AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI 41° CONVEGNO NAZIONALE, 5-8 SETTEMBRE 2012, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA AIAS 2012 - 073 PROGETTAZIONE DI ENERGY HARVESTERS VIBRAZIONALI PER IL MONITORAGGIO DI SISTEMI MECCANICI A. Somà, G. De Pasquale Politecnico di Torino – Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale, Corso Duca degli Abruzzi 24, 10129 Torino, e-mail: [email protected], [email protected]. Sommario La progressiva riduzione dei consumi di potenza dei più recenti sensori e dispositivi di misura rende possibile la sostituzione dei tradizionali sistemi di alimentazione via cavo con generatori elettrici compatti e integrati per l’alimentazione in loco di reti di sensori. Queste sistemi innovativi sono oggetto di numerose e recentissime ricerche volte alla ideazione di sistemi di recupero energetico dall’efficienza crescente riconducibili alla definizione di energy harvesting, dotati di caratteristiche dinamiche versatili e in possesso di principi di trasduzione elettro-meccanica appropriati per la specifica applicazione. In questa memoria, con particolare riferimento ai vibration energy harvester, si illustrano le proprietà e le caratteristiche dei principali sistemi di recupero energetico in base al principio di funzionamento, si identificano le azioni progettuali più rilevanti e si mettono a confronto le prestazioni di tipologie diverse di energy harvesters realizzati dal gruppo di ricerca. Abstract The progressive reduction of power consumption of the most recent sensors and measuring devices, makes possible to replace the traditional supply by cables with wireless compact integrated electric generators; this allows the local power supply or wireless sensor networks. These strategies, linked to the definition of energy harvesting, are the topic of a number of researches addressed to the invention of systems with increasing efficiency, with versatile dynamic properties and based on electromechanical transduction principles appropriate for the specific application. This paper illustrates the properties and characteristics of the main system for vibration energy harvesting depending to the working principle. Then the more relevant design actions realized by the research group are described and the performances of different harvesters typologies are compared. Parole chiave: energy harvesting, monitoraggio strutturale, diagnostica, comportamento dinamico, efficienza di conversione. 1. INTRODUZIONE L’energia inutilizzata è presente ovunque nell’ambiente che ci circonda: luce, vento, differenze di temperatura, onde a radiofrequenze, energia cinetica dalle onde del mare, dalle vibrazioni dei sistemi meccanici e dal movimento umano. La conversione dell’energia dispersa nell’ambiente in energia elettrica viene definita “energy harvesting”, dall’inglese “mietere energia”, o alternativamente “power scavenging” che significa letteralmente “cercare l’energia di scarto”. A causa delle piccole potenze in gioco l’energy harvesting si riferisce in particolare alle tecnologie a bassissimo consumo. Catturare l’energia direttamente dall’ambiente non solo rappresenta una valida alternativa all’uso delle batterie e al cablaggio, ma apre scenari finora impensabili sulle possibili applicazioni dei dispositivi mobili. 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 La realizzazione di questi sistemi renderà possibile l’impiego dei sensori wireless in una grande varietà di applicazioni: monitoraggio industriale e strutturale, assistenza medica remota, domotica, equipaggiamento militare, sorveglianza, tracciamento dei flussi di materiali, logistica e trasporti, monitoraggio dell’efficienza energetica. Senza l’energy harvesting risulterebbe infatti impossibile cablare sensori in diversi punti delle strutture. Un altro esempio è dato dai recenti sviluppi della telemedicina e del monitoraggio dei parametri biologici. Efficaci harvester miniaturizzati ed indossabili permetterebbero di monitorare costantemente pazienti affetti da patologie croniche mediante sensori indossabili che non necessitano di batterie. Per questi motivi l’interesse per l’energy harversing negli ultimi anni è cresciuto enormemente sia in ambito accademico sia industriale [1-3]. Nel presente lavoro sono messi a confronto diversi sistemi di recupero di energia cinetica dalle vibrazioni. Il gruppo di ricerca, afferente al Dipartimento di Ing. Meccanica e Aerospaziale del Politecnico di Torino, è attivo da alcuni anni nello sviluppo di prototipi di energy harvesters miniaturizzati, sia per quanto riguarda il dimensionamento dinamico e le strategie di sintonizzazione della risonanza, sia in merito agli aspetti elettronici circuitali per la generazione di corrente continua per alimentare reti di sensori. In precedenti lavori gli autori hanno analizzato le prestazioni di energy harvesters piezoelettrici [4], induttivi [5], capacitivi e a levitazione diamagnetica [6]. Il gruppo di ricerca ha inoltre all’attivo la pubblicazione di alcuni brevetti sull’argomento [7-9]. Nel presente lavoro i risultati dell’attività di simulazione e sperimentazione dei diversi energy harvesters sono confrontati in termini di energia prodotta per unità di volume. Sono quindi analizzate dal punto di vista progettuale alcune soluzioni di integrazione di dispositivi per energy harvesting per applicazioni di monitoraggio di veicoli e sistemi meccanici. In seguito al confronto tra le diverse strategie di conversione, due diverse tipologie/applicazioni su sistemi meccanici sono messe a confronto al fine di ottenere indicazioni progettuali di sistema. 2. PRINCIPALI STRATEGIE DI CONVERSIONE DELL’ENERGIA VIBRAZIONALE L’energia cinetica associata alle vibrazioni ambientali viene efficacemente sfruttata dai più comuni dispositivi di conversione per eccitare l’oscillazione di una massa sismica dotata di inerzia, alla quale è collegato il trasduttore. Il moto indotto sulla massa sismica viene modulato in ampiezza, frequenza e fase al fine di massimizzare l’efficienza di conversione; i principi di conversione principali sono tre: piezoelettrico, magnetico-induttivo e capacitivo (tabella 1). Tabella 1: Alcune tipologie di energy harvesters. Di seguito si illustrano le principali caratteristiche di ciascuno dei tre metodi di conversione. 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 2.1. Vibration Energy Harvester piezoelettrici In questa tipologia di generatori, la massa sismica induce la deformazione di un componente di materiale piezoelettrico il quale, a seguito della deformazione meccanica, determina una differenza di potenziale agli elettrodi. Il funzionamento di questo trasduttore è limitato ai regimi dinamici e alcuni problemi di affidabilità sono riscontrabili in letteratura in relazione alla natura fragile dei materiali piezoelettrici impiegabili (PZT, PVDF, etc.). Siccome la potenza elettrica generata è funzione del carico resistivo applicato al trasduttore, è necessaria una caratterizzazione preliminare del generatore tenendo in conto l’impedenza del circuito elettronico di condizionamento ad esso collegato. Altra problematica è legata alla forma d’onda in uscita, caratterizzata da sinusoidi di tensione e di corrente leggermente sfasate fra loro proporzionalmente alla capacità elettrica del materiale piezo; questo causa una riduzione della potenza utile direttamente disponibile in output rispetto a quella ottenibile mediante una rifasatura preliminare di tensione e corrente per via elettronica, non senza complicazioni circuitali. Alcune problematiche sono inoltre associate alla natura della potenza elettrica generata, che tipicamente si compone di elevati livelli in tensione e di bassi valori in corrente. Siccome l’architettura dei sistemi di energy harvesting prevede quasi sempre la presenza di una batteria tampone a valle del generatore, risulta particolarmente svantaggioso effettuare la carica di quest’ultima prima di un’operazione di innalzamento della corrente, da effettuare mediante un trasformatore. I punti di forza dei generatori piezoelettrici sono legati alla disponibilità commerciale di trasduttori pronti (o quasi) per l’integrazione nel sistema di harvesting, così come sono legati ai buoni valori di potenza generata per unità di volume. Dal punto di vista dinamico queste tipologie di harvester possono essere applicati in un range di frequenze moderatamente elevato e tipico delle vibrazioni strutturali ad esempio agendo sulla rigidezza dell’elemento deformabile o sulla massa sismica. Meno immediate sono le operazioni di sintonizzazione variabile legata al regime di funzionamento e dalla larghezza di banda. Un esempio di generatore piezoelettrico è riportato in Fig. 1. Figura 1: Generatore piezoelettrico [10]: dimensioni 10x10x1 mm3, potenza generata di 60 µW in condizioni di risonanza (572 Hz) e accelerazione pari a 2 g. 2.2. Generatori magnetico-induttivi In questo caso l’energia vibrazionale esterna è utilizzata per indurre un moto relativo fra un magnete permanente e un avvolgimento; le configurazioni presenti in letteratura sono numerosissime e possono contemplare magnete fisso e avvolgimento mobile oppure, più frequentemente, magnete oscillante. Il dimensionamento del generatore include la corretta scelta del diametro e del numero di spire dell’avvolgimento, quantità proporzionali alla corrente indotta nel filo ma anche alla resistenza elettrica del filo stesso, proprietà fra loro concorrenti che identificano in genere una soluzione di ottimo. Altri parametri cruciali sono quelli relativi alla scelta del materiale magnetico e alle dimensioni del magnete stesso. L’opzione più ovvia prevede di adottare magneti con campo indotto elevato, orientando la scelta sui magneti a ‘terre rare’ come il NdFeB. I principali vantaggi dei generatori magnetico-induttivi sono legati alla stabilità delle prestazioni, all’elevata affidabilità e, soprattutto, all’elevato rapporto corrente/tensione che rende particolarmente agevole la ricarica di batterie tampone anche senza trasformatori intermedi. Di contro, risulta piuttosto complicato introdurre sistemi di sintonizzazione variabile del generatore, la cui frequenza di risonanza è perlopiù imposta dalla massa del magnete oscillante e dalla rigidezza delle sospensioni cui esso è collegato. Inoltre, il raggiungimento di elevati livelli di potenza generata è legato alla velocità di oscillazione del magnete; tale condizione è dettata dal legame fra corrente indotta e variazione del campo magnetico concatenato alle spire dell’avvolgimento e richiede pertanto valori di corsa del magnete non troppo ridotti. Un valido metodo per ridurre la frequenza propria di questi generatori senza dover accrescerne 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 troppo le dimensioni consiste nella riduzione della rigidezza delle sospensioni; ad esempio utilizzando la forza di repulsione magnetica fra il magnete oscillante e un secondo magnete posto al di sotto di esso in modo che i due lati affacciati mostrino la medesima polarità. Figura 2: Generatore magnetico-induttivo [11]: dimensioni 54x46x15 mm3, potenza generata di 0.55 mW alla frequenza di 9.25 Hz e con accelerazione pari a 0.8 g. 2.3. Generatori capacitivi I generatori capacitivi sono assimilabili a condensatori ad armature mobili in cui lo spostamento relativo fra le armature stesse, indotto dalla vibrazione esterna, viene sfruttato per generare una differenza di potenziale o di carica elettrica seconda delle modalità di collegamento circuitale. La potenza elettrica generata è fortemente dipendente dalla geometria del condensatore: in particolare sono molto favorevoli piccole distanze fra le armature e, in linea teorica, elevate superfici delle stesse. Tuttavia, al fine di produrre energia utile, è necessario applicare un precarico elettrico al condensatore variabile (ovvero una tensione di bias) il quale è particolarmente dannoso per l’efficienza globale del generatore. Si preferisce quindi adottare superfici molto ridotte delle armature proprio per ridurre al minimo l’energia spesa per il loro precarico. Di fatto quindi, l’applicazione dei generatori capacitivi è limitata alle scale dimensionali più piccole e alcuni esempi sono disponibili nell’ambito dei MEMS (micro electro-mechanical systems), mentre per scale dimensionali più grandi l’efficienza viene pesantemente penalizzata rendendo questa soluzione poco vantaggiosa. Quanto detto riflette i maggiori svantaggi legati ai generatori capacitivi, unitamente al fatto che le ridotte dimensioni sono inevitabilmente associate a elevate frequenze operative, difficilmente abbinabili ad ambienti vibratori consueti per la meccanica delle macchine. Di contro, nell’ambito della microscala, la tecnologia necessaria a realizzare questi generatori (surface micromachining) è consolidata e possono essere ottenute buone soluzioni costruttive. Recentemente, inoltre, è stata dimostrata la possibilità di applicare particolari materiali (detti electret) sulle superfici del condensatore variabile; si tratta sostanzialmente di materiali elettricamente carichi in grado di preservare la loro carica in modo stabile e per tempi molto lunghi rispetto alla durata di vita del generatore; questa innovazione consente di eliminare il precarico elettrico invece necessario nei tradizionali harvesters capacitivi, con conseguenti benefici sull’efficienza globale. In Figura 3 è riportato un esempio di generatore capacitivo MEMS e di un generatore con electret. a) b) Figura 3: (a) Generatore capacitivo [12] comprensivo di una massa sismica sferica in tungsteno (diametro 4 mm) per la riduzione della frequenza di risonanza a 120 Hz (potenza generata: 31 µW a 0.23 g). (b) Generatore capacitivo con electret [13] (potenza generata: 1 µW a 63 Hz e 2 g). 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 3. POWER SPECTRAL DENSITY, SINTONIZZAZIONE E LARGHEZZA DI BANDA Dal punto di vista metodologico, la prima analisi da effettuare nel dimensionamento dell’harvester riguarda la natura del segnale vibrazionale di eccitazione disponibile. Generalmente si tratta di segnali di tipo random in quanto associati a macchine o sistemi dotati di règimi di funzionamento variabili: si pensi ad esempio a veicoli in marcia a velocità diverse oppure a velivoli in differenti condizioni di volo. L’energia media disponibile è valutabile, ad esempio, analizzando i livelli di accelerazione associati alle varie condizioni di esercizio e, in particolare, il range entro cui tali valori si collocano. A partire dalla stima della quantità di energia disponibile è possibile individuare la taglia del generatore o, più precisamente, delle sue parti oscillanti. Una stima preliminare permette di dimensionare le masse e le rigidezze in funzione del rapporto fra ampiezza dell’eccitazione e ampiezza della risposta, fino a un dimensionamento di massima adeguato. Il passo successivo riguarda l’analisi della distribuzione dell’energia nello spettro delle frequenze; poiché la macchina o sistema esterno è governato da fenomeni dinamici che comprendono risonanze e accoppiamenti modali, è presumibile che per alcune frequenze di vibrazione l’oscillazione dell’ambiente esterno sia amplificata. Proprio in queste condizioni di risonanza si osserva l’amplificazione dell’energia erogata dal sistema vibrante. La descrizione della distribuzione di energia nel dominio delle frequenze è ben descritta dalla funzione di densità spettrale di potenza (PSD, power spectral density). Il dimensionamento dell’harvester deve necessariamente tenere conto della PSD dell’ambiente. La sintonizzazione del generatore consiste nel modificare quei parametri (di massa e rigidezza) in precedenza definiti in modo approssimato. La scelta di tali parametri avviene solitamente in modo univoco in fase di progettazione, senza prevedere la possibilità di modificarli in seguito: questo approccio è il più semplice e si adatta ad ambienti con una certa regolarità di vibrazione e con una PSD ben definita. Talvolta però i règimi di funzionamento sono talmente variabili e la quantità di energia associata alle vibrazioni è talmente scarsa che si rende necessario introdurre nel design dell’harvester sistemi in grado di effettuare una sintonizzazione variabile dello stesso durante il suo funzionamento. Queste soluzioni costruttive richiedono intense attività di ottimizzazione dei consumi e di prove sperimentali poiché l’energia assorbita dal sistema di tuning deve essere contenuta entro valori rigidamente prefissati. Esempi si sistemi di sintonizzazione di tipo fisso sono la replicazione di vettori di strutture vibranti con differenze dimensionali, la variazione della rigidezza mediante applicazione di precarichi, l’introduzione di masse aggiuntive, etc. Esempi di sistemi di tuning variabili sono vincoli mobili, masse mobili, forze esterne (ad esempio magnetiche) variabili, etc. Mass 1 Mass 2 K₁₂ Mass 3 K₂₃ Figura 4: Esempio di strategia per l’amplificazione della larghezza di banda applicata su generatore capacitivo mediante accoppiamento delle deformate modali. 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 Un ultimo aspetto, non meno importante dei precedenti, riguarda la larghezza di banda del generatore. Dal punto di vista dinamico, gli harvesters vibrazionali si comportano come filtri, inquanto ricevono un segnale di eccitazione che forza un sistema oscillante dotato di una dinamica propria tale da produrre una specifica risposta. La risposta del generatore è direttamente responsabile dell’energia generata poiché essa eccita il trasduttore elettro-meccanico, quale che sia. E’ evidente che un generatore identificabile come un filtro a banda larga è molto più prestante di uno a banda stretta poiché il primo sarà in grado di intercettare l’energia associata alla forzante esterna in un range di frequenze più ampio. In caso di forte variabilità della frequenza di eccitazione, equivalente a una PSD molto distribuita, un harvester a banda larga è il più indicato. Anche in questo caso i metodo di amplificazione della larghezza di banda sono molteplici, i più diffusi sono l’accoppiamento modale di più trasduttori (Figura 4), l’accoppiamento in serie di generatori multipli e l’adozione di strutture bistabili. 4. ARCHITETTURA DEL SISTEMA E TEMPO CICLO Il dimensionamento del generatore non può prescindere dalla conoscenza dettagliata del sistema a valle che deve essere alimentato mediante l’energia estratta. E’ quindi necessario parlare di progettazione del sistema autoalimentato piuttosto che dell’harvester, includendo quindi i parametri elettrici dei dispositivi utilizzatori. La definizione di un’architettura efficiente e funzionale del sistema autoalimentato è alla base del funzionamento del sistema stesso. Anche se la tipologia dei componenti e alcune delle loro funzioni possono variare fra le applicazioni, generalmente si constata la presenza di alcuni blocchi funzionali costanti, quali: un raddrizzatore di corrente, una riserva di carica (batteria tampone), uno o più dispositivi di misura (sensori), un sistema di trasmissione o di ricetrasmissione. E’ consigliabile prevedere che l’energia generata dall’harvester, prima di essere utilizzata, sia immagazzinata nelle batterie tampone (previa trasformazione della corrente da alternata a continua); questa operazione, seppur dispendiosa in termini energetici, è spesso indispensabile per alcune ragioni, fra cui garantire una continuità dell’alimentazione svincolandola dalle irregolarità di generazione dell’harvester e raggiungere un livello di energia adeguato per alimentare gli utilizzatori. Figura 5: Tempo ciclo (Tc) comprensivo di tempo di stand-by del sistema (Ts), tempo di misura e immagazzinamento dei dati (Tm) e tempo di trasmissione dei dati compressi (Tt). L’energia prodotta dall’harvester e immagazzinata nelle batterie può essere utilizzata per le operazioni di alimentazione solamente quando (e se) viene raggiunta una soglia minima di accumulo tale da soddisfare il fabbisogno energetico degli utilizzatori; anche la durata dell’alimentazione è funzionale all’energia consumata nell’unità di tempo. Questi vincoli sono tenuti in conto nella definizione del tempo ciclo (duty cycle) del sistema autoalimentato, il quale viene stimato appunto in funzione del valore di ciascuno dei parametri sopracitati. Risulta vitale per il funzionamento del sistema autoalimentato l’adozione di accorgimenti necessari a contenere i consumi attraverso operazioni di power management quali, ad esempio, l’attivazione delle funzionalità solo al di sopra di una soglia prefissata (triggering) o lo spegnimento dell’antenna nelle fasi di misura e processamento dei dati. 5. ANALISI SPERIMENTALI E CONFRONTO PRESTAZIONALE La misura delle prestazioni di alcune tipologie di generatori piezoelettrici e magnetico-induttivi è condotta mediante prove al banco con shaker e con controllo della forzante e della risposta dinamica. 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 La risposta dei generatori è modificata mediante operazioni di sintonizzazione della risonanza, ottenute modificando la massa sismica oppure la rigidezza delle parti deformabili. Diversi valori di accelerazione sono imposti al fine di verificare la variazione della risposta elettro-meccanica. Il banco prova per le caratterizzazioni sperimentali dei generatori è realizzato secondo lo schema seguente (Figura 6). Figura 6: Schema del banco prova per la caratterizzazione sperimentale dei generatori. 5.1. Generatori piezoelettrici In Figura 7 sono rappresentati due esempi di generatore piezoelettrico; il primo (Figura 7a) è un prodotto commercializzato da Cedrat Technologies per applicazioni in ambito aeronautico [14], mentre il secondo (Figura 7b) è un prototipo di laboratorio realizzato dagli autori per il recupero di energia dai veicoli su rotaia per mezzo del trasduttore DuraAct P-876.A12 [4]; le caratteristiche principali sono riassunte in Tabella 2. Il generatore commerciale è costituito da due blocchi piezoelettrici inseriti in un frame metallico che, in presenza di vibrazioni ambientali, a causa della sua deformazione modale, impone una sollecitazione di trazione-compressione al trasduttore elettro-meccanico. Il design del generatore è tale da associare alla struttura una rigidezza non trascurabile (100 N/mm dichiarata) e, di conseguenza, portare la frequenza di risonanza a valori prossimi ai 400 Hz. Il prototipo di laboratorio, al contrario, è basato sulla deformazione a flessione del trasduttore: questa configurazione permette di massimizzare il rapporto fra deformazione del materiale e forza esterna applicata e consente di ridurre considerevolmente la rigidezza del generatore a valori prossimi a 0.06 N/mm e la frequenza di risonanza a circa 27 Hz. In questo caso lo svantaggio è la potenziale minore affidabilità del materiale fragile che costituisce il trasduttore, soggetto a comportamento a fatica; tuttavia il rivestimento polimerico con cui la lamina piezo viene commercializzata ha mostrato effetti molto benefici sulla durata di vita del componente (oltre 106 cicli con accelerazione 1 g). a) b) Figura 7: (a) Generatore piezoelettrico a trazione-compressione VEH-APA 400M-MD (Cedrat Techologies); (b) prototipo di generatore a flessione realizzato con trasduttore DuraAct P-876.A12. 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 Tabella 2: Alcune proprietà dei generatori piezoelettrici Dimensioni (mm) Capacità (nF) Carico di ottimo (kΩ) Freq. risonanza (Hz) Generatore Cedrat 48x13x10 3150 0.47 405 Prototipo di laboratorio 60x35x0.5 90-150 200 27 La caratterizzazione preliminare del generatore piezoelettrico è rivolta all’individuazione del carico resistivo di ottimo, per il quale la potenza in uscita è massima; tale valore sarà utilizzato in seguito come riferimento per la progettazione dell’elettronica di controllo, le cui funzioni sono principalmente la rettificazione della corrente prodotta, il livellamento di tensione e corrente alle soglie imposte dalla batteria, la gestione della batteria ed eventualmente la preliminare fasatura fra tensione e corrente. I risultati di questa caratterizzazione di carico sono riportati in Figura 8. a) b) Figura 8: Caratterizzazione del carico elettrico di ottimo nei due generatori. (a) Generatore commerciale: prova eseguita in risonanza (405 Hz) con accelerazione pari a 1.4 g. (b) Prototipo: prova eseguita in risonanza (5.71 Hz) in presenza di massa sismica (36.6 g) applicata in punta con accelerazione pari a 1.4 g e due lamine piezo di diversa capacità (90 e 150 nF). a) b) Figura 9: Potenza di output prodotta dal generatore commerciale in funzione della frequenza di attuazione (a) e dal prototipo di laboratorio in funzione del carico resistivo in condizioni di risonanza (b) al variare della massa sismica. 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 In Figura 9 sono rappresentate le curve di potenza riferite ai due generatori piezoelettrici; si nota come la variazione della massa sismica consenta di sintonizzare la risonanza dell’harvester su valori di frequenza sensibilmente diversi nel primo caso. Nel secondo caso si osserva come la particolare conformazione del trasduttore sia particolarmente sensibile al rapporto massa sismica/deformazione a parità di accelerazione di ingresso; in questo caso tutte le misure sono riferite alla risonanza del sistema. Questo tipo di soluzioni sono state valutate nel caso applicativo di vibrazioni meccaniche in strutture bidimensionali come i pannelli di rivestimento strutturale di veicoli di grandi dimensioni. 5.2. Generatori magnetico-induttivi In figura 10 sono riportati lo schema costruttivo e l’immagine del prototipo del generatore magnetico induttivo realizzato dagli autori e preliminarmente descritto in [5]. In questa tipologia di harvester la scelta delle dimensioni e dei materiali dei componenti è vincolante sia rispetto alla potenza elettrica sia rispetto alla sintonizzazione del sistema. La sospensione magnetica che regola la rigidezza del trasduttore è infatti determinata dalla intensità del campo magnetico prodotto dai due magneti permanenti; allo stesso modo la corrente elettrica indotta nell’avvolgimento è proporzionale alla dimensione del magnete oscillante e alla sua velocità relativa, che a sua volta risulta essere funzione della rigidezza della sospensione. E’ quindi evidente che il dimensionamento è reso assai complesso sia dall’accoppiamento elettro-meccanico stretto che caratterizza il generatore, sia come già accennato in precedenza alla variabilità di frequenza e accelerazione della forzante identificati dallo spettro di quest’ultima. a) b) Figura 10: Prototipo di generatore magnetico-induttivo: schema costruttivo (a) e immagine del dispositivo per applicazioni ferroviarie [9] (b). a) b) Figura 11: Caratteristiche di output elettrico del generatore a 4 avvolgimenti (3.2 Hz, 0.12 g): tensione e corrente (a) e potenza generata (b). 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 Sono stati realizzati anche modelli analitici ed agli elementi finiti per valutare le caratteristiche della sospensione magnetica. La finalità delle prove di caratterizzazione al banco è quella di ottenere diagrammi e curve caratteristiche di funzionamento utili alle successive fasi di progettazione del generatore nell’ambito di precise specifiche di funzionamento. Alcuni risultati delle prove di caratterizzazione sono descritti dalle Figura 11 a,b. Questa tipologia di soluzioni sono state valutate nel caso applicativo di strutture e componenti di veicoli, quali boccole di carrelli ferroviari [7], assili di veicoli industriali [9], bracci telescopici e macchine da lavoro ed attrezzature sportive [8], in cui il range di frequenze è concentrato alle basse frequenze. 6. CONCLUSIONI Nella presente memoria si sono illustrate le principali metodologie per la progettazione di energy harvesters vibrazionali. In particolare è evidenziata la necessità di un approccio sistemistico tale da considerare il dispositivo di diagnostica autoalimentato nella sua complessità, senza trascurare la fonte di energia esterna e il fabbisogno dei sensori connessi e della trasmissione del segnale. Dal punto di vista del bilancio energetico risulta di fondamentale importanza il concetto di tempo ciclo e di sintonizzazione del sistema. Quest’ultimo aspetto, insieme alle specifiche di amplificazione della larghezza di banda e di amplificazione della risposta, necessita di particolare attenzione nella scelta della tipologia di harvester e nel dimensionamento sia della dinamica del sistema che dell’interfaccia elettro-meccanica. BIBLIOGRAFIA [1] S. Roundy, On the effectiveness of vibration-based energy harvesting, Journal of Intelligent Materials and Structures, 16, 809-823 (2005). [2] S. Roundy, P.K. Wright, J. 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