Stato dell`arte del progetto strategico “scopazzi del melo”

Stato dell’arte del progetto strategico
“scopazzi del melo”
Silvia Schmidt, Valerie Vanas, Wolfgang Schweigkofler (Sezione Difesa delle piante),
Sabine Öttl, Jennifer Berger, Christian Cainelli, Sanja Baric (Sezione Biologia
molecolare), Centro di Sperimentazione Agraria di Laimburg
Nonostante la patologìa definita “scopazzi del melo” sia stata descritta sin dagli anni ‘50, molti sono comunque i quesiti rimasti senza risposta a tale proposito. L’attività di ricerca condotta sino ad ora
si è concentrata sulla descrizione dell’andamento della patologìa in
base alla sintomatologìa, sulla raccolta dei dati relativi alle percentuali di infezione e sull’identificazione di possibili agenti di trasmissione del fitoplasma.
G
li specifici processi fisiologici e biochimici che avvengono all’interno
della pianta durante l’infezione non
sono stati studiati dettagliatamente
finora. Per questo motivo, il punto focale del progetto “scopazzi del melo”
curato dal Centro di Sperimentazione
Agraria di Laimburg, è l’identificazione
di tali processi nel melo. I risultati ottenuti intendono rappresentare la base
per lo sviluppo di moderne ed efficaci
strategìe di difesa di tale malattia.
L’articolazione del progetto in due settori, che ricadono sotto la responsabilità, rispettivamente, della Sezione Difesa delle piante e della Sezione Biologia
molecolare, intende consentire l’analisi
approfondita dell’andamento della patologìa da due punti diversi di vista: da
un lato si determina la variazione dei
parametri fisiologici all’interno della
pianta durante un’infezione, dall’altro
si pratica un’indagine indiretta sulle vie
metaboliche attraverso l’espressione
genetica differenziale e delle proteine.
Sezione Difesa piante
Manifestazione sintomatica e fisiologia
L’attacco a piante di melo da parte di fitoplasmi AP provoca una marcata ridu172
zione del livello qualitativo delle mele
sintomatiche. Nel corso di una prova
sperimentale condotta nell’autunno del
2007 sono state raccolte ed analizzate
tutte le mele prodotte da cinque piante
sane e da cinque colpite da scopazzi
(Granny Smith su M9), coltivate in un
frutteto in produzione presso il Centro
di Sperimentazione Agraria di Laimburg. Mentre dalle piante sane sono
state raccolte 847 mele, da quelle colpite ne sono state ottenute 969, con
dimensioni, in media, nettamente inferiori (grafico 1a). Anche altri parametri
determinanti per la qualità (contenuto
in zucchero, in acidità e succosità) sono
risultati significativamente modificati
nei meli infettati da scopazzi (grafici 1b,
c, d). Un ridotto immagazzinamento di
zuccheri nei frutti si manifesta anche
in caso di infezioni da altri fitoplasmi,
ad esempio negli acini di viti colpite da
legno nero (vedi frutta e vite 03/2008,
pagg. 110-112).
Per analizzare le cause di queste modifiche e anche degli altri sintomi in
condizioni sperimentali controllate, si
sono rese necessarie numerose attività preliminari. Presso il Centro di
Sperimentazione Agraria di Laimburg
è stato allestito un tunnel rivestito di
rete anti-insetti, che potesse contenere
per diversi anni le oltre 1.000 piante
in vaso (da 3,5 l) utilizzate per le prove. Per consentire l’effettuazione delle
analisi dei parametri fisiologici sono
state acquistate, per la sezione Difesa
delle piante, numerose apparecchiature di laboratorio. È stato poi necessario
individuare e migliorare diverse metodologie per effettuare la misurazione
dei parametri fisiologici scelti: ad esempio la preparazione standardizzata dei
campioni e la quantificazione di alcuni
carboidrati ed enzimi (ad es. perossidasi), che partecipano ai meccanismi di
difesa attivati dalla pianta in seguito ad
un attacco di patogeni.
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Prove di infezione
Come primo passo per realizzare le
ricerche era necessario predisporre
un numero elevato di piante di melo
infettate con AP e sane confrontabili
fra loro. A questo proposito si è scelto
di lavorare con piante in vaso, Golden
Delicious su portinnesto M9, utilizzando quale metodo di infezione l’innesto
con materiale di propagazione malato.
Il materiale vivaistico è stato ottenuto
lare. A fine inverno sono state innestate
mediante la tecnica di innesto a doppio
spacco inglese 600 piante con marze
infette e 400 con marze sane, ciascuna
delle quali presentava 3 - 4 gemme.
Nel secondo caso il materiale vegetale
è stato tagliato a fine agosto 2008 e
immediatamente utilizzato per l’innesto a scudetto. Per migliorare l’efficienza di trasmissione sono stati innestati 3
scudetti per pianta
Le percentuali di infezione, valutate in
Le piante in vaso sono coltivate in un tunnel rivestito di reti anti-insetti.
da un frutteto fortemente colpito, situato nella Bassa Atesina. Sono stati sperimentati due diversi metodi d’innesto
per le prove di infezione: nell’inverno
2007/2008 l’innesto a tavolo mediante marze e nell’estate 2008 l’innesto a
scudetto.
Nel primo caso marze sintomatiche
(scopazzate) e sane (piante testimone), sono state tagliate nel tardo autunno e conservate a 4 °C in una cella
frigorifera. La presenza e l’assenza di
fitoplasmi nel materiale di partenza
sono state verificate mediante analisi
PCR dalla Sezione di Biologia moleco-
base al numero di piante sintomatiche,
sono risultate differenti in misura significativa: per quanto riguarda l’innesto
a marza, il 35% delle piante infettate
presentava, in giugno, i sintomi degli scopazzi (la percentuale è salita al
70% nell’autunno 2008), mentre solo
il 14% delle piante innestate a scudetto
è risultato sintomatico in giugno 2009
(la valutazione conclusiva avrà luogo
nell’autunno 2009).
Tali differenze potrebbero essere spiegate con il maggior numero di fitoplasmi trasmessi attraverso l’innesto a
marza rispetto a quello a scudetto. Non
tutte le trasmissioni conducono ad una
manifestazione sintomatica: analisi biomolecolari condotte hanno confermato
che un numero considerevole di piante
in vaso non sintomatiche conteneva fitoplasmi. In tal caso si può parlare di
infezione latente.
Colonizzazione di piante
in vaso da parte di
fitoplasmi AP
Fondamentali per la comprensione della malattia degli scopazzi sono i quesiti
che riguardano il comportamento del
fitoplasma AP dopo la sua trasmissione
attraverso la marza, la sua diffusione
nella pianta e la quantità che di esso
si trova in determinati momenti nei diversi tessuti della pianta. Le prime ricerche condotte in collaborazione con
la sezione di Biologia molecolare confermano che dopo una trasmissione
con una marza sintomatica trascorrono
ancora alcune settimane prima che
sia possibile verificare la presenza del
fitoplasma sotto il punto di innesto. Ciò
potrebbe dipendere dal fatto che i vasi
floematici delle parti innestate devono
dapprima concrescere, dal momento
che è noto che i fitoplasmi colonizzano
soltanto il floema.
In una seconda fase la loro presenza è
verificabile a livello dell’apparato radicale delle piante in vaso ed infine – dopo
qualche altra settimana – nel nuovo
getto formatosi. L’apparato radicale
funziona anche da riserva di fitoplasmi
in inverno, dato che i vasi floematici
sotterranei, a differenza dei vasi aerei,
non subiscono processi degenerativi in
inverno ed i fitoplasmi rimangono vitali
esclusivamente nel tessuto vivo.
Manifestazione
sintomatica
Le infezioni da fitoplasma AP mostrano un evidente effetto sulle radici delle
piante in vaso di 1 - 3 anni di età: a
differenza di quelle delle piante sane,
le radici principali e le avventizie delle piante infette hanno uno sviluppo
molto limitato. Le prime ricerche fisio173
Grafico 1: confronto tra mele Granny Smith sane (K) e colpite da
fitoplasma AP (frutteto in produzione). a: peso medio dei frutti alla
raccolta; b: sostanza secca solubile (zuccheri); c: valore medio di acidità;
d: valore medio di succosità.
peso [g]
valore pH
c
µg amido/mg peso fresco
logiche confermano anche che l’amido,
principale sostanza di riserva, è presente solo in concentrazione ridotta. Il
grafico 2 mostra il contenuto in amido
nelle radici di piante sane (a sinistra)
ed infette (a destra) verso la fine del
riposo invernale (marzo). Ancora più
marcate sono le differenze durante il
mese di aprile, quando le sostanze di
riserva sono utilizzate nel tessuto di
nuova formazione e nelle radici di piante infette dai fitoplasmi esse non sono
più rilevabili.
Pure l’assorbimento idrico e di nutrienti
dovrebbe mostrare delle differenze rispetto alle piante sane. Da tale situazione deriva una situazione di generale
174
b
contenuto in succo [%]
peso [g]
a
d
indebolimento delle piante infette. Di
maggior interesse appare pertanto il
fatto che queste ultime mostrino una
ripresa vegetativa primaverile anticipata. Molte di queste reazioni fisiologiche
sono innescate da diversi fitormoni
presenti nei tessuti vegetali a concentrazioni differenti. In collaborazione con
l’Università di Innsbruck si sta lavorando
per determinarne la quantità e rilevare
eventuali differenze rispetto alle piante
sane. La metodologia è stata elaborata
nel corso degli ultimi mesi.
È noto che la fitoplasmosi si manifesta
fra l’altro, con la presenza di stipole
ingrossate. Anche altri settori della foglia risultano interessati: la forma e le
Grafico 2: contenuto
medio di amido nelle
radici di piante in vaso
sane e infettate da
fitoplasma AP.
dimensioni della lamina fogliare mostrano leggere differenze, mentre lo
spessore della foglia è notevolmente ridotto. La foglia sintomatica è caratterizzata quindi da un volume ed un peso
ridotti, il che spiegherebbe la riduzione
dell’efficienza di assimilazione. Le prime misurazioni quantitative di diversi
zuccheri (glucosio, fruttosio, saccarosio) indicano alcune differenze, che
comunque devono essere esaminate
separatamente a seconda che si tratti di foglie “sink” di nuova formazione
(che necessitano di sostanze nutritive)
o di foglie “source”, meno giovani e pienamente attive per quanto riguarda la
fotosintesi.
Nella pianta gli zuccheri si trovano in
forme diverse: nelle foglie verdi la fotosintesi consente la formazione di glucosio, che in parte viene trasformato
in fruttosio, un importante tramite per
numerosi processi biologici. Il trasporto
degli zuccheri dalle foglie agli altri organi vegetali avviene sotto forma di saccarosio (costituito da una molecola di
glucosio ed una di fruttosio). L’accumulo energetico prolungato (ad esempio
nelle radici e nei tuberi) procede sotto
forma di amido (un polisaccaride complesso, costituito da unità successive di
glucosio). Per il calcolo della quantità
di zucchero presente si aggiunge al
campione (una soluzione contenente
gli zuccheri estratti dal materiale vegetale da esaminare) una miscela di un
enzima con un substrato. Nel caso in
cui lo zucchero ricercato sia presente,
l’enzima reagisce con lo zucchero medesimo e con il substrato. La colorazione di quest’ultimo muta e può essere
rilevata con lo spettrofotometro.
Le piante infettate dal fitoplasma AP
mostrano spesso una lignificazione
scadente ed irregolare e risultano di
conseguenza particolarmente sensibili
agli stress termici (freddo). Ciò potrebbe essere collegato ad una differente
attività degli enzimi “perossidasi” nelle
piante malate rispetto alle piante sane.
Questi enzimi partecipano infatti fra
l’altro ai processi di sintesi della lignina,
una componente che riveste un impor-
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Trasmissione della fitoplasmosi attraverso innesto a tavolo mediante marze (tecnica doppio spacco inglese) a sinistra
e innesto a scudetto a destra.
tante ruolo per la stabilità meccanica
del legno. Ci sono indicazioni secondo
le quali i fitoplasmi causano modifiche
nell’ attività delle “perossidasi”. Attualmente sono in corso indagini per rilevare l’attività degli enzimi “perossidasi” in
piante infette e sane, per poter meglio
comprenderne le interazioni.
Il fenomeno “recovery”
Le fitoplasmosi si caratterizzano
spesso attraverso manifestazioni
sintomatiche differenti in annate
successive: una pianta fortemente sintomatica può apparire,
l’anno successivo, assolutamente sana e l’anno seguente mostrare nuovamente una leggera
o una grave sintomatologia. Le
cause del cosiddetto fenomeno
di “recovery” non sono ancora
note. Concentrazioni variabili di
fitoplasmi o reazioni di difesa
della pianta potrebbero giocare
un ruolo in questo fenomeno.
Nel corso delle prove da noi
effettuate, 93 piante in vaso
(42%), che nell’autunno dello
scorso anno mostravano chiare
manifestazioni di scopazzi, fino
ad oggi non hanno manifestato
ancora alcun sintomo (entro il
prossimo autunno ci si aspetta
comunque un aumento del numero di
piante sintomatiche).
Gli Autori eseguono ricerche di tipo
fisiologico su queste piante con la finalità di identificare i parametri collegati al fenomeno di “recovery”. Inoltre
si occupano di testare gli effetti di diverse molecole bioattive sulla manifestazione sintomatica e sui parametri
fisiologici delle piante in vaso. Queste
sostanze agiscono per via sistemica e
dovrebbero fra l’altro essere in grado di
attivare i sistemi di difesa delle piante
nei confronti di agenti patogeni. Nel
primo anno di prova gli Autori hanno rilevato che alcuni di questi prodotti causano, durante il periodo di trattamento,
un certo ritardo della manifestazione
sintomatica e la momentanea soppressione dei sintomi. Questi ultimi fanno
comunque la loro comparsa, una volta
terminato il trattamento. Le sostanze
bioattive potrebbero svolgere,
eventualmente, un determinato
effetto batteriostatico, seppur
non battericida. Interessanti appaiono anche i primi risultati delle ricerche effettuate per determinare l’efficacia del fitormone
IAA (acido indolacetico), applicato sulle foglie con due diversi
dosaggi. Urge però condurre ulteriori studi allo scopo di meglio
comprendere questi interessanti
fenomeni.
Sezione Biologia
molecolare
Studio dell’interazione
fitoplasma-melo
Debole formazione dell’apparato radicale su piante in
vaso infettate da fitoplasma AP (sinistra), testimone
(destra).
I meccanismi di difesa delle
piante sono complessi ed uno
studio delle vie metaboliche
175
coinvolte è difficoltoso. Per approfondire le naturali reazioni di difesa della
pianta contro un organismo patogeno si
utilizza, nel Laboratorio di Biologia molecolare, la tecnica “cDNA-microarray”.
Questa tecnica relativamente recente
consente di analizzare contemporaneamente i numerosi geni del melo che
vengono attivati dopo l’infezione con il
fitoplasma e quindi di identificare tutti
i geni che potrebbero avere un ruolo
nell’andamento della patologìa e dunque nelle manifestazioni sintomatiche.
In tal modo è possibile tirare conclusioni indirette sui processi metabolici coinvolti nella comparsa dei sintomi. Con
questa tecnica vengono esaminate,
accanto a piante sintomatiche, anche
piante con infezione latente e piante
apparentemente guarite “recovery”.
Principio dell’analisi
cDNA-microarray
I cDNA-microarrays sono sistemi di
analisi miniaturizzati già largamente in
uso nella ricerca medica. Il metodo
prevede la deposizione su un vetrino
di diverse centinaia o migliaia di differenti frammenti di DNA, le cosiddette
“sonde”, secondo uno schema definito
punto per punto (grafico 3). Ciascuna
di queste sonde riconosce un prodotto
genico ben determinato in una miscela
complessa di campioni.
Per l’impiego dei cDNA-microarrays
nell’analisi dell’espressione genetica
differenziale è necessario dapprima
isolare i prodotti genici da piante sane
ed infette. Questi prodotti vengono
successivamente marcati con diversi coloranti fluorescenti (ad es. rosso
per i frammenti genetici infetti, verde
per i sani) e ricombinati. L’insieme dei
frammenti genetici viene depositato su
un microarray, in modo da legare ogni
prodotto genico alla sua corrispondente sonda in una determinata posizione.
Mediante uno strumento per l’analisi di
fluorescenza si procede ad identificare
lo schema dei campioni marcati con i
coloranti in modo da verificare l’attività
dei geni nelle piante sane ed in quelle
infette (vedi grafico 3, punto n).
176
Grafico 3: rappresentazione schematica dei passaggi per lo sviluppo del
cDNA-microarray.
piante infette
piante sane
~
~~~
~~~

RNA
~
~~~
~~~
RNA
Librerie sottrattive di cDNA 
~~~
~~
Arricchimento di geni che sono attivi specificamente
nelle piante infette con il fitoplasma AP. Analisi di sequenziamento 
Confronto con banche-dati per l‘identificazione dei geni. 
Produzione del cDNA-microarray
(un singolo punto corrisponde a una sonda) 
Analisi dell‘espressione genica 
Sviluppo di un cDNAmicroarray “su misura”
Per l’analisi degli scopazzi del melo non
esisteva finora alcun cDNA-microarray
ed è stato quindi necessario svilupparne uno nel Laboratorio di Biologia molecolare (grafico 3). A tale scopo si è
proceduto all’estrazione dell’RNA totale
sia da piante sane che infette della varietà Golden Delicious su portinnesto
M9 y.
Il campionamento è stato eseguito
in tre differenti momenti del periodo
vegetativo (ripresa vegetativa, arresto
vegetativo e post-raccolta) e sono stati
raccolti radici, foglie e getti di tutte le
piante. Così è stato possibile rilevare
dei geni che sono attivi nei differenti
organi nei momenti diversi. Mediante
librerie sottrattive di cDNA sono stati
arricchiti quei geni che sono attivi nelle
piante infette, ma non in quelle sane
x. Nel complesso sono stati identificati
quasi 1.400 geni differenti. L’esatta sequenza delle basi di questi frammenti
genetici è stata determinata attraverso
l’analisi del sequenziamento del DNA
c. In seguito si è verificata la similarità
di tali sequenze con sequenze già presenti in banche-dati internazionali v. In
questo modo è stato identificato ine-
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quivocabilmente il 41% dei frammenti
genetici. Per il 23% è stata effettuata sì
una correlazione con sequenze di DNA
già pubblicate, ma la funzione di questi
geni non è ancora nota. Quasi un terzo delle sequenze di basi ottenute è
rimasto, fino ad ora, senza correlazione
con dati noti. Tutti i frammenti identificati di DNA sono poi stati trasferiti su
un microarray b e sono attualmente
disponibili per le analisi n.
Esecuzione programmata
delle analisi con cDNAmicroarray
Con l’ausilio del cDNA-microarray approntato per l’occasione si procede,
durante l’anno in corso, alla ricerca di
differenze nell’espressione genetica di
diversi campioni: piante di melo della
varietà Golden Delicious su portinnesto
M9, sono state infettate artificialmente
mediante innesto con il fitoplasma AP
e mantenute in condizioni controllate
(tunnel) insieme con delle piante sane.
Su queste piante si eseguono parallelamente le analisi dell’espressione genica
differenziale, dell’espressione delle proteine, la quantificazione del fitoplasma
AP, oltre che l’analisi dei parametri fisiologici (vedi contributo della Sezione
Difesa delle piante).
Come già per l’approntamento del
cDNA-microarray si analizzano diversi
organi vegetali delle piante in differenti
momenti del periodo vegetativo. Oltre a queste piante si procede anche
all’analisi di piante coltivate in pieno
campo in un frutteto coltivato biologicamente.
Conclusioni
L’impiego di diversi metodi di ricerca
può contribuire a chiarire maggiormente i processi molecolari e i meccanismi di difesa del melo contro il
fitoplasma AP per raccogliere informazioni significative riguardo a questa patologìa economicamente importante.
Questi dati potrebbero rappresentare
la base per l’elaborazione di nuove
strategìe di difesa.
Ulteriori attività di ricerca della Sezione Biologia
molecolare relative agli “scopazzi del melo”
Sin dalla sua costituzione, nel 2002, nel Laboratorio di Biologia molecolare ci
si occupa degli “scopazzi del melo”. Per il rilievo specifico del fitoplasma AP è
stato dapprima sviluppato un procedimento real-time PCR che si caratterizza
per l’elevata sensibilità del rilievo e la precisione (Frutta e Vite 1/2005, pagg.
15-16). Questa metodologìa diagnostica funge da base per l’analisi di numerosi aspetti relativi agli scopazzi:
Studio su potenziali vettori per la presenza del fitoplasma AP
Più di 800 campioni di insetti, raccolti nel 2006 dai collaboratori del Centro di
Consulenza, sono stati analizzati per determinarne la percentuale di infezione
con il fitoplasma AP. Quattro diverse specie di psilla (Cacopsylla picta, C.
melanoneura, C. mali e Trioza urticae) sono state sottoposte all’analisi con il
metodo real-time PCR. È stato evidenziato che C. picta risulta la specie maggiormente infettata dal fitoplasma – questa specie è stata di conseguenza
considerata il principale vettore degli scopazzi in Alto Adige. Cacopsylla mali
e C. melanoneura hanno mostrato una percentuale più bassa di individui
infetti, mentre per quanto riguarda T. urticae non è stata rilevata la presenza
del fitoplasma in nessuno degli esemplari analizzati.
Monitoraggio delle percentuali di infezione e manifestazione sintomatica
In collaborazione con gli operatori del Centro di Consulenza, un giovane
impianto è stato tenuto sotto osservazione per quattro anni, allo scopo di
rilevare la comparsa di nuove infezioni, la presenza di infezioni latenti e le
manifestazioni sintomatiche. I risultati sono stati di estremo interesse per le
informazioni raccolte in merito alla trasmissione del patogeno e alla comparsa
dei sintomi e sono stati utilizzati come base per l’approntamento di strategìe
di difesa (vedi Frutta e Vite 03/2008, pagg. 84-87, Frutta e Vite 02/2009,
pagg. 82-84). È stato anche possibile verificare che in questo frutteto la diligente effettuazione delle pratiche di difesa consigliate (estirpazione delle
piante infette, difesa dai vettori) ha portato ad una netta riduzione delle nuove infezioni.
Trasmissione degli scopazzi attraverso anastomosi radicali
Finora era stato dimostrato che la trasmissione del fitoplasma avveniva soltanto tramite insetti vettori o materiale vivaistico infetto. In uno studio è stato
però anche dimostrato, attraverso l’utilizzo di metodologìe biomolecolari, che
nei frutteti di meno recente messa a dimora, coltivati su portinnesti vigorosi
(ad es. MM111), la presenza di anastomosi radicali può giocare un ruolo nella
trasmissione del patogeno (Baric et al., European Journal of Plant Pathology
2008 121, pagg. 207-211).
Arrossamento fogliare precoce come indicatore degli “scopazzi del
melo”
Il completo arrossamento delle foglie del melo in autunno può, in determinate circostanze, essere considerato un sintomo degli “scopazzi del melo”.
In tal modo è possibile, nella pratica agricola, identificare e contrassegnare
con semplicità le piante sospettate di essere infette. Risulta così possibile
osservarne eventuali ulteriori sintomi nel periodo vegetativo successivo. Un
arrossamento fogliare parziale, seppur precoce – come quello osservato
nell’autunno del 2007 – non rappresenta necessariamente un sintomo di
un’infezione da fitoplasma AP (vedi Frutta e Vite 02/2008, pagg. 58-59).
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