Monitoraggio outdoor di asbesto aerodisperso da litologie contenenti amianto. 2. Indagini al confine calabro-lucano. Donato Perniola*, Fortunato Giordano**, Saverio Fiore*, F. Javier Huertas*** * Laboratorio di Mineralogia e Geochimica Ambientale e Medica Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale – CNR, Tito Scalo (PZ) ** Dipartimento Ambiente, Territorio e Politiche della Sostenibilità Regione Basilicata, Potenza ***Geochimica Ambientale - Estacion Experimental del Zaidin CSIC, Granada, Spagna La presenza di minerali asbestiformi nelle rocce ofiolitiche presenti lungo il confine calabro-lucano è nota già da tempo. La pericolosità di tali minerali ha avuto riscontro con i dati epidemiologici che hanno consentito di accertare la presenza di casi di patologie asbesto-correlate, soprattutto mesotelioma pleurico, in soggetti residenti nell’area e non esposti professionalmente a fibre di amianto. La consapevolezza della presenza di attività antropiche capaci di movimentare le rocce contenenti amianto come attività agricole o edili, insistenti direttamente sugli affioramenti di rocce ofiolitiche o che prevedono l’utilizzo del pietrisco derivante da tali rocce in altri siti, ha suggerito di focalizzare lo studio alla quantificazione delle fibre di amianto nel particolato atmosferico riconducibili a tali attività rispetto al contributo litogenico legato ai fenomeni di tipo naturale come erosione e dilavamento che interessano gli stessi affioramenti. La mappatura di tutte le sorgenti di dispersione di minerali asbestiformi è stata condotta attraverso indagini geologiche, morfologiche e mineralogiche degli affioramenti di rocce ofiolitiche presenti sul territorio. I risultati di tali indagini hanno permesso di accertare l’esistenza di quantità significative di amianto di anfibolo (tremolite) e di serpentino (crisotilo), fino a 41%, non solo negli affioramenti primari ma anche nei prodotti del loro disfacimento (detriti eluviali, colluviali, fluviali) che rappresentano quindi importanti sorgenti secondarie di rischio mineralogico, talora ben distanti dalle originarie a causa dell’azione delle acque superficiali. E’ stata condotta, pertanto, una campagna di monitoraggio su tutto il territorio oggetto dell’indagine con le seguenti modalità: in prossimità dei principali centri abitati presenti nell’area; in prossimità degli affioramenti di rocce contenenti amianto; in prossimità di siti in cui le rocce verdi sono state usate come materiale inerte. I risultati del monitoraggio hanno permesso di accertare che: 1. in prossimità dei centri abitati la concentrazione di fibre aerodisperse risulta, in alcuni casi, superiore a 1 ff/L; 2. in prossimità degli affioramenti, in assenza di attività antropica, la concentrazione di fibre aerodisperse è spesso superiore a 1 ff/L; 3. in prossimità dei siti in cui l’amianto è stato utilizzato come inerte la concentrazione di fibre aerodisperse risulta essere variabile in funzione delle attività antropiche, fino ad 5 ff/L. La presenza di rocce contenenti amianto, le condizioni litologiche, intese come stato di fratturazione della roccia e come presenza di livelli ricchi in minerali fibrosi e le condizioni geomorfologiche dell’affioramento rappresentano certamente fattori predisponenti la diffusione di fibre di amianto nell’ambiente. È stato accertato, però, che alcune condizioni climatiche, come bassa umidità e venti di provenienti dagli affioramenti, e soprattutto la presenza di attività antropiche in grado di movimentare rocce e materiali contenenti amianto rischiano di amplificare i fenomeni di aerodispersione delle fibre, sottoponendo i residenti ad esposizioni ben superiori al valore raccomandato dall’Organizzazione Mondiale di Sanità per gli ambienti di vita.