Department of Marketing Via Röntgen 1 I - 20136 Milan Autore: DELL'ORTO EMILIO ANTONIO L'uso dell'incongruenza nello shock advertising Relatore: BRIOSCHI ARIANNA Tesi discussa nell’a.a. 2011-2012 Introduzione In un periodo di iper-competizione, nel quale le aziende puntano sempre di più sulla comunicazione, cercando di massimizzare i propri investimenti in pubblicità, gli advertisier si trovano sempre più sottopressione, poiché sono costretti ad ottenere risultati veloci ed efficaci. Inoltre, l’incremento dei media e l’elevata presenza di pubblicità rende sempre più complesso attrarre l’attenzione dei consumatori. Le aziende e le agenzie di comunicazione, quindi, ricorrono sovente ad approcci poco ortodossi al fine di “cut through the advertising clutter”. Tra questi, uno degli esempi più eclatanti è rappresentato dallo shock advertising. Le pubblicità shock, che basano la loro efficacia sull’offesa e sul disgusto, sono state fortemente criticate dal pubblico e molte volte bandite dalle autorità competenti (come per esempio, l’Advertising Standard Authority). Le persone manifestano spesso un atteggiamento negativo nei confronti delle pubblicità shock ed in molti casi cercano di evitarle (avoidance). Nonostante in passato lo shock advertising risultasse maggiormente accettato per fini sociali, sembra che oggi questo suo impiego stia iniziando ad incontrare una minore tolleranza da parte del pubblico. Consci degli effetti che lo shock advertising suscita sul pubblico, gli operatori del settore stanno mettendo in discussione la sua reale efficacia. Essi si stanno chiedendo, infatti, se sia giusto perseguire questo tipo di approccio pubblicitario, ovvero, se sia efficace offendere e disgustare le persone per attrarre la loro attenzione ed essere ricordati1. Ultimamente, sono state promosse campagne pubblicitarie considerate impressionanti, ma non offensive le quali hanno riscosso un buon successo. Un esempio, è la pubblicità che è stata promossa dalla associazione St John Ambulance, la quale ha pubblicizzato un corso 1 Chris Arnold, direttore strategico e creativo dell’agenzia di comunicazione Symple, utilizza questa efficace metafora per descrivere quanto espresso sopra: “se stai considerando di utilizzare una tattica shock, dovresti prima valutarne il risultato. Dare un pugno in faccia a qualcuno per farsi notare può far sì che loro ti ricordino, però non ti farà diventare un loro amico”. di pronto intervento attraverso dei manifesti che raffiguravano bambole, invece che bambini, in circostanze spaventose: collassate, cadute dalla tromba della scala o svenute. Se al posto di una bambola ci fosse stato un bambino sanguinante, questa pubblicità avrebbe riscosso lo stesso successo? Prendendo spunto dalle considerazioni appena esposte, questa ricerca si prefigge di analizzare, in una pubblicità shock, gli effetti che l’introduzione di un elemento grafico incongruo, in sostituzione a un elemento shock, può avere – in termini di atteggiamento verso la pubblicità e di diminuzione del grado di avoidance – sui consumatori. In questo studio si considereranno esempi di pubblicità profit e non-profit sulla base delle possibili differenze di atteggiamento del pubblico nei confronti di queste due tipologie di pubblicità. Gli studi svolti fino ad oggi sullo shock advertising hanno soprattutto paragonato la pubblicità shock alla pubblicità non shock, piuttosto che studiare gli effetti dell’introduzione di un’immagine grafica incongrua nella pubblicità shock. Il presente studio, pertanto, si prefigge di apportare un contributo originale alla letteratura. Lo Shock Advertising ed i suoi effetti Secondo Gustafson e Yssel (1994) lo shock advertising riguarda la pubblicità che deliberatamente – e non inavvertitamente – spaventa e offende il suo pubblico. L’offesa è provocata dal processo della violazione della norma2, che la pubblicità attua trasgredendo leggi e costumi, violando il codice morale e sociale e usando elementi che oltraggiano il buon senso (Dahl, Frankenberger, Manchanda, 2003). La tattica shock, quindi, si concreta nell’impiego di immagini inusuali, provocative e intrusive, che trasmettono un impatto shock al pubblico, grazie al quale la pubblicità è capace di emergere dall’affollamento delle numerose campagne pubblicitarie, catturando così l’attenzione dei consumatori (Fam e Waller, 2003). L’innalzamento del livello di attenzione genera un elevato grado di “recall” e di riconoscimento della pubblicità. Sono stati riscontrati, inoltre, degli effetti sui comportamenti dei consumatori anche se con risultati poco significativi (Dahl et al., 2003). Inoltre, una pubblicità shock può alimentare accese discussioni sia tra il pubblico sia tra i media, per la sua natura indecente, aumentando in questo modo la sua awareness. 2 Secondo il “Modello preliminare della reazione del consumatore all’impatto shock” (Dahl et al.,2003), lo shock advertising, violando la norma di decenza, estetica, moralità e del buon gusto, provoca una sorpresa nella mente del consumatore. Tale sorpresa può scaturire da qualsiasi evento, azione, oggetto che si opponga ad uno schema prestabilito o ad un’aspettativa prefissata. La sorpresa induce lo spettatore a stimolare svariati processi cognitivi come l’attenzione, la comprensione e l’elaborazione del messaggio. Sono stati classificati sette tipi di shock appeal e gli offence elicitor dei sette appeal sono: immagini disgustose, riferimenti sessuali, profanità/oscenità, volgarità, indecenza, offesa morale e taboo religiosi3. Gli esperti, pur riscontrando gli esiti positivi derivati dall’uso di questa tecnica pubblicitaria, sono consci dei limiti che lo shock advertising presenta. Come affermato in precedenza, lo shock advertising risulta offensivo e terrorizzante per definizione (Gustafson e Yssel, 1994). I riceventi, quindi, elaborando nella maggior parte dei casi dei pensieri negativi di fronte a tali stimoli, manifesteranno un atteggiamento sfavorevole nei confronti della pubblicità shock4 (Petty, Cacioppo,1986). Diversi studi sono stati condotti al fine di comprendere la natura dell’offesa che lo shock advertising suscita nei confronti del pubblico5. Nonostante l’uso di questo approccio sembri generalmente più accettato nelle campagne non profit, rispetto a quanto e’ utilizzato per usi commerciali6 (ASA advertising standard authority, 2002, Beard, 2008, Allardyce, 2010), molte società senza scopo di lucro, tuttavia, hanno raccolto numerose proteste tra il pubblico. Un noto esempio è quello della fondazione caritatevole Barnardo’s7. A causa dell’elevato numero di stimoli ai quali i consumatori vengono esposti ogni giorno, essi elaborano solo le informazioni di loro interesse o gradimento, ponendo delle barriere nei confronti delle pubblicità non apprezzate8. Nel caso dello shock advertising, infatti, se la pubblicità è considerata troppo forte la persona potrebbe evitarla, cambiando canale oppure voltando pagina o ancora guardando altro. Per giunta, se si aumenta il livello di drammaticità e di crudezza in una campagna, le persone si sentono “manipolate” (Brazier, 2009). L’uso dell’incongruenza nell’advertising L’incongruenza nella pubblicità viene definita come “a mismatch between a stimulus element (e.g. product, brand, music) and the existing schema that one holds about the 3 Per una trattazione approfondita dell’argomento si veda Dahl et al.(2003). Per il modello dell’ “Elaboration Likelihood” (Petty, Cacioppo,1986) i cambiamenti nell’atteggiamento degli individui sono influenzati dai pensieri che le persone elaborano ogni volta che sono esposte a una comunicazione persuasiva. Se i pensieri risultano positivi e dominanti durante la fase di elaborazione del messaggio, allora è più probabile che si verifichi un cambiamento di atteggiamento positivo. Al contrario, se la persona genera pensieri sfavorevoli, il cambiamento dell’atteggiamento sarà negativo. 5 Questi studi hanno individuato i principali potentially offensive theme, ovvero i potenziali elementi di offesa presenti nelle pubblicità che sono classificati, nell’ordine, in: immagini e parole non idonee ai bambini, linguaggio becero, violenza, nudità e temi sessuali, persone raffigurate in situazioni inaccettabili, uso di pregiudizi e stereotipi. 6 Solo il 34% del campione dello studio dell’ASA (2002) è favorevole all’uso dello shock advertising per fini commerciali. 7 Nel 2003, Barnardo’s ha promosso la campagna "Child poverty campaign", una delle più grandi pubblicità shock sul tema della carità, che ha collezionato ben 475 reclami da parte dell’ASA, tanto da arrivare ad essere bandita. La pubblicità raffigurava un bambino che aveva uno scarafaggio che gli usciva dalla bocca, enfatizzando così le condizioni pietose in cui certi bambini vivono (Noel, 2010; Arnold, 2009). Sempre Barnardo’s, in una recente campagna dove venivano rappresentate scene di violenza e di droga, ha ricevuto addirittura 842 reclami (Allardyce, 2010). 8 Come affermano Speck and Elliott (1997), infatti, una persona, leggendo il giornale, può decidere di voltare pagina qualora vedesse una pubblicità a lui non gradita, oppure, guardando la tv potrebbe cambiare canale. 4 advertising stimulus” (Lee e Schumann, 2004, pag. 59). Lo “schema” rappresenta una struttura organizzata di conoscenze pregresse che risiede nella mente dell’individuo e che serve come struttura di riferimento per formulare giudizi (Mandler, 1982). Secondo la teoria dello schema, le persone applicano le proprie conoscenze pregresse tutte le volte in cui incontrano nuovi stimoli o nuove informazioni; questo processo permette all’individuo di valutare in maniera più veloce e più facile i nuovi stimoli senza aver bisogno di rivalutare le informazioni che sono già state analizzate. Nel caso dello stimolo incongruo, infatti, il ricevente elaborerà l’informazione in maniera più minuziosa e dettagliata poiché tale stimolo non rientra nei suoi schemi. Le persone per dare un senso agli stimoli incongruenti, recuperano le informazioni dalla memoria di lungo termine, ragion per cui, agli individui rimangono più impressi gli stimoli incongruenti, ricordandoli e richiamandoli meglio rispetto a quelli congrui che al contrario riescono a essere assimilati facilmente perché sono coerenti con le precedenti strutture cognitive dell’individuo (Lynch e Srull, 1982, Heckler e Childers, 1992). L’individuo, per risolvere l’incongruenza, può sviluppare tre diversi processi interni (assimilazione, schema alternativo e adattamento) a seconda del livello di incongruenza (lieve o alto)9. Quando l’individuo risolve l’incongruenza, egli genera un atteggiamento più favorevole rispetto a quello scaturito nei confronti dello stimolo congruo. Generalmente, maggiore è l’incongruenza, maggiore è il senso di soddisfazione quando questa si risolve. Al contrario, nel caso in cui l’individuo non fosse in grado di risolvere l’incongruenza, egli proverà un sentimento di frustrazione e il suo atteggiamento verso lo stimolo incongruo sarà negativo. In modo analogo, se la persona non avesse voglia di concentrarsi e quindi allocare tempo per rivedere i propri schemi, egli ignorerà la pubblicità. Ipotesi di ricerca Alla luce delle considerazioni fatte sullo shock advertising, la presente ricerca ha l’obiettivo di analizzare, in una pubblicità shock, gli effetti che l’introduzione di un elemento grafico incongruo, in sostituzione a un elemento shock, può avere nei confronti dei consumatori. Sulla base di quanto precedentemente esposto, lo shock advertising costituisce un approccio che esplicitamente e deliberatamente offende e spaventa gli individui (Gustafson e Yssel, 1994). La pubblicità shock, paragonata alla pubblicità informativa e al fear advertising, risulta essere nettamente più volgare, offensiva e spaventosa (Dahl et al., 2003). L’elevato livello d’offesa che risulta dallo shock advertising è fortemente avvertito dal pubblico, il quale è particolarmente sensibile ai potentially offensive themes (Fread K. 9 Per una trattazione approfondita dell’argomento si veda Mandler 1982. Beard 2008) molto presenti nello shock advertising. I riceventi, inoltre, sostengono che l’uso dell’approccio shock rappresenti “an abuse of people's emotions” (PR Week, 2011). La maggior parte del pubblico, quindi, manifesta un atteggiamento negativo nei confronti dello shock advertising. Al contrario, nella pubblicità incongrua i consumatori generano solitamente pensieri più positivi nei confronti della pubblicità (Heckler e Childers, 1992, Lee e Schumann, 2004) mostrando un atteggiamento favorevole allo stimolo incongruo. Alla luce di queste considerazioni si può supporre che: H1: I riceventi manifesteranno un atteggiamento più favorevole nei confronti delle pubblicità shock, se in queste immagini verrà sostituito l’elemento grafico shock con uno incongruente10. La maggior parte delle volte, lo shock advertising è criticato poiché viene utilizzato per scopi commerciali, mentre lo stesso approccio sembrerebbe generalmente più accettato per fini sociali (ASA, 2002, Beard, 2008). La maggiore tolleranza dei consumatori alla violazione della norma nelle pubblicità non-profit sembra sia dovuta al pensiero machiavellico secondo il quale “il fine giustifica i mezzi” (Dahl et al. 2003). Si suppone pertanto che: H2: L’atteggiamento verso la pubblicità sarà più positivo nelle pubblicità modificate appartenenti a società sia profit che non-profit. Queste pubblicità (profit e non profit), tuttavia, beneficeranno in misura diversa dell’apporto che la modifica incongrua procurerà alle rispettive comunicazioni. Infatti, si ipotizza che si assisterà ad un miglioramento dell’atteggiamento verso la pubblicità profit più accentuato rispetto a quello non profit. In altre parole, la presenza della modifica incongrua sarà maggiormente efficace in termini di atteggiamento verso la pubblicità per le pubblicità shock profit rispetto a quelle shock non profit11. 10 Il ragionamento che sta alla base di questa ipotesi è il seguente. Nella pubblicità modificata, pur rimanendo gli elementi dell’immagine considerati shock, la violazione della norma è mitigata dalla presenza di un’immagine visivamente incongrua, che crea una percezione di illogicità derivante dall’introduzione dell’elemento incongruo. Attenuando la violazione della norma, che rappresenta l’elemento chiave dello shock advertising (Dahl et al.,2003), si ridurrà anche l’atteggiamento negativo nei confronti della pubblicità. 11 Tale supposizione deriva dal fatto che nelle pubblicità profit l’immagine shock è più coerente con il tema della pubblicità e di conseguenza viola di meno la norma. Infatti, se si promuove una campagna contro la violenza sui bambini le persone si possono aspettare che la campagna pubblicitaria raffiguri un bambino maltrattato. Se questo bambino, tuttavia, viene raffigurato in condizioni di violenza estreme, questa pubblicità viola comunque le norme di decenza e gusto estetico, però rimane coerente con il tema promosso. Contrariamente, nella pubblicità profit la presenza di un’immagine shock associata ad un prodotto di consumo appare più incoerente. Se la pubblicità promuove un set di coltelli da cucina mostrandoli conficcati nella pancia di una persona come se fosse un ceppo porta coltelli (come per la pubblicità di “calle 13”), questa rappresentazione viola maggiormente la norma e risulta più incoerente con il prodotto pubblicizzato rispetto alla pubblicità non profit. Il consumatore può porre delle barriere nei confronti della pubblicità quando essa risulta non gradita (cfr pag. 3). Come sostiene Brazier (2009), queste barriere vengono spesso poste quando la pubblicità è considerata troppo shock. Sebbene non vi siano studi empirici sul grado di avoidance nei confronti dello shock advertising, la presenza di numerosi reclami alle associazioni competenti in materia pubblicitaria (come l’ASA) e la natura offensiva di questo approccio pubblicitario fanno supporre che tale livello sia considerevole, almeno per una parte di consumatori. Quindi ci si attende che: H3 - Il grado di avoidance in generale sarà minore per le pubblicità modificate rispetto a quelle shock, e in particolare, la presenza dell’elemento incongruo nelle pubblicità shock sarà più efficace nel diminuire il grado di avoidance per le pubblicità profit rispetto a quelle non profit. Metodologia Sono stati sviluppati 4 questionari indipendenti. Ognuno di questi presenta 2 immagini e 18 domande. Un’immagine è shock mentre l’altra è la sua copia alla quale é stato sostituito un elemento grafico incongruo (immagine modificata). Due coppie d’immagini promuovono un tema socialmente utile (non profit) mentre le altre due coppie di immagini sono pubblicizzate da aziende con scopo di lucro (profit). Per quanto riguarda la prima coppia di immagini non profit (figura 1), la versione shock raffigura una donna di spalle che tiene per un braccio un bambino nudo che piange disperato, presentando evidenti segni di violenza. La sua versione modificata, invece, raffigura al posto del bambino un bambolotto, che piange per la disperazione. Figura 1: Pubblicità non profit “bambino”, versione shock e modificata. La seconda coppia d’immagini non profit comunica un messaggio contro la violenza sulle donne (figura 2). L’immagine shock rappresenta il viso di una donna con un evidente occhio nero ed un rivolo di sangue che scende dal labbro inferiore. Lo sfondo della pubblicità è nero. Mentre la versione modificata rappresenta una Barbie al posto della donna anch’essa con segni evidenti di violenza. Figura 2: Pubblicità non profit “donna”, versione shock e modificata. Le altre due coppie di immagini, invece, sono due pubblicità profit che promuovono rispettivamente vestiti di moda e videogiochi. La prima coppia di immagini, quella sui vestiti di moda, rappresenta due modelle che fanno uso di sostanze stupefacenti e indossano gli abiti venduti dall’azienda (figura 3). In questo caso è presente il pay off: “fashion junkie” (“drogate di moda”). L’immagine corrispondente modificata mostra un vestito bianco al posto delle strisce di stupefacente (figura 3). Figura 3: Pubblicità profit “moda”, versione shock e modificata L’ultima coppia d’immagini è una pubblicità che promuove videogiochi e raffigura un braccio di una persona con un laccio emostatico ed una siringa (figura 4). La pubblicità mostra lo slogan “è uno sballo”. Nella versione modificata al posto della siringa è presente un cavo rosso usato per connettere la console di videogiochi alla tv. Anche in questo caso tutti gli altri elementi ad esclusione dalla siringa sono rimasti invariati. Figura 4: Pubblicità profit “videogiochi”, versione shock e modificata L’atteggiamento nei confronti della pubblicità sia shock che modificata è stato misurato attraverso otto item: spiacevole - piacevole; sfavorevole – favorevole; cattivo - buono; non attraente – attraente (Holbrook e Batra 1987) offensivo – non offensivo, disgustoso – non disgustoso, irritante - non irritante (Dahl et all. 2003) e non appropriato – appropriato. Il grado di avoidance, invece, è stato valutato con le domande seguenti: “Se avessi visto la stessa pubblicità su una rivista o su un giornale avresti voltato subito pagina?”, “Se potessi, eviteresti questa pubblicità?” (Speck e Elliott, 1997) “Ti darebbe fastidio rivederla?”. Tutte le domande sono state misurate adottando una scala di tipo Likert da 1 a 7. I questionari sono stati mandati via internet tramite e-mail e Facebook. Sono stati raccolti 450 questionari, dopo aver eliminato quelli incompleti ne sono rimasti 425. I dati sono stati analizzati attraverso il software statistico SPSS e le analisi effettuate sono state le seguenti: test t per un campione, confronta medie e correlazioni. Il campione è formato da 425 soggetti di nazionalità italiana con un’età superiore ai 18 anni. Il campione è equamente ripartito12 fra i due sessi ed è stato segmentato in 4 categorie di età (18-24; 25-39; 40-55; +56) e 3 livelli di istruzione (diploma scuole superiori, laurea, laurea specialistica). Il campione in tal senso si può considerare rappresentativo, anche se occorre sottolineare che fa riferimento ad un livello di istruzione elevato. Risultati delle analisi Per rispondere alla prima ipotesi di ricerca (H1: l’atteggiamento verso la pubblicità è maggiormente favorevole nelle pubblicità modificate rispetto a quelle shock) è stata utilizzata l’analisi del test t per un campione, al fine di paragonare le medie dei risultati sull’atteggiamento verso le pubblicità (shock e modificata), espressi dal campione, nelle quattro copie di campagne pubblicitarie. Come affermato precedentemente tutti i risultati sono stati valutati utilizzando una scala di tipo Likert da 1 a 7. Per quanto riguarda la pubblicità “bambino”, l’atteggiamento verso la pubblicità è maggiormente positivo nei confronti dell’immagine modificata rispetto a quella shock (4,51 vs 3,46). Nella pubblicità “donna”, invece, la versione shock ha ottenuto un risultato sull’atteggiamento verso la pubblicità più positivo rispetto a quella modificata (4,71 vs 4,17). Nella pubblicità “moda” l’atteggiamento verso la pubblicità modificata risulta maggiormente favorevole rispetto a quella della pubblicità shock (3,27 vs 2,19). Nell’ultimo caso, quello della pubblicità “videogiochi”, l’atteggiamento verso la pubblicità è maggiormente positivo nei confronti dell’immagine modificata rispetto a quella shock (3,74 vs 2,48) I dati sopracitati, riassunti nella figura 5, confermano la prima ipotesi. Figura 5: risultati complessivi dell’atteggiamento nei confronti delle pubblicità shock e modificate delle quattro campagne pubblicitarie (risultati misurati con una scala da 1 a 7). 12 Le percentuali descrittive del campione sono le seguenti: sesso: 52% uomini, 48% donne; Età: 18‐24: 33%, 25‐39: 31%, 40‐55: 24%, +56: 12%; titolo di studio: diploma scuole superiori:28%, laurea: 39%, laurea specialistica: 33%. 5 4,5 4 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 4,51 4,71 4,17 3,74 3,46 3,27 2,48 2,19 versione shock versione modificata pubblicità bambino pubblicità donna pubblicità moda pubblicità videogiochi Dai risultati è emerso che il fattore età influenza l’atteggiamento verso la pubblicità. Si evince, in particolar modo nella pubblicità “videogiochi”, che le persone aventi un’età compresa tra i 18 e 39 anni manifestano un atteggiamento meno negativo nei confronti della pubblicità shock (2,7; 2,7) rispetto alle persone sopra i 40 anni (1,8;2,1) (tabella 1). Allo stesso modo, le persone tra i 18 e 39 anni presentano un atteggiamento maggiormente positivo nei confronti della pubblicità modificata rispetto alle persone sopra i 40 anni (4,4; 3,7 vs 2,8 3,6) (tabella 1). Tabella 1: Interazione fra la variabile età del campione e l’attitudine verso la pubblicità “videogiochi” versione shock e modificata (risultati misurati con una scala da 1 a 7). Report Report A_ad_modificata A_ad_shock Età Media N Deviazione std. Età Media N Deviazione std. 18-24 2,7831 34 1,23180 18-24 4,4375 34 1,75655 25-39 2,7218 31 1,10005 25-39 3,7661 31 1,55548 40-55 1,8958 24 1,19990 40-55 2,8021 24 1,18236 +56 2,1591 11 1,32062 +56 3,6364 11 1,13806 Totale 2,4825 100 1,23578 Totale 3,7488 100 1,61213 Per rispondere alla seconda ipotesi di ricerca (H2: l’apporto che la modifica incongrua procurerà, in termini di atteggiamento verso la pubblicità, alla campagna pubblicitaria profit sarà maggiore rispetto a quello non profit) è stato creato un database che accorpasse i risultati delle campagne profit e non profit. Come si può notare dalla tabella 2, l’atteggiamento verso la pubblicità non profit è generalmente più elevato dell’atteggiamento alle pubblicità profit (4,33; 4,13 VS 3,51; 2,33). Se si prendono in considerazione i singoli gruppi, non profit e profit, si evince che i consumatori hanno un atteggiamento maggiormente positivo verso le pubblicità modificate rispetto alle pubblicità shock (4,33 VS 4,13; 3,51 VS 2,33). Tuttavia è doveroso sottolineare che la differenza degli atteggiamenti tra la pubblicità modificata non profit e la pubblicità shock non profit risulta lieve mentre la differenza degli atteggiamenti fra le due pubblicità profit, è maggiore. Alla luce di queste considerazioni, la seconda ipotesi è stata verificata. Tabella 2: Risultati complessivi delle medie fra l’atteggiamento verso la pubblicità modificata non profit - profit e l’atteggiamento verso la pubblicità shock non profit – profit (risultati misurati con una scala da 1 a 7). 5 livello_shock tipo_azienda A_ad LSMEAN 4,134,33 4 3,51 3 2,33 Pubblicità shock 2 Modificata non profit 4,330 1 Modificata profit 3,514 0 Shock non profit 4,133 Shock profit 2,338 Pubblicità modificata Pubblicità Pubblicità non profit profit Per rispondere alla terza ipotesi di ricerca (H3: Il grado di avoidance in generale sarà minore per le pubblicità modificate rispetto a quelle shock, e in particolare, la presenza dell’elemento incongruo nelle pubblicità shock sarà più efficace nel diminuire il grado di avoidance per le pubblicità profit rispetto a quelle non profit) è stata utilizzata l’analisi del test t per un campione, al fine di paragonare le medie dei risultati sul grado di avoidance nei confronti della pubblicità (shock e modificata), espressi dal campione, nelle quattro copie di campagne pubblicitarie. Dalle analisi si evince che il campione ha espresso un grado di avoidance maggiore per le pubblicità shock “bambino” (3,4) rispetto alla pubblicità modificata “bambino” (2,6). La pubblicità “donna”, invece, non presenta una differenza di risultato evidente tra la pubblicità shock e quella modificata. Infatti, la media del grado di avoidance nel primo caso e di 2,72 mentre nel secondo è di 2,65. Per quanto concerne la pubblicità “moda”, la media del grado di avoidance è maggiore nella pubblicità shock (4,1) rispetto a quella modificata (3,3). In fine la pubblicità “videogiochi” ha ottenuto un risultato complessivo del grado di avoidance di 4,1 per la pubblicità shock mentre per la sua rispettiva modificata il risultato è di 2,9. I dati sopracitati sono stati riassunti nella figura 6. Figura 6: risultati complessivi sul grado di avoidance delle pubblicità shock e modificate delle quattro pubblicità (risultati misurati con una scala da 1 a 7). 4,5 4 3,5 3 4,1 3,43 2,6 4,1 3,3 2,9 2,72 2,65 2,5 versione shock 2 1,5 versione modificata 1 0,5 0 pubblicità pubblicità pubblicità pubblicità bambino donna moda videogiochi La variabile qualitativa età, anche in questo caso, rappresenta un fattore di influenza del grado di avoidance. Infatti, le persone che hanno un’età compresa tra i 18–25 e 25–39 presentano un grado di avoidance inferiore rispetto a quelle che hanno un’età maggiore di quarant’anni. In particolare, questo accade nella pubblicità “moda“ e in quella “videogiochi” (tabella 3, tabella 4). Tabella 3: Interazione fra la variabile età del campione e il grado di avoidance della pubblicità “moda” versione shock e modificata (risultati misurati con una scala da 1 a 7). Report Report Avoidance_shock_moda Avoidance_modificata_moda Età2 Media N Deviazione std. Età5 18-24 3,8862 41 1,37762 18-24 3,2276 41 1,52286 25-39 3,5769 26 1,72448 25-39 2,7949 26 1,73609 40-55 5,2063 21 1,60026 40-55 4,4127 21 1,87943 +56 3,9722 12 2,16706 +56 2,8333 12 1,97714 Totale 4,0933 100 1,70566 Totale 3,3167 100 1,78997 Media N Deviazione std. Tabella 4: Interazione fra la variabile età del campione e il grado di avoidance della pubblicità “videogiochi” versione shock e modificata (risultati misurati con una scala da 1 a 7). Report Report avoidance_modificata Avoidance_shock Età Media N Deviazione std. Età Media N Deviazione std. 18-24 3,8039 34 2,06643 18-24 2,4804 34 1,77561 25-39 3,5376 31 1,92965 25-39 2,5806 31 1,66437 40-55 5,1806 24 2,13320 40-55 3,8194 24 1,88300 +56 4,4545 11 2,33939 +56 3,7273 11 2,42587 Totale 4,1233 100 2,14181 Totale 2,9700 100 1,91755 Come si può notare dai dati della tabella 5, le medie del grado di avoidance sono minori nel caso delle pubblicità non profit sia shock che modificate (3; 2,65) rispetto a quelle profit (3,1; 4,1). La differenza tra le medie dei gradi di avoidance per le pubblicità shock non profit e la pubblicità modificata non profit (0,35) è minore rispetto a quella delle altre due pubblicità profit (1). Tal risultato conferma che la presenza dell’elemento incongruo è più efficace in termini di avoidance nelle pubblicità profit rispetto a quelle non profit pertanto è possibile confermare l’ipotesi 3. Tabella 5: Risultati complessivi delle medie fra il grado di avoidance della pubblicità modificata non profit - profit e il grado di avoidance della pubblicità shock non profit – profit (risultati misurati con una scala da 1 a 7). livello_shock tipo_azienda Avoidance Modificata non profit 2,653 Modificata profit 3,143 Shock non profit 3,017 Shock profit 4,108 4,5 4 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 4,1 3 3,1 2,65 Pubblicità modificata Pubblicità shock Profit Non profit Riepilogo delle ipotesi di ricerca e della loro verifica IPOTESI DI RICERCA Conferma H1: I riceventi manifesteranno un atteggiamento più favorevole nei confronti delle pubblicità shock, se SI in queste immagini verrà sostituito l’elemento grafico shock con uno incongruente H2: L’atteggiamento verso la pubblicità sarà più positivo nelle pubblicità modificate appartenenti a SI società sia profit che non-profit. Queste pubblicità (profit e non profit), tuttavia, beneficeranno in misura diversa dell’apporto che la modifica incongrua procurerà alla rispettive comunicazioni. Infatti si ipotizza che si assisterà ad un miglioramento dell’ atteggiamento verso la pubblicità profit più accentuato rispetto a quello non profit. In altre parole, la presenza della modifica incongrua sarà maggiormente efficace in termini di atteggiamento verso la pubblicità per le pubblicità shock profit rispetto a quelle shock non profit. H3 - Il grado di avoidance in generale sarà minore per le pubblicità modificate rispetto a quelle shock, e in particolare, la presenza dell’elemento incongruo nelle pubblicità shock sarà più efficace nel diminuire il grado di avoidance per le pubblicità profit rispetto a quelle non profit. SI Conclusioni Alla luce dei risultati ottenuti si può sostenere che la modifica di una pubblicità shock mediante l’introduzione di un elemento grafico incongruo, pur mantenendo un elevato grado d’impatto emotivo, è in grado di attenuare l’effetto shock della pubblicità e il suo grado di offesa, migliorando l’atteggiamento del ricevente nei confronti della campagna pubblicitaria. Solo nella pubblicità “donna” il campione ha manifestato un atteggiamento diverso. Infatti, l’atteggiamento verso la pubblicità “donna” è risultato più positivo nei confronti dell’immagine shock rispetto a quella modificata, nonostante la differenza tra i due tipi di pubblicità sia lieve (4,71 VS 4,17). Tale risultato può derivare da due aspetti: innanzitutto le persone possono ritenere più opportuno l’utilizzo di immagini violente e crude al fine di promuovere cause socialmente utili, forti della convinzione che “il fine giustifica i mezzi” (Dahl et al. 2003). Secondariamente, essendo il tema della violenza sulle donne un argomento familiare, è possibile che il pubblico sia abituato e pertanto lo stimolo shock perde d’impatto (Mc Kay, 2010; Pelsmacker et al., 2011). Le interazioni tra l’atteggiamento alla pubblicità (shock e modificata) e i dati anagrafici evidenziano come le persone, a seconda della loro età, possano manifestare atteggiamenti diversi nei confronti della pubblicità. In coerenza con lo studio effettuato dall’ASA (Advertising Standard Authority) nel 2002, il campione nella fascia d’età tra i 18 e i 39 anni ha manifestato una maggiore tolleranza nei confronti della pubblicità shock rispetto agli individui del campione con un’età maggiore ai 40 anni. La pubblicità nella quale viene riscontrato più marcatamente questo risultato è la pubblicità “videogiochi”. La sostituzione dell’elemento incongruo nelle pubblicità shock non solo migliora in entrambi i casi (profit e non profit) l’atteggiamento dei rispondenti verso pubblicità, ma incrementa maggiormente in senso positivo l’atteggiamento verso la pubblicità profit rispetto a quella non profit (seconda ipotesi). Questo risultato può derivare dal fatto che le immagini non profit solitamente sono più coerenti con il messaggio veicolato rispetto a quelle profit, che molte volte risultano incoerenti con la categoria di prodotto utilizzate e quindi violano maggiormente la norma, creando maggior sorpresa. Di conseguenza l’uso dello stimolo incongruo risulta più efficace quando questo è utilizzato nelle pubblicità profit poiché attenua maggiormente la violazione della norma, che – come già affermato – nelle pubblicità profit e più accentuata rispetto a quelle non profit. Si conferma, inoltre, che è presente un discreto livello di avoidance nello shock advertising (Brazier, 2009), anche se questo valore diminuisce con l’introduzione dell’elemento grafico incongruo. Il fattore età, anche in questo caso, influenza in maniera rilevante il grado di avoidance delle persone. Come nell’atteggiamento verso la pubblicità, gli individui tra i 18– 24 anni e tra i 25–39 anni, presentano un grado di avoidance minore rispetto alle persone sopra i 40 anni. Di conseguenza, anche in questo caso, la pubblicità modificata risulta maggiormente efficace nell’abbassare il grado di avoidance, soprattutto per le persone con un’età maggiore di 40 anni. Il grado di avoidance per la pubblicità non profit appare minore rispetto alla profit, per la stessa logica citata prima (la pubblicità non profit è più coerente con il tema promosso) confermando così la terza ipotesi di questo studio. Alla luce delle seguenti conclusioni si può affermare che: la pubblicità shock con la presenza dell’elemento incongruo risulta più efficace in termini di atteggiamento verso la pubblicità e di diminuzione del grado di avoidance, soprattutto nel caso delle pubblicità profit. La pubblicità modificata, inoltre, conservando la natura shock della pubblicità, dovrebbe beneficiare delle caratteristiche tipiche dello shock advertising, ovvero la forte capacità di catalizzare l’attenzione del pubblico e di suscitare complessi processi elaborativi nelle persone (Dahl et al., 2003, Fam e Waller, 2003, Huhmann e Mott-Stenerson, 2008).