CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE Cracking del metano con reattore DBD (Dielectric Barrier Discharges) impulsato, a pressione atmosferica e in assenza di ossigeno. N. Spinicchia1, S. Maffi2 , M. De Angeli1, G. Gervasini1, A. Nardone1, G. Zizak2 1 Istituto di Fisica del Plasma “Piero Caldirola“ CNR, Milano, Italy 2 Istituto per l’Energetica e le Interfasi CNR, Milano, Italy FP 12/02 Giugno 2012 ISTITUTO DI FISICA DEL PLASMA “Piero Caldirola” Associazione EURATOM-ENEA-CNR Via R. Cozzi 53 - 20125 Milano (Italy) Questo rapporto esprime solo l’opinione degli autori al momento della redazione 1 CRACKING DEL METANO CON UN REATTORE DBD (Dielectric Barrier Discharges) IMPULSATO A PRESSIONE ATMOSFERICA E IN ASSENZA DI OSSIGENO N. Spinicchia1, S. Maffi2 , M. De Angeli1, G. Gervasini1, A. Nardone1, G. Zizak2 1 Istituto di Fisica del Plasma “Piero Caldirola“ CNR, Milano, Italy 2 Istituto per l’Energetica e le Interfasi CNR, Milano, Italy 1. INTRODUZIONE Il reattore DBD descritto di seguito rappresenta la naturale evoluzione dello studio svolto, nel 2004/05 presso l’IFP-CNR, sul cracking del metano con la macchina a Cuspide [1]. Il plasma, prodotto sottovuoto con un generatore rf a 13.56 MHz, risultava confinato da un campo magnetico stazionario con una geometria a cuspide (max. intensità 5000 Gauss) e sostenuto da elettromagneti raffreddati ad acqua. I limiti principali di tale dispositivo erano rappresentati essenzialmente dai piccoli volumi di gas trattati, a causa della bassa pressione di lavoro (10-2 mbar), e dalle dimensioni e complessità della macchina [2]. La collaborazione con IENI-CNR Milano-Bicocca, riguardante la sperimentazione sul cracking del metano (oggetto del presente lavoro), è nata dall’esigenza: 1) d’indagare regimi e condizioni di plasma non raggiungibili con l’impianto a cuspide (scariche impulsate ad alta tensione e a pressione atmosferica), 2) di avere un reattore che potesse trattare maggiori volumi di gas (operare quindi a pressione atmosferica) mantenendo ridotte dimensioni e facilità di esercizio al fine di renderlo compatibile con future applicazioni industriali. Il cracking del metano può essere realizzato attraverso due differenti metodologie. La prima riguarda la dissociazione per via termica (pirolisi), ad alte pressioni e con temperature superiori a 800 °C. Nel caso della pirolisi, i prodotti della reazione sono idrogeno (H2) Carbonio (C), Acetilene (C2H2) ed etilene (C2H4) che risultano essere più favoriti rispetto agli idrocarburi saturi (vedi fig.1). 2 1.50 1.25 Moles 1.00 0.75 Methane Hydrogen Ethylene Acetylene 0.50 0.25 0.00 0 500 1000 1500 2000 Temperature (K) Fig. 1 – Distribuzione dei prodotti nella pirolisi del metano. La seconda metodologia, quella da noi studiata, utilizza un plasma alla pressione atmosferica e in assenza di ossigeno per la decomposizione del metano. In particolare, nel nostro caso, si tratta di un plasma di non-equilibrio ove la temperatura degli elettroni risulta molto più alta delle temperature del gas e degli ioni presenti nel sistema. La generazione del plasma avviene tramite Dielectric Barrier Discharges (DBD) ove impulsi ad alta tensione vengono applicati tra i due elettrodi del reattore per periodi molto brevi (circa 15 ns). La principale caratteristica di questo tipo di scarica riguarda l’interposizione di un dielettrico tra i due elettrodi. Lo scopo è quello di generare elettroni energetici (fino a 15 eV) che collidono con le molecole del gas per generare radicali liberi e ioni altamente reattivi. La barriera di dielettrico gioca un ruolo importante perché impedisce il fluire della corrente di conduzione permettendo, contemporaneamente, l’innesco della corrente di spostamento. Inoltre evita l’eccessivo surriscaldamento degli elettrodi dovuto all’alta densità di corrente e i fenomeni di sputtering che deteriorerebbero gli elettrodi e inquinerebbero il plasma. Rispetto alla dissociazione termica, il plasma possiede il grande vantaggio di “attivare” le molecole di metano a pressione atmosferica e a basse temperature (< 200 °C), favorendo la formazione di idrogeno e di idrocarburi saturi. Nel caso del reattore DBD (a differenza della pirolisi) il metano viene principalmente convertito in idrogeno, etano, propano e in piccole quantità di idrocarburi insaturi (etilene, acetilene) e di idrocarburi ad alto numero di carbonio. Lo scopo primario del nostro studio è quello di massimizzare la conversione del metano e la produzione di idrogeno minimizzando il consumo di energia. Per fare ciò verrà studiata l’influenza della geometria del reattore (forma e altezza degli elettrodi e distanza tra gli elettrodi stessi), della frequenza dell’impulso, del tempo di residenza del gas nel plasma e dell’energia accoppiata. Infine verrà calcolata la selettività dell’idrogeno e il suo costo energetico. L’utilizzo del metano ha semplicemente una funzione puramente pratica, poiché non risulta essere vantaggioso, sia da un punto di vista energetico che economico, ottenere l’idrogeno (per scopi energetici) da tale gas. Potrebbe essere invece molto conveniente applicare il reattore da noi studiato, con le modifiche che si renderanno necessarie, su un gas di scarico inquinante costituto da idrocarburi (leggeri o pesanti) o da sostanze organiche quali i VOCs (Volatile Organic Compounds) [3], che costituiscono un vero problema nel settore delle vernici e dei solventi. Trattando in questo modo gli scarichi gassosi inquinanti si otterrebbe l’idrogeno come sottoprodotto della reazione di pulizia del gas, di conseguenza i costi diminuirebbero notevolmente e 3 l’impiego dell’idrogeno, per scopi energetici, risulterebbe conveniente anche da un punto di vista economico oltre che ambientale. Altre possibili applicazioni del processo DBD potrebbero riguardare il trattamento delle emissioni di NOx presenti nei gas di scarico degli autoveicoli. 1.2 SCARICHE IMPULSATE E SCARICHE SINUSOIDALI La rottura dei legami delle molecole, o dei radicali, avviene a causa delle collisioni con gli elettroni energetici (> 10 eV). I radicali che si formano fungono da precursori di una lunga serie di reazioni che portano alla formazione dei prodotti tipici del cracking - Carbonio (C), Acetilene (C2H2), etilene (C2H4), propano (C3H8), idrogeno (H2) e una piccola quantità di catene ad alto numero di carbonio [4]. - e + CH4 CH3 + H CH2 + H + H CH2 + H2 CH + H2 + H C + H2 + H2 + - e (1) Nella (1) viene schematizzata l’interazione dell’elettone con la molecola del CH4. L’analisi dettagliata che riguarda la dinamica delle reazioni è molto complessa perché, in un plasma, ogni molecola e ogni radicale possono interagire con elettroni liberi e tra loro stessi. E’ importante notare che ogni reazione procede verso destra (scissione) ma anche nel verso opposto (ricombinazione). La potenza elettrica assorbita dal plasma durante la scarica dipende dal modo con cui viene fornita l’energia che sostiene la scarica. E’ possibile infatti migliorare l’efficienza di ionizzazione applicando forti campi elettrici che generano nel plasma una notevole quantità di elettroni energetici. Ciò permette di migliorare il grado di ionizzazione e di conseguenza il costo energetico per elettrone prodotto. In casi come il nostro, in cui lo scopo principale è quello di rompere i legami delle molecole, sarebbe necessario avere un cospicuo numero di elettroni con energia superiore a 10-15 eV. Plasmi poco energetici, in cui la funzione di distribuzione energetica degli elettroni è compresa nell’intervallo 1-3 eV, risultano essere poco efficaci perché quasi il 90% della potenza della scarica viene dissipata dalle molecole in collisioni anelastiche che vanno ad incrementare la loro energia vibrazionale. Calcoli analitici dimostrano che a parità di parametri di plasma (temperatura elettronica, densità e grado di ionizzazione), le scariche impulsate di non-equilibrio richiedono una potenza più bassa ed hanno un’efficacia maggiore rispetto alle scariche DC o sinusoidali [5]. Ai fini della rottura dei legami delle molecole, oltre all’elevato campo elettrico, un ruolo fondamentale è giocato dalla lunghezza dell’impulso e della frequenza di ripetizione. Il fenomeno della ricombinazione molecolare, che caratterizza i plasmi stazionari sostenuti da scariche sinusoidali, viene fortemente ridotto nei plasmi impulsati di non-equilibrio con lunghezza d’impulso inferiore ai tempi medi di ricombinazione. Sono queste le considerazioni principali che ci hanno guidato nella scelta del generatore d’impulsi (HVPG 30kV, 15ns) e del tipo di plasma da utilizzare per il cracking del metano. 4 2. APPARATO SPERIMENTALE Il reattore, schematizzato in fig. 2, ha simmetria cilindrica, è ermetico, per evitare l’ingresso di ossigeno durante la scarica, ed è stato progettato in modo da stabilire, prima della sperimentazione, la direzione del flusso di gas (ascendente o discendente). E’ costituito da un cilindro di quarzo (Φin = 32 mm, Φext = 36 mm) e da un tubo interno di alluminio (elettrodo interno), concentrico al quarzo, il cui diametro è variabile. In contatto diretto con il quarzo, vi è l’elettrodo esterno, costituito da un cilindro metallico. L’ermeticità al reattore è assicurata da guarnizioni di silicone e da due blocchi di teflon sagomati che chiudono alle due estremità il tubo di quarzo. Il plasma viene prodotto tra la superficie interna del cilindro di quarzo e la superficie esterna del tubo di alluminio (elettrodo interno). E’ possibile variare il volume del plasma e la superficie di scarica variando il diametro dell’elettrodo interno o l’altezza dell’elettrodo esterno. ® Fig. 2 – Rappresentazione schematica del reattore DBD a simmetria cilindrico 5 2.1 GENERATORE D’IMPULSI AD ALTA TENSIONE Il generatore di impulsi utilizzato come sorgente di plasma (FID GmbH modello HVPG FPG 30100MC4S10) è in grado di generare impulsi bipolari con una durata di circa 15 ns e con una tensione picco-picco regolabile da 6 a 30 kV su di un carico di 1000 Ω. Il generatore consente di variare, in modo lineare, la frequenza di ripetizione dell’impulso da 15 a 100 kHz. Il generatore è costituito da 4 canali di uscita ad alta tensione in grado di generare fino a +/- 7.5 kV ciascuno e collegabili tra loro in modo da ottenere un segnale bipolare totale da 30 kV. A scopo diagnostico e di controllo, il generatore presenta 4 uscite “monitor”, una per ciascun canale, che ripetono il segnale ad alta tensione, attenuato, presente sui canali di uscita collegati agli elettrodi del reattore. 3. DIAGNOSTICHE 3.1 GASCROMATOGRAFO E’ una delle principali diagnostiche del laboratorio “Plasma DBD”. La sua funzione è quella di fornire l’analisi dettagliata dei composti chimici che fuoriescono dal reattore. Il gascromatografo, DANI GC 1000 DPC, è fornito di due sistemi di rivelazione: a) PT 100-FID 86/C Detection System. Rivelatore a ionizzazione di fiamma completo di modulo pneumatico con regolazione elettronica del flusso di gas ed elettrometro. Range dinamico: > di 106. Quantità minima rivelabile: 2 pg di Carbonio/secondo. b) OPT 270-Micro TCD Detection System. Rivelatore a termo-conducibilità completo di modulo pneumatico con regolazione elettronica del flusso di gas ed elettrometro. Per la separazione dei gas sono state utilizzate due colonne poste in parallelo: una per la separazione di idrogeno e gas leggeri (Varian Molsieve CP7538) e l’altra per il metano, acetilene, etano, etilene ed altri idrocarburi più pesanti (Varian PoraPLOT Q CP7554). Il gascromatografo è dotato di un sistema a valvole che può escludere temporaneamente la colonna che separa i gas leggeri per evitare l’attraversamento da parte di idrocarburi più pesanti che la danneggerebbero. La fig. 3 mostra un’analisi cromatografica completa riguardante il gas in uscita dal reattore DBD. I parametri caratteristici della scarica, in questo caso sono: potenza 192 watt, frequenza di ripetizione 34,48 kHz, distanza tra gli elettrodi (gap) 3,5 mm, lunghezza della colonna di plasma 10 cm e tempo di residenza 18,5 secondi. Nel passaggio attraverso le colonne del gas-cromatografo, grazie ai diversi tempi di ritenzione, i singoli componenti della miscela di gas si separano. Di conseguenza, in un cromatogramma, ogni picco rappresenta il singolo gas mentre l’area sottesa è correlabile direttamente (previa opportuna calibrazione) alla percentuale del gas presente nella miscela. La calibrazione è stata fatta solo sui segnali forniti dal micro-TCD (il rivelatore che legge la termo-conducibilità del gas) in quanto è l’unico, tra i due, ad essere sensibile all’idrogeno. Le giuste condizioni tra quantità di gas introdotti e picchi rilevati sono state trovate utilizzando un loop di campionamento di 3 ml. Questo volume però è risultato un po’ eccessivo per il rivelatore a ionizzazione che ha sempre fornito picchi fuori scala. L’analisi quantitativa è stata pertanto limitata ai soli prodotti rilevati dal micro-TCD (vedi figure 3 e 4). La calibrazione e’ stata fatta utilizzando due miscele di gas in percentuale nota. In tab. 1 sono riportate le percentuali molari dei gas nelle due miscele utilizzate derivanti da bombole certificate. 6 miscela 1 miscela 2 Idrogeno % 81.05 3.37 etano % 9.56 0.935 etilene % 1.88 0.52 metano % 7.51 95.175 Tabella 1 – Miscele di gas in percentuale nota utilizzate per la calibrazione del gas-cromatografo. Per ciascun gas e’ stata quindi costruita una retta di taratura che ha permesso poi di ricavare la quantità di gas dall’area del suo picco corrispondente. Fig. 3 – Cromatogramma completo riguardante la scomposizione dei singoli gas fuoriusciti dal reattore. I picchi positivi blu sono prodotti dal rivelatore FID mentre i picchi negativi rossi sono prodotti dal rivelatore micro-TCD. La miscela di gas, come si vede dal cromatogramma di fig. 3 e di fig. 4, risulta essere composta dall’idrogeno (5,1 minuti), dall’etilene (7,49 minuti), dall’etano (8,75 minuti), dal propano (15 minuti) e dal metano non convertito (39,01 minuti). La fig. 4 mostra un ingrandimento dei primi 11 minuti del cromatogramma di fig. 3 mentre la tab. 2 fornisce i tempi di ritenzione, il numero di micro-moli e le percentuali dei singoli gas fuoriusciti dal reattore. Fig. 4 – Porzione del cromatogramma di fig. 2 in cui sono evidenziati i picchi corrispondenti all’H2 (idrogeno), al C2H4 (etilene) e al C2H6 (etano) prodotti della reazione di cracking del metano. 7 Tabella 2 – Tabella associata al cromatogramma di fig. 2 e di fig. 3 in cui vengono riportati i dati caratteristici del gas analizzato. Il prodotto relativo al picco con tempo di ritenzione di 7.953 min, in tab. 2, corrisponde all’acetilene ma non è quantificato, cioè non presente nelle miscele di gas utilizzate per la calibrazione. Di questo prodotto, la cui area è sempre piccola e simile a quella dell’etilene, si fa una stima approssimata nel confronto tra le varie prove. 3.2 MISURA DELLA CORRENTE DI PLASMA La caratterizzazione elettrica della scarica è effettuata per mezzo di un oscilloscopio Tektronix TDS 714L in cui un canale di ingresso è collegato a una sonda di corrente di tipo induttivo a larga banda modello Pearson 2877 (banda passante da 300Hz a 200Mhz, rise time 2ns, corrente di picco massima 100A). Tale sonda è posta lungo il circuito elettrico ad alta tensione di uno degli elettrodi e permette la misura istantanea della corrente associata all’impulso elettrico. La sonda di corrente è stata inserita in modo permanente nell’apparato sperimentale e permette di monitorare la corrente e l’energia del singolo impulso in funzione delle impostazioni elettriche nel generatore. 3.3 MISURA DEI SEGNALI AD ALTA TENSIONE I segnali di alta tensione applicati agli elettrodi sono stati misurati per mezzo di due sonde ad alta tensione HV Tektronix O6015A 1000 collegati a due ingressi dell’oscilloscopio Tektronix. Fig. 5 – Andamento dei segnali di tensione (+V, -V), corrente e monitor HV durante una scarica DBD con flusso di metano 8 L’acquisizione contemporanea dei segnali di uscita “monitor” (vedi fig. 5) del generatore HVPG e dei segnali provenienti direttamente delle sonde di tensione ha permesso la calibrazione dei quattro canali del generatore. 3.4 MISURA DELLA POTENZA ACCOPPIATA AL PLASMA L’energia (E) depositata nel plasma da ogni impulso è stata calcolata integrando, sul periodo, il prodotto puntuale tensione-corrente. La potenza (P) risulta quindi dalla formula: P = f x E. Dove f (=1/T) è la frequenza di ripetizione degli impulsi. (2) V(t) è la tensione agli elettrodi, I(t) è la corrente di plasma e T è il periodo. In fig. 5, che mostra i segnali elettrici associati alla scarica, si nota la presenza, non trascurabile, del segnale di tensione riflesso (secondo impulso, del segnale “monitor”, ritardato di circa 60 ns dall’impulso principale) che si propaga dal carico verso il generatore e che viene sottratto dal calcolo della potenza assorbita dal plasma. La presenza del segnale riflesso indica un non completo accoppiamento di impedenza tra il generatore e il plasma stesso. 3.5 CALCOLO DEI PARAMETRI DI EFFICIENZA DEL SISTEMA E DELLE GRANDEZZE ASSOCIATE AI GAS DI SCARICO. Le formule utilizzate per calcolare la percentuale di idrogeno prodotto (YH2(%)), la conversione del metano (XCH4), il costo energetico (ECH4 (eV/mol.)) e la selettività sono le seguenti [6, 7] : - Conversione del metano (XCH4) e rendimento dei prodotti (YCxHy e YH2) : X CH 4 (%) = moli di CH 4 consumate moli di CH 4 introdotte . 100 (3) ⎛ moli di H 2 prodotte ⎞ ⎟⎟ 100 YH 2 (%) = 0.5 ⎜⎜ moli di CH introdotte 4 ⎝ ⎠ (4) ⎛ moli di CxHy prodotte ⎞ ⎟⎟ 100 YCxHy (%) = x ⎜⎜ ⎝ moli di CH 4 introdotte ⎠ (5) . . dove CxHy sta per C2H4 o C2H6 9 - Selettività dell’idrogeno: Selettività H 2 (%) = - moli di H 2 prodotte 2 moli di CH 4 convertite 100 . (6) Costo energetico per la conversione del metano (Econv , eV/molecola) Econv CH 4 = 13.95 * Potenza (W) FCH4 (SCCM) Χ CH4 (7) * Definizione di SCCM: standard millilitri al minuto (ml/min) riferiti alla temperatura di 0°C a 1 bar di pressione. − Costo energetico per la formazione di idrogeno (EH2 , eV/molecola) Econv H 2 = 13.95 Potenza (W) 2 FCH4 (SCCM)YH2 (8) 4. SPERIMENTAZIONE E RISULTATI I parametri caratteristici della sperimentazione, per quanto riguarda i segnali elettrici, si sono mantenuti nell’intervallo 8÷15 kV (per la tensione agli elettrodi), 50÷80 A (per la corrente istantanea agli elettrodi) e 12÷59 kHz (per la frequenza di ripetizione degli impulsi). Il flusso di gas è stato quasi sempre mantenuto a 100 ml/min. L’attività di sperimentazione, condotta con un plasma di metano, si è concentrata in modo particolare nell’individuazione dei parametri di scarica e della configurazione del reattore che permettessero la più alta concentrazione di idrogeno nei gas di scarico. Sono stati testati elettrodi interni con differenti diametri (27,5 mm, 25,5 mm e 24,5 mm) al fine di variare il campo elettrico nel gap di passaggio del gas. Sono stati poi progettati e costruiti due tipi di elettrodi interni (lisci, sagomati) e due tipi di elettrodi esterni (cilindro metallico, rete cilindrica metallica). In fig. 6 e fig. 7 vengono riportati due esempi di elettrodi interni. 10 Fig. 6 – Elettrodo interno sagomato a dischi paralleli Fig. 7 – Elettrodo interno liscio L’analisi dei gas prodotti dal reattore non ha evidenziato nessuna sostanziale differenza, qualitativa e quantitativa, a seguito dell’utilizzo dei vari tipi di elettrodi. Si è visto che l’elettrodo interno a dischi paralleli, fig. 6, non possiede nessun reale vantaggio rispetto all’elettrodo liscio di fig. 7, nonostante si abbia una maggiore concentrazione delle linee di forza in prossimità della circonferenza dei dischi e il campo elettrico, in quelle aree, risulti maggiore (effetto punta) rispetto a quello dell’elettrodo liscio. Lo stesso analogo discorso vale per gli elettrodi esterni: nessuna differenza, nelle percentuali di conversione del metano, con gli elettrodi esterni costituiti da una superficie metallica continua rispetto a quelli costituiti da una rete metallica con ampi spazi vuoti. Il plasma in entrambi i casi riempie in modo uniforme il gap di scarica all’interno del cilindro di quarzo. Allo stesso modo non ha prodotto differenze, nell’analisi dei gas, la direzione del flusso del metano all’interno del reattore. Nel primo caso il metano entra, a temperatura ambiente, direttamente nella zona di scarica (flusso ascendente) mentre nel secondo caso (flusso discendente), il metano entra nella zona di plasma dopo essersi riscaldato, ad una temperatura inferiore a 200 °C, nel suo percorso dentro l’elettrodo interno. Il test è stato eseguito per dimostrare che non esiste alcun effetto sinergico, alle basse temperature, nel sottoporre il gas all’azione combinata del riscaldamento e delle scariche elettriche. Sarebbe interessante verificare ciò anche per le alte temperature inferiori (o uguali) a circa 700 °C, momento in cui, secondo il grafico di fig. 1, sarebbe sufficiente il solo riscaldamento del gas per indurre nelle molecole del metano i primi fenomeni di “attivazione” e di scissione. 11 Nell’ipotesi di sostanziali modifiche da apportare al reattore in esame per aumentarne il rendimento, potrebbe rivelarsi conveniente isolarlo termicamente, per evitare che disperda verso l’ambiente gran parte della sua energia, al fine di aumentarne la sua temperatura di lavoro e di combinare insieme l’effetto della pirolisi e del plasma. Al gas di processo si farebbe subire prima l’azione dell’alta temperatura e poi quella del plasma. I parametri del reattore che hanno invece influenzato la quantità dei prodotti di reazione sono stati il diametro dell’elettrodo interno e l’altezza dell’elettrodo esterno. Questi infatti fanno variare il volume dove si genera il plasma e di conseguenza, a parità di flusso di gas entrante, il tempo di residenza del gas stesso nel plasma. Un esempio è riportato in fig. 8 in cui sono riportati gli andamenti della conversione di metano e il rendimento dei gas prodotti in funzione della potenza. I valori riportati sono stati ottenuti in due prove in cui è stato variato sia il diametro dell’elettrodo interno che l’altezza dell’elettrodo esterno, ciò ha comportato una variazione del tempo di residenza del metano nel reattore da 8.89 sec (El. ext. 8 cm – Gap 2) a 18.46 sec (El. ext. 10 cm – Gap 3.5). _____ El. ext 10 cm - Gap 3.5 Res. Time: 18.46 sec ----- El. ext 8 cm - Gap 2 Res. Time: 8.89 sec Conversion or yield (%) 70 CH4 50 H2 30 C2H6 10 C2H4 -10 50 100 150 200 Power (W) Fig. 8 - Andamento della conversione del CH4 e del rendimento dei prodotti in funzione della potenza in due condizioni sperimentali differenti. Il flusso del CH4 è di 100 sccm Dal confronto delle analisi gascromatografiche di tutte le prove sperimentali effettuate si è potuto, in generale, fare le seguenti osservazioni: - la conversione del metano aumenta all’aumentare della potenza applicata fino ad arrivare ad un valore massimo di circa 65%. - tra i gas analizzati l’etano risulta essere l’idrocarburo presente in maggiore quantità. La percentuale ottenuta però è rimasta sempre contenuta tra il 10 e il 12%. La produzione di idrogeno aumenta al crescere della conversione del metano e le quantità ottenute sono comprese tra il 10% e il 25%. Tali percentuali sono state calcolate con la (4), se invece si considera la percentuale dell’idrogeno presente nei gas di scarico i valori raddoppiano (dal 20% al 52%). 12 - Si e’ osservato inoltre che la selettività dell’idrogeno è rimasta sempre tra il 30 e il 40% come si può notare nella fig. 9. Selectivity HYDROGEN Selectivity (%) . 60 50 40 30 20 10 0 50 100 150 200 250 Power (W) Fig. 9 - Andamento della selettività dell’idrogeno, in funzione della potenza, in differenti condizioni sperimentali. 5. ANALISI FTIR SUL RESIDUO CARBONIOSO Al fine di ottenere anche informazioni strutturali sul residuo carbonioso che si deposita all’interno del reattore sono state condotte alcune analisi FTIR (Fourier Transform Infrared Spectroscopy). Gli spettri sono stati acquisiti da uno spettrofotometro di Fourier della Perkin Elmer Spectrum One munito di ATR. Piccole porzioni di residuo sono state prelevate nella zona centrale e in quella più esterna sia dell’elettrodo interno (polo positivo) che del cilindro di quarzo (polo negativo). Il residuo depositato sull’elettrodo interno è di colore nero e, rimuovendolo, risulta polveroso mentre quello sul cilindro di quarzo è molto scuro e più oleoso (tar). Dal confronto di vari spettri ottenuti dal residuo sul cilindro di quarzo, prelevato in zone diverse, non si osservano differenze marcate in quanto presentano tutti gli stessi picchi di assorbimento con qualche variazione in intensità. Ciò fa pensare che i prodotti siano gli stessi ma localmente presenti in concentrazioni diverse. Un esempio e’ riportato in Fig. 10(a). Lo spettro presenta numerose bande di assorbimento precisamente nella regione tra 3000 e 2800 cm-1 che e’ quella tipica dello stretching del C-H e numerose altre bande di maggiore intensità nella regione tra 1700 e 600 cm-1 attribuibili ad alcani e alcheni. E’ difficile l’attribuzione delle singole bande ma nel suo insieme lo spettro mostra che il residuo sul cilindro di quarzo e’ composto da catene alifatiche lineari e ramificate. Non è esclusa anche la presenza in basse quantità di aromatici dato il picco a 3040 cm-1 e quelli nella regione tra 750 e 890 cm-1. 13 Diverso invece si presenta lo spettro del residuo depositato sull’elettrodo interno. In Fig. 10(b) è riportato un esempio in cui si osserva che, a parte le bande nella regione tra 3000 e 2800 cm-1 appena visibili che indicano legami C-H presenti in minima quantità, lo spettro risulta molto simile a quello della grafite e del nerofumo, anch’essi riportati in figura per confronto. L’analisi FTIR ha rilevato pertanto una differenza strutturale dei due tipi di residuo. Al polo (-) si formano lunghe catene alifatiche mentre al polo (+) il residuo è quasi completamente grafitizzato. Fig. 10 – Spettri FTIR dei residui carboniosi depositati sul cilindro di quarzo (a) e sull’elettrodo interno (b) del reattore. In (b) sono anche riportati gli spettri di grafite e nerofumo. 5.1 CONFRONTO TRA SCARICHE DBD IMPULSATE E SINUSOIDALI a) Percentuale di conversione del CH4 e relativo costo energetico In questo paragrafo confronteremo le caratteristiche del plasma ottenuto dal nostro sistema, che chiameremo per comodità “nanosecond pulsed DBD plasma”, con altri due plasmi della stessa tipologia allo scopo di confrontarne l’efficienza e il costo energetico di conversione del CH4. In fig. 11(a) è schematizzato il circuito elettrico del nostro generatore, mentre a fianco, fig. 11(b), è rappresentato l’impulso, bipolare ad alta tensione (16 kV) di durata di 15 ns, che genera il plasma. Il primo confronto verrà fatto con un lavoro pubblicato sulla rivista internazionale CATALYSIS TODAY [6]. Nell’articolo gli autori descrivono quattro esperimenti diversi con altrettanti tipi di scariche. In due dei reattori descritti viene infatti utilizzato un plasma DBD le cui caratteristiche, e le relative prestazioni, sono tra loro differenti a causa del tipo d’impulso con cui viene generata la scarica. Il sistema denominato “sin millisecond AC-DBD”, schematizzato in fig. 11(c), è generato dall’impulso ad alta tensione (40 kV picco-picco), sinusoidale e bipolare, rappresentato in fig. 11(d),ed ha la frequenza di 50 Hz. 14 Il generatore relativo al plasma, denominato “millisecond pulsed DC-DBD”, è schematizzato in fig. 11(e) e fornisce l’impulso ad alta tensione (15 kV), in fig. 11(f), con una lunghezza temporale di 10 ms. REACTOR HVPG CH4 VOTAGE/ CURRENT CONTROL CURRENT MONITOR PULSE REPETITION RATE CONTROL VOLTAGE MONITOR (a) – “Nanosecond pulsed DBD plasma”. Layout reattoreschema elettrico (b) – Y=2 kV a div.; X=10 ns a div. REACTOR CH4 W A.C. (c) – “Sin millisecond AC-DBD plasma”. Layout reattoreschema elettrico (d) – Y=5 kV a div.; X=2 ms a div. REACTOR R.S.G. CH4 W C1 A.C. (e) – “Millisecond pulsed DC-DBD plasma”. Layout reattore-schema elettrico (f) – Y=4 kV a div.; X=5 ms a div. Fig. 11 – Schematizzazioni elettriche e forme d’onda che generano i tre diversi plasmi DBD presi in considerazione 15 Per i plasmi generati dagli impulsi di fig. 11(d) e fig. 11(f), descritti nell’articolo [6], è stato utilizzato lo stesso reattore. Le sue caratteristiche fisiche e di forma risultano essere molto diverse, per alcuni parametri, dal nostro reattore schematizzato in fig. 11(a). Nel nostro caso, con il gap uguale a 3.5 mm e l’elettrodo esterno da 10 cm, il volume occupato dal plasma risulta essere più del doppio rispetto al reattore descritto nell’articolo mentre il flusso di CH4 da noi utilizzato, è di circa 10 volte superiore. Per quanto riguarda, invece, il gap di passaggio del gas vi è maggiore similitudine: variabile da 2 mm a 3.5 mm nel nostro reattore mentre si ha un gap di 4 mm nell’altro caso. Anche per quanto riguarda i prodotti del cracking del CH4, rilevati con il gascromatografo, all’uscita dal reattore, si osservano similitudini ma anche marcate differenze. Risulta essere comune ai tre diversi tipi di scarica la bassissima percentuale di acetilene (C2H2) – al di sotto dell’1% - , la percentuale di etilene (C2H4) – tra l’1% e il 2% - e la percentuale di etano (C2H6) – compresa nell’intervallo tra il 3% e il 6% -, indipendentemente dalla potenza e dal tipo di reattore. Le differenze più marcate, invece, riguardano la conversione del metano e, di conseguenza, anche la produzione di idrogeno. La percentuale di conversione del CH4 che avviene nel nostro reattore, “nanosecond pulsed DBD plasma”, calcolata con la formula (3), è notevolmente più alta della corrispondente percentuale degli altri due plasmi. I grafici di fig. 12 e di fig. 13 illustrano bene la differenza. Si ottiene infatti una conversione fino al 65% nel caso del “nanosecond pulsed DBD plasma” mentre risulta essere del 13% nel caso del “millisecond pulsed DC-DBD” e ancora inferiore nel “sin millisecond AC-DBD”. Nelle figure 12 e 13 sono riportati i costi energetici per molecola di metano in funzione della percentuale di conversione per i tre sistemi. Nel confronto tra il “nanosecond pulsed DBD plasma” e il “millisecond pulsed DC-DBD” si osserva che i costi energetici sono dello stesso ordine di grandezza con la differenza che la conversione del metano e’ decisamente superiore nel caso del “nanosecond pulsed DBD plasma”. Energy Cost (eV/mol.CH4) ns pulsed DBD Nanosecond pulsed DBD plasma reactor 50 40 30 20 30 35 40 45 50 55 60 65 70 CH4 conversion (%) Fig. 12 – Costo energetico in funzione della conversione del CH4 riguardante il “nanosecond pulsed DBD plasma” 16 Sin AC DBD ms Pulsed DBD Millisecond pulsed DBD plasma reactor Energy Cost (eV/mol.CH4) 200 160 120 80 40 0 0 2.5 5 7.5 10 12.5 15 CH4 Conversion (%) Fig. 13 – Costo energetico in funzione della conversione del CH4 riguardante il “ Sin millisecond ACDBD” e il “millisecond pulsed DC-DBD”. Quanto detto risulta ancora più evidente nel grafico di fig. 14 nel quale vengono riportati, sulla stessa scala, i risultati complessivi dei tre sistemi. ns pulsed DBD Sin AC-DBD Energy Cost (eV/mol.CH4) ms Pulsed DBD Nanosecond and Millisecond DBD plasma reactor 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 10 20 30 40 50 60 70 CH4 conversion (%) Fig. 14 – Confronto tra le prestazioni dei tre sistemi 17 b) Costo energetico di conversione del CH4 in funzione del tempo di residenza del gas nel plasma. Il secondo confronto verrà fatto con un esperimento simile al nostro contenuto nel rapporto finale [8] commissionato dal Dipartimento dell’Energia del Governo degli Stati Uniti agli autori, R. G. Mallinson e L. L. Lobban, appartenenti alla “School of Chemical Engineering and Materials Science Institute for Gas Utilization Technologies The University of Oklahoma”. Esso riguarda la conversione del metano e analizza alcuni tipi di plasmi in presenza e in assenza di ossigeno. In particolare ci confronteremo con l’esperimento che descrive un plasma AC-DBD generato da impulsi sinusoidali ad alta tensione con frequenza variabile tra 50Hz e 300Hz. Anche in questo caso il reattore ha simmetria cilindrica e alcuni parametri caratteristici, pur avendo un intervallo di variabilità superiore, sono confrontabili con i nostri: Parametri del reattore Dielettrico Spessore del dielettrico Tempo di residenza Gap di passaggio del gas Oklahoma University [8] Vetro 2.29 – 5.82 mm 0.5 – 15 minuti 0.84 – 12 mm IFP-IENI CNR Quarzo 3.0 mm 4 – 25 secondi 2 – 3.5 mm Tabella 3 – Parametri fisici caratteristici riguardanti i due reattori presi in esame In entrambi i casi si osserva un aumento della conversione del metano all’aumentare della potenza entro ben determinati valori di frequenza. Per frequenze inferiori a 125Hz, il plasma dell’Università dell’Oklahoma, risulta essere poco efficace (percentuale di conversione circa 2%). Nell’intervallo 125Hz e 180Hz la conversione del metano cresce notevolmente fino a raggiungere il massimo (circa 21%) e risulta dipendente, in modo lineare, dalla potenza accoppiata al plasma. Per frequenze maggiori di 180Hz si ha un nuovo deterioramento del rendimento e la percentuale di conversione ritorna ai valori minimi (circa il 2%) a poco più di 300Hz. Gli autori attribuiscono tale andamento alla variazione del fattore di potenza (coseno dell’angolo di sfasamento tra tensione-corrente) che presenta un massimo in corrispondenza di circa 180 Hz . Anche nel nostro caso, come si vede dalla fig. 15, la percentuale di conversione del metano dipende in modo quasi lineare dalla potenza, alle basse frequenze, ma tende alla saturazione con l’aumentare della potenza e della frequenza. I dati raccolti ci hanno permesso di individuare un intervallo di frequenze (12 – 28kHz corrispondente a valori di potenza inferiori a 140 watt) in cui la dipendenza lineare risulta essere più accentuata. 18 En. cost (eV/CH4) CH4 Conv. (%) 50 El. ext 10 cm - Gap 3.5 mm 100 150 200 66 55 60 50 54 45 48 40 42 35 36 30 30 Energy cost CH4 (eV/CH4) CH4 Conv. (%) 25 50 100 150 200 Power (W) Fig. 15 – Andamento della percentuale di conversione del metano. Come si vede tende alla saturazione all’aumentare della potenza accoppiata al plasma (IFP-IENI CNR) Per frequenze superiori a 28kHz, e potenze superiori a 140 watt, non si osserva (al contrario di quanto riportato nel rapporto dell’Università dell’Oklahoma) una diminuzione accentuata della percentuale di conversione ma una saturazione. Tale diversità di comportamento si spiega ipotizzando una causa differente come responsabile della perdita di linearità. A differenza del reattore dell’Università dell’Oklahoma nel “nanosecond pulsed DBD plasma” è il fenomeno della ricombinazione molecolare, che aumenta con la frequenza, ad impedire un efficiente cracking delle molecole di CH4 (come sostenuto nel paragrafo 1.2). In entrambi i reattori, inoltre, è stata studiata l’efficienza della scarica in funzione della variazione del gap e del tempo di residenza. Nei grafici di fig. 16 e di fig. 17, che esprimono il costo energetico, per molecola di CH4 convertita, in funzione del tempo di residenza, vengono sintetizzate le analogie e le differenze tra i due tipi di plasmi. Oklahoma University Gap 0,84 mm Gap1,65 mm Gap 6,35 mm Millisecond pulsed DBD plasma reactor Energy Cost (eV/mol. CH4) 500 400 300 200 100 0 3 6 9 12 15 18 Residence Time (min) Fig. 16 – Efficienza di conversione del CH4, in funzione del tempo di residenza, del reattore dell’Università dell’Oklahoma. 19 Entrambi i grafici mostrano che all’aumentare del gap migliora l’efficienza di conversione e di conseguenza si abbassa il costo energetico. Ciò vuol dire che per ogni tipo di reattore diventa importante ottimizzare lo spazio tra gli elettrodi perché da esso dipendono l’efficienza della scarica e il tempo di permanenza del gas nel plasma. IFP - IENI CNR Gap 3 mm Gap 3.5 mm Nanosecond pulsed DBD plasma reactor Energy Cost (eV/mol.CH4) 45 43 40 38 35 4 6 8 10 12 14 16 18 20 Residence time (sec) Fig. 17 – Efficienza di conversione del CH4, in funzione del tempo di residenza, del reattore dell’IFPIENI CNR Dal confronto risulta, inoltre, che il “nanosecond pulsed DBD plasma” è molto più efficiente dell’altro perché permette di ottenere percentuali di conversione maggiori in tempi, e con costi energetici notevolmente, più bassi. In particolare, visto l’andamento del costo energetico in fig. 17, si può ragionevolmente supporre che sia possibile abbassarlo ulteriormente aumentando il tempo di permanenza del gas nel plasma. Energy Cost (eV/mol. CH4) Gap 0,84 mm Gap1,65 mm Gap 6,35 mm Gap 3.0 mm OKLAHOMA UNIVERSITY IFP - IENI CNR 500 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0 0 3 6 9 12 15 18 Residence Time (min) Fig. 18 – Confronto tra i reattori di OKLAHOMA UNIVERSITY e IFP-IENI CNR in cui viene espresso il costo energetico di conversione del metano in funzione del gap e del tempo di residenza. 20 Infine i tempi brevi di residenza (minori di 1 minuto) rappresentano un risultato molto interessante perché consentono al nostro sistema maggiori possibilità di utilizzo in campo industriale. In fig. 18 vengono riportati sulla stessa scala le prestazioni dei due reattori e risulta evidente la notevole differenza riguardante il costo energetico e i tempi di conversione. I grafici di fig. 19, di fig. 20, di fig. 21 e di fig. 22 mostrano gli andamenti della percentuale di conversione del CH4 (o della produzione di H2) e il relativo costo energetico in funzione del tempo di residenza ottenuti con il "nanosecond pulsed DBD plasma". Dagli stessi grafici si rileva, infine, che ai diversi tempi di residenza corrispondono valori diversi del gap e della colonna di plasma (definita dalla lunghezza dell’elettrodo esterno). CH4 Conv. (%) El. ext 4 cm 145 W CH4 Conv. (%) 2.0 3.0 Gap (mm) 3.5 54 60 50 55 46 50 42 45 38 40 34 Energy cost CH4 (eV/CH4) En. cost (eV/CH4) 35 4.5 6.5 7.4 Residence time (sec) Fig. 19 – Percentuale di conversione del CH4 e costo energetico in funzione del tempo di residenza e del gap Yield H2 (%) Yield H2 (%) 2.0 El. ext 4 cm 145 W Gap (mm) 3.0 3.5 28 26 24 22 20 18 16 14 75 70 65 60 55 50 45 40 4.5 6.5 Energy cost H2 (eV/H2) En. cost (eV/H2) 7.4 Residence time (sec) Fig. 20 – Percentuale di produzione di idrogeno e costo energetico in funzione del tempo di residenza e del gap 21 In particolare, nelle figure 19 e 20 il tempo di residenza del CH4 nel plasma e’ stato prolungato aumentando il gap mentre nelle figure 21 e 22 aumentando la lunghezza dell’elettrodo esterno. Yield H2 (%) Gap 3.0 mm 143 W En. cost (eV/H2) 8.0 10.0 28 26 24 22 20 18 16 14 75 70 65 60 55 50 45 40 6.5 13.1 Energy cost (eV/H2) Yield H2 (%) 4.0 El. ext. (cm) 16.4 Residence time (sec) Fig. 21 – Percentuale di produzione di idrogeno e costo energetico in funzione del tempo di residenza e della lunghezza dell’elettrodo esterno. CH4 Conv. (%) Gap 3.0 mm 143 W CH4 Conv. (%) 4.0 8.0 El. ext. (cm) 10.0 64 60 60 55 56 50 52 45 48 40 44 35 6.5 13.1 Energy cost CH4 (eV/CH4) En. cost (eV/CH4) 16.4 Residence time (sec) Fig. 22 – Percentuale di conversione del CH4 e costo energetico in funzione del tempo di residenza e della lunghezza dell’elettrodo esterno. 22 5.2 Effetto della frequenza L’alta tensione applicata agli elettrodi del nostro reattore DBD è caratterizzata da almeno tre parametri caratteristici: la durata dell’impulso, la tensione di picco e la frequenza di ripetizione degli impulsi. Mantenendo costante la potenza media e il flusso di gas, è stata eseguita una campagna di misure per determinare l’influenza della frequenza sulla conversione del metano. Il risultato è sintetizzato in fig. 23. Gap 3.0 mm - Elettr. ext. 8 cm Conv. CH4 (%) Power 138 Watt Conv. CH4 (%) 52 50 48 46 44 42 28.8 34.4 42.7 Frequency (KHz) Fig. 23 – Andamento della percentuale di conversione del CH4 in funzione della frequenza di ripetizione degli impulsi. Agendo sulle impostazioni di tensione e corrente del generatore a bassa tensione, è stata sempre accoppiata al plasma la potenza di circa 138 watt, con un flusso di CH4 di 100 sccm, al variare della frequenza di ripetizione degli impulsi. Il risultato è mostrato in fig. 23 dove si osserva una diminuzione di circa il 20% nella conversione del metano nel passaggio da 28.8 kHz a 42.7 kHz. Se si tiene conto che la tensione misurata agli elettrodi si è mantenuta quasi costante (circa 12 kV) in tutte le scariche effettuate, la diminuzione osservata nella conversione del metano è spiegabile, ancora una volta, con un incremento dei fenomeni di ricombinazione delle molecole a causa dell’aumento del numero di impulsi. 6.0 CONCLUSIONI Il tipo di generatore che fornisce l’energia al reattore e il tipo d’impulso che genera il plasma hanno un’importanza fondamentale nell’attivazione delle molecole e nella conversione delle molecole di metano. Abbiamo visto nel paragrafo 1.2 che è possibile una conversione efficiente del metano in presenza di campi elettrici elevati ed elettroni energetici capaci di innescare e di sostenere le 23 reazioni di cracking. Inoltre i plasmi di non-equilibrio, generati da impulsi molto brevi, sono da preferire ai più tradizionali plasmi stazionari grazie alla notevole riduzione dei fenomeni di ricombinazione molecolare. I confronti eseguiti, nel paragrafo 4.1, hanno confermato e chiarito proprio tali aspetti. Alla luce dei risultati ottenuti, concordiamo solo in parte con alcuni autori che considerano le scariche DBD, applicate al cracking del metano, non adatte alle applicazioni industriali perché caratterizzate da alti consumi energetici e da lunghi tempi di residenza [8]. Il tipo di plasma da noi studiato, “nanosecond pulsed DBD plasma”, si presta invece molto bene ad essere impiegato in vari processi industriali grazie : a) b) c) d) e) alle alte percentuali di conversione del CH4 (circa 65%), ai bassi tempi di residenza (< 1 minuto), ai bassi costi energetici (fig. 18), alle ridotte dimensioni e facilità di esercizio, al non inquinamento e al non consumo degli elettrodi (in contatto indiretto con il plasma). Per quanto riguarda il costo energetico e la percentuale di conversione del CH4, la fig. 17 e i grafici successivi indicano che ci sarebbero ancora notevoli margini di miglioramento se si aumentassero ulteriormente i tempi di residenza (pur mantenendo i tempi di esercizio < 1 minuto). 7.0 Proposte per aumentare l’efficienza del cracking E’ possibile aumentare la percentuale di conversione del metano e l’efficienza del cracking apportando alcune modifiche al reattore attuale oppure intervenendo direttamente sui parametri che caratterizzano il plasma. Il lavoro svolto ci ha permesso di identificare le seguenti possibilità d’intervento. a) Aumento della temperatura di esercizio. Sulla base del grafico di fig. 1 e di quanto discusso nel paragrafo 4, è molto probabile che si abbia un effetto sinergico nel sottoporre il gas all’azione combinata del riscaldamento (temperatura > 700 °C) e delle scariche elettriche. b) Aumento del tempo di residenza del CH4 nel reattore. Dal grafico di fig. 17 si deduce che ci possa essere un miglioramento dell’efficienza della scarica con l’aumentare dei tempi di residenza. Ciò comporta un aumento della lunghezza del reattore. c) Aumento del campo elettrico e diminuzione della durata dell’impulso. Sulla base alle considerazioni svolte nel paragrafo 1.2, con l’aumento del campo elettrico e con la conseguente diminuzione della durata dell’impulso è possibile migliorare l’efficienza della scarica. 24 Referenze [1] Spinicchia N., Angella G., De Angeli M., Gervasini G., Signorelli E., Growth of thin films and hydrogen production in a cusp plasma device, Surface & Coatings Technology, 200, 6434-6437, 2006, doi: http://dx.doi.org/10.1016/j.surfcoat.2005.11.006 [2] Gervasini G., De Angeli M., Amedeo P., Angella G., Gatto G., Schiavone R., Signorelli E., Spinicchia N., Hydrogen formation by methane cracking in a cusp plasma device, 17th International Symposium on Plasma Chemistry, Toronto (Canada), 7th - 12th August 2005 [3] Sandeep Agnihotri, Mark P. 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