Globalizzazione economica Docente: Antonio Forte Lezione 08 La crisi argentina (cap. 2) La crisi giapponese (cap. 2) La crisi argentina - 1 L’Argentina negli ultimi decenni ha attraversato diversi periodi di crisi. Negli anni ’70 iperinflazione. Anni ottanta ancora iperinflazione e instabilità del cambio. Negli anni ’90 la situazione sembra stabilizzarsi, l’inflazione scende e viene fissato il cambio con il dollaro USA. La politica economica di Domingo Cavallo sembra funzionare. La crisi argentina - 2 L’inflazione scende fino allo 0% nel 1996. La crescita del Pil diventa sostenuta, molti anni intorno al +5% Forti afflussi di capitali dall’estero. Nel 1999, dopo un 1998 non positivo, l’Argentina entra in recessione colpita sia dagli strascichi della crisi Asiatica sia dalla recessione brasiliana. La crisi argentina - 3 La recessione del 1999 mette in dubbio la sostenibilità della situazione economica. Vi sono critiche interne alle misure di austerità. I tassi di interesse argentini cominciano a salire sui mercati (ricordate: maggiore la percezione del rischio, maggiori i tassi di interesse). Le riserve cominciano a ridursi, perché vi è una fuga di capitali verso l’estero. La crisi argentina - 4 Per arginare la crisi, Cavallo propone due misure Rinegoziare il debito, sostituendo i titoli in circolazione con titoli a più lunga scadenza e con tassi superiori. Azzerare il deficit, tagliando la spesa pubblica. Il provvedimento riesce solo a procrastinare la crisi. La crisi argentina - 5 Il FMI interviene con diversi prestiti. Tali prestiti consentono all’Argentina di non ricorrere ai mercati finanziari, dove dovrebbe pagare alti tassi di interesse per piazzare i titoli. Si crede che l’assistenza del FMI e la decisione di azzerare il debito possano ristabilire la fiducia nel Paese, far calare i tassi e alleviare i problemi di finanziamento e di sostenibilità del debito. La crisi argentina - 6 I tassi, invece, ritornano a salire. Cavallo prova ad ottenere un nuovo prestito del FMI, ma non lo ottiene. È costretto a dimettersi. La situazione precipita, siamo a fine 2001. Viene sospesa la convertibilità del peso con il dollaro. Vengono chiusi mercati finanziari e banche Si dimette il presidente in carica e il successore dura pochi giorni. Il successivo presidente, Duhalde, cerca di ristabilire la situazione. La crisi argentina - 7 Duhalde fissa un nuovo tasso di cambio contro il dollaro a 1,4 (contro 1 precedente), ma anche questo nuovo livello non sembra in linea con la situazione e i mercati non apprezzano la scelta. Si opta, quindi, per la libera fluttuazione. Inoltre, lo stato e gli altri emittenti argentini, bloccano il pagamento delle obbligazioni emesse. È il default (ricordate i tango bond?) La crisi argentina - 8 L’Argentina (come la Turchia, vedi libro) era una espressione del Washington Consensus. Politiche liberiste dettate dal FMI: riduzione del deficit di bilancio, riduzione dell’inflazione, ancoraggio della moneta, liberalizzazioni, privatizzazioni. Tali politiche ottengono risultati (come debellare l’inflazione), ma hanno basi non solidissime. La crisi argentina - 9 Difficile politicamente raggiungere gli obiettivi di bilancio. L’ancoraggio della valuta limita la competitività estera Il sistema bancario accumula passività in valuta estera (dollari) esponendosi al rischio della svalutazione. Lo squilibrio commerciale è finanziato da afflussi di capitale estero, capitale pronto a fuggire in mancanza di fiducia. La crisi argentina - 10 L’Argentina subisce anche la crisi brasiliana, che con la svalutazione del real contro dollaro mette in difficoltà i prodotti argentini. La crisi argentina può rientrare nel caso delle twin crises (cambio e banche) Le banche argentine, però, furono travolte dalla crisi del cambio, non ebbero un ruolo determinante nel creare il contesto sfavorevole. La crisi argentina - 11 L’apertura del mercato bancario attira molte banche straniere, che arrivano a detenere oltre la metà del mercato nel 1998. Il mercato era, quindi, aperto e concorrenziale e l’esposizione in dollari non era un peccato delle sole banche nazionali, o un modo per finanziarsi a basso costo. La crisi argentina - 12 Il problema di fondo argentino era la incompatibilità tra politiche economiche e tasso di cambio fisso. Argentina molto connessa con il Brasile: la svalutazione del real fu un duro colpo. Meno integrazione con gli USA. Apprezzamento dollaro dal 1996 in avanti fa perdere competitività alle merci argentine. Porre molta attenzione quando si decide di instaurare un regime di cambio fisso! La crisi giapponese - 1 La crisi giapponese è durata a lungo (il decennio perduto) e può configurarsi come una depressione. Il Giappone era visto come un modello, si pensava potesse superare perfino gli USA. Poi qualcosa si è inceppato nella macchina dell’economia giapponese, dando vita ad un lungo periodo di recessione-stagnazionedeflazione ancor oggi analizzato e utilizzato come monito in caso di situazioni parimenti critiche. La crisi giapponese - 2 Dopo la IIGM il Giappone sperimenta una crescita economica vigorosa, fino a diventare la seconda economia del pianeta (solo recentemente superata dalla Cina). Il propellente sono le esportazioni, soprattutto quelle tecnologiche, che invadono tutti i mercati. Negli anni ’90 il ciclo espansivo si ridimensiona notevolmente e nel 98-99 si registra una recessione. La crisi giapponese - 3 Il rallentamento economico provoca la caduta dell’inflazione dal 2,5% medio negli anni ’80, all’1,2% negli anni ’90. Ma l’aspetto più preoccupante è la deflazione tra 1995 e 1999. Cosa è la deflazione? Perché è cattiva? La crisi giapponese - 4 Perché si manifesta la crisi giapponese: -Scoppio bolla azionaria e immobiliare. Ad esempio tra 1980 e 1990 l’indice di borsa giapponese cresce del 223%. -La bolla azionaria scoppia dopo che la BC dichiara di voler far scoppiare la bolla, visto che i prezzi sono ormai slegati dal valore reale delle aziende. -Nel 1991 il mercato azionario crolla del 35% -L’anno successivo iniziano a calare le quotazioni immobiliari La crisi giapponese - 5 Un aspetto preoccupante della crisi giapponese è rappresentato dagli scarsi risultati delle politiche di rilancio. I tassi di interesse vengono ridotti: il tasso guida scende dal 7,8% del 1991 allo 0,7% del 1996 e poi rimane vicino allo 0% fino al 2007 (ancora adesso è praticamente azzerato). Il deficit viene più che raddoppiato, passando dal 3,4% del pil nel 1994 a oltre il 7% a inizio millennio. La crisi giapponese - 6 Scarsa crescita e deficit crescenti fanno esplodere il debito che da circa il 60% del Pil arriva al 191% nel 2006 (ora è oltre il 200%) Nonostante ciò, l’economia stenta: PIL cresce in media dell’1,7% tra 2000 e 2007 e si registra un calo dei prezzi del 3% tra 2000 e 2005 (cioè deflazione). Il Giappone, quindi, si trova nella cosiddetta “trappola della liquidità”: tassi azzerati, moneta in eccesso, ma scarsa crescita. La crisi giapponese - 7 Si suol dire che si può anche portare il cavallo alla fonte, ma se non vuol bere non lo si può costringere! La deflazione, non sconfitta a causa di una politica monetaria espansiva, ma non aggressiva quanto la situazione avrebbe richiesto, ha bloccato l’economia giapponese. Recentemente il nuovo governo ha indotto la banca centrale ad aumentare la quantità di moneta, far svalutare lo yen, incrementare export e ravvivare i prezzi. La crisi giapponese - 8 Interpretazioni della crisi: 1) Scoppio bolla>perdite bancarie>credit crunch>meno investimenti e consumi>meno occupazione>declino economico 2) Troppo credito a imprese inefficienti>imprese inefficienti tenute in vita>mercati poco concorrenziali perché imprese inefficienti non falliscono lasciando il posto a imprese nuove. Ciò ha neutralizzato le politiche espansive. La crisi giapponese - 9 Il sistema bancario giapponese ha stretti e forti legami con il sistema imprenditoriale (partecipazioni incrociate) È, inoltre, un settore poco concorrenziale Ciò fa deviare le banche da una gestione accorta del credito. Non possono negare finanziamenti a imprese di cui sono azioniste perché vedrebbero fallire una parte del loro attivo o non avrebbero dividendi o non vedrebbero più restituiti i prestiti. La crisi giapponese - 10 Lo scoppio delle bolle e la prolungata contrazione economica generano molte sofferenze bancarie. Le banche si erano esposte troppo verso il settore immobiliare nel momento del boom. Le grandi imprese si rivolgono ai mercati finanziari e, quindi, alle banche tocca finanziare PMI, generalmente più rischiose. La crisi giapponese - 11 La crisi giapponese si è rivelata molto lunga (in parte è arrivata fino ai giorni nostri, visto che la deflazione è ancora un pericolo) anche a causa delle inefficienze del settore bancario, favorito da una vigilanza non appropriata. Agire sul sistema bancario per riformarlo e renderlo più solido appena scoppia una crisi è il suggerimento che si può trarre dalla crisi giapponese. Hanno seguito questo insegnamento i regolatori di oggi?