LavoroFinale1 - Colori dei bambini

a cura degli allievi
1ª - 2ª - 3ª sez. O.I.R.M.
S.M.S. “Peyron-Fermi”
TORINO
coordinamento prof.ssa Maria Aliberti
Premessa: come è nata l'idea
Il tema del progetto è stato scelto come proposta didattica condivisa di tutte le
sezioni di scuola in ospedale del Piemonte e per aderire ad un progetto della SMS
“Peyron-Fermi” di Torino. Il progetto si è svolto interamente durante l’anno
scolastico 2008/2009. Il lavoro è il risultato di una rielaborazione seguita ad un
lavoro di ricerca e di collage di notizie raccolte dai diversi allievi che ha
comportato la lettura di diversi articoli, con una ricaduta in termini di
sensibilizzazione sul tema. Si è parlato di acqua ad ampio raggio, a proposito di:
arte, attualità, biologia, curiosità, musica, poesia, spettacoli, scienze, storia,
tecnologia, chimica… e ancora altro.
L’acqua è stata esaminata come: risorsa, fonte di energia, elemento da non
sprecare, oro blu per il quale si combatte, molecola speciale per le sue proprietà
chimiche e biologiche, elemento presente in altri pianeti, bene da non inquinare
ecc.
In sintesi, è stata approfondita, a vari livelli, la conoscenza dell'elemento acqua,
come fonte preziosa di vita per il nostro organismo e il nostro pianeta.
L’attività didattica è stata sia di tipo tradizionale sia di osservazione e laboratorio
ed ha coinvolto un gruppo trasversale di studenti particolarmente motivati.
La tipologia dei materiali che ha costituito la fonte del lavoro degli studenti (libri,
riviste, internet) ha portato a seguire la seguente modalità di lavoro:
1.
2.
gli studenti si sono liberamente documentati sulla tematica da trattare
il lavoro è stato diviso in due momenti: il primo di analisi consistente nella
lettura dei testi e nella loro schedatura; il secondo di sintesi consistente
nella stesura delle relazioni.
Oltre la lezione frontale, è stato possibile svolgere piccole attività laboratoriali e
multimediali anche grazie alla preziosa collaborazione del Museo Regionale di
Scienze di Torino. L’attività di laboratorio è stata proposta per avviare gli alunni ad
un processo di costruzione delle conoscenze e di sviluppo di competenze e abilità
che difficilmente potrebbero essere acquisite mediante una didattica rigida sia
rispetto agli stili di apprendimento sia rispetto ai metodi di lavoro. Nel percorso
naturalistico, il tema trattato è stato il paesaggio naturale, in particolare la fauna
ittica dei vari fiumi e come si sia sviluppata comparando quattro ecosistemi
fluviali: il Po, il Danubio, il Nilo e il Rio delle Amazzoni. Gli alunni, dopo aver
seguito il laboratorio si sono impegnati, oltre che nella costruzione di schede
didattiche specifiche sull’acqua, anche nella costruzione di una piccola raccolta di
alcune specie botaniche e animali della zona Nizza Mille Fonti. Tutto questo non
solo per conoscere la flora e la fauna di questo tratto ma anche e soprattutto per
apprezzarne la bellezza. Gli alunni, attraverso discussione e presentazione di
materiale elaborato ad hoc e riadattato, sono stati stimolati a riflettere su alcuni
aspetti legati agli argomenti trattati. Contemporaneamente alcuni alunni sono stati
coinvolti nella realizzazione di una serie di esperimenti allo scopo di far osservare
direttamente alcune delle proprietà dell’acqua.
Maria Aliberti
PERCORSO NATURALISTICO
“Comparazione fra ecosistemi fluviali di paesi diversi”
A.S. 2008/2009
COMPARAZIONE FRA 4 ECOSISTEMI FLUVIALI: 1° Il Po
a Torino
2° Il Nilo
a Khartum- Il Cairo
3° Il Danubio a Galati
4° Il Volta
a Kate Krachi
Ricerca sui 4 fiumi e sulle 4 città corrispondenti
Distribuzione dell’acqua sulla Terra :
• IDROSFERA
significato
ciclo dell’acqua
acqua marina
acqua continentale
Laghi
Ghiacciai
Corsi d’acqua
Acque sotterranee
FIUME
Velocità
Portata
Foce
Meandri
Delta
Letto fluviale
Bacino idrografico
• ECOSISTEMA DI ACQUA DOLCE: Definizione
CHIUSO
Lago
APERTO
Stagno
Palude
FIUME
Caratteristiche
(con disegno dalla sorgente alla fonte)
La vita nel suo tratto: SUPERIORE
MEDIO
INFERIORE
Flora
Fauna
(Schede delle specie legate al tratto interessato)
La cui vita dipende da
FATTORI ABIOTICI
Salinità
Trasparenza
Profondità
Temperatura
Velocità della corrente
Natura del terreno
VASCOLARI
NON VASCOLARI senza semi
TRACHEOFITE
ALGHE
PTERIDOFITE
FELCI
SPERMATOFITE
EQUISETI
BRIOFITE
MUSCHI
EPATICHE
LICOPODI
GIMNOSPERME
ANGIOSPERME
MONOCOTILEDONI
DICOTILEDONI
Le PIANTE sono organismi pluricellulari, eucarioti e autotrofi fotosintetici.
Derivano da antenati acquatici ( alghe ), e per potersi adattare alle nuove
condizioni ambientali hanno subito delle drastiche modificazioni. Infatti per
contrastare l’eccessiva perdita di acqua attraverso l’evaporazione dal corpo, le sue
parti aeree sono ricoperte da una sostanza cerosa: cuticola. Gli scambi gassosi
sono,però, assicurati da piccole aperture dette stomi. Per quanto riguarda il
supporto questo vieni affidato a tessuti specializzati presenti nelle radici, nel fusto
e nelle foglie.
Le radici oltre al sostegno, tramite il loro ancoraggio, servono anche per
l’assorbimento di acqua e di elementi chimici dal suolo.
Il fusto e le foglie oltre al sostegno sono importanti nell’assunzione di elementi
chimici dall’aria.
Nelle piante è presente un SISTEMA VASCOLARE, un sistema di canali che
permette il trasporto di acqua ed elementi chimici dalle radici al fusto e alle foglie
(XILEMA), ed il trasporto di zuccheri dalle foglie alle altre parti della pianta (
FLOEMA).
Nelle piante i gameti vengono prodotti in strutture cellulari dette GAMETANGI,
per evitare la disidratazione dei gameti e dell’embrione.
Le BRIOFITE sono piante prive di sistema vascolare, ma provviste di cuticola e di
gametangi. Sono piante anfibie poiché svolgono la loro vita sia in ambiente
acquatico che terrestre. Il corpo delle briofite è detto TALLO: la parte aerea
verde,formata da strutture che ricordano le foglie ed il fusto, sta ancorata al terreno
tramite RIZOIDI. L’assorbimento dell’acqua e dei sali minerali avviene tramite
tutto il corpo, mentre la fotosintesi viene svolta dal tallo detto anche
GAMETOFITO APLOIDE, poiché produce gameti.
La fecondazione avviene quando uno spermio flagellato nuotando nell’acqua
raggiunge il gamete femminile che si trova dentro il gametangio femminile
(archegonio). Dalla fusione dei due gameti si ottiene uno SPOROFITO APLOIDE,
che rimane attaccato, tramite un piede, al gametofito, mentre alla sua estremità
superiore si forma una capsula con dentro delle spore, che si sono formate per
meiosi. Quando la capsula è matura libera le spore. Se il terreno è abbastanza
umido la spora aploide germina , dando luogo al gametofita aploide, che poi si
differenzierà in maschile e femminile.
ALTERNANZA DI GENERAZIONI
Nel ciclo vitale delle piante si alternano individui diploidi, SPOROFITI, ed
individui aploidi, GAMETOFITI. I gametofiti, maschile e femminile, producono
gameti per mitosi, che fondendosi daranno luogo ad uno zigote diploide. Lo zigote
diploide si dividerà per mitosi e diventerà uno SPOROFITA diploide, che a sua
volte tramite meiosi produrrà delle spore aploidi. La spora aploide tramite
divisioni mitotiche darà luogo ad un gametofita aploide completando il ciclo vitale.
L’alternanza di generazione ha il vantaggio di fornire alla pianta due diverse
modalità di riproduzione, generando una gran quantità di discendenti: gli zigoti e
le spore.
ACERO DI MONTE
Nome latino Acer pseudoplatanus
Famiglia Aceracee
Origini Europa e Asia
Habitat
Preferisce terreni freschi e profondi, vive nei boschi della media, bassa montagna
insieme al faggio,frassino maggiore, sorbo degli uccellatori, acero riccio; grandi
piante si trovano nei pascoli e presso ai casolari. Di rapida crescita viene abbattuto
a 60 anni, benché possa vivere fino a 200. E' specie frugale, rustica, resiste al freddo
e non presenta particolari esigenze per tipo di terreno. Cresce anche in posizioni in
ombra.
Tronco
Diritto e con chioma ampia e densa, ha una corteccia grigia con sfumature rossastre
che si sfoglia in grandi placche a maturità. È facile da lavorare e non si deforma. Si
estrae la linfa intaccando il tronco per produrre fermentati alcolici.
Foglie
Sono grandi (10-20 cm), a lobi appuntiti e dentati, si differenzi da quella dell'Acero
riccio per la lamina fogliare con incisioni tra i lobi più profonde e per il picciolo
molto lungo (5-15 cm).
Fiori
Sono verdognoli in infiorescenze pannocchie pendenti. Compaiono da aprile a
giugno.
Frutti
Sono samare doppie con ali a 90° lunghe 3-6 cm, riunite in grappoli. I frutti
dell'Acero di monte sono samare con ali più chiuse rispetto a quelle dell'Acero
riccio.
Usi
Il legno è ricercato per la fabbricazione di mobili e rivestimenti di pregio, viene
usato per produrre impiallicciature, utensili e come legna da ardere, è impiegato
anche nelle alberature stradali e nei parchi di città tollerando abbastanza bene
l'inquinamento atmosferico.
Letteratura e leggende
L'acero in poesia
Sono più miti le mattine
Sono più miti le mattine
E più scure diventano le noci
E le bacche hanno un viso più rotondo
La rosa non è più nella città.
L’acero indossa una sciarpa più gaia
E la campagna una gonna scarlatta
Ed anch’io, per non essere antiquata
Mi metterò un gioiello.
Emily Dickinson
ACERO NEGUNDO
Nome latino: Acer negundus
Famiglia: Aceraceae
Origini: America settentrionale
È stato importato in Italia nel secolo XVII. Cresce molto rapidamente, ha una
chioma cespugliosa, disordinata, verde chiaro e può raggiungere i 15 m.
Habitat
Resiste alla siccità e alle gelate e viene piantato nei parchi per mascherare muri o
edifici, ma può diventare infestante perché dissemina abbondantemente. E’ una
pianta utilizzata prevalentemente per scopi ornamentali nei parchi , nei giardini e
per alberature stradali.
Tronco
È stretto, si ramifica fin dalla base, la corteccia, in principio verde oliva, liscia, poi
ispessita, brunastra, screpolata in piccole placche rettangolari con sfumature
rossicce. I rametti più giovani sono verdi, poi diventano bruni.
Foglie
Sono opposte, decidue, imparipennate con tre foglioline ovoidali, appuntite con il
margine irregolarmente seghettato. Le foglie di colore verde chiaro diventano
gialle in autunno. Esistono molte varietà di foglie. La pagina superiore della foglia
è di colore verde scuro mentre quella inferiore è rivestita da un verde molto più
chiaro con venature e margini giallastri.
Fiori
Sono unisessuali raggruppati in infiorescenze. I fiori maschili sono verdognoli
riuniti in fascetti penduli con antere rossastre, i femminili sono in grappoli penduli
di colore giallastro. La fioritura è in aprile-maggio.
Frutti
Doppie samare con semi oblunghi e ali brevi, ricurve divaricate ad angolo acuto.
Usi
Come la maggior parte degli aceri, il Negundo ha una linfa da cui, in primavera, si
può ottenere lo zucchero. Da essa si può estrarre una sostanza zuccherina detta
sciroppo d'acero. Il legno, leggero, tenero e bianco crema, ha scarso valore
commerciale, perché l’albero non cresce molto ed è disponibile soltanto in
pezzature piccole.
Le foglie d’acero sono un ottimo foraggio per gli erbivori, poiché sono ricche di
sostanze minerali, vitamine e azoto.
Letteratura
"Già sorgeva il cavallo
fatto di travi d’acero: allora più che mai
i nembi risuonavano per tutto il vasto cielo"
Eneide, Virgilio
"Veglierà sulla Russia celeste
lo acero ritto su un piede.
So che tu sei grandissimo amico
di chi bacia la pioggia dei tigli,
anche perché, aero antico,
a me nel capo somigli”.
Acero antico, Esenin
ACERO RICCIO
Nome latino Acer platanoides L.
Famiglia Aceraceae
Origini Europa
Habitat
Altezza sino a 20 m. Pianta spontanea in molti boschi di latifoglie umidi e riparati.
Distinguibile dall' acero saccarino per la foglia a lobi meno incisi e le samare che
formano un angolo di quasi 180°. La ramificazione del tronco è regolare e la
chioma è uniforme, densa e leggermente ad ombrello. E' spesso coltivato a scopo
ornamentale in varietà a fogliame intensamente colorato(rosso porpora).
Tronco
è eretto e ramificato nella parte medio – alta. Possiede corteccia grigiastra e
abbastanza liscia, almeno nelle piante più giovani. Il legno , bianco avorio, è poco
durabile e facile da lavorare. Le radici sono estese ed adatte ad ancorarsi fra i
massi.
Foglie
Opposte, ampie, palmate a 5 lobi poco profondi ma finemente appuntiti. Se si
spezzano i piccioli esce una linfa lattiginosa.
Fiori
Sono ermafroditi o unisessuali maschili,Giallo crema in corimbi eretti prima della
fogliazione (marzo/aprile).
Frutti
Samare ad ali divergenti di 160°
Usi
L’acero riccio cresce sia in pianura, sia nei boschi montani fino a 1300 metri, sia in
terreni umidi e ricchi di nutrienti.
Si trova spesso nei giardini o lungo i viali nelle città per la sua resistenza allo smog,
per la crescita abbastanza rapida e per le numerose varietà con foglie variegate o
purpuree. I fiori precoci costituiscono un importante alimento per le api all’inizio
della primavera. L’utilizzo del legno nell’industria del mobile, anche se di buona
qualità, è limitata dalle dimensioni non adeguate delle piante.
Letteratura e leggende
Nella mitologia classica, era l'albero del dio della paura, Fobos. Questo
accostamento era probabilmente dovuto al colore rosso sangue che le foglie
prendono in autunno. Per questo motivo il contatto con l'acero era evitato dagli
antichi Romani e Greci, i quali gli preferivano il platano, dalle foglie simili. Questa
caratteristica negativa fa si che l'acero non sia molto citato negli antichi libri.
In alcune regioni della Francia e della Germania si dice che le cicogne usassero
mettere dei piccoli rami di acero nei nidi per tenere lontano i pipistrelli, ritenuti
colpevoli di danneggiare le uove.
Un bell'esempio di come un elemento naturale ritenuto "negativo" fosse utile per
bilanciare un altro elemento, il pipistrello, anch'esso ritenuto funesto.
La foglia dell'acero, anche se di un'altra specie (l'acero saccarino), fa parte della
bandiera del Canada: segno della sua enorme importanza in questo paese, dove
fitte foreste di questo albero producono il caratteristico "succo d'acero".
Sembra che Leonardo Da Vinci abbia ideato le ali rotanti e portanti osservando la
caduta delle samare di un acero campestre. Inoltre si dice che Sikorskij abbia
inventato l’elicottero osservando cadere un seme di acero. Una curiosità: nel
comune di Lizzano Belvedere (Bologna) c’è la frazione denominata “Madonna
dell’acero”: In questo luogo esiste un antico Santuario, costruito nel 1500 sul posto,
secondo la leggenda, dove la Madonna apparve su un acero, salvando due
pastorelli da una bufera e ridonando a uno di loro l’uso della parola.
Secondo la tradizione degli antiche Druidi, indovini e sacerdoti, ogni persona è
protetta da un albero particolare e perciò secondo l'oroscopo celtico i nati dal 14 al
23 ottobre e dall’ 11 al 20 aprile sono protetti dall’acero.
Poesia sull'acero
L'estate è finita
Più miti sono ora le mattine,
le noci si colorano di scuro;
più rotonda è la guancia delle bacche,
la rosa ha lasciato la città.
L’acero sfoggia sciarpe più festose,
ed il prato si veste di scarlatto Per paura di essere fuori moda,
voglio mettermi un ciondolo.
(EmilY Dickinson)
BAGOLARO
Nome latino Celtis australis L.
Famiglia Ulmacee
Origini area mediterranea, dalla Spagna al Caucaso e all’Asia occidentale, sino
all’Africa settentrionale diffuso anche nelle regioni sudorientali degli Stati Uniti e
lungo le sponde del Mississippi
Habitat
L’albero può raggiungere i trenta metri. La sua crescita è lenta, ma può
raggiungere i 250-300 anni di vita. Cresce spontaneamente nelle zone mediterranee.
Boschi di latifoglie, anche in luoghi sassosi e aridi, con terreno calcareo. Si associa
facilmente a Olmo, Carpino, Nocciolo, Frassino, Orniello, Quercia e Acero.
Tronco
Dritto con lo suo spessore aumenta alla base. La corteccia è lucida e liscia, di color
grigio cenere e su di essa, con l’andare del tempo, si formano crepe.
Le radici sono molto ramificate e robuste e in grado di penetrare nelle fessure delle
rocce. Il legno è compatto, duro ed elastico con una buona resistenza meccanica.
Foglie
Sono piccole, alterne, seghettate per tutto il margine e hanno una forma ovale,
lanceolata, con l’apice appuntito. Sono leggermente asimmetriche ed hanno un
breve picciolo. La parte superiore è di colore verde scuro e ruvida al tatto, sotto
sono più chiare e leggermente pelose. I rami sono numerosi e dritti, quelli
secondari sono piccoli e ricadenti. Le gemme sono brune, affusolate, piccole e
aderenti al ramo.
Fiori
Possono essere a gruppi o solitari, sono piccoli e poco vistosi. Esistono fiori solo
maschili e fiori ermafroditi (maschili e femminili), che hanno anche il pistillo.
Questi ultimi hanno un lungo peduncolo e sono formati da un involucro
verdognolo, che racchiude da 4 a 5 stami (parte femminile) con due stigmi lunghi e
divaricati. Sono ricercati dalle api.
Frutti
Drupe peduncolate, maturano in autunno: sono palline nerastre, grosse come
piselli, attaccate al ramo con un lungo picciolo. All’inizio assumono un colore
giallo-verde, diventeranno poi violacee. Hanno una polpa morbida, leggermente
dolce, racchiudono un seme. Gli uccelli ne sono ghiotti. Rimangono appesi alla
pianta anche dopo la caduta delle foglie. I semi sono duri, tondi e rugosi.
Usi
Il suo legno omogeneo, opaco era utilizzato per costruire remi e alcune parti del
carro. Dai rami giovani si ricavano i manici delle fruste.
Sono state inoltre trovate proprietà medicamentose delle foglie: essiccate e
preparate in forma di decotto, vi si attribuiscono buone proprietà astringenti,
lenitive e rinfrescanti, addirittura curative per leggeri disturbi dell’apparato
intestinale e antidiarroiche. Il decotto un tempo era utilizzato anche per sciacqui e
gargarismi contro le infiammazioni della bocca, delle gengive e della gola.
Un tempo quest'albero era piantato per poter catturare gli uccelli attirati dai frutti.
I grossi semi duri, servivano a fabbricare rosari.
Letteratura e leggende
Il nome comune di bagolaro deriva dal piccolo frutto nerastro (“bagola” o bacca,
dalla radice celtica bag-), o forse dal richiamo onomatopeico al chiacchiericcio della
moltitudine di uccelli che ne preferiscono la vasta chioma per radunarsi nelle sere
di fine estate. Tra i tanti nomi del bagolaro c’è quello di “arcidiavolo”. Alcune
leggende popolari raccontano infatti che Lucifero in persona, nella caduta dal
Paradiso di biblica memoria, stringesse tra gli artigli proprio un ramo di bagolaro,
il quale proliferò sulla terra conservando però traccia della diabolica origine nella
curiosa forma delle foglie, appuntite e ricurve come artigli.
Viene chiamato "Spaccasassi", perché possiede radici così robuste da raggiungere
grandi profondità, capaci di penetrare nelle fessure delle rocce, sgretolando massi
di notevoli dimensioni. Ma ha anche un nome più dolce e gentile: "Albero dei
rosari". Infatti i suoi semi erano utilizzati per costruire il rosario.
A l'ombra di un perlaro (antico nome del bagolaro, n.d.r.)
su la rivera d'un corrente fiume
donna m'accese di suo vago lume...
Madrigale trecentesco
FRASSINO
Nome latino Fraxinus excelsior
Famiglia
L.
Oleaceae
Fraxinus e' un termine latino di etimologia incerta: forse deriva dal latino "fragor"
traducibile in schianto, fracasso che testimonia l'antico legame presente in Grecia
tra questa pianta e Poseidone, in origine dio dei sismi e poi sovrano delle acque;
potrebbe anche derivare dal greco "frasso" che significa difendo, assiepo poiché
albero considerato adatto a formare siepi. Excelsior e' un vocabolo latino che
significa eccelso, grande a ricordare il suo sviluppo in altezza
Origini Europa e Asia.
Habitat
Specie non molto longeva che può raggiungere e talvolta superare l'età di 150 anni.
Cresce dal mare sino a circa 1500 m di altezza e si trova dalla Spagna al Caucaso e
dalla Scandinavia sino all'Italia centrale e la Grecia. Preferisce suoli fertili, ricchi
d'acqua e sopporta anche sommersioni abbastanza intense. Da giovane tollera
l'ombra ma poi per accrescersi richiede piena luce ed un clima temperato, è infatti
sensibile alle gelate tardive. In questi ultimi anni, nelle nostre zone il frassino si sta
diffondendo spontaneamente negli ambienti ad esso favorevoli, dove in passato le
quotidiane pratiche agricole e forestali ostacolavano efficacemente la sua
affermazione.
Tronco
Diritto e poco ramificato; la chioma è ampia. espanso o slanciato e può arrivare fino
a 30-40 m. La corteccia è liscia e grigio-chiara, invecchiando diventa grigio-bruna e
finemente fessurata. Ha radici fittonanti da giovani poi diventano fascicolate. Le
radici sono fittonanti ma con molte radici superficiali allungate.
Foglie
Opposte, caduche, imparipennate, cioè composte da 3-7 paia di foglioline
lanceolate e da una fogliolina apicale, di colore verde chiaro e con margine
seghettato.
Fiori
Unisessuali, poco vistosi perché senza petali, portati da differenti esemplari o
ermafroditi che formano grappoli prodotti tra marzo e aprile, prima della
comparsa delle foglie.
Fiore maschile
Fiore femminile
Frutti
Sono samare lanceolato-lineari che a maturità hanno colore bruno
Usi
Il frassino ha un legno duro, di color bianco-giallastro, con riflessi lucidi, di facile
lavorazione poiché si può curvare a vapore. È resistente ed elastico utilizzato per
fabbricare parti di carri agricoli (ruote e stanghe), manici di attrezzi ed utensili (ad
esempio picconi, mazze, asce e martelli), sci sino alla fine degli anni '30 e scale a
pioli di piccole o medie dimensioni. Più raramente era impiegato per produrre
mobili, taglieri da cucina, cunei da usare in alternativa a quelli di acciaio, travetti,
zoccoli e chiodi da falegnameria e carpenteria.
Occasionalmente su qualche albero si praticava il ceduo a sgamollo: a settembre
erano tagliati i rami più bassi della chioma per ottenere la frasca (la rama), cioè i
rami dell'anno con le loro foglie, che costituivano un alimento integrativo per
capre, pecore e conigli. All'occorrenza la legna di frassino era usata anche per
scaldarsi.
Anche oggi il frassino dà un legno di pregio, utilizzato per produrre manici di
attrezzi ed utensili vari e mobili impiallacciati o di legno massiccio. Per necessità o
per ignoranza, abbastanza frequentemente il legname di questa specie è usato
come combustibile.
Il frassino è inoltre un albero apprezzato a scopo ornamentale.
Nell’antichità i Romani e i Greci utilizzavano il legno di frassino per costruire le
loro lance da guerra.
Dalla corteccia si otteneva un decotto per curare le affezioni epatiche e dalla cenere
un estratto contro la scabbia.
Le foglie erano usate per l’alimentazione del bestiame. Le foglie sono regolatrici
dell’intestino; è accertata l’utilità come aiutante nella cura della gotta, del
reumatismo articolare acuto, dell’artrite e dei calcoli renali. L’azione lassativa è
leggera ma sicura. Gli estratti si ricavano dalle foglie (per uso esterno), dalla
corteccia e dai frutti (per uso interno).
La moderna fitoterapia ha ridato valore ai passati usi medicamentosi dell'albero
poiché le foglie e la corteccia contengono sostanze con proprietà antinfiammatorie,
antireumatiche, antiartritiche e diuretiche come ad esempio i glucosidi frassino e
frassinina aventi azione antiartritica.
Letteratura e leggende
Il frassino appartiene al gruppo degli "alberi cosmici", oggetto di particolare
venerazione. Nella mitologia scandinava l'Albero del mondo che sosteneva e
rigenerava l'universo era il frassino Yggdrasil, che con la sua chioma si innalzava
sino al cielo e con le radici giungeva al cuore della terra, dove si trovavano il regno
dei Giganti e l'inferno.
Nei suoi pressi si trovava la sorgente miracolosa Mímir, fonte di saggezza e acume,
a cui attingeva il dio supremo Odino.
In Grecia il frassino era consacrato a Poseidone ed inoltre si riteneva fosse abitato
dalle ninfe Melíadi. Secondo Esiodo dal frassino discendeva la stirpe degli uomini
di bronzo, "spaventosa e violenta".
Frassino e bronzo erano simboli di durezza e non a caso le armi dei greci erano di
bronzo ed avevano manici di frassino.
I Celti consideravano il frassino simbolo di rinascita e fonte di guarigioni
miracolose. Come conseguenza di questa credenza, sino al principio dell'800 nella
contea inglese di Selborne si usava far passare entro un tronco cavo di un vecchio
frassino cimato, prima dell'alba, i bambini nudi per guarirli dall'ernia. Oppure si
praticava un taglio longitudinale in un giovane frassino e poi all'alba si faceva
passare più volte nella fenditura il bambino malato.
Concluso il rituale si richiudeva il taglio con dell'argilla e si legava il tronco.
Il bambino guariva dall'ernia solo se l'albero cicatrizzava la ferita subita. Chi
beneficiava della guarigione vegliava affinché l'albero non fosse tagliato poiché si
riteneva che la vita del bimbo fosse legata a quella della pianta guaritrice.
Dioscoride riferisce che il frassino aveva anche potenti effetti medicamentosi contro
i morsi dei serpenti.
Il succo delle sue foglie bevuto o applicato sulla ferita era ritenuto un efficace
rimedio. Addirittura Plinio scrive che "i frassini hanno un tale potere che i serpenti
non ne sfiorano l'ombra e ne fuggono lontano".
La pratica di utilizzare foglie di frassino come rimedio per i morsi dei serpenti si e'
protratta in alcune campagne sino all'inizio dei '900. Un dato che la dice lunga sulle
fama di "guaritore" dell'albero, le cui foglie erano inoltre utilizzate nella medicina
popolare per curare reumatismi, artrite e gotta.
Nel Medioevo i più superstiziosi ritenevano che per allontanare gli spiriti maligni
da una stanza bisognava bruciarvi della legna di frassino.
PIOPPO BIANCO
Nome latino Populus alba
Famiglia Salicacee
Origini dell'Europa, del Nord Africa e dell'Asia occidentale.
In Italia si incontra facilmente lungo le rive dei corsi d'acqua e dei laghi.
Il nome allude al colore chiaro della corteccia, differente da quella nerastra del
Pioppo nero.
Habitat
Il Pioppo bianco è un albero molto vasto, che copre l'Europa centro-meridionale,
l'Asia occidentale ed il Nord Africa. E' una specie a rapido accrescimento, legata a
terreni fertili, ben arati e sufficientemente umidi. Non tollera suoli compatti e a
lungo sommersi. Si trova fino ai 1500 m di altitudine in esemplari isolati o in
gruppi, ma vive bene anche assieme ad altre specie, soprattutto salici e ontani. E'
un albero che può raggiungere i 30 metri di altezza, con la chioma globosa, il
tronco eretto e sinuoso con corteccia bianco-grigia, liscia a solchi larghi, neri.
Tronco
Eretto sinuoso, rami orizzontali con corteccia biancastra e liscia. Le radici sono
molte estese anche se non tanto profonde
Foglie
Sono verde intenso e lisce nella pagina superiore, grigie e pelose di sotto, ovate,
con margine dentato, o palmato-lobate con 5 lobi.
Fiori
I fiori maschili del Pioppo bianco, in amenti prima porporini e poi gialli, compaiono
in febbraio-marzo.
Frutti
I frutti sono piccole capsule, glabre, coniche, contenenti molti semi provvisti di peli
lunghi cotonosi.
Usi
Spesso è utilizzata nei parchi e lungo i viali per l'aspetto decorativo della sua
chioma. Il legno biancastro e tenero ha qualità mediocri e scarsi impieghi,
soprattutto per cassette da imballaggio, fiammiferi (essendo un cattivo
combustibile, brucia lentamente), zoccoli e per l'industria della carta. Ha
accrescimento molto rapido ed è poco longevo; le piante maschili hanno chioma
maggiormente piramidale e dal colore più verde (maggior tenore in clorofilla);
quelle femminili hanno, invece, la chioma maggiormente espansa; dall’infuso di
corteccia si ottiene un rimedio per i dolori muscolari ed articolari (contiene
precursori dell’acido salicilico).
Letteratura e leggende
Il nome latino della pianta (Populus) deriverebbe dal brusio delle foglie mosse dal
vento, simile al mormorio delle folle radunate nelle piazze. Per questa
caratteristica, è stato chiamato anche dagli Indiani "L'Albero che sussurra".
Secondo una leggenda greca, la corteccia dell'albero era nera fino a che Ercole non
ne fece una ghirlanda da indossare in battaglia contro Cerbero (guardiano
dell'Aldilà ). Il sudore dell'eroe schiarì i rami della ghirlanda che diede poi il suo
colore biancastro alla corteccia del Pioppo.
Un'altra leggenda racconta che un giorno Fetonte, figlio del sole, trovando il carro
del padre incustodito, se ne appropriò per guidarlo nel cielo. Ma avvicinandosi alla
terra causò molti incendi nei boschi.
L'ira di Giove fu tale, che per punirlo gli scagliò contro un fulmine. Fetonte, colpito,
cadde nel fiume e le sue sorelle, le Eliadi, piansero lungamente per il dolore. Giove
allora, mosso a compassione, le trasformò in Pioppi che mise lungo l'argine del
fiume.
Tuttora in primavera dalle gemme dei Pioppi cadono goccioline di resina che
simboleggiano le lacrime delle Eliadi e lo stormire delle foglie ricorda i loro
lamenti.
Questa pianta da sempre rappresenta la vita nella morte, una volta oltrepassata la
soglia fatale. Un esempio del significato simbolico si può ritrovare nelle tombe
delle popolazioni sumeriche (4000 a.C.), dove si sono trovate delle acconciature con
foglie di pioppo bianco dorate.
Un’antica tradizione vuole che davanti alla tomba di un Zeus cretese crescesse un
pioppo bianco, come simbolo di resurrezione. Il pioppo bianco “Leukè”
personificava la vita che sfugge alla morte, anche se ciò significava abbandonare la
forma umana per un'altra non umana.
Omero nell'Iliade cita il pioppo bianco come “acheronteo”, ovvero rappresentativo
dell'omonimo fiume dell'afflizione.
Una credenza bretone fa corrispondere le foglie bianche del pioppo bianco con le
anime dei bambini morti, promesse alla resurrezione. Se il pioppo bianco é l'albero
della resurrezione, il pioppo nero ha un significato opposto.
Una leggenda narra, che il pioppo fu scelto dai soldati per la costruzione della
croce di Gesù. L'albero ne fu orgoglioso e drizzò i suoi rami. Il Signore lo maledì e
condannò le sue foglie a tremare in eterno ad ogni soffio di vento.
Le api raccolgono una specie di gomma che viene prodotta dalle gemme del
pioppo per produrre la propoli che ha funzione battericida, batteriostatica,
antinfiammatoria e cicatrizzante.
QUERCIA
Nome latino Quercus robur
Nome Comune
Farnia
Famiglia Fagaceae
Origini Europa, Caucaso
Habitat
Ha bisogno di terreno profondo che può essere più o meno ricco di sali, sabbioso o
argilloso, ma comunque sempre piuttosto umido. Esige temperature estive elevate
mentre è tollerante nei confronti del gelo invernale. Frequente nella Europa
centrale dove forma dei boschi, è diffusa in tutta l’Europa fino al Caucaso. La
Farnia è una pianta tipica della Pianura Padana ed è diffusa in Italia, soprattutto
nelle regioni settentrionali dove cresce dal mare alla zona montana. Forma boschi
da sola o mista ad altre specie. È un albero alto circa fino a 35 metri con esemplari
che possono raggiungere anche i 40 metri. È una pianta molto longeva che
raggiunge e supera i 500 anni. La chioma è irregolarmente ovale, globosa e molto
ampia, con macchie dense di foglie che si interrompono, lasciando penetrare la
luce. E’ per questo motivo che nei boschi di farnie cresce sempre un sottobosco,
ricco di arbusti.
Tronco
È robusto e ramoso e alla base si allarga come per rafforzare la pianta; i rami con il
passare del tempo diventano sempre più massicci, nodosi e contorti. La corteccia è
grigio-verde e liscia da giovane, spessa, solcata, con lunghe fessure longitudinali da
vecchia. Sui rametti, sulle foglie o sulle gemme delle querce può capitare di trovare
delle galle, cioè escrescenze di aspetto legnoso che hanno forme diverse: a sfera, a
cappellino, a stella. Le galle sono reazioni che la pianta ha quando viene punta da
certi insetti.
Foglie
Sono semplici, con profilo obovato, lobate di 10 cm circa, a superficie ondulata,
strette alla base con due orecchiette; hanno un picciolo brevissimo (0,5 – 1 cm);
l’inserzione è alterna. Sono coriacee e di consistenza pergamenacea, da giovani
sono pubescenti, poi la superficie superiore diventa glabra mentre quella inferiore
rimane coperta da piccoli peli stellati.
Fiori
Sono separati ma sulla stessa pianta; quelli maschili sono inseriti su amenti
penduli, hanno un involucro diviso in 5 lobi lineari e 8 stami con antere giallobrune; i fiori femminili, 2-5, sono anch’essi inseriti su un peduncolo pendulo e sono
formati da numerose brattee che avvolgono l’ovario.
Fiore femminile e fiore maschile
Frutti
E’un achenio detto ghianda, ovale, racchiuso alla base delle brattee del fiore che,
accrescendosi, formano una coppetta, detta cupola. Le ghiande sono riunite in
gruppetti da due a quattro, hanno un lungo peduncolo da 2 a 4 cm di lunghezza
(da cui il nome di peduncolata); quando matura da verde diventa marrone e cade a
terra.
Usi
La quercia viene anche usata come ornamento nei giardini. Il legno della farnia è
molto pregiato, di colore bruno chiaro, duro e leggero, noto con il nome di Rovere
di Slovenia. E’ un legno forte, durevole, facilmente sagomabile. Spesso confuso con
quello di rovere, veniva usato molto nelle costruzioni delle navi da pesca e,
soprattutto con il legno di alcune varietà, per costruire botti dove conservare i
distillati alcolici; solo in botti di questo tipo il Cognac assume il caratteristico
bouquet. La Pianura Padana, per esempio, ospitava molti secoli fa immense foreste
di farnie, gradualmente abbattute per farne legname da costruzione. Il legno è
utilizzato per mobili di pregio, per produrre carbone di qualità e come
combustibile. Nella corteccia c’è il tannino utilizzato per conciare pelli. Le ghiande
sono un ottimo alimento per i suini. In epoca medievale i contadini allevavano in
modo massiccio i suini; i servi avevano permesso di portarli a pascolare nei boschi
del feudatario dove potevano cibarsi delle ghiande cadute al suolo. Questo uso era
tanto importante che si arrivò a valutare il valore di un bosco in base al numero di
suini che riusciva a nutrire. Ancora oggi con le ghiande tostate e macinate si
prepara un surrogato del caffè. Le galle, ridotte in polvere, sono usate per le ferite e
le bruciature perchè cicatrizzanti. Con le foglie si prepara una specie di the
astringente efficace per le infiammazioni delle vie urinarie. E’ molto utile per
gargarismi nelle infiammazioni della bocca e della gola, contro gli avvelenamenti
da sostanze vegetali.
Letteratura e leggende
Nei miti e nelle tradizioni la quercia dava l’idea di forza. Il termine Quercus deriva
dall’antico celtico "kaer quer"=bell'albero; robur significa " forza " perché questo
albero è difficile da abbattere senza strumenti adeguati. Robin Hood, ad esempio,
viveva nella foresta di Sherwood, una foresta formata da querce che ricopre ancora
oggi gran parte della contea di Nottingham.
I Druidi per ottenere l’acqua lustrale raccoglievano il vischio sotto le fronde delle
querce con un falcetto d’oro.
I Greci e i Romani consideravano la quercia sacra: Zeus aveva la quercia come
simbolo accanto al fulmine e all’aquila. Inoltre si dice che Zeus abbia sposato Era in
un querceto. Si narra che la prua dell’Argo, la nave degli Argonauti, fosse fatta con
un pezzo di quercia sacra tagliata dalla dea Atena. Il colle di Roma, il Campidoglio,
consacrato a Giove, pare fosse ricoperto di querceti.
La quercia in poesia
LA QUERCIA CADUTA
Dov’era l’ombra, or sè la quercia spande
morta, ne più coi turbini tenzona.
La gente dice: Or vedo: era pur grande!
Pendono qua e là dalla corona
i nidetti della primavera.
Dice la gente: Or vedo: era pur buona!
Ognuno loda, ognuno taglia. A sera
ognuno col suo grave fascio va.
Nell’aria, un pianto ........... d'una capinera
che cerca il nido che non troverà.
Giovanni Pascoli
SALICE BIANCO
Nome latino Salix alba
Famiglia Salicaceae
Origini Cretacico, Europa, Asia settentrionale, Africa
Il nome deriva forse dal celtico “sal lis” presso l’acqua, amante dell’acqua; alba è
riferito alla pagina inferiore della foglia che è molto chiara.
Habitat.
È diffuso in tutta l’Europa centromeridionale, soprattutto lungo le sponde non
coltivate dei fiumi e dei laghi, vive su terreni ricchi di sale e di calcare, anche dove
sono soggetti a periodi di sommersioni; si spingono dalla pianura fino a 1000 metri
di altitudine. Sebbene alcune specie siano diffuse anche nelle pianure dell’America
settentrionale e nelle regioni tropicali, in linea generale i salici preferiscono zone
con clima fresco e temperato. È un albero con chioma larga e irregolarmente divisa.
I rami giovani, di colore rosso bruno, sono sottili, flessibili, ma non fragili. Il legno
è giallastro di grana fine. È alto fino a 25 metri, con chioma larga e tondeggiante.
Tronco
Dritto con corteccia grigio scura e screpolata nel tronco, grigia o verdognola nei
rami giovani.
Foglie
Decidue, semplici, lanceolate, pagina inferiore bianco-grigiastra per la presenza di
una fitta peluria.
Fiori
Pianta dioica, infiorescenze rappresentate da amenti : di colore giallastro quelli
maschili, più corti e verdastri quelli femminili, fioritura nei mesi primaverili all'
inizio della fogliazione
Frutti
Capsule con numerosi semi cotonosi.
Usi
Nell'antica Grecia la corteccia del salice veniva utilizzata per le sue proprietà
febbrifughe grazie alla presenza in esse del glucoside salicina usato anche come
antimalarico. Le foglie sono usate come foraggio. per gli ovini. Questa pianta è
coltivata per i vimini e le pertiche, utilizzati per lavori di intreccio e palería. Il legno
ha impiego soprattutto per cassette e imballaggi e nell'industria cartaria. Il carbone,
di buona qualità, viene utilizzato per la produzione del "carboncino da disegno”.
Attualmente è largamente coltivata la varietà Safix alba tristis , come pianta
ornamentale, per il portamento "piangente". Anche questa specie, come tutti i
salici, è molto tollerante nei confronti dei vento e dell'inquinamento atmosferico.
Utilizzato fin dall’antichità per la produzione di stuoie e cestini, si utilizzavano i
rami giovani ottenuti da alberi capitozzati. La capitozzatura era una pratica di
fondamentale importanza nell’economia agricola perché consentiva la produzione
e l’uso di palerie per manici di attrezzi agricoli e di legna per alimentare i forni per
il pane. Nei tronchi capitozzati, spesso caratterizzati da cavità provocate da funghi
patogeni, è possibile trovare rifugio piccoli mammiferi per il letargo invernale e
uccelli per la nidificazione. I rami venivano anche utilizzati un tempo per legare gli
innesti. Il legno leggero ma robusto viene impiegato in svariati modi nei lavori di
piccola carpenteria, nella produzione di cellulosa e nella fabbricazione di giocattoli
per bambini. Inoltre dal legno di salice si ricava un carbone vegetale che fornisce
una delle polveri migliori per la fabbricazione di esplosivi. I contadini piantavano
numerosi salici attorno alle fattorie per fornire nettare primaverile alle api, per
utilizzarne i rami, per preparare decotti di foglie, con i quali attenuavano malattie
dell’apparato respiratorio. Le proprietà del salice erano già conosciute da Ippocrate
che nel 400 a.C. consigliava infusi di corteccia di salice per le doglie del parto e
come analgesico. Nel XII sec. Si consigliavano infusi di foglie e fiori per favorire la
regolarità del ciclo mestruale. Il principio attivo, l’acido salicilico, è però irritante
ma F. Hoffmann della Bayer lo ha reso utilizzabile alla fine del 1800 con un
processo di acetilazione ottenendo l’acido acetilsalicilico, noto come aspirina. La
droga si ricava dalla corteccia dei rami che si raccoglie in ottobre-novembre, dalle
foglie che vanno raccolte in piena estate e dai fiori raccolti durante la fioritura. La
corteccia si essicca all’ombra e si conserva in sacchetti di carta o tela, ha proprietà
antireumatiche, sedative e contro la febbre.
Letteratura e leggende
Furono tra i primi alberi a colonizzare l’Italia dopo l’era glaciale. In oriente ha un
simbolismo positivo, rappresentando l’immortalità, l’eternità e la spiritualità. Per
questo motivo il suo legno è utilizzato per le statue, le colonne e gli elementi
dell’architettura sacra. In occidente, invece, ha un significato negativo ispirato dai
suoi rami che cadono al suolo, perciò è chiamato il salice piangente; i viali degli
inferi nella mitologia greca, sono costeggiati da salici e pioppi, alberi che rivestono
un significato analogo essendo entrambi collegati al lutto. Gli zingari di Romania
celebravano l’arrivo della primavera il 23 aprile, festa di S. Giorgio; il giorno prima
della festa un giovane salice veniva tagliato, decorato con foglie e ghirlande e
piantato in paese. Le donne incinte deponevano una loro veste ai piedi dell’albero:
se il giorno seguente vi trovavano sopra una foglia caduta avrebbero avuto un
parto felice. In alcuni paesi del nord i rami del salice vengono usati al posto
dell’ulivo: si fanno benedire per la Pasqua e poi vengono conservati e seccati. Nelle
campagne delle Fiandre al salice vengono attribuite proprietà "miracolose". Basta
recarsi di buon mattino presso un vecchio salice, fare tre nodi in uno dei suoi rami
e dire" Buongiorno, vecchio mio, ti cedo il mio….. raffreddore!". Bisogna poi
darsela a gambe senza voltarsi indietro.
La leggenda del salice
Gesù saliva verso il Calvario, portando sulle spalle piagate la
croce pesante.
Sangue e sudore scendevano a rigare il volto santo coronato di
spine.
Vicino a Lui camminava la Madre, insieme ad altre pie donne.
Gli uccellini, al passaggio della triste processione, si
rifugiavano, impauriti, tra i
rami degli alberi.
Ad un tratto - Gesù stramazzò al suolo. Due soldatacci, armati
di frusta, si
precipitarono su di Lui, allontanando la Madre, che tentava di rialzarlo "Su,
muoviti! E tu, donna, stàttene da parte."
Gesù tentò di rialzarsi, ma la croce troppo pesante glielo impedì.
Era caduto ai piedi di un salice ...Cercò inutilmente di aggrapparsi al tronco. Allora
l'albero pietoso
chinò fino a terra i suoi rami lunghi e sottili perché potesse, afferrandosi ad essi,
rialzarsi con minor
fatica. Quando Gesù riprese il faticoso cammino, l'albero rimase coi rami pendenti
verso terra: perciò
fu chiamato «Salice Piangente ».
Il salice nella poesia
Alle fronde del salice
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio,
al lamento d’agnello dei fanciulli,
all’urlo nero della madre
che andava incontro al figlio
crocefisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento
S. Quasimodo
SICOMORO
Nome latino Ficus sycomorus
Famiglia Moraceae
Origini
Habitat
Il sicomoro cresce fino ad un'altezza di 20 metri, e raggiunge i 6 metri di larghezza,
con una chioma ampia e tondeggiante. È un albero d’alto fusto sempreverde, molto
comune in Medio Oriente e in alcune regioni dell’Africa tropicale e del Sudafrica
Tronco
La corteccia va dal verde-giallo all'arancione.
Foglie
Sono ampie e a forma ovale, di colore verde scuro e consistenza coriacea.
Fiori
Quello che comunemente viene ritenuto il frutto è in realtà una grossa
infiorescenza carnosa piriforme (siconio), all'interno della quale sono racchiusi i
fiori unisessuali, piccolissimi; una piccola apertura apicale, detta ostiolo, consente
l'entrata degli imenotteri pronubi; i veri frutti, che si sviluppano all'interno
dell'infiorescenza, sono dei piccoli acheni.
Frutti
Inizialmente gialli e rossi a maturità raggiunta, sono siconi commestibili e si
sviluppano sui rami in densi grappoli; possono raggiungere i 5 cm di diametro.
Usi
Rappresenta una notevole risorsa per la fauna e per le popolazioni locali. I frutti e
le foglie hanno un notevole valore nutritivo e possono essere essiccati e conservati.
Ricercati da uccelli e mammiferi, sono raccolti dall’uomo per la propria
alimentazione e come cibo per il bestiame. Le foglie sono usate per il trattamento
dell’ittero e del veleno di serpente; il latice che si ricava incidendo la corteccia è un
rimedio contro la dissenteria e la tigna, la tosse e le infezioni della gola. L’albero ha
un ruolo importante nel miglioramento della qualità del suolo e nel suo
consolidamento; impiegato già nell’antico Egitto come pianta da ombra e da legno
(ad esempio, per la realizzazione di sarcofagi), è un ottimo posto di nidificazione
per gli uccelli e un rifugio per altre specie animali. Il suo legno, di colore chiaro, si
lavora con facilità.
Letteratura e leggende
L’albero ha una funzione cerimoniale nei rituali di diverse tribù africane.
Nella mitologia egizia il sicomoro era albero consacrato alla dea Hathor, detta
anche la "Signora del sicomoro”. Era considerato simbolo di immortalità.
Nel Vangelo secondo Luca (19,1-10), è nominato un sicomoro nella città di Gerico.
Un abitante di Gerico, un certo Zaccheo, essendo basso di statura, per vedere Gesù
salì su un sicomoro.
SPINO DI GIUDA
Nome latino: Gleditsia triacanthos L.
Nome volgare: Spino di Giuda, Acacia spinosa
Famiglia: Leguminosae
Origini: Nord-America
Fu introdotto e coltivato in Italia nel XVIII secolo. Venne utilizzato per la creazione
di siepi o come elemento di alberate suburbane anche per la produzione di
legname. Si trova coltivata anche la varietà priva di spine.
Habitat
Coltivata nelle siepi e nei giardini, spontanea nelle aree antropizzate Lo Spino di
Giuda non e' una specie autoctona, ma si é adattata in modo ottimale alle
condizioni climatiche della Piemonte. Introdotta come specie ornamentale, e' ora
diffusa su tutto il territorio regionale ad altitudini inferiori ai 500 metri. Albero alto
fino a 25m e più. Cresce in qualunque tipo di terreno adattandosi anche ai terreni
poveri. Ha una vita breve ma crescita veloce. Una sua debolezza è la fragilità dei
rami per cui è meglio piantarlo in luoghi a riparo dal vento. Ama gli spazi aperti.
Tronco
dritto, slanciato, irto di spine (come i rami) di colore rosso-bruno, lunghe fino a 57cm le maggiori, spesso accompagnate alla base da due spine più brevi e
divergenti, ovvero ramificate e riunite a mazzetti. Rami giovani lucidi, bruno
chiari, a decorso un po' zigzagante.
Foglie: alterne, pennate, con foglioline in numero pari o anche dispari (7-16
coppie), lanceolato - allungate,
sessili, si assottigliano verso l’apice.
Fiori
Ermafroditi raccolti in una infiorescenza a grappolo pendulo all’ascella delle foglie,
lunga 8-10 cm e di colore verde-giallastro; i fiori unisessuali maschili molto piccoli
sono riuniti in infiorescenze di colore giallastro e lunghe 4-7 cm, mentre quelle
femminili sono di minori dimensioni. La fioritura avviene in Maggio-Giugno.
Frutti
Sono legumi lunghi circa 24-25 cm., larghi 3 cm. di colore bruno-rossastro scuro,
lucidi, grandi, racchiudenti parecchi semi assai duri e con una polpa dolciastra. I
semi, che cadono in inverno, possono essere posti nel terreno sia in autunno sia in
primavera, dopo un periodo di ammollo di qualche ora in acqua tiepida. Essendo
le piantine sensibili al freddo, conviene fare la semina in un vaso.
Usi
Il legno, duro, compatto e pesante, si usa in falegnameria ed in carpenteria, resiste
bene all'umidità ed è un combustibile di ottima qualità. Le fronde giovani, cioè
tenere, vengono appetite dal bestiame. Soprattutto in forma arbustiva, questa
essenza legnosa si rivela un efficace raffrenatore di terreni instabili.
Curiosità
Esistono varietà da giardino prive delle spine e dei lunghi legumi, che a molti non
piacciono perché possono sembrare dei "serpenti"!
INVERTEBRATI
VERTEBRATI
PORIFERI
PESCI
CELENTERATI
ANFIBI
PLATELMINTI
RETTILI
NEMATODI
UCCELLI
ANELLIDI
MAMMIFERI
MOLLUSCHI
ECHINODERMI
ARTROPODI
ARACNIDI
CROSTACEI
MIRIAPODI
INSETTI
AIRONE CENERINO
Nome comune Airone cenerino
Nome scientifico Ardea cinera
Famiglia Ardeidea
Ordine Ciconiiformes
Classe Aves Uccelli
Habitat
E' una specie diffusa in tutta l'Europa centrale fino alle isole Britanniche e in
parte della penisola Scandinava e nell'Europa sud-orientale fino alla Grecia. In
Italia á sedentario, migratore regolare, parzialmente svernante; è ben diffuso
nella Padania occidentale (Piemonte, Lombardia).
Caratteristiche
Si distingue dagli altri aironi per le grandi dimensioni, le parti superiori grigie, il
collo e la testa bianchi con una striscia nera dall'occhio alla punta della lunga
cresta. Rimane immobile per lungo tempo nell'acqua o nelle vicinanze, con il
lungo collo teso o con la testa affondata nelle spalle. Il volo è potente con lenti e
profondi battiti d'ala. Il becco è giallastro, lungo e affilato, le zampe grandi e
brunastre, ma entrambi diventano di colore rossastro in primavera. Il volo è
potente, con lenti e profondi battiti di ala. L'apertura alare, nei maschi adulti, in
alcuni casi può raggiungere 2 m. di ampiezza. In volo tiene la testa arretrata tra le
spalle, come a formare una "S" e le zampe estese. Frequenta stagni, risaie, prati
allagati, canali, fiumi, laghi, e coste marine. Nidifica in colonie con altri aironi
(garzaie), predilige costruire il nido su alberi alti, ad almeno 25 m di altezza.
Anche se vi sono casi in cui i nidi sono posti su alberi più bassi o nei canneti. Il
suo areale di nidificazione è il più settentrionale tra quello degli Aironi Europei,
quindi alcune popolazioni sono soggette ad un elevato tasso di mortalità negli
inverni più rigidi. Comunque è riscontrato che, in questo caso, la specie ha forti
capacità di recupero nella consistenza numerica, tanto da diventare l'airone più
diffuso nelle aree nord occidentali europee.
Dimensione
Ha una lunghezza di 90-98 cm, un peso di 2kg
Comportamento
Le uova, deposte dalla metà di marzo, sono 4 - 5 per nido e la cova dura circa 25
giorni. I giovani sono nutriti nel nido per circa 50 giorni
Alimentazione
Si nutre di pesci, rane, girini, bisce d'acqua e invertebrati, in minor misura anche
di piccoli mammiferi.
CORMORANO
Nome comune Cormorano
Nome scientifico Phalacrocorax carbo
Famiglia Falacrocoracidi (Phalacrocoracidae)
Ordine Pelecaniformi (Pelecaniformes)
Classe Uccelli (Aves)
Habitat
Coste, lagune, estuari, spesso anche laghi e fiumi dell’ Europa, Asia centrale e
meridionale, Africa, Australia,
America nord orientale.
Caratteristiche
Ha un corpo slanciato e voluminoso. Il collo è lungo e il petto è prominente. Il
becco è forte, lungo e chiaro con la parte inferiore gialla. Le zampe sono palmate
per facilitare lo spostamento nell’ acqua.
Il piumaggio è bruno con sfumature chiare sotto la gola, che aumentano durante il
periodo riproduttivo. Nella parte superiore le ali hanno pennellate bronzee. In volo
ha un lento e potente battito di ali.
Complessivamente il cormorano misura 80-100 cm e ha un’apertura alare di 130160 cm.
Abitudini
Di solito evita le acque troppo profonde e raramente si allontana troppo dalle coste,
favorendo i laghi, le lagune, i delta, gli estuari, gli ampi e lenti fiumi.
Il cormorano può migrare totalmente, parzialmente e allontanarsi definitivamente
dall’area di origine in base alla popolazione, alla disponibilità di cibo e alle
condizioni climatiche.
Tranne che nel periodo riproduttivo vive in gruppi numerosi, in funzione anche
delle disponibilità di cibo. Nel periodo degli amori i maschi richiamano
l’attenzione della femmina verso l’area di nidificazione gonfiando le ali,
allungando il collo e il becco verso l’alto ed inarcando il collo verso la coda. A
volte, vicino al nido emettono dei suoni.
Tra marzo ed aprile sono deposte 3-4 uova in un nido costruito con i ramoscelli in
zone abitualmente riparate. Le colonie di nidificazione possono essere formate da
2000 coppie, ma spesso sono più piccole e frammentate e si trovano lungo le coste,
l’entroterra, su scogliere o su alberi. La schiusa avviene dopo un’incubazione di 4
settimane: la cova inizia prima che tutte le uova siano deposte e quindi la schiusa
delle uova avviene in tempi diversi. I piccoli cormorani diventano indipendenti
dopo circa cinquanta di giorni.
Alimentazione
è carnivoro e si nutre principalmente di pesce, sia d'acqua dolce che d'acqua salata.
La sua presenza in Italia, massiccia da circa vent'anni, sta cambiando radicalmente
la fauna acquatica dei nostri fiumi portandola addirittura all'estinzione
Curiosità
In molte zone il cormorano è perseguitato per la sua predilezione per il pesce. In un
giorno ne inghiotte elevate quantità, circa il 15% del peso corporeo.
FOLAGA
Nome comune Fologa
Nome scientifico Fulica atra
Famiglia Rallidi (Rallidae)
Ordine Gruiformi (Gruiformes)
Classe Uccelli (Aves)
Habitat
Vive negli stagni con canneti ai margini, nei laghi, fiumi, zone palustri e lagune
dell’Asia, Africa nord occidentale, Australia. È presente in quasi tutta l'Europa ad
eccezione del nord della Russia e Scandinavia centro-nord.
Caratteristiche
Il piumaggio della folaga è nero con una placca bianca sopra il becco, anch’esso
bianco. Gli occhi sono rosso chiaro; le zampe grigio-verdi, lunghe e le dita hanno
membrane per poter camminare sulla vegetazione acquatica. Discreta tuffatrice, è
in grado di resistere sott'acqua anche per mezzo minuto, "remando" con le ali. Il
maschio e la femmina non si differenziano molto tra loro.
Nel primo periodo i pulcini presentano un vivace piumaggio arancio, che ben
presto cambia in quello dell’adulto, anche se per il primo anno è più chiaro senza
placca bianca sopra il becco.
Questi uccelli trascorrono molto tempo in acqua e per facilitare il nuoto le dita sono
fornite di una membrana.
Abitudini
La folaga trascorre molto tempo a tuffarsi, non oltrepassando però i 2 m di
profondità. Sott’acqua strappa le erbe di cui si nutre e poi fuoriesce in superficie
velocemente, si alimenta anche di insetti, molluschi e lombrichi.
In acqua la folaga nuota velocemente, ma anche a terra si sposta con passo sicuro.
Qualche difficoltà presenta nel volo, tanto è che, in caso di pericolo, preferisce
allontanarsi correndo e solo se non ha altra alternativa vola. Conduce una vita
piuttosto solitaria, anche se per lunghi spostamenti, per l’inverno o quando le
risorse alimentari devono essere messe in comune, diventa socievole e si riunisce in
gruppi.
Nella stagione riproduttiva entrambi i sessi diventano aggressivi. Determinata
l’area il maschio allestisce una serie di abbozzi di nido che sono sfoggiati alla
femmina. Nel momento in cui la compagna ha espresso la propria preferenza, il
partner fornisce il materiale per la costruzione che è terminata dalla femmina.
Quando la coppia si è stabilizzata produce un canto particolare per segnalare la
propria presenza. Il nido è costruito vicino l’acqua e a volte galleggia attaccato a
canne. Le uova, da 6 a 12, vengono deposte in maggio e per venti giorni circa
incubate da entrambi i genitori. Al termine di questo periodo il pulcino, grazie alla
dura placca posta sopra il becco, rompe il guscio ed esce dall’uovo e il giorno
successivo è in grado di lasciare il nido. I pulcini sono molto vulnerabili ai
predatori e alle condizioni meteorologiche, infatti solo la metà della nidiata
sopravvive al primo periodo di vita. Per far fronte a ciò, i genitori iniziano una
seconda covata appena conclusa la prima: in questi giorni la femmina è impegnata
nella cova, mentre il maschio procaccia cibo per tutta la famiglia.
Alimentazione
In ordine di importanza: pesci, anfibi, rettili, pulcini di uccelli, alghe, insetti e larve.
Curiosità
Il pulcino uscito per primo dall’uovo aiuta i fratelli e le sorelle a sgusciare a loro
volta. Comunicano tra loro battendo con il becco: sia chi è nell’uovo sia chi è fuori.
GALLINELLA D’ACQUA
Nome comune Gallinella d’acqua
Nome scientifico Gallinula chloropus
Famiglia Rallidi (Rallidae)
Ordine Gruiformi (Gruiformes)
Classe Uccelli (Aves)
Habitat
Paludi, stagni con vegetazione acquatica abbondante e alta, anche tra la
vegetazione densa lungo i fiumi. In tutto il mondo tranne che ai Poli e in Australia.
Caratteristiche
Ha una coda corta e appuntita ed un becco protuberante. L’estremità del becco è
giallo e parte la rimanente è rossa, così come lo scudo che si estende sopra di esso;
anche le zampe sono gialle. Il piumaggio degli adulti è prevalentemente nero con
delle pennellate di bianco sui contorni delle ali e sul sottocoda. La livrea dei
giovani è marrone con del bianco sul sottocoda e sul sottocollo, il becco è marronegiallastro; già nel primo inverno i giovani hanno un piumaggio simile a quello dei
genitori, anche se con del bianco più esteso, il becco è uguale a quello degli adulti.
Abitudini
La gallinella d’acqua è una discreta nuotatrice e si è adattata a vivere nei più
diversi ambienti umidi tollerando piogge, venti e umidità, ma non sopportando le
temperature rigide. Questo uccello conduce una vita solitaria, ma anche in coppia
o in gruppi familiari. Solitamente è monogamo per il periodo riproduttivo. Il
maschio sfoggia un comportamento estremamente territoriale, combattendo con i
rivali a colpi di zampe fino a ferirsi, talvolta gravemente. Il nido, costruito con
ramoscelli, radici e ricoperto di erba, si trova sulla vegetazione emersa, oppure a
terra, ma vicino all’acqua. In primavera-estate vengono deposte di solito da 5 a 9
uova incubate per una ventina di giorni. Entrambi i genitori si occupano della
crescita dei piccoli che diventano indipendenti a circa 6 settimane e spesso aiutano
gli adulti a crescere la nidiata successiva.
Alimentazione.
È onnivora. Mangia ovunque: mentre nuota, mentre cammina sulle piante
galleggianti o a terra. In acqua immerge il capo con il corpo posto verticalmente
cibandosi di insetti e di pianticelle, anche se raramente nuota sott’acqua. A terra si
alimenta, oltre che di insetti, anche di frutti, semi e piante. Raramente si nutre di
conchiglie e di uova di uccelli.
Curiosità
Ogni spostamento della gallinella d’acqua è accompagnata da un accenno del capo
piuttosto curioso.
GARZETTA COMUNE
Nome comune Garzetta comune
Nome scientifico Egretta garzetta
Famiglia Ardeidi
Ordine Ciconiformi
Classe Aves Uccelli
Habitat
È presente in quasi tutto il bacino del Mediterraneo, dell’Africa, dell’Asia
meridionale, dell’Australia e dell’Indonesia. Vive prevalentemente in ambienti
acquitrinosi, canali, stagni e fiumi.
Caratteristiche
È lunga circa 55-65 cm, il suo peso varia da 350 a 650 g ed ha un'apertura alare di
85-95 cm. Il piumaggio è totalmente bianco, il becco è lungo e nero, come le zampe,
mentre i piedi sono giallastri. L'iride è gialla. In abito nuziale sviluppa alcune
penne ornamentali molto lunghe sulla nuca, alla base del collo e sul mantello. Non
esiste una caratteristica evidente che differenzia i due sessi.
Emette un verso gracchiante e ripetuto. In volo la garzetta ha la sagoma tipica degli
Aironi con la testa retratta tra le spalle, il collo piegato a Z e le ali battute
lentamente.
Il corteggiamento avviene da fine marzo a fine aprile. Le uova, blu-verdastre, in
media 4, sono covate per circa 20 giorni. Nidifica in colonie miste insieme ad altre
specie, costruendo grandi nidi tra i cespugli più alti o fra i rami dei salici e dei
pioppi. I pulcini rimangono nel nido per circa 30 giorni.
Aiutandosi con le lunghe zampe e sfruttando la rapidità e la precisione dei suoi
colpi di becco, caccia le sue piccole prede in acque basse. Spesso la si può osservare
in piccoli gruppi o insieme ad altri aironi.
Alimentazione
Si nutre di piccoli vertebrati come pesciolini, anfibi e rettili e invertebrati come
crostacei, molluschi ed insetti che cattura con colpi precisi del becco o inseguendoli
con i lunghi trampoli in acque basse.
Curiosità
In passato veniva cacciata dall'uomo per impadronirsi delle lunghe penne scapolari
usate a scopo ornamentale.
GERMANO REALE
Maschio
Femmina
Nome comune: GERMANO REALE
Nome scientifico: Anas platyrhynchos
Famiglia: Anatidi (Anatidae)
Ordine: Anseriformi (Anseriformes)
Classe: Uccelli (Aves)
Habitat
Popola tutto l’emisfero settentrionale, in Italia nidifica dappertutto e si vede
maggiormente in inverno e nei mesi di ottobre, novembre febbraio e marzo; il suo
habitat sono acque ferme ricche di vegetazione.
Caratteristiche
Il maschio ha la testa verde con riflessi metallici e alla base del collo ha un anello di
colore bianco; il corpo è grigio tranne nella zona vicino al collo che è rosso bruno; le
penne caudali sono bianche e nere; sull’ala ha una banda blu e due strisce bianche;
i piedi, come tutti gli acquatici, sono palmati e di colore arancio; il becco è giallo
pallido; la femmina è colore nocciola; nel periodo successivo alla muta i maschi e la
femmina hanno colori più spenti rispetto a quelli che mantengono il resto delle
stagioni; i giovani invece hanno i colori della femmina.
Dimensione
Il maschio misura circa 60 cm. e la femmina circa 50 cm. Vola con la testa e il collo
protesi in avanti, con battiti d'ali poco ampi ma rapidi.
Comportamento
Nidifica sulla terra ferma vicino l’acqua; si accoppia da marzo a maggio e i maschi
si contendono spesso la stessa femmina; la femmina costruisce il nido con foglie ed
erba, imbottendolo di piume; depone da 7 a 12 uova di colore verdastro che cova
per un mese; i piccoli lasciano il nido appena nati e incominciano a volare dopo un
paio di mesi.
Il maschio cambia compagna ogni anno. La ricerca del compagno comincia ad
agosto prima della stagione di allevamento. Dopo l'inizio del periodo di
incubazione, il maschio lascia la femmina e si unisce ad uno stormo di maschi. Il
maschio come richiamo emette un calmo yeeb, nel corteggiamento emette una
sorta di fefev-fefev-fefev. La femmina usa spesso un qua qua qua rumoroso, se
mentre sta covando si assenta e viene raggiunta da dei maschi, emette un verso
caratteristico que èh-èh-èh che sta ad indicare che è indisponibile ad accoppiarsi;
per difendere i piccoli da predatori o intrusi si agita sbattendo le ali e scagliandosi
addosso.
Dopo il periodo di allevamento, i germani formano dei grandi stormi e migrano
dalle alte latitudini verso le zone meridionali più calde dove si stabiliscono e si
nutrono fino all'inizio della nuova stagione d'allevamento. Alcuni germani possono
scegliere di restare durante l'inverno nelle zone in cui il cibo e il riparo sono
abbondanti: questi andranno a formare le popolazioni residenti. In Italia è
migratore, svernante e parzialmente sedentario.
Se una femmina si sente minacciata finge di essere ferita per allontanare la
possibile minaccia dai suoi pulcini.
Alimentazione
Si nutre di piante acquatiche insetti, vermi, lumache, larve e molluschi.
MORIGLIONE
Nome volgare Moriglione
Nome scientifico Aythya ferina
Famiglia Anatidi
Ordine Anseriformi
Classe Aves (Uccelli)
Habitat e Area di Distribuzione
Frequenta laghi, grandi stagni, bacini, estuari e in genere specchi d'acqua aperti
con fondali di media profondità; di rado sosta in mare. Specie distribuita come
nidificante in Europa centro-orientale, Isole Britanniche, parte della Penisola
Scandinava, Asia centrale. Migratore ed erratico, i quartieri di svernamento
interessano soprattutto l'Europa occidentale e l'intero bacino del Mediterraneo, l'
Africa a sud del Sahara e l'Asia meridionale. In Italia è presente in alcune aree
nord-orientali da settembre a metà aprile.
La stagione riproduttiva inizia in aprile. Il nido viene preparato in prossimità
dell'acqua su un cumulo di steli, giunchi e canne, ben nascosto tra la fitta
vegetazione; la femmina vi depone 6-12 uova, che cova per 24-26 giorni. I pulcini,
accuditi dalla madre, diventano indipendenti all'età di 7-8 settimane. La
deposizione avviene una volta all' anno.
Descrizione
II Moriglione ha dimensioni medio-grandi, forme abbastanza tozze, becco lungo
circa quanto la testa, ali non lunghe, coda breve e arrotondata. Il maschio ha il
capo nocciola scuro brillante, il dorso grigio chiaro e il petto nero. Il piumaggio del
maschio è completo da fine settembre a luglio. La femmina è brunastra scura con
guance, gola e base del becco più chiare.
Ambedue i sessi hanno la banda alare grigiastra, il becco nero con striscia
azzurrognola mediana, più opaca nella femmina, e le zampe grigie. In volo, visto
da sotto, il maschio è riconoscibile per la testa castana, il petto nero, l'addome
bianco, il sottocoda nero e le ali bianco-grigiastre; la femmina appare più bruna,
senza netti contrasti di colore.
Abitudini
Di indole abbastanza socievole, conduce vita gregaria e durante le migrazioni si
riunisce in branchi numerosi. Come tutte le anatre tuffatrici si alza in volo con
fatica, strisciando obliquamente sulla superficie dell'acqua, ma in quota possiede
un volo rapido. Durante i piccoli spostamenti i piccoli branchi volano in
formazione compatta, mentre sulle lunghe distanze i branchi assumono una
formazione a V. E' un ottimo nuotatore e quando viene disturbato preferisce
allontanarsi a nuoto invece che prendere il volo. È abilissima nel nuoto sott'acqua
ed è capace di percorrere lunghi tratti in immersione. Sul terreno si posa di rado,
sebbene cammini con disinvoltura. Preferisce recarsi in pastura al mattino ed alla
sera.
ALIMENTAZIONE
Si ciba principalmente di sostanze vegetali (piante acquatiche, semi, erba, ecc.), ma
anche di molluschi, crostacei, insetti, vermi, anfibi, piccoli pesci.
Dimensioni
Lunghezza: 39/41 cm
Peso: 800/1250 gr
Ala: 21/22 cm
Apertura alare: 68/75 cm
Becco: 50 mm
Tarso: 35 mm
Coda: 52 mm
NITTICORA
Nome comune: Nitticora
Nome scientifico: Nycticorax nycticorax
Famiglia: Ardeidi (Ardeidae)
Ordine: Ciconiformi (Ciconiiformes)
Classe: Uccelli (Aves)
Habitat
Vive presso le acque dolci, dove la profondità non è elevata di tutto il mondo,
tranne Indocina e Oceania.
Caratteristiche
Il becco lungo ed appuntito è scuro e prosegue con del piumaggio grigio scuro sino
all’occhio. La livrea è bianca sul capo ed in cima ha un ciuffo di penne nere che si
allunga all’indietro; il petto e le ali sono grigie; sulle spalle ci sono due fasce
parallele nere che durante il volo si uniscono al piumaggio nero del capo.
Il giovane ha un piumaggio marrone-grigiastro con pennellate chiare. Già nel
secondo inverno la livrea della giovane nitticora è simile a quella dell’adulto, anche
se i colori sono meno nitidi e contrastanti.
La nitticora è lunga 58-65 cm, ha un’apertura alare di 105-112 cm e pesa 500-800 g.
Il maschio è più grande della femmina.
Batte lentamente le ali, con la testa piegata indietro e le zampe distese. Il volo è
potente e regolare. Quando vola durante i giorni freddi ritrae le zampe per
conservare il calore.
Abitudini
Ha abitudini soprattutto crepuscolari e notturne, tranne che nel periodo di cura ai
nidiacei. Spesso il giorno lo trascorre appollaiata tra i rami degli alberi nascosta tra
le foglie.
Ha colonizzato zone caldo-temperate e subtropicali, soprattutto regioni con climi
continentali secchi. Di solito si alimenta al limite degli specchi d’acqua (come laghi,
lagune, paludi, fiumi,…), oppure in aree momentaneamente secche, ma soggette a
periodiche inondazioni (come risaie e fossati). Per questa varietà di ambienti, la
nitticora è in grado di camminare, di guadare i corsi d’acqua, di arrampicarsi e,
talvolta, di nuotare. Vola velocemente solitamente a basse quote, ma si porta ad
alta quota durante le migrazioni.
In luglio-agosto i giovani si disperdono (ossia si allontanano dall’area natale) in
tutte le direzioni. Ad eccezioni delle popolazioni più meridionali, le rimanenti
popolazioni europee trascorrono l’inverno nel continente africano, per fare poi
ritorno in primavera.
Nelle ore crepuscolari la nitticora cattura, all’interno di ogni personale territorio,
anfibi, pesci ed insetti.
L’attività riproduttiva corrisponde ad una fase di aggregazione, spesso anche con
altri appartenenti alla medesima famiglia. In primavera sono deposte le uova su
nidi posti tra gli alberi, ad altezze variabili tra qualche metro sino ad una
cinquantina. Su uno stesso albero vi possono essere 20-30 nidi, e non
necessariamente di nitticora, ma anche di altri Ardeidi. La costruzione del nido, un
insieme disordinato di ramoscelli, è avviata dal maschio e completata dalla
femmina. Le uova blu - verdastre sono incubate per circa 3 settimane, e i giovani
sono indipendenti nell’arco di 40-50 giorni.
Curiosità
La nitticora costruisce il nido sugli alberi in prossimità di nidi realizzati da altri
Aldeidi.
Alimentazione
Si ciba di anfibi,
soprattutto rane, pesci e insetti.
ECOSISTEMA DI ACQUA DOLCE
FIUME
Il fiume è un ambiente facile da osservare che può essere analizzato nelle sue
diverse parti da quando nasce a quando si butta nel mare. È un corso d’acqua che
scorre maggiormente in superficie ma può essere anche sotterraneo; può essere
alimentato dalle piogge, dalle nevi o ghiacciai o dalle falde idriche sotterranee.
Il PO a Torino
Il fiume dalla sorgente alla foce
Il punto in cui il fiume nasce è la sorgente. Durante il suo percorso verso il
mare/lago, si possono unire al fiume altri corsi d'acqua, che rappresentano i suoi
affluenti. Il punto in cui il fiume sbocca nel mare o lago è la sua foce.
Il fiume di regola ha una pendenza maggiore nei primi tratti dopo la sorgente, e
man mano che si scende la pendenza diminuisce, così come la velocità. Questo
andamento si chiamo profilo del fiume. Esiste un profilo ideale, il profilo
d'equilibrio, che rappresenta la situazione nella quale non c'è né erosione né
sedimentazione per tutta la lunghezza del fiume. Se il profilo reale è diverso da
quello d'equilibrio, nei tratti in cui il primo è più alto del secondo si ha erosione,
viceversa ha luogo la sedimentazione.
La forza delle acque è tale da erodere la roccia e trascinare con sé detriti di varie
dimensioni: pietre, vegetali, fango, sabbia... Dopo aver superato i pendii più ripidi,
il fiume comincia a depositare detriti sempre più piccoli e, una volta arrivato in
pianura, lascia solo sabbia, fango e materiale molto piccolo.
La quantità d'acqua che scorre in un fiume si misura con la portata, cioè il volume
d'acqua che passa attraverso una sezione trasversale del fiume nell'unità di tempo
e nella maggior parte dei casi si possono riconoscere tre situazioni:
1. magra, nei periodi più secchi, quando nel fiume scorre poca acqua;
2. morbida, nei periodi umidi, in cui nel fiume scorre abbondante acqua;
3.
piena, quando scorre una quantità di acqua tale da inondare aree che
normalmente sono asciutte.
Considerando una sezione trasversale del fiume, è possibile individuare
1. il letto: il terreno sul quale l'acqua scorre
2. l'alveo: la parte della sezione trasversale occupata dal flusso dell'acqua
3. gli argini: non sempre presenti, sono due rilievi del terreno paralleli
all'alveo, possono essere naturali o artificiali
4. la valle o la pianura alluvionale: il territorio nel quale il fiume scorre. La
valle è un'incisione a forma di V, originata dall'erosione del fiume e delle
precipitazioni, per questo la pendenza dei versanti è maggiore quanto è
maggiore la compattezza del terreno; la pianura alluvionale è una pianura
formata dai sedimenti depositati gli uni sugli altri dalle piene del fiume
5. la riva destra e la riva sinistra: guardando nel senso della direzione di
scorrimento.
Il bacino di un fiume, infine, comprende tutta l'area nella quale l'acqua delle
precipitazioni si raccoglie, tramite scorrimento e affluenti, nel fiume stesso.
La foce
La foce può essere di tre tipi:
1. Una foce semplice: un solo ramo
2. La foce a delta si forma quando la corrente del mare (poco profondo) è così
debole che non riesce a portar via i detriti trasportati dal fiume, le sabbie si
depositano e impediscono alle acque di arrivare al mare. Le acque del
fiume si dividono allora in due o più rami prendendo una caratteristica
forma triangolare (Po, Danubio, Nilo e Mississippi)
3. La foce ad estuario si forma quando la forza del mare è così violenta che
spazza subito via i detriti del fiume. Il mare col tempo allarga sempre di
più la foce e abbassa il letto del fiume e le sue sponde si allargano ad
imbuto (Senna e Tamigi).
Dalla sorgente alla foce in un fiume possiamo distinguere tre tratti, ognuno
caratterizzato da una propria vita:
1. tratto superiore: qui il fiume scorre in montagna ed è un ruscello; l’acqua,
in continuo movimento, è limpida e scende velocemente perché il terreno
ha una forte pendenza. Man mano che scende verso il basso, il ruscello si
ingrossa e diventa torrente e la sua velocità diminuisce perché è minore la
pendenza del terreno. L’acqua è fredda perché proviene dallo scioglimento
dei ghiacciai o da alte quote. In questo tratto troviamo: alghe, felci, muschi,
licheni, ontani, larve di tricotteri, effimere, plecotteri, trote, temoli, merlo
acquaiolo
2. tratto medio: siamo in pianura dove l’acqua scorre sempre più lenta perché
il corso del fiume si allarga. In questo tratto è possibile trovare ampie curve
chiamati meandri; se sono presenti sbarramenti naturali che il fiume non
riesce a sfondare, deposita il materiale che trasporta, isola la curva e forma
una lanca. Le acque sono stagnanti. In questo tratto troviamo: piante
erbacee, salici, pioppi, barbo, cavedano, gamberetti di acqua dolce, martin
pescatore aironi
3. tratto inferiore: in questa zona si può trovare sia acqua salata sia acqua
dolce originando acque salmastre. Questa fase crea depositi molto
importanti perché possono modificare il profilo della zona in cui si
immette. In questo tratto troviamo: canneti, giunchi di palude, tife, carpe,
tinche, lucci, spinarelli, anguille, orate, spigole, granchi e gamberi di fiume,
svasso maggiore, airone cinerino e ratti d’acqua.
IL FIUME PO
Il Po è uno dei fiumi dell'Italia settentrionale; la sua lunghezza di 652 km lo rende il
fiume più lungo dell’Italia, con il bacino più esteso e con la massima portata alla
foce.
Nasce in Piemonte, bagna quattro capoluoghi di provincia (Torino, Piacenza,
Cremona e Ferrara), segna il confine tra Lombardia ed Emilia-Romagna, tra
Emilia-Romagna e Veneto. Sfocia nel mar Adriatico in un grande delta con 6 rami.
Per la maggior parte del suo percorso il Po scorre in territorio pianeggiante,
chiamato pianura o Valle Padana.
Per la sua posizione geografica, la sua lunghezza, il suo bacino e gli eventi storici,
sociali ed economici, il Po è il corso fluviale italiano più importante.
Il Po era chiamato dai Greci Eridanós, in latino Eridanus e in italiano letterario
Eridano. In origine, questo nome indicava un fiume mitico che sfociava
nell'Oceano e solo dopo venne identificato con il Po.
Importanza
Attraversa gran parte dell'Italia settentrionale, da ovest verso est percorrendo tutta
la Pianura Padana. Sulle sue rive oltre ad abitare tante persone, sono concentrate
oltre un terzo delle industrie e della produzione agricola italiana e più della metà
del patrimonio zootecnico. Questo rende il Po e il suo bacino una zona importante
per l'intera economia italiana ed una delle aree europee con la più alta
concentrazione di popolazione, industrie e attività commerciali.
Corso del fiume
La sua sorgente si trova in Piemonte in provincia di Cuneo sulle Alpi Cozie e
precisamente in Località Pian del Re ai piedi del Monviso, sotto un grosso masso
con la targa che ne indica l'origine. Insieme ad altri numerosi sorgenti, inizia a
scorrere impetuoso verso valle.
Sbocca in pianura arricchendosi di affluenti fino a Torino dove è un corso d'acqua
notevole con un ampio letto e una portata media.
Procedendo verso est, arriva nella piana Vercellese dove si arricchisce dell'apporto
di importanti affluenti come Dora Baltea e Sesia. Piegando verso sud, continua poi
a bagnare il Monferrato in provincia di Alessandria e segna il confine tra Piemonte
e Lombardia.
Dopo la confluenza del Tanaro entra in territorio lombardo scorrendo in provincia
di Pavia dove riceve le acque del Ticino diventando così navigabile anche da grosse
imbarcazioni sino alla foce.
Il PO continua a scorrere bagnando città importanti come Piacenza e Cremona,
ricevendo contributi dagli affluenti alpini Adda, Oglio e Mincio e moltissimi altri
fiumi minori provenienti dall'Appennino che ne accrescono la portata.
Nella zona di Ferrara il fiume scorre "pensile" sul confine tra Veneto ed EmiliaRomagna, nella regione storica del Polesine.
Qui il fiume inizia il suo ampio delta, dividendosi in 5 rami principali (Po di
Maestra, Po della Pila, Po delle Tolle, Po di Gnocca e Po di Goro) e 14 bocche; un
altro ramo secondario (il Po di Volano) che attraversa la città di Ferrara, è ora
inattivo. Finalmente il grande fiume sfocia nel Mar Adriatico.
Il delta del Po, per la sua grande valenza ambientale, è stato dichiarato patrimonio
dell'umanità dall'UNESCO.
Fauna ittica
Il Po ed i suoi affluenti presentano una fauna ittica di alto interesse biogeografico
ed ecologico. Purtroppo a partire dalla seconda metà del secolo scorso sono state
introdotte molte specie ittiche alloctone che hanno inquinato questa straordinaria
biodiversità.
CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE
LE ACQUE MINERALI
CLASSIFICAZIONE
DELLE
ACQUE NATURALI
IL CICLO DELL’ACQUA
ACQUE PER
USI INDUSTRIALI
L’ACQUA
INQUINAMETO DELLE ACQUE
ACQUE DI RIFIUTO
DISSALAZIONE DELL’ACQUA
L’ACQUA E LA VITA
COMPOSIZIONE
PURIFICAZIONE DELL’ACQUA
L’ACQUA
Composto chimico formato da idrogeno e ossigeno che si combinano nella
proporzione di due ad uno, per dar luogo a una sostanza che, in natura, si trova
allo stato solido (ghiaccio, neve), liquido e aeriforme (vapore). La formula H2O si
riscontra soltanto allo stato di vapore.
IL CICLO DELL’ACQUA
Il ciclo ideologico rappresenta l’insieme di tutti i fenomeni legati all’acqua nel suo
naturale movimento sulla superficie terrestre. Nel termine ciclo è insita l'idea di un
meccanismo di ricircolo. Ad ogni ciclo la molecola d’acqua viene sottoposta ad
almeno due cambiamenti di stato: da vapore a liquido o solido e nuovamente a
vapore.
Tutti i processi di formazione e di trasporto del vapore sono attivati dall’energia
solare.
L'acqua evapora, sotto l'azione della radiazione solare, a partire dal terreno, dalla
vegetazione e dagli specchi d'acqua, per poi essere trasportata, sotto forma di nubi
di vapor d'acqua, dal movimento dell'atmosfera.
Le nubi, in particolari condizioni di temperatura e pressione, tendono quindi a
ricondensarsi precipitando nuovamente al suolo o sugli specchi d'acqua sotto
forma di piccole goccioline d'acqua o cristalli di neve.
Se la precipitazione è solida tenderà ad accumularsi sulla superficie, se invece la
precipitazione è liquida i suoli possono trattenere temporaneamente tutta o parte
della precipitazione.
L'acqua infiltrata al suolo verrà in parte richiamata dalle radici delle piante e
rilasciata in atmosfera sotto forma di traspirazione, in parte drenata dal terreno, ed
in parte andrà a ricaricare le falde sottostanti.
CARATTERISTICHE FISICO-CHIMICHE
L’acqua è un liquido inodore, insapore, incolore.
Ognuno dei due atomi di idrogeno presenta una parziale carica positiva e quello di
ossigeno una parziale carica negativa. Ne consegue che ogni atomo di idrogeno
nell’acqua può essere attratto dall’ossigeno di una molecola vicina. L’acqua fonde a
0°C e bolle a 100°C.
Allo stato solido, quindi sotto forma di ghiaccio, questo elemento è meno denso
rispetto a quando si trova allo stato liquido e, oltretutto, rimane in superficie
(l’aumento di volume dell’acqua congelando è di circa l’8%). Quando il ghiaccio
comincia a fondere, la rottura dei legami idrogeno comporta la contrazione
dell’acqua, fenomeno che si manifesta tra 0 e 4 oC; a 4 oC l’acqua presenta la sua
densità massima. Come altri liquidi, può esistere in condizione di soprafusione,
cioè può trovarsi allo stato liquido anche a una temperatura minore del punto di
fusione, e può essere raffreddata fino a -25 °C senza congelare. L'acqua soprafusa è
fortemente instabile dal punto di vista fisico. Le proprietà dell'acqua vengono
spesso sfruttate per tarare strumenti di misura della temperatura, del volume e
della massa.
Ottimo solvente, l’acqua reagisce con i metalli alcalini a freddo, con altri a caldo; si
combina con gli ossidi formando gli idrossidi e con le anidridi per dare acidi. La
sua presenza è indispensabile in molte reazioni.
CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE NATURALI
La composizione chimica di queste acque dipende dai terreni da cui provengono:
sono acide, se contengono acidi umici, acido carbonico, borico, solfidrico eccetera;
dure, per la presenza di sali di calcio e magnesio. La durezza ha molta importanza
per gli usi industriali: in base a essa le acque si classificano in dolci, dure e
durissime.
Un terreno speciale è il mare che contiene in media il 3.5% di sali, di cui la
maggioranza è costituita dal cloruro di sodio.
LE ACQUE MINERALI
Le acque minerali in commercio si differenziano per diverse caratteristiche. Per
saperle basta saper leggere e interpretare l’etichetta. Il dato più importante da
osservare è il residuo fisso a 180°. Questo indica la qualità di sali minerali che
rimangono sul fondo di un recipiente quando si scalda l’acqua a 180°, facendola
evaporare. In base al loro contenuti di sali, le acque si dividono in “minimamente
minerali”, “oligominerali”, “medio minerali” e “minerali”. Meno sali contiene più
l’acqua è leggera e quindi adatta ad un uso quotidiano come acqua da tavola. Un
acqua a basso contenuto di NA+ favorisce la diuresi.
Più l’acqua è priva di sali più è leggera e diuretica e facilita il processo d
depurazione dell’organismo. Se invece il residuo fisso supera i 1.500 mg per litro
l’acqua è “medicamentosa” e il suo usa va subordinato al parere medico.
Le acque minerali si differenziano anche in base al gusto:
a)acque minerali gassate o medio gassate, che si presentano con effervescenza
naturale o per addizionamento di gas;
b) acque minerali piatte, cioè non effervescenti né contenenti gas.
ACQUE PER USI INDUSTRIALI
A seconda degli impieghi, devono possedere requisiti fisico-chimici particolari.
ACQUE DI RIFIUTO
Sono quelle provenienti dallo scarico di abitazioni, officine, industrie. Le acque
nere o luride contenenti deiezioni umane di solito sono mescolate a quelle bianche;
non possono essere immesse direttamente nei corsi d’acqua, ma devono essere
depurate ricorrendo all’azione di batteri che agiscono soltanto in presenza di aria.
L’ACQUA E LA VITA
L'acqua costituisce una frazione compresa tra il 50 e il 90 % del peso corporeo degli
organismi viventi, Il protoplasma cellulare, in cui l'acqua rappresenta l'elemento
disperdente; grassi, carboidrati, proteine, sali e altre sostanze chimiche vengono
disciolte e trasportate in soluzione acquosa.
L’acqua è presente in tutte le sostanze esistenti in natura sulla crosta terrestre ed è
il composto predominante di qualsiasi tipo di materia vivente. Sulla terra essa è
presente in tre stati in quantità di 45.000 miliardi di metri cubi di cui 3.000.000 mc.
sono rappresentati da acqua dolce. La quantità complessiva d’acqua presente non
varia.
È la sostanza che in maggiore quantità entra ed esce dal corpo dell’uomo: un uomo
adulto assume circa 3 litri di acqua al giorno attraverso i cibi, l’acqua bevuta, è
parte di esse deriva dalle reazioni metaboliche che si svolgono nell’organismo.
L’acqua raramente scende al disotto del 50% del peso di un organismo, se ciò
succede deve reintegrare l’acqua al suo interno al più presto.
L'acqua nel nostro corpo si trova così distribuita:
•
•
•
•
•
•
acqua intracellulare, rappresenta il 40%
acqua extracellulare, circa il 20%
acqua plasmatica
acqua interstiziale e linfa
acqua del tessuto connettivo e osseo
liquidi transcellulari, prodotti dalle ghiandole esocrine e dalle mucose .
L'acqua non è ugualmente distribuita in tutti i tessuti. Con l'avanzare dell'età il
tenore idrico dell'organismo diminuisce per colpa dell’abbassamento della capacità
di ritenzione degli stessi tessuti.
Il volume dei liquidi varia anche al contenuto dei grassi: gli obesi hanno un minor
contenuto d'acqua rispetto ai magri; l'organismo femminile ne contiene meno
rispetto a quello maschile.
Quando l'acqua introdotta e quella che si forma nell'organismo equivale in
quantità a quella eliminata (urine, sudore, polmoni e pelle), l'individuo è in
equilibrio idrico.
Le vie di eliminazione sono rappresentate da urine, feci, il sudore e l'aria espirata.
Se l'equilibrio è alterato si manifestano i sintomi di un'intossicazione da acqua, se le
entrate superano le uscite, o di una disidratazione nel caso opposto.
L'intossicazione è caratterizzata da: disfunzioni gastrointestinali, debolezza
muscolare, irregolarità del battito cardiaco, disorientamento anche fino al coma.
Più grave e più comune è invece la disidratazione i cui sintomi sono: secchezza
orale, aumento dell'emoconcentrazione, astenia, cefalea, irritabilità, insonnia,
difficoltà di concentrazione per arrivare ad ipertermia, astenia profonda e collasso.
L’acqua può essere però anche considerata un potenziale veicolo di malattie. Le
malattie più comuni sono: tifo, colera, salmonellosi ed epatite. Esistono tre forme di
epatite fra queste solo la prima, la A può essere trasmessa attraverso l’acqua. In
situazioni di carenza di acqua è frequente il rischi di epidemie di queste malattie.
Il controllo delle infezioni delle malattie trasmissibili con l’acqua si basa
sull’adozione di semplici misure igieniche e su un efficace smaltimento dei liquami
fecali.
Un aumento dell’attenzione agli aspetti della salute e della forma fisica hanno
contribuito all’incremento dei consumi di acque imbottigliate dal commercio.
Carenza di igiene, ma anche carenze idriche per alcune zone del paese, hanno fatto
si che un numero sempre maggiore di cittadini si rivolgesse alla acque minerali per
le loro caratteristiche fondamentali: purezza batteriologica e proprietà salutari. Una
funzione d’uso particolare è soddisfatta dalle acque salutistiche consumate per
specifici problemi di dieta o curativo-terapeutici.
COMPOSIZIONE
Poiché l'acqua ha un elevato potere solvente, raramente può essere trovata in
natura allo stato puro.
L'acqua discioglie le sostanze minerali presenti nelle rocce e nel suolo,
arricchendosi di composti chimici. L'acqua di superficie spesso contiene sostanze
inquinanti di origine industriale, agricola e domestica. Nell'acqua potabile sono
normalmente presenti quantità rilevanti di fluoruri.
Nell'acqua marina, oltre al cloruro di sodio, sono contenuti numerosi altri sali. Il
continuo apporto d'acqua dolce, nei mari e negli oceani, viene equilibrato dal
processo di evaporazione che mantiene pressoché costante la concentrazione dei
sali.
PURIFICAZIONE DELL’ACQUA
Per le acque destinate all'uso domestico o industriale si rendono necessari processi
di purificazione e potabilizzazione. Le sostanze in sospensione vengono
generalmente eliminate mediante vagliatura o sedimentazione. L'odore e il gusto
sgradevoli possono essere ridotti usando sostanze assorbenti, mentre l'aggiunta di
cloro e l'irraggiamento selettivo contribuiscono a ridurre l'eventuale carica
batterica.
I trattamenti di potabilizzazione consistono in:
• correzioni, attraverso la sedimentazione, la filtrazione e
l’addolcimento. Quando l’acqua contiene una quantità significativa di
calcio e di magnesio, è denominata acqua pura. L’addolcimento
•
dell’acqua è una tecnica che favorisce la rimozione degli ioni di calcio e
di magnesio.
disinfezioni, consiste nella distruzione di tutti i microrganismi, essa
avviene mediante l’aggiunta di sostanze battericide quali il cloro e
l’ozono.
DISSALAZIONE DELL’ACQUA
Nelle zone aride o semiaride, sono stati sviluppati diversi metodi per ricavare a un
costo accettabile acqua dolce dall'acqua di mare o dalle acque salmastre.
Le tecniche più usate, l'evaporazione a effetto multiplo, la distillazione per
compressione di vapore e l'evaporazione istantanea, si basano sull'evaporazione
dell'acqua e sulla successiva condensazione del vapore ottenuto. Il terzo metodo,
che è il più usato, consiste nell'immettere acqua di mare riscaldata in serbatoi in
forte depressione, in cui essa vaporizza quasi immediatamente. Il vapore viene
estratto e condensato, producendo acqua dissalata.
Un altro metodo consiste nel congelare l'acqua di mare: i cristalli di ghiaccio
vengono separati dall'acqua satura di cloruro di sodio, lavati dal sale e sciolti in
modo da ottenere acqua dolce.
Il problema principale della dissalazione delle acque è costituito dai costi.
Ricordiamo che l’acqua è potabile se contiene meno di 500 parti per milione (ppm)
di sali.
INQUINAMENTO DELLE ACQUE
La contaminazione dell’acqua è causata dall’immissione di sostanze quali prodotti
chimici e scarichi industriali e urbani, che ne alterano la qualità compromettendone
gli abituali usi.
I principali inquinanti idrici sono: le acque di scarico, i fertilizzanti e tutte le
sostanze che favoriscono una crescita eccessiva di alghe e piante acquatiche, i
pesticidi e sostanze chimiche organiche, il petrolio e i suoi derivati, metalli, sali
minerali e composti chimici inorganici; sabbie e detriti, sostanze o scorie
radioattive. Le sostanze contaminanti contenute nell’acqua inquinata possono
provocare innumerevoli danni alla salute dell’uomo e all’equilibrio degli
ecosistemi. Tra gli inquinanti più nocivi per l’uomo vi sono alcuni metalli pesanti,
come il mercurio, l’arsenico, il piombo e il cromo.
Gli ecosistemi lacustri sono particolarmente sensibili all’inquinamento. L’eccessivo
apporto di fertilizzanti dilavati dai terreni agricoli può avviare un processo di
eutrofizzazione (crescita smodata della flora acquatica che consumano l’ossigeno
disciolto nell’acqua). Sul fondo del bacino si accumulano sedimenti di varia natura
e nelle acque avvengono reazioni chimiche che mutano l’equilibrio e la
composizione dell’ecosistema. Un’altra fonte di inquinamento idrico è costituita
dalle cosiddette piogge acide, che hanno già provocato la scomparsa di ogni forma
di vita.
Finora l’obiettivo primario dei programmi di smaltimento degli scarichi urbani è
stato quello di ridurre la concentrazione delle sostanze inquinanti e dannose.
Da qualche tempo, tuttavia, una maggiore attenzione viene rivolta anche al
delicato problema del trattamento e dello smaltimento dei fanghi che si producono
nei processi di depurazione.
Gli scarichi industriali contengono una grande varietà di inquinanti. Il loro impatto
sull’ambiente è complesso: le sostanze tossiche rinforzano reciprocamente i propri
effetti dannosi e quindi il danno complessivo risulta maggiore della somma dei
singoli effetti. La concentrazione di inquinanti può essere ridotta limitandone la
produzione all’origine.
I fertilizzanti chimici e i liquami prodotti dagli allevamenti sono ricchi di sostanze
organiche che vanno a riversarsi nelle falde acquifere o nei corpi idrici superficiali.
Spesso i liquami di origine animale vengono scaricati a volte direttamente sul
terreno e da qui sono trasportati dall’acqua piovana nei fiumi, nei laghi e nelle
falde sotterranee. In questo caso, per limitare l’impatto degli inquinanti si possono
adottare semplici soluzioni, come l’uso di bacini di decantazione o di vasche per la
depurazione dei liquami.