Flora
La quercia e il leccio
Caratteristiche e diffusione
Avversità e rimedi - Coleotteri
di Giuseppe Sollino
Le querce appartengono al genere Quercus, il più importante della famiglia delle Fagacee che annovera, tra
l’altro, anche il faggio e il castagno. Comparso nell’era
Mesozoica, circa 90 milioni di anni fa, quando ancora
dominavano i dinosauri, questo genere si è diffuso su
tutta la terra, tranne che in Australia.
Delle circa 600 specie di querce, solo 27 si trovano
in Europa, il resto in Asia e nel continente americano.
La loro distribuzione è per lo più localizzata nella fascia temperata dell’emisfero boreale, anche se alcune
specie si spingono fino ai tropici, nelle regioni montuose della Colombia e della Malesia.
Alcune querce prediligono climi caldi e secchi, con
inverno mite e piovoso ed estate torrida e asciutta, come
la “Quercus dumosa”, simile al leccio, che vive in California. Altre si sono adattate a regioni più fresche, caratterizzate da un’estate alquanto umida, ad esempio la
quercia rossa americana e la fàrnia, tipica delle pianure
e delle zone collinari europee. Le querce sono gregarie,
formano cioè società di più individui, spesso di grandi
estensioni, dalle macchie alla boscaglia, fino alle foreste. Allo stato spontaneo, la presenza di un bosco di
querce indica spesso il raggiungimento del “Climax”,
cioè lo sviluppo del tipo di vegetazione più evoluto e
complesso possibile in quell’area geografica.
Miti e tradizioni dell’antichità associano la quercia
all’idea di robustezza invincibile. Probabilmente la
maestosità del portamento e la straordinaria longevità hanno giocato un ruolo importante nel considerare
questa pianta quasi “eterna”. Greci e Romani consideravano sacra la quercia: Zeus, la massima divinità,
l’aveva come simbolo accanto al fulmine e all’aquila,
e proprio in un querceto si era unito ad Era.
L’oracolo di Dodona in Epiro, che rappresentava
Zeus, era una maestosa quercia che si esprimeva attraverso lo stormire delle fronde. Si racconta, tra l’altro,
che la prua dell’Argo, la leggendaria nave degli Argonauti, fosse fatta con un pezzo della quercia sacra di
Dodona intagliato dalla dea Atena.
D’altra parte il colle romano del Campidoglio, consacrato a Giove, in origine era ricoperto da un folto
querceto. Anche i boschi sacri dei Galli, in Francia,
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erano querceti. Qui i Druidi tenevano le loro riunioni
e il sesto giorno della Luna nuova andavano a raccogliere il vischio di quercia con il rituale falcetto d’oro.
Robin Hood, il leggendario eroe inglese che rubava ai
ricchi per dare ai poveri, viveva con la sua banda nella
foresta di Sherwood, un bel querceto che ancora oggi
ricopre gran parte della Contea di Nottingham, nell’Inghilterra centrale.
Il leccio (Quercus ilex L.)
Pianta mediterranea originaria dell’Europa Meridionale e del Nord Africa. In Italia è tipica delle regioni
centromeridionali dove forma macchie e associazioni
boschive fino a 1000 -1200 metri di quota.
Presente in diverse zone dell’isola, conferisce al paesaggio mediterraneo un’impronta inconfondibile. Nella zona di Fondo d’Oglio di Casamicciola e nell’area di
Zaro a Forio costituisce con esemplari spesso di notevoli dimensioni lecceti di notevole interesse biocenotico. Nelle aree a macchia insieme ad altre essenze mediterranee assume aspetto cespuglioso da uno a pochi
metri di altezza.
Le foglie sono persistenti, semplici, con lamina coriacea, di forma ellittico/lanceolata o ovoidale, con
margine intero o dentellato; il colore delle foglie è
verde scuro e lucido nella pagina superiore, grigiastro
in quella inferiore che è marcatamente tomentosa. In
alcuni esemplari cespugliosi si assiste ad una spinta
eterofillia con foglie basali molto dentate e spinose,
mentre quelle medio-apicali risultano a margine intero.
Le foglie, picciolate ed alterne, sono lunghe da 3 ad
8 centimetri. I giovani rametti sono grigiastri e pubescenti.
La pianta è monoica, con fiori maschili raggruppati
in infiorescenze ad amento, mentre i fiori femminili,
singoli o riuniti in piccoli gruppi lungo un peduncolo, sono posti lungo i rametti all’ascella delle foglie o
in posizione terminale. Le ghiande sono ovoidali con
apice affusolato (l - 2 cm.) e avvolte per metà da una
cupola con squame molto ravvicinate, leggermente tomentose.
Avversità
II leccio è una pianta abbastanza resistente alle avversità e ai danni da inquinamento, per cui può essere
utilizzato anche a scopo ornamentale e paesaggistico
nel verde urbano degli areali mediterranei. Può essere
impiegato per viali o per siepi data la sua adattabilità
alle potature.
Per quanto riguarda le avversità, si riscontra una malattia specifica provocata da un fungo che determina
macchie fogliari (Elsinoe quercus ilex).
Vi sono dei parassiti animali che attaccano specificamente il leccio e meno frequentemente le altre querce:
- la fillossera della quercia (Phylloxera quercus): si
tratta di un afide che provoca necrosi puntiformi alle
foglie;
- la processionaria della quercia (Thaumetopoea processionea): lepidottero defogliatore le cui larve hanno
peli fortemente urticanti;
- lepidotteri tortricidi come Tortrix viridiana le cui
larve si nutrono di germogli e foglie;
- lepidotteri limantridi defogliatori come la Limantria dispar;
- lepidotteri cossidi: il Rodilegno rosso (Cossus cossus) e quello giallo (Zeuzera pyrina) che scavano gallerie nei tronchi;
- coleotteri lucanidi: Lucanus cervus (Cervo volante)
le cui larve scavano gallerie nei tronchi.
Altri accidenti parassitari sono alcuni Funghi e Batteri, come la Carie provocata da vari Funghi xilovori
(Ganoderma, Fomesecc.) o i Marciumi radicali dovuti
ai Funghi Armillaria mellea e Rosellinia necatrix, o
ancora il Mal Bianco (Oidio) dovuto al fungo fogliare
Microsphera alphitoides e al Cancro fungino della corteccia (Endotia parasitica).
Tuttavia le maggiori preoccupazioni sono date (almeno in alcuni querceti dell’isola d’Ischia) da un Coleottero cerambicide, Cerambix cerdo, le cui larve scavano vistose gallerie negli organi legnosi delle querce,
compromettendo in maniera spesso irreversibile la sopravvivenza degli esemplari maggiormente colpiti.
Rimedi
Risanamento delle gallerie scavate mediante ripulitura e successiva disinfezione
Spennellature dei tagli di potatura. Ricostruzione
delle aree colpite con mastici e sostanze atossiche.
Trattamenti autunnali sia meccanici che chimico/
biologici compatibili con l’ambiente in cui si opera.
I coleotteri
Nella grande moltitudine del regno animale i coleotteri hanno un posto di primo piano, sia per il numero
delle specie e degli individui, sia per la varietà degli
adattamenti e dei costumi, sia, dal lato pratico, per le
numerose forme che, in un modo o nell’altro, si trovano in rapporto con l’uomo.
Il nome “Coleotteri” deriva dal greco (koleòs =
astuccio e pteròn = ala) e significa pertanto “animali
con ali che costituiscono un astuccio”. Tale è infatti la
Leggete e diffondete
loro caratteristica più notevole che permette di riconoscerli immediatamente (salvo rare eccezioni), tra tutti
gli altri insetti. Infatti il primo paio di ali (elitre) è robustissimo, inadatto al volo e ricopre come una corazza la
superficie dorsale dell’addome, proteggendo il secondo paio di ali, membranose e delicate.
Anche le altre parti dell’esoscheletro, cioè del rivestimento chitinoso del loro corpo, risultano assai indurite
e pertanto i coleotteri presentano un aspetto robusto e
brillante e con facilità si possono raccogliere e conservare.
L’apparato boccale è tipicamente masticatore sia nelle
larve che negli adulti; lo sviluppo è accompagnato da
metamorfosi complete, cioè attraverso quattro stadi diversissimi: uovo-larva-pupa e insetto perfetto.
Presenti già alcune centinaia di milioni di anni fa,
nel periodo Permiano dell’Era Primaria, e rimasti relativamente rari per tutto il Secondario, i Coleotteri divennero numerosissimi nel Terziario; attualmente essi
costituiscono, in tutto il regno animale, l’ordine più
numeroso: le specie descritte si aggirano infatti intorno
alla spaventosa cifra di 300.000 (su circa un milione
di animali conosciuti). Ma probabilmente un numero
abbastanza numeroso è ancora da descrivere.
Nel solo territorio italiano sono state riconosciute
oltre 10.000 specie di Coleotteri. Le loro dimensioni
variano entro limiti amplissimi, da mm. 0,5 ad oltre 15
cm.
Cerambix cerdo L.
(Cerambice della quercia) (30-50 mm.)
È noto anche col nome di Gran Capricorno o Cerambice eroe, è il più grosso cerambicide italiano ed è
diffuso in tutta la penisola nei querceti, dove si sposta
ronzando da un ramo all’altro, nelle calde sere estive.
Se afferrato produce un singolare stridio. La femmina depone le uova tra le screpolature del tronco delle
grosse querce. Le larve, appena schiuse, scavano caratteristiche gallerie circolari che si ingrandiscono sempre più fino ad arrivare nella zona centrale del legno.
L’evoluzione larvale dura 3 o 4 anni, avvicinandosi il
momento della metamorfosi, ritornano presso la superficie, si preparano una specie di celletta, dove si trasformano.
I danni che può provocare (soprattutto allo stato larvale) sono abbastanza consistenti, se si pensa che la
larva è lunga fino a 10 centimetri.
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