Il Giglio di Santa Restituta

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La flora isolana
Il Giglio di Santa Restituta
(Pancratium maritimum L)
di Roberta Vallariello
Lacco Ameno - Basilica
di S. Restituta: Dipinto di
Ferd. Mastriani (fine sec.
XIX), che rappresenta la
spiaggia di San Montano,
ricoperta di bianchi gigli,
dove accadde l’evento
dell’arrivo di S. Restituta
Narra un’antica leggenda che un
giorno molto lontano nel tempo,
spinta dal vento e dalle correnti
marine, proveniente dall’Africa
giunse nella baia di San Montano
una piccola barca che conteneva il
corpo senza vita della giovane martire Santa Restituta.
Essa era apparsa in un sogno premonitore a una pia e umile donna,
di nome Lucina, di Lacco Ameno.
Quest’ultima fu invitata da un
angelo a recarsi sulla spiaggia, per
raccogliere il corpo della giovane
martirizzata e darle una degna sepoltura.
Lucina, giunta nella baia, vide
tutta la spiaggia ricoperta di bianchi e profumati gigli, e sulla barca il corpo
senza vita della giovane martire.
Successivamente nell’iconografia popolare, l’immagine della Santa veniva raffigurata con una porzione di foglia di palma nella mano destra. Lo testimonia anche un affresco esistente nella cripta del castello d’Ischia, eseguito
da Simone Martini nella prima metà del 1300, raffigurante S. Restituta senza
fiori nella mano destra.
Più tardi, nel 1470, si fermò nell’isola d’Ischia P. Pacifico da Sorrento: egli
realizzò una scultura lignea dorata che riproduceva l’immagine della Santa
con dei fiori nella mano destra, precisamente dei gigli, molto somiglianti
a quelli che la leggenda narra fiorirono sulla spiaggia di San Montano il
giorno del suo arrivo, e per questo furono in seguito chiamati in termine
vernacolare “gigli di Santa Restituta”. La statua lignea scolpita nel 1470
viene ancora oggi utilizzata per le processioni durante i festeggiamenti.
Una delle principali testimonianze della profonda unione tra religione e
natura può essere senz’altro ravvisata nella consuetudine di venerare santi
al cui nome, ed immagine, è legato un fiore o una pianta, come ad esempio:
giglio di S. Antonio (Lilium candidum L.), giglio di S. Restituta (Pancratium
maritimum L.), Maria SS. Consolatrice del Carpinello (Ostrya carpinifolia
Scop.), fior d’Angelo (Philadelphus coronarius L.), ecc... Queste piante che
accompagnano i nomi dei Santi vengono subito individuate dai fedeli e mai
confuse con altre specie botaniche.
Per quanto concerne il Pancratium maritimum L., è necessario precisare
che solo nell’isola d’Ischia questa specie è conosciuta col nome dialettale
di giglio di Santa Restituta, mentre in tutto il resto d’Italia viene chiamato
giglio marino. Il mese di maggio è caratterizzato da numerose ricorrenze
religiose, in particolare a Lacco Ameno il 17 maggio si venera con festeggiamenti solenni Santa Restituta.
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Il giglio di S. Restituta
(A sinistra) Pancratium maritimum L in un suo ambiente na-
turale; (a destra) dettaglio di una infiorescenza di Pancratium
maritimum (Foto Gioacchino Vallariello)
In passato, in occasione di questa
ricorrenza, i fedeli raccoglievano
lungo i litorali sabbiosi dell’isola
questi gigli. Alcuni di essi con tali
fiori adornavano le barche utilizzate
per la processione via mare, altri in
segno di devozione addobbavano
l’interno della chiesa, in particolare
l’altare della Santa.
Numerose erano anche le offerte
realizzate con altri materiali, come
ad esempio alcuni bouquet di gigli
confezionati assembrando migliaia
di pezzettini di corallo, oppure con
la paglia di grano “carosella”. Questi
lavori, costruiti dai fedeli con notevole maestria, riproducevano la
forma dei fiori del Pancratium maritimum L.; molto spesso la fantasia e
l’estro dell’artigiano andavano oltre
la riproduzione dei semplici fiori,
così realizzava, sopra queste corolle,
anche dei bombici e delle farfalle.
Nel corso degli anni, nel Santuario
di Santa Restituta sono state lasciate
diverse testimonianze attraverso
gli ex voto offerti dai fedeli. Molti
sono modelli ripetuti nella forma,
ma alcuni, realizzati con materiale
molto semplice come la paglia di
grano, rappresentano delle opere
uniche ed irripetibili, veri capolavori
sono stati donati alla Santa. Ancora
oggi, a distanza di oltre un secolo, è
possibile ammirare questi manufatti
conservati nel museo attiguo alla
chiesa.
Attualmente non si adornano
più come una volta le barche per la
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Il giglio di S. Restituta
processione via mare, né l’interno
della chiesa, né tanto meno si realizzano manufatti artigianali per
donarli alla Santa, come si faceva
in passato. Durante la festa, per gli
addobbi si utilizzano altri tipi di
fiori e altri materiali, poiché quelli
che si utilizzavano in passato sono
ormai introvabili. Ma nonostante
tutto in occasione dei festeggiamenti
della Santa, vicino alle edicole votive
vengono deposti assieme ai fiori alcune spighe di grano, queste ultime
molto probabilmente a ricordo della
vecchia tradizione.
Queste le notizie storico-religiose,
vediamo ora che cosa è, a cosa ser-
ve, il Pancratium maritimum L. dal
punto di vista botanico, ecologico
e paesaggistico. Questa specie appartiene alla famiglia delle Amaryllidacee e, senza alcun dubbio, è
una delle piante più ornamentali e
profumate dei litorali sabbiosi, con i
suoi grandi fiori bianchi, molto belli,
che sbocciano nei mesi estivi. Pianta
geofita psammofila, provvista di
grossi bulbi e lunghe radici in grado
di raggiungere la falda freatica. Le
foglie sono nastriformi lunghe 3040 cm, di un verde glauco, molto
flessibili ben adatte all’ambiente arido e ventoso delle sabbie. Lo scapo
fiorale alto da 20 a 50 cm porta da 3
a 10 fiori grandi, bianchi, molto appariscenti, intensamente profumati
dopo il tramonto del sole.
Il suo areale di distribuzione è
esteso a quasi tutte le regioni mediterranee. In alcune zone dell’Italia
meridionale e insulare, oltre a questa specie, si trova anche il giglio
illirico (Pancratium illyricum
L.), molto simile al precedente ma
con fiori più piccoli di colore bianco,
diversamente conformati.
Il genere Pancratium comprende
circa 15 specie: di queste, solo le due
specie menzionate vivono alla stato
spontaneo in Italia. Possono essere
tutte coltivate nella maggior parte
delle regioni italiane, in terreni molto ricchi di sabbia, estremamente
permeabili, ben esposti e soleggiati.
I litorali sabbiosi sono ambienti
molto particolari, difficili, a volte
ostili verso qualsiasi forma di vita,
come lo sono altrettanto tutti gli
ambienti che si interpongono e che
costituiscono l’interfaccia tra le terre
sommerse e quelle emerse.
Tutte le specie vegetali che vivono
in questi ambienti, molto ristretti, hanno sviluppato una serie di
adattamenti molto specifici che
consentono la loro sopravvivenza,
anche nelle condizioni più estreme.
Per questi motivi le specie delle rupi
marine non potranno mai vivere su
un litorale sabbioso e viceversa.
Il Pancratium maritimum L. vegeta e si sviluppa all’inizio della primavera, in questo periodo le lunghe
radici sono in grado di raggiungere
la falda freatica, prima che il caldo
estivo prosciughi le sabbie superficiali. In generale le geofite (anche il
nostro giglio) sono piante provviste
di organi sotterranei, come bulbi,
tuberi o rizomi, i quali permettono
loro di superare senza danni irrimediabili i periodi sfavorevoli. Tali
organi, grazie alle sostanze di riserva
in essi accumulate nel precedente
periodo vegetativo consentono lo
sviluppo delle piante nelle prime
fasi di attività. Durante il periodo
di riposo di questi vegetali, nessuna
delle loro parti è visibile al di sopra
del terreno. Solo alla ripresa dell’atLa Rassezgna d’Ischia 4/2002
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Il giglio di S. Restituta
(A sinistra) Icona di S. Restituta con una porzione di foglia di
palma nella mano destra. Affresco di Simone Martini (prima metà
del 1300). (A destra) Statua lignea di S. Restituta con i gigli nella
mano destra. Opera realizzata nel 1470 da P. Pacifico da Sorrento
tività vegetativa si formano organi
a funzione fotosintetica, come le
foglie.
Le sostanze prodotte in seguito
alla fotosintesi sostituiscono le
vecchie fonti di nutrimento nel
sostentamento della pianta. Successivamente si formeranno i fiori che
dopo l’impollinazione e la successiva
fecondazione produrranno i semi,
che assicureranno la continuità della
specie.
Nell’ambito di questo gruppo di
piante, il Pancratium maritimum
L. occupa un ruolo molto importante poiché con la sua presenza
sugli arenili favorisce gli accumuli di
sabbia che viene rimossa dall’azione
del vento, e quindi partecipa alla
formazione di piccole dune.
Il primo studioso a interessarsi a
questa specie, fu il botanico italiano Andrea Cesalpino nel 1583. Più
tardi, nel 1834 per quanto riguarda
solo l’isola d’Ischia, veniva segnalata
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genericamente la presenza “sulle
arene marine” da Giacomo Stefano
Chevalley de Rivaz.
Nel 1854, Giovanni Gussone fu
più preciso e ne segnalò la presenza
sempre sulle arene marine di Lacco,
alla marina di San Montano; Forio,
alla marina di Citara e di Montevergine, infine alla marina di S. Angelo.
Attualmente questa specie, in quasi tutto il suo areale di distribuzione
lungo le coste del Mediterraneo è in
regressione, seriamente compromessa a causa della forte antropizzazione e dello sfruttamento intensivo
dei litorali sabbiosi.
Nell’isola d’Ischia è quasi del tutto
scomparsa, l’unico luogo dove ancora oggi sono presenti pochi e sparuti esemplari si chiama Punta San
Pancrazio, toponimo molto simile
al nome scientifico del genere a cui
appartiene il giglio di S. Restituta.
È opportuno ricordare che, quando
scompare una specie vegetale, con
essa scompare anche un microcosmo composto prevalentemente da
piccoli animali legati alle piante:
essi infatti mangiano le loro foglie,
impollinano i loro fiori e disperdono
i loro semi, di conseguenza sono
necessari gli uni agli altri.
Roberta Vallariello
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