Osservatorio Energia NEWSLETTER 10 gennaio 2000, n°19 Pubblicate le nuove tariffe elettriche L’AEEG con una serie di delibere emesse gli ultimi giorni dell’anno ha provveduto a definire in via quasi definitiva la nuova struttura tariffaria dei servizi di distribuzione e vendita dell’energia elettrica. Rispetto al documento di consultazione del 27 novembre, commentato nella scorsa Newsletter, non vi sono novità rilevanti. Tuttavia, l’esplicitazione dei valori delle componenti tariffarie permette di esprimere un giudizio maggiormente articolato sugli effetti prevedibili per le diverse classi di utenza. INDICE Pubblicate le nuove tariffe elettriche STRUTTURA • La valutazione degli asset nella riorganizzazione dei servizi pubblici locali NORMATIVA • L’AEEG avvia la prima riduzione strutturale dei prezzi del gas in Italia PANORAMA INTERNAZIONALE • Le dinamiche del mercato tedesco: un caso studio (continua pagina 2) Istituto per la Ricerca Sociale Presidente: Pia Saraceno Via XX settembre 24 20123 Milano tel +39 (2) 46764270/2 fax +39 (2) 46764227 email [email protected] [email protected] Osservatorio Energia Coordinatore: Giacomo Vaciago Gruppo di lavoro: Cosma Campidoglio, Marco Gulisano, Luigi Napolano Soci sostenitori: ABN Amro, ACEA, AEM Milano, AICEP, ASM Brescia, Centro Energia (Foster Wheeler, Gruppo Merloni), Cispel, Confindustria, Dalmine, Edison, Enel Lombardia, ENI, Enron, Italcementi, Italgas, Pangeo, Pirelli Cavi e Sistemi, Sondel Utenze industriali Nella delibera 204/99 l’AEEG ha emesso i valori delle componenti ρ ed i parametri δ e γ che permettono di calcolare le voci tariffarie α1, α2, α3 a copertura dei costi di trasmissione, distribuzione e vendita afferenti alle diverse tipologie di clienti. Tabella 1: calcolo dei parametri alpha e stima di alpha1 (l/cl/a) alpha2 (l./kW) alpha3 (l.kWh) Ct (l/kWh) gammaPG (stimato) gammaPG1 BT 115.060 44.117 9,9 64,3 145,8 MT 2.613.950 70.392 10,1 AT 144.953.380 9,2 120,0 99,0 Nella delibera 205/99 viene data la definizione del parametro PG, a copertura dei costi variabili di acquisto dell’elettricità che sono a carico dei fornitori. Esso è composto da due parti: una componente a copertura dei costi fissi di produzione, distinta secondo le fasce orarie F1-F4, un’altra a copertura dei costi variabili di produzione, pari per ogni bimestre al costo unitario riconosciuto per gli impianti di produzione termoelettrica (Ct). PG verrà pubblicato bimestralmente dall’Autorità con apposito provvedimento, il primo dei quali è atteso a breve. In attesa, al fine di avere un valore di riferimento di γPG è possibile effettuare una stima, essendo noto il Ct per il prossimo bimestre (delibera 206/99), e applicando un parametro pari al rapporto tra ore per singola fascia e ore complessive di un anno (tabella 6 delibera 204/99). E’ possibile infine calcolare anche la nuova tariffa lorda, essendo stati resi noti i valori delle componenti A e UC e delle quote di compensazione GR che agiranno nei prossimi due anni in modo da rendere graduale l’impatto della riforma tariffaria. Dati questi riferimenti e ipotizzando alcuni profili di consumo tipici per le attuali categorie di consumatori, è stato possibile condurre una simulazione che permette di apprezzare, seppure in maniera non ancora definitiva, l’impatto sulle utenze della riforma tariffaria (cfr. tabella 2). Per alcune classi tariffarie esso è in effetti notevole. Se guardiamo al confronto tra vecchie e nuove tariffe nette, l’impatto è molto rilevante per le utenze in bassa tensione, che ottengono riduzioni comprese tra l’8% e il 25%. Per le utenze in media e alta tensione, il discorso è più complesso. Sono penalizzate, in alcuni casi anche in maniera rilevante, le utenze maggiormente utilizzatrici di energia, in particolare quelle con tariffa multioraria di fornitura, mentre le utenze basse e medie utilizzatrici ottengono generalmente delle riduzioni tariffarie 2 . Per ammortizzare questo effetto, agiranno in maniera consistente le componenti GR, che verranno gradualmente ridotte entro due anni. Tale risultato può apparire sorprendente, se non si tiene conto delle finalità della riforma e del nuovo contesto di mercato liberalizzato entro il quale essa si pone. 1. Uno degli obiettivi principali della riforma è quello di semplificare e rendere maggiormente omogenee le classi tariffarie, in modo da impedire il ricorso agli strumenti di discriminazione di prezzo tipici dei monopoli. A questo fine sono state individuate le nove tipologie di clientela, all’interno delle quali ricadono le utenze precedentemente distinte per grado e tipologia di utilizzo. Limitandoci alle sole utenze industriali, per ogni livello di tensione sono presenti unicamente due tipologie di clienti; scompare quindi il criterio di determinazione della tariffa basato sul grado di utilizzo. Rispetto alla situazione precedente quindi in ogni classe c’è una convergenza verso un valore medio che avvantaggia le utenze basse utilizzatrici, penalizzate nel precedente regime tariffario, a che viceversa svantaggia le utenze grandi utilizzatrici. 2. Se la tariffa prevista dall’AEEG fosse unica e obbligatoria, tale soluzione sarebbe iniqua e inefficiente, perché penalizzerebbe utenze energyintensive. Tuttavia bisogna iscrivere questo intervento all’interno del nuovo contesto di libertà contrattuale. Innanzitutto, i distributori e i fornitori hanno piena libertà di definire diverse opzioni tariffarie. La tariffa TV2 definita dall’Autorità agisce unicamente come opzione tariffaria massima, in modo da impedire sussidi incrociati tra tipologie di clienti. 3 In secondo luogo, è prevedibile che i consumatori che rispettano la condizione di idoneità si rivolgano al mercato libero in modo da ottenere le migliori condizioni di fornitura, e che tale orientamento sia seguito soprattutto dai clienti che hanno un utilizzo maggiore dell’energia. Una tariffa molto bassa a favore dei grandi utilizzatori di energia avrebbe avuto quindi numerosi svantaggi: avrebbe disincentivato i consumatori medio grandi dall’andare sul mercato libero; sarebbe andata a detrimento unicamente dei distributori, stretti tra vincoli eccessivi sui ricavi ottenuti dalle tariffe e gli alti costi di acquisto dell’energia dai produttori (permanendo una situazione di scarsa concorrenza nella generazione). In un mercato libero invece la tariffa deve andare a tutela soprattutto dei consumatori più deboli, nel caso delle utenze industriali quindi soprattutto quelle allacciate in bassa tensione, e deve impedire i sussidi incrociati di prezzo, obbiettivi entrambi raggiunti dalla riforma. 3. E’ da ricordare che l’obiettivo principale della riforma è quello di definire la tariffa attraverso la corretta attribuzione dei costi delle singole fasi della filiera. Ciò spiega la proliferazione di componenti e di parametri (che andrebbero in realtà ulteriormente raffinati: basti pensare ai parametri dei profili tipici di potenza e consumo, ancora basati sulle vecchie fasce 1 La distinzione tra clienti vincolati e potenzialmente idonei è di fatto inattiva, essendo uguali i parametri. 2 Un’eccezione è data dalla tariffa bioraria, bassa utilizzazione per utenze MT, che viene penalizzata dal nuovo regime tariffario. 3 Come noto, il tetto sui ricavi complessivi è definito dalla tariffa TV1, che però è tariffa puramente indicativa e che non verrà offerta alle utenze. F1-F4, che invece andrebbero modulati su base oraria); calcolare la nuova tariffa TV2 è però estremamente semplice, essendo spariti gli scaglioni di potenza e la modulazione su fasce e grado di utilizzo. L’obiettivo della semplificazione tariffaria è quindi raggiunto. 4. C’è poco da aggiungere, rispetto al Documento Consultivo, relativamente alla questione degli oneri impropri e delle componenti UC1 e UC2; i primi complessivamente hanno un’incidenza sulla tariffa sostanzialmente uguale a quella attuale (9-10%), e che resta quindi particolarmente elevata (è da ricordare che gli stranded costs sono stati definiti in maniera tale da essere attivi solamente a partire dal 2001, e che tenderanno a rendere costante la tariffa finale per le utenze). La forte crescita del Ct invece aumenterà la rendita idroelettrica, che dovrebbe quindi interamente compensare le 6 lire/kWh previste a favore degli impianti termoelettrici e garantire la riduzione di altre componenti di oneri impropri (tabella2) Tabella 3. I parametri delle tariffe domestiche D1 D2 σ1 (£/anno) 69.800 3.400 σ2 (£/kw/anno) 29.012 12.000 σ3 (£/kwh/anno) 25.5 40 - 335.5 Parte B γPG (£/kwh/anno) ? A2 (£/kwh/anno) 4.8 4.8 A3 (£/kwh/anno) 8.9 8.9 A4 (£/kwh/anno) 2.0 2.0 A5 (£/kwh/anno) 0.8 0.8 D3 42.000 42.000 152 Parte B 4.8 8.9 2.0 0.8 L’unica vera novità è quindi rappresentata dai valori dei coefficienti, che delineano tariffe molto più progressive rispetto alla versione preliminare, soprattutto per le tariffe D2 e D3. In particolare a regime (ovvero nel 2003, quando entrerà in funzione la tariffa D1) i piccoli utenti (con potenze inferiori ai 3 kw impegnati) registreranno un costo del kwh inalterato per consumi annui prossimi ai 2700kwh, registrando invece aggravi pesanti al di sotto (fino al 190%) e sconti apprezzabili al di sopra (fino al 30%); i grandi utenti (al di sopra dei 3 kw impegnati) godranno di un beneficio netto, variabile tra il 40% e il 50% a seconda dell’intensità dei consumi. Inoltre anche il transitorio risulta meno schiacciato sulle vecchie tariffe e più prossimo alle nuove, delinenando vantaggi netti per i grandi consumatori (variabili tra il 25% e il 35%) e favorendo gli elevati consumi per i piccoli consumatori, con sconti massimi del 30%, penalizzazioni massime del 90% e indifferenza attorno ai 3000 kwh/anno di consumo. La formulazione definitiva della tariffa sociale, e quindi anche l’onere della voce C1 destinata a pagarne il costo, è stata rimandata a successivi provvedimenti. Utenze domestiche Il documento contiene pochissime novità rispetto alle tariffe domestiche. Anche nella nuova e definitiva versione le tariffe D1 D2 e D3 mantengono l’articolazione su un fisso annuo σ1, un canone di potenza σ2, una componente variabile σ3 e un termine legato al valore dell’energia γPG (che per la tariffe D2 e D3 è sostituito dalla parte B della attuale tariffa). Resta anche la definizione di un σ3 articolato per scaglioni di consumo e a forma di campana, che già caratterizzava la precedente versione, con l’unica novità di un’articolazione degli scaglioni leggermente diversa. Tariffe domestiche < 3 kw 450 Tariffe domestiche < 10 kw 400 1.400 350 1.200 250 1.000 200 800 150 £/kwh $/kwh 300 100 600 50 400 600 900 1200 1500 1800 2100 2400 2700 3000 3300 3600 kwh/anno 200 D1 D2 Resid 600 900 1200 1500 1800 D1 2100 kwh/anno D3 Resid 2400 Non Resid 2700 3000 3300 3600 Tabella2. Simulazioni dell’impatto tariffario sul prezzo industriale classe di utenti bt bu bt mu bt au mt bioraria bu mt bioraria mu mt bioraria au mt multioraria bu mt multioraria mu mt multioraria au at multioraria bu at multioraria mu at multioraria au at multioraria aau nuova tariffa nuova tariffa vecchia netta vecchia tariffa var su netta (lire/kWh) lorda (L./kWh) (lire/kWh) lorda (l./kWh) % 203,7 245,3 304,3 334,7 183,1 233,4 250,8 275,9 169 202,0 200 220,0 235,3 164,9 226,1 248,7 166,6 187,1 168,9 185,8 153,2 166,9 151,1 166,1 235 322,2 276 303,6 174 202,0 197 216,7 150,8 152,5 114,2 125,6 124 158,8 151 166,1 117,3 127,2 126,3 138,9 121,7 106,0 98,2 108,0 112,7 95,7 92,2 101,4 netto var su lordo % -33,1 -26,7 -27,0 -15,4 -15,5 -8,2 4,1 -33,7 -1,4 0,7 1,4 0,5 -14,9 0,1 -11,7 -6,8 32,0 21,4 -17,9 -4,4 -7,1 -8,4 23,9 -1,8 22,2 -5,6 STRUTTURA La valutazione degli asset nella riorganizzazione dei servizi pubblici locali A seguito dei provvedimenti contenuti nel Decreto Bersani, si stanno sviluppando in questo periodo sia il processo di unbundling che i contatti tra le ASPL e l'ENEL per la cessione delle quote di rete elettrica di proprietà dell'ex monopolista nelle aree metropolitane. La procedura di valutazione delle reti di distribuzione dell'energia elettrica ha condotto a risultati interessanti sia per le differenti metodologie utilizzate per la valutazione sia per la divergenza delle valutazioni tra l'ENEL e le ASPL. Nel processo di conferimento della rete di trasmissione di AEM ad AEM Trasmissione il valore complessivo stimato dai periti (effettuata con metodologie patrimoniali di cui daremo spiegazione in seguito) è di 149,990 miliardi di lire, per un valore medio di circa 134 milioni per km di rete 4 . Parallelamente si è svolta la perizia per il conferimento della rete di distribuzione ad AEM Elettricità, il cui valore complessivo è stato stimato con una metodologia mista in 1100 miliardi, per un valore medio per km di circa 288,5 milioni5 . Con metodologie simili a quelle utilizzate per le perizie delle reti di AEM sono state valutati gli asset di ASM; tali perizie hanno condotto ad una valutazione della rete di distribuzione di circa 400 milioni al Km. Per quanto riguarda la stima delle reti dell'ENEL che andrebbero cedute ad operatori locali è interessante 4 La rete di trasmissione dell'AEM è in realtà composta di 785 km in alta tensione a 220kV, 310.7 Km in alta tensione a 130kV ed ulteriori 20Km di rete in alta tensione a 220kV interrati. La stima della valutazione per km è quindi una media effettuata su porzioni di rete con caratteristiche differenti. 5 Nel caso in esame la rete è così composta: 20km a 220kV, 1265km a 23kV, 791km a 9kV e 1738km a 380V. osservare come nel caso di Torino, l'AEM abbia stimato un valore complessivo della rete di circa 300 miliardi, contro gli 800 che l'ENEL considera necessari per cedere la rete di distribuzione. Valutazioni differenti per lo stesso asset possono derivare sia da ipotesi di fondo diverse all'interno di una unica metodologia che da metodologie differenti. Tuttavia visto l'insufficiente approfondimento con il quale il tema delle cessioni delle reti elettriche è trattato dal Decreto Bersani è attendibile un ulteriore intervento normativo in tale materia. La riforma del SPL che verrà attuata con l'approvazione del DDL4014 impone una riflessione sul corretto metodo per la valutazione degli asset e degli investimenti su di essi effettuati. 1. Innanzitutto il DDL prevede la separazione contabile per gli operatori presenti in più servizi a rilevanza industriale. 2. La logica della riforma prevede inoltre la separazione tra la proprietà della rete e la gestione del servizio. Le reti di proprietà degli enti locali dovrebbero quindi essere conferite ad un soggetto che si occupi unicamente della gestione delle stesse. Entro tale provvedimento dovrebbero rientrare quei casi in cui il concessionario dei servizi è divenuto anche titolare della rete (come avvenuto per ACEA o Italgas a Torino), anche se non è ancora stato definito se in tali casi il conferimento deve avvenire ad una società controllata del gestore del servizio (ma contabilmente separata) o ad una società a capitale pubblico. 3. Sorge infine il problema del trattamento degli investimenti specifici, quindi non recuperabili, effettuati nel corso del periodo di concessione, la cui vita utile sia superiore al periodo della concessione: all’interno di tale tipologia rientrano tipicamente gli investimenti per le reti il cui valore si azzererebbe per il concessionario al termine del periodo di concessione. L’assenza di un chiaro regime di disciplina della valorizzazione degli investimenti effettuati condurrebbe fisiologicamente ad investimenti subefficienti ed a una manutenzione insufficiente nella fase finale della concessione. Il DDL4014 prevede un dispositivo per la valutazione degli investimenti effettuati dall'incumbent basato sul cosiddetto valore contabile netto. Nel corso dell’articolo verranno dapprima analizzati i pro e i contro del metodo proposto dal DDL 4014, messo poi a confronto con alcune metodologie alternative tipiche della prassi valutativa-contabile. 1. Il metodo proposto dalla 4014: Il valore netto contabile Il legislatore stabilisce (Art. 23 comma 4) che gli impianti siano venduti al successore al costo originale meno l’ammortamento svolto dal predecessore ed al netto di eventuali contributi pubblici a fondo perduto e dei contratti di finanziamento in essere. Il legislatore ha posto come prioritaria l’esigenza di certezza del valore degli investimenti e delle regole per la loro determinazione, fissate in anticipo. Tale metodologia, che non è mai stata applicata nella pratica6 , semplifica le procedure di valutazione e non richiede la stima di alcun elemento (necessariamente soggettiva) poiché tutti i valori considerati sono presenti in bilancio. Esistono tuttavia elementi che andrebbero meglio approfonditi nella metodologia del “valore contabile netto”. - Anzitutto il costo storico inscritto in bilancio non tiene conto del valore reale degli investimenti dato dall’inflazione e dall’obsolescenza; in altri termini il valore netto contabile non rappresenta il valore reale dei beni oggetto di valutazione. Il costo storico inscritto in bilancio, derivando da un accordo tra il venditore e l’acquirente, è manipolabile. Tali manipolazioni scaricherebbero sull’eventuale concessionario entrante non solo il costo degli investimenti effettuati, ma anche parte della manutenzione da sostenere. 7 - Le procedure di ammortamento possono essere fonte di contestazione; il gestore del servizio avrebbe interesse ad effettuare un ammortamento anticipato o accelerato per ridurre l’imponibile fiscale, nonostante ciò comporti un più basso recupero dell’investimento. L'ammortamento dovrebbe svolgersi secondo la “residua possibilità di utilizzazione” cioè in base alla minore tra la vita residua dell’affidamento e la vita 6 I criteri a cui fino adesso ha fatto affidamento il legislatore sono legati al cosiddetto “valore industriale degli impianti” o comunque a metodologie patrimoniali di cui daremo una breve spiegazione in seguito. 7 Tale rischio dovrebbe comunque essere limitato dai controlli svolti sia dal collegio sindacale che dalle società di revisione. utile del bene. Nella pratica si utilizza come orizzonte temporale la vita utile del bene. Appare chiaro che mentre i problemi precedentemente sollevati riguardo alle metodologie di ammortamento ed alla manipolazione dei costi storici possono essere risolti attraverso una migliore formulazione dell’articolo in questione, il deficit di significatività del valore netto contabile appare connaturato alla misura scelta dal legislatore. Il costo pagato in termini di semplicità ed oggettività della metodologia di valutazione sta proprio nella minore correttezza della valutazione effettuata. Sorge quindi l'interrogativo sull'opportunità della scelta di tale metodo di valutazione. 2. Le metodologie alternative Le metodologie alternative suggerite dalla teoria possono distinguersi tra quelle basate su elementi patrimoniali, quelle basate su flussi reddituali e quelle basate su flussi finanziari; esistono inoltre e metodologie miste, che combinano patrimoniali e reddituali e metodologie basate sul mercato, che fanno riferimento a scambi similari avvenuti sul mercato. La caratteristica che differenzia queste metodologie dal valore contabile netto consiste nella presenza di elementi di valutazione soggettivi (stime) e nella rielaborazione dei dati di bilancio per giungere ad un stima del valore intrinseco dell'asset più raffinata del semplice costo storico. La capacità di queste metodologie di generare stime più in linea con il reale valore intrinseco dei cespiti analizzati ha portato le ASPL ad utilizzarle per le valutazioni effettuate per le procedure di unbundling. Metodologie patrimoniali. Si tratta della metodologia utilizzata per la valutazione della rete di trasmissione AEM. Secondo le metodologie patrimoniali il valore del capitale di un’azienda è dato dal valore corrente degli elementi patrimoniali dell’attivo e del passivo. Ciò richiede di identificare i singoli asset di cui è composta l’azienda e verificare che il valore espresso in bilancio sia coerente col reale valore corrente del bene; qualora vi sia una divergenza, il valore da assegnare ai singoli asset viene determinato da una perizia, il che inserisce un elemento di soggettività nella valutazione che contrasta con l’esigenza di certezza ex ante perseguita dal legislatore. Le metodologie patrimoniali appaiono particolarmente adatte quando oggetto della valutazione sono elementi del patrimonio, come appare nel caso della legge sui SPL. Anche questo criterio non è però esente da limiti. E’ difficile fornire una valutazione obiettiva di investimenti difficilmente osservabili (reti poste nel sottosuolo), generando quindi problemi di asimmetria informativa sul reale valore degli investimenti. In presenza di una vita residua particolarmente lunga, tali metodi generano una valutazione elevata degli asset in cessione, con un conseguente danno per la gestione del concessionario entrante che si troverebbe a dover imputare a bilancio ed ad ammortizzare valori difficilmente recuperabili attraverso l’applicazione delle tariffe previste. Ciò potrebbe disincentivare la partecipazione alla gara per la concessione, inficiando il meccanismo competitivo che rappresenta il cuore della riforma. Metodologie basate sui flussi 1. Con un metodo basato sui flussi finanziari il capitale di un ramo d’azienda è determinato dai flussi di cassa generati all’interno dell’orizzonte temporale analizzato (in questo caso il periodo di concessione) e del valore residuo al termine del periodo. Generalmente il calcolo avviene facendo la differenza tra il valore attuale dei flussi di cassa relativi ed i debiti finanziari legati all’asset in esame. 2. Secondo i metodi reddituali invece il valore del capitale è determinato dal valore attualizzato di tutti i redditi generati all’interno dell’orizzonte temporale ipotizzato e dal valore residuo al termine del periodo. La principale differenza rispetto ai metodi finanziari consiste nella determinazione dei redditi prospettici; tale stima avviene combinando una stima dei costi e ricavi futuri (di solito riferendosi ad una media dei risultati storici), depurando infine la stima da eventi che possono essere considerati eccezionali e non ripetibili (procedimento di normalizzazione). Le metodologie fondate sui flussi sono per definizione dipendenti dalla stime che vengono effettuate in merito alle diverse variabili considerate. Tuttavia: le stime da effettuare appaiono più semplici rispetto a quelle richieste dalle metodologie patrimoniali (gran parte dei dati sono valori di bilancio o loro elaborazioni), permettendo di aggirare l’asimmetria informativa. non concentrandosi sulla determinazione del capitale investito, sembrano meno a rischio di valutazioni troppo onerose; la stima dei flussi futuri consente all’incumbent di valorizzare correttamente i propri investimenti (anche le spese per la manutenzione), ed al soggetto entrante di acquisire un asset pagato in base alla reale capacità di produrre valore nel corso della concessione. si potrebbe porre un problema di circolarità tra il capitale stimato e le tariffe: queste, infatti, includono una remunerazione degli investimenti effettuati, ma il valore attualizzato del capitale investito dipende a sua volta dal livello delle tariffe. E’ questo il problema che usualmente rende inutilizzabili le metodologie basate sui flussi. Tuttavia proprio la considerazione dei flussi futuri attualizzati consentirebbe al gestore uscente di includere il valore degli investimenti effettuati ma non recuperati in tariffa nel corso della concessione. 4. Nel caso della valutazione della rete di distribuzione AEM i periti hanno optato per una metodologia mista che ha consentito di combinare la natura prettamente patrimoniale dell'asset considerato e le potenzialità in termini di flussi reddituali generati dalla gestione della rete. Conclusioni Dall’impostazione del DDL4014 sull'aspetto relativo agli asset sembra che il legislatore abbia preferito in questo contesto privilegiare la semplicità della valutazione e la certezza, pagando un prezzo in termini sia di equità che di reale identificazione del valore degli investimenti. Rispetto al testo attualmente in discussione sembra opportuno sperare in una più approfondita analisi delle conseguenze della scelta effettuata dal legislatore. La scelta di una metodologia basata sui flussi sembra in generale più adatta, soprattutto se affiancata ad un provvedimento che definisca un collegio arbitrale indipendente in grado di determinare la congruità delle valutazioni effettuate. Qualora la scelta del legislatore invece rimanga legata al valore contabile netto sembra fondamentale la definizione più precisa delle procedure di ammortamento e la creazione di un dispositivo che disincentivi l’inquinamento del costo storico NORMATIVA L'AEEG avvia la prima riduzione strutturale dei prezzi del gas in Italia Con la delibera 193/99 dello scorso 22 dicembre, l'AEEG ha ridotto di 23,7 £/mc le tariffe del gas naturale distribuito a mezzo di reti urbane. Tale intervento sterilizza quasi totalmente l'incremento di 27,1 £/mc deciso dall'AEEG nello stesso giorno con la delibera 195/99, determinando un aumento finale netto di sole 3,4 £/mc. La delibera 193/99 rappresenta una novità nel panorama italiano del gas. Tutte le precedenti variazioni del prezzo del gas, compresa quella prodotta dalla 195/99, erano il frutto dell'indicizzazione del prezzo del gas all'andamento dei combustibili di riferimento. In particolare, secondo la normativa vigente8 la quota "costo di approvvigionamento" Qm, attraverso cui i distributori recuperano in tariffa finale i costi di acquisto del gas dalla Snam, viene aggiornata bimestralmente alla variazione del prezzo di un paniere di combustibili internazionali. 9 Tale indicizzazione riguarda, tuttavia, solo una quota del 38%, che copre il puro costo della materia prima sui mercati internazionali; il restante 62% va a copertura dei costi di trasporto internazionale (stimati in 19-26 £/mc) e dei costi interni di trasporto, stoccaggio, bilanciamento e vendita in alta pressione. Andamento Qm FiguraFigura1. 1.An damedin toQm 400,0 400 375,0 350 300 350,0 250 £/mc £/mc 325,0 200 300,0 150 275,0 100 250,0 50 0 ge n9 m 8 ar -9 m 8 ag -9 lu 8 g98 se t-9 no 8 v9 ge 8 n9 m 9 ar -9 m 9 ag -9 lu 9 g99 se t-9 no 9 v9 ge 9 n00 225,0 200,0 mar- apr- mag- giu- lug- ago- set- ott- nov- dic- gen- feb- mar- 98 98 98 98 98 98 98 98 99 99 99 98 98 apr- mag99 99 giu- lug- ago- set- ott- nov- dic- gen- 99 99 99 99 99 99 99 00 Le variazioni precedenti agivano su quel 38% legato all'andamento dei mercati internazionali e quindi risultavano del tutto esogene e temporanee. Con la 193/99, invece, per la prima volta la riduzione incide sul restante 62%, con un taglio del 12% della quota relativa ai costi interni di trasporto: come tale si tratta di una riduzione strutturale del prezzo del gas, che 8 CIP 16 del 23/12/93 Per effetto della delibera 52/99 dell'AEEG questo paniere si compone al 48% di gasolio, al 39% di BTZ e al 13% di greggio. 9 trasla verso il basso la curva di offerta nazionale e riduce il divario tra i prezzi medi finali in Italia e in Europa (vedi tabella 1). Tabella1. Differenziali di prezzo Italia – Altri Paesi Industriali Prima Dopo Austria Belgio Francia Germania Italia Olanda Spagna UK Media UE -7,0% 24,5% 11,8% 4,7% 0,0% 28,7% 11,1% 40,0% 16,6% -8,1% 23,7% 10,9% 3,7% 0,0% 27,9% 10,1% 39,4% 15,7% Domestici Prima Dopo 20,2% 17,0% 9,5% 13,8% 0,0% 31,6% -17,7% 15,6% 13,3% 19,8% 16,7% 9,1% 13,4% 0,0% 31,3% -18,2% 15,2% 12,9% Fonte: Elaborazione su dati IEA 1997 Tale normativa ha effetto immediato per le tariffe del gas distribuito agli utenti finali a mezzo di reti urbane, in quanto questo è soggetto al regime di prezzi amministrati ai sensi delle delibere CIPE del 26/6/74 e del 20/8/74. Viceversa per l'adeguamento del prezzo di cessione del gas da Snam ai distributori, che è soggetto al più blando regime di sorveglianza, viene concesso tempo fino al 1/7/2000. Ciò potrebbe determinare una compressione dei margini dei distributori di 23,7 £/mc per i prossimi sei mesi. L'AEEG sollecita, infine, una modifica analoga e negli stessi tempi degli accordi collettivi tra Snam e i produttori elettrici e le associazioni industriali, così da evitare forme di distorsione del mercato. E' interessante leggere questa delibera congiuntamente alla delibera 181/99, divulgata il 16/12/99, recante osservazioni e proposte dell'AEEG per l'attuazione della direttiva 98/30/CE sul mercato del gas. Le proposte dell'AEEG sono sostanzialmente in linea con quelle divulgate in novembre dall'AGCM. In particolare prevedono i seguenti punti. Approvvigionamento. Dato il peso dell'approvvigionamento sul prezzo del gas al consumo (155£/mc pari al 45% del prezzo all'ingrosso e al 28% del prezzo al dettaglio al netto delle imposte), una reale riduzione dei prezzi finali richiede la creazione di un vero mercato pluralistico dell'offerta. A questo fine viene proposta la fissazione di una soglia antitrust sul mercato dell'offerta interna del 60% al 2003, che dovrà scendere al 40% nel 2006. Questa soluzione, analoga a quella prevista nel dl 79/99 sul settore elettrico, inciderebbe in maniera significativa sulla struttura del settore: stante l'attuale ripartizione delle quote di mercato (tabella 2) e le stime disponibili sull’evoluzione prevista della domanda, dell’offerta interna e della struttura dei contratti delle importazioni Snam, ciò comporterebbe una riduzione dei volumi trattati da Snam di circa 28mc 9 per il 2003 e 54mc9 per il 2006. Per minimizzare l’impatto di queste misure sui contratti vincolati da clausole Take or Pay (ToP), Agip dovrebbe dirottare tutte le proprie vendite da Snam a terzi e Snam dovrebbe ridurre le proprie importazioni rispettivamente di 12mc 9 e di 39 mc 9 . Considerato che usualmente tali clausole coprono circa il’80% dei volumi contrattati, il rispetto della scadenza del 2003 non porrebbe problemi, mentre per il 2006 verrebbero interessati circa 26mc 9 di gas “vincolato”. Diviene quindi essenziale trovare meccanismi per minimizzare l’onere di tali clausole e favorire la cessione di tali contratti. A questo scopo, per i contratti futuri si propone la creazione presso l'AEEG di un registro dei contratti di importazione, la rimozione di vincoli di destinazione territoriale e/o funzionale al gas importato e dei vincoli alla sua cessione a terzi. Per quanto riguarda i contratti in essere, invece, si propone la predisposizione da parte di ENI di un piano per la cessione di contratti di importazione e di volumi di gas di produzione propria destinati al mercato interno, inclusivi dei diritti di trasporto sui metanodotti internazionali e di accesso ai terminali GNL. Ciò potrebbe avvenire attraverso cessione diretta dei contratti o tramite vendita di gas alla frontiera (gas release). A tal scopo potrebbero essere attivati meccanismi d'asta o essere trasferiti contratti e relativi diritti ad apposite società da cedere sul mercato. Essenziale è comunque che la modalità utilizzata fornisca reali garanzie di trasparenza. Tabella2. Le quote di mercato nel 1998 (mc9 ) Società ENI Altri Totale Produzione Import Totale 17.5 (28%) 2.3 (4%) 19.8 (32%) 38.5 (62%) 4.1 (6%) 42.6 (68%) 56 (90%) 6.4 (10%) 62.4 (100%) Fonte: Snam Tabella 3. Composizione dei contratti Snam (mc 9 ) Anno Domanda Quota Produzione Totale antitrust Agip 2003 75 45 15.7 2006 82 21 14.7 Fonte: elaborazione su dati Snam e IEA Import Snam Complessivo 57 60 Stoccaggio. Il servizio di stoccaggio è uno strumento fondamentale di promozione della concorrenza e di sicurezza del sistema, che potrebbe rafforzare la posizione degli importatori italiani rispetto ai fornitori esteri, riducendo in prospettiva l'onere delle clasuole ToP. Per evitare che invece si trasformi in fattore di distorsione competitiva è necessario separarne la gestione da quella delle altre attività. A questo proposito si prevedono diverse soluzioni. a) Separare la responsabilità del concessionario dello stoccaggio dalla responsabilità del gestore del servizio di stoccaggio o, meglio, separare la concessione per lo stoccaggio da quella per la coltivazione dei giacimenti, attualmente legate dall'art.3 della legge 170/74 e dall'art.31 del dl 625/96. Ciò renderebbe più contendibile il servizio stesso, riducendone tendenzialmente i costi. b) Separare societariamente le attività di stoccaggio a fini commerciali (stoccaggio di bilanciamento) dalle attività di approvvigionamento e trasporto e separare contabilmente e amministrativamente la gestione del servizio dalla sua commercializzazione, prevedendo anche un codice di accesso allo stesso. In questo modo si faciliterebbe la creazione di un vero mercato per questi servizi, e quindi un suo uso efficiente mirato alla riduzione dei costi complessivi del sistema. c) Distinguere dall'attività di stoccaggio di bilanciamento quella di stoccaggio strategico, finalizzato al mantenimento della sicurezza del sistema, prevedendo un'apposita concessione e l'impossibilità di utilizzare tale riserva a fini di bilanciamento. Inizialmente l'obbligo di riserva obbligatoria verrebbe mantenuto in capo all'ENI, in quanto monopolista di fatto in questo ramo, e sarebbe finanziato attraverso un corrispettivo nelle tariffe di trasporto differenziato per consumo e a carico di tutti gli utenti. d) In prospettiva, data l'ampia dimensione della capacità di stoccaggio nazionale (14,7mc9 di working capacity su un totale europeo di 63,4mc 9 , secondi solo alla Germania che ne ha 30mc 9 ), si potrebbe prevedere per ENI un obbligo di cessione della proprietà o della gestione di parte degli stoccaggi, attraverso costituzione di apposite società e l'attivazione di meccanismi d'asta, per creare un mercato dello stoccaggio. Trasporto. Sull'esempio di quanto fatto nel settore elettrico, l'AEEG propone una società indipendente, responsabile della gestione integrata del sistema di trasporto e dispacciamento nazionale. Ciò potrebbe costituire un passo preliminare verso una più netta separazione proprietaria e quindi verso la creazione di una "Transco" che favorisca la crescita e lo sviluppo delle reti, ponendosi come grande interconnector tra l'Europa e l'Africa. A questo scopo si prevedono diversi strumenti. a) La separazione societaria, all'interno delle imprese integrate, tra la gestione, la manutenzione e lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e dispacciamento, e le attività commerciali. b) La stipula di convenzioni tra i proprietari e il gestore della rete, contenenti anche le regole di accesso alla rete stessa. c) La possibilità per i terzi interessati di finanziare investimenti di miglioramento ed espansione delle infrastrutture di proprietà di terzi (gasdotti e terminali di rigassificazione), quando queste risultino insufficienti., guadagnando con ciò diritto di accesso, uso e cessione a terzi per una durata prestabilita. In questo modo si cerca di favorire l'adeguamento delle infrastrutture ai crescenti livelli di consumi interni, allargando lo spettro dei possibili finanziatori al di là dell'attuale monopolista. Distribuzione Il documento dell'AEEG descrive un profondo riassetto del comparto distribuzione, anticipando i contenuti della legge di riordino dei servizi pubblici locali (4014) attualmente in discussione al Parlamento. Com'è noto, il comparto è oggi estremamente frammentato tra imprese di diverso profilo giuridico, con livelli dimensionali e qualità del servizio spesso insufficienti. In particolare, per favorire la contendibilità del settore e quindi l'efficienza nella gestione del servizio, si prevedono diverse opzioni. a) La separazione societaria, almeno amministrativa e contabile, tra le attività di gestione delle reti di distribuzione, vendita sul mercato libero e vendita sul mercato vincolato, al fine di evitare sussidi incrociati tra le diverse attività e favorire la selezione del miglior fornitore del servizio in ognuna di esse. b) La sostituzione del regime autorizzativo al regime concessorio per l'assegnazione del diritto a operare nelle diverse attività, al fine di favorire l'aggregazione ottimale delle imprese, una volta svincolate dalla dimensione di esclusiva comunale. Questa soluzione andrebbe oltre il meccanismo di assegnazione per gara previsto nella 4014, che necessariamente imporrebbe il ricorso a meccanismi concessori (questo punto in particolare è stato richiamato anche dall'AGCM). c) La definizione di codici di accesso alla rete. Il mercato libero Il documento propone la definizione di soglie di idoneità superiori a quelle minime previste dalla direttiva 98/30/CE, includendo non solo tutti i produttori di elettricità e i cogeneratori, ma anche i distributori che superino una soglia minima di vendite ai clienti vincolati, nonché tutti i consumatori finali con consumi superiori a 200.000mc/anno: in questo modo si eviterebbe il paradosso di rendere vincolati clienti già oggi svincolati dalle tariffe amministrate e si eviterebbero immotivate discriminazioni per quegli utenti (attualmente utenti non industriali e ospedali), che a parità di consumi risultano comunque vincolati alle tariffe amministrate. Sulla base dell'esperienza fatta nel settore elettrico, si ripropone la possibilità di accedere al mercato anche per utenti aggregati in consorzi di acquisto che raggiungano analoghe soglie di consumo complessivo e superino soglie di consumo individuali. Nel suo complesso, la proposta ricalca molte delle soluzioni adottate in Inghilterra sia nel settore gas che in quello elettrico. E' evidente che l'esperienza inglese non è facilmente generalizzabile ad altri paesi, in quanto diversissime sono le condizioni di partenza. E' tuttavia innegabile che il sistema abbisogna di una forte iniezione di trasparenza oltre che di efficienza, senza la quale non si può dare vera regolazione e vera riduzione dei prezzi. L'intervento dell'AEEG sui costi di trasporto ne è una prova lampante. PANORAMA INTERNAZIONALE Le dinamiche del mercato tedesco: un caso studio I mercati energetici appaiono in evoluzione verso una crescente integrazione internazionale e concentrazione in un numero limitato di soggetti; secondo alcune stime, nell’arco di dieci anni circa l’80% del mercato elettrico europeo sarà gestito da una decina di operatori internazionalmente integrati. Appare interessante analizzare la presenza di uno sviluppo verso soggetti globali all’interno dei mercati europei, la cui nascita è spesso conseguenza di fusione tra operatori di dimensione regionale o nazionale. La Germania rappresenta il caso più interessante da analizzare, in considerazione della rapidità con la quale le fasi tipiche delle esperienze di liberalizzazione (competizione di prezzo, undercutting, ristrutturazione del mercato attraverso fusioni e acquisizioni) si sono susseguite nel corso del 1999. Tabella1. Produzione di energia in Germania (TWh) (1998) RWE 138 Veba 106 Viag 73 EnBW 51 Veag 47 VEW 35 HEW 17 Neckarwerke 14 Bewag 13 Fonte: PiE 1. La situazione preesistente. Il quadro all’interno del quale si è aperta la competizione è caratterizzato dalla presenza di otto monopolisti regionali integrati verticalmente e proprietari delle reti di trasmissione. Accanto a questi soggetti di dimensioni considerevoli è presente un elevato numero di municipalizzate ed operatori locali, che agiscono soprattutto nelle fasi di distribuzione e vendita. La rete di trasmissione era segmentata tra i diversi bacini regionali; le interconnessioni tra di essi avvenivano sulla base di un sistema di accordi tra i diversi operatori proprietari della rete. Le tariffe di vettoriamento, basate su un sistema in cui la distanza ed il passaggio da una regione all’altra influivano sulla determinazione del costo totale di utilizzo della rete, non favorivano la creazione di una reale competizione tra i generatori né un efficiente utilizzo delle ampie possibilità di importazioni che la Germania presenta, date le forti interconnessioni sia con la Francia che con i paesi scandinavi. 2. La competizione di prezzo all’apertura del mercato. L’apertura totale del mercato dal lato della domanda ed il riconoscimento del TPA, seppure con alcune resistenze (il caso Bewag), hanno avviato la competizione per la fornitura di energia elettrica, che si è concentrata in un primo momento verso i clienti del mercato industriale e commerciale e, solo successivamente, verso il mercato domestico, meno interessante sia da punto di vista del consumatore (incidenza dei risparmi non elevatissima) che del fornitore (margini di guadagno inferiori). Il conseguente ingresso di numerosi soggetti ha portato ad una vera e propria guerra di prezzo che ha sorpreso per la sua rapidità gli stessi operatori del mercato. I prezzi rilevati dal VIK mostrano l’effetto immediato nel gennaio del ’99 dell’apertura del mercato industriale, con una riduzione dei prezzi nel primo mese in media del 7%. Appare interessante notare la presenza di leader di prezzo che hanno anticipato la revisione dei prezzi verso livelli più bassi. Il trend di discesa ha avuto un’accelerazione a partire dal mese di agosto, in seguito alle prime offerte rivolte al mercato domestico; la prima mossa è toccata ad RWE che ha esplicitamente sfruttato la propria efficienza per poter offrire tariffe in media più basse del 20% rispetto alla media degli altri fornitori domestici. Una misura della “mobilità” del consumatore domestico è data da una recente analisi secondo la quale benché solo il 2.5% dei consumatori abbia cambiato fornitore di energia elettrica, ben il 50% sta pensando di rivolgersi ad un altro fornitore ed il 13% è determinato a farlo entro pochi mesi. Complessivamente in un anno i prezzi dell’energia sono calati in media di oltre il 20%. Fonte: Vik 3. Effetti della guerra di prezzo sulle strategie delle imprese. Il repentino calo dei prezzi ha determinato un situazione di undercutting, cioè una riduzione marginale del prezzo da parte dei produttori rispetto al livello dei concorrenti per contendere quote di mercato, fino al punto di non riuscire a coprire i costi di produzione. La necessità di mantenersi sul mercato con un adeguato livello di competitività ha spinto quindi molti operatori ad una revisione della struttura dei costi, riorganizzando le divisioni interne e riducendo il costo del lavoro. Esempi del primo tipo sono la riorganizzazione delle funzioni di acquisto e di vendita: come accordi di acquisto che permettano ai distributori locali l’ottenimento di migliori condizioni di approvvigionamento (165 municipalizzate della Bassa Sassonia e 100 distributori di acqua hanno creato in luglio un pool per l’acquisto dell’energia elettrica) o accordi di vendita tra diverse municipalizzate o tra i generatori ed i distributori locali per la creazione di brand e reti di vendita congiunti (Europower Energy Private è la joint venture per la venditta di energia ai privati che è stata costituita da Bayernwerk, EuroPower e Metro; nella stessa direzione va l’accordo tra VEW ed alcune municipalizzate). L’esempio più vistoso di riduzione degli organici per ridurre il peso del costo del lavoro è dato da Bewag, che ha perso 1700 unità nel corso del 1999. Le dimensioni della competizione di prezzo hanno quindi orientato strategie cost saving basate sulla ricerca dell’efficienza di breve periodo, più che su quella di lungo (efficienza termica). Il rischio è che la diminuzione dei margini vada a penalizzare gli investimenti necessari a rimodernare il per molti aspetti vetusto parco termoelettrico tedesco. 4. Effetti della competizione di prezzo sulla struttura del mercato. Il proseguimento del fenomeno dell’undercutting ha successivamente indotto gli operatori di mercato alla ricerca di una ristrutturazione più radicale, innescando un processo di concentrazione del mercato attraverso fusioni, privatizzazioni ed accordi strategici. Tra gli operatori di livello locale le numerose fusioni registrate (dodici nella sola prima metà dell’anno oltre a trenta accordi di collaborazione nello stesso periodo) sembrano confermare la presenza di dimensioni minime ottimali nel segmento della distribuzione maggiori dell’attuale ambito municipale raggiungendo dimensioni almeno regionali. Nella regione di Dusseldorf infatti sei municipalizzate hanno approntato una fusione che dovrebbe assicurare una riduzione dei costi di 102.3 milioni di euro; la medesima strategia ha guidato la fusione di quattro utility regionali nella Germania Est, il cui effetto immediato dovrebbe essere la riduzione degli organici di circa 2000 unità ed un risparmio pari a 81.8 milioni di euro). Secondo alcuni osservatori la concentrazione del mercato a livello di utility locali sarà particolarmente forte conducendo ad una riduzione del numero totale degli operatori dagli attuali 800 a non più di 100 nel corso dei prossimi anni. Tra gli operatori di dimensione nazionale, le due fusioni BayernWerk-PreussenElektra e RWE-VEW sembrano condurre ad una struttura del mercato oligopolistica, in cui il terzo operatore (EnBW) è notevolmente inferiore per dimensioni e numero di utenza servite. I due gruppi inoltre avranno una notevole rilevanza a livello europeo, in considerazione del fatto che per capacità di generazione si posizionano già oggi dietro ENEL e che in nell’arco di un paio d’anni (dopo che ENEL dismetterà il 30% della propria capacità di generazione) diventeranno il secondo e terzo gruppo europeo, preceduti unicamente da EdF. La scelta verso la concentrazione del mercato in pochi operatori di dimensione nazionale risponde a due ordini di motivazioni differenti; generare sinergie che permettano una riduzione dei costi ed razionalizzare le aree di influenza. La fusione tra Viag e Veba sembra l’esempio più calzante di tali strategie. Secondo alcune stime infatti essa genererà risparmi compresi tra 500 ed 800 milioni di euro nel primo anno; gran parte di questi risparmi verranno dalla pianificata riduzione degli organici per complessivi 7800 posti. Inoltre la nuova società opererà su un territorio estremamente ampio e fortemente interconnesso. Dalla fusione tra RWE e VEW dovrebbero invece emergere risparmi per circa 700 milioni di euro. Appare chiaro inoltre che la tendenza del mercato europeo verso una maggiore integrazione tra gli ambiti nazionali, spinga come naturale conseguenza alla creazione di operatori con una massa critica capace di reggere il confronto con altri operatori di grandi dimensioni e di affrontare delle strategie di internazionalizzazione. Tra le privatizzazioni l’evento più importante è sicuramente la cessione del 25.01% del capitale (sufficiente per il controllo) di EnBW. Il processo di cessione sembra essere terminato con l’ingresso nella compagine azionaria di EdF. Un’altra operazione che appare ulteriore sintomo della dimensione sovranazionale del mercato tedesco, è l’acquisto da parte di Vattenfall (Svezia) del 25.1% della municipalizzata di Amburgo. Lavori e scadenze dell’Osservatorio 10 febbraio 2000: Newsletter n.20 5. Ristrutturazione del mercato e problemi di regolazione. La ristrutturazione del mercato ha determinato la regolazione degli istituti necessari a coordinare un mercato competitivo dell’elettricità. In mancanza di un Gestore nazionale della rete di trasmissione, ha fatto sorgere l’esigenza di ridefinire l’accordo sulle tariffe di vettoriamento tra i proprietari delle reti. La riforma è stata fortemente caldeggiata dall’organo di controllo sulla concorrenza, per evitare che la fusione creasse una situazione di forte disequilibrio competitivo, nel quale il processo di concorrenza viene bloccato da una situazione di TPA negoziato. La semplificazione delle tariffe di vettoriamento ha portato all’accordo V-V2 che ha consentito l’eliminazione della giungla tariffaria ed ha ridotto il potere di condizionamento del mercato da parte dei proprietari della rete. Inoltre l’introduzione di tariffe indipendenti dalla distanza ha permesso alle importazioni di giocare un ruolo di ulteriore stimolo alla concorrenza. Le nuove tariffe, attraverso un sistema a due zone, sembrano determinare la creazione di due mercati interconnessi all’interno dei quali si svilupperà la competizione tra fornitori (cfr Newsletter n° 8 e n°17). La necessità di un ridisegno dei termini della concorrenza verso una più elevata trasparenza condurrà inoltre all’apertura della borsa a Francoforte, che ci si aspetta avere un ruolo predominante in Europa. Il mercato tedesco appare ancora particolarmente dinamico e le evoluzioni dei prossimi mesi contribuiranno sicuramente a definirne una struttura più chiara. La cronaca degli avvenimenti del 1999 mostra chiaramente come i processi di liberalizzazione una volta avviati tendono ad accelerare il processo di trasformazione del mercato. La razionalizzazione e la ridefinizione delle regole all’interno delle quali la competizione si svolgerà produrrà sicuri benefici per il consumatore tedesco, e rappresenta un segnale interessante per tutti quei paesi che invece si sono mossi cautamente nell’apertura del mercato elettrico.