I FRANCHI E IL SACRO ROMANO IMPERO (a cura di Benedetta, Sara e Gianmarco, 1C) I Franchi erano un popolo romano-barbarico, divisi in tribù, e la loro espansione ebbe inizio intorno al 450. Il loro dominio si estendeva dal Reno ai Pirenei e l’uomo che riunì queste diverse tribù fu Clodoveo, della dinastia dei Merovingi, convertendo il suo popolo al cristianesimo e garantendosi l’amicizia del Papa. Alla sua morte, come da usanza germanica, il suo regno fu diviso tra i suoi figli, chiamati “re fannulloni” perché non si occupavano dei bisogni del popolo, ma facevano solo guerre tra di loro per avere la supremazia del regno. A governare, pertanto, non erano i re ma i maestri di palazzo: uno di questi fu Carlo Martello, che sconfisse gli Arabi a Poitiers nel 732. Alla sua morte suo figlio, Pipino il Breve, diede inizio alla dinastia carolingia. Pipino chiese il consenso al papa Zaccaria per farsi incoronare re, ma in cambio doveva difenderlo in caso di guerra. Pipino fu incoronato re da Bonifacio, un monaco incaricato dal papa con il Crisma cioè l’olio sacro (come a dire che essere re era un sacramento: con questo gesto il Papa non solo aumentava l’importanza dell’incoronazione di Pipino, garantendogli il rispetto da parte dei nobili e del popolo, ma mostrava a tutti l’enorme autorità del Papa, che arrivava ad incoronare persino i re: d’altronde, se l’incoronazione dei re era una “cosa sacra”, è chiaro che essa dipendeva dal potere religioso!). In seguito, il papa Stefano II chiese aiuto ai Franchi perché i Longobardi, che volevano impossessarsi del regno bizantino, avevano anche una politica incoerente verso il papato (talvolta donandogli dei territori, talvolta muovendogli guerra). Nel 756 Pipino vinse e donò i territori conquistati al Papa. Pipino morì nel 768 e il regno fu diviso fra i suoi due figli: Carlo e Carlomanno. Nel 771 Carlomanno morì e Carlo rimase l’unico erede. Desiderio, il re dei Longobardi, volle stringere un’alleanza con i Franchi. Pertanto si celebrò un matrimonio tra Carlo ed Ermengarda, la figlia di Desiderio. Carlo, tuttavia, alla morte di suo fratello, lasciò Ermengarda perché tra Franchi e Longobardi sorse nuovamente un conflitto per chi dovesse dominare in Italia. Carlo sconfisse i Longobardi definitivamente facendo conquiste dalla Germania all’ Europa centro-orientale all’ Italia, alla parte settentrionale della Spagna. Carlo venne chiamato “Magno” perché, dopo un trentennio di guerre, riuscì a ricostruire in parte l’Impero romano d’Occidente, tuttavia diverso per grandezza e caratteristiche da quello precedente. 1 Carlo Magno fu, poi, incoronato addirittura Imperatore da papa Leone III, simbolicamente la notte di Natale dell’anno 800 (ancora oggi è visibile all’ingresso della Basilica di San Pietro, che allora non era come oggi, un cerchio rosso, luogo fisico di tale incoronazione) con le parole: “Karolo Augusto a Deo incoronato magno et pacifico imperatori, vita et victoria”, cioè “Vita e vittoria a Carlo, Augusto e incoronato da Dio grande e pacifico imperatore dei Romani”. Nasceva, così il Sacro Romano Impero, in cui è chiaro il richiamo all’Impero romano e l’aggettivo “Sacro” significava l’ideale religioso: l’Imperatore ha il compito di assistere e proteggere la Chiesa, servendosi anche, tuttavia, della religione cristiana, l’unico elemento che avrebbe potuto unire popoli ormai così diversi per lingua, cultura, tradizioni. 2 Per amministrare l’Impero, Carlo si servì di fidati collaboratori, scegliendoli tra i compagni che avevano combattuto con lui in tante campagne militari. Tale rapporto era strettamente personale e venne in seguito chiamato vassallaggio: Carlo assegnava al vassallo un beneficio o feudo, porzione di territorio più o meno vasta; il vassallo che riceveva il feudo doveva fare un giuramento, chiamato “omaggio”, che consisteva nell’essere fedele al sovrano. Carlo Magno divise il suo Impero fra conti (che amministravano le contee), duchi (che amministravano i ducati) e marchesi (che amministravano le marche). La differenza tra conte e duca consisteva solo nella grandezza del feudo, ma entrambi amministravano un territorio dentro l’impero, mentre il marchese gestiva un territorio al confine dell’Impero, quindi più “delicato” perché primo baluardo difensivo dai nemici esterni. Così Carlo Magno affidò ai feudatari l’incarico di affiancarsi a lui governando, amministrando e difendendo il Sacro Romano Impero. Anche se i rapporti tra Carlo e i feudatari erano così stretti e fidati, l’Imperatore mandava anche i “Missi dominici” (inviati del signore), uno laico e l’altro ecclesiastico per diminuire il pericolo di accordi a spese del sovrano, per controllare il territorio dei vassalli e per trasmettere loro i capitolari cioè delle leggi divise in capitoli. In occasione del campo di maggio, che durava da maggio a ottobre, Carlo radunava tutti i suoi collaboratori, che rinnovavano l’omaggio verso il sovrano, verificando l’applicazione della giustizia e l’amministrazione dei suoi beni nei territori loro affidati. Carlo Magno tentò di ridare vitalità all’economia perché c’era stata una grave crisi economica: ripristinò le strade e fece coniare una moneta, la “libbra”; inoltre emanò molti capitolari che regolavano addirittura la coltivazione. Carlo Magno volle anche rilanciare la cultura e chiese l’aiuto della Chiesa e in particolare dei monasteri: incoraggiò le comunità monastiche ad aderire alla regola di San Benedetto, aumentò le scuole e fece anche trascrivere i testi 3 antichi in latino. Alcuino di York fu un vero protagonista di questo movimento di rinascita. Venne anche fondata l’Accademia palatina dove insegnavano e studiavano filosofi, scienziati, architetti e artisti provenienti da ogni parte dell’Impero. Con queste attività vennero gettate le basi della cultura europea basate sul cristianesimo e la lingua latina. 4