Indice - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

Indice
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3
1 AMS-02
Alpha Magnetic Spectrometer
5
2 ECAL
9
2.1
Struttura di ECAL . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10
2.2
Fototubi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11
3 Raccolta e Selezione dati
17
3.1
Raccolta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
17
3.2
MIP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
18
3.3
Trigger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
18
3.4
Piedistallo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
19
3.5
Selezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
19
4 Risultati
21
4.1
Fit del picco della MIP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
21
4.2
Picco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
22
Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
27
Introduzione
La NASA ha redatto un programma di lanci dello Shuttle al fine di
concludere, entro il 2010, la costruzione della stazione spaziale internazionale
(ISS), la quale diventerà la base per le future missioni spaziali.
Giunta alla sua configurazione finale essa avrà a bordo il rilevatore AMS02, Alpha Magnetic Spectrometer, finanziato dagli istituti di alte energie e
dalle agenzie spaziali di molti paesi come Italia, Germania, Francia, Regno
Unito, Spagna, Cina, Corea e USA. In particolare l’Italia ha contribuito con
uno sforzo comune dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INFN, e della
Agenzia Spaziale Italiana, ASI.
Risale al lontano 1998 il volo effettuato dal suo precursore AMS-01 rimasto in orbita sullo shuttle Discovery per dieci giorni; le informazioni da
esso acquisite hanno permesso di apportare miglioramenti nelle prestazioni
dell’apparato, e la pubblicazione di alcuni interessanti articoli di fisica [1].
A differenza di quest’ultimo, AMS-02 verrà agganciato alla stazione spaziale internazionale (ISS), dove acquisirà, per un periodo di tre anni, dati
inerenti allo spettro dei raggi cosmici primari fino ad energie del TeV.
Rispetto al suo precursore, AMS-02 sarà dotato di un ulteriore rilevatore: un calorimetro elettromagnetico, ECAL, il cui compito risulterà
fondamentale nella identificazione di protoni, elettroni e raggi γ.
La responsabilità di tale rivelatore è del gruppo INFN di Pisa che si è
avvalso della collaborazione del LAPP di Annecy e dell’IHEP di Pechino.
Il lavoro affrontato in questo progetto di tesi è la calibrazione dei fotomoltiplicatori di ECAL, al variare della tensione di alimentazione, passo
essenziale prima della loro messa in funzione.
Capitolo 1
AMS-02
Alpha Magnetic Spectrometer
AMS-02 è uno spettrometro magnetico ad alta accettanza che permetterà
lo studio della radiazioni cosmica primaria; verrà posizionato sulla stazione
spaziale internazionale (ISS) nei prossimi anni e raccoglierà dati per circa
un triennio con il campo magnetico, per poi continuare fino ad altri dieci
annie,dopo che l’elio sarà esaurito.
Gli scopi principali di questa missione sono:
• studiare la composizione della materia oscura tramite misure del flusso
di fotoni, positroni, anti protoni e anti deuterio;
• acquisire informazioni sulla antimateria attraverso lo studio del flusso
di antielio, ponendo limiti sulla sua presenza nell’universo;
• misurare lo spettro degli elementi fino al ferro in un intervallo di
energia che si estende fino al TeV.
Il compito del rivelatore [2] è quello di identificare con la massima precisione le particelle della radiazione cosmica primaria misurando:
• il valore assoluto della carica, attraverso l’energia depositata e lo studio
della radiazione Cherenkov (misura di Z );
• il segno della carica, con la tracciatura e il verso di percorrenza;
• la velocità, con l’utilizzo del tempo di volo e della radiazione Cherenkov;
• il momento, tramite la rigidità;
• l’energia, tramite ECAL;
• la massa, con misure indirette.
AMS-02
6
Alpha Magnetic Spectrometer
Il volo di prova effettuato da AMS-01 a bordo dello Shuttle Discovery
(1998) ha permesso di apportare svariati cambiamenti all’apparato, che hanno migliorato e potenziato le capacità dei rilevatori di cui si compone. Di
notevole innovazione tecnologica è stata la sostituzione del magnete permanente con un magnete superconduttore, dotato quest’ultimo di un maggiore
potere curvante che permette di indagare flussi delle particelle che lo attraversano con energia fino al TeV; per quanto concerne la fisica studiata,
risulta centrale l’introduzione del calorimetro elettromagnetico.
L’apparato è equipaggiato (vedi fig. 1.1) con un magnete super conduttore cilindrico al cui interno è posto un sistema di tracciatura, il Tracker.
Esso è costituito da 8 piani paralleli di silicio e ricostruisce la traccia della
particella incidente sfruttando la misura delle due coordinate del punto di
impatto per ogni piano tracciante. Il campo magnetico dipolare di grande
intensità (B=0.85T) permetterà di estendere la misura dell’impulso delle
particelle fino a 500GeV.
Il sistema Time of Flight è composto da 4 piani di scintillatori posti 2
superiormente al magnete e 2 inferiormente. Esso fornisce il trigger sulle
particelle cariche a tutti i rivelatori imponendo la coincidenza del segnali
emessi nei vari piani. Le caratteristiche di questo rivelatore permettono di
determinare la carica (Z ), attraverso la misura dell’energia rilasciata per
ionizzazione e di individuare la direzione di volo dei raggi cosmici, consentendo la distinzione tra positroni-elettroni e protoni-antiprotoni.
Il rivelatore ATC (Cherenkov a soglia), presente in AMS-01, è stato sostituito con un RICH (Ring Imaging Cherenkov) che viene utilizzato per la
distinzione degli isotopi dei raggi cosmici con numero di protoni Z < 27.
Al di sopra del magnete è posizionato un rivelatore a radiazione di transizione TDR, il cui compito è di separare elettroni da anti protoni e positroni
da protoni con impulsi inferiore a 300 GeV/c con una efficienza di circa 10−2
Al di sotto del RICH è posizionato il calorimetro elettromagnetico, ECAL;
il suo compito risulta centrale nello studio della materia oscura. Questo rivelatore, infatti, permette l’identificazione di elettroni, positroni, protoni e
fotoni, misura l’energia degli sciami incidenti fino al TeV e fornisce il trigger
ai fotoni (vedi cap.2).
AMS-02 inaugura una nuova era nel campo di ricerca dei raggi cosmici.
Gli esperimenti svolti fino a questo momento hanno adoperato come base di
lavoro palloni aerostatici in volo nell’atmosfera terreste, dove , purtroppo,
si riscontra un grande fondo di raggi secondari generati dalle interazioni dei
7
raggi cosmici primari con gli atomi dell’atmosfera terrestre e satelliti, con
limiti di peso e di potenza.
Il vantaggio, invece, di operare sulla ISS al di fuori dell’atmosfera permetterà una raccolta dati priva di fondo, in modo da esplorare, cosı̀, lo
spettro della radiazione primaria con un rivelatore tipico della fisica delle
particelle, della massa di 7 tonnellate e con un consumo elettronico pari a
circa 2.5 KW di potenza.
AMS-02
8
Alpha Magnetic Spectrometer
Figura 1.1: Il rivelatore di AMS-02
Capitolo 2
ECAL
Il Calorimetro elettromagnetico ECAL [3] è una delle innovazioni apportate all’esperimento per permettere la distinzione di elettroni e positroni
da protoni e antiprotoni a diverse energie con la possibilità di giungere fino
all’ordine di TeV.
Il suo ruolo risulta di primaria importanza nello studio della materia
oscura ed in particolare della sua parte non barionica.
L’identificazione delle particelle si base sulle differenze presenti nello sciame da essi formato nella materia. Il meccanismo del deposito di energia,
infatti, è differente per sciami adronici e elettromagnetici. Gli adroni possono comportarsi come MIP (Minimum Ionization Particle) cioè rilasciare
energia esclusivamente per ionizzazione (Bethe-Block) oppure possono interagire con i nuclei con interazioni forti generando altre particelle, in modo
particolare pioni. Questi ultimi presentano tre diversi stati di carica: il π 0
decade in modo elettromagnetico in due fotoni con una vita media pari a
circa 10−16 dando, quindi, luogo ad una componente elettromagnetica e i π ±
che sono loro volta adroni. La probabilità di non subire interazioni nucleari
è data da:
PM IP = e
− λX
I
(2.1)
dove X è lo spessore attraversato e λI è la lunghezza di interazione. In ECAL
la lunghezza di interazione e lo spessore sono circa uguali (X ' λI ' 17cm),
quindi si ha una probabilità di non interazione pari a circa 1/3.
Per quanto concerne gli sciami elettromagnetici si osserva che: i fotoni di alta energia, interagendo con il materiale, creano coppie e+ e− ; gli
elettroni, invece, subiscono una decelerazione ed emettono radiazione per
Bremsstrahlung.
Gli sciami prodotti da γ, e± sono parametrizzati dalla lunghezza di radiazione X0 (nel Pb circa 6mm) e presentano uno sviluppo longitudinale
descritto della distribuzione Gamma ed uno sviluppo trasversale dominato
dal raggio di Moliere (nel Pb RM ' 1cm).
10
ECAL
Figura 2.1: Struttura meccanica di ECAL
La differenza tra sciami elettromagnetici e cascate adroniche è quindi
connessa al rapporto Xλ0 . Nel piombo la lunghezza di radiazione è pari a
0.56cm e la lunghezza di interazione è 17.09cm [4].
Nasce di conseguenza la necessità di costruire un calorimetro ad imaging,
che ricostruisca lo sciame nel modo migliore.
ECAL è stato costruito per rispondere ai seguenti requisiti:
• peso entro i limiti consentiti (680kg);
• numero elevato di lunghezze di radiazione (18);
• massima accettanza possibile;
• buona risoluzione energetica (migliore del 10% ad 1 GeV);
• massimizzazione del rapporto tra il numero di X0 e di λ.
2.1
Struttura di ECAL
ECAL è un calorimetro a campionamento con una struttura costituita da strati passivi (fogli di piombo) e attivi (fibre scintillanti); ha la forma
di un parallelepipedo delle dimensioni: base 64.8×64.8cm2 e altezza 16.4 cm.
Per aumentare il potere di reiezione elettroni/adroni è utile avere lo
sviluppo longitudinale e laterale dei flussi elettromagnetici e adronici. Per
2.2 Fototubi
11
questo nella costruzione si è cercato di ottenere la maggiore granularità
possibile nel rispetto dei limiti imposti come il peso (638kg) e la potenza
elettrica disponibile sulla ISS (100W per questo rivelatore).
La ricostruzione tridimensionale e la granualità forniscono allo strumento
un elevata capacità di imaging.
Il volume attivo è la sovrapposizione di nove strati identici -superlayersa forma di parallelepipedi con spessore di 1,85cm (circa due X0 ) composti
da 11 fogli di piombo sagomato, spessi 1 mm, intervallati da 10 piani di fibre
scintillanti di 1mm di diametro. Gli strati sono incollati tra loro in modo
tale che la direzione delle fibre scintillanti in un piano sia ortogonale a quella
degli strati adiacenti.
Il calorimetro ha 5 superlayers lungo la vista X e 4 lungo Y.
Gli elementi di lettura, celle, ricoprono un area di 9 × 9mm2 e, di conseguenze, circa 35 fibre. In questo modo ogni superlayer può essere suddiviso
in 2 layers di 9mm di spessore. Il numero totale di celle è 1296 che permettono al segnale di essere campionato 18 volte in profondità (10 nella direzione
X e 8 in quella Y).
L’accoppiamento tra la fibre scintillanti e i PTM avviene attraverso guide di luce di plexiglas. Ogni superlayer è equipaggiato con 36 fototubi
posizionati nei due lati opposti per non causare interferenze meccaniche (la
loro parte attiva è più piccola della loro dimensioni). Negli esperimenti di
alte energie, spesso, vengono accoppiati a rivelatori a scintillazione da cui
ricevono la luce prodotta da particelle ionizzanti (luce di scintillazione).
Nell’attraversamento delle fibre scintillanti la luce trasmessa subisce una
attenuazione in funzione della distanza percorsa dalla luce stessa secondo la
relazione (vedi fig 2.2):
z
I(z)
−z
= (f e− λc + (1 − f )e λl )
I0
(2.2)
dove con λc e λl si identificano rispettivamente la lunghezza di attenuazione corta che, per le fibre usate, vale circa 110 mm e lunga che vale circa 2800 mm, mentre f rappresenta la frazione della componente di luce di
fluorescenza (circa 0.19).
2.2
Fototubi
I fototubi sono dispositivi elettronici appartenenti alla categoria dei fotorivelatori a vuoto, che, per la loro elevata sensibilità, consentono di rivelare
minime quantità di luce [5]. Essi convertono la luce incidente in un segnale
elettrico offrendo un’amplificazione interna con cui si ottiene, sfruttando la
moltiplicazione degli elettroni emessi dal fotocatodo, una corrente anodica
di ampiezza acquisibile.
12
ECAL
1
0.95
0.9
Intensità
0.85
0.8
0.75
0.7
0.65
0
100
200
300
400
Posizione (mm)
500
600
700
Figura 2.2: Curva di attenuazione dell’intensità in una fibra scintillante
Le caratteristiche maggiori che presentano i fototubi sono: alta velocità
di risposta, tale da renderli adatti ad esperimenti con rate elevato; grande
sensibilità; possibilità di ricoprire estese zone superficiali; buona immunità
a fattori esterni (come le variazioni di temperatura).
La struttura di base di un PMT è:
• fotocatodo: il flusso di particelle urtando con questo provoca l’emissione di elettroni;
• sistema di focalizzazione: serve ad accelerare e a guidare gli e− ;
• apparato di moltiplicatori: si da via ad un processo a cascata che porta
ad un continuo aumento degli elettroni generati al fotocatodo;
• anodo: convoglia il flusso di e− prodotti e restituisce un segnale di
output.
Figura 2.3: Sistema di un fotomoltiplicatore
Il fototubo presenta una serie di elettrodi posti tra il catodo e l’anodo
-dinodi- i quali sono situati in un ampolla di vetro in cui è stato prodotto il
2.2 Fototubi
13
vuoto spinto; essi vengono sottoposti ad una differenza di potenziale dell’ordine di 700V, per i PMT da noi usati, distribuita fra i dinodi da un sistema
di partitori (fig.2.4).
K
F
DY1
DY3
DY2
DY5
DY4
P
Cc
signal
out
Ra
R1
R3
R2
HV
R4
R5
C1
R7
R6
C2
C3
Figura 2.4: Partitore di tensione nei PMT di ECAL
Allorchè un fotone colpisce il catodo, costituito da materiale fotoemittente, sarà convertito , con un certa probabilità, in fotoelettroni che, accelerati
e convogliati dal campo elettrico verso il sistema di moltiplicazione, daranno luogo ad una catena di emissioni secondarie di elettroni generando in tal
modo la corrente in uscita all’anodo.
Tra le sollecitazioni esterne e la risposta del catodo e del sistema di
dinodi sussiste una relazione di proporzionalità lineare per cui la corrente in
output sarà proporzionale al numero di fotoni incidenti. Questa costante di
proporzionalità dipende in maniera sensibile dalla tensione di alimentazione
dei PMT. Nel caso in cui provengano da uno scintillatore, il segnale all’anodo
sarà direttamente collegato all’energia persa dalla particella.
Catodo
Il fotocadoto è generalmente costituito da una finestra di vetro o quarzo trasparente al passaggio di fotoni; quelli più comuni sono costituiti da
materiale semitrasparente e con un deposito di cesio evaporato sulla parte
interna. Il materiale fotosensibile è depositato su un sottile strato internamente alla finestra. Con questa configurazione gli elettroni prodotti vengono
emessi dalla parte opposta al fascio incidente.
L’area del fotocatodo deve occupare la maggiore superficie possibile per
raccogliere la massima quantità di luce, mentre l’anodo deve avere una forma
tale da ostruire il minimo possibile la raccolta di fotoni da parte del catodo.
La sensibilità è limitata per quanto riguarda le grandi lunghezze d’onda
dalla soglia di emissione, mentre per quelle piccole dalla trasparenza del
materiale. L’efficienza di conversione non si mantiene costante in questo
intervallo ma subisce bruschi cambiamenti. I PMT usati nel calorimetro
14
ECAL
Figura 2.5: Tabella della caratteristiche dei PMT R7600-00-M4
sono R7600-00-M4 della ditta Hamamatsu [6] presentano una sensibilità
spettrale compresa tra 300 e 650 nm, con un massimo a 420nm e un’efficienza
quantistica, per una lunghezza d’onda, di circa il 20% (vedi tabella 2.5).
Focalizzazione
Gli elettroni generati al fotocatodo devono essere convogliati verso il
primo dinodo; gli elettrodi che compongono il fototubo creano un campo
elettrico adeguato che permette la focalizzazione. L’elettrodo focalizzante
è posto internamente al fototubo e si trova allo stesso potenziale del catodo; l’elettrodo accelerante è posto, invece, frontalmente al catodo ed è
alimentato con lo stesso potenziale del primo dinodo. Le richieste che deve
2.2 Fototubi
15
soddisfare questo apparato sono massima focalizzazione indipendentemente
dal punto in cui si formano i fotoelettroni e dalla velocità e minimo tempo
di transizione degli elettroni tra il catodo e il primo dinodo.
Moltiplicazione
In questa parte del fototubo avviene l’amplificazione della debole corrente degli elettroni primari, sfruttando l’emissione secondaria provocata dagli
elettroni nell’urto con i vari dinodi, ricoperti di materiale ad alto potere di
emissione secondaria.
La posizione dei dinodi è tale che il campo elettrico creato guidi ed
acceleri gli e− facendo si che avvenga la collisione al successivo dinodo con
energia necessaria all’estrazione di altri e− .
L’emissione secondaria è equivalente al meccanismo di fotoemissione visto: e− primari una volta assorbiti cedono energia agli e− del materiale,
questi subendo un incremento di energia diffondono attraverso il materiale,
ma solo quelli che giungono alla superficie con energia tale da superare la
differenza di potenziale si staccano dall’atomo e contribuiscono allo sciame.
L’amplificazione di un PMT è il rapporto fra la corrente in uscita dall’anodo rispetto alla fotocorrente prodotta dal catodo.
Alimentazione
Il funzionamento dell’intero sistema richiede una opportuna differenza di
potenziale tra il catodo e l’anodo e, quindi, bisogna applicare una tensione
a tutti gli elettrodi.
A tal fine si usa un partitore di tensioni costituito da una serie di resistenze opportune con il compito di fornire il voltaggio desiderato tra le coppie
di dinodi. Il partitore di tensione per i PMT usati in AMS-02 è mostrato in
figura 2.4 [7].
Guadagno
La caratteristica fondamentale dei fototubi è il guadagno, che viene definito come il rapporto tra la corrente in uscita dall’anodo (Iout ) e la corrente
dei fotoelettroni emessi al catodo (Icat ):
G=
Iout
Icat
(2.3)
Il guadagno può essere espresso come una funzione della tensione di alimentazione:
G = K ·V α
(2.4)
dove α = N · ξ, N è il numero di dinodi presenti (10 nei PMT usati in ECAL),
ξ è un fattore compreso tra 0.6 e 0.8, e K è una costante di proporzionalità
16
ECAL
che dipende dal materiale dei dinodi e dalla divisione del voltaggio tra di
essi.
La relazione mostra che il guadagno cresce in proporzione all’aumentare
del voltaggio tramite una legge di potenza. Procedendo alla differenziazione
dell’equazione precedente osserviamo che
dG
dV
= α·
G
V
(2.5)
cioè, la stabilità del guadagno è fortemente connessa con la tensione di alimentazione: infatti una sua piccola variazione produce significativi cambiamenti essendo moltiplicata per il numero di stadi di amplificazione.
Il guadagno tipico dei PMT è 105 − 106 .
Una tipa curva di guadagno del PMT usato in AMS-02 è mostrata in
figura 2.6.
8
10
7
10
6
Guadagn
10
10
5
10
4
3
10
200
500
1000
Tensione applicata
Figura 2.6: Curva di guadagno
2000
Capitolo 3
Raccolta e Selezione dati
I cambiamenti subiti dal guadagno di un fotomoltiplicatore al variare della tensione di alimentazione, vengono studiati al passaggio di un segnale noto
preso come riferimento, che solitamente è il deposito di energia rilasciato da
una MIP (vedi par. 3.2).
3.1
Raccolta
Nell’ottobre del 2006 si è tenuto a Ginevra una campagna di test del
Calorimetro Elettromagnetico, per provarne il relativo funzionamento.
Il test comprende una serie di run durante i quali il calorimetro opportunamente posizionato viene bombardato con fasci di protoni ed elettroni.
Il calorimetro è montato su una tavola semovente che permette di coprire
l’intera superficie di ECAL.
Utilizzando i dati inerenti ai protoni si è proceduto all’equalizzazione dei
fototubi del calorimetro di AMS. Equalizzare significa fissare la tensione di
alimentazione in modo che tutti i PMT rispondano allo stesso modo per uno
stesso deposito di energia. Per questo occorre trovare la relazione che lega il
guadagno di ogni fototubo con la rispettiva tensione di alimentazione (curva
di guadagno per ogni singolo PMT). Sfruttando questa relazione si può
conoscere i cambiamenti che subisce la risposta di un PMT con le eventuali
variazioni del voltaggio e risalire, quindi, alla tensione di lavoro.
La calibrazione di ECAL va ripetuta in diversi momenti:
• al completamento dell’assemblaggio di tutti i rivelatori che compongono AMS-02;
• dopo il lancio una volta installati sulla ISS: durante il viaggio, infatti, lo strumento è sottoposto a vibrazioni longitudinali e verticali che
potrebbero portare a variazione di contatti ottici;
• nei successivi tre anni della presa dati. L’equalizzazione, infatti, dipende da fattori ambientali, come ad esempio la temperatura. Ciò implica
18
Raccolta e Selezione dati
un continuo monitoraggio della risposta dei PMT. Con il tempo, inoltre, nelle fibre scintillanti si verifica il fenomeno dell’ingiallimento che
modifica il guadagno totale del sistema fibra ottica e PMT.
3.2
MIP
Per studiare il comportamento dei PMT si deve disporre di un evento
facilmente identificabile, che presenti sempre le stesse caratteristiche. Una
particella al minimo di ionizzazione -MIP- può essere considerata come particella campione. Nell’attraversamento di un materiale essa subisce una
perdita di energia, il cui andamento rispecchia la distribuzione di Landau
con un picco che individua il valore più probabile della carica depositata.
Interagendo con gli strati di ECAL una MIP rilascia una energia media
pari a circa 7 MeV per cella.
Usando questo evento campione si desidera ottenere una risposta univoca
dell’intera superficie del calorimetro.
Tra i dati di cui si disponeva si è preferito utilizzare, per eseguire l’equalizzazione, i protoni che si comportano come MIP.
In realtà il controllo della calibrazione dei fotomoltiplicatori è possibile
anche sfruttando elettroni ad energia fissata, purchè sufficientemente elevata
cosı̀ da raggiungere gli ultimi strati di ECAL (energia maggiore di 6-10 GeV).
La scelta dei protoni è stata dettata dalla necessità di procedere ad un
continuo monitoraggio dell’equalizzazione durante il periodo di tre anni di
attività dello strumento.
Sulla ISS ECAL sarà colpito da raggi cosmici primari; dallo studio della
composizione della radiazione cosmica si nota che il flusso di protoni è almeno
tre ordini di grandezza superiore a quello degli elettroni. Considerando che
il flusso di protoni nella radiazione cosmica è dell’ordine di 103 sr × m2 (con
energia pari a 1-2GeV), ricordando che ECAL ha un accettanza pari a 0.2sr×
m2 , si hanno circa 100 protoni al secondo in questo intervallo di energia.
Supponendo un’efficienza di identificazione delle MIP pari al 50%, si riesce
a raccogliere, in tal modo, dati sufficienti per la verifica dell’equalizzazione
in circa mezz’ora di volo.
3.3
Trigger
L’equalizzazione dei PMT è particolarmente rilevante per poter utilizzare ECAL all’interno del trigger di AMS-02. Tale sistema si basa sulle
informazioni raccolte da tre rivelatori:
• gli scintillatori del TOF rivelano il passaggio delle particelle cariche;
• gli scintillatori del sistema di anticoincidenza (AC) identificano par-
3.4 Piedistallo
19
ticelle che entrano dai lati del detector, cioè fuori dal campo di vista
(field of view );
• ECAL rivela fotoni che non hanno interagito con la parte superiore
del rivelatore (circa il 72%.)
L’informazione di ECAL viene raccolta all’ultimo dinodo e inviata ad un
comparatore a soglia. Per avere un’efficienza uniforme su tutta la superficie
di ECAL è necessario che i PMT rispondano allo stesso modo ad un segnale
noto.
3.4
Piedistallo
Il termine rappresenta l’offset con cui ridefinire lo zero della scala ed è
dovuto al rumore dell’elettronica.
Prima di ogni run di presa dati si osserva lo distribuzione del rumore
causato dall’elettronica e dalle perturbazioni esterne (come i cambiamenti
di temperatura) in modo da conoscere il valore dell’offset.
La misura del piedistallo si ottiene mantenendo i fototubi in tensione in
assenza di particelle incidenti.
Il valore del piedistallo viene calcolato per ogni run e sottratto; solamente
i canali con una lettura superiore a 2 conteggi di ADC vengono registrati
(zero suppression).
3.5
Selezione
Primo passo affrontato nell’analisi dei dati è stato la selezione delle particelle, identificate come MIP, all’interno del fascio di protoni rivelato da un
sistema di trigger. Il fascio incidente è, in realtà, composto adroni: protoni
p, pioni π, mesoni K, etc.
Lo spessore del calorimetro di AMS è pari ad una lunghezza di interazione, e pertanto esiste una probabilità alta (circa 2/3) di interazioni
adroniche.
Per selezionare gli adroni che si comportano come MIP, considerando che
una particella attraversa i 18 layers del calorimetro, si impongono i seguenti
criteri:
• numero totale di canali accesi minore di 25;
• numero totale di conteggi di ADC minore di 800 (equivalente a circa
500MeV);
• numero di celle colpite dal fascio lungo una specifica colonna almeno
7 su 8 (vista X) o almeno 9 su 10 (vista Y);
• numero di celle colpite nelle colonne adiacenti minore di 4;
20
Raccolta e Selezione dati
Una cella è considerata colpita se si rivela un deposito di energia pari ad
almeno quattro conteggi di ADC.
Per migliorare la selezione delle MIP si possono cercare le condizioni ottimali per ogni run considerato. Eseguendo un loop su tutti gli eventi di
ogni run (2000) si grafica una distribuzione bidimensionale del numero di
celle piene (con deposito di energia), e della somma dei conteggi di tutti
gli anodi (vedi fig. 3.1). Le MIP sono caratterizzate da un piccolo segnale
totale e un numero di conteggi compreso tra 10 e 25.
Figura 3.1: Selezione di MIP da 100 Gev, per il RUN 206 in cui i PMT sono
alimentati a 750V
Applicando le selezioni innanzi riportate si ottiene un istogramma corrispondente alla carica rilasciata dalla MIP.
Tuttavia le condizioni variano sia nei vari run che con le diverse tensioni:
è importante effettuare in modo accurato questa analisi per visualizzare
una curva ottimale senza l’infiltrazione di altre particelle (con conseguenti
perturbazioni dell’andamento dalla distribuzione in energia delle MIP).
Grazie alla suddivisione interna del fototubo in 4 anodi, rilevabili separatamente, è possibile stimare il picco della MIP per ogni singolo anodo.
Utilizzando questo valore è possibile equalizzare gli anodi in fase di analisi. Tuttavia, per avere una risposta uniforme a livello di trigger è preferibile equalizzare la risposta agendo sulla tensione di alimentazione. Le
eventuali modifiche della tensione di alimentazione possono essere apportate solo sull’intero fototubo pertanto è necessario osservare il comportamento
complessivo dei 4 anodi.
Capitolo 4
Risultati
4.1
Fit del picco della MIP
Le fluttuazioni della perdita di energia per ionizzazione sono descritte
dalla curva di Landau; esse danno luogo ad una distribuzione di densità
di probabilità con un picco stretto che rappresenta il valore più probabile
dell’energia rilasciata e con una coda lunga ad alta energia.
Una espressione analitica approssimata della Landau [8], che riproduce
le sue caratteristiche è:
Z
1 +∞
Φ(λ) =
exp[−s log(s) − sλ] · sin(sπ)ds
(4.1)
π 0
La distribuzione dei conteggi di ADC di una MIP è parametrizzata dalla funzione di Landau convoluta con un profilo Gaussiano, con cui si tiene
conto delle fluttuazioni introdotte principalmente dalla fotostatistica, tenendo conto che in ECAL il numero di elettroni primari prodotti sono poche
decine.
Il fit con la funzione Landau-Gaussiana restituisce 4 parametri, (vedi fig.
4.1):
• MP, posizione del rilascio più probabile di energia della Landau
• Width, larghezza della Landau, che indica le fluttuazioni nel rilascio
di energia;
• GSigma, larghezza del profilo gaussiano;
• Area, costante di normalizzazione.
La distribuzione del rumore (par 3.4), è un esponenziale decrescente che
si combina con quella dei dati, causando uno spostamento del picco verso
destra. Il fit può essere migliorato aggiungendo alla distribuzione di Landau
un termine esponenziale che rappresenta il background; i risultati ottenuti
con questa scelta non si discostano in modo rilevante dai precedenti.
22
Risultati
Figura 4.1: Distribuzione del picco della MIP, RUN 206 layer 0 cella 35
4.2
Picco
Il lavoro suddetto è stato ripetuto per 10 fototubi campioni e precisamente sui 4 anodi che lo compongono, presi in modo causale su ECAL.
Il deposito di energia per il fototubo completo è stato calcolato facendo
la media aritmetica del valore del picco restituito dal fit con la LandauGaussiana.
Il guadagno di un fotomoltiplicatore (par. 2.2) è dato da:
g = b · HV α
(4.2)
dove g rappresenta il guadagno, HV la tensione di alimentazione e b ed
α sono della costanti.
Di conseguenza il picco del rilascio di energia espresso in ADC, legato alla
carica integrata, dipende dalla tensione di alimentazione HV. Il parametro di
nostro interesse è l’esponente grazie al quale possiamo conoscere in che modo
incidono i cambiamenti di HV sulla risposta del PMT e, di conseguenza,
come agire su di essa per ottenere una omogeneità della risposta.
Poichè MP è proporzionale a g, dall’equazione 4.2 si ricava che per ogni
PMT vale la relazione:
·
HV
M P (HV ) = M P (700) ·
700
¸α
(4.3)
dove MP(700) picco della distribuzione quando il PMT è alimentato con
una tensione pari a 700V.
Può essere utile la relazione inversa della formula 4.3 che mostra i cam-
4.2 Picco
23
biamenti da apportare per ottenere un determinato valore di MIP:
·
HV (M P ) = HV (15) ·
MP
15
¸β
(4.4)
dove β è l’inverso di α e HV(15) è il valore della tensione di alimentazione
da fornire al PMT per ottenere una MIP al canale 15. Tale numero rappresenta un valore di riferimento della MIP scelto considerando la connessione
esistente tra i canali e il range di ADC. Un canale di riferimento troppo elevato, infatti, fisserebbe un’energia massima registrabile troppo bassa e un
canale troppo basso sarebbe troppo influenzato dal rumore elettronico.
Per la valutazione del parametro α, nell’equazione 4.3, durante il test beam sono stati eseguiti altri run in cui veniva aumentata la tensione
nominale di 50Volts e poi di 80Volts.
Seguendo la procedura indicata (selezione della MIP e fit della distribuzione della carica raccolta) ma considerando i dati acquisiti con HV diverse,
si sono confrontati i valori più probabile di energia depositata nei quattro
anodi del PMT da una MIP ed è stato fatto il fit per tre diversi valori di
HV, utilizzando l’equazione 4.3.
Figura 4.2: Andamento del valore del picco della MIP in funzione della HV: anodo
layer 0 cella 35 run 206
I valori ottenuti per l’esponente α sono in accordo con quelli nominali
dei PMT usati in ECAL. L’andamento del parametro è mostrato in figura
4.3.
24
Risultati
Figura 4.3: Distribuzione del parametro α per i singoli anodi
Tuttavia, va considerato che gli eventuali cambiamenti al guadagno possono
essere apportati solo al PMT, attraverso la tensione di alimentazione.
Sono, quindi, state calcolate le medie dei valori dell’energia rilasciata nei
quattro anodi per le diverse tensioni e è stato fatto il fit con la curva di
guadagno (vedi fig 4.4).
Figura 4.4: Andamento del valore del picco della MIP in funzione della HV
4.2 Picco
25
Le dieci stime ottenute per l’esponente si distribuiscono come in figura
4.5.
Figura 4.5: Distribuzione del parametro α per PMT
Conclusioni
Il lavoro affrontato in questa tesi ha avuto come obiettivo la ricerca di
una relazione che correla il guadagno dei PMT con la loro rispettiva tensione
di alimentazione. Sono stati, pertanto, svolti i seguenti punti:
• selezione delle MIP;
• fit dell’energia rilasciata dalle MIP in una cella con la distribuzione di
Landau per ottenere il valore del picco (MP);
• fit della curva di guadagno di ogni cella del valore più probabile del
deposito di energia a tre diverse tensioni;
• determinazione del valore di α (vedi equazione 4.3) per ogni PMT.
Le stime ottenute per il parametro α, con cui è possibile conoscere i
valori di HV da applicare ad un PMT per la rivelazione di una MIP in
un determinato canale, sono in buono accordo con le specifiche dei PMT
R7600-00-M4.
Nei mesi scorsi si è tenuta una nuova acquisizione di dati con lo scopo di
procedere ad un ulteriore studio del comportamento dei PMT, per verificare
i risultati ottenuti sul fascio di test. Per questa verifica si sono utilizzati
raggi cosmici secondari: a differenza dell’analisi svolta in questo lavoro di
tesi, in questo caso il segnale selezionato per la calibrazione è costituito dal
passaggio di muoni µ, che non subiscono interazioni nucleari e si comportano
come MIP.
Sono stati, inoltre, considerati diverse tensioni di alimentazione dei PMT,
migliorando la curva di guadagno degli stessi. I risultati ottenuti dalle prime
analisi hanno effettivamente confermato i valori ottenuti in questo lavoro di
tesi.
Bibliografia
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Shuttle, Aug. 2002
[2] ALPHA MAGNETIC SPECTROMETER (AMS) Proposal, 1995
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accademeco 1999-2000, Università di Siena
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1994
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[7] Hamamatsu Photonics K.K, Photultiplier tube. Principle to applicazion,
1994
[8] L.Landau, J. Physics (USSR) 8 (1944), Also: Collected Paper, D.ter
Haar ed., Pergamon Press, Oxford, 1965