CAPITALE INDUSTRIALE, FINANZIARIO, SPECULATIVO. 1. I FATTI. Alla svolta del XX° secolo, con la seconda rivoluzione industriale e l’espansione del 1896-1908, nascono, differenziandosi dalle banche di deposito (cosiddette inglesi), le banche miste (o tedesche), la cui caratteristica sta nella diversa funzione del capitale, prestato alle imprese produttive per investimenti, anziché destinato come credito alla circolazione, creando con ciò un’area di credito misto, da usare sia come capitale circolante, sia come capitale fisso. La necessità era quella di finanziare accumulazioni che superavano il reinvestimento dei profitti e di consentire di far fronte ai rischi d’impresa e ai tempi lunghi del rientro dei prestiti, spingendo conseguentemente alla formazione di società per azioni e all’unificazione identitaria delle direzioni di banca ed impresa. Da questo intreccio di capitale produttivo e capitale finanziario inizia, oltre la progressiva supremazia del sistema bancario su quello industriale, anche la storia della speculazione, come nuova specifica forma del capitale. La seconda svolta (quando compare massicciamente il capitale speculativo) inizia alla metà degli anni ’70, dapprima come speculazione sui cambi, per poi consolidarsi in borsa. La svolta è determinata dalla fine del regime monetario internazionale creato nel 1944, quando il dollaro funzionava come moneta di riferimento, convertibile in oro a 35 dollari l’oncia, mentre tutte le altre monete erano convertibili in dollari, mantenendo fra loro cambi fissi. Con la fine di tale regime – gli Stati Uniti non essendo più in grado di garantire la convertibilità dollaro-oro – senza più moneta di riferimento, i cambi possono ora oscillare, con possibilità di enormi guadagni quando si colga la direzione del cambio. Il capitale speculativo ha ovviamente origine nel settore produttivo (le corporations giapponesi, con forti liquidità finanziaria, si aprono all’attività speculativa sui cambi, utilizzando la forza crescente dello yen. È la stagnazione economica mondiale degli anni ‘70 che mette a disposizione della speculazione i capitali che non riesce più a impiegare produttivamente. Dal 1980 la borsa di New York raccoglie circa l'85% del mercato azionario, con indici di aumento annuo del 25% negli ultimi anni, quando invece la speculazione degli anni ’20 aveva incrementi annui del 12%, fino al crash del ’29. In rapporto al Pil americano, le transazioni azionarie annue sono passate dal 25% fra il 1933 e il 1982, al 150%, poi al 220% e infine al 330% (pari a una trentina di trilioni di dollari). [1 trilione = 1 milione di bilioni; 1 bilione = mille miliardi] Circa il 97% della fluttuazione mondiale di capitali é rappresentato oggi da capitale speculativo. Ma la crescita degli indici borsistici dal 1995 si blocca nella seconda metà del 1998. Dopo la crisi finanziaria che ha colpito il Messico nel 1994, seguono i paesi del Sud-Est asiatico nel 1997, la Russia nel 1998 ed il Brasile nel 1999: tutte crisi attribuibili in gran parte alle manovre dei capitali speculativi. Con la fase speculativa degli anni ‘80 e ’90 viene anche alla luce l’enorme indebitamento dell’economia americana: l’offerta speculativa delle banche non è più coperta; e, anche se Europa e Giappone lottano per assicurarsi i capitali da investire speculativamente, l’eventualità di una nuova recessione negli Stati Uniti può portare ora ad una crisi storica.. Oggi, l’economia cinese fornisce merci a basso costo, di bassa qualità e di scarso livello tecnico, necessarie per coprire il vuoto di produzione prodotto dal trasferimento dalla sfera produttiva a quella finanziaria. Questa produzione è caratterizzata da dumping [vendita all’estero a prezzo inferiore rispetto al prezzp del mercato d’origine], con salari tendenzialmente calanti. Non si tratta dunque dell’emersione di una nuova superpotenza economica destinata a dominare il mondo, ma del declino storico del capitalismo su scala planetaria. 2. I MECCANISMI. Secondo Marx, “tutte le nazioni capitaliste sono periodicamente prese dalla pazzia di cercare di fare soldi senza ricorrere al processo di produzione.” L’onda speculativa è pertanto, come dice P. Giussani, “una alterazione della fisiologia del sistema economico capitalista in funzione della quotidiana alimentazione del capitale investito speculativamente” (cioè della compravendita di titoli per realizzarne le differenze di prezzo). Oggi tutto il denaro è legato alla speculazione: a) per immissione nei fondi pensione e nei fondi comuni, b) per affidamento al private banking, c) per lascito della liquidità delle aziende produttive e commerciali in gestione a proprie finanziarie, create ad hoc per l’investimento speculativo. Insomma, tutto il denaro liquido entra nella speculazione: cash is trash. Quindi, responsabili della grande crescita del capitale speculativo sono gli investitori istituzionali (la gestione patrimoniale delle banche e la gestione dei fondi liquidi delle aziende produttive e commerciali, lasciata alle sussidiarie finanziarie appositamente create per l’investimento speculativo); anche i fondi comuni dei risparmiatori e i fondi pensione sono una frazione a sua volta dominata dalla attività delle banche, quindi da altri investitori istituzionali. Ma non basta: parte sempre più consistente del denaro investito speculativamente è costituita da denaro creditizio appositamente creato: denaro, che viene dall’indebitamento delle banche nei confronti del risparmio, anche per il tramite di istituzioni finanziarie, non bancarie, operanti a livelli ancora più alti di rischio. Si passa, complessivamente, dal 30% nel 1985 al 75% oggi. Non sono, insomma, solo le banche tradizionali (le banche commerciali) a creare questo credito; ad esse sono da aggiungere molte altre istituzioni, come i Money Market Funds, le Government Sponsored Entreprises e simili. Il motivo per cui il denaro viene attratto dall'investimento speculativo sta nel fatto che i titoli - come merce connessa a capitale produttivo (a profitto) - sembrano assumere una doppia funzione: quella di creare profitto addizionale attraverso i dividendi e quella di fornire profitti istantanei, ai detentori dei titoli, sotto forma di capital gains (accrescimenti di prezzo): i prezzi delle azioni rifletterebbero, insomma, i rendimenti futuri attesi del capitale produttivo che tali azioni rappresentano; teoria banale in tempi non speculativi, come ricorda Giussani, e falsa come compravendita di azioni esistenti. L’intreccio di capitale produttivo e speculativo è oggi inestricabile. Tutte le corporations del mondo gestiscono speculativamente le liquidità, retribuiscono i dipendenti, soprattutto i managers, in misura crescente con options sulle proprie azioni e sostituiscono tecnici e managers tradizionali con esperti in tecnica finanziaria, alterando con ciò anche la conformazione societaria, e perfino spezzando se stesse in segmenti, per poter emettere ancora azioni a scopo speculativo. La spinta dei detentori di titoli e simili a disfarsi dei pacchetti azionari per intascare i guadagni speculativi (gains) ha come conseguenza possibile la disgregazione stessa della unità capitalistica aziendale. Fusioni e concentrazioni fanno alzare gli indici di borsa, mentre le “crisi” sono controllate e fermate mediante il credito, concesso in enormi quantità dai governi e dalle banche centrali alle finanziarie per soddisfare obblighi a breve (‘bailout’ è la situazione in cui soggetti in bancarotta ricevono iniezioni di liquidità): “crisi” queste, tuttavia, che evidentemente non cancellano l’indebitamento. Il boom dell'economia americana presenta oggi caratteristiche opposte a quelle dell'ultimo boom economico dell’espansione postbellica, che va dal 1947 al 1973, denominato il golden age del capitalismo; caratteristiche opposte, che sono (secondo Giussani): a) declino del tasso di accumulazione e contemporaneo incremento dei consumi di lusso importati; b) crollo dei risparmi personali sul reddito disponibile; c) debito sul Pil in crescita (fino al 60% negli ultimi 10 anni); d) stagnazione salariale e incremento delle disuguaglianze di reddito; e) uno Stato (USA) a maggiore debito mondiale; f) caduta di saggio e massa dei profitti; g) record di bancarotte, fallimenti e mancate restituzioni di crediti bancari. Un volume crescente di denaro si è spostato sul Nasdaq, segmento massimamente speculativo del mercato, che comprende internet, la biotechnology e analoghe. Lo spostamento di fondi verso i titoli Nasdaq ha carattere creditizio più accentuato e presenta dosi più alte di rischio. L'espansione speculativa tende a mutare di forma, in quanto costretta a scadenze più brevi di rimborso e costretta a tassi di interesse ora crescenti, a differenza di prima. Nella nostra epoca, come s’è detto, il denaro cash scompare, fagocitato nel gioco speculativo: come s’è detto, cash is trash. Ma il contributo fondamentale alla speculazione è dato dall’enorme crescita dei derivatives: si tratta di forme d’investimento alternativo, che, nell'ultimo decennio, passano da circa 600 miliardi di US$ nel 1986 a 17mila miliardi nel 1999 (+28 volte). Come sottolinea Giussani, i derivatives sono la forma più funzionale del capitale speculativo, dato che fissano il capitale monetario in modo adeguato per giocare sulle differenze di prezzo continuamente create nelle oscillazioni del mercato finanziario. I derivatives assicurano contro il rischio solo perché lo spostano su qualcun altro (non certo in quanto lo eliminano), mentre accrescono questo rischio rendendo possibili maggiori esposizioni debitorie: per le maggiori banche americane impegnate nella speculazione coi derivatives, si è toccato il livello di 100, quando un livello superiore ad 1 è già considerato insostenibile in qualsiasi attività produttiva. Nell'ultimo decennio lo sviluppo del debito e quindi del rischio ha innalzato il valore complessivo del capitale speculativo da circa 600 miliardi di dollari nel 1986 a circa 50mila miliardi nel 2001 (circa ottanta volte) Si può tranquillamente asserire che i derivatives sono la forma perfetta del capitale speculativo. I derivatives sono un ibrido fra credito e scommessa: una forma di credito/debito aleatorio. Decisivo non è tanto il loro valore nominale: decisive sono le oscillazioni potenziali di tale valore, perché sono queste che dovranno venire pagate in contanti. I derivatives si suddividono in due fondamentali categorie: options e futures. Comprando una option si ‘possiede’ la possibilità di acquistare o vendere qualcosa ad un certo prezzo ad una certa data; vendendo la option ci si sottopone all’obbligo imposto dal diritto del compratore di questa. I futures invece obbligano tutte e due i contraenti a rispettare il contratto di compravendita futura: la perdita dell’uno è il guadagno dell’altro. Quanto all’indebitamento interno totale dell’economia americana, questo è raddoppiato in circa 20 anni, raggiungendo nel 2002 i 30 trilioni di dollari, ossia il 300% del Pil. Di questo indebitamento, quello pubblico è il più piccolo (circa il 47% del Pil); quello delle società non finanziarie è appena maggiore del debito pubblico, ma, a differenza di questo, è aumentato rapidamente negli ultimi otto anni; il debito delle famiglie ha invece toccato il 77% del Pil (producendo per la prima volta nella storia un tasso negativo di risparmio rispetto al reddito); infine, il debito del settore finanziario (quello che sostiene direttamente lo sviluppo dell’attività speculativa) è pari al 95% del Pil. Per concludere: gli attacchi alle monete si verificano costantemente. Per esempio, se gli speculatori vogliono attaccare lo yen giapponese, chiedono un prestito in yen, che poi convertono rapidamente in dollari. Se questa operazione é realizzata da vari speculatori allo stesso tempo, la vendita massiccia di yen provoca la diminuzione del tasso di cambio dello yen rispetto al dollaro, che si rafforza nella stessa proporzione rispetto allo yen. Se durante tale processo lo yen perde il 10% del suo valore, gli speculatori, che in quel momento possiedono dollari, li rivenderanno per acquistare nuovamente yen, il cui valore é diminuito del 10%. L’ambiguità dei benefici derivanti dalla mobilità internazionale dei capitali risiede nel fatto che alla transazioni finanziarie è associato il rischio. Se cala la fiducia nella valuta, gli investitori vendono gli investimenti denominati nella valuta sotto pressione. Inizialmente la banca centrale cerca di difendere la parità, aumentando il tasso di interesse o vendendo riserve; se l’attacco speculativo persiste, la banca centrale si arrende e la valuta si deprezza. La domanda centrale che si pone è se la crisi valutaria sia dovuta alla debolezza dei fondamentali dell’economia oppure se sia legata al puro attacco speculativo: se sono gli investitori a determinare inversioni di aspettative o se essi vi reagiscano meccanicamente. 3. LE CONSEGUENZE. (da P. Giussani, F.W. Engdahl, G. Hernandes, J. Petras) 1) Le potenzialità speculative del capitale finanziario (al di sopra di ogni confine territoriale) hanno reso possibile la globalizzazione del capitale, creando l’illusione di una forza opposta alla caduta generale del saggio di profitto. 2) La crescita di capitale speculativo si accompagna ad una contrazione dell’accumulazione industriale, con conseguente incremento dell’esercito di riserva e caduta del suo potere contrattuale. 3) Gli investimenti speculativi del capitale finanziario (prestato a quello produttivo) costituiscono una riduzione effettiva di capitale produttivo a vantaggio di quello speculativo; se invece il capitale prestato alla produzione non rientra o se il potere politico lo converte in trasferimenti a fondo perduto si incrementa il deficit pubblico (il disavanzo in quanto spesa non coperta dalle entrate) e il debito pubblico (calcolato in percentuale del Pil, nei confronti di chiunque copra quel deficit). 4) Il rapporto profitto-salario nel reddito nazionale degli USA ha visto un incremento del 50% a scapito della quota salariale, scesa dallo 0.62 del 1952 al 0.41 del 1981. Questo dato mostra che, a livello globale, si è dovuto verificare un incremento dell’intensità del processo lavorativo (con aumento dei saggi di profitto, negli ultimi 20 anni dell’economia USA), con “economizzazione e maggior spremitura fisica di impianti, strutture e macchinari” (Giussani). 5) A questi maggiori guadagni ha corrisposto un boom di reinvestimento in macchinari (seconda metà degli anni ’90) dovuto all’acquisto di genere informatico e telematico (oltre – come s’è già visto – a salari più alti e premi a managers e a funzionari del settore finanziario). Anche il tasso d’incremento di produttività accelera in concomitanza con il boom d’investimenti nell’informatica. Ma se escludiamo il settore della produzione di questi beni, per esaminare invece i settori che li usano produttivamente, il boom di investimenti e di produttività svanisce. Ulteriore quota di questi maggiori guadagni viene assorbita da maggiori imposte, usate per coprire parte del debito pubblico. 6) In conclusione, a livello globale, i minori profitti hanno ridotto drasticamente gli investimenti in capitale fisso. 7) Il sistema economico degenera in direzione parassitaria: il settore produttivo è usato per produrre consumi di lusso e strumenti per il settore finanziario e speculativo, che funzionano implicitamente come “sistema di spoliazione sociale” (Giussani) per procurare consumi di lusso; tutti gli altri settori si vanno lentamente disfacendo. 8) Il sistema è sempre sull’orlo del crash: il divario crescente fra crescita del credito speculativo e guadagno del capitale speculativo mostra che le entrate dai titoli venduti non bastano ad annullare il debito creato. Il sistema produttivo, anziché offrire denaro necessario a coprire il credito, incrementa il volume del debito. Quando, stretti da scadenze debitorie, c’è necessità di realizzare in denaro il valore dei titoli, cade il loro valore nominale, mentre resta inalterato l’ammontare del debito da fronteggiare, come accadde subito dopo la crisi del 1929. 9) Anche con la crescita di forza lavoro, macchine e intensità di lavoro nel settore delle nuove tecnologie, vale sempre il principio che i valori dei titoli azionari reagiscono positivamente al semplice annuncio di ristrutturazioni, ma negativamente a quello di incremento dell’occupazione. 10) Tutto va bene fin quando profitti aziendali e redditi familiari possono sostenere il peso del debito speculativo. Il miracolo è per ora prodotto dalla tendenza al declino dei tassi di interesse, che si verifica dal 1981, per effetto dell’afflusso di capitali dal Giappone e dall’Europa verso gli USA, mantenuto elevato dalla continua stagnazione delle loro economie. Quando, come prima del 1981, i tassi di interesse iniziano a salire, il quadro cambia, rendendo insostenibile il debito per l’insieme dell’economia americana. 11) In sostanza, il destino a breve termine dell’economia mondiale dipende dalla stabilità del suo sistema finanziario-speculativo, ossia dalla stabilità della finanza americana, che a sua volta dipende (oltre che dalla produzione interna di profitto) dall’afflusso di capitale dal Giappone e dall’Europa. Questo movimento tuttavia è tanto più intenso quanto più sono stagnanti le economie extra-americane: un movimento, questo, che contribuisce però all’aggravio della stagnazione in Europa e Giappone. In breve, si avvicina il momento in cui l’economia globale non sarà più in grado di generare un reddito commisurato al carico del debito generato. 12) Il tentativo di uscire dall’impasse è rappresentato dal LTCM (long term capital management), oggi in profonda crisi. Istituito nel 1994 come fondo speculativo (hedge fund) da Robert Merton e Myron Sholes (premi Nobel), allo scopo di rielaborare i modelli di rischio della cosiddetta “cartolarizzazione dei titoli” – una cessione per lo più di crediti a terzi, il cui rimborso dovrebbe garantire la restituzione del capitale e delle cedole di interesse indicate nella obbligazione: qualora il credito fosse inesigibile, il compratore del titolo “cartolarizzato” perderebbe sia l’interesse che il capitale versato (Wikipedia).– Questa cartolarizzazione si fonda sull'illusione che i titoli derivati (derivatives), su cui essa opera, permetta di assicurarsi contro i mancati pagamenti. L’errore consiste nel fatto che i due economisti in questione avevano elaborato un modello matematico di opzione dei prezzi che dava per scontata l'esistenza di "mercati perfetti" talmente sviluppati da impedire alle azioni degli operatori d'influire sui prezzi, e che partiva dal principio secondo cui mercati e operatori agissero in modo razionale (Engdahl). 13) Le operazioni cartolarizzate superano ora i 45 trilioni di dollari: trilioni di dollari di swap sui crediti non pagati (si tratta di un tipo di derivatives, fondato sullo scambio, in cui l’acquirente di un bond a tasso variabile corrisponde gli interessi ad un acquirente di un bond a tasso fisso, che, percepiti questi interessi variabili, gli gira a sua volta gli interessi a tasso fisso), con la conseguenza ben nota del cedimento del mercato immobiliare USA: più cadono i prezzi delle case, più le ipoteche vengono rinegoziate a tassi d'interesse sensibilmente più elevati, più la disoccupazione si diffonde in tutti gli Stati Uniti. 14) Risultato é l’incremento permanente delle rendite da capitale a scapito dei redditi da lavoro, l’aumento dell’emarginazione e l’estensione della povertà in zone sempre più vaste del pianeta. Con il pretesto della sicurezza, i lavoratori sono addirittura invitati a cambiare il sistema pensionistico in “fondi pensione”. Intanto i 55 paradisi fiscali del pianeta, trasformati in ricettori del denaro di ogni provenienza, anche criminale, raccolgono il 15% del prodotto lordo mondiale (Hernandes). 15) La supremazia del capitale finanziario e la sua influenza sulla politica economica hanno avuto importanti conseguenze negative. I mercati finanziari hanno prodotto bolle speculative che hanno portato alla bancarotta milioni di piccoli investitori. La perdita di competitività industriale statunitense è, in gran parte, conseguenza del trasferimento di capitale dalle innovazioni produttive, che aumentano la competitività, alle attività speculative (Petras). 4. LE STRATEGIE. (da F.W. Engdahl, G. Ernandes, M. Ortolani) 1) Il funzionamento dell’economia mondiale è alterato dagli investimenti speculativi; ma c’è un costante rifiuto di consentire controlli normativi. 2) La proposta dell’economista americano James Tobin (premio Nobel) di imporre una tassa (fra 0.1% e 0.5%) alle transazioni speculative sui mercati valutari, per devolverla alle organizzazioni internazionali per la promozione dell’istruzione e della salute nei paesi poveri, è stata fino ad oggi respinta. 3) Proposte per mettere in moto meccanismi dissuasivi contro la speculazione: a) La Tobin tax é inefficace in caso di attacchi speculativi perché occorre agire in maniera preventiva. b) Per una prevenzione occorre, non solo perfezionare il quadro istituzionale, con maggiori informazioni e supervisioni di controllo, ma anche creare strutture atte a garantire la coerenza delle politiche macroeconomiche (con finanziamenti d’emergenza in epoche di crisi, procedimenti di sospensione dei pagamenti e di rinegoziazione del debito estero). c) Occorre poi incrementare l’assistenza ufficiale allo sviluppo ai paesi a basso reddito, e assegnare alle banche multilaterali di sviluppo una erogabilità di risorse ai paesi a basso-medio reddito che non hanno accesso adeguato ai mercati, nonché rendere possibili finanziamenti a lungo termine ai paesi sottosviluppati durante i periodi di crisi, compreso il trattamento del debito estero. d) Occorrono accordi internazionali sul riconoscimento del diritto di ogni paese alla scelta delle politiche dello sviluppo. e) Opportuna è una legge internazionale per imporre alle società di rating (quelle soggette cioè al metodo di classificazione in base al livello di rischio) l’emissione di giudizi sui titoli e agli operatori di mercato di fornire un insieme predefinito di informazioni alle autorità di controllo delle Borse. f) Poiché l’utilizzo di una moneta unica non è sufficiente per misure che siano in grado di contrastare gli effetti negativi della caduta dei tassi d’interesse (cfr. bolla immobiliare in Spagna o aumento del debito pubblico in Grecia), si tratta di creare condizioni per una nuova politica economica guidata centralmente, nell’area della moneta unica. g) Un esempio può essere l’accordo Ecofin sui fondi speculativi (che riguarda: individuazione di criteri normativi su vincoli prudenziali, requisiti del capitale, obblighi d’informazione, limiti d’uso dell’indebitamento). h) Si tratta poi di approfondire l’attenzione sulla trattazione dei derivatives, con un divieto di scommettere sul trading (traffico) proprietario, sui fondi pensione: in sostanza un divieto di scommettere con il denaro di altri. i) Infine, non essendo ancora in questione l’abolizione del sistema capitalistico, è necessaria una corte di giustizia internazionale, chiamata a giudicare i politici responsabili di frodi nella gestione dei conti pubblici. Fonti. Paolo Giussani, Il capitalismo è morto www.pdcirieti.it/marx-oggi/448-il-capitalismo-e-morto.html Paolo Giussani, Crescita speculativa www.left-dis.nl/i/specul.htm Paolo Giussani, La crisi dell’economia, l’ascesa del capitale finanziario, miti e realtà del boom americano, www.autprol.org/Public/Documenti/miti_boom_usa.htm Reinaldo Carcanholo, Interpretazioni del capitalismo attuale www.proteo.rdbcub.it/auteur.php3?id_auteur=314 Luciano Vasapollo, Tra Hilferding e Marx. Le vie diverse per l’uscita dalla crisi del capitale www.politicaeclasse.org/VASAPOLLO%20tra%20hilferding%20e%20marx%20.. F.William Engdahl, I predatori finanziari hanno avuto la palla. Tsunami finanziario www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=1249 Gladys Hernandes, Valutazione e situazione attuale del mondo finanziario globalizzato www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=198 James Petras, La supremazia del capitale finanziario www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=205 Celi, Che cos’è una crisi valutaria? www.dse.uniba.it/Corsi/docenti/Celi/Ieg-Lezione8.ppt Massimo Ortolani, Politica contro speculazione o deficit di politica in area Euro? www.calameo.com/books/000311494da098d2414ee (Alberto Gianquinto)