benevento Matera Gorizia Nuoro Macerata Rovigo Aosta Rieti Frosinone Caltanissetta Viterbo Oristano Trapani Agrigento Peso su Pil totale Peso su export tot. Peso su pop. totale *massima correlazione = 1; assenza di correlazione = 0; correlazione inversa < 0 Fonte: Istituto Tagliacarne - Fondazione Unioncamere XVIII 0,57 0,56 0,55 0,54 0,54 0,54 0,52 0,51 0,51 0,5 0,49 0,49 0,48 0,48 0,47 0,47 0,47 0,44 0,43 0,43 0,42 0,41 0,41 0,39 0,39 0,37 0,33 0,33 0,207 0,2 0,237 Correlazione* PIL Italia – Pil prov. 95-06 0,32 0,31 0,3 0,27 0,26 0,25 0,24 0,24 0,2 0,2 0,19 0,17 0,17 0,15 0,14 0,13 0,12 0,11 0,1 0,07 0,05 0,02 0,02 0 -0,08 -0,1 -0,13 -0,18 -0,19 -0,21 -0,21 -0,28 -0,51 0,2 0,157 0,192 La competitività della provincia: criticità e punti di forza Belluno appartiene alle 42 province pro-cicliche, e avendo un grado di correlazione7 piuttosto elevato, le ripercussioni della crisi attuale potrebbero farsi sentire pesantemente. In questo paragrafo vediamo in che modo questo potrebbe avvenire, ossia analizziamo quali sono i punti critici dell’economia bellunese e quali quelli di forza che potrebbero, invece, compensarne (almeno in parte) gli effetti negativi. A influenzare le dinamiche economiche provinciali sono alcuni fattori esogeni (esterni alla provincia) ed endogeni (peculiari a essa, sui quali in qualche modo si può anche intervenire). Le dinamiche dei prezzi Anche Belluno risente del rincaro dei prezzi delle materie prime e del petrolio (giunto a fine aprile a sfiorare i 120 dollari al barile), che sono il primo dei fattori esogeni, al di fuori anche del controllo del Paese, dell’attuale stagnazione dell’Italia e causa della forte crescita dell’inflazione. Come si evince dal grafico 4, un primo aumento significativo della variazione percentuale dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) si è avuto a giugno (+1,6%), ma è a partire da ottobre che si fa consistente e soprattutto in continua accelerazione. A gennaio la variazione era del +2,9%: l’Istat, nel pubblicarla, faceva sapere che si era raggiunto il massimo dal 2001 (ma a marzo già lo si è superato 7 La correlazione misura l’entità del legame tra due variabili: è massima in corrispondenza di 1 (che significa che al variare di una l’altra segue pedissequamente), è nulla se tra le due non esiste alcuna relazione, negativa nel caso in cui la relazione sia inversa (al variare di una l’altra si muove in senso opposto). XIX 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ con un +3,3%) e che tale valore era la sintesi di tre tendenze diverse per altrettante categorie di beni8. Se per i beni a bassa frequenza di acquisto la crescita era solo dell’1,7% e per quelli a frequenza media dell’1,8%, per quelli ad alta frequenza di acquisto (comprendenti i generi alimentari) si raggiungeva addirittura il +4,8%, fatto che ha pesanti ricadute sulle fasce sociali più deboli, tra cui gli anziani. Come è noto, l’impennata dei prezzi dei beni alimentari molto dipende dall’aumento del costo dei cereali (il grano in primis) registrato sui mercati internazionali. Autorevoli commentatori evidenziano che tale tendenza non ha natura temporanea e che si protrarrà (probabilmente con effetti più contenuti) nel lungo periodo, poiché da un lato è alimentata da una domanda crescente di beni di consumo da parte dei paesi emergenti (in cui aumento il numero degli individui che superano la soglia di povertà), dall’altro da quella esercitata dai paesi sviluppati, dovuta anche alla possibilità di utilizzo dei cereali come fonte energetica alternativa al petrolio. Pur non potendo generalizzare a tutta la provincia, è comunque significativo il fatto che nel periodo considerato l’aumento dei prezzi nel comune capoluogo sia stato sistematicamente più elevato, come si evince dal grafico 4. 8 Rientrano tra i prodotti ad alta frequenza di acquisto: generi alimentari, bevande alcoliche ed analcoliche, tabacchi, spese per l’affitto, beni non durevoli per la casa, servizi per la pulizia e la manutenzione della casa, carburanti, trasporti urbani, giornali e periodici, servizi di ristorazione, spese di assistenza; il loro peso sul paniere è pari al 39% del paniere. I prodotti a frequenza media comprendono spese di abbigliamento, tariffe elettriche, dell’acqua potabile e smaltimento dei rifiuti, medicinali, servizi medici e dentistici, trasporti stradali, ferroviari, marittimi e aerei, servizi postali e telefonici, servizi ricreativi e culturali, pacchetti vacanze, libri, alberghi e altri servizi di alloggio, per un peso sul paniere pari a 42%. Infine, i prodotti ad alta frequenza comprendono elettrodomestici, servizi ospedalieri, acquisto dei mezzi di trasporto, servizi di trasloco, apparecchi audiovisivi, fotografici ed informatici, articoli sportivi, con un peso sul paniere pari al 19%. Dal 2002, anno di introduzione dell’euro, la crescita dei prezzi dei beni ad alta frequenza d’acquisto è stata sistematicamente superiore all’indice complessivo dell’inflazione, da cui la forte differenza tra l’inflazione “percepita” relativa a questi beni e quella reale, misurata con l’indice ufficiale. XX 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Grafico 4. Indici nazionali e di Belluno capoluogo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (var.% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente) (base 1995=100) Italia 4 Belluno 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 01/'07 02 /'07 03 /'07 04 /'07 05 /'07 06 /'07 07 /'07 08 /'07 09 /'07 10 /'07 11 /'07 12 /'07 01 /'08 02 /'08 03 /'08 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT Oltre all’inflazione, altri fattori esogeni incideranno negativamente sull’economia provinciale: i tassi di cambio, la debolezza del dollaro e il supereuro. Sono invece di natura endogena la caratteristiche strutturali dell’economia provinciale, che ne determinano criticità e punti di forza. Gli scambi con l’estero Con una propensione all’esportazione del 43,4%9, le imprese bellunesi vendono proporzionalmente di più all’estero di quelle venete (36,9%) e delle nazionali (25,2%) (tabella 4). Inoltre, il grado di dipendenza dal mercato straniero è piuttosto elevato (l’indice di copertura delle importazioni è pari a 302,7%, mentre in Veneto è di 123,9% e in Italia non arriva a 100) e poiché il principale mercato di sbocco sono gli Stati Uniti, il rischio di una decelerazione è piuttosto concreto e in qualche modo anticipato dalla modesta percentuale di crescita degli ordinativi dall’estero registrato dal manifatturiero bellunese (tabella 1). 9 La propensione all’esportazione è il rapporto percentuale tra le esportazioni e il PIL; il tasso di apertura al mercato estero è ottenuto dal rapporto % tra la somma dell’export e dell’import sul PIL (perciò misura l’apertura del sistema produttivo locale nei confronti degli sbocchi internazionali di mercato); l’indice di copertura delle importazioni è il rapporto percentuale delle esportazioni sulle importazioni (misura la dipendenza dal mercato straniero). XXI 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Tabella 4. Belluno, Veneto e Italia: indicatori di competitività con l’estero Belluno Propensione all'esportazione (%) (a) Tasso di apertura al mercato estero (%) (b) Indice di copertura delle importazioni (%) (c) Veneto Italia 43,4 36,9 25,2 58,8 66,4 52,0 302,7 123,9 97,4 Fonte: ns. elaborazione su dati Istat e Unioncamere-Tagliacarne (a) Esportazioni / Pil (valori 2006) x 100 (b) Somma dell'export e dell'import / Pil x 100 (c) Esportazioni /Importazioni x 100 Il fatto che le esportazioni siano tre volte le importazioni indica che la bilancia commerciale è fortemente in attivo, e ciò è sicuramente un indice della robustezza dell’economia locale, che in parte riduce l’esposizione complessiva verso l’estero: il grado di apertura al mercato estero è pari a 58,8% che, pur essendo più elevato del 52% medio nazionale, risulta inferiore al 66,4% regionale. L’incidenza del Secondario In provincia il Secondario (industria manifatturiera e delle costruzioni) ha un peso rilevante in termini di Pil (38,6%), di occupati (49,1%) e di imprese (32,5%), maggiore sia della media regionale che nazionale (grafico 5). Grafico 5.1. Belluno, Veneto e Italia: PIL 2006 per settore di attività economica (incidenza %) agricoltura industria servizi 100% 80% 60,4 63,7 71,4 20% 38,6 34,5 26,6 0% 1,0 Belluno 1,8 Veneto 2,1 Italia 60% 40% Fonte: ns. elab. su dati Unioncamere - Tagliacarne XXII 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Grafico 5.2. Belluno, Veneto e Italia: occupati 2007 per settore di attività economica (incidenza %) agricoltura industria servizi 100% 80% 48,7 57,6 65,9 38,9 30,2 60% 40% 20% 0% 49,1 2,2 Belluno 3,5 4,0 Veneto Italia Fonte: ns. elab. su dati ISTAT Grafico 5.3. Belluno, Veneto e Italia: imprese attive al 31 dicembre 2007 per settore di attività (incidenza %) agricoltura industria servizi 100% 80% 53,8 50,8 54,9 32,5 30,1 27,3 13,7 19,1 17,8 Belluno Veneto Italia 60% 40% 20% 0% Fonte: ns. elaborazione su dati Infocamere - Stock-view Tale caratteristica esaspera gli effetti della congiuntura, come è successo nella ripresa del 2006 (che a Belluno è stata più sostenuta rispetto al Veneto) e come potrebbe succedere negativamente nell’attuale fase di stagnazione, secondo il comportamento descritto per una provincia pro-ciclica. L’industria manifatturiera e quella delle costruzioni, pur incidendo meno di Commercio e Servizi, sono fortemente rappresentate a Belluno, perciò possiamo dire che siamo anche in presenza del terzo dei fattori strutturali nell’elenco dei dieci individuati da Unioncamere come limitanti lo sviluppo XXIII 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ economico, e cioè un’elevata vocazione in settori tradizionali a basso valore aggiunto e a forte esposizione alla concorrenza internazionale (tabella 3). La struttura imprenditoriale L’imprenditorialità in provincia è più bassa che nel Veneto e in Italia: a Belluno si contano 7,4 imprese attive ogni 100 abitanti rispetto all’8,7% del Veneto e dell’Italia. Dal 2006 al 2007 il tasso di crescita10 delle imprese in provincia è stato negativo (-1%, che arriva a -0,8% al netto dell’agricoltura e la pesca), mentre le dinamiche in Veneto e in Italia, anch’esse negative, sono state più contenute (-0,2% e -0,1% rispettivamente) e diventano positive se le consideriamo al netto dell’agricoltura e della pesca (+0,7% e +0,4%). Sempre ragionando in termini di tassi di crescita, appaiono in diminuzione le società di persone (-1,6%) e le ditte individuali (-1,3%), mentre sono positivi i tassi relativi alle altre forme giuridiche (2%) e alle società di capitali (+1,1%). Tale tendenza accomuna Belluno al Veneto e all’Italia, tuttavia con dei risultati molto meno apprezzabili in provincia. Le imprese (soprattutto quelle manifatturiere) hanno reagito alla crisi del 2004-2005 diventando più strutturate e capitalizzate, cioè preferendo la forma delle società di capitale alle altre, ma a Belluno il processo si è rivelato più lento che in Veneto (tasso di crescita +3,7%) e in Italia (+3,9%). E’ palese il ritardo: le società di capitali sono il 10,5% delle imprese attive ed anche se la loro incidenza percentuale è in crescita rispetto al 9,2% del 2003, in Veneto costituiscono il 15,8% e in Italia il 14,6%. Le infrastrutture materiali e immateriali Questa è senz’altro una delle note più dolenti per l’economia locale, come dimostra il giudizio di Unioncamere, che attribuisce a Belluno un indice generale delle infrastrutture per il 2007 pari a 43,3 (Italia =100), che gli vale il 95° posto nella graduatoria delle province italiane. Tale valore si abbassa a 11,6 relativamente alle ferrovie, 15,8 per la dotazione di aeroporti e 73,4 per la rete stradale (tabella 5). E’ in relazione al territorio (oltre che alla qualità delle infrastrutture, requisito rientrante nel giudizio espresso da Unioncamere) che viene attribuito un basso punteggio: per ogni 10 kmq di superficie territoriale, abbiamo 17 km di strade (contro i 27,4 di media nazionale), 0,04 km di autostrade (0,2 nazionale) e 0,3 (0,7 nazionale) km di ferrovia (tabella 5). 10 Il tasso di crescita o di sviluppo delle imprese si ottiene dal rapporto delle iscrizioni meno le cessazioni in un anno e il numero delle imprese registrate alla fine dell’anno precedente. XXIV 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Tabella 5. Dotazione infrastrutturale in provincia di Belluno (anno 2007) Competitività del territorio (fonte: TAGLIACARNE) Indice di dotazione della rete stradale (Italia=100) 73,471 indicatore 2007 Indice di dotazione della rete ferroviaria (Italia=100) 11,640 indicatore 2007 0,000 indicatore 2007 15,843 indicatore 2007 Indice di dotazione dei porti (e bacini di utenza) (Italia=100) Indice di dotazione degli aeroporti (e bacini di utenza) (Italia=100) Densità autostradale (elaborazione: UNIONTRASPORTI su dati ISTAT) Km di autostrade per 10 kmq di superficie territoriale (Italia= 0,215) 0,040 indicatore 2007 Km di autostrade per 1000 abitanti (Italia= 0,109) 0,069 indicatore 2007 Km di autostrade per 100 occupati (Italia= 0,027) 0,015 indicatore 2007 Km di autostrade per 1000 autoveicoli circolanti (Italia= 0,14) 0,090 indicatore 2007 Densità stradale (elaborazione: UNIONTRASPORTI su dati ISTAT) Km di strade per 10 kmq di superficie territoriale (Italia= 27,395) 16,989 indicatore 2007 Km di strade per 1000 abitanti (Italia= 13,961) 29,424 indicatore 2007 6,312 indicatore 2007 38,438 indicatore 2007 Km di strade per 100 occupati (Italia= 3,399) Km di strade per 1000 autoveicoli circolanti (Italia= 17,818) Densità ferroviaria (elaborazione: UNIONTRASPORTI su dati ISTAT) Km di ferrovie per 10 kmq di superficie territoriale (Italia= 0,649) 0,338 indicatore 2007 Km di ferrovie per 1000 abitanti (Italia= 0,331) 0,585 indicatore 2007 Km di ferrovie per 100 occupati (Italia= 0,081) 0,125 indicatore 2007 Fonte: Uniontrasporti e ns. elaborazioni su dati di fonti indicate In rapporto al numero di abitanti la proporzione è più elevata: 29,4 km di strade per 1.000 abitanti (rispetto ad una media nazionale di 14) e 0,6 km di ferrovia (0,3 nazionale). Tra tutte le tipologie di infrastrutture, il valore più alto (74,8) riguarda la dotazione di impianti e reti energetico- ambientali e, dopo le strade, abbiamo 68,6 sulle strutture sanitarie, 57,8 sulle reti bancarie e di servizi vari, 54,5 per le strutture culturali e ricreative e 34,1 per le strutture per l'istruzione. Dal grafico 6 risulta in tutta la sua evidenza lo svantaggio di Belluno con il Veneto, oltre che con la media nazionale (posta =100). XXV 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Grafico 6. Belluno. Indicatori di dotazione infrastrutturale per categoria di infrastrutture. Anno 2007 43,3 TOTALE 113,9 68,6 Strutture Sanitarie 115,7 34,1 Strutture per l'istruzione 94,4 Strutture culturali e ricreative 54,5 99,1 Reti bancarie e di servizi vari 57,8 122,2 Strutture e reti per la telefonia e la telematica 44,9 106,5 Impianti e reti energetico- ambientali 74,8 140,3 15,8 Aeroporti Porti Rete ferroviaria 115,6 0,0 139,1 11,6 Rete stradale 107,4 73,5 110,3 Veneto Fonte: ns. elab. Su dati Unioncamere - Tagliacarne XXVI Belluno 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Unioncamere attribuisce a Belluno un indice pari a 44,9 relativamente alle strutture e reti per la telefonia e la telematica: è un valore che si commenta da sé e che è in stretta relazione con il fatto che ancora molte zone della provincia risultano non servite dalla banda larga. Negli ultimi due anni in Italia si è lavorato molto sulla diffusione della Adsl, una tecnologia che potenzia la rete telefonica esistente, utilizzando gli stessi cavi di rame che consentono di telefonare, senza sostituire la vecchia infrastruttura. Questo ha permesso di portare il servizio in molte case e imprese (complessivamente al 94% degli italiani), così che se nel 2004 erano 9,8 i milioni di italiani senza Adsl, nel 2007 “soltanto” 3,411. Questi italiani si trovano in una condizione di digital divide, cioè di divario, svantaggio digitale, perché dispongono di una tecnologia di comunicazione molto meno potente di altri. Tuttavia, oltre certe distanze, certe quantità di traffico e certi tipi di servizi (in particolare video) la Adsl è insufficiente (proprio perché lo è l’infrastruttura di base su cui si poggia), mentre è necessario posare una fibra ottica (che arriva già nelle case di alcune centinaia di migliaia di italiani più fortunati) molto costosa. Tale fatto crea un digital divide di “seconda generazione” riferito alla mancata disponibilità di 20 Megabit: tale svantaggio nel 2007 coinvolgeva 23,2 milioni di italiani, che si aggiungono ai 3,4 che ancora non hanno la banda larga di prima generazione, tra cui molti bellunesi. Il digital divide è un limite pesante per i singoli, poiché crea nuove forma di ineguaglianza e per le imprese è uno svantaggio misurabile in maggiori costi e in minori opportunità. Investe intere aree dell’Italia e tra le regioni sfavorite non ci sono soltanto la Campania, il Lazio e la Sicilia, ma anche il Piemonte, la Lombardia e il nostro Veneto. Il poter disporre o meno di servizi quali la telemedicina e la teledidattica (che permettono di avere diagnosi o di seguire corsi scolastici a distanza) o la possibilità per le imprese di far circolare velocemente progetti, documenti e quant’altro, resi possibili dalla banda larga o ultralarga (come avviene nei Paesi scandinavi, in Australia e in Asia), fa la differenza competitiva tra Paese e Paese e contribuisce a creare il gap che separa l’Italia dai partner europei. Il mercato del credito Come si evince dal grafico 7, Belluno è meglio servita da sportelli bancari di quanto non lo siano il Veneto e l’Italia. Secondo la graduatoria di Unioncamere12, nel 2005 Belluno si collocava terza nel Paese per numero di 11 Per realizzare tale risultato dal 2004 al 2007 in Italia sono stati investiti sulla banda larga 900 milioni di euro, coperti per il 44% da fondi nazionali, per il 28% con fondi provenienti dai bilanci delle regioni, il 21% con Fondi Comunitari e il rimanente 7% coperto da altri enti locali (Fonte: Osservatorio banda Larga di Between, 2008). 12 Unioncamere, 2006, graduatorie per il 2005. XXVII 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ sportelli ogni 10mila abitanti e addirittura prima per totale di sportelli ogni 1.000 imprese. Tali sportelli offrono una buona copertura del territorio (58 comuni su 69), quasi la metà fa capo a banche a diffusione territoriale nazionale, ma vi è un buon 30% relativo a banche interprovinciali, tra le quali hanno intensificato la loro presenza quelle dell’Alto Adige, che operano nel territorio bellunese da alcuni anni. Grafico 7. Italia, Veneto e Belluno: numero di sportelli bancari nel 2007 (per 10.000 abitanti e 1.000 imprese) Belluno Veneto Italia 12,64 14,00 12,00 10,00 8,00 6,00 4,00 2,00 0,00 9,25 7,72 7,38 6,42 5,59 sportelli su 10mila abitanti sportelli per 1.000 imprese Fonte: ns. elaborazione su dati Tagliacarne, ISTAT, Infocamere Nonostante la più che buona dotazione di infrastrutture creditizie, nonostante una percentuale di sofferenze bancarie sugli impieghi nettamente inferiore a quella media nazionale (2,6% rispetto a 3,1%, peraltro in diminuzione dal 2,8% del 2006), la provincia sconta il prezzo di un mercato del credito non completamente efficiente. Nella graduatoria provinciale crescente del tasso di interesse sui prestiti a breve termine Belluno occupa solo il 47° posto, con un tasso medio pari al 6,35% (al primo posto Firenze con il 4,63% e all’ultimo Reggio Calabria con il 9,09%) e la penultima posizione in ambito regionale, preceduta solamente da Rovigo (6,67%). La demografia Un ulteriore elemento di criticità è rappresentato dalla demografia della provincia, innanzitutto perché, come ben evidenziato dal grafico 9, la sua crescita nel tempo non segue i ritmi del Veneto e dell’Italia, ma evidenzia XXVIII 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ delle dinamiche inferiori che sono state anche negative nel corso degli anni ’90. Con un numero di abitanti pari a 212.365, pari al 4,4% di quelli del Veneto, dislocati su una superficie che ne costituisce, invece, il 20%, la densità abitativa13 della provincia è la più bassa del Veneto, pari a 57,7, rispetto ad una media regionale di 259,6 e una nazionale di 196,2 abitanti per kmq. Questa bassa densità è uno degli indicatori (tra quelli di tipo ambientale) per i quali Belluno si trova ai vertici delle principali classifiche sulla qualità della vita, risultando in particolare quarta nel 2007 per il Sole 24 Ore, dopo altre tre province di montagna. Poiché la vita in montagna comporta molte più difficoltà di quella in pianura, ci sono molti comuni in provincia di Belluno che stanno subendo un processo di spopolamento, con il conseguente invecchiamento degli abitanti che vi rimangono, così che un basso indice di densità è anche l’inevitabile conseguenza negativa di questo tipo di dinamiche. Grafico 8. Belluno, Veneto e Italia. Popolazione residente al 31 dicembre (var. percentuale rispetto l’anno precedente). Anni 1991-2006 1,6 1,4 Belluno Veneto Italia 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 -0,2 -0,4 '92/'91 '93/'92 '94/'93 '95/'94 '96/'95 '97/'96 '98/'97 '99/'98 '00/'99 '01/'00 '02/'01 '03/'02 '04/'03 '05/'04 '06/'05 Fonte: ns. elab. su dati ISTAT Infatti questo è il principale problema demografico per la provincia: un elevato numero di anziani, a cui si accompagna un basso tasso di natalità. Il grafico 9 bene evidenzia che la percentuale degli over 65 al 31 dicembre 2006 risultava pari a 22,3%, nettamente superiore al 19,4% del Veneto e al 19,9% dell’Italia, ma solo cinque anni prima valeva oltre un punto percentuale in meno. La prima conseguenza economica di questo fatto è che all’aumentare del numero degli anziani cresce la domanda di un certo tipo di servizi di 13 Si definisce densità abitativa il numero di abitanti per kmq. XXIX 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ assistenza alla persona, che per ora viene (in parte) risolta ricorrendo all’immigrazione femminile dall’Est Europa, ma con il tempo potrebbe modificare le caratteristiche economiche del territorio. Basti pensare che le imprese alla voce “servizi pubblici, sociali e personali” sono aumentate del 2% in un anno, ma del 6,4% in sei anni. Grafico 9. Italia, Veneto e Belluno. Popolazione residente al 31 dicembre per fasce d’età (% su totale). Anni 2001 e 2006 0-14 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 15-64 65 e oltre 21,2 18,3 18,7 22,3 19,4 19,9 66,4 68,2 67,1 65,1 66,6 66,0 12,4 13,5 14,2 12,6 14,0 14,1 Belluno Veneto Italia Belluno Veneto Italia 2001 2006 Fonte: ns. elab. su dati ISTAT Anche la natalità in provincia è inferiore che nel Veneto e in Italia: secondo l’Istat nel 2007 a Belluno sono nati 8 bambini ogni 1.000 abitanti, rispetto a 9,9 in Veneto e a 9,514 in Italia, secondo una tendenza in crescita dai primi anni 2000, in coincidenza con l’afflusso degli immigrati, i quali con i loro comportamenti riproduttivi si sono resi protagonisti dell’aumento delle nascite (soprattutto in Veneto). Questo spiega perché l’incidenza percentuale dei giovani fino ai 14 anni è aumentata dal 2001 al 2006, come si evince dal grafico. Ciò che deve preoccupare è anche la perdita di importanza relativa della classe dai 15 ai 64 anni, che in provincia in cinque anni è passata dal 66,4% al 65,1%. Trattandosi della popolazione attiva, questo calo nel lungo periodo rischia di compromettere lo sviluppo economico della provincia (più in fretta di quello del Veneto e dell’Italia), poiché si amplifica il divario tra la parte della popolazione che produce ricchezza e quella che, avendola prodotta nel passato, la consuma. Conseguentemente, il problema demografico è una delle 14 Il tasso di natalità è il rapporto tra i nati vivi dell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente, moltiplicato per 1.000. XXX 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ cause strutturali che aumenta il gap tra la crescita potenziale e quella reale di un paese15. L’occupazione Vi sono tuttavia dei punti di forza dell’economia locale che potrebbero compensare almeno in parte gli effetti negativi dell’attuale congiuntura. Innanzitutto l’elevato tasso di occupazione, che a Belluno arriva al 67,8% (rispetto al 65,8% del Veneto e al 58,7% dell’Italia), avvicinandosi così al target del 70% previsto dagli accordi di Lisbona per il 2010. E’ positivo soprattutto il dato dell’occupazione femminile, che raggiungendo il 60,9% delle donne di 15 anni e più non solo è di gran lunga superiore al 54% veneto e 46,6% medio nazionale, ma certifica che la provincia si è collocata già al di sopra dell’obiettivo del 60% per il 2010. Il Reddito Quanto più è numeroso il popolo dei lavoratori, tanto più aumenta il Prodotto Interno Lordo di un territorio16, che è la misura fondamentale della sua ricchezza e, passando al calcolo pro-capite, del benessere dei suoi abitanti. Come evidenziato dal grafico 10, la variazione del valore aggiunto provinciale dal 2005 al 2007, pari al +6,5%, è stata superiore alla media nazionale (+3,4%) e inferiore a quella regionale (+10%), ma è in netta ripresa rispetto al modesto 0,5% registrato tra il 2004 e il 2005. La stessa tendenza caratterizza l’andamento della crescita del Pil procapite del grafico 11, che mette in evidenza anche la decelerazione avuta tra il 2006 e il 2007, a conferma del fatto che l’anno appena trascorso ha segnato un’inversione per gli italiani. Ogni bellunese ha posseduto nel 2007 in media 29.961 euro, un po’ meno dei 30.622 presenti nelle tasche di un veneto, ma più dei 25.862 euro di un italiano medio; tale valore colloca Belluno 22sima nella graduatoria di tutte le province, penultima (prima solo di Rovigo, 50sima) in quella regionale. 15 Il PIL potenziale è una funzione del PIL reale di un paese che si otterrebbe nell’ipotesi di piena occupazione. Il “vuoto” (gap) di PIL misura il rallentamento dell’attività economica, ovvero lo spreco di risorse dovuto ad un’occupazione non sufficientemente elevata. (Unioncamere, 2007). 16 Il Prodotto Interno Lordo (PIL) o Valore Aggiunto o Reddito di un Paese sono la stessa grandezza che esprime tre concetti diversi che coincidono nell’ammontare. Uno dei modi per quantificarla consistente nel sommare i redditi percepiti dalla collettività in un certo periodo con la propria opera (lavoro dipendente o autonomo) o con il proprio capitale ( di credito o di rischio), al netto dei costi dei beni e dei servizi immessi nelle varie fasi del processo produttivo o di erogazione dei servizi (il cosiddetto valore aggiunto). XXXI 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Grafico 10. Belluno, Veneto e Italia. Valore aggiunto a prezzi correnti (var.% rispetto l’anno precedente). Anni 2003 - 2006 12,0 10,0 8,0 6,0 4,0 2,0 0,0 var% '04/'03 var% '05/'04 var% '06/'05 Belluno 4,7 0,5 6,5 Veneto 3,9 1,8 10,0 Italia 3,8 1,9 3,4 Fonte: ns. elab. su dati Tagliacarne Grafico 11 - Belluno, Veneto e Italia. PIL pro-capite (var. % rispetto anno precedente). Anni 2003-2007 10,0 8,0 6,0 4,0 2,0 0,0 var. % 2004/03 var. % 2005/04 var. % 2006/05 var. % 2007/06 Belluno 4,4 0,5 7,3 4,1 Veneto 2,7 0,9 8,9 4,5 Italia 3,0 1,2 4,0 3,0 Fonte: ns. elab. su dati Tagliacarne XXXII 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Tuttavia, i bellunesi hanno saputo accumulare nel tempo la loro ricchezza, così che il patrimonio disponibile medio familiare risulta uno dei più elevati d’Italia (ottavo nella graduatoria nazionale) e secondo in quella regionale. E’ questa una caratteristica propria del bellunese, il quale dimostra di avere più di altri veneti una forte propensione ad investire in attività reali (il 65,6% del patrimonio, rispetto al 59,6% di un veneto) piuttosto che finanziarie e soprattutto nella casa (63,2% rispetto al 56,3% veneto), retaggio probabilmente anche di un passato di emigrante. Solo il 34,4% (6 punti percentuali in meno che nel Veneto) viene investito in attività finanziarie e tra queste la quota di ricchezza destinata ai valori mobiliari arriva appena al 19,9% (25,2% in Veneto). Si evidenzia, perciò, un atteggiamento molto prudente nella gestione del risparmio e degli investimenti da parte delle famiglie bellunesi. Analogamente, risulta piuttosto bassa la percentuale destinata nelle riserve (Fondi pensioni, TFR, assicurazioni ramo vita, ecc.), che vale il 6,4% contro il 7,2% regionale, mentre più elevata è la quota dei depositi (8,2% rispetto a 7,9%), confermando la tendenza a preferire forme di risparmio più “sicure”, specie in una fase di incertezza come quella attuale. Lo scenario previsionale al 2011 Unioncamere - Prometeia sviluppano un modello previsionale al 2011 (sezione 6 del presente Rapporto), dal quale si evince che la variazione media del valore aggiunto provinciale nel triennio 2008-2011 dovrebbe collocarsi al di sopra di quella regionale (pur convergendovi) e l’incremento occupazionale tornerebbe ad essere superiore sia di quello nazionale che di quello veneto. Grafico 12. Belluno, Veneto e Italia. Valore aggiunto, occupazione, esportazioni / valore aggiunto e PIL pro-capite: scenari previsionali al 2011 Valore aggiunto Occupazione 4,0 1,5 1,0 0,5 0,0 2,0 0,0 -2,0 2002-2004 Belluno 2005-2007 Veneto 2008-2011 Italia 2002-2004 Belluno 2005-2007 Veneto 2008-2011 Italia XXXIII 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Valore aggiunto per abitante Esportazioni / Valore aggiunto 30,0 20,0 10,0 0,0 50,0 0,0 2002-2004 Belluno 2005-2007 Veneto 2008-2011 Italia 2001-2003 Belluno 2004-2006 Veneto 2007-2010 Italia Fonte: ns. elab. su dati Unioncamere - Prometeia La propensione all’esportazione, pur confermandosi al di sopra del 40%, dovrebbe a fine triennio scendere fino a raggiungere un valore più in linea con quello veneto (in salita), mentre il reddito pro-capite è previsto crescere fino a compensare l’attuale distanza con quello regionale. Secondo Unioncamere, per favorire lo sviluppo di lungo periodo è necessario dar vita a «reti di impresa in una rete di territori»… cioè creare «un contesto di “maggiore relazionalità” tra gli attori locali (Istituzioni, Camere di Commercio, Associazioni imprenditoriali, imprese e banche)» in modo che il mercato sia «meno governabile con semplici relazioni contrattuali e maggiormente fondato su condizioni di contesto (dalle infrastrutture alle relazioni banche-imprese, alle relazioni formali ed informali tra imprese, alla valorizzazione delle filiere produttive, alla concertazione tra le parti sociali, al dialogo tra Istituzioni locali, etc.) che facilitano la cooperazione fra soggetti individuali e collettivi.» Peraltro, è proprio il disegno di legge sulla nuova politica industriale varato dal governo italiano il 22 settembre 2006, noto come Industria 2015, individua - tra gli altri – nelle “reti di imprese” e nell’innovazione due elementi chiave che potrebbero consentire un riposizionamento strategico delle nostre imprese e dell’economia nazionale all’interno del panorama mondiale. XXXIV 6ª Giornata dell’Economia __________________________________________________________________________________ Bibliografia Camera di CommercioI.A.A. di Belluno, Relazione sulla situazione economica in provincia di Belluno, vari anni Camera di Commercio,I.A.A. di Belluno (2007), Rapporto sull’economia locale, 5^ Giornata dell’economia Corriere della Sera del 02 04 2008, L’Italia a banda larga è divisa in tre, in Focus Adsl e fibre ottiche Provincia di Belluno (2008), Periodico Statistico della provincia di Belluno, n. 7 Unioncamere del Veneto (2007), Il reddito prodotto nel Veneto. Serie storica 20002005 Unioncamere del Veneto (2008), L’economia del Veneto nel 2007 e previsioni 2008 Unioncamere - Tagliacarne (2006), I tassi di interesse a livello provinciale, anno 2005, comunicato stampa del 15 dicembre 2006 Unioncamere-Tagliacarne (2007), Rapporto 2007. Temi e chiavi di lettura dei percorsi di sviluppo locale, 5^ Giornata dell’economia Unioncamere - Tagliacarne (2008), Temi e chiavi di lettura dei percorsi di sviluppo locale, 6^ Giornata dell’economia, 9 maggio 2008 Siti internet www.asianews.it www.bancaditalia.it www.borsamonitor.it www.finanziaonline.it www.istat.it www.ilsole24ore.com www.starnet.unioncamere.it XXXV