ALLEGATO 1 – LA PRODUZIONE AGRICOLA Il terreno agrario La pianta trae nutrimento e sostegno dal terreno nel quale affonda le radici. Si chiama “terreno agrario” quello lavorato dall’uomo per la coltivazione dei vegetali. In esso possiamo distinguere una parte superficiale, il “suolo”, e una parte più profonda, il “sottosuolo”, che a sua volta appoggia sulla roccia madre. Il suolo è la parte che interessa la produzione agricola; arriva in genere a 40-50 cm di profondità ed è formato da due strati: uno “strato attivo” superficiale, più soffice e ricco di nutrimento, e uno “strato inerte” più compatto. Il contadino che ara i campi e vanga il terreno agisce sullo strato attivo superficiale. La composizione del terreno agrario varia da zona a zona. I costituenti fondamentali sono ghiaia, sabbia, argilla, calcare, sostanze organiche (il cosiddetto “humus”, una sostanza scura proveniente dalla decomposizione dei resti vegetali e animali), aria, acqua. Nel terreno sono presenti anche organismi viventi: batteri, vermi, insetti. Il terreno agrario ideale contiene in genere una miscela di tutti i componenti: la presenza di humus e calcare (ricco di calcio), garantisce il nutrimento necessario, mentre la percentuale di sabbia, argilla e ghiaia, deve essere tale da conferire al terreno una buona aerazione e la capacità di assorbire facilmente l’acqua trattenendone un po’ per i periodi di siccità. Un terreno troppo ricco di sabbia fa filtrare l’acqua in profondità molto velocemente, lasciando troppo asciutto lo strato superficiale; viceversa un terreno che contiene argilla in quantità eccessiva risulta troppo impermeabile, favorisce il ristagno di acqua e non consente una buona circolazione dell’aria, necessaria per la salute delle radici. le tecniche agricole L’uomo interviene sul terreno e sulle colture, in modo da creare le migliori condizioni di crescita. La lavorazione del terreno serve a renderlo meno compatto, in modo che le radici vi possano penetrare più facilmente, e a garantire una giusta presenza di sostanze nutritive, di aria e di acqua. Gli interventi sulle colture mirano invece alla difesa delle piante (dai parassiti, dal freddo, dalla grandine ecc.....) e a metterle in condizioni di dare la maggiore resa possibile. Gli interventi sul terreno Messa a coltura Il terreno incolto che si vuole destinare all’agricoltura deve essere opportunamente bonificato. Prima di tutto lo si libera dalle pietre, dai cespugli e dagli alberi; quindi viene dissodato, smuovendolo fino alla profondità di 50-70 cm mediante un aratro dissodatore (per la coltivazione di alberi da frutto, si esegue lo “scasso”, una specie di dissodatura più profonda). A seconda della pendenza e della coltivazione che si vuole impiantare, è anche necessario sistemare il terreno per favorire il buon assorbimento dell’acqua (per esempio realizzando fossi ai margini del campo e tracciando canali di scolo sui terreni in pianura, oppure sistemando a terrazze i terreni più ripidi). Preparazione del terreno alla semina Il terreno messo a coltura, deve essere preparato alla semina mediante l’aratura, che serve a smuovere e rovesciare la terra fino a una profondità di 30-50 cm, seguita dalla fresatura e l’erpicatura realizzate con appositi attrezzi (frese ed erpici) che servono a sminuzzare le zolle. Semina, trapianto, piantamento Sul terreno così preparato, si impianta finalmente la coltura. Per alcune piante, come il frumento, i piselli, l’orzo, i fagioli, si pratica la semina che può avvenire “a spaglio”, spargendo i semi sul terreno, “a righe”, disponendo i semi in file ordinate, uno dietro l’altro, oppure interrando uno per uno i semi in buchi appositamente praticati (in questo caso si parla di semina “di precisione”). La semina può essere praticata sia manualmente che meccanicamente, e la scelta della tecnica più adatta dipende dal tipo di coltivazione, dal terreno e dalle condizioni ambientali. La coltura di altre piante (in particolare di alcuni fiori e ortaggi), può invece iniziare con il trapianto: vengono interrati non i semi, ma le piantine già sviluppate, provenienti da serre o semenzai. Per altri ortaggi ancora, come l’aglio e le patate, si ricorre infine al piantamento, che consiste nel sotterrare tuberi, bulbi o rizomi. Interventi successivi alla semina Una volta impiantata, la coltura va seguita nel tempo sino alla raccolta. Gli interventi più importanti che si attuano sono la “rullatura” del terreno, che consiste nel comprimerlo leggermente dopo la semina; la “sarchiatura”, praticata periodicamente per eliminare le piante infestanti; la “zappettatura” che serve ad arieggiare il terreno e a migliorare l’assorbimento dell’acqua; la “rincalzatura”, che si attua avvicinando la terra alla base delle piante così da proteggerle dal freddo e facilitare l’irrigazione. L’irrigazione dei campi L’irrigazione dei campi è una pratica molto antica e serve a garantire un apporto costante e sufficiente di acqua al terreno. Si può attuare in diversi modi: per scorrimento, quando il campo è in pendenza ed è possibile far scorrere un velo d’acqua sul terreno mediante un sistema di canali e chiuse; per sommersione, allagando l’intero campo per un certo periodo di tempo (è la tecnica usata nelle risaie); per infiltrazione, attuata sui terreni piani dove si predispongo dei solchi nei quali si immette l’acqua, che viene poi omogeneamente assorbita dal terreno; per aspersione, facendo cadere l’acqua a pioggia sul terreno mediante spruzzatori fissi o mobili; sotterranea, facendo affluire l’acqua nei campi in tubi sottoterra. La concimazione La concimazione del terreno serve per fornire alle piante gli elementi nutritivi dei quali hanno bisogno. I terreni agricoli infatti vengono progressivamente impoveriti dalle colture ed è necessario reintegrare alcuni componenti, in particolare azoto, fosforo e potassio, indispensabili per la crescita vegetale. I concimi (o fertilizzanti), possono essere organici, provenienti da residui animali o vegetali, oppure inorganici, composti chimici fabbricati industrialmente. I concimi organici o “naturali”, garantiscono un buon nutrimento del terreno contenendo in miscela complessa le diverse sostanze nutritive. Il letame, o stallatico, è il concime naturale più importante; viene ottenuto lasciando maturare per alcuni mesi nelle concimaie, le deiezioni degli animali allevati in stalla mescolate alla paglia della lettiera. Il compost è un altro tipo di concime organico che può essere prodotto anche in piccola quantità, attraverso la trasformazione di scarti e residui delle coltivazioni (foglie, erba tagliata, sterpi, radici, bucce, residui di cibo), operata da microroganismi. Questi materiali vengono miscelati e accumulati in appositi cassoni di compostaggio. Un altro modo di concimazione naturale è il sovescio, un’antica pratica agricola utilizzata per arricchire il terreno di azoto. Si attua coltivando e interrando mediante aratura delle leguminose (piante molto ricche di azoto), in modo che esse, marcendo sottoterra, cedano questo elemento al terreno. I concimi inorganici (chiamati anche concimi chimici), contengono in forma concentrata i diversi elementi fertilizzanti. Possono essere “semplici” quando contengono un solo elemento (concimi azotati, potassici e fosfatici), oppure “complessi” se ne contengono due o tre in miscela. I concimi inorganici sono oggi i più utilizzati, ma il loro impiego eccessivo è fonte di notevoli problemi di inquinamento ambientale. L’avvicendamento È una tecnica usata per mantenere fertile nel tempo il terreno agrario, e consiste nell’alternare su un medesimo campo la coltivazione di piante con esigenze nutritive diverse. Continuando a coltivare un terreno sempre con lo stesso tipo di pianta, esso si impoverisce sempre più delle sostanze di cui la pianta si nutre. Se, per esempio, si continua per anni a coltivare grano sullo stesso terreno, questo si impoverirà progressivamente di azoto (il grano ne consuma molto) fino a esaurirsi. Il trifoglio, che ha esigenze nutritive diverse, rilascia invece azoto nel terreno arricchendolo di questo minerale. Ecco dunque che avvicendando la coltivazione di grano con quella di trifoglio, si può riequilibrare la composizione del terreno. Interventi sulle piante la difesa delle colture Le colture agricole possono essere danneggiate dall’azione nociva dei parassiti. Sono parassiti le erbe infestanti, che sottraggono nutrimento alle piante coltivate, gli insetti del terreno che si alimentano dei semi e danneggiano le radici, altre forme di insetti che si nutrono dei frutti o delle foglie, le lumache, i topi, i vermi e ancora molti tipi di funghi, muffe, acari. Le erbe infestanti possono essere estirpate con mezzi meccanici, ma per difendere le colture si ricorre soprattutto all’impiego di sostanze chimiche con funzioni diverse: pesticidi, diserbanti, fungicidi, insetticidi e via dicendo. Questi prodotti si chiamano genericamente “fitofarmaci” (farmaci delle piante), oppure “antiparassitari”. Sono senza dubbio efficaci, ma si deve tener conto della loro pericolosità per l’uomo; non solo durante l’uso, ma anche al momento del consumo dei prodotti agricoli, perché le sostanze chimiche contenute negli antiparassitari possono residuare sulle colture e ritrovarsi poi negli alimenti (la legge prevede che debba trascorrere un certo periodo di tempo fra l'ultima somministrazione di fitofarmaci e la commercializzazione dei prodotti agricoli). Inoltre è grave il problema della presenza di fitofarmaci nell’ambiente, con danni rilevanti per la salute del terreno, delle acque e dell’aria. Per questi motivi, la ricerca scientifica rivolge sempre maggior attenzione ai metodi biologici di lotta antiparassitaria, alternativi a quelli chimici. Il miglioramento della produzione Alcuni interventi vengono attuati direttamente sulle piante per stimolarne la crescita e migliorarne la produttività. Tra i più importanti sono la potatura e l’innesto. La potatura si pratica nelle colture di alberi da frutta e di piante ornamentali, tagliando i rami in modo da eliminare quelli improduttivi e dare una forma più armoniosa e razionale, che faciliti la raccolta dei frutti. L’innesto si esegue in particolare sugli alberi da frutta per ottenere frutti migliori e piante più resistenti. Si esegue praticando un incisione nel fusto principale di una pianta sana e robusta, ma incapace di dare una buona produzione, e inserendo nell’incisione praticata un rametto di un’altra pianta in grado di dare frutti migliori, ma meno resistente. In questo modo si uniscono nella nuova pianta le caratteristiche di resistenza della prima e di produttività della seconda. La protezione delle colture Nelle zone dove le condizioni climatiche ostacolano la coltivazione, si ricorre alla protezione delle colture. Barriere frangivento e reti antigrandine possono proteggere interi campi, ma il metodo più comune di protezione consiste nell’uso delle serre: strutture, fisse o mobili, somiglianti a capannoni con le pareti di vetro o di plastica. Esse proteggono dalle precipitazioni eccessive o indesiderate e consentono di realizzare al loro interno le condizioni di temperatura e umidità ideali per la crescita. Anche senza ricorrere a impianti di riscaldamento interno (che tuttavia vengono utilizzati in alcune zone) la temperatura all’interno delle serre si mantiene più alta che all’esterno, in virtù del cosiddetto effetto serra: le pareti trasparenti consentono la penetrazione dei raggi solari che riscaldano l’aria e il terreno, e trattengono il calore riflesso dal terreno e dai vegetali. In serra si coltivano ortaggi, fiori, frutta, anche in quantità notevole, tanto che alcuni paesi (per esempio l’Olanda) fondano la gran parte della loro agricoltura sulle coltivazioni in serra. Un sistema semplice di protezione, utilizzato per alcune piante erbacee, è la pacciamatura, che consiste nel distendere direttamente sul terreno una pellicola di plastica scura (forata in corrispondenza dei punti di crescita delle piantine). Con questa tecnica si realizza un’efficace protezione dal freddo e si riduce la crescita delle erbe infestanti.