LA COSCIENZA E` estremamente difficile dare una definizione della

LA COSCIENZA
E' estremamente difficile dare una definizione della coscienza, poiché si tratta di un
fenomeno che non può avere un qualsiasi riscontro di tipo empirico.
Definire la coscienza vuol dire allora far riferimento necessariamente all'esperienza diretta
che ognuno di noi ha di essa, riallacciandosi ai diversi aspetti dei vissuti che essa implica.
COSTITUZIONE
Nell’articolo 18 si può leggere:
“Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto
include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare,
isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio
credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.”
Diversi significati di «coscienza».:
coscienza sensoriale: capacità di rendersi conto di esistere (quindi che si sta vedendo,
parlando, ascoltando, gustando, toccando, operando).
coscienza di sapere, o coscienza intellettuale ( critica): risponde alla domanda: che
cosa so veramente? So di sapere?
coscienza morale: capacità di valutarsi nell'agire morale, ossia di sapere se le mie azioni
sono degne o sono indegne.
Il secondo e il terzo aspetto della coscienza - quella intellettuale o critica e quella morale sono pure le radici della libertà, anzi praticamente sono un tutt'uno con la libertà umana.
Ma che cos'è allora la «coscienza»?
Ciascuno pensa di sapere, ciascuno sente di avere dentro di sé qualcosa che può
chiamare con questo nome.
«Coscienza» deriva dal termine «conscio»:
- è conscio chi «sa con se stesso»
- chi si rende conto, che è consapevole
- e possiamo anche dire chi è vigile, sveglio, presente a se stesso.
Può forse sorprenderci il fatto che la parola «coscienza» non si trova nell'Antico
Testamento e solo raramente nel Nuovo Testamento. La usa san Paolo, però il
termine syneidesis è greco, appartenente quindi a quella cultura, non al mondo ebraico.
Eppure la Bibbia parla spesso di questa realtà. Quale vocabolo usa? Il vocabolo cuore.
Dice, ad esempio, Giobbe: «Il cuore non mi rimprovera nulla».
La coscienza, dunque, è il cuore della persona e nulla ad essa va preferito; va invece
curata e coltivata con tutta l'attenzione possibile.
“Passò facendo il bene”
Negli Atti degli Apostoli si racconta che Pietro quando fece visita a un militare romano
(Cornelio) per spiegargli in che cosa consistesse la fede dei cristiani, riassunse ciò che era
stata la vita di Gesù dicendo che fu un uomo che “passò facendo il bene” (Atti 10,38).
E’ di capitale importanza quello che alla fine della vita definisce una persona. Ciò che
veramente importa è sapere se è stata una persona per se stessa oppure se è stata una
persona per gli altri.
Non è però facile determinare cos’è “fare il bene”. Vi è molta gente che è convinta di fare il
bene ma bisognerebbe chiedere a coloro che convivono con costoro se si sentono
“beneficiati” con il bene che viene loro offerto.
Quando possiamo affermare che compiamo un atto “buono”? Quando è “valido” un atto
morale?
La validità di un’azione consiste nell’accettabilità da parte degli altri membri della
comunità.
La cosa decisiva non è agire in modo da rimanere con la propria coscienza tranquilla, ma
agire in modo che siano gli altri a sentirsi tranquilli (soprattutto felici).
Lo specchio del comportamento etico non è la propria coscienza ma il volto di
coloro che vivono con me. Quando questo volto esprime pace, speranza, gioia e
felicità, perché il mio comportamento genera tutto questo, allora è evidente che il
mio comportamento è eticamente corretto.
Sono quindi “le vittime” di questo mondo che a partire dalla propria esperienza sono gli
unici giudici abilitati a distinguere ciò che è bene e ciò che è male.
Il criterio per sapere se il presidente del governo, il papa o il vescovo sono buone persone
non è ciò che il presidente o il papa dicono di se stessi, ma ciò che di loro dicono gli altri.
E’ questo che Pietro intendeva dicendo “passò facendo del bene”. Pietro vide con i propri
occhi l’allegria dei malati guariti, la gioia dei peccatori accolti e perdonati e l’entusiasmo
delle persone che mangiavano fino a saziarsi. Gesù passò facendo il bene perché quelli
che si avvicinarono a lui si sentirono bene. Non passò dicendo che faceva il bene, ma lo
fece.
Ci sono due punti di vista (scuole) al momento di valutare i comportamenti: la scuola
deontologica che si fonda sulle norme o le regole che bisogna adempiere e la scuola
consequenzialista, chiamata così, perché adotta come criterio per distinguere il bene dal
male, le conseguenze, cioè i risultati o il bene che conseguono da un determinato
comportamento.
Questi due modi di intendere l’etica non possono escludersi l’un l’altro. L’etica che si basa
sui doveri deve stare attenta alle conseguenze che derivano dal compimenti di tali doveri e
l’etica che mira alle conseguenze non può dimenticare mai i doveri più fondamentali di
qualsiasi essere umano.
..........................ROMANI 14
S.Paolo, nella Lettera ai Romani, cap.14, ci aiuta a capire come fare per imitare Gesù.
Egli ci propone un esempio lontano dalla nostra cultura, anacronistico, ma quanto mai
significativo per la gente del tempo.
Siamo intorno al 56 d.C. ed è uso celebrare la Cena del Signore nelle case.
Chi ospita offre il pane, il vino e la carne.
Qual è dunque il problema?
E’ lecito al cristiano mangiare carni immolate agli idoli?
Si generano due fazioni.
1. Coloro che dicono che non si può mangiare la carne immolata perché è fare un’offesa al
vero Dio (deboli di fede)
2. Coloro che dicono che si può mangiare la carne immolata perché non esiste nessun
idolo ( forti di fede)
Paolo così risponde:
1. Ognuno segua la sua coscienza: entrambe le fazioni sono divergenti nel comportamento
ma convergenti nella motivazione.
2. Il forte di fede rispetti la coscienza del debole: ognuno deve rispondere di sé a Dio.
Il vangelo, senz’alcun dubbio è un messaggio per la vita.
La religione mantiene le persone in una condizione infantile. L'istituzione religiosa da'
sicurezza, ma toglie la libertà del singolo. E' l'obbedienza cieca all'autorità superiore che
mantiene l'uomo in una condizione infantile.
Con Gesù tutto ciò cambia. Egli infatti dice, al momento di costituire la sua comunità:"Chi
avrà lasciato padre, madre, moglie, figli, campi....riceverà 100 volte in madri, mogli, figli,
campi".
E il padre? Lo lascia fuori.
Il padre che indica l'autorità si lascia, perchè l'unica autorità che c'è nella comunità è il
Padre dei cieli che non governa gli uomini emanando leggi che loro devono osservare, ma
comunicando loro la sua stessa capacità di amore, lo Spirito.
Gesù dunque, vuole persone mature e autonome che ragionino con la propria testa .
Un episodio del Vangelo può essere d'aiuto a comprendere meglio il passaggio.
Quando Gesù fu arrestato e portato alla presenza dei sommi sacerdoti, fu considerato da
subito un pericolo pubblico e pertanto legato e posto sotto la custodia delle guardie. Sono
proprio le guardie, persone sottomesse al potere a cui non è dato interrogarsi se sia giusto
o meno eseguire un ordine, che restano affascinate da quell'uomo legato e maltrattato.
Durante l'interrogatorio del sommo sacerdote,la guardia dà uno schiaffo a Gesù. Ebbene,
proprio Gesù cerca di farlo ragionare con la propria testa dicendo:"Se ho sbagliato,
dimostrami dove ho sbagliato, se non ho sbagliato, perchè mi hai colpito ?" (Gv.18,23)
Il sommo sacerdote e i farisei sono preoccupati , si legge infatti: " Anche voi vi siete
lasciati ingannare".
Questi farisei erano persone pie , laiche che pensavano che il regno di Dio si sarebbe
realizzato quando tutti gli uomini avessero osservato totalmente la legge....legge fatta di
ben 613 precetti.
Quindi tutti dovevano osservarli e quindi fondamentale era l'obbedienza alle autorità
religiose.
Non era concessa nessuna libertà di coscienza.
Sempre nel vangelo si legge l'episodio del cieco nato, quando i farisei lo vogliono
costringere ad ammettere che per lui sarebbe stato meglio rimanere cieco piuttosto che
essere stato guarito da un peccatore. Ebbene lui risponde che di teologia non capisce
nulla ma sa che prima non vedeva e adesso, dopo l'incontro con Gesù, ci vede.
Questa libertà di coscienza affermata nei vangeli, è stata riconosciuta dalla Chiesa
soltanto con il Concilio Vaticano II.
Soltanto due secoli fa, nel 1832, papa Gregorio XVI, scrisse un'enciclica, la Mirari Vos,
contro la libertà di coscienza definendola "pestilentissimo errore", un vero e proprio
delirio dell'uomo.
Ma la Chiesa poi nel XX secolo, cambia e con il Concilio la coscienza verrà considerata
ispirazione dello Spirito e l'uomo stesso godrà della libertà religiosa.
L’etica di Gesù tiene dunque conto delle conseguenze di determinati
comportamenti.
Certo, ha tenuto conto anche delle norme, ma a partire da una condizione previa
che è basilare: purchè tali norme che si considerano “sacre”, divine o rivelate non
comportino come conseguenza del loro adempimento più sofferenze, più disgrazie
e più disastri all’umanità.
L’etica di Cristo è un’etica per la felicità, per far sì che ci sentiamo più felici di
essere nati e per rendere più felici coloro che ci circondano nella vita.
Con il Vangelo ha avuto inizio il processo di rinnovamento della morale. Il rinnovamento
che consiste nel fatto che prima degli obblighi “religiosi” vi sono gli obblighi “etici”. Se per
obbligo etico intendiamo la piena realizzazione dell’umano, il veramente umano che è in
noi.
Nel vangelo di Matteo si legge: "Vedendo le folle,Gesù salì sul monte...si mise a parlare e
insegnava dicendo...". E' in questo modo che il Maestro espone il suo programma, le
Beatitudini.
Nel racconto si intravedono similitudini e differenze con l'A.T.:
ANTICO TESTAMENTO
NUOVO TESTAMENTO
Monte Sinai
Monte delle Beatitudini
Mosè
Gesù
Promulgazione di comandamenti
Annuncio beatitudini
Etica del dovere
Etica della felicità
L'uomo è di fronte alle sue stesse forze : e gli L'uomo è di fronte a Dio che gli chiede di
viene chiesto che le utilizzi al massimo
trasformare il dono nel fondamento della sua
stessa vita.
Proibizioni - limiti
proposte
negazioni
Affermazioni di ciò che può dare la vita e di ciò
che può rende felice l'uomo
Gli uomini non sanno da dove proviene il bene , ma sanno di poterlo compierlo.
Non sapendo dare altra spiegazione hanno pensato che una parte del loro essere,
l'anima, provenga da un mondo divino.
Gli stessi miti che raccontano l'origine dell'uomo individuano nell'uomo stesso,due nature,
la divina e la terrestre.
Dunque la figliolanza divina è espresso dal desiderio di bene puro
che va oltre il
desiderio di benessere e di felicità.
Ma allora perchè dire la verità se si può trarre vantaggio dalla menzogna?
Che ci guadagno ad essere buono?
L'unica motivazione è di tipo interiore e concerne il nostro intimo, vale a dire che il
bene è meglio del male perchè noi siamo fatti per il bene.
Dunque è alla nostra coscienza che dobbiamo fare riferimento , come affermano:
 Concilio Vaticano II:" ...la coscienza è il sacrario dell'uomo , il nucleo più segreto
dove egli si trova solo con Dio..."
 Gaudium et Spes 16 "....nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che
non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce che lo chiama
ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona
nell'intimità del cuore: fa questo, evita quest'altro. L'uomo ha in realtà una legge
scritta da Dio nel cuore: obbedire è la dignità stessa dell'uomo e secondo questa
egli sarà giudicato..."
 Joseph Ratzinger: " Al di sopra del papa, sta ancora la coscienza individuale,alla
quale bisogna obbedire..."
 Catechismo attualmente in vigore: " L'essere umano deve sempre obbedire al
giudizio certo della propria coscienza." ( art.1800)
Dunque il processo della decisione , secondo la tradizione cattolica, è eminentemente
personale, anche se la coscienza non è fine a se stessa.
Nella libertà della sua coscienza, l 'uomo infatti,deve inserirsi in una dimensione più
grande di sè e legarsi a qualcosa di più importante di sè.
Ed ecco dunque comparire la cosiddetta regola d'oro presente presso le grandi tradizioni
spirituali dell'umanità ed esemplificata per lo più dalla formula:
" Non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te".
La presenza di questa regola d'oro è consolante ....addirittura nel vangelo Gesù la
trasformò in positivo: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi
fatelo a loro": (Mt 7,12).
Tutto ciò avviene in totale autonomia della coscienza, nel senso che non esiste una
dittatura divina secondo cui " non si muove foglia che Dio non voglia"....
Pertanto Dio NON punisce l'uomo mandando catastrofi, malattie, in quanto il Padre
Celeste di cui parla Gesù è un Dio di Amore.
Pertanto emerge la logica del retto giudizio morale che si costruisce tenendo conto di due
pilastri:
 i principi morali
 la situazione concreta
La morale consiste dunque nel saper coniugare l'altezza dei principi con le strade
concretamente percorribili.
Quanto più il moralista affronta situazioni concrete, tanto più deve ricorrere alla sapienza
dell'esperienza, che integra i contributi delle altre scienze e cresce a contatto con il mondo
sempre in movimento.
RIASSUMENDO
 La coscienza morale, presente nell'intimo dell'uomo,è un giudizio della ragione, che,
al momento opportuno,ingiunge all'uomo stesso, di compiere il bene ed evitare il
male.
 La coscienza morale si forma con l'educazione, ascoltando ed assimilando la
Parola di Dio e l'insegnamento della Chiesa.
 Seguire la regola d'oro.
 Uso della carità che passa attraverso il rispetto del prossimo e della sua coscienza
anche se questo non significa accettare come un bene ciò che è oggettivamente un
male.
 Non è imputabile alla persona il male compiuto per ignoranza involontaria.