parte1 – scarica il pdf - Il Quaderno di Mauro Scardovelli

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Trascrizione a cura di
Roberta Compagnone
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(3:35)
Penserei, nella libertà di questo incontro, di dirvi due cose cose:
La prima è perché fare oggi una riflessione sull’economia .
La seconda: qual è oggi, non dico “speranza” che diventa una parola
fiducia di potere cambiare modo sia
nell’organizzazione complessiva della società, sia nel
quotidiano delle persone; in modo che noi non siamo ridotti a
soldatini del mercato. ambigua, ma la fondata
Oggi è questo il destino sociale che ci aspetta.
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Io citerei la parola curiosità e anche un po’ ribellione. Cioè è possibile che noi non riusciamo a pensare a
organizzare un altro modo?
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Voi sapete che l’espressione “homo homini lupus” è una calunnia per il lupo. l lupi sono mansueti in proporzione, solo gli esseri umani organizzano
bombe atomiche, campi di concentramento, torture. E quindi non è
vero che noi regrediamo all’animalità nella violenza, è diverso:
Noi pervertiamo la nostra trascendenza.
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trascendenza vuol dire che noi
non siamo esseri umani, siamo un diventare esseri umani.
Sciogliendo il linguaggio tecnico,
Per questo tendiamo all’oltre, tendiamo al superamento, non in modo
nevrotico, tendiamo a un compimento dell’esistenza . Anche qui dovremmo
smontare tanta parte della teologia, della filosofia, che ha pensato l’esistenza
umana secondo la misura della morte. !
I greci antichi con tutto il loro genio, quando dovevano dire “gli esseri
umani” dicevano “i mortali”; è già una visione del mondo, se tu mi
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dici che io sono mortale, la cosa più tipica del mio essere è di
morire, non solo nel senso del fatto, ma nel senso che ho un
rapporto consapevole con la morte. Allora togliersi da questa
visione, riconoscere che noi siamo questa capacità di cercare un
compimento, una vita vera che non è la morte. Non siamo nati per
morire o per far morire, per soffrire o per far soffrire, l’essere
umano è un’attesa, è una domanda vivente. Tant’è vero che se tu togli
ad una persona addirittura la memoria, che è una cosa preziosissima, quello
resta ancora vivo interiormente; ma se tu togli la tensione dell’attesa a una
persona che non si aspetta più nulla dalla vita, è come se fosse morta. !
Noi siamo una domanda vivente, il modo in cui cominciamo
a vivere è nel contempo la risposta, in questo senso radicale
siamo responsabilità, capacità di rispondere, un essere
umano irresponsabile si trattiene al di qua della soglia
dell’umano, sta andando verso la disumanizzazione. !
Allora in questo percorso verso un compimento che non sia la morte, che
non sia nulla in senso negativo, a me interessa capire che cosa
nell’organizzazione della vita collettiva è così profondamente radicata con
quello che siamo personalmente. (6:55)
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Noi occidentali oggi abbiamo scoperto la relazione da qualche decennio, ci
facciamo i convegni, le pubblicazioni, però in altre culture lo sapevano, era
proprio normale pensare che l’unicità della persona è sempre costituita
dalla relazione, e che in fondo più importante dell’identità c’è la
relazione, purché diventi una relazione di comunione, invece noi
partiamo dall’identità e torniamo all’identità. Il primo principio della nostra logica è A=A, io sono io, narcisismo
strutturale con il paradosso tragico che il narcisismo è senza Dio. !
Se tu ti neghi alla relazione, l’Io resta svuotato, non si forma. È
proprio tragica come illusione, tu metti al centro un Io vuoto, che
non esiste propriamente. Rispetto a questo m’interessava capire, qual è una forma di convivenza. Per me è tanto importante la parola “forma”; c’è una forma della
società, c’è una forma dell’esistenza.
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Qual è una forma della convivenza adeguata alla nostra
dignità?
Di qui allora la curiosità e la ribellione verso questo dogma assoluto e
indiscutibile (l’economia), non la discutono più i partiti politici non la discutono i
ragazzi che vanno alla facoltà di economia. !
Il sistema è questo: l’economia è la realtà. La vita intera è stata
ridotta a economia, e l’economia è quella del mercato
capitalista a guida finanziaria, che vuol dire l’economia del
denaro per il denaro. La forma più astratta, più anti-umana
possibile.
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La curiosità era: possibile che non siamo capaci di trovare un'altra strada? Mi ha interessato da un lato capire i presupposti, cioè l’economia è un
fatto culturale, non c’è niente di naturale, in questo senso è proprio un
fatto arbitrario. Dipende da come noi scegliamo di costruire la
convivenza. (9:15)
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Marx per dire questo, diceva “è un economia politica” ; che per lui era
una brutta espressione. Economia politica significa, un’ economia
costruita arbitrariamente; secondo, significa un’economia della
divisione ; cioè dove il senso dell’economia non è di rispondere ai bisogni
umani, questo sarebbe il senso, ma è invece quello di cristallizzare e
aggravare la divisione tra dominanti e dominati. !
La stoffa dell’economia è culturale e ogni cultura diceva
Panikkar ha delle radici mitiche, cioè in un intuizione originaria
della vita.
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Nel buddhismo, nel cristianesimo, in tante mentalità si parte da una visione
originaria che non è irrazionale, è pre-razionale, cioè è lei che ti spinge a
pensare alle cose in un certo modo. Mi piaceva capire il mito del capitalismo; che c’è dietro, all’inizio, quale visione della vita ha ispirato questo modo così innaturale di
costruire l’economia, così artificioso, così ostile agli esseri umani e
alla natura?
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Come mai è arrivato a spacciarsi per la realtà stessa?
Dall’altro canto m’interessava capire le alternative; quindi la parola
trasformazione era per me l’idea di uscire innanzi tutto da questa
alternativa settecentesca: o rivoluzione o riforme. !
Rivoluzione significa, prendi il potere con la violenza, in una
settimana cambi il mondo, tanto che cambiano anche il calendario quando
fanno le rivoluzioni armate, e arrivi alla ghigliottina, al gulag,ecc. anche con i
meriti; per esempio la Rivoluzione francese e d’Ottobre non vogliamo dire che
sono state semplicemente solo cose negative... c’è però quest’ipoteca
pesantissima della violenza. Tu in fondo la rivoluzione la fai perché vuoi un
mondo senza violenza e non ci puoi arrivare se usi strumenti di violenza.
L’altra parola - anche questa un po’ ottusa -
riforma, riformismo; che è
invece il pane quotidiano della nostra politica, vuol dire che il sistema tu
lo consideri intoccabile e procedi a modificare dei segmenti
è come se voi avete la stessa macchina da vent’anni e ogni tanto
sostituite un pezzo di ricambio, questo è il riformismo. Naturalmente sempre
nel senso di accelerare la logica di sfruttamento di quel sistema. (11:41)
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Attenzione, oggi dalle riforme ci dobbiamo difendere. Vedete, riforme
politiche, riforme economiche, aggravano l’impatto del sistema quindi ci
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dobbiamo difendere dalla cosiddetta crisi. La parola crisi è
sbagliatissima ci fuorvia, ci fa stare buoni come se ci dicesse
c’è un temporale, aspettiamo che passi. Nel contempo questo tipo
di logica introduce delle forme che aggravano ed esasperano la stessa
concezione che poi produce tutti questi problemi. Se la struttura di questo nostro sistema è una struttura triadica , costruita
sul capitalismo come sistema organizzativo, quello che tutti noi chiamiamo
l’economia è come la chioma dell’albero; poi c’è la parte centrale,
mediatrice importantissima che è come il tronco dell’albero, cioè il
capitalismo come cultura, all’interno del quale c’è anche la
funzionalizzazione del sistema politico alle esigenze del capitalismo -ormai la
politica classica non c’è più, è la politica per procura, è tutto al servizio
ausiliario dell’economia - infine le radici dell’albero, il capitalismo come
mito . 4
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Se la struttura, la forma di civiltà in cui siamo è questa, con una
storia molto più antica di Adam Smith, del liberismo, del ‘700... è iniziata
molto prima la sedimentazione della cultura economica che ha
portato al capitalismo, quindi bisogna ricostruirla . Quindi se tu vuoi
superare il capitalismo solo perché cambi governo o perché cambi politica
economica, è come se tu volessi con un temperino abbattere una cosa di
marmo, non ce la farai mai se non riparti e non capisci da dove viene; quali
radici secolari, millenarie, ha questa mentalità.
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Trasformazione vuol dire che tu devi far fronte ai problemi di oggi,
non serve un modellino utopistico, quelli ci sono stati, cioè non serve
che tu tratteggi un’economia ideale, serve che tu fai fronte ai
problemi di oggi, l’occupazione, il dissesto ecologico, le lacerazioni, le
ferite che questa economia produce; però introducendovi i semi di
una logica nuova che possono portare ad una nuova forma di
economia che possa portare ad una diversa forma di società .
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Da fine ‘800 fino quasi alla fine del ‘900, si sono confrontati due modelli che
voi conoscete, quello capitalista occidentale e quello socialista-
comunista per esempio nell’Europa orientale o in Cina e così via...
Fate caso al di là della loro opposizione, quello che li accomunava è
che tutti e due prima pensavano all’economia: economia di mercato
o economia centralizzata con lo stato (il partito che decide). (15:00)
Prima pensavano all’economia poi ritagliavano uno spazietto per la
democrazia. !
Allora che succede se io invece cerco di partire dalla
democrazia e non dall’economia?
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E per partire dalla democrazia non posso partire da un sistema
politico, devo partire da una spiritualità, da un’antropologia, da
un’etica, perché la democrazia non è il regime dove vince la
maggioranza. Il regime dove vince la maggioranza è un’ottima
definizione per i totalitarismi , Hitler, Mussolini, Stalin, quelli prendevano
la maggioranza, c’erano le masse che li sostenevano.
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la democrazia, l’ordinamento, la forma di società è
una forma di società in cui nessuno subisce il potere
perché c’è il pieno riconoscimento della dignità delle
persone e della relazione con la natura. Questo per dirvi che noi
Allora,
della democrazia conosciamo il 10%, ma il 90% lo dobbiamo ancora
L’economia viene
molto dopo, dev’essere al servizio di tanti presupposti che
vengono prima. A me interessava in questa prospettiva, per cui io uso la
scoprire, è veramente un’altra forma di società.
parola trasformazione, cioè cercare un cambiamento di forma dell’economia e
della società, m’interessava vedere dei percorsi alternativi che corrispondono
ai tre livelli, quindi una svolta spirituale e anche antropologica, cioè chi siamo
noi.
Quando perdiamo la bussola su chi siamo, noi facciamo dei
disastri, quindi se mi dite qual è la causa di tutto questo, è una
profondissima ignoranza antropologica.
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Quando dimentichiamo la nostra dignità diventiamo distruttivi e non
risolveremo il problema con la natura finché noi non sciogliamo la questione
antropologica, è inutile lo sviluppo sostenibile, le misure di tutela... !
Finché non riconosciamo noi stessi, certo che saremo
distruttivi! Quindi una svolta spirituale-antropologica, una
svolta culturale-politica ed una svolta metodologica.
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Per questo ho studiato quelle che sembravano inesistenti, cioè delle
economie alternative, dei modelli praticati e non soltanto teorici. Io ne ho
studiati otto, un collega Brasiliano molto bravo mi ha detto che ne ha contati
ventidue. Però il mio scopo qual era? Non di dire prendiamo di peso un
altro modello, ad esempio l’economia Gandhiana e la portiamo nell’Italia
del 2015, ovviamente non si può trapiantare, non si può importare in
questo modo.
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Però qual è secondo me la ricerca intelligente? Conoscere
l’esperienza, conoscere i modelli alternativi, e qui veramente ci serve il
lavoro degli economisti, cominciare a costruire un modello
integrato. Se la parola modello è un po’ rigida diciamo una prospettiva o un
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percorso integrato, cioè, tu da quella esperienza puoi prendere un’intuizione
profonda. L’economia Islamica non riconosce la legittimità del prestito ad
interesse, secondo il corano, la possibilità di godere dei beni della terra
passa attraverso il lavoro, quindi la lotteria, l’usura, il prestito ad
interesse, il gioco in borsa è tutto illegittimo. Tanto che loro nonostante le
mille contraddizioni ogni tanto mantengono istituzioni di credito per esempio
banche che non praticano il prestito ad interesse.
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Ora immaginate dall’economia Gandhiana, da quella Islamica, da quella di
comunione, da quella del bene comune, dall’economia di comunità di Olivetti
dalla Bio-economia, dalla teoria della ricrescita... se io riesco ad allargare
l’orizzonte, quindi nessuna ortodossia... purtroppo anche qui, in quelli che
seguono questi modelli è iniziato il virus del settarismo ed ognuno crede
che il suo modello sia quello superiore, non ci vuole molto a capire che
occorre un orizzonte integrato che sia aperto.
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Allora il lavoro da fare è da economisti, non tanto da filosofi, è quello di
capire qual è una prospettiva integrata che ci da anche un
riscontro concreto, tecnico-operativo in modo che possiamo
rispondere in maniera veramente efficace a quelli che dicono
che il capitalismo è l’unico modo concreto e se tu lo critichi o
sei comunista oppure vuoi tornare al medioevo.
Invece no, l’economia democratica ci sta davanti, non è che abbiamo un
modello nel passato.
Questo lavoro è importante se procede in parallelo, non sono tre svolte che
non si toccano: occorre una profonda interdipendenza tra una
dimensione Spirituale-Antropologica, quella Culturale-Politica
e quella Tecnica.
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Ecco il tipo di lavoro che m’interessa se parliamo di trasformare l’economia.
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