Come organizzare l´attività del bambù

Come organizzare l’attività
Kit Creaimpresa
COME ORGANIZZARE L’ATTIVITÀ
Indice
LA PIANTA DEL BAMBÙ
IL CICLO BIOLOGICO
LA PROPAGAZIONE DEL BAMBÙ
L’ESTENSIONE DELLA COLTIVAZIONE E LE POSSIBILI RESE
IL CLIMA
DOVE COLTIVARE IL BAMBÙ
IL TERRENO
LA PREPARAZIONE DEL TERRENO
LA CONCIMAZIONE
IL TRAPIANTO
L’IRRIGAZIONE
LA DIFESA ANTIPARASSITARIA
LA POTATURA
LA RACCOLTA DEI GERMOGLI
LA RACCOLTA DEI CULMI
LA CIPPATURA DEL LEGNO DI BAMBÙ
LA COLTIVAZIONE IN VASO
I FABBRICATI
LE MACCHINE AGRICOLE E LE ATTREZZATURE
LE MANSIONI
I CONSORZI
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8
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31
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La pianta del bambù
Il bambù è una pianta vigorosa, a portamento arbustivo, sempreverde e con
caratteristiche molto diverse a seconda della specie.
Le piante di bambù appartengono alla famiglia delle Graminacee e alla sottofamiglia
delle Bambuseae, che è formata da circa 100 generi differenti e oltre 1.400 specie.
Tutti gli elementi delle piante di bambù sono costituiti
da due tipi di segmenti, il nodo e l’internodo, che si alternano
in continua successione.
Il nodo è sede di una o più gemme, da cui si possono
formare
rami,
rizomi,
culmi,
foglie
e
radici,
mentre
l’internodo è il segmento a forma tubolare che unisce due
nodi a una determinata distanza. Nel rizoma l’internodo è
costituito
da
legno
pieno,
mentre
nel
culmo
è
prevalentemente cavo.
Fonte: balconygardenweb.com
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A seconda della specie possono variare il colore del fusto e delle foglie, l’altezza e il
diametro del fusto, la vigorosità complessiva della pianta.
La differenza fisionomica tra le diverse specie di bambù è così evidente da far pensare
a famiglie botaniche differenti. Tuttavia, ogni pianta appartenente a questa famiglia è
composta da quattro parti essenziali: il rizoma, il fusto (o culmo), i rami e le foglie.
Il rizoma. Dal punto di vista botanico, il rizoma è un fusto orizzontale modificato per la
vita sotterranea che svolge funzione di riserva e accumulo dei sintetizzati fotosintetici, di
ancoraggio al terreno e di supporto nella diffusione vegetativa della pianta.
I rizomi di bambù formano, nel primo metro di terreno, un sistema a rete che stabilizza i
pendii e contribuisce a combattere l’erosione prodotta da acqua, vento e smottamenti.
Dal rizoma partono le radici, sottili e più o meno ramificate, che costituiscono l’unico
elemento del bambù non segmentato e svolgono la funzione di ancoraggio nel terreno e di
rifornimento di acqua ed elementi nutritivi.
Il rizoma è composto dalla successione di nodi e internodi robusti. Presenta all’apice una
gemma dominante, avvolta da una fascia di guaine appuntite, e gemme laterali su
ciascuno dei nodi.
La gemma apicale cresce in profondità nel suolo in senso orizzontale; le gemme laterali
presenti sul nodo, invece, possono rimanere dormienti per molti mesi o anni prima di dare
vita a un nuovo culmo o a un nuovo rizoma. Solitamente dopo circa 3 o 4 anni la capacità
germinativa delle gemme si riduce.
Il rizoma può avere due forme ed essere pachimorfo (simpodiale) o leptomorfo
(monopodiale). La forma del rizoma determina il portamento della pianta, la sua capacità
esplorativa del terreno e la più o meno elevata densità di culmi.
Il rizoma pachimorfo è tipico di bambù tropicali
e
subtropicali
riscontrabile
come
anche
in
i
Bambusa,
alcuni
ma
bambù
è
delle
regioni temperate, come i Fargesia.
È un rizoma corto, tozzo e ricurvo verso l’alto,
che fuoriesce dal suolo per dare origine a un
nuovo culmo vicino a quello esistente. Le
piante con questa tipologia di rizoma crescono
tra loro molto vicine ma, poiché aumentano di
soli 10 - 15 centimetri all’anno, non sono
considerate invasive.
I rizomi leptomorfi presentano, invece, una
forma cilindrica, sottile e allungata, hanno uno
sviluppo indeterminato e in una sola stagione
vegetativa possono crescere dai 15 centimetri
fino
Fonte: Mercedes J.R., Guia tecnica cultivo del
Bambù, CEDAF
anche
orizzontale;
ai
5
ogni
metri.
Si
internodo
sviluppano
contiene
in
una
gemma che può dare vita a un altro rizoma o a
un culmo verticale.
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La
maggior
parte
delle
specie
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temperate,
come
quelle
appartenenti
ai
generi
Phyllostachys, Pleioblastus e Sasa, possiede un rizoma di tipo leptomorfo e, quindi, è
classificata come invasiva.
In base alle caratteristiche del rizoma è possibile distinguere due tipologie di piante di
bambù. Le caratteristiche distintive sono riassunte in tabella.
RIZOMA
NASCITA DEL CULMO
SVILUPPO DELLA PIANTA
Pachimorfo
corto e compatto
Dalla gemma d’apice del rizoma,
si sviluppa orizzontalmente.
Le piante sono raccolte in gruppi concentrati,
vicine le une alle altre. I culmi si configurano
come arbusti compatti.
Leptomorfo
cilindrico e allungato
Da una gemma laterale, si
sviluppa verticalmente uscendo
dal terreno.
Le piante sono indipendenti e isolate, tendono a
infestare vaste aree di suolo circostante.
Il culmo. Il fusto del bambù è un culmo cilindrico, suddiviso in nodi e internodi alternati
tra loro. Ogni nodo separa interamente le due cavità internodali che gli sono attigue con
una membrana. Dagli anelli esterni si dipartono i rami.
I culmi originano dall’apice di un rizoma o da una gemma laterale, a seconda della forma
del rizoma.
A seconda della specie, i culmi possono avere un’altezza diversa, da pochi centimetri fino a
oltre 40 metri.
Esternamente, il fusto risente delle variazioni di forma e di colore che caratterizzano i
diversi generi e specie: i nodi possono essere molto prominenti o quasi invisibili, la parete
esterna può essere liscia o ricoperta da una pellicola cerosa impermeabile ecc.
Il portamento dei rami varia sensibilmente in base alla specie di appartenenza: possono
essere eretti, eretti con estremità pendenti, ascendenti o largamente arcuati.
I rami. Da circa metà dell’altezza del culmo fino al suo apice, ogni nodo presenta dei
rami, emessi dalle gemme laterali. I rami si dividono in rametti e ramoscelli, seguendo
sempre lo schema nodo-internodo. La punta del ramo è costituita da una gemma
terminale avvolta da foglie generate dagli ultimi nodi apicali e sovrapposte in modo
scalare.
La zona del fusto in cui si formano le ramificazioni, le dimensioni e l’andamento di queste
sono diverse a seconda del genere e, a volte, della specie. Dunque, attraverso il numero
delle ramificazioni spesso si riesce a individuare il genere di appartenenza.
I rami sono utili anche per definire l’età di una pianta di bambù. A differenza delle piante
legnose (come conifere e latifoglie), infatti, l’età del bambù non può essere definita in base
al diametro del culmo, che raggiunge la sua ampiezza definitiva pochi giorni dopo la sua
nascita.
Per capire l’età di una pianta si possono quindi osservare le cicatrici presenti sui rami al
momento del rinnovo delle foglie. Generalmente, si formano nuove foglie ogni anno o
anno e mezzo. Una pianta di due anni avrà, quindi, almeno una cicatrice; in una pianta di
tre le cicatrici saranno almeno due e così in progressione.
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Le foglie. I bambù sono piante sempreverdi.
Le foglie si formano in corrispondenza di ogni
nodo del rizoma o del fusto; tuttavia, per
quanto riguarda quelle che si sviluppano nei
rizomi e nella porzione inferiore del fusto non
si parla di vere e proprie foglie, ma di
brattee.
Le foglie che, invece, crescono sulle porzioni
superiori del fusto e sulle ramificazioni sono
composte da una guaina, decorrente lungo il
rametto, da una lamina, unita alla guaina, e
da un peduncolo più o meno cilindrico, il
picciolo. La lamina può avere forma variabile:
ovale,
lanceolata
o
lineare,
mentre
le
nervature che la caratterizzano sono sempre
parallele e connesse fra loro da nervature
secondarie molto sottili.
Nelle
zone
in cui
le precipitazioni sono
distribuite in modo uniforme durante l’intero
arco
dell’anno,
le
foglie
sono
prodotte
continuamente, mentre nelle aree dove la piovosità è concentrata in determinate stagioni
l’accrescimento dei fusti e la produzione di foglie si verificano solo in quei periodi.
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Solitamente, le specie con rizoma leptomorfo cambiano il fogliame in primavera, mentre
quelle con rizoma pachimorfo in inverno.
La quantità di nutrimento assorbita attraverso le foglie influenza la crescita: le specie con
foglie a lamina larga crescono infatti con maggior vigore.
Il ciclo biologico
Una delle problematiche principali legate all’avvio di un bambuseto riguarda il fatto che
questa coltivazione necessita di un tempo piuttosto lungo per diventare produttiva.
Se è vero che un germoglio può impiegare dai 40 ai 60 giorni a diventare un fusto,
infatti, è altrettanto vero che per ottenere materia prima alimentare e lignea adatta alla
trasformazione è necessario attendere un tempo molto più lungo.
Per raggiungere la piena maturazione il bambuseto può impiegare tempi variabili, in
base alla specie, alle condizioni pedoclimatiche e alla densità con cui sono posizionate le
piante.
Volendo schematizzare, in una coltivazione di bambù gigante il fusto raggiunge l’altezza
massima dopo circa un anno dalla messa a dimora, ma per poter raccogliere i primi
germogli si devono aspettare dai 3 ai 5 anni.
A partire all’incirca dal quarto anno, i culmi possono essere utilizzati per la produzione
di cippato. Per raggiungere la maturazione completa e consentire la raccolta di legname
possono invece servire da 8 a 10 anni. Prima di questo tempo, i culmi sono, infatti, ancora
solo parzialmente duri e consistenti.
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Lo sviluppo di un bambuseto si può suddividere in diverse fasi, a seconda dell’età e
dell’aspetto delle piante.
Durate la prima fase di sviluppo, che dura all’incirca 180 giorni, il fusto inizia a crescere
in altezza e si formano i primi nodi e internodi.
Dal sesto al dodicesimo mese di vita della pianta, il culmo raggiunge l’altezza finale e
inizia a emettere, da gemme laterali, i rami. Quindi, a sviluppo completo della
ramificazione, il culmo emette le foglie.
La maturazione e la continua emissione di foglie da parte del nuovo culmo sono segno
dell’ormai raggiunta indipendenza dal resto del sistema bambù, che fino ad ora l’ha
completamente sostenuto e nutrito attraverso il rizoma.
Nella terza fase, quella della maturità, che comprende il lasso di tempo che va dall’anno
ai 6-8 anni, il colore dei culmi vira al verde pallido e quindi al giallo, i rami sono
completamente sviluppati e il legno diventa duro e resistente.
La maturità di una foresta di bambù gigante si raggiunge entro gli 8-10 anni, a seconda
delle condizioni climatiche e del terreno, e le singole piante possono vivere fino anche ai
120 anni.
Dal momento della raggiunta maturità, il bambuseto non necessita più di alcuna
lavorazione dedicata, come irrigazioni o concimazioni, in quanto grazie alla pacciamatura
naturale data dalla muta delle foglie, si realizza un autosostentamento perenne.
A maturità completa, però, la capacità riproduttiva dei bambù diminuisce rapidamente:
i culmi con età superiore ai 5 anni non contribuiscono più alla propagazione.
La propagazione del bambù
La propagazione veloce del bambù è uno dei vantaggi di questa coltivazione. Con un
investimento minimo, infatti, è possibile favorire la nascita di nuove piante di bambù che
con il tempo diventeranno produttive.
Se si sceglie, ad esempio, di trapiantare 400 piantine di bambù e si lascia loro a
disposizione, anziché un ettaro, due ettari di terreno, dopo il primo anno il bambù si sarà
moltiplicato fino ad occupare tutto lo spazio a sua disposizione.
Lo sviluppo dei culmi di bambù
inizia
nel
risveglio
presenti
sottosuolo,
di
una
sul
con
delle
rizoma,
il
gemme
che
solitamente avviene in autunno.
La gemma, nutrita dal rizoma, con
il
trascorrere
delle
settimane
comincia lentamente a gonfiarsi e
si
sviluppa
in
un
piccolo
germoglio, il cosiddetto turione,
che contiene al proprio interno
l’abbozzo dell’intera struttura di
un culmo adulto, composto dalla
successione di nodi e internodi.
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Alla fine dell’inverno, con l’innalzarsi delle temperature, il turione riprende la propria
attività in modo accelerato, aumentando il suo volume con la creazione della base del
culmo e delle guaine fogliari, inserite su ogni nodo e avvolte una sull’altra a creare una
sorta di cono appuntito.
Quando la base del turione ha raggiunto il diametro definitivo, dagli internodi basali
nascono numerosissime radici che, dirigendosi velocemente in profondità, iniziano a
svolgere il loro compito di ancorare e nutrire il culmo in formazione. Contemporaneamente
allo sviluppo delle radici, partendo dal basso verso l’alto in modo scalare, tra un nodo e
l’altro si allungano gli internodi. Le distanze tra i nodi aumentano in modo accelerato con il
risultato di un rapido allungamento telescopico del culmo.
La guaina fogliare rimane saldamente attaccata al nodo con la funzione di proteggere
l’internodo nella delicata fase di allungamento. Quando quest’ultimo si è irrobustito ed ha
terminato il suo accrescimento, la guaina fogliare si secca e si stacca dal culmo cadendo al
suolo.
Dopo aver raggiunto l’altezza finale il culmo emette, da gemme laterali, i rami e solo
dopo che il loro sviluppo è completo comincia ad emettere, dalle gemme apicali di ogni
singolo ramo, le foglie.
Verso la fine dell’estate  a un anno dal risveglio della gemma che lo ha originato  il
bambù è già pronto a riprendere nuovamente il ciclo di crescita con lo sviluppo di nuovi
rizomi che si espandono nel sottosuolo.
Il rizoma si può originare dalle gemme dormienti presenti su un altro rizoma o, meno
frequentemente, da una gemma posta alla base del culmo.
Bambù con rizoma pachimorfo e bambù con rizoma leptomorfo hanno comportamenti
diversi nella strategia di diffusione. Dalla gemma apicale dei primi quasi sempre si sviluppa
un culmo, mentre dalle gemme laterali si originano nuovi rizomi.
I bambù con rizoma leptomorfo, invece, crescono in modo orizzontale lungo l’asse
centrale, ramificandosi ogni tanto ai lati; i culmi si sviluppano anch’essi ai lati e a distanza
casuale, subito indirizzati verso l’alto.
La diffusione sotterranea prosegue per
tutta la stagione autunnale e, a causa
dell’abbassamento
delle
temperature,
rallenta per poi cessare completamente
quando la temperatura del suolo scende
sotto la soglia di 8°C.
L’emissione di nuovi culmi richiama e
mobilita risorse dai vecchi culmi con la
conseguente massiccia caduta di foglie, che
avviene proprio in primavera.
Lo sviluppo dei nuovi culmi è quindi
esclusivamente
basato
sulla
forza
vegetativa di quelli vecchi, finché i nuovi
non raggiungeranno la piena autonomia che
coincide con l’emissione delle foglie.
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La propagazione può rappresentare un problema se la specie di bambù è infestante ed
è posizionata nei pressi di altre colture.
Una prima efficace soluzione per contenere il bambuseto consiste nella raccolta
sistematica e controllata dei germogli. Un’operazione che si esegue anche se si sceglie di
commercializzare questo prodotto.
Nelle aree che delimitano il bambuseto e confinano con altri terreni è poi possibile
interrare una barriera anti-rizomi in polipropilene, che sia di ostacolo alla loro vigorosa
prolificazione.
La barriera anti-rizomi dovrà essere interrata ad almeno due o tre metri e leggermente
inclinata (da 15 a 30° circa), in modo tale che tutti i rizomi che incontrano questo ostacolo
modifichino la loro crescita verso l’alto e possano essere tagliati se tentano di colonizzare il
terreno oltre la barriera.
Poiché il bambù può sviluppare rizomi dalle punte acuminate, si consiglia di utilizzare
una barriera di polietilene ad alta densità di almeno 1 mm di spessore.
Per posizionare la barriera, si procede scavando un canale intorno all’area di
contenimento dei rizomi, che dovrà essere più profondo di circa 5 m rispetto alla larghezza
della barriera.
Quindi, una volta compattato il fondo del canale, si posiziona la barriera nel canale,
chiudendo poi le estremità di questa utilizzando strisce di chiusura in acciaio che abbiano
meno di 7,5 cm di sovrapposizione, oppure accavallando le estremità di almeno 1,20 m,
sigillando le parti terminali sovrapposte.
A questo punto, mantenendo la barriera inclinata, si potrà iniziare a riempire le zone
attorno alla barriera, compattando il più possibile il terreno nella metà inferiore e lasciando
la metà superiore più morbida.
Al posto della barriera, infine, si potrà realizzare lungo tutto il perimetro del bambuseto
un fosso di almeno 60/70 cm di profondità in modo da evitare la fuga dei rizomi.
L’estensione della coltivazione e le possibili rese
La scelta relativa alla superficie di terreno da adibire al bambuseto è determinata
dall’estensione dei terreni disponibili, dal tipo di coltivazione che si intende intraprendere e
dagli obiettivi imprenditoriali del coltivatore.
Indicativamente, per farsi un’idea dell’estensione necessaria alla realizzazione di una
coltivazione di bambù gigante da reddito è utile considerare che la densità di investimento
è stimata a 400 piante ogni ettaro.
La raccolta dei germogli inizia a partire dal quarto o quinto anno ma è limitata a circa il
10% della produzione a regime. Per la piena produttività dei germogli è necessario
aspettare 8 anni e la produzione varia indicativamente tra i 5.000 e gli 8.500 kg.
Per i culmi la produzione annuale può variare indicativamente tra 1.000 e 5.000 unità
ad ettaro. Per quanto riguarda il cippato la produzione per ettaro varia in base alla varietà
coltivata, al clima, all’età del bambuseto e a quanta produzione viene destinata a
cippatura. La produzione indicativa di cippato varia da 500 a 1.500 quintali per ettaro.
Il numero e la densità delle piante varia in base al sesto d’impianto scelto: più il sesto
d’impianto è piccolo maggiore sarà il numero di piante per ettaro.
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Nelle coltivazioni di bambù gigante generalmente si va da un massimo di 1.200 piante
a ettaro (con un sesto d’impianto di 3x3m), ad un minimo di circa 400 piante a ettaro, con
un sesto d’impianto di 5x5 metri.
A parità di piante, un impianto con densità più alta non accresce il potere produttivo
della coltivazione, ma anticipa di qualche anno la produttività del bambuseto perché le
piante maturano prima se sono più vicine.
Per una coltivazione di alta qualità, generalmente si sceglie una densità di 400 piante
per ettaro con un sesto di impianto che prevede almeno cinque metri tra una pianta e
l’altra e con la possibilità di lasciare estendere il bambù nei terreni confinanti, per favorire
attraverso la propagazione la nascita di nuove piante produttive.
A questo scopo è possibile ampliare la distanza tra le file di piante di bambù.
Nella coltivazione di varietà di piccole o medie dimensioni, in cui le piante sono
distanziate tra loro di circa 5 metri, la distanza interfilare non dovrebbe superare i 7 metri.
Nel caso di piante di bambù gigante è invece possibile distanziare le fila anche di 9 metri.
Sesto d’impianto e distanza interfilare adeguati servono a garantire il corretto sviluppo
della pianta. Le foglie di bambù, infatti, una volta cresciute possono formare una siepe
che, piegandosi verso l’esterno, potrà occupare anche tre metri di superficie.
Per le attività di manutenzione e raccolta è necessario lasciare libera una striscia di
terreno di almeno due metri di larghezza.
Chi ha già un’azienda agricola e sceglie di coltivare il bambù in via sperimentale
dovrebbe prevedere un terreno non inferire al mezzo ettaro. L’impianto di almeno 200
piante, infatti, è un buon banco di prova per testare l’attecchimento e la qualità dei cloni di
bambù scelti, gli sbocchi di mercato e le potenzialità complessive di questa coltivazione.
Fonte: Bamboo Garden Nursery, Oregon.
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Il clima
Il bambù è una pianta originaria del Sud Est Asiatico, che cresce rigogliosa in tutte le
aree caratterizzate da un clima tropicale e subtropicale, caldo e umido.
Non solo, dunque, in Asia, ma anche in America Latina, Africa e Oceania, a latitudini da
46° N a 47° S e fino a 4.000 metri di altitudine, dove crescono rigogliose molte specie
spontanee.
Sebbene in Europa la pianta del bambù non nasca naturalmente, in passato è stata
introdotta con successo in molte aree temperate, Italia compresa. Nel 1884 il botanico
toscano Orazio Fenzi sperimentò le prime coltivazioni di bambù in Italia, per poi emigrare
in California e creare un’azienda per l’acclimatazione di specie provenienti da tutto il
mondo.
In realtà, alcune varietà di bambù possono essere coltivate anche in zone con un clima
invernale anche molto rigido. Ad esempio il Moso, o bambù gigante – la varietà più
coltivata in Europa e in Italia – può sopportare temperature molto fredde, fino a -15°C.
Nel caso di località con inverni molto rigidi, un’accortezza per proteggere le radici delle
piante e non pregiudicarne l’approvvigionamento idrico, è quella di lasciare sul terreno
parte delle foglie secche che cadono naturalmente dai rami.
La temperatura ideale per lo sviluppo iniziale dei fusti è compresa tra 9 e 36°C.
Nonostante sia una pianta molto resistente e non tema le infestanti, il bambù può
soffrire per alcune avversità di natura ambientale.
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Il vento, ad esempio, se forte può lesionare la corteccia, mentre molto raramente
spezza i culmi e può rovinare le foglie, aumentandone eccessivamente la traspirazione. In
parte,
questo
problema
può
essere
evitato
mantenendo
il
terreno
umido
e
sufficientemente ricco ed evitando l’eccessiva evaporazione dell’acqua.
Anche la pioggia, se violenta, può causare l’adagiamento della pianta su se stessa,
specie durante il primo stadio di sviluppo. Le grandinate, d’altro canto, possono aprire
ferite superficiali, predisponendo le piante a malattie fungine, oppure lacerature profonde,
rendendo inutilizzabile la fibra. Le brinate tardive possono danneggiare le giovani piantine,
così come la siccità influisce tanto sulla produzione quanto sulla qualità del prodotto.
Dove coltivare il bambù
La scelta di avviare una coltivazione di
bambù può nascere dalla disponibilità di un
terreno di proprietà che è rimasto incolto,
situato
anche
in
zone
di
collina
o
di
montagna che solitamente non si prestano
alle coltivazioni tradizionali.
Se invece si sceglie di cominciare avendo un’azienda agricola avviata, solitamente si
opta per riadattare a bambuseto una zona che era coltivata diversamente, scegliendo di
diversificare la produzione proponendo una coltura innovativa.
In entrambi i casi, sia per l’aspirante imprenditore che dispone di un terreno sia per
l’imprenditore agricolo nuovo alla coltivazione del bambù, non si pone il problema di
scegliere la localizzazione dell’attività, ma di valutare quella a disposizione.
L’aspetto della localizzazione è invece di primaria importanza per chi avvia l’attività
potendo scegliere il terreno dove realizzare il bambuseto. Sia che si scelga di prenderlo in
affitto sia che si preferisca comprarlo bisogna tenere conto di numerose variabili.
Alcuni dei fattori principali da tenere in considerazione e che possono favorire il
successo della nuova iniziativa sono i seguenti:

disponibilità per l’irrigazione;

esposizione solare;

lontananza da fonti di inquinamento;

sbocchi di mercato;

accessibilità automobilistica e parcheggio.
Disponibilità per l’irrigazione. Nei primi anni di vita la pianta di bambù ha bisogno di un
buon apporto idrico, che potrà poi diminuire una volta raggiunta la piena maturità. È
importante, in fase di scelta della localizzazione del bambuseto, verificare che l’area prescelta
goda di una sufficiente disponibilità d’acqua per l’irrigazione della coltivazione.
A tale scopo, sarà necessario verificare la disponibilità di pozzi, ma anche corsi d’acqua, nelle
vicinanze del bambuseto, dai quali, attraverso una pompa, sarà possibile portare l’acqua
direttamente nella coltivazione. Ricordiamo che l’approvvigionamento di acque pubbliche è
regolato da norme ben precise e che per essere in regola è necessario chiederne la
concessione alle autorità competenti.
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Come organizzare l’attività
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Esposizione solare. La pianta di bambù necessita di una grande quantità di sole, in
particolare nelle fasi iniziali della sua crescita. Per questo motivo sarebbe preferibile
scegliere un’area che sia esposta per 8 o più ore al giorno.
Allo stesso tempo, però, bisognerà tenere conto che alcune specie tropicali richiedono
ombra durante i momenti più caldi della giornata. In particolare, l’ombra può essere molto
importante durante l’inverno, quando la combinazione di gelo e luce solare diretta può
disidratare velocemente le piante.
Lontananza da fonti di inquinamento. La
vicinanza
ad
autostrade
o
eventuali
fonti
inquinanti è una componente da valutare con
cautela. Si deve dunque considerare la presenza,
ad esempio, di colture frutticole trattate con
pesticidi o di industrie che scaricano gas o acque
inquinanti.
A questo proposito occorrerà prestare attenzione
alle acque utilizzate per irrigare il bambuseto, che se inquinate da scarichi a monte delle
zone di utilizzo possono diventare un pericolo per la buona salute della coltivazione. Per
verificare lo stato delle acque si può ricorrere a diverse analisi chimiche sull’acqua, che ne
rivelino il pH, la salinità, il sodio, i carbonati e i bicarbonati, il cloro libero, gli anioni tossici
e eventuali tracce di altri elementi.
Sbocchi di mercato. Poiché, a livello nazionale, la filiera del bambù è ancora da sviluppare,
potrebbe aiutare avviare il bambuseto in una zona dove sono presenti altre coltivazioni e
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quindi questa pianta dai molti utilizzi inizi ad essere conosciuta, in modo che sia più facile uno
sviluppo futuro della domanda e della filiera.
Da verificare anche la presenza di attività di trasformazione, come mobilifici e aziende
alimentari e cosmetiche, interessate a ritirare i prodotti e magari a produrre prodotti
alimentari e cosmetici conto terzi a base di bambù.
La localizzazione strategica della coltivazione vicino a imprese potenzialmente interessate ad
acquistare la materia prima proveniente dal bambuseto, infatti, consente alla coltivazione di
ampliare i propri sbocchi di mercato e impostare collaborazioni proficue e vantaggiose,
risparmiando sui costi di trasporto.
Accessibilità automobilistica e parcheggio. Nonostante sia localizzato in una zona
extraurbana, il bambuseto dovrà essere agevolmente raggiungibile da macchine e altri
automezzi di clienti, fornitori e personale. Sarebbe quindi preferibile scegliere un terreno con
un accesso sulla strada e un piazzale ampio per parcheggiare.
Il terreno
Il bambù è una pianta piuttosto rustica, che ben si adatta a diverse tipologie di terreno,
compresi quelli calcarei (molto presenti su suolo italiano) purché siano umidi ma ben
drenati.
Il bambù è una coltura ideale per recuperare i terreni marginali, che non si prestano
alle altre colture. Il suo terreno ideale dovrebbe essere anche ricco di humus e di sostanza
organica.
In Italia, le zone migliori per impiantare un bambuseto sono le ex risaie e, in generale,
tutte quelle aree caratterizzate da buona piovosità ma scarsa possibilità di neve.
Il bambù cresce bene anche in terreni ripidi e gradisce anche una certa pendenza,
stimata intorno al 15%.
Nel caso di terreni scoscesi, per evitare il rischio di erosione, è importante eliminare le
erbacce nello spazio circolare alla pianta, per un diametro di almeno 1,5 m.
Alcune specie di bambù possono crescere in terreni con un pH fino a 3,5, ma in
generale il pH ottimale è compreso tra 5 e 6,5. Il massimo che può sopportare è un pH
pari a 9.
Il bambù risente limitatamente dell’esposizione eccessiva alla luce solare diretta, tranne
che nel periodo iniziale del suo sviluppo.
Sono generalmente da evitare i suoli rocciosi, pesanti e freddi.
La preparazione del terreno
Nella maggior parte dei casi, chi decide di intraprendere un’attività di questo tipo è già
titolare di un’azienda agricola oppure di un terreno di sua proprietà entro il quale avviare
ex novo il bambuseto. In questo caso, sarà necessario adattare il terreno a disposizione
alla coltivazione del bambù.
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Se si dispone di un terreno che non presenta le caratteristiche ideali si può comunque
ottenere un buon risultato adottando alcune accortezze, relative alla lavorazione e alla
concimazione.
Per meglio adattare il terreno alla coltivazione della pianta di bambù è fondamentale
conoscerne
le
caratteristiche,
determinate
dall’insieme
di
una
serie
di
elementi
compositivi, fisico-meccanici, chimici e biologici. A questo scopo è possibile ricorrere alla
consulenza
di
un
agronomo
esperto
o
effettuare
alcuni
test
che
rivelino
più
approfonditamente le caratteristiche del terreno.
Anzitutto, si potrà verificare il pH del terreno e quello dell’acqua utilizzata per
l’irrigamento che, se troppo alcalina, andrà filtrata.
Dato che nel nostro Paese la maggior parte dei terreni è alcalina, si renderà
probabilmente necessario procedere con la correzione, abbassandone il pH.
Questa operazione può essere svolta addizionando al terreno sabbia da edilizia e gesso,
che permettono un miglior drenaggio e aumentano le sacche d’aria che rompono le
particelle di argilla. L’aggiunta di letame, compost e altro materiale organico fornisce alle
piante i nutrienti necessari e abbassa il pH acidificandolo.
È opportuno cercare di mescolare lo stesso quantitativo di sabbia da costruzione e
materiale organico.
Quindi, sarà importante verificare la capacità di drenaggio del terreno. A questo scopo
è possibile effettuare un test di drenaggio, che consiste nello scavare una buca di circa 60
cm di profondità e 20 cm di larghezza e riempirla d’acqua.
Una volta assorbita, la buca andrà nuovamente colmata di acqua. A questo punto, se il
terreno impiega meno di 12 ore a drenare il liquido ha un ottimo drenaggio, se impiega
dalle 12 alle 24 ore si tratta di un terreno più pesante e argilloso, mentre se sono
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necessarie più di 24 ore si è in presenza di un suolo adatto al solo trapianto di alcune
specie di alberi che tollerano occasionali alluvioni.
Una volta valutate la composizione e la capacità di drenaggio del suolo sarà quindi
possibile renderlo più adatto alla crescita del bambù. A questo scopo, è possibile ricorrere
ad alcune lavorazioni colturali preliminari.
Nella maggior parte dei casi si procede con una vangatura preliminare profonda,
effettuata al fine di rimuovere le erbacce e i sassi e una successiva aggiunta di letame
compostato e cornunghia, per nutrirlo in profondità.
Per quanto riguarda il diserbo, è utile considerare che il bambù è una pianta molto
resistente, in grado di sopraffare ogni alta pianta infestante presente nel terreno e rendere
questo sgombro e pulito.
Tale potere di miglioramento del terreno è attribuibile a diversi fattori. In primo luogo, i
rizomi di bambù, raggiungendo notevoli profondità, assorbono nutrimenti che poi, con la
perdita delle foglie, restituiscono al terreno. Inoltre, il bambù è in grado di proteggere i
terreni dal dilavamento e, durante la fase vegetativa, trattenere notevoli quantità di azoto
dal terreno, impedendone la percolazione.
Per questi motivi, nei primi due anni di impianto non è necessario effettuare operazioni
di diserbo.
Nemmeno negli anni successivi è necessario il diserbo, dato che quando le piante sono
abbastanza cresciute prendono il sopravvento e le infestanti smettono di ricacciare. La
pacciamatura con le foglie cadute dai fusti consente, inoltre, di impedire alle erbe di
rispuntare.
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La concimazione
Di norma il bambù non ha bisogno di grandi quantitativi di concime; si presta, infatti,
ad un regime biologico a base di liquame o letame.
Per svilupparsi al meglio, il bambù necessita praticamente solo di sufficienti quantità di
sostanza organica. La quantità di concime, inoltre, influenza solo la produttività della
coltivazione, ma non la qualità della materia prima agricola prodotta.
Fra le operazioni che precedono il trapianto, può essere comunque utile effettuare una
concimazione organica, in particolare se il terreno è argilloso. In questo caso, la sostanza
organica (sia essa letame animale o artificiale) potrà migliorare la struttura del suolo,
favorendo l’ossigenazione e rendendo più efficiente il drenaggio dell’acqua, mentre in
quelli sabbiosi e sciolti ne attenua la porosità, riducendo la necessità idrica.
Le piante di bambù in via di sviluppo apprezzano la fertilizzazione da inizio primavera a
fine estate, una volta al mese con liquame da diluire nell’impianto di irrigazione. Si può
utilizzare ad esempio un concime di tipo 10/5/5, questo significa che su 100 Kg di
fertilizzante si hanno a disposizione 10 Kg di azoto (N), 5 di fosforo (P) e 5 di potassio (K).
È importante tuttavia che il fertilizzante apporti anche micronutrimenti quali magnesio
(Mg), ferro (Fe), manganese (Mn), rame (Cu), zinco (Zn), boro (B) e molibdeno (Mo).
In un bambuseto che ha raggiunto la maturità è possibile concimare due volte l’anno:
in primavera e alla fine dell’estate.
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Il letame (bovino o equino) è il miglior ammendante per il terreno, nonché la miglior
fonte di sostanze adatte alla crescita delle piante di bambù.
Se non è possibile procurarsi del buon letame maturo, si possono acquistare dei
preparati organici (come l’humus e la torba) o minerali (come la calce o lo zolfo).
Una volta che il bambuseto è entrato in produzione, le sue piante richiederanno poche
cure perché estremamente robuste.
Una prima accortezza è garantire alle proprie piante una pacciamatura costante. La si
può realizzare semplicemente non rimuovendo le foglie cadute dai rami.
Nel caso di un terreno esposto a gelate, è infatti possibile proteggere le radici delle
piantine con le foglie cadute dai rami.
Queste, oltre a mantenere le radici delle piante fresche d’estate e calde d’inverno,
costituiscono anche un ottimo pacciame che impedisce l’evaporazione dell’acqua dal
terreno e, decomponendosi, arricchiscono il suolo del bambuseto di sostanza organica e
humus.
Affinché il pacciame favorisca della giusta areazione è possibile avvalersi del lavoro
naturale dei lombrichi.
Il trapianto
Reperire le piantine da trapiantare è una fase molto importante.
I cloni devono essere sani, di alta qualità e appartenenti alla specie scelta. Per avere la
garanzia di un prodotto con queste caratteristiche è preferibile acquistare le piantine in un
vivaio di fiducia, che abbia una comprovata esperienza in tema di bambù.
In alternativa, è possibile rivolgersi ad un consorzio o a un altro coltivatore di bambù
che garantiscano cloni di una varietà in grado di crescere rigogliosamente nelle condizioni
pedoclimatiche della zona scelta per il bambuseto.
Poiché in commercio esistono cloni ottenuti in laboratorio e di qualità scadente (perché
provenienti da riproduzioni di massa) è importante saperli riconoscere ed evitare. Le
probabilità di attecchimento di queste piantine, infatti, sono molto basse e il loro tasso di
mortalità, dato dalla sterilità degli ambienti in cui vengono riprodotti, è elevato.
Per lo stesso motivo, è preferibile evitare di acquistare piantine online o d’importazione
senza conoscere il rivenditore. Senza contare che il trasporto può incidere notevolmente
sulle possibilità di sviluppo delle piantine.
Le piantine dovrebbero essere trapiantate all’età di 3 o 4 mesi.
Nulla vieta, per velocizzare l’entrata in produzione del bambù, di trapiantare piantine
più mature, ad esempio di uno o due anni.
Questa operazione, tuttavia, pone alcune problematiche: in primo luogo, è maggiore il
rischio che le piante più sviluppate non riescano ad attecchire bene. Inoltre, il costo di
trasporto di piante di grandi dimensioni può essere significativo e annullare i vantaggi
dell’operazione.
Sempre in ragione dei costi, non conviene tentare la semina in semenzaio del bambù; è
invece molto più economico trapiantare i cloni di piccole dimensioni.
Il periodo migliore per l’impianto di bambù è tra la fine dell’estate e l’autunno, poiché
proprio in questo periodo il terreno risulta essere sufficientemente riscaldato dal sole dei
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mesi estivi per permettere uno sviluppo rapido e vigoroso dei rizomi, consentendo
l’attecchimento del bambù in poco tempo.
In primavera, invece, il terreno è ancora freddo e non permette un rapido sviluppo
radicale. Inoltre, poiché è il periodo in cui la pianta del bambù solitamente sviluppa i suoi
turioni, il trapianto rischierebbe di danneggiarli.
Una volta preparato il terreno con la vangatura e la concimazione, si scaverà per ogni
pianta una buca che può essere lunga 70 cm, larga 50 e profonda 30.
Nel posizionare la piantina bisogna fare attenzione a slegare leggermente le radici –
che possono essere intricate nella zolla di terra del vaso – e porre la parte superiore della
zolla a livello del terreno. A questo punto si riempirà nuovamente la buca con la terra,
annaffiando abbondantemente per compattare naturalmente il terreno.
L’innaffiatura potrà essere resa più facile ed efficace formando una sorta di cratere
intorno alla pianta, che consentirà di bagnare completamente la zolla.
Per quanto riguarda le distanze d’impianto, il sesto d’impianto più adottato è di 5x5 m
considerando sentieri di passaggio larghi dai 3 ai 4 metri, che consentano non solo il
passaggio del personale, ma anche il trasporto della produzione con trattori e carrelli.
Per densità di impianto più alte, nei bambuseti giganti a macchia le piantine possono
essere distanziate di 3 o 4 m, mentre negli impianti in linea la distanza va da 1,5 m a 2.
Una volta impiantate le piante madri è possibile concimarle, ricoprendole di paglia
umida.
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Generalmente, le operazioni di trapianto sono svolte manualmente. Tuttavia, nel
bambuseto più grande d’Italia, quello di 37 ettari di San Michele al Tagliamento, è stata
recentemente brevettata una macchina per il trapianto meccanico.
I pionieri dell’impianto meccanico di bambù svolgono questa operazione anche conto
terzi.
L’irrigazione
A seconda della specie e delle condizioni, il fabbisogno idrico medio annuo delle piante
di bambù può variare da 1.200 mm e fino a oltre 4.000 millimetri.
Per i primi sei mesi, inoltre, la pioggia è decisiva per garantire lo sviluppo della
coltivazione: la quantità ideale è di almeno 100 mm al mese.
Per quanto riguarda l’irrigazione artificiale, durante il primo anno dalla messa a dimora,
questa dovrà essere abbondante e regolare: circa 15/20 litri d’acqua ogni 15 giorni.
In seguito, le piante saranno
abbastanza
vigorose
per
resistere a siccità estive, e si
renderà
necessaria
un’annaffiatura solo in caso di
siccità prolungata.
In caso di forte vento il
fabbisogno
anche
se
idrico
il
aumenta
bambuseto
è
maturo. È importante, infine,
evitare i ristagni idrici.
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La difesa antiparassitaria
I parassiti animali più pericolosi per il bambù sono gli
insetti fitofagi.
Se si rende necessario è possibile contrastare la loro
azione
praticando
un
trattamento
con
un
insetticida
biologico: i più efficaci sono l’estratto dell’albero di Neem, il
piretro, il bacillus thuringiensis, la bentonite, l’equiseto e il
silicato di sodio.
Descriviamo
brevemente
di
seguito
le
principali
caratteristiche degli insetti fitofagi.
Fillofagi. Si nutrono delle foglie del bambù, causando defogliazioni, e sono soprattutto
ortotteri oppure larve di lepidotteri, coleotteri crisomelidi e imenotteri tentrèdinidi.
Le piante attaccate dispongono di una minore superficie fogliare per compiere la
fotosintesi clorofilliana e, di conseguenza, mostrano scarsa vigoria e sviluppo stentato.
Sebbene molti fillofagi rimangono generalmente in basse popolazioni e, perciò, non sono
considerati particolarmente dannosi, occasionali fluttuazioni posso causare gravi o
addirittura totali defogliazioni.
Fitomizi. I fitomizi sono rappresentati da acari tetranichidi oppure da emitteri quali afidi,
cimici
e
cocciniglie
appartenenti
prevalentemente
a
famiglie
Pseudococcidae,
Asterolecaniidae e Diaspididae. Essi sottraggono la linfa alle piante e svuotano le cellule
causando inizialmente l’indebolimento della pianta e, poi, la defogliazione, l’appassimento
dei giovani germogli e, in caso di forti attacchi, anche la morte della pianta stessa.
Xilofagi. Gli xilofagi colpiscono principalmente il legno e sono rappresentati da coleotteri
curculionidi, crisomelidi e cerambicidi, lepidotteri nottuidi. L’attacco da parte di questi
insetti può causare una minore produzione di culmi e di germogli, l’assottigliamento dei
culmi, la perdita della loro consistenza solida e, talvolta, la loro curvatura. Un culmo
danneggiato non può essere utilizzato ai fini produttivi, con una conseguente perdita
economica. Tuttavia, l’attacco da parte di xilofagi è grave solo nei primi mesi di crescita
del culmo.
Rizofagi. Gli insetti rizofagi, nutrendosi di radici e rizomi, riducono la capacità di
assorbimento della pianta, ne causano l’appassimento, la perdita di stabilità e la maggiore
suscettibilità al vento. Tuttavia, si tratta di poche specie appartenenti per lo più a ditteri
psilidi, coleotteri elateridi e scarabeidi.
Spermofagi. Gli insetti spermofagi possono influenzare la produzione di semi e
compromettere la rinnovazione naturale e la semina di nuove piantagioni di bambù.
L’unica specie nota per svilupparsi a spese dei semi di bambù è l’emittero pentatomide
udonga montana.
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La potatura
La
potatura
annuale
dei
bambù
va
effettuata quando i nuovi germogli hanno
terminato la loro crescita e quando iniziano a
svilupparsi le nuove foglie. Di norma, si può
quindi prevedere un’unica potatura annuale in
inverno.
Consiste nell’eliminare le canne secche e,
se necessario, anche i rami mal disposti, per
conservare solo quelli più robusti. La potatura
può modificare il portamento della pianta in
base a particolari esigenze e provoca un
infittimento delle foglie.
É possibile che la potatura debba essere
fatta in più riprese, poiché non tutti i germogli
crescono contemporaneamente.
Naturalmente resistenti al freddo, i bambù possono tuttavia patire il vento e il gelo
intenso, che provocano una bruciatura del fogliame. In questo caso, si consiglia di tagliare
in primavera le parti troppo rovinate: il nuovo fogliame si svilupperà molto rapidamente.
La raccolta dei germogli
I germogli possono essere raccolti durante
tutto il ciclo vitale del bambuseto che ha
raggiunto la giusta maturazione.
A seconda della specie coltivata e delle
condizioni pedoclimatiche della coltivazione,
sarà quindi possibile ottenere i primi germogli
adatti all’alimentazione umana a partire dal
terzo
o
dal
quinto
anno
successivo
all’impianto.
La raccolta avviene generalmente a partire
da maggio e dura un tempo variabile tra 50 e
70 giorni; si possono valutare per questa operazione circa 60 giornate di lavoro annue.
La prima accortezza è prelevare dal terreno solo i germogli molto giovani, che si sono
estesi solo per pochi centimetri al di sopra del suolo.
Quelli più alti, infatti, non saranno più sufficientemente teneri per essere consumati.
L’età ideale è 15 giorni, i germogli di 30 giorni risultano già troppo maturi.
La raccolta avviene manualmente, rimuovendo le foglie che ricoprono il germoglio e
tagliandolo circolarmente nel punto di inserzione. Per facilitare l’operazione si può scavare
tutto attorno al germoglio una buca profonda 30-40 cm.
Allo scopo di non rovinare il rizoma sottostante, è anche possibile estrarli con un
movimento rotatorio simile a quello effettuato durante la raccolta dei funghi.
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Quindi, possono essere raggruppati in cassette di legno o ceste di vimini e trasportati
nel locale di conservazione. Prima del consumo è necessario tagliare la punta che ha un
cattivo gusto.
I germogli freschi appena raccolti dovranno essere conservati in un locale refrigerato o
in una cella frigorifera, per un periodo di tempo di una settimana al massimo, e
confezionati in tempi brevi, per essere certi che nessun agente esterno ne alteri le
proprietà.
In alternativa, i germogli possono essere sottoposti a bollitura e confezionati giù cotti.
Una pratica ancora poco diffusa in Europa prevede l’essiccazione dei germogli freschi.
Generalmente si tratta di un’essicazione naturale, al sole, in cui i germogli sono appesi al
soffitto di serre o magazzini adattati all’uso. Per essere pronti al consumo, i germogli
secchi devono subire un lungo ammollo in acqua.
I germogli freschi destinati a essere venduti sfusi al dettaglio potranno essere
confezionati in pratiche buste in plastica, avvolti in carta alimentare o rustica carta paglia
o venduti in cassette di legno (quelle comunemente utilizzate per l’ortofrutta). In
alternativa, possono essere confezionati sottovuoto in sacchetti di plastica.
Poiché i germogli freschi e cotti possono essere destinati sia alla vendita al dettaglio sia
alle attività di trasformazione, potranno essere confezionati tramite tecniche e con
imballaggi differenti. Per i grandi quantitativi di germogli destinati alle attività di
trasformazione si possono, ad esempio, utilizzare imballaggi quali scatole di cartone, di
plastica o di polistirolo.
Tutti gli imballaggi destinati alla vendita devono indicare, sul dorso o sul fondo, la data
di confezionamento e quella di scadenza del prodotto.
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La raccolta dei culmi
I culmi raggiugono la loro altezza massima durante il primo anno di sviluppo. L’altezza
media delle specie più coltivate nel nostro Paese varia dagli 8 ai 15 metri, il diametro del
fusto – che è più largo alla base e via via sia assottiglia – va da 5 a 12 cm.
Nonostante questo rapido sviluppo, ci vogliono molti anni prima di poter raccogliere i
culmi per la produzione di legno e l’estrazione della fibra, perché è necessario attendere
che siano maturi per la lavorazione.
A seconda della specie e del tipo di lavorazione a cui è destinato il legname, per
raccogliere i primi fusti sarà necessario attendere da 4 fino a 10 anni. Le canne di 4 anni,
in particolare, possono essere utilizzate per produrre cippato; mentre il bambù destinato
alla trasformazione in mobili, oggettistica, pavimentazioni ecc. deve aver raggiunto la
completa maturità.
Il peso di una canna a piena maturazione oscilla tra i 20 e 25 kg.
Il taglio dei culmi è generalmente effettuato da settembre a febbraio, anche in più
riprese. La raccolta dovrà preferibilmente essere eseguita con clima asciutto e luna calante
o piena, nelle prime ore del mattino, quando l’attività della pianta è ridotta.
I culmi vengono solitamente sezionati a una lunghezza di 4 metri circa, che è il taglio
commerciale internazionale del bambù, in modo da velocizzare le procedure di vendita sul
mercato.
La raccolta può essere manuale o automatica, molto dipende dal tipo di terreno su cui
sorge la coltivazione.
Nel caso di un terreno in piano, la raccolta può avvenire utilizzando dei macchinari
dedicati al disboscamento. Questi, tuttavia, sono molto costosi e ingombranti e
necessitano di molto spazio tra un filare e l’altro.
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Se i terreni sono scoscesi o presentano altre irregolarità, si rende invece necessario
procedere con la raccolta manuale delle canne.
Si può utilizzare un decespugliatore a lama che tagli le canne disponendole una
sull’altra. Un secondo operatore seguirà il primo per creare i blocchi di canne da 4 metri.
In alternativa si può utilizzare una motosega. In questo caso i tempi stimati dagli
operatori del settore sono di circa un’ora ogni 8/10 culmi.
Uno dei vantaggi del bambù è che, una volta che la canna ha raggiunto il suo colore
marrone, il legno è considerato stagionato. L’azienda agricola non ha quindi bisogno di
approntare un locale per la stagionatura della canne ma può rivenderle direttamente.
Per garantire un prodotto di alta qualità, però, è necessario che lo stoccaggio segua
alcune regole.
Le canne andrebbero stoccate in un luogo
ombreggiato, asciutto e ventilato. Nonostante la
camera d’aria all’interno del culmo riesca a
proteggerlo dall’umidità anche se stoccato a
terra, è preferibile posizionare le canne su un
ripiano a un’altezza dal pavimento di 20-30 cm e
una distanza dalle pareti di 5-10 cm, con un
sufficiente passaggio d’aria tra i culmi.
Lo stoccaggio dei culmi dovrà essere fatto già
nella pezzatura di vendita.
I culmi potranno essere stoccati già legati
insieme tramite corde o fascette in plastica, in
base al quantitativo richiesto dal cliente.
È importante non utilizzare contenitori chiusi
per il trasporto e lo stoccaggio del bambù, in
quanto sono un habitat perfetto per funghi e
insetti.
La cippatura del legno di bambù
Dalla raccolta dei culmi di circa quattro anni è possibile ottenere un cippato di alta
qualità, che può essere utilizzato per il riscaldamento civile e industriale.
A questo scopo si possono utilizzare anche le foglie e, se sono necessarie operazioni di
contenimento, anche i ceppi delle piante di bambù.
La cippatura è il processo di riduzione dei materiali legnosi di vario tipo e forma in
scaglie (chips) di piccole dimensioni.
Una volta raccolte le canne e i rami del bambù destinati a diventare cippato queste
andranno poste all’interno di uno strumento di taglio, a martelli o a coltelli, che è detto
appunto cippatrice.
La cippatura del bambù avverrà sul luogo di raccolta delle materie prime, avvalendosi
di una cippatrice mobile.
È importante, a questo scopo, che la coltivazione sia carrozzabile.
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In questo modo, il trattore può seguire la cippatrice direttamente sul luogo di caduta
per essere caricato. La mobilità tutto terreno che possono garantire questi mezzi riduce di
molto i costi e i tempi della lavorazione.
Se il bambuseto non è carrozzabile sarà invece necessario allestire una piattaforma di
cippatura, nei pressi dell’rea di stoccaggio dei culmi.
Dato il peso limitato delle canne di bambù e degli scarti della lavorazione, la cippatrice
può essere alimentata anche manualmente da un operatore.
In alternativa, se il macchinario è di tipo industriale si può utilizzare una piccola gru,
che può essere installata sulla cippatrice o avere una motrice separata.
Una volta riempita, la cippatrice inizia il suo lavoro di riduzione in scaglie di piccole
dimensioni dei materiali legnosi raccolti.
Il materiale ottenuto può essere scaricato direttamente in un rimorchio agricolo, a terra
o, se la produzione è molto consistente, utilizzando degli appositi container.
Infine, si passa all’essiccazione e allo stoccaggio del cippato di bambù. Nella maggior
parte dei casi sarà necessario effettuare l’essicazione di un prodotto fresco, caratterizzato
da una componente idrica pari al 50-55%.
In alternativa è possibile cippare le canne già secche e asciutte, con tenore di umidità
compreso tra il 30 e il 35%.
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A seconda del prodotto e della conformazione del bambuseto è possibile provvedere
all’essiccazione e maturazione attraverso due procedimenti alternativi: l’allestimento di
cumuli di cippato all’aperto, con copertura mediante telo traspirante, o l’allestimento di
cumuli di materiale sotto tettoie areate.
Nell’allestimento in cumulo all’aperto con copertura mediante telo traspirante, il cippato
fresco dovrà essere ricoperto con un apposito telo in grado di far traspirare l’umidità e,
allo stesso tempo, di impedire la filtrazione dell’acqua piovana, mentre il cippato già
stagionato potrà avere una copertura di comune telo in PVC per uso agricolo.
Nel sistemare il telo, è importante ricordare che la superficie del cumulo della biomassa
di bambù deve essere ben inclinata, per evitare l’accumulo e la permeazione dell’acqua
piovana attraverso il telo. Inoltre, la superficie di asfalto o cemento su cui deve poggiare il
cumulo non deve presentare concavità, ma dovrà essere inclinata quanto basta per
permettere all’acqua piovana un rapido scorrimento.
Il cippato posto al di sotto del telo inizia a fermentare, con un conseguente aumento
della temperatura e l’evaporazione dell’acqua contenuta nel legno di bambù, fino alla
completa maturazione.
Poiché, in questa fase, lo sviluppo di temperature troppo elevate all’interno della
catasta può provocare fenomeni di autocombustione, la dimensione del cumulo non
dovrebbe superare i 5.000 metri cubi.
Per quanto riguarda, invece, l’allestimento in cumuli sotto tettoie areate, il cippato –
disposto anche in questo caso su una superficie impermeabile di cemento e/o asfalto – è
protetto da una copertura localizzata fissa, in una zona soleggiata e ventilata. In questo
modo il cumulo rimarrà asciutto sia in superficie sia nella parte a contatto con il terreno.
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A questo scopo si può utilizzare l’area con tettoia in cui sono stoccati i culmi da
stagionare.
I tempi necessari per la maturazione del cippato con questo allestimento variano a
seconda della stagione di partenza e delle caratteristiche climatiche della zona. Poiché il
legno di bambù è caratterizzato da un più basso livello di umidità, generalmente i tempi di
maturazione sono compresi tra un minimo di qualche settimana e un massimo di
quattro/cinque mesi.
Il cippato prodotto può essere venduto direttamente in azienda, ma sono rari i casi in
cui è il cliente ad attrezzarsi per ritirarlo. L’impresa dovrà quindi farsi carico della consegna
presso i clienti, i distributori e gli impianti centralizzati.
La consegna del cippato è, di solito, eseguita tramite camion o trattori con rimorchi
ribaltabili o a pavimenti mobili.
Quando si tratta di consegne a domicilio che vanno a servire impianti centralizzati, il
metodo di consegna più semplice prevede lo scarico del prodotto, mediante ribaltamento,
direttamente in un locale sotterraneo o seminterrato.
Per la vendita di piccole quantità di cippato, invece, si possono utilizzare comode reti e
sacchi in tessuto da 5, 10 o 15 kg.
Il processo di cippatura offre innumerevoli vantaggi: anzitutto, consente di aumentare
la superficie esposta del legno, accelerando la combustione e permettendo così al cippato
di bruciare meglio di un normale tronchetto di legno.
In secondo luogo, la cippatura valorizza i residui delle utilizzazioni del bambuseto e
aumenta la resa ad ettaro, grazie al recupero di quel materiale che altrimenti non sarebbe
sfruttato.
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Come organizzare l’attività
Kit Creaimpresa
La coltivazione in vaso
Per un periodo iniziale o per sperimentare l’offerta di altri prodotti è possibile affiancare
al bambuseto una coltivazione in vaso.
A questo scopo si possono scegliere, ad esempio, varietà ornamentali nane o di medie
dimensioni oppure varietà da germogli, in particolare se la zona in cui sorge il bambuseto
è caratterizzata da un clima molto freddo.
Il bambù in vaso può essere posizionato in una serra a tunnel, oppure all’aperto. La
serra è indispensabile se si sceglie di coltivare bambù a partire dal seme.
Generalmente, i culmi del bambù coltivato in vaso non dovrebbero superare l’altezza di
2 metri e il rinvaso è necessario ogni due anni, all’inizio della primavera. La grandezza
massima del vaso potrebbe essere di 1 metro di profondità e 50 cm di diametro. Può
trattarsi di un semplice vaso in plastica il cui volume va, a seconda della varietà, da un
litro a più di 1.000 litri.
Se si intraprende anche questo tipo di coltivazione, si deve tenere conto di due fattori
di notevole importanza per la corretta crescita delle piante: il drenaggio e il tipo di
substrato utilizzato.
Il drenaggio è essenziale per evitare che la pianta di bambù muoia per asfissia, cosa
che accade nel caso in cui il substrato resta per diversi giorni saturo d’acqua.
Dunque, è fondamentale che il vaso sia dotato di uno o più fori per eliminare l’acqua in
eccesso. Lo sfiato può essere facilitato anche dalla posa, sul fondo del vaso, di un letto di
ghiaia ricoperto da un feltro da giardinaggio, che farà in modo che gli interstizi non si
colmino d’acqua.
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Anche il substrato dovrà facilitare il drenaggio, pur trattenendo l’umidità. Dunque,
torba bionda o fibra di cocco possono costituire la base della miscela (in quantità del
40/60%), alla quale si potrà aggiungere un 10/20% di terriccio e una miscela composta da
sabbia e corteccia di pino. Il tutto, quindi, potrà essere fertilizzato con un concime a lenta
cessione di azoto.
I fabbricati
Per lo svolgimento di questa attività i fabbricati non sono indispensabili, ma possono
facilitare lo stoccaggio di culmi e germogli e ospitare lo spaccio aziendale.
Nel caso in cui si sia già in possesso di una azienda agricola e si disponga di una
struttura in muratura inutilizzata, si potrà suddividere questa nei locali necessari.
In alternativa, è possibile acquistare alcuni prefabbricati, tipo container o in legno, da
adibire a seconda delle necessità. Può trattarsi anche solo di semplici box di pochi metri
quadri, da posizionare all’interno o nelle vicinanze del bambuseto.
Il dimensionamento dei fabbricati dovrebbe variare in base alla produzione e ai servizi
offerti. In linea di massima nei fabbricati dovrebbero essere presenti i seguenti spazi:

area coperta per lo stoccaggio;

area per la cippatura;

ricovero macchine e magazzino;

spaccio aziendale;

area ufficio e servizi igienici.
Area
coperta
stoccaggio.
I
per
lo
culmi
di
bambù raccolti e pezzati a 4
metri
possono
stoccati,
in
essere
attesa
del
trasporto e della vendita, in
un capannone, anche privo
di
pareti
provvisto
laterali
di
tettoria.
ma
In
alternativa, si può utilizzare
un
qualsiasi
esistente,
ad
fabbricato
esempio
un
fienile o un magazzino in
disuso.
Questo locale dovrebbe essere fresco e asciutto.
Per evitare che le canne siano appoggiate a terra è possibile posizionare dei ripiani in
legno, la cui ampiezza varia in base ai quantitativi prodotti.
L’area di stoccaggio potrà ospitare anche i sacchi di cippato e, eventualmente, un tavolo di
cernita per i germogli e il materiale necessario al loro confezionamento.
È importante che questo spazio sia sfruttato al massimo, con un utilizzo degli spazi
efficiente e con un arredo funzionale.
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Area per la cippatura. In linea di massima la cippatura delle canne di bambù può
avvenire all’aperto, ai margini della coltivazione. La soluzione più economica è quella di
cippare direttamente nel bambuseto e utilizzare un rimorchio agricolo per trasportare il
cippato da essiccare nel piazzale antistante l’area di stoccaggio.
Se la coltivazione produce grandi quantità, per il deposito del cippato essiccato si possono
utilizzare dei silos. I silos sono grosse costruzioni cilindriche, realizzate su diametri
standard, con capacità di stoccaggio che vanno dai 3 ai 300 metri cubi.
In alternativa ai silos è possibile acquistare o noleggiare rimorchi di tipo agricolo e/o
container da 15/40 metri cubi da utilizzare come deposito.
Ricovero macchine e magazzino. È il luogo di ricovero dei macchinari agricoli e delle
attrezzature che servono alle diverse pratiche colturali.
Le dimensioni ottimali del ricovero/magazzino dipendono dal numero e dalla tipologia di
macchine e di attrezzi, che a loro volta dipendono dalla dimensione del bambuseto e dalle
lavorazioni introdotte. Comunque sia, è importante che questo spazio sia sfruttato al
massimo, con un utilizzo degli spazi efficiente e con un arredo funzionale.
Se l’attività agricola svolge attività didattica, in particolare con i bambini, è importante che
il magazzino degli attrezzi sia chiuso a chiave.
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Spaccio aziendale. Per la vendita diretta di canne, cippato, germogli e altri eventuali
prodotti è possibile allestire nei pressi della coltivazione un’area di vendita.
Se si effettua la vendita diretta è indispensabile posizionare in quest’area un bancone
dotato di registratore di cassa. Se si vendono anche prodotti alimentari e cosmetici al
bambù si potranno esporre dotandosi di alcuni scaffali. Anche se non si tratta di un vero e
proprio negozio, gli articoli dovranno essere posizionati in modo ben visibile, affinché i
clienti riescano a prenderne visione, eventualmente anche senza l’aiuto del personale.
Area ufficio e servizi igienici. Può essere utile allestire un piccolo ufficio nel quale
occuparsi dei rapporti con fornitori e clienti e in generale della gestione dell’attività. Sono
sufficienti una o più scrivanie, qualche sedia ergonomica, delle scaffalature e qualche
armadietto. L’ufficio dovrà essere dotato di un telefono fisso, una segreteria telefonica, un
fax, un computer e una stampante. In questa zona possono essere predisposti anche i
servizi igienici a disposizione del personale, che devono rispettare le norme sanitarie
previste dall’Azienda Sanitaria Locale. Devono quindi essere dotati di antibagno e ben
arieggiati.
Le macchine agricole e le attrezzature
Prima di descrivere le attrezzature necessarie per un bambuseto va premesso che chi
già possiede un’azienda agricola e sceglie di coltivare il bambù come ampliamento
dell’attività e integrazione di reddito avrà già in dotazione molte delle attrezzature di
seguito elencate.
Solo chi avvia l’attività ex-novo dovrà acquistare tutti i macchinari e gli attrezzi
necessari. Poiché alcune attrezzature sono costose, per limitare l’investimento di avvio è
possibile acquistarle usate.
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 Macchine e attrezzature agricole per la coltivazione

trattore;

rimorchio agricolo;

fresa o vangatrice;

macchina automatica per il trapianto;

attrezzi per la potatura;

coltelli per la raccolta dei germogli;

motosega;

decespugliatore a lama;

cippatrice;
 Attrezzature e arredi fabbricati

insegna e cartelli;

impianto di illuminazione;

tavoli da lavoro;

imballaggi e confezioni;

arredo magazzino;

arredo spaccio aziendale;

automezzo;

arredo ufficio;

telefoni cellulari;

telefono fisso e segreteria telefonica;

computer;

software;

stampanti;

altre attrezzature informatiche.
Macchine e attrezzature agricole per la coltivazione
Trattore. Il trattore si utilizza nello svolgimento delle varie fasi di preparazione del
terreno su cui impiantare il bambuseto, per le concimazioni, per le operazioni di trasporto
della materia prima raccolta e del cippato di bambù ecc.
I trattori agricoli professionali di ultima generazione, macchine molto potenti ma anche
estremamente leggere, sono in grado di muoversi con abilità su ogni tipo di terreno e di
svolgere allo stesso tempo pesanti operazioni di traino ma anche precisi lavori con il
sollevatore.
L’ergonomia d’avanguardia di questi trattori consente una guida non lontana a quella di
una buona auto fuoristrada, con il sedile regolabile, il volante telescopico, lo sterzo
idrostatico, la piattaforma integrale. Hanno in dotazione moderni dispositivi di sicurezza e
possono essere già equipaggiati con i principali attrezzi da lavoro, come ad esempio frese
e vanghe. Per fare un esempio di modello, il motore a 6 cilindri, con 24 valvole,
turbocompressore e iniezione Common Rail, permette una notevole flessibilità di impiego.
I propulsori sono supportati da un robusto telaio in ghisa, che contribuisce a isolare la
cabina da vibrazioni e rumore. La trasmissione prevede 4 marce sotto carico e il cambio è
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gestito elettronicamente tramite pulsanti sul joystick multifunzione; è anche disponibile la
funzione di cambio automatico, particolarmente utile per il trasporto su strada.
La gestione elettronica dell’innesto garantisce un avvio graduale degli attrezzi del trattore,
a vantaggio del comfort del guidatore e della buona manutenzione della trattrice e degli
attrezzi. Il circuito idraulico a centro chiuso dispone di una pompa con una portata
variabile a seconda dei modelli. Il sollevatore posteriore elettronico garantisce una
capacità di sollevamento fino a 9.000 kg con il sensore di sforzo sui tiranti inferiori; è
disponibile anche un sensore radar per le lavorazioni più impegnative. Su richiesta, è
possibile dotare questi trattori anche di un sollevatore anteriore.
Rimorchio agricolo. Un rimorchio agricolo è utile in molte fasi di lavorazione del
bambuseto: per trasportare i cloni da trapiantare, per lo spostamento di macchinari e
attrezzature, per trasportare le canne raccolte e il cippato ecc.
Esiste una vasta gamma di rimorchi agricoli di dimensioni e portate varie, in funzione delle
proprie esigenze e del dimensionamento dell’attività.
Per un bambuseto è anche possibile acquisire un particolare rimorchio adattato al
trasporto delle canne. Esso è, infatti, dotato di una struttura centrale dalla quale partono,
su entrambi i lati, una serie di sostegni cilindrici posti obliquamente su più livelli. Su di
essi, si incolonnano i culmi di bambù, che, grazie all’inclinazione dei sostegni, non hanno
bisogno di essere legati né ancorati e possono essere trasportati in totale sicurezza e
praticità.
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Fresa o vangatrice. La fresa serve per lo sminuzzamento delle zolle nella preparazione
del terreno per l’impianto e per la pulizia del terreno. Nella fresa l’organo lavoratore è
formato da un rotore ad asse orizzontale al quale sono collegate le zappette che
provvedono alla lavorazione del terreno.
Le zappette possono avere diverse forme, a seconda del terreno da lavorare. In alternativa
alla fresa è possibile dotarsi di una vangatrice. La vangatrice è una macchina agricola
destinata al dissodamento del terreno. Funziona secondo lo stesso principio della vanga
manuale, ed effettua cioè il rovesciamento completo della zolla di terreno. Viene portata
posteriormente o anteriormente dal trattore e riceve il moto dalla presa di potenza.
Poiché la gestione di un bambuseto prevede un’unica, preliminare fresatura del terreno, da
effettuare prima del trapianto delle piantine, per contenere l’investimento è possibile
noleggiarla o affidare l’operazione a contoterzisti.
Attrezzature per il trapianto. L’impianto delle piantine di bambù avviene generalmente
a mano. Tuttavia, nei bambuseti che coprono grandi estensioni, può rendersi necessario
velocizzare le operazioni utilizzando una trapiantatrice semiautomatica adattata alla
coltivazione del bambù.
La fa da pioniere, in questo senso, l’imprenditore agricolo di San Michele al Tagliamento,
titolare del bambuseto più grande d’Italia (ben 37 ettari). Per quest’impianto si è utilizzata
una trapiantatrice trainata da trattore, dotata di pannelli posti all’interno di guide di
caricamento entro i quali posizionare le piantine. Questo macchinario è in grado di estrarre
automaticamente gli alveoli mediante espulsori e afferrare le piante tramite pinze mobili,
che provvedono a depositarle automaticamente nel solco di terra.
La distanza tra le interfila, così come quella sulle fila, è regolabile.
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Presumibilmente questo macchinario sarà brevettato e reso disponibile anche agli altri
coltivatori di bambù. Per il momento, questo imprenditore si mette a disposizione per
trapiantare conto terzi nella provincia di Venezia e zone limitrofe.
In alternativa, è possibile realizzare un proprio prototipo a partire da una trapiantatrice
semi automatica per ortaggi. Queste attrezzature, in genere, consentono all’operatore di
lavorare restando in piedi e sveltiscono sensibilmente le operazioni di impianto.
Attrezzi per la potatura. Per la rimozione dei rami dal tronco vengono solitamente
utilizzate una sega manuale o un machete.
La sega a dorso è utilizzata per i rami più grossi. È caratterizzata da una lama a forma
rettangolare, molto sottile e con il bordo inferiore seghettato. Viene detta a dorso poiché,
sul lato superiore, presenta un profilo d’acciaio a U che la rende rigida e consente di
tagliare con precisione.
Un’altra tipologia di sega manuale è il seghetto, più indicato per i piccoli tagli, dotato di
una lama a forma trapezoidale dentata sul lato inferiore e comodo manico in gomma. Il
seghetto può essere integrato con una comoda asta telescopica, per arrivare con praticità
anche ai rami più alti.
Il machete, infine, è ottimo per tagliare, con un solo colpo netto, i rami più sottili. È dotato
di una impugnatura metallica e una lama non seghettata lunga dai 32,5 ai 60 cm e spessa
fino a 3 mm. Ha una caratteristica forma più stretta alla base, vicino all’impugnatura, e più
larga sulla punta; inoltre, è leggermente ricurva verso l’alto.
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Motosega. Per tagliare ed abbattere
i culmi di bambù, per segare i rami e
per
effettuare
legname,
la
si
può
pezzatura
del
utilizzare
una
motosega. Questa è dotata di un
gruppo motore, un organo di taglio e
una comoda e sicura impugnatura.
Il
motore,
a
due
tempi
e
monocilindrico, è racchiuso in un
carter e collegato da un tubo di
scarico
al
contiene
silenziatore.
anche
il
Il
carter
serbatoio
di
carburante – una miscela di benzina
e olio – e di lubrificante per l’organo
di taglio. All’esterno del carter, una
manopola di avviamento con una
corda auto avvolgente permette di
accendere la motosega. Tramite un
pignone, il moto viene trasmesso
dall’albero
taglio.
motore
Questo
a
all’organo
di
sua
è
volta
composto da una barra di guida su
cui scorre una catena costituita da maglie di guida, maglie di collegamento e maglie di
taglio, unite tra loro tramite rivetti. Infine, le motoseghe hanno un’impugnatura anteriore
e una posteriore che consentono di sostenere agevolmente tutto il corpo dell’attrezzo e
lavorare in completa sicurezza, grazie alle protezioni.
Sull’impugnatura posteriore
sono posizionati l’interruttore di avviamento e arresto, un
dispositivo di avviamento a freddo – o starter – e un grilletto acceleratore che consente il
bloccaggio di sicurezza della motosega ed evita azionamenti involontari. Generalmente, le
motoseghe utilizzate per il taglio del legno hanno una cilindrata compresa tra i 40 e i 65
cm cubi, una potenza di 2-5 kW e una barra lunga tra i 40 e i 50 cm.
Decespugliatore a lama. Al posto della
motosega, per le canne di dimensioni più
ridotte,
è
possibile
utilizzare
un
decespugliatore elettrico a lama, dotato di
una tagliente lama a quattro denti realizzata
in acciaio che, ruotando, genera un flusso
d’aria verso il basso e consente di lavorare
ad una altezza dal terreno di 2-3 cm. L’asta,
dotata
di
un’impugnatura
regolabile,
consente all’operatore di svolgere il lavoro in totale sicurezza e comodità, mentre il motore
elettrico da 1.200 W è dotato di un sistema intelligente della calibrazione della potenza,
che regola automaticamente il numero di giri in base allo sforzo di taglio.
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Cippatrice. La cippatrice è costituita da un robusto telaio sul quale è montato un organo
di taglio. Nel caso si scelga di produrre cippato di bambù è preferibile dotarsi di una
cippatrice mobile. Si tratta di un macchinario semovente o automovente, che consente di
raggiungere direttamente il luogo di raccolta dei materiali legnosi da cippare.
Le più comuni cippatrici mobili sono provviste di motore diesel con raffreddamento ad aria
o ad acqua, carrellabili per il traino da parte di un trattore.
Oggi sul mercato esistono diversi modelli di cippatrici, che differiscono tra loro per capacità
produttiva oraria in termini di cippato che riescono a produrre (dai 12 fino anche a 180
metri cubi l’ora), per le dimensioni dei materiali legnosi che sono in grado di triturare, per
le caratteristiche del cippato ottenibile e per le caratteristiche dell’organo di taglio.
In base al tipo di organo di taglio si distingue tra cippatrici a disco, cippatrici a tamburo e
cippatrici a vite senza fine.
Nelle cippatrici a disco l’organo tagliente è costituito da un pesante volano in acciaio su cui
sono montati da 2 a 4 coltelli in posizione radiale. Il disco ha un diametro minimo di 80
centimetri e ruota attorno a un asse orizzontale, o inclinato di 40-45°. Vicino ai coltelli, il
disco presenta delle piccole fessure attraverso le quali passa il materiale tagliato. Le
dimensioni delle chips possono essere variate regolando manualmente la sporgenza dei
coltelli. La materia prima legnosa, introdotta manualmente, arriva alle lame in posizione
obliqua e, quindi, tagliata a becco di flauto. Poi, il materiale triturato viene espulso
attraverso il convogliatore di scarico, dotato di deflettore orientabile che permette di
direzionarne il flusso a terra, o verso un contenitore.
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Le cippatrici a disco possono essere azionate sia idraulicamente, sia con motore autonomo
a benzina, diesel, oppure elettrico.
Nelle cippatrici a tamburo l’organo di taglio è, invece, costituito da un cilindro che ruota
attorno al proprio asse longitudinale, posto a sua volta su un piano orizzontale. I coltelli,
da 1 a 4, sono montati sulla superficie esterna del cilindro. Variando la loro sporgenza, si
regola la dimensione delle chips prodotte. Il diametro minimo del tamburo è compreso tra
i 30 centimetri – nelle cippatrici più piccole – e 100-150 centimetri – nei modelli più
grandi. Nel momento in cui si desidera variare la pezzatura del cippato, è sufficiente
sostituire la griglia di vaglio del materiale.
Anche
le
cippatrici
a
tamburo,
come
quelle
a
disco,
possono
essere
azionate
idraulicamente, con motore autonomo a benzina o diesel oppure elettricamente.
Infine, nelle cippatrici a vite senza fine l’organo di taglio è costituito da una spirale che
ruota attorno a un asse orizzontale. Questa non è regolabile, motivo per cui con questa
tipologia di cippatrice non è possibile variare la grandezza delle chips, che in genere sono
lunghe dai 50 agli 80 mm. L’espulsione del cippato avviene grazie a una ventola posta
dietro l’organo di taglio, che soffia il materiale attraverso un collo d’oca.
 Attrezzature e arredi fabbricati
Insegna
e
cartelli.
La
scelta
dell’insegna è molto importante, perché
permette
ai
potenziali
clienti
di
identificare e riconoscere il bambuseto
a
distanza
impressione
e
trasmette
generale
una
prima
dell’attività.
Trattandosi di un’attività ancora poco
diffusa a livello nazionale, il bambuseto
ha
bisogno
di
farsi
conoscere
e
riconoscere dalla clientela. L’immagine
scelta
per
l’insegna
deve
dunque
rispecchiare, attraverso un logo curato
e ben riconoscibile, la particolarità dell’attività e le sue caratteristiche.
Esistono diversi tipi di insegna, di forme e colori diversi, ma data la natura agricola
dell’attività si potrebbe puntare su decorazioni in stile rustico o su un’insegna in legno o
ferro battuto fatta a mano. Può valere la pena di scegliere un’insegna luminosa
esclusivamente se il bambuseto è situato a bordo strada o se è visibile dalle auto che
transitano in autostrada o strada provinciale.
Per promuovere la vendita diretta presso la coltivazione, poiché questa si troverà
presumibilmente in una zona extra-urbana, si possono installare anche una serie di cartelli
segnaletici che conducano alla strada di accesso. In questo modo, si renderà più visibile la
propria attività e si consentirà ai clienti di raggiungerla con maggiore facilità.
Impianto di illuminazione. Ci si riferisce in questa sede ai sistemi d’illuminazione
interna dei fabbricati dell’azienda agricola e esterna del bambuseto.
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Nel primo caso, se si vendono anche prodotti alimentari e cosmetici a base di bambù,
l’area che necessita di più accortezze è lo spaccio aziendale, per rendere l’ambiente più
piacevole e funzionale. È necessario quindi predisporre un impianto che permetta una
corretta e sana visibilità, evitando la penombra o le luci accecanti e mettendo in risalto
l’assortimento di prodotti in vendita. I negozi ricorrono spesso ad una illuminazione
intensa e chiara, ottenuta per mezzo di fari al neon o agli ioduri metallici che garantiscono
una buona resa di colori. Questi possono essere da incasso, “regista” o collocati all’interno
di lampadari o, in alcuni casi, all’interno delle strutture espositive. Per un maggior
risparmio energetico, è possibile anche ricorrere, anche in questo locale, ad una
illuminazione a LED.
Per quanto riguarda l’esterno, non si tratta di un’illuminazione funzionale dato che, di
norma, il bambuseto non richiede attività colturali da svolgersi in notturna. Se questo si
configura come giardino atto a ospitare visite guidate, eventualmente serali, può
comunque rivelarsi proficuo allestire lungo sentieri e percorsi lampioni e lampade, in grado
di creare atmosfera e valorizzare un ambiente già molto suggestivo.
Tavoli da lavoro. Possono essere utili per mondare e imballare i germogli e per tagliare
le canne nei formati previsti dai trasformatori.
A seconda del loro utilizzo, i tavoli potranno avere dimensioni differenti ed essere realizzati
in acciaio inox o legno. Nel caso della manipolazione della materia prima alimentare, il
piano dei tavoli deve essere liscio, cioè privo di scanalature che potrebbero incanalare
fastidiosi residui di materia prima, ampio e, eventualmente, carrellato, per facilitarne lo
spostamento.
Per la riduzione delle canne, invece, può bastare un piano d’appoggio molto resistente.
Imballaggi e confezioni. I prodotti andranno imballati in maniera differente a seconda
della tipologia. Di seguito descriviamo brevemente le principali tipologie di contenitori,
imballaggi e confezioni che si possono utilizzare per la raccolta e il confezionamento dei
vari prodotti del bambuseto.
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Cassoni e ceste. Di varie dimensioni e forme, sono utilizzati per il trasporto dei germogli
e delle foglie raccolte dal bambuseto ai locali per la cernita e mondatura o per i trasporti
successivi. I cassoni sono in plastica dura, mentre le ceste sono realizzate in vimini,
rattan, giunco o midollo.
Sacchi. Per lo stoccaggio e la vendita all’ingrosso delle foglie essiccate, ma anche per il
cippato, si possono utilizzare dei sacchi. Questi possono avere capienza da 5 a 15 kg e
possono essere in plastica, in rete o in tessuto.
Sacchetti di plastica e confezioni flow pack. Per
conservare e vendere i germogli è possibile imballarli
in appositi sacchetti in plastica dotati di cerniera per
la chiusura ermetica. Una tipologia di confezione
particolarmente utilizzata è quella definita flow pack
in cui un film plastico avvolge interamente il prodotto.
Si tratta di una confezione in grado di garantire
elevata ermeticità, poiché la testa e la coda della
confezione sono saldate quando il prodotto è già
all’interno della plastica.
Arredo magazzino. Se si ha a disposizione un locale dove riporre gli attrezzi, i prodotti di
consumo e gli imballaggi, è pratico allestirlo con scaffali e ripiani robusti, realizzati in
metallo o legno.
Arredo spaccio aziendale. Se si vendono prodotti alimentari e cosmetici al bambù, per
allestire un piccolo spaccio sono sufficienti un bancone per il registratore di cassa e alcune
scaffalature per esporre i prodotti in vendita. A seconda dell’immagine e dello stile che si
intende conferire allo spaccio, gli arredi possono essere di diversi materiali.
Data la natura del bambuseto è da preferire il legno o il ferro battuto, ma, trattandosi di
un’attività innovativa nel nostro Paese, si possono utilizzare anche moderne strutture in
materiale plastico (noto con il nome commerciale di perspex o plexiglass), alluminio ecc.
Anche forme e dimensioni possono essere molto varie.
Automezzo.
trasporto
Un
può
mezzo
di
sicuramente
essere utile per consegnare i
prodotti ai trasformatori e ai
clienti finali.
Vista la tipologia di prodotti, è
importante scegliere un mezzo
che consenta il trasporto anche
di
carichi
consistenti,
può
trattarsi ad esempio di un furgone telonato. Per limitare l’investimento, è possibile
acquistare un mezzo usato.
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Arredo ufficio. Sono sufficienti una o più scrivanie, qualche sedia ergonomica, delle
scaffalature e qualche armadietto.
Telefoni cellulari. Un telefono cellulare aziendale è utile per
essere reperibili ovunque e in ogni momento. Esiste una vasta
gamma di modelli e marche tra cui scegliere il proprio telefono
cellulare o smartphone, anche in funzione di quanto si è disposti a
spendere e delle funzionalità desiderate e che sono più utili alla
gestione del lavoro.
Telefono fisso e segreteria telefonica. È consigliabile avere una linea e una segreteria
telefonica, soprattutto per i contatti con rappresentanti, fornitori, banche e altri
interlocutori nei momenti in cui il personale è impegnato e non può rispondere al telefono.
La segreteria inoltre è utile per informare i clienti sull’orario in cui l’area di vendita è
aperta e per lasciare eventuali messaggi nelle ore di chiusura.
Computer. Si utilizza per la gestione della contabilità, per fare gli ordini ai fornitori, per
creare volantini e vario materiale informativo da distribuire ai clienti potenziali, per gestire
l’eventuale sito internet e i social ecc. Per l’acquisto non c’è che l’imbarazzo della scelta tra
decine di modelli e tipi. Per un’attività come quella considerata, non è necessario utilizzare
computer particolarmente sofisticati.
Software. Per una corretta gestione dell’attività e per tenere la contabilità, sarà
sufficiente disporre di:
-
un programma che utilizzi fogli elettronici, come, per esempio, Excel per fare le
operazioni minime di contabilità;
-
un programma di videoscrittura, come per esempio Word per Windows;
-
un programma per archivi che consenta di registrare e di gestire le schede dei
clienti. Si può acquistare, ad esempio, Access.
Stampanti. Considerato l’abbassamento dei costi che, in questi ultimi anni, ha
caratterizzato le stampanti laser, è consigliabile acquistarne una che consenta di ottenere
stampe di qualità in bianco e nero e a colori. La stampante può essere utilizzata anche per
produrre materiale pubblicitario di buona qualità, ad esempio semplici volantini con
l’elenco dei prodotti in vendita e dei servizi offerti. A seconda dell’utilizzo effettivo si può
prevedere anche l’acquisto di un modello multifunzione dotato di fax e scanner. Il fax può
essere utile per dare la possibilità ai clienti, soprattutto nel caso delle attività di
trasformazione della materia prima, di ordinare i prodotti via fax.
Altre attrezzature informatiche. Per altre attrezzature informatiche si possono
intendere: memorie esterne, chiavette USB, microfoni, auricolari, casse audio, webcam
ecc.
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Come organizzare l’attività
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Le mansioni
Il personale necessario alla gestione di un bambuseto varia in relazione alla dimensione
e all’organizzazione dell’attività, alla gamma dei servizi e dei prodotti offerti e alla
suddivisione delle mansioni.
Nella maggior parte dei casi il bambuseto è avviato in modo graduale, e sono
comunque necessari diversi anni prima di avere i primi prodotti vendibili. Di conseguenza,
il lavoro nei primi anni è limitato e la gestione può essere completamente svolta dal
titolare.
È inoltre possibile che chi avvia la coltivazione di bambù sia già titolare di un’azienda
agricola, e possa quindi contare su personale già qualificato e in grado di svolgere le varie
mansioni, sia nelle fasi iniziali di impianto che per gli anni a seguire.
Quando il bambuseto inizierà a produrre (a seconda dei prodotti, dal quarto anno in
avanti), il lavoro aumenterà. Oltre al personale interno (titolare, soci o coadiuvanti
familiari), possono essere necessari alcuni operatori saltuari che aiutino nelle fasi della
raccolta, del confezionamento, delle consegne e in generale nei momenti in cui si
concentra la maggior parte del lavoro.
Ciò premesso, le mansioni, che dovranno essere organizzate al meglio e distribuite, nei
diversi periodi dell’anno, sulla base del personale a disposizione, possono essere:

coltivazione del bambù;

gestione dell’attività;

raccolta e confezionamento;

vendita e consegne;

attività di consulenza/workshop.
Coltivazione del bambù. Trattandosi di
un’attività agricola, sarà il titolare a
svolgere
in
misura
prevalente
le
lavorazioni necessarie per la gestione del
bambuseto.
Egli
dovrà
avere
le
competenze necessarie per lavorare e
preparare il terreno, dovrà essere a
conoscenza
delle
caratteristiche
botaniche e delle esigenze della specie di
bambù coltivata, del suo ciclo vegetativo,
delle tecniche di trapianto, delle pratiche
di concimazione più appropriate ecc.
Se si tratta di un agricoltore, potrà
specializzarsi nella coltivazione di bambù
seguendo
organizzati
i
corsi
dai
di
consorzi
formazione
e
dalle
associazioni di categoria o informandosi
presso altri eventuali bambuseti della
zona.
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Come organizzare l’attività
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Queste fonti potranno illustrargli i metodi di coltivazione da adottare in relazione alla
tipologia del terreno e al clima dell’area entro la quale si vuole avviare l’attività, le varietà
più appropriate in base al fine per il quale il bambù viene coltivato e i periodi più adatti per
il trapianto e la raccolta di legno e germogli. Nelle fasi di trapianto e raccolta, quando si
rende necessaria una manodopera più intensa, il titolare potrà essere aiutato da uno o più
collaboratori – in genere familiari nel caso di impresa familiare.
Gestione dell’attività. La gestione di un bambuseto nella sua parte imprenditoriale è un
ruolo solitamente rivestito dal titolare.
Stiamo parlando di tutte quelle mansioni non strettamente “tecniche”, ma fondamentali
per la gestione e la buona riuscita dell’attività, che diventano sempre più importanti con
l’ampliarsi delle superfici coltivate e del volume d’affari.
Si tratta, quindi, di promuovere i prodotti sul mercato locale, attraverso le azioni più
efficaci per trovare sempre nuovi clienti e fidelizzare quelli acquisiti, di gestire il rapporto
con i fornitori, di occuparsi delle norme igieniche e di sicurezza da rispettare e in generale
della burocrazia, di decidere quali prodotti e servizi offrire, di controllare l’andamento
generale dell’attività, di tenere la contabilità dell’azienda, di mantenere i contatti con le
banche, il commercialista, gli eventuali consorzi, di coordinare il lavoro dei collaboratori.
Per svolgere correttamente queste mansioni è molto importante essere predisposti ai
rapporti interpersonali e al contatto diretto con i clienti. In particolare se si vende, oltre
che al consumatore finale, anche alle attività di trasformazione o se si organizzano visite
guidate.
Raccolta e confezionamento. Come
per la maggior parte delle attività
agricole,
una
richiede
maggiore
delle
operazioni
che
disponibilità
di
tempo e di personale è la raccolta.
Nel caso di una coltivazione di bambù
che produce sia i germogli che le
canne è positivo il fatto che le due
raccolte
avvenendo
primavera
non
si
una
e
sovrappongano,
principalmente
l’altra
in
autunno
in
e
inverno.
In ogni caso, se il bambuseto è molto
esteso può essere necessario avvalersi
di personale supplementare.
I germogli possono essere raccolti
manualmente anche da operatori che
non hanno particolare esperienza nella
pratica agricola; è un lavoro duro, ma che può essere adatto ai collaboratori familiari
dell’imprenditore. Lo stesso vale per il confezionamento.
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Nel caso delle canne, invece, l’operazione è più complessa e, se è effettuata con il
decespugliatore, sarà necessario utilizzare due operatori per volta. Anche l’utilizzo della
motosega,
tuttavia,
può
porre
delle
problematiche;
è
quindi
preferibile
affidare
l’operazione a personale esperto.
Lo stoccaggio delle canne, infine, non prevede particolari complessità e può essere svolto
dal titolare coadiuvato da alcuni collaboratori.
Vendita e consegne. Per quanto riguarda la vendita alle attività di trasformazione, il
titolare potrà accordarsi direttamente con i responsabili di queste e definire le modalità di
consegna, i prezzi e gli imballaggi. Si potrà organizzare un sistema di ritiro della materia
prima in azienda oppure occuparsi delle consegne al cliente.
Per quanto riguarda la vendita diretta in azienda, è possibile scegliere se aprire lo spaccio
solo
quando
arrivano
clienti,
facendo
in
modo
di
essere
avvisati
tramite
un
campanello/citofono/telefono, se vendere in orari e giorni prestabiliti o se servire il cliente
in orari più lunghi o in qualsiasi momento della giornata. Chi si occupa della vendita si
occupa anche di rifornire gli scaffali in cui sono esposti i prodotti, di tenere in ordine il
locale ecc. Non sono necessarie particolari competenze, fatta salva la conoscenza dei
prodotti in vendita e le necessarie cortesia e disponibilità.
Attività di consulenza/workshop. È una mansione da svolgere nel caso in cui si decida
di organizzare visite didattiche e ricreative al fine di far conoscere il proprio bambuseto e
consulenze ad altri agricoltori per aiutarli nell’avvio di una nuova coltivazione di bambù.
Anche se non esistono titoli di studio o autenticazioni che attestino la competenza e
l’esperienza nella coltivazione di questa pianta, fare parte di un consorzio di produttori o
essere produttori certificati rappresenta un’attestazione di competenza credibile e
spendibile.
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I consorzi
Il ruolo dei consorzi è decisivo per lo sviluppo e il corretto funzionamento della maggior
parte delle filiere agricole, in particolare di quelle che propongono prodotti di eccellenza,
che seguono disciplinari complessi e si certificano con gli organismi di controllo nazionali
ed europei.
In Italia, un esempio di filiera diretta da consorzi territoriali molto competenti e attivi è
lo zafferano, che ha conosciuto una repentina e sorprendente crescita nel 2014,
rilanciando un prodotto della nostra tradizione anche all’estero.
Anche nel settore del bambù, ancora in fase embrionale, il ruolo dei consorzi sarà
probabilmente decisivo.
In particolare, nell’ottica della costruzione di impianti di lavorazione del legno e della
fibra che rendano il prodotto finito tecnologicamente e economicamente competitivo con i
prodotti di importazione.
È quindi indispensabile, per chi sceglie di operare in questo settore, conoscere
direttamente i consorzi già attivi, le loro politiche e le azioni intraprese per un concreto
sviluppo della filiera nel suo complesso.
A livello nazionale, l’associazione più radicata è Consorzio Bambù Italia che si occupa di
fornire piante di bambù gigante selezionate e certificate ai neo coltivatori (la specie è
Phyllostachys Edulis o Moso). Queste sono registrate e commercializzate con la dicitura
Onlymoso.
Consorzio Bambù Italia propone un’affiliazione che garantisce ai produttori di bambù
associati il ritiro della produzione di germogli e canne al miglior prezzo di mercato, una
volta che il legno ha raggiunto il grado di maturità ideale alle lavorazioni.
A fronte di un investimento iniziale dell’agricoltore, che acquista le piante di Moso
direttamente dal consorzio, quest’ultimo si impegna a seguirne tutta la filiera produttiva,
dal ritiro alla lavorazione e la vendita sul mercato italiano e su quelli esteri con lo scopo di
abbattere i costi e creare un mercato per questo prodotto.
Al momento, i prodotti Onlymoso disponibili anche online sono il carbone vegetale e
una bevanda a base di foglie di bambù. I germogli delle coltivazioni affiliate saranno
disponibili a partire dal 2017/2018.
Per favorire l’investimento iniziale, il consorzio assiste gli affiliati nella stipula delle
convenzioni con gli istituti di credito.
Onlymoso, infine, assiste i propri associati nella coltivazione e cura dei bambuseti
attraverso i propri consulenti e si propone di promuovere e valorizzare il bambù italiano
presso le varie filiere commerciali (alimentare, cosmetica, del legno, della carta,
energetica, tessile, delle costruzioni ecc.) in Italia e all’estero.
Una realtà differente che è utile considerare in questo contesto è Madake Italian
Network, nato allo scopo di promuovere la filiera nazionale del bambù Phyllostachys
Bambusoides (Madake) e rivolto non solo ai produttori, ma anche a trasformatori e
rivenditori.
Madake Italian Network non è una vera e propria associazione, ma un network che non
prevede adesioni a pagamento, né quote sociali o altre forme di contributo.
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Al contrario, l’impegno degli aderenti è quello di mettere a disposizione del
coordinamento la propria esperienza e competenza, nonché, naturalmente, la materia
prima per sviluppare un know-how scientifico di questa coltura e sperimentare lavorazioni
economiche e sostenibili.
Madake Italian Network si propone di coordinare coltivatori e imprenditori che restano
del tutto liberi, ma condividono la gestione della materia prima con l’obiettivo di
promuovere e diffondere il bambù prodotto in Italia come reale alternativa sostenibile alla
legna boschiva.
In questo caso, gli organizzatori non hanno alcun ritorno economico dalla rete.
Qualunque imprenditore può aderire a questo progetto in maniera completamente
gratuita, mettendo a disposizione anche solo 100 mq di bambuseto.
Lo sviluppo del settore nel suo complesso e di questi consorzi è ancora in fase iniziale.
Solo quando la coltivazione del bambù avrà raggiunto numeri soddisfacenti sarà possibile
testare la validità delle diverse formule e ciascun agricoltore potrà valutare quella che più
si adatta alle sue possibilità e capacità.
Per il momento, infatti, il lungo periodo che la coltivazione impiega ad entrare a regime
complica i rapporti tra i coltivatori e i consorzi che si offrono di ritirare la produzione.
L’impossibilità di testare concretamente l’operato dei consorzi nazionali (che al
momento sono ancora in attesa che le coltivazioni dei loro affiliati diventino produttive) ha
contribuito allo sviluppo di una seconda filiera, in questo caso corta, che unisca
direttamente il coltivatore al consumatore interessato a prodotti disponibili nel medio
periodo, come i germogli alimentari e il cippato di bambù.
È possibile, in linea generale, lo sviluppo di realtà ibride, che vendono al consumatore
germogli e cippato e che si accordano con i consorzi per la gestione della produzione da
legno e fibra.
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