Osservatorio Energia
NEWSLETTER
10 gennaio 2000, n°19
Pubblicate le nuove tariffe elettriche
L’AEEG con una serie di delibere emesse gli
ultimi giorni dell’anno ha provveduto a definire in
via quasi definitiva la nuova struttura tariffaria
dei servizi di distribuzione e vendita dell’energia
elettrica. Rispetto al documento di consultazione
del 27 novembre, commentato nella scorsa
Newsletter, non vi sono novità rilevanti. Tuttavia,
l’esplicitazione dei valori delle componenti
tariffarie permette di esprimere un giudizio
maggiormente articolato sugli effetti prevedibili
per le diverse classi di utenza.
INDICE
Pubblicate le nuove tariffe elettriche
STRUTTURA
• La
valutazione
degli
asset
nella
riorganizzazione dei servizi pubblici locali
NORMATIVA
• L’AEEG avvia la prima riduzione strutturale
dei prezzi del gas in Italia
PANORAMA INTERNAZIONALE
•
Le dinamiche del mercato tedesco: un
caso studio
(continua pagina 2)
Istituto per la Ricerca Sociale
Presidente: Pia Saraceno
Via XX settembre 24
20123 Milano
tel
+39 (2) 46764270/2
fax +39 (2) 46764227
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Osservatorio Energia
Coordinatore: Giacomo Vaciago
Gruppo di lavoro: Cosma Campidoglio, Marco Gulisano,
Luigi Napolano
Soci sostenitori: ABN Amro, ACEA, AEM Milano, AICEP,
ASM Brescia, Centro Energia (Foster Wheeler, Gruppo
Merloni), Cispel, Confindustria, Dalmine, Edison, Enel
Lombardia, ENI, Enron, Italcementi, Italgas, Pangeo, Pirelli
Cavi e Sistemi, Sondel
Utenze industriali
Nella delibera 204/99 l’AEEG ha emesso i valori delle
componenti ρ ed i parametri δ e γ che permettono di
calcolare le voci tariffarie α1, α2, α3 a copertura dei
costi di trasmissione, distribuzione e vendita afferenti
alle diverse tipologie di clienti.
Tabella 1: calcolo dei parametri alpha e stima di
alpha1 (l/cl/a)
alpha2 (l./kW)
alpha3 (l.kWh)
Ct (l/kWh)
gammaPG
(stimato)
gammaPG1
BT
115.060
44.117
9,9
64,3
145,8
MT
2.613.950
70.392
10,1
AT
144.953.380
9,2
120,0
99,0
Nella delibera 205/99 viene data la definizione del
parametro PG, a copertura dei costi variabili di
acquisto dell’elettricità che sono a carico dei fornitori.
Esso è composto da due parti: una componente a
copertura dei costi fissi di produzione, distinta secondo
le fasce orarie F1-F4, un’altra a copertura dei costi
variabili di produzione, pari per ogni bimestre al costo
unitario riconosciuto per gli impianti di produzione
termoelettrica
(Ct).
PG
verrà
pubblicato
bimestralmente
dall’Autorità
con
apposito
provvedimento, il primo dei quali è atteso a breve. In
attesa, al fine di avere un valore di riferimento di γPG è
possibile effettuare una stima, essendo noto il Ct per il
prossimo bimestre (delibera 206/99), e applicando un
parametro pari al rapporto tra ore per singola fascia e
ore complessive di un anno (tabella 6 delibera 204/99).
E’ possibile infine calcolare anche la nuova tariffa
lorda, essendo stati resi noti i valori delle componenti
A e UC e delle quote di compensazione GR che
agiranno nei prossimi due anni in modo da rendere
graduale l’impatto della riforma tariffaria.
Dati questi riferimenti e ipotizzando alcuni profili di
consumo tipici per le attuali categorie di consumatori, è
stato possibile condurre una simulazione che permette
di apprezzare, seppure in maniera non ancora
definitiva, l’impatto sulle utenze della riforma tariffaria
(cfr. tabella 2). Per alcune classi tariffarie esso è in
effetti notevole. Se guardiamo al confronto tra vecchie
e nuove tariffe nette, l’impatto è molto rilevante per le
utenze in bassa tensione, che ottengono riduzioni
comprese tra l’8% e il 25%. Per le utenze in media e
alta tensione, il discorso è più complesso. Sono
penalizzate, in alcuni casi anche in maniera rilevante,
le utenze maggiormente utilizzatrici di energia, in
particolare quelle con tariffa multioraria di fornitura,
mentre le utenze basse e medie utilizzatrici ottengono
generalmente
delle
riduzioni
tariffarie 2 .
Per
ammortizzare questo effetto, agiranno in maniera
consistente le componenti GR, che verranno
gradualmente ridotte entro due anni. Tale risultato può
apparire sorprendente, se non si tiene conto delle
finalità della riforma e del nuovo contesto di mercato
liberalizzato entro il quale essa si pone.
1. Uno degli obiettivi principali della riforma è quello
di semplificare e rendere maggiormente omogenee le
classi tariffarie, in modo da impedire il ricorso agli
strumenti di discriminazione di prezzo tipici dei
monopoli. A questo fine sono state individuate le nove
tipologie di clientela, all’interno delle quali ricadono le
utenze precedentemente distinte per grado e tipologia
di utilizzo. Limitandoci alle sole utenze industriali, per
ogni livello di tensione sono presenti unicamente due
tipologie di clienti; scompare quindi il criterio di
determinazione della tariffa basato sul grado di
utilizzo. Rispetto alla situazione precedente quindi in
ogni classe c’è una convergenza verso un valore medio
che avvantaggia le utenze basse utilizzatrici,
penalizzate nel precedente regime tariffario, a che
viceversa svantaggia le utenze grandi utilizzatrici.
2. Se la tariffa prevista dall’AEEG fosse unica e
obbligatoria, tale soluzione sarebbe iniqua e
inefficiente, perché penalizzerebbe utenze energyintensive. Tuttavia bisogna iscrivere questo intervento
all’interno del nuovo contesto di libertà contrattuale.
Innanzitutto, i distributori e i fornitori hanno piena
libertà di definire diverse opzioni tariffarie. La tariffa
TV2 definita dall’Autorità agisce unicamente come
opzione tariffaria massima, in modo da impedire
sussidi incrociati tra tipologie di clienti. 3 In secondo
luogo, è prevedibile che i consumatori che rispettano la
condizione di idoneità si rivolgano al mercato libero in
modo da ottenere le migliori condizioni di fornitura, e
che tale orientamento sia seguito soprattutto dai clienti
che hanno un utilizzo maggiore dell’energia. Una
tariffa molto bassa a favore dei grandi utilizzatori di
energia avrebbe avuto quindi numerosi svantaggi:
avrebbe disincentivato i consumatori medio grandi
dall’andare sul mercato libero; sarebbe andata a
detrimento unicamente dei distributori, stretti tra
vincoli eccessivi sui ricavi ottenuti dalle tariffe e gli alti
costi di acquisto dell’energia dai produttori
(permanendo una situazione di scarsa concorrenza
nella generazione). In un mercato libero invece la
tariffa deve andare a tutela soprattutto dei consumatori
più deboli, nel caso delle utenze industriali quindi
soprattutto quelle allacciate in bassa tensione, e deve
impedire i sussidi incrociati di prezzo, obbiettivi
entrambi raggiunti dalla riforma.
3. E’ da ricordare che l’obiettivo principale della
riforma è quello di definire la tariffa attraverso la
corretta attribuzione dei costi delle singole fasi della
filiera. Ciò spiega la proliferazione di componenti e di
parametri (che andrebbero in realtà ulteriormente
raffinati: basti pensare ai parametri dei profili tipici di
potenza e consumo, ancora basati sulle vecchie fasce
1
La distinzione tra clienti vincolati e potenzialmente idonei è di fatto
inattiva, essendo uguali i parametri.
2
Un’eccezione è data dalla tariffa bioraria, bassa utilizzazione per
utenze MT, che viene penalizzata dal nuovo regime tariffario.
3
Come noto, il tetto sui ricavi complessivi è definito
dalla tariffa TV1, che però è tariffa puramente
indicativa e che non verrà offerta alle utenze.
F1-F4, che invece andrebbero modulati su base oraria);
calcolare la nuova tariffa TV2 è però estremamente
semplice, essendo spariti gli scaglioni di potenza e la
modulazione su fasce e grado di utilizzo. L’obiettivo
della semplificazione tariffaria è quindi raggiunto.
4. C’è poco da aggiungere, rispetto al Documento
Consultivo, relativamente alla questione degli oneri
impropri e delle componenti UC1 e UC2; i primi
complessivamente hanno un’incidenza sulla tariffa
sostanzialmente uguale a quella attuale (9-10%), e che
resta quindi particolarmente elevata (è da ricordare che
gli stranded costs sono stati definiti in maniera tale da
essere attivi solamente a partire dal 2001, e che
tenderanno a rendere costante la tariffa finale per le
utenze). La forte crescita del Ct invece aumenterà la
rendita idroelettrica, che dovrebbe quindi interamente
compensare le 6 lire/kWh previste a favore degli
impianti termoelettrici e garantire la riduzione di altre
componenti di oneri impropri (tabella2)
Tabella 3. I parametri delle tariffe domestiche
D1
D2
σ1 (£/anno)
69.800
3.400
σ2 (£/kw/anno)
29.012
12.000
σ3 (£/kwh/anno)
25.5
40 - 335.5
Parte B
γPG (£/kwh/anno) ?
A2 (£/kwh/anno)
4.8
4.8
A3 (£/kwh/anno)
8.9
8.9
A4 (£/kwh/anno)
2.0
2.0
A5 (£/kwh/anno)
0.8
0.8
D3
42.000
42.000
152
Parte B
4.8
8.9
2.0
0.8
L’unica vera novità è quindi rappresentata dai valori
dei coefficienti, che delineano tariffe molto più
progressive rispetto alla versione preliminare,
soprattutto per le tariffe D2 e D3. In particolare a
regime (ovvero nel 2003, quando entrerà in funzione la
tariffa D1) i piccoli utenti (con potenze inferiori ai 3
kw impegnati) registreranno un costo del kwh
inalterato per consumi annui prossimi ai 2700kwh,
registrando invece aggravi pesanti al di sotto (fino al
190%) e sconti apprezzabili al di sopra (fino al 30%); i
grandi utenti (al di sopra dei 3 kw impegnati) godranno
di un beneficio netto, variabile tra il 40% e il 50% a
seconda dell’intensità dei consumi. Inoltre anche il
transitorio risulta meno schiacciato sulle vecchie tariffe
e più prossimo alle nuove, delinenando vantaggi netti
per i grandi consumatori (variabili tra il 25% e il 35%)
e favorendo gli elevati consumi per i piccoli
consumatori, con sconti massimi del 30%,
penalizzazioni massime del 90% e indifferenza attorno
ai 3000 kwh/anno di consumo.
La formulazione definitiva della tariffa sociale, e
quindi anche l’onere della voce C1 destinata a pagarne
il costo, è stata rimandata a successivi provvedimenti.
Utenze domestiche
Il documento contiene pochissime novità rispetto alle
tariffe domestiche. Anche nella nuova e definitiva
versione le tariffe D1 D2 e D3 mantengono
l’articolazione su un fisso annuo σ1, un canone di
potenza σ2, una componente variabile σ3 e un termine
legato al valore dell’energia γPG (che per la tariffe D2
e D3 è sostituito dalla parte B della attuale tariffa).
Resta anche la definizione di un σ3 articolato per
scaglioni di consumo e a forma di campana, che già
caratterizzava la precedente versione, con l’unica
novità di un’articolazione degli scaglioni leggermente
diversa.
Tariffe domestiche < 3 kw
450
Tariffe domestiche < 10 kw
400
1.400
350
1.200
250
1.000
200
800
150
£/kwh
$/kwh
300
100
600
50
400
600
900
1200
1500
1800
2100
2400
2700
3000
3300
3600
kwh/anno
200
D1
D2
Resid
600
900
1200
1500
1800
D1
2100
kwh/anno
D3
Resid
2400
Non Resid
2700
3000
3300
3600
Tabella2. Simulazioni dell’impatto tariffario sul prezzo industriale
classe di utenti
bt bu
bt mu
bt au
mt bioraria bu
mt bioraria mu
mt bioraria au
mt multioraria bu
mt multioraria mu
mt multioraria au
at multioraria bu
at multioraria mu
at multioraria au
at multioraria aau
nuova tariffa
nuova tariffa
vecchia netta
vecchia tariffa
var su
netta (lire/kWh)
lorda (L./kWh)
(lire/kWh)
lorda (l./kWh)
%
203,7
245,3
304,3
334,7
183,1
233,4
250,8
275,9
169
202,0
200
220,0
235,3
164,9
226,1
248,7
166,6
187,1
168,9
185,8
153,2
166,9
151,1
166,1
235
322,2
276
303,6
174
202,0
197
216,7
150,8
152,5
114,2
125,6
124
158,8
151
166,1
117,3
127,2
126,3
138,9
121,7
106,0
98,2
108,0
112,7
95,7
92,2
101,4
netto var su lordo
%
-33,1
-26,7
-27,0
-15,4
-15,5
-8,2
4,1
-33,7
-1,4
0,7
1,4
0,5
-14,9
0,1
-11,7
-6,8
32,0
21,4
-17,9
-4,4
-7,1
-8,4
23,9
-1,8
22,2
-5,6
STRUTTURA
La
valutazione
degli
asset
nella
riorganizzazione dei servizi pubblici locali
A seguito dei provvedimenti contenuti nel Decreto
Bersani, si stanno sviluppando in questo periodo sia il
processo di unbundling che i contatti tra le ASPL e
l'ENEL per la cessione delle quote di rete elettrica di
proprietà dell'ex monopolista nelle aree metropolitane.
La procedura di valutazione delle reti di distribuzione
dell'energia elettrica ha condotto a risultati interessanti
sia per le differenti metodologie utilizzate per la
valutazione sia per la divergenza delle valutazioni tra
l'ENEL e le ASPL.
Nel processo di conferimento della rete di trasmissione
di AEM ad AEM Trasmissione il valore complessivo
stimato dai periti (effettuata con metodologie
patrimoniali di cui daremo spiegazione in seguito) è di
149,990 miliardi di lire, per un valore medio di circa
134 milioni per km di rete 4 . Parallelamente si è svolta
la perizia per il conferimento della rete di distribuzione
ad AEM Elettricità, il cui valore complessivo è stato
stimato con una metodologia mista in 1100 miliardi,
per un valore medio per km di circa 288,5 milioni5 .
Con metodologie simili a quelle utilizzate per le perizie
delle reti di AEM sono state valutati gli asset di ASM;
tali perizie hanno condotto ad una valutazione della
rete di distribuzione di circa 400 milioni al Km.
Per quanto riguarda la stima delle reti dell'ENEL che
andrebbero cedute ad operatori locali è interessante
4
La rete di trasmissione dell'AEM è in realtà composta di 785 km in
alta tensione a 220kV, 310.7 Km in alta tensione a 130kV ed ulteriori
20Km di rete in alta tensione a 220kV interrati. La stima della
valutazione per km è quindi una media effettuata su porzioni di rete
con caratteristiche differenti.
5
Nel caso in esame la rete è così composta: 20km a 220kV, 1265km a
23kV, 791km a 9kV e 1738km a 380V.
osservare come nel caso di Torino, l'AEM abbia
stimato un valore complessivo della rete di circa 300
miliardi, contro gli 800 che l'ENEL considera necessari
per cedere la rete di distribuzione.
Valutazioni differenti per lo stesso asset possono
derivare sia da ipotesi di fondo diverse all'interno di
una unica metodologia che da metodologie differenti.
Tuttavia visto l'insufficiente approfondimento con il
quale il tema delle cessioni delle reti elettriche è
trattato dal Decreto Bersani è attendibile un ulteriore
intervento normativo in tale materia.
La riforma del SPL che verrà attuata con
l'approvazione del DDL4014 impone una riflessione
sul corretto metodo per la valutazione degli asset e
degli investimenti su di essi effettuati.
1. Innanzitutto il DDL prevede la separazione contabile
per gli operatori presenti in più servizi a rilevanza
industriale.
2. La logica della riforma prevede inoltre la
separazione tra la proprietà della rete e la gestione del
servizio. Le reti di proprietà degli enti locali
dovrebbero quindi essere conferite ad un soggetto che
si occupi unicamente della gestione delle stesse. Entro
tale provvedimento dovrebbero rientrare quei casi in
cui il concessionario dei servizi è divenuto anche
titolare della rete (come avvenuto per ACEA o Italgas a
Torino), anche se non è ancora stato definito se in tali
casi il conferimento deve avvenire ad una società
controllata del gestore del servizio (ma contabilmente
separata) o ad una società a capitale pubblico.
3. Sorge infine il problema del trattamento degli
investimenti specifici, quindi non recuperabili,
effettuati nel corso del periodo di concessione, la cui
vita utile sia superiore al periodo della concessione:
all’interno di tale tipologia rientrano tipicamente gli
investimenti per le reti il cui valore si azzererebbe per
il concessionario al termine del periodo di concessione.
L’assenza di un chiaro regime di disciplina della
valorizzazione
degli
investimenti
effettuati
condurrebbe fisiologicamente ad investimenti subefficienti ed a una manutenzione insufficiente nella
fase finale della concessione.
Il DDL4014 prevede un dispositivo per la valutazione
degli investimenti effettuati dall'incumbent basato sul
cosiddetto valore contabile netto. Nel corso
dell’articolo verranno dapprima analizzati i pro e i
contro del metodo proposto dal DDL 4014, messo poi a
confronto con alcune metodologie alternative tipiche
della prassi valutativa-contabile.
1. Il metodo proposto dalla 4014: Il valore netto
contabile
Il legislatore stabilisce (Art. 23 comma 4) che gli
impianti siano venduti al successore al costo originale
meno l’ammortamento svolto dal predecessore ed al
netto di eventuali contributi pubblici a fondo perduto e
dei contratti di finanziamento in essere.
Il legislatore ha posto come prioritaria l’esigenza di
certezza del valore degli investimenti e delle regole per
la loro determinazione, fissate in anticipo. Tale
metodologia, che non è mai stata applicata nella
pratica6 , semplifica le procedure di valutazione e non
richiede la stima di alcun elemento (necessariamente
soggettiva) poiché tutti i valori considerati sono
presenti in bilancio.
Esistono tuttavia elementi che andrebbero meglio
approfonditi nella metodologia del “valore contabile
netto”.
- Anzitutto il costo storico inscritto in bilancio non
tiene conto del valore reale degli investimenti dato
dall’inflazione e dall’obsolescenza; in altri termini il
valore netto contabile non rappresenta il valore reale
dei beni oggetto di valutazione.
Il costo storico inscritto in bilancio, derivando da
un accordo tra il venditore e l’acquirente, è
manipolabile. Tali manipolazioni scaricherebbero
sull’eventuale concessionario entrante non solo il costo
degli investimenti effettuati, ma anche parte della
manutenzione da sostenere. 7
- Le procedure di ammortamento possono essere fonte
di contestazione; il gestore del servizio avrebbe
interesse ad effettuare un ammortamento anticipato o
accelerato per ridurre l’imponibile fiscale, nonostante
ciò comporti un più basso recupero dell’investimento.
L'ammortamento dovrebbe svolgersi secondo la
“residua possibilità di utilizzazione” cioè in base alla
minore tra la vita residua dell’affidamento e la vita
6
I criteri a cui fino adesso ha fatto affidamento il legislatore sono
legati al cosiddetto “valore industriale degli impianti” o comunque a
metodologie patrimoniali di cui daremo una breve spiegazione in
seguito.
7
Tale rischio dovrebbe comunque essere limitato dai controlli svolti
sia dal collegio sindacale che dalle società di revisione.
utile del bene. Nella pratica si utilizza come orizzonte
temporale la vita utile del bene.
Appare chiaro che mentre i problemi precedentemente
sollevati riguardo alle metodologie di ammortamento
ed alla manipolazione dei costi storici possono essere
risolti
attraverso
una
migliore
formulazione
dell’articolo in questione, il deficit di significatività del
valore netto contabile appare connaturato alla misura
scelta dal legislatore.
Il costo pagato in termini di semplicità ed oggettività
della metodologia di valutazione sta proprio nella
minore correttezza della valutazione effettuata. Sorge
quindi l'interrogativo sull'opportunità della scelta di
tale metodo di valutazione.
2. Le metodologie alternative
Le metodologie alternative suggerite dalla teoria
possono distinguersi tra quelle basate su elementi
patrimoniali, quelle basate su flussi reddituali e quelle
basate su flussi finanziari; esistono inoltre e
metodologie miste, che combinano patrimoniali e
reddituali e metodologie basate sul mercato, che fanno
riferimento a scambi similari avvenuti sul mercato.
La caratteristica che differenzia queste metodologie dal
valore contabile netto consiste nella presenza di
elementi di valutazione soggettivi (stime) e nella
rielaborazione dei dati di bilancio per giungere ad un
stima del valore intrinseco dell'asset più raffinata del
semplice costo storico.
La capacità di queste metodologie di generare stime
più in linea con il reale valore intrinseco dei cespiti
analizzati ha portato le ASPL ad utilizzarle per le
valutazioni effettuate per le procedure di unbundling.
Metodologie patrimoniali.
Si tratta della metodologia utilizzata per la valutazione
della rete di trasmissione AEM.
Secondo le metodologie patrimoniali il valore del
capitale di un’azienda è dato dal valore corrente degli
elementi patrimoniali dell’attivo e del passivo. Ciò
richiede di identificare i singoli asset di cui è composta
l’azienda e verificare che il valore espresso in bilancio
sia coerente col reale valore corrente del bene; qualora
vi sia una divergenza, il valore da assegnare ai singoli
asset viene determinato da una perizia, il che inserisce
un elemento di soggettività nella valutazione che
contrasta con l’esigenza di certezza ex ante perseguita
dal legislatore.
Le metodologie patrimoniali appaiono particolarmente
adatte quando oggetto della valutazione sono elementi
del patrimonio, come appare nel caso della legge sui
SPL. Anche questo criterio non è però esente da limiti.
E’ difficile fornire una valutazione obiettiva di
investimenti difficilmente osservabili (reti poste nel
sottosuolo), generando quindi problemi di asimmetria
informativa sul reale valore degli investimenti.
In presenza di una vita residua particolarmente
lunga, tali metodi generano una valutazione elevata
degli asset in cessione, con un conseguente danno per
la gestione del concessionario entrante che si
troverebbe a dover imputare a bilancio ed ad
ammortizzare
valori
difficilmente
recuperabili
attraverso l’applicazione delle tariffe previste.
Ciò potrebbe disincentivare la partecipazione alla
gara per la concessione, inficiando il meccanismo
competitivo che rappresenta il cuore della riforma.
Metodologie basate sui flussi
1. Con un metodo basato sui flussi finanziari il capitale
di un ramo d’azienda è determinato dai flussi di cassa
generati all’interno dell’orizzonte temporale analizzato
(in questo caso il periodo di concessione) e del valore
residuo al termine del periodo. Generalmente il calcolo
avviene facendo la differenza tra il valore attuale dei
flussi di cassa relativi ed i debiti finanziari legati
all’asset in esame.
2. Secondo i metodi reddituali invece il valore del
capitale è determinato dal valore attualizzato di tutti i
redditi generati all’interno dell’orizzonte temporale
ipotizzato e dal valore residuo al termine del periodo.
La principale differenza rispetto ai metodi finanziari
consiste nella determinazione dei redditi prospettici;
tale stima avviene combinando una stima dei costi e
ricavi futuri (di solito riferendosi ad una media dei
risultati storici), depurando infine la stima da eventi
che possono essere considerati eccezionali e non
ripetibili (procedimento di normalizzazione).
Le metodologie fondate sui flussi sono per definizione
dipendenti dalla stime che vengono effettuate in merito
alle diverse variabili considerate. Tuttavia:
le stime da effettuare appaiono più semplici
rispetto a quelle richieste dalle metodologie
patrimoniali (gran parte dei dati sono valori di bilancio
o loro elaborazioni), permettendo di aggirare
l’asimmetria informativa.
non concentrandosi sulla determinazione del
capitale investito, sembrano meno a rischio di
valutazioni troppo onerose;
la stima dei flussi futuri consente all’incumbent di
valorizzare correttamente i propri investimenti (anche
le spese per la manutenzione), ed al soggetto entrante
di acquisire un asset pagato in base alla reale capacità
di produrre valore nel corso della concessione.
si potrebbe porre un problema di circolarità tra il
capitale stimato e le tariffe: queste, infatti, includono
una remunerazione degli investimenti effettuati, ma il
valore attualizzato del capitale investito dipende a sua
volta dal livello delle tariffe. E’ questo il problema che
usualmente rende inutilizzabili le metodologie basate
sui flussi. Tuttavia proprio la considerazione dei flussi
futuri attualizzati consentirebbe al gestore uscente di
includere il valore degli investimenti effettuati ma non
recuperati in tariffa nel corso della concessione.
4. Nel caso della valutazione della rete di distribuzione
AEM i periti hanno optato per una metodologia mista
che ha consentito di combinare la natura prettamente
patrimoniale dell'asset considerato e le potenzialità in
termini di flussi reddituali generati dalla gestione della
rete.
Conclusioni
Dall’impostazione del DDL4014 sull'aspetto relativo
agli asset sembra che il legislatore abbia preferito in
questo contesto privilegiare la semplicità della
valutazione e la certezza, pagando un prezzo in termini
sia di equità che di reale identificazione del valore
degli investimenti.
Rispetto al testo attualmente in discussione sembra
opportuno sperare in una più approfondita analisi delle
conseguenze della scelta effettuata dal legislatore. La
scelta di una metodologia basata sui flussi sembra in
generale più adatta, soprattutto se affiancata ad un
provvedimento che definisca un collegio arbitrale
indipendente in grado di determinare la congruità delle
valutazioni effettuate.
Qualora la scelta del legislatore invece rimanga legata
al valore contabile netto sembra fondamentale la
definizione più precisa delle procedure di
ammortamento e la creazione di un dispositivo che
disincentivi l’inquinamento del costo storico
NORMATIVA
L'AEEG avvia la prima riduzione strutturale
dei prezzi del gas in Italia
Con la delibera 193/99 dello scorso 22 dicembre,
l'AEEG ha ridotto di 23,7 £/mc le tariffe del gas
naturale distribuito a mezzo di reti urbane. Tale
intervento sterilizza quasi totalmente l'incremento di
27,1 £/mc deciso dall'AEEG nello stesso giorno con la
delibera 195/99, determinando un aumento finale netto
di sole 3,4 £/mc.
La delibera 193/99 rappresenta una novità nel
panorama italiano del gas. Tutte le precedenti
variazioni del prezzo del gas, compresa quella prodotta
dalla 195/99, erano il frutto dell'indicizzazione del
prezzo del gas all'andamento dei combustibili di
riferimento. In particolare, secondo la normativa
vigente8 la quota "costo di approvvigionamento" Qm,
attraverso cui i distributori recuperano in tariffa finale i
costi di acquisto del gas dalla Snam, viene aggiornata
bimestralmente alla variazione del prezzo di un paniere
di combustibili internazionali. 9 Tale indicizzazione
riguarda, tuttavia, solo una quota del 38%, che copre il
puro costo della materia prima sui mercati
internazionali; il restante 62% va a copertura dei costi
di trasporto internazionale (stimati in 19-26 £/mc) e dei
costi interni di trasporto, stoccaggio, bilanciamento e
vendita in alta pressione.
Andamento
Qm
FiguraFigura1.
1.An
damedin
toQm
400,0
400
375,0
350
300
350,0
250
£/mc
£/mc
325,0
200
300,0
150
275,0
100
250,0
50
0
ge
n9
m 8
ar
-9
m 8
ag
-9
lu 8
g98
se
t-9
no 8
v9
ge 8
n9
m 9
ar
-9
m 9
ag
-9
lu 9
g99
se
t-9
no 9
v9
ge 9
n00
225,0
200,0
mar-
apr- mag- giu-
lug-
ago-
set-
ott-
nov-
dic-
gen-
feb-
mar-
98
98
98
98
98
98
98
98
99
99
99
98
98
apr- mag99
99
giu-
lug-
ago-
set-
ott-
nov-
dic-
gen-
99
99
99
99
99
99
99
00
Le variazioni precedenti agivano su quel 38% legato
all'andamento dei mercati internazionali e quindi
risultavano del tutto esogene e temporanee. Con la
193/99, invece, per la prima volta la riduzione incide
sul restante 62%, con un taglio del 12% della quota
relativa ai costi interni di trasporto: come tale si tratta
di una riduzione strutturale del prezzo del gas, che
8
CIP 16 del 23/12/93
Per effetto della delibera 52/99 dell'AEEG questo paniere si
compone al 48% di gasolio, al 39% di BTZ e al 13% di greggio.
9
trasla verso il basso la curva di offerta nazionale e
riduce il divario tra i prezzi medi finali in Italia e in
Europa (vedi tabella 1).
Tabella1. Differenziali di prezzo Italia – Altri Paesi
Industriali
Prima
Dopo
Austria
Belgio
Francia
Germania
Italia
Olanda
Spagna
UK
Media UE
-7,0%
24,5%
11,8%
4,7%
0,0%
28,7%
11,1%
40,0%
16,6%
-8,1%
23,7%
10,9%
3,7%
0,0%
27,9%
10,1%
39,4%
15,7%
Domestici
Prima
Dopo
20,2%
17,0%
9,5%
13,8%
0,0%
31,6%
-17,7%
15,6%
13,3%
19,8%
16,7%
9,1%
13,4%
0,0%
31,3%
-18,2%
15,2%
12,9%
Fonte: Elaborazione su dati IEA 1997
Tale normativa ha effetto immediato per le tariffe del
gas distribuito agli utenti finali a mezzo di reti urbane,
in quanto questo è soggetto al regime di prezzi
amministrati ai sensi delle delibere CIPE del 26/6/74 e
del 20/8/74. Viceversa per l'adeguamento del prezzo di
cessione del gas da Snam ai distributori, che è soggetto
al più blando regime di sorveglianza, viene concesso
tempo fino al 1/7/2000. Ciò potrebbe determinare una
compressione dei margini dei distributori di 23,7 £/mc
per i prossimi sei mesi. L'AEEG sollecita, infine, una
modifica analoga e negli stessi tempi degli accordi
collettivi tra Snam e i produttori elettrici e le
associazioni industriali, così da evitare forme di
distorsione del mercato.
E' interessante leggere questa delibera congiuntamente
alla delibera 181/99, divulgata il 16/12/99, recante
osservazioni e proposte dell'AEEG per l'attuazione
della direttiva 98/30/CE sul mercato del gas. Le
proposte dell'AEEG sono sostanzialmente in linea con
quelle divulgate in novembre dall'AGCM. In
particolare prevedono i seguenti punti.
Approvvigionamento.
Dato il peso dell'approvvigionamento sul prezzo del
gas al consumo (155£/mc pari al 45% del prezzo
all'ingrosso e al 28% del prezzo al dettaglio al netto
delle imposte), una reale riduzione dei prezzi finali
richiede la creazione di un vero mercato pluralistico
dell'offerta. A questo fine viene proposta la fissazione
di una soglia antitrust sul mercato dell'offerta interna
del 60% al 2003, che dovrà scendere al 40% nel 2006.
Questa soluzione, analoga a quella prevista nel dl 79/99
sul settore elettrico, inciderebbe in maniera
significativa sulla struttura del settore: stante l'attuale
ripartizione delle quote di mercato (tabella 2) e le stime
disponibili sull’evoluzione prevista della domanda,
dell’offerta interna e della struttura dei contratti delle
importazioni Snam, ciò comporterebbe una riduzione
dei volumi trattati da Snam di circa 28mc 9 per il 2003 e
54mc9 per il 2006. Per minimizzare l’impatto di queste
misure sui contratti vincolati da clausole Take or Pay
(ToP), Agip dovrebbe dirottare tutte le proprie vendite
da Snam a terzi e Snam dovrebbe ridurre le proprie
importazioni rispettivamente di 12mc 9 e di 39 mc 9 .
Considerato che usualmente tali clausole coprono circa
il’80% dei volumi contrattati, il rispetto della scadenza
del 2003 non porrebbe problemi, mentre per il 2006
verrebbero interessati circa 26mc 9 di gas “vincolato”.
Diviene quindi essenziale trovare meccanismi per
minimizzare l’onere di tali clausole e favorire la
cessione di tali contratti.
A questo scopo, per i contratti futuri si propone la
creazione presso l'AEEG di un registro dei contratti di
importazione, la rimozione di vincoli di destinazione
territoriale e/o funzionale al gas importato e dei vincoli
alla sua cessione a terzi. Per quanto riguarda i contratti
in essere, invece, si propone la predisposizione da parte
di ENI di un piano per la cessione di contratti di
importazione e di volumi di gas di produzione propria
destinati al mercato interno, inclusivi dei diritti di
trasporto sui metanodotti internazionali e di accesso ai
terminali GNL. Ciò potrebbe avvenire attraverso
cessione diretta dei contratti o tramite vendita di gas
alla frontiera (gas release). A tal scopo potrebbero
essere attivati meccanismi d'asta o essere trasferiti
contratti e relativi diritti ad apposite società da cedere
sul mercato. Essenziale è comunque che la modalità
utilizzata fornisca reali garanzie di trasparenza.
Tabella2. Le quote di mercato nel 1998 (mc9 )
Società
ENI
Altri
Totale
Produzione
Import
Totale
17.5
(28%)
2.3
(4%)
19.8
(32%)
38.5
(62%)
4.1
(6%)
42.6
(68%)
56
(90%)
6.4
(10%)
62.4
(100%)
Fonte: Snam
Tabella 3. Composizione dei contratti Snam (mc 9 )
Anno Domanda
Quota
Produzione
Totale
antitrust
Agip
2003
75
45
15.7
2006
82
21
14.7
Fonte: elaborazione su dati Snam e IEA
Import Snam
Complessivo
57
60
Stoccaggio.
Il servizio di stoccaggio è uno strumento fondamentale
di promozione della concorrenza e di sicurezza del
sistema, che potrebbe rafforzare la posizione degli
importatori italiani rispetto ai fornitori esteri, riducendo
in prospettiva l'onere delle clasuole ToP. Per evitare
che invece si trasformi in fattore di distorsione
competitiva è necessario separarne la gestione da
quella delle altre attività. A questo proposito si
prevedono diverse soluzioni.
a) Separare la responsabilità del concessionario dello
stoccaggio dalla responsabilità del gestore del servizio
di stoccaggio o, meglio, separare la concessione per lo
stoccaggio da quella per la coltivazione dei giacimenti,
attualmente legate dall'art.3 della legge 170/74 e
dall'art.31 del dl 625/96. Ciò renderebbe più
contendibile
il
servizio
stesso,
riducendone
tendenzialmente i costi.
b) Separare societariamente le attività di stoccaggio a
fini commerciali (stoccaggio di bilanciamento) dalle
attività di approvvigionamento e trasporto e separare
contabilmente e amministrativamente la gestione del
servizio dalla sua commercializzazione, prevedendo
anche un codice di accesso allo stesso. In questo modo
si faciliterebbe la creazione di un vero mercato per
questi servizi, e quindi un suo uso efficiente mirato alla
riduzione dei costi complessivi del sistema.
c) Distinguere dall'attività di stoccaggio di
bilanciamento quella di stoccaggio strategico,
finalizzato al mantenimento della sicurezza del sistema,
prevedendo un'apposita concessione e l'impossibilità di
utilizzare tale riserva a fini di bilanciamento.
Inizialmente l'obbligo di riserva obbligatoria verrebbe
mantenuto in capo all'ENI, in quanto monopolista di
fatto in questo ramo, e sarebbe finanziato attraverso un
corrispettivo nelle tariffe di trasporto differenziato per
consumo e a carico di tutti gli utenti.
d) In prospettiva, data l'ampia dimensione della
capacità di stoccaggio nazionale (14,7mc9 di working
capacity su un totale europeo di 63,4mc 9 , secondi solo
alla Germania che ne ha 30mc 9 ), si potrebbe prevedere
per ENI un obbligo di cessione della proprietà o della
gestione di parte degli stoccaggi, attraverso
costituzione di apposite società e l'attivazione di
meccanismi d'asta, per creare un mercato dello
stoccaggio.
Trasporto.
Sull'esempio di quanto fatto nel settore elettrico,
l'AEEG propone una società indipendente, responsabile
della gestione integrata del sistema di trasporto e
dispacciamento nazionale. Ciò potrebbe costituire un
passo preliminare verso una più netta separazione
proprietaria e quindi verso la creazione di una
"Transco" che favorisca la crescita e lo sviluppo delle
reti, ponendosi come grande interconnector tra l'Europa
e l'Africa. A questo scopo si prevedono diversi
strumenti.
a) La separazione societaria, all'interno delle imprese
integrate, tra la gestione, la manutenzione e lo sviluppo
delle infrastrutture di trasporto e dispacciamento, e le
attività commerciali.
b) La stipula di convenzioni tra i proprietari e il
gestore della rete, contenenti anche le regole di accesso
alla rete stessa.
c) La possibilità per i terzi interessati di finanziare
investimenti di miglioramento ed espansione delle
infrastrutture di proprietà di terzi (gasdotti e terminali
di rigassificazione), quando queste risultino
insufficienti., guadagnando con ciò diritto di accesso,
uso e cessione a terzi per una durata prestabilita. In
questo modo si cerca di favorire l'adeguamento delle
infrastrutture ai crescenti livelli di consumi interni,
allargando lo spettro dei possibili finanziatori al di là
dell'attuale monopolista.
Distribuzione
Il documento dell'AEEG descrive un profondo riassetto
del comparto distribuzione, anticipando i contenuti
della legge di riordino dei servizi pubblici locali (4014)
attualmente in discussione al Parlamento. Com'è noto,
il comparto è oggi estremamente frammentato tra
imprese di diverso profilo giuridico, con livelli
dimensionali e qualità del servizio spesso insufficienti.
In particolare, per favorire la contendibilità del settore
e quindi l'efficienza nella gestione del servizio, si
prevedono diverse opzioni.
a) La separazione societaria, almeno amministrativa e
contabile, tra le attività di gestione delle reti di
distribuzione, vendita sul mercato libero e vendita sul
mercato vincolato, al fine di evitare sussidi incrociati
tra le diverse attività e favorire la selezione del miglior
fornitore del servizio in ognuna di esse.
b) La sostituzione del regime autorizzativo al regime
concessorio per l'assegnazione del diritto a operare
nelle diverse attività, al fine di favorire l'aggregazione
ottimale delle imprese, una volta svincolate dalla
dimensione di esclusiva comunale. Questa soluzione
andrebbe oltre il meccanismo di assegnazione per gara
previsto nella 4014, che necessariamente imporrebbe il
ricorso a meccanismi concessori (questo punto in
particolare è stato richiamato anche dall'AGCM).
c) La definizione di codici di accesso alla rete.
Il mercato libero
Il documento propone la definizione di soglie di
idoneità superiori a quelle minime previste dalla
direttiva 98/30/CE, includendo non solo tutti i
produttori di elettricità e i cogeneratori, ma anche i
distributori che superino una soglia minima di vendite
ai clienti vincolati, nonché tutti i consumatori finali con
consumi superiori a 200.000mc/anno: in questo modo
si eviterebbe il paradosso di rendere vincolati clienti
già oggi svincolati dalle tariffe amministrate e si
eviterebbero immotivate discriminazioni per quegli
utenti (attualmente utenti non industriali e ospedali),
che a parità di consumi risultano comunque vincolati
alle tariffe amministrate. Sulla base dell'esperienza
fatta nel settore elettrico, si ripropone la possibilità di
accedere al mercato anche per utenti aggregati in
consorzi di acquisto che raggiungano analoghe soglie
di consumo complessivo e superino soglie di consumo
individuali.
Nel suo complesso, la proposta ricalca molte delle
soluzioni adottate in Inghilterra sia nel settore gas che
in quello elettrico. E' evidente che l'esperienza inglese
non è facilmente generalizzabile ad altri paesi, in
quanto diversissime sono le condizioni di partenza. E'
tuttavia innegabile che il sistema abbisogna di una forte
iniezione di trasparenza oltre che di efficienza, senza la
quale non si può dare vera regolazione e vera riduzione
dei prezzi. L'intervento dell'AEEG sui costi di trasporto
ne è una prova lampante.
PANORAMA INTERNAZIONALE
Le dinamiche del mercato tedesco: un caso studio
I mercati energetici appaiono in evoluzione verso una
crescente integrazione internazionale e concentrazione
in un numero limitato di soggetti; secondo alcune
stime, nell’arco di dieci anni circa l’80% del mercato
elettrico europeo sarà gestito da una decina di operatori
internazionalmente integrati. Appare interessante
analizzare la presenza di uno sviluppo verso soggetti
globali all’interno dei mercati europei, la cui nascita è
spesso conseguenza di fusione tra operatori di
dimensione regionale o nazionale. La Germania
rappresenta il caso più interessante da analizzare, in
considerazione della rapidità con la quale le fasi tipiche
delle esperienze di liberalizzazione (competizione di
prezzo, undercutting, ristrutturazione del mercato
attraverso fusioni e acquisizioni) si sono susseguite nel
corso del 1999.
Tabella1. Produzione di energia in Germania (TWh)
(1998)
RWE
138
Veba
106
Viag
73
EnBW
51
Veag
47
VEW
35
HEW
17
Neckarwerke
14
Bewag
13
Fonte: PiE
1. La situazione preesistente.
Il quadro all’interno del quale si è aperta la
competizione è caratterizzato dalla presenza di otto
monopolisti regionali integrati verticalmente e
proprietari delle reti di trasmissione. Accanto a questi
soggetti di dimensioni considerevoli è presente un
elevato numero di municipalizzate ed operatori locali,
che agiscono soprattutto nelle fasi di distribuzione e
vendita. La rete di trasmissione era segmentata tra i
diversi bacini regionali; le interconnessioni tra di essi
avvenivano sulla base di un sistema di accordi tra i
diversi operatori proprietari della rete.
Le tariffe di vettoriamento, basate su un sistema in cui
la distanza ed il passaggio da una regione all’altra
influivano sulla determinazione del costo totale di
utilizzo della rete, non favorivano la creazione di una
reale competizione tra i generatori né un efficiente
utilizzo delle ampie possibilità di importazioni che la
Germania presenta, date le forti interconnessioni sia
con la Francia che con i paesi scandinavi.
2. La competizione di prezzo all’apertura del
mercato.
L’apertura totale del mercato dal lato della domanda ed
il riconoscimento del TPA, seppure con alcune
resistenze (il caso Bewag), hanno avviato la
competizione per la fornitura di energia elettrica, che si
è concentrata in un primo momento verso i clienti del
mercato industriale e commerciale e, solo
successivamente, verso il mercato domestico, meno
interessante sia da punto di vista del consumatore
(incidenza dei risparmi non elevatissima) che del
fornitore (margini di guadagno inferiori). Il
conseguente ingresso di numerosi soggetti ha portato
ad una vera e propria guerra di prezzo che ha sorpreso
per la sua rapidità gli stessi operatori del mercato. I
prezzi rilevati dal VIK mostrano l’effetto immediato
nel gennaio del ’99 dell’apertura del mercato
industriale, con una riduzione dei prezzi nel primo
mese in media del 7%. Appare interessante notare la
presenza di leader di prezzo che hanno anticipato la
revisione dei prezzi verso livelli più bassi. Il trend di
discesa ha avuto un’accelerazione a partire dal mese di
agosto, in seguito alle prime offerte rivolte al mercato
domestico; la prima mossa è toccata ad RWE che ha
esplicitamente sfruttato la propria efficienza per poter
offrire tariffe in media più basse del 20% rispetto alla
media degli altri fornitori domestici. Una misura della
“mobilità” del consumatore domestico è data da una
recente analisi secondo la quale benché solo il 2.5% dei
consumatori abbia cambiato fornitore di energia
elettrica, ben il 50% sta pensando di rivolgersi ad un
altro fornitore ed il 13% è determinato a farlo entro
pochi mesi. Complessivamente in un anno i prezzi
dell’energia sono calati in media di oltre il 20%.
Fonte: Vik
3. Effetti della guerra di prezzo sulle strategie delle
imprese.
Il repentino calo dei prezzi ha determinato un
situazione di undercutting, cioè una riduzione
marginale del prezzo da parte dei produttori rispetto al
livello dei concorrenti per contendere quote di mercato,
fino al punto di non riuscire a coprire i costi di
produzione. La necessità di mantenersi sul mercato con
un adeguato livello di competitività ha spinto quindi
molti operatori ad una revisione della struttura dei
costi, riorganizzando le divisioni interne e riducendo il
costo del lavoro. Esempi del primo tipo sono la
riorganizzazione delle funzioni di acquisto e di vendita:
come accordi di acquisto che permettano ai distributori
locali l’ottenimento di migliori condizioni di
approvvigionamento (165 municipalizzate della Bassa
Sassonia e 100 distributori di acqua hanno creato in
luglio un pool per l’acquisto dell’energia elettrica) o
accordi di vendita tra diverse municipalizzate o tra i
generatori ed i distributori locali per la creazione di
brand e reti di vendita congiunti (Europower Energy
Private è la joint venture per la venditta di energia ai
privati che è stata costituita da Bayernwerk, EuroPower
e Metro; nella stessa direzione va l’accordo tra VEW
ed alcune municipalizzate). L’esempio più vistoso di
riduzione degli organici per ridurre il peso del costo del
lavoro è dato da Bewag, che ha perso 1700 unità nel
corso del 1999. Le dimensioni della competizione di
prezzo hanno quindi orientato strategie cost saving
basate sulla ricerca dell’efficienza di breve periodo, più
che su quella di lungo (efficienza termica). Il rischio è
che la diminuzione dei margini vada a penalizzare gli
investimenti necessari a rimodernare il per molti aspetti
vetusto parco termoelettrico tedesco.
4. Effetti della competizione di prezzo sulla struttura
del mercato.
Il proseguimento del fenomeno dell’undercutting ha
successivamente indotto gli operatori di mercato alla
ricerca di una ristrutturazione più radicale, innescando
un processo di concentrazione del mercato attraverso
fusioni, privatizzazioni ed accordi strategici. Tra gli
operatori di livello locale le numerose fusioni registrate
(dodici nella sola prima metà dell’anno oltre a trenta
accordi di collaborazione nello stesso periodo)
sembrano confermare la presenza di dimensioni
minime ottimali nel segmento della distribuzione
maggiori dell’attuale ambito municipale raggiungendo
dimensioni almeno regionali. Nella regione di
Dusseldorf infatti sei municipalizzate hanno approntato
una fusione che dovrebbe assicurare una riduzione dei
costi di 102.3 milioni di euro; la medesima strategia ha
guidato la fusione di quattro utility regionali nella
Germania Est, il cui effetto immediato dovrebbe essere
la riduzione degli organici di circa 2000 unità ed un
risparmio pari a 81.8 milioni di euro). Secondo alcuni
osservatori la concentrazione del mercato a livello di
utility locali sarà particolarmente forte conducendo ad
una riduzione del numero totale degli operatori dagli
attuali 800 a non più di 100 nel corso dei prossimi anni.
Tra gli operatori di dimensione nazionale, le due
fusioni BayernWerk-PreussenElektra e RWE-VEW
sembrano condurre ad una struttura del mercato
oligopolistica, in cui il terzo operatore (EnBW) è
notevolmente inferiore per dimensioni e numero di
utenza servite. I due gruppi inoltre avranno una
notevole rilevanza a livello europeo, in considerazione
del fatto che per capacità di generazione si posizionano
già oggi dietro ENEL e che in nell’arco di un paio
d’anni (dopo che ENEL dismetterà il 30% della propria
capacità di generazione) diventeranno il secondo e
terzo gruppo europeo, preceduti unicamente da EdF.
La scelta verso la concentrazione del mercato in pochi
operatori di dimensione nazionale risponde a due ordini
di motivazioni differenti; generare sinergie che
permettano una riduzione dei costi ed razionalizzare le
aree di influenza. La fusione tra Viag e Veba sembra
l’esempio più calzante di tali strategie. Secondo alcune
stime infatti essa genererà risparmi compresi tra 500 ed
800 milioni di euro nel primo anno; gran parte di questi
risparmi verranno dalla pianificata riduzione degli
organici per complessivi 7800 posti. Inoltre la nuova
società opererà su un territorio estremamente ampio e
fortemente interconnesso. Dalla fusione tra RWE e
VEW dovrebbero invece emergere risparmi per circa
700 milioni di euro. Appare chiaro inoltre che la
tendenza del mercato europeo verso una maggiore
integrazione tra gli ambiti nazionali, spinga come
naturale conseguenza alla creazione di operatori con
una massa critica capace di reggere il confronto con
altri operatori di grandi dimensioni e di affrontare delle
strategie
di
internazionalizzazione.
Tra
le
privatizzazioni l’evento più importante è sicuramente
la cessione del 25.01% del capitale (sufficiente per il
controllo) di EnBW. Il processo di cessione sembra
essere terminato con l’ingresso nella compagine
azionaria di EdF. Un’altra operazione che appare
ulteriore sintomo della dimensione sovranazionale del
mercato tedesco, è l’acquisto da parte di Vattenfall
(Svezia) del 25.1% della municipalizzata di Amburgo.
Lavori e scadenze dell’Osservatorio
10 febbraio 2000: Newsletter n.20
5. Ristrutturazione del mercato e problemi di
regolazione.
La ristrutturazione del mercato ha determinato la
regolazione degli istituti necessari a coordinare un
mercato competitivo dell’elettricità. In mancanza di un
Gestore nazionale della rete di trasmissione, ha fatto
sorgere l’esigenza di ridefinire l’accordo sulle tariffe di
vettoriamento tra i proprietari delle reti. La riforma è
stata fortemente caldeggiata dall’organo di controllo
sulla concorrenza, per evitare che la fusione creasse
una situazione di forte disequilibrio competitivo, nel
quale il processo di concorrenza viene bloccato da una
situazione di TPA negoziato. La semplificazione delle
tariffe di vettoriamento ha portato all’accordo V-V2
che ha consentito l’eliminazione della giungla tariffaria
ed ha ridotto il potere di condizionamento del mercato
da parte dei proprietari della rete. Inoltre l’introduzione
di tariffe indipendenti dalla distanza ha permesso alle
importazioni di giocare un ruolo di ulteriore stimolo
alla concorrenza. Le nuove tariffe, attraverso un
sistema a due zone, sembrano determinare la creazione
di due mercati interconnessi all’interno dei quali si
svilupperà la competizione tra fornitori (cfr Newsletter
n° 8 e n°17). La necessità di un ridisegno dei termini
della concorrenza verso una più elevata trasparenza
condurrà inoltre all’apertura della borsa a Francoforte,
che ci si aspetta avere un ruolo predominante in
Europa.
Il mercato tedesco appare ancora particolarmente
dinamico e le evoluzioni dei prossimi mesi
contribuiranno sicuramente a definirne una struttura
più chiara. La cronaca degli avvenimenti del 1999
mostra chiaramente come i processi di liberalizzazione
una volta avviati tendono ad accelerare il processo di
trasformazione del mercato. La razionalizzazione e la
ridefinizione delle regole all’interno delle quali la
competizione si svolgerà produrrà sicuri benefici per il
consumatore tedesco, e rappresenta un segnale
interessante per tutti quei paesi che invece si sono
mossi cautamente nell’apertura del mercato elettrico.