colpo di fuoco batterico delle pomacee

annuncio pubblicitario
FOCUS SULLA DIFESA
COLPO DI FUOCO BATTERICO DELLE POMACEE
I casi accertati in Piemonte prima del 2008 sono stati rilevati su ornamentali in provincia di Biella e del Verbano. Su pero è stato individuato un primo focolaio in Provincia di Cuneo nel 2008
e nel 2013 sono stati segnalati nuovi casi nell’areale di prima diffusione.
Durante il 2014 la massima attenzione è stata rivolta al melo in quanto sono stati accertati
nuovi casi su impianti appeni messi a dimora e, quattro di questi non ricadenti nell’areale di
prima diffusione della malattia.
Su melo si osserva una diversa manifestazione sintomatologica rispetto al pero in quanto il
danno causato dal batterio risulta meno esteso e più confinato sulla pianta del tutto simile al
danno da Cylindrocarpon mali (forma imperfetta della Nectria). Per questa ragione, le piante
con cancri sul fusto sono state sostituite in quanto compromesse.
BIOLOGIA E RICONOSCIMENTO DELLA MALATTIA
Questa patologia, causata dal batterio Erwinia amylovora, colpisce in modo particolare il pero e
alcune specie ornamentali (biancospino, il cotognastro e l’agazzino) oltre al melo, al cotogno e
al nespolo europeo.
Questo batterio si sviluppa in un intervallo di temperature ampio, ben oltre i 30° C, purché in presenza di elevata umidità e trova il suo ottimo con temperature superiori ai 20 °C.
Il suo insediamento avviene principalmente attraverso i fiori delle fioriture secondarie che
sono le più pericolose. Altre vie di penetrazione sono rappresentate dagli stomi delle foglie
apicali (molto frequente nella realtà piemontese), da ferite causate sia da potature verdi sia da
grandine. Il batterio presenta una velocità di penetrazione elevata e il contagio fra pianta infetta
e sana risulta altresì assai rapido (da qui la definizione di “colpo di fuoco“). Dopo qualche giorno
dall’avvenuta infezione le foglie interessate acquisiscono una colorazione brunastra e si osserva
il tipico ripiegamento ad uncino degli apici. In condizioni di umidità e caldo si forma un essudato
che favorisce ulteriormente la diffusione del batterio che in seguito andrà a svernare nei cancri
presenti sul tronco e sui rami. Dalla recentissima esperienza piemontese su giovani piante di
melo si è appreso che su questa specie il batterio risulta essere molto confinato per cui non è
facile distinguerne visivamente i sintomi, in queste situazioni non è quindi la rapidità d’azione
Fig 1. Melo: disseccamento apicale
Fig 2. Melo: pianta in allevamento colpita
85
FOCUS SULLA DIFESA
bensì la dislocazione dei sintomi nella chioma a facilitare la diagnosi. Per quanto riguarda la
sintomatologia, uno stadio avanzato della malattia comporta il disseccamento di rami, branche e
intere piante, nonché imbrunimenti sui frutti in maturazione.
STRATEGIA DI DIFESA
Al momento non esiste una strategia di difesa curativa ma una serie di misure preventive da
adottare attentamente su tutto l’areale:
✓ In caso di un suo attacco è necessario procedere alla rapida rimonda dalle parti colpite o
nel caso di piante in allevamento all’estirpo dell’intera pianta. Infatti, data la sua pericolosità, occorre eliminare quanto prima l’inoculo presente in campo per evitare la diffusione
della malattia sul territorio.
✓ Oltre alla rimonda e all’estirpo dei soggetti colpiti è molto importante eseguire un attento monitoraggio degli impianti colpiti e di quelli confinanti allo scopo di individuare eventuali sintomi
dubbi che necessitino un’indagine più approfondita.
✓ Non sono necessari trattamenti preventivi specifici se non negli appezzamenti colpiti e in
quelli adiacenti in cui si consiglia d’intervenire con prodotti rameici prima della fioritura, e nella fase di caduta foglie. Possono essere utilizzati, ad integrazione del rame e in certi periodi
altri prodotti quali i batteri antagonisti (Amylo-X, Serenade), gli induttori di resistenza quali
Bion e Fosetyl - alluminio a partire da prima della seconda fioritura con intervalli regolari e
prodotti disinfettanti ad azione battericida.
✓ Negli appezzamenti in cui si è osservata la patologia risultano essenziali un’accuratissima pulizia invernale, la disinfezione degli strumenti di potatura e la completa
eliminazione, con bruciatura, delle parti colpite.
ATTENZIONE
Come altre patologie, esiste una latenza che ritarda la manifestazione dei sintomi e per
questa ragione tutti gli impianti di melo e pero in fase di allevamento dovranno essere
attentamente seguiti anche nel corso di quest’anno allo scopo d’individuare eventuali
sintomi causati dal batterio.
Fig 3. Pero: imbrunimento e essudato su ramo
86
Fig 4. Pero: pianta colpita e collassata
FOCUS SULLA DIFESA
LA BATTERIOSI DELL’ACTINIDIA (Psa)
La batteriosi dell’actinidia, causata dal
batterio Pseudomonas syringae pv actinidiae,
ha determinato una severa riduzione della
superficie coltivata a kiwi in Piemonte che è
passata dai 5496 ha del 2010 agli attuali 4363
ha (dati ufficiali della Regione Piemonte).
Nel 2014 si è osservata ad una diminuzione
dei sintomi imputabile a diversi fattori che
possono venire così sintetizzati:
- Stagione invernale 2013-14 più mite
degli ultimi anni
- Adozione ormai diffusa dei mezzi di
prevenzione sia agronomici (potatura,
asportazione del legno) si attraverso
interventi chimici (rame, Bion) nei periodi
di maggior rischio
- Estirpo degli impianti infetti con riduzione
della massa infettiva
Fig. 1 Macule su foglie
SINTOMATOLOGIA
Le infezioni primaverili - estive si manifestano
prevalentemente con maculature poligonali
di piccole dimensioni, alonate di giallo (Fig
1) che poi evolvono in macchie necrotiche
più o meno regolari. Altri batteri del genere
Pseudomonas (P. syringae pv syringae e P.
viridiflava), possono dare origine a sintomi
fogliari simili, pertanto, oltre all’osservazione
dei sintomi occorrono approfondite analisi di
laboratorio. Le infezioni autunnali, derivate
dalle ferite originate dallo stacco dei frutti e
dalla caduta delle foglie, si manifestano verso
fine inverno attraverso l’emissione di essudato
denso (“mieloso”) di colore bianco quasi
trasparente (Fig 2), che successivamente per
processi ossidativi diviene rossastro (Fig 3). I
soggetti colpiti possono morire in pochi mesi
o dopo alcuni anni a seconda della gravità
dell’attacco e dall’età delle piante; gli impianti
in allevamento e le piante maschili sinora
utilizzate risultano molto più sensibili.
D’altro canto ultimamente, in frutteti adulti,
ben condotti e in equilibrio vegeto-produttivo,
piante colpite al tronco gli inverni precedenti,
hanno recuperato la produttività senza più
presentare le caratteristiche colature di inizio
stagione.
Fig. 2 Essudato mieloso
Fig. 3 Essudato rosso
87
FOCUS SULLA DIFESA
MISURE PREVENTIVE
Ispezionare con regolarità gli appezzamenti alla ricerca di eventuali sintomi
Mantenere un buon equilibrio vegetativo delle piante; a tale riguardo si dovrà prestare la
massima attenzione all’apporto idrico, alla fertilizzazione (in particolare azotata)
Garantire un ottimo arieggiamento della chioma attraverso una corretta potatura
Utilizzare materiale vivaistico sano dotato di apposito Certificato fitosanitario e/o Passaporto
delle piante secondo quanto disposto dal decreto ministeriale del 20 dicembre 2013
MISURE DI PROFILASSI
1. In presenza di piante molto colpite e di un attacco generalizzato alla maggior parte
dell’actinidieto: si può valutare la possibilità di estirpare o capitozzare le piante alla base del
tronco. Quest’ultima purtroppo non è sempre risolutiva al fine di una sanificazione definitiva;
tuttavia risulta indispensabile per una riduzione sensibile della massa infettiva presente
nel frutteto. Si raccomanda di proteggere la zona di taglio, in seguito alla capitozzatura,
attraverso spennellature di rame e successiva copertura con matrici protettive (paste
viniliche o catramina) da rinnovare dopo qualche mese. Si ricorda che nel caso si effettui
la capitozzatura, il germoglio che si originerà, dovrà essere mantenuto protetto dalle
reinfezioni del batterio presente nell’ambiente con adeguate misure preventive
2. Se sono visibili sintomi su diversi individui ma su un numero limitato di branche si consiglia
di procedere alla loro asportazione partendo dal punto della diramazione
3. Se invece la presenza di sintomi è limitata a poche piante, al fine di limitare da subito la
diffusione del batterio nell’impianto, è consigliabile procedere in tempi rapidi all’estirpo o
alla capitozzatura delle piante
Durante le operazioni di potatura
a) Effettuare questa operazione possibilmente evitando i periodi più piovosi
b) Disinfettare le superfici dei grossi tagli con prodotti ricoprenti
c) Adottare le pratiche di disinfezione degli strumenti di taglio (utilizzando i prodotti a base di
cloro o di ammonio quaternario)
d) Intervenire entro le 24/48 ore dal termine delle operazioni di potatura con un prodotto rameico
INTERVENTI FITOSANITARI
La difesa contro questa patologia è di tipo preventivo in quanto non esistono prodotti
curativi risolutivi. Si basa essenzialmente sull’applicazione di prodotti da utilizzare nei
periodi più critici per la diffusione e penetrazione del batterio. Si ricorda che i prodotti
autorizzati sull’actinidia sono attualmente i seguenti:
1. I prodotti rameici (quelli che riportano in etichetta la coltura ed il patogeno) da
utilizzarsi:
dopo grandinate, con trattamenti a basse dosaggi (40 – 50 g/hl di rame metallo)
allo stacco dei frutti, con trattamenti a dose piena (100 g/hl di rame metallo)
alla caduta foglie, con trattamenti a dose piena (150 – 200 g/hl di rame metallo). Si
consiglia di realizzare 3 interventi mirati in corrispondenza delle seguenti epoche:
 Inizio caduta foglie
 Metà caduta foglie
 Completa caduta foglie
dopo la potatura invernale, con trattamenti a dose piena (150 – 200 g/hl di rame metallo)
2. L’acibenzolar – methyl (Bion 50 wg) fermo restando il rilascio della deroga di 120 giorni
in quanto si è in attesa della registrazione definitiva
Periodo di applicazione: avendo questo prodotto un’attività d’induzione di resistenza,
dovrà essere prevalentemente applicato nei periodi che precedono la maggior sensibilità
88
FOCUS SULLA DIFESA
della pianta al PSA: precisamente dal germogliamento alla prefioritura (2 – 3 applicazioni).
In post fioritura, in condizioni favorevoli al Psa 1 – 2 applicazioni.
3. Il bacillus amyloliquefaciens (Amylo - X), un batterio antagonista, il cui impiego è
consigliato nel periodo precedente la fioritura al fine di limitare l’ingresso del batterio in
questa fase fenologica sensibile
NOTA BENE: come per l’acibenzolar-metile, l’utilizzo dei prodotti fitosanitari a base di rame in vegetazione
contro la batteriosi dell’actinidia è subordinato al rilascio di una specifica deroga del Ministero.
ADOZIONE DI PROTEZIONE DAGLI EVENTI ATMOSFERICI
Esistono esperienze di applicazioni di teli o altri
materiali plastici rigidi a protezione dei filari di
actinidia (vedi foto). In alcune zone sono stati
realizzati degli impianti pilota che hanno dato
dei preliminari riscontri positivi. Tuttavia, sarà
necessario valutare questo sistema nei prossimi
anni prima di esprimere un giudizio fondato
tenendo conto oltre che dell’oneroso costo di
realizzazione (> di 50000 € a ettaro) anche
della tenuta dell’impianto in caso di nevicate,
grandinate e vento forte.
Fig. 4 Coperture antipioggia
ESECUZIONE DI NUOVI IMPIANTI
Nelle zone in cui si è provveduto all’estirpo degli impianti colpiti e si è beneficiato del contributo
rimane in vigore il divieto di reimpiantare immediatamente secondo quanto riportato nella seguente tabella. Il rischio presente sul territorio, nonostante la manifestazione sintomatologica
della malattia sia risultata in calo nel 2014, risulta ancora elevato e si sconsiglia l’impianto di un
nuovo actinidieto nelle zone di prima diffusione della malattia. Nei casi in cui si decida di reimpiantare kiwi è necessario porre la massima attenzione nella scelta del materiale vivaistico. Nel
dicembre 2012, l’Unione Europea mediante decisione, ha normato in merito allo spostamento
del materiale di moltiplicazione, imponendo il certificato fitosanitario per il materiale prodotto al
di fuori dell’Unione e il Passaporto delle Piante per il materiale di moltiplicazione prodotto e circolante entro i confini della UE. Tale atto europeo è stato recepito in Italia mediante il decreto
ministeriale 20 dicembre 2013 pubblicato sulla G. U. del 15 marzo 2014.
Tabelle riepilogative sui vincoli da rispettare per i nuovi impianti che seguono precedenti
estirpi causa Psa
ESTIRPO CON CONTRIBUTO
DOMANDA CONTRIBUTO CON SCADENZA BANDO IL 15 APRILE 2011
SI PUO’ REIMPIANTARE DAL 1 MAGGIO 2013
DOMANDA CONTRIBUTO CON SCADENZA BANDO IL 7 LUGLIO 2012
SI PUO’ REIMPIANTARE DAL 1° GENNAIO 2015
DOMANDA CONTRIBUTO CON SCADENZA BANDO IL 18 novembre 2014
SI PUO’ REIMPIANTARE DAL 1° GENNAIO 2017
ESTIRPO SENZA CONTRIBUTO
ESTIRPO ENTRO APRILE 2012
SI PUO’ REIMPIANTARE DAL 1° GENNAIO 2014
ESTIRPO ENTRO APRILE 2013
SI PUO’ REIMPIANTARE DAL 1° GENNAIO 2015
Gli estirpi successivi senza contributo non hanno più vincoli da rispettare per il reimpianto
ma permangono le valutazioni di rischio anche molto elevate a seconda dell’area.
89
FOCUS SULLA DIFESA
GIALLUME EUROPEO
DELLE DRUPACEE (ESFY)
Il fitoplasma rappresenta la principale causa
di moria di piante di susino cino-giapponese in
Piemonte ma colpisce altresì l’albicocco e in
alcuni casi anche il pesco. L’incidenza annua
della malattia è variabile all’interno di un singolo susineto e si aggira intorno al 2 - 3 %,
tuttavia ci sono annate in cui la presenza del
fitoplasma è minima e altre in cui risulta più che
significativa.
Fig. 1 Susino: emissione anticipata di foglie
La sintomatologia su tutte le tre specie ospiti è
comune per quanto riguarda l’anticipo della ripresa vegetativa delle piante colpite oppure fioriture tardive in autunno. In vegetazione, su susino sono evidenti impallinature su foglia, ispessimento della lamina fogliare e deformazioni sui frutti. Su albicocco si osserva l’ingiallimento
delle foglie, l’appassimento dei frutti e in alcuni casi il disseccamento d’intere branche. Su pesco sono ricorrenti il mancato accrescimento della nervatura mediana che causa ripiegamento
a C della foglia e collosità e le nervature fogliari laterali ingrossate.
Per quanto riguarda la trasmissione del patogeno, al momento, non è possibile dare un’indicazione chiara in quanto la presenza del vettore (Cacopsilla pruni) è scarsa nel nostro areale
e la presenza del fitoplasma nel materiale di propagazione (in forma latente) rappresenta il
mezzo di diffusione preferenziale. Recentemente si sta ipotizzando anche la trasmissione radicale (come confermato sperimentalmente per il fitoplasma degli scopazzi del melo) in quanto
in campo le piante adiacenti a quelle colpite s’infettano molto più velocemente. Come noto,
anche per i fitoplasmi non esistono dei rimedi curativi; si consiglia pertanto un attento monitoraggio per l’individuazione precoce dei sintomi e l’eliminazione delle piante colpite al fine di
limitare al minimo la diffusione della patologia:
SINTOMATOLOGIA
TRASMISSIONE DELLA MALATTIA
 Riposo vegetativo: sviluppo anticipato delle
gemme a legno.
 Fioritura: anticipo della stessa con
caratteristica contemporanea presenza di
foglie fiori.
 Estate: clorosi, arrossamento delle foglie e
ingrossamento delle nervature fogliari.
 Altri sintomi: necrosi del floema, progressivo
disseccamento della pianta, vegetazione
affastellata e apoplessia.
 A livello di singola pianta è possibile che si
verifichi il cosiddetto “recovery” o risanamento
consistente in una regressione naturale dei
sintomi (fenomeno variabile a seconda della cv.).
90
 Mediante materiale di propagazione infetto
 Cacopsilla pruni: nonostante la diffusione
della malattia sia spesso imputata a questo
psillide i monitoraggi eseguiti in Piemonte non
hanno evidenziato una presenza significativa
dell’insetto
 Anastomosi radicali
 Non sembra essere trasmesso né durante la
potatura né mediante la moltiplicazione con
seme.
FOCUS SULLA DIFESA
PROFILASSI PREVENTIVA
Le misure di lotta contro i fitoplasmi sono esclusivamente preventive e si basano su:
 monitoraggio attento dei frutteti per l’estirpo immediato delle piante colpite
 realizzazione di nuovi impianti con materiale vivaistico sano. Purtroppo, come già detto, il
lungo periodo di latenza del fitoplasma può far sì che le stesse piante madri siano già infette e
parte del materiale sia propagato
 eliminazioni dei polloni radicali i quali costituiscono il ricovero preferito delle cacopsille nel
periodo che va da fine inverno ad inizio primavera
 utilizzo di portainnesti poco polloniferi
Fig. 3 Albicocco: emissione anticipata di foglie
Fig. 2 Susino: a sinistra pianta colpita e clorotica
91
FOCUS SULLA DIFESA
VIRUS DELLA SHARKA (PPV)
La Sharka è un virus che rappresenta un grave pericolo per pesco, susino, albicocco e ciliegio.
Questa virosi è stata segnalata per la prima volta in Italia nel 1973 e in Piemonte è stata accertata nei primi anni ottanta (1982) su albicocco. Il danno che la malattia può arrecare alla
frutticoltura è elevatissimo. Il virus ha una rapida diffusione attraverso l’innesto di materiale
infetto o per via naturale attraverso gli afidi. La Sharka è considerata organismo di quarantena
contemplato nella normativa fitosanitaria (D.lgs 214/2005). Il Decreto 28 luglio 2009 “Lotta
obbligatoria per il controllo del virus Plum pox virus (PPV), agente della «Vaiolatura delle drupacee» (Sharka)” impone su tutto il territorio nazionale la lotta obbligatoria e il controllo
del materiale di moltiplicazione utilizzato nei vivai e degli astoni prodotti. Nel 1996 per la
prima volta in Italia è stato isolato il ceppo M più aggressivo e con capacità di diffusione
più elevata rispetto al ceppo D.
SINTOMATOLOGIA DELLA VIROSI
SU PESCO
La manifestazione della vaiolatura si riscontra sia sulle
foglie sia sui frutti e, nel caso del pesco, è possibile osservarla anche sui fiori (Fig 1) dove si possono notare
(solo nel caso di corolla di tipo rosaceo) delle anomalie
cromatiche dei petali sotto forma di striature di tipo rosato
parallele alle nervature.
Fig 1. Fiore di pesco infetto
Generalmente i sintomi fogliari (Fig 2) sono più evidenti nel periodo primaverile sulle piante giovani e vigorose e tendono a sparire nel periodo estivo (da fine luglio in poi) per evidenziarsi nuovamente verso la fine dell’estate. Sulle giovani foglie di pesco compaiono irregolari decolorazioni
clorotiche, ed in alcune varietà più sensibili, la lamina colpita non si sviluppa normalmente ma assume un andamento ondulato e contorto. Dalla terza all’ottava foglia del germoglio è più frequente
osservare delle bande di colore gialla-chiaro che formano macchie irregolari. Attenzione a non
confondere il sintomo con il virus del mosaico latente del pesco (Fig. 3)!
Fig 2. Foglie di pesco con sintomi
92
Fig 3. A sinistra foglia colpita da
mosaico latente, a destra foglia
colpita da Sharka
FOCUS SULLA DIFESA
Sui frutti (Fig 4) i sintomi si manifestano con una maculatura rotondeggiante di colore biancastro o giallo – verde su pesche a polpa bianca. Nei frutti a polpa gialla invece si possono
osservare macchie depigmentate, aree pigmentate, anello clorotico o rossastro.
Fig 4 Frutti con anulature clorotiche
Nel mese di febbraio è altresì possibile osservare anellature sui rami, sintomo non sempre
osservabile negli appezzamenti colpiti (Fig 5).
EPIDEMIOLOGIA
Il virus si trasmette attraverso la moltiplicazione
vegetativa (innesto) e da diverse specie di afidi.
Nel primo caso l’incubazione della malattia può essere piuttosto breve, nel secondo, se si tratta del
ceppo M che colpisce il pesco, nel giro di 4 - 5
anni interessa tutta la pianta. Il virus ceppo M va
ad interessare tutte le piante di un pescheto in 5 –
6 anni. Gli afidi in tempi molto brevi acquisiscono il
virus dalle piante infette e in tempi altrettanto brevi
lo trasmettono.
Fig 5. Anellature sui rami
PREVENZIONE
Contro la Sharka non esistono interventi curativi e la lotta chimica contro gli afidi che
lo trasmettono non risulta risolutiva, infatti la diffusione dell’infezione avviene prima che gli
afidi subiscano l’effetto dell’aficida.
L’unica strada percorribile è quindi la prevenzione e l’eliminazione tempestiva delle
piante con sintomi (le piante devono essere subito capitozzate o disseccate, in modo tale
da impedire l’emissione di polloni, quando vengono trovate ed estirpate per intero entro l’inizio
della stagione vegetativa successiva)
E’ del tutto sconsigliabile dopo l’estirpo reimpiantare subito pesco perché, essendo in
corso una fase epidemica della virosi, le piante si possono infettare rapidamente.
E’ vietato prelevare gli innesti nei frutteti ed è estremamente pericoloso innestarsi le
piante prelevando le gemme dalle piante vicine perchè possono esserci infezioni latenti.
93
FOCUS SULLA DIFESA
Per la prevenzione è necessario che gli agricoltori continuino a collaborare utilizzando materiale certificato Virus Esente che viene prodotto con le più elevate garanzia di sanità. Anche
il materiale della categoria C.A.C. (Conformità Agricola Comunitaria) deve essere esente dal
virus PPV.
Le piante virus esenti devono essere vendute singolarmente etichettate; se sono vendute a
gemma dormiente sono etichettate a mazzi di 10 piante.
MONITORAGGIO
Per una rapida individuazione delle piante infette è molto importante una diagnosi diretta, i
periodi più indicati per un monitoraggio in campo sono:
✓ In fioritura, in modo particolare per le varietà con fiori rosacei
✓ Sulle giovani foglie a circa un mese dopo la ripresa vegetativa
✓ Alla raccolta per il rilevamento dei sintomi sui frutti
RACCOMANDAZIONI
Da quanto esposto si deduce che l’unica arma a nostra disposizione è la prevenzione e
l’eliminazione tempestiva delle piante con sintomi! La Sharka infatti, se lasciata al proprio
destino, può condurre, in una zona, anche alla scomparsa della coltura del pesco.
E’ necessario evitare l’approvvigionamento di materiale vivaistico se non proveniente da vivai
controllati e pretendendo sempre la certificazione di accompagnamento della merce (cartellino
con passaporto piante e categoria V.E. - virus esente; alcuni cartellini di ciascuna fornitura
devono sempre essere conservati dal produttore).
94
FOCUS SULLA DIFESA
INSETTI
CIMICE DELLA FRUTTA (Halyomorpha halys)
Nel 2014 le segnalazioni di H. halys sono aumentate rispetto al 2013 e per il primo anno l’insetto ha causato, in alcuni appezzamenti di pesco, pero e nashi, danni ingenti alle produzioni.
Origine
dell’insetto
Halyomorpha halys (Heteroptera: Pentatomidae)
è una cimice originaria
dell’Asia orientale. La specie è stata segnalata per
la prima volta negli USA
nel 2001 e in Europa, in
Liechtenstein, nel 2004.
Successivamente è stata
ritrovata in altri stati, fra
cui l’Italia. In Piemonte è
stata segnalata per la prima volta nell’agosto 2013,
in un impianto di nettarino
ubicato a Cuneo.
Fig 1: Stadi biologici di Halyomorpha halys
Biologia e morfologia
L’adulto è di colore grigiomarrone, misura da 12 a
17 mm, con alcuni caratteri
cromatici che permettono
di distinguerlo da specie simili (Fig 2). L’insetto sverna
come adulto riparato in ricoveri naturali (corteccia ecc) o
nelle abitazioni. In primavera gli adulti si portano sulla
vegetazione dove si nutrono
e, dopo l’accoppiamento, le
femmine depongono le uova
a gruppi sulla pagina inferiore delle foglie. Dopo 5 età
giovanili viene raggiunto lo
stadio di adulto. Il numero di Fig 2: Halyomorpha halys a confronto con le principali cimici riscontrabili
generazioni per anno è va- nei frutteti piemontesi
riabile a seconda dell’area.
Nelle regioni più fredde la specie compie una sola generazione, mentre in quelle subtropicali può
compiere sino a 4-6 generazioni per anno.
95
FOCUS SULLA DIFESA
Danni
Halyomorpha halys presenta una notevole polifagia essendo stata segnalata su più di 100 specie
vegetali. Su drupacee e pomacee il danno è causato dalle punture di nutrizione a carico dei frutti
compiute da tutti gli stadi mobili dell’insetto. Punture precoci possono provocare cascola o malformazione dei frutti, mentre punture tardive determinano la comparsa di zone decolorate e depresse con
presenza di necrosi e polpa spugnosa (Fig 3).
Monitoraggio
Nel corso del 2014, nell’areale frutticolo cuneese,
sono state svolte indagini per verificare la diffusione
e la dannosità di H. halys nei frutteti mediante scuotimento delle piante e impiego di trappole innescate
a feromone.
Negli impianti monitorati H. halys è stata ritrovata da
inizio luglio fino a inizio novembre. Nel corso della
stagione sono sempre stati rilevati contemporaneamente giovani e adulti di H. halys con una dominanza dei primi in luglio e agosto e dei secondi a partire
da settembre. Durante i campionamenti, H. halys ha
rappresentato il 92,4% delle cimici presenti in frutteto. Il rimanente 7,6% era costituito prevalentemente
da Nezara viridula e Palomena prasina.
Fig 3: Danno da Halyomorpha halys su pesco e nashi
Trappole in sperimentazione
Le trappole con attrattivo generico, tutt’ora in sperimentazione, sono risultate selettive e, negli impianti con infestazione di H. halys, hanno catturato
elevate quantità sia di adulti che di giovani (Fig 4).
Numerose cimici sono state ritrovate anche sulle
piante adiacenti alla trappola; il che fa supporre che
non tutti gli esemplari attratti dall’erogatore entrino
nella trappola. Negli impianti dove è stata rinvenuta
H. halys in quantità rilevante, è stato registrato un
danno economicamente importante. Nel corso di
quest’annata si ripeterà la sperimentazione al fine
di meglio comprendere l’effettiva validità di questa
trappola.
Fig 4: Trappole per il monitoraggio di Halyomorpha halys
Prime esperienze di efficacia dei prodotti
Nel 2014, al CReSO, sono state condotte delle prove sperimentali preliminari per il controllo di
H. halys. In particolare è stata valutata la sensibilità della cimice ad alcune delle molecole più
impiegate nella difesa integrata in frutticoltura (etofenprox, clorpirifos-metile, emamectina benzoato, thiacloprid e acetamiprid). Tra i prodotti saggiati solo clorpirifos-metile ha determinato
una mortalità elevata, pari a 71% a una settimana dal trattamento. Etofenprox ha determinato
una mortalità inferiore a 40%, mentre emamectina benzoato, thiacloprid e acetamiprid non
96
FOCUS SULLA DIFESA
hanno esplicato alcuna azione letale nei confronti della cimice. Purtroppo la persistenza dei
prodotti saggiati è risultata limitata e a distanza di una settimana il loro effetto è venuto
meno. E’ evidente che l’impiego di questi prodotti insetticidi non è risolutivo e il contenimento dell’insetto necessiterà di ulteriori studi e approfondimenti.
FORFICULA (Forficula auricularia L.)
In Piemonte la forficula rappresenta ormai il fitofago chiave su albicocco e, in misura minore
su pesco, in grado di determinare in certe annate importanti perdite di prodotto.
Sebbene F. auricularia sia considerata un insetto utile, in quanto eccellente predatore di
afidi, psillle, cocciniglie, nonché di uova, larve
e crisalidi di piccoli lepidotteri (Cydia pomonella L., Cydia molesta ecc.), risulta altresì in
grado di colpire i frutti danneggiandoli irrimediabilmente.
Si tratta di un insetto lucifugo e amante dell’umidità, durante il giorno si riparano nelle anfrattuosità della scorza, nel terreno vicino al
colletto della pianta o nei frutti, spesso manifestando comportamenti gregari.
Dai monitoraggi svolti nel cuneese negli anni
precedenti è emerso che gli stadi giovanili iniziano a salire sulla chioma verso la metà di
maggio. Gli adulti compaiono a giugno e persistono fino ad autunno.
Fig. 1 Frutto di albicocco con adulto di Forficula
Danni sui frutti
I danni a carico dei frutti consistono in evidenti erosioni sub-circolari: vedi foto. L’insetto è
in grado di attaccare numerose colture, oltre
all’albicocco e nettarine è infatti segnalato su
pesco, ciliegio e su coltivazioni orticole.
Strategia di difesa
Per quanto riguarda, la difesa, ad oggi non
sono registrati prodotti per l’applicazione in
chioma ma esclusivamente un esca alimentare a base di clorpirifos (Centurio) che va distribuita sul terreno prima della comparsa delle
forme giovanili in primavera. Le colle sul tronco
hanno dati discreti risultati nella sperimentazione e vanno anch’esse applicate prima della
salita dell’insetto in chioma.
Fig. 2 Danno da Forficula su nettarine
97
FOCUS SULLA DIFESA
Di seguito si riportano i rimedi preventivi per contrastare al meglio la forficula:
PROFILASSI PREVENTIVA
La lotta può essere attuata applicando colle entomologiche sul tronco e/o mediante catture
massali:
 le colle si sono dimostrate molto efficaci nel limitare la risalita delle forficule in chiome e quindi il
danno ai frutti
 le forficule iniziano a salire sul tronco delle piante da frutto verso la metà/fine di maggio, per cui si
consiglia di applicare le colle ad inizio maggio
 la colla deve essere applicata anche su pali, tiranti, e tutto ciò che possa consentire alle forficule
di raggiungere la chioma delle piante
 la colla Rampastop® risulta più efficace qualora il tronco sia fortemente screpolato in quanto
aderisce meglio al tronco stesso; è di rapida applicazione e richiede una sola applicazione
durante la stagione
 le catture massali vanno effettuate posizionando sulle branche basali fasce di cartone, giornali
arrotolati, o qualunque altro oggetto possa fungere da ricovero per le forficule e procedendo
frequentemente a svuotare le trappole e distruggere gli individui presenti
 Sebbene in misura ridotta, le forficule possono spostarsi con il volo, per cui in caso di
infestazioni molto elevate l’applicazione di colla repellente alla base del tronco può non essere
sufficiente
Dalle osservazione di campo è stato notato che lavorazioni del terreno del sotto fila e dell’interfila
disturbano il normale ciclo biologico dell’insetto riducendone lo sviluppo.
L’esca alimentare a base di clorpirifos (Centurio®) utilizzate a partire dal mese di maggio
ha dimostrato una buona efficacia riducendo i danni alla produzione e va spesso ripetuta
l’applicazione. Allo scopo di non arrecare danni indesiderati ad altri organismi si raccomanda di
porre le esche sotto dei ricoveri (coppi ecc) che possono svolgere oltre tutto da polo di attrazione alle
forficule.
98
FOCUS SULLA DIFESA
DROSOPHILA SUZUKII
La Drosophila suzukii è un insetto originario
del sud-est asiatico arrivato per la prima volta
in Italia nel 2009 in Trentino e in Piemonte nel
2010. Nel nostro areale di produzione i piccoli
frutti (mirtillo, lampone ecc) rappresentano gli
ospiti principali ma non è da sottovalutare
il potenziale pericolo sulle drupacee quali
ciliegio e albicocco. Infatti nell’Italia centromeridionale, nel sud della Francia e Spagna
ingenti sono stati i danni alle produzioni di queste drupacee nel 2014.
Ciclo biologico
D. suzukii ha un ciclo rapido ed è in grado di
compiere numerose generazioni all’anno in funzione della temperatura e sverna come adulto.
Alla temperatura ottimale di 20°C è in grado di
svolgere l’intero ciclo in 1-2 settimane, mentre
è sfavorito da temperature superiori a 30°C. È
stato rinvenuto sui frutti di un’ampia gamma di
piante coltivate quali mirtillo, lampone, fragola, Fig. 1 Drosophila suzukii: maschio
rovo, ciliegio, albicocco, pesco, susino, fico,
vite, actinidia, kaki, melo e pero e spontanee od ornamentali come sambuco e caprifoglio.
A differenza di altre drosofile, D. suzukii attacca i frutti in maturazione, ancora pendenti sulla
pianta. Il danno è causato dalle larve che si nutrono delle parti carnose del frutto provocando
depressioni superficiali e rammollimento.
Adulti: misurano 2-3 mm di lunghezza, con grandi occhi rossi e corpo bruno pallido con bande
scure sull’addome. Il maschio (fig. 1) presenta una macchia nera sul bordo posteriore delle
ali e setole nere in corrispondenza delle zampe protoraciche. La femmina, di dimensioni leggermente maggiori rispetto al maschio, è dotata di un ovopositore dentellato, utilizzato per
incidere l’epidermide dei frutti e inserire le uova direttamente nella polpa. La femmina depone
in media 2-3 uova, circa 400 durante il ciclo vitale.
Larva: apoda, di color bianco crema raggiunge la dimensione di 3-4 mm nel terzo ed ultimo
stadio prima di impuparsi (fig. 4).
Danni sui frutti
I danni si manifestano durante la maturazione dei frutti. Nel caso delle ciliegie si osservano dei fori di ovideposizione contornati da aree leggermente depresse e rammollimenti della
polpa. In seguito possono instaurarsi patogeni secondari, fungini o batterici, che accelerano il
processo di degradazione.
Monitoraggio
Nel 2014, probabilmente a causa dell’inverno mite e dell’estate fresca con temperature favorevoli
allo sviluppo dell’insetto si sono avute, diversamente dagli anni precedenti, catture già a partire
99
FOCUS SULLA DIFESA
della fine primavera (grafico 1) che hanno
determinato attacchi precoci e gravi perdite
per il comparto dei piccoli frutti. Su fruttiferi
maggiori, pur essendo state rinvenute larve in
frutti provenienti da magazzini, D. suzukii non
ha ancora causato danni economicamente
importanti, a differenza di quanto osservato
in altre aree europee e americane. Tuttavia,
è opportuno non sottovalutare i problemi che
l’insetto potrebbe arrecare anche ad alcune
drupacee come ciliegio, susino e albicocco.
Il monitoraggio degli adulti può essere effettuato mediante trappolev artigianali innescate
con attrattivi di aceto di mele.
✓ Le trappole possono essere costituite da
bottiglie di plastica con 5 - 6 fori del diametro di 0,5-1,0 cm sui lati e nel terzo superiore
della bottiglia.
✓ L’attrattivo può contenere solo aceto di mele,
a dose di 200 - 250 ml, o una miscela costituita da aceto di mele (74,5%), vino rosso
Fig. 2 Trappola con aceto di mele
(25,0%) e zucchero (0,5%).
✓ Le trappole vanno appese all’altezza dei
frutti, possibilmente nelle zono ombreggiate, lasciando chiuso il tappo della bottiglia.
La presenza delle larve può essere rilevata per la comparsa di rammollimenti a carico dei frutti dai
quali fuoriesce una goccia di liquido. Il rilevamento delle uova è invece più impegnativo poiché
queste sono deposte sotto la buccia e all’esterno sporgono soltanto i due processi respiratori.
MISURE DI PROFILASSI
Cattura massale
In alcune regioni e su certe colture discreti risultati ha fornito l’impiego della cattura massale,
ossia la collocazione di trappole con attrattivi a base di aceto lungo l’intero perimetro dell’impianto. Le trappole, identiche a quelle impiegate per il monitoraggio, sono collocate a distanza
di 2-5 m l’una dall’altra e periodicamente sostituite.
Pratiche agronomiche
✓P
er gli impianti più estesi si consiglia di sfoltire la vegetazione con interventi al verde arieggiando così la vegetazione e evitando le condizioni di ombreggiamento.
✓ Si consiglia di tenere pulito il frutteto conservando eventuali rovi sui bordi. Distruggere i frutti
infestati, sia caduti sul terreno sia presenti sulla pianta, e togliere i frutti dimenticati sulla
pianta dopo la raccolta.
✓ Altro tipo di barriera in grado di ostacolare la penetrazione del fitofago all’interno degli impianti è la collocazione di una rete a maglie fini (< 1 mm2) lungo il perimetro. La protezione
delle colture con reti può impedire l’entrata alla drosofila ma rende più difficoltose le operazioni colturali.
100
FOCUS SULLA DIFESA
Difesa chimica
La difesa chimica è di difficile attuazione poiché i frutti vengono danneggiati alla maturazione
e quindi sono pochi i prodotti efficaci con tempi di carenza compatibili con la raccolta. Fra
gli agrofarmaci testati nella sperimentazione piretro, piretroidi, etofenprox, alcuni fosforganici,
spinosine) sono in grado di prevenire sensibilmente le infestazioni, tuttavia in Italia vi sono
soltanto autorizzazioni temporanee di alcune molecole su piccoli frutti.
Limitatori naturali
Un ruolo potenziale nel limitare l’infestazione di D. suzukii è svolto anche dai limitatori naturali,
in particolare parassitoidi larvali e pupali. Da alcuni anni sono in corso indagini per rilevare
eventuali parassitoidi indigeni capaci di adattarsi al fitofago esotico e valutare l’acclimatamento
nelle nuove aree di colonizzazione di parassitoidi provenienti dallo stesso areale di D. suzukii.
Grafici 1. Volo Drosophila S. nel 2014 in Piemonte
900
450
225
0
/1
0
13
/1
0-
28
/1
9
29
/0
9-
13
/0
9
15
/0
9-
29
/0
9
15
/0
903
/0
03
/0
819
/0
19
6/
8-
06
/0
-0
7/
/0
30
8
08
7
/0
7
16
/0
7-
30
/0
7
02
/0
7-
16
/0
6
18
/0
6-
02
/0
6
04
/0
6-
18
/0
5
21
/0
5-
04
/0
5
07
/0
5-
21
/0
4
23
/0
4-
07
/0
4
09
/0
4-
23
/0
3
/0
09
3-
26
/0
26
3/0
12
/0
2-
12
/0
3
0
26
Media D. suzukii
675
Data
101
Scarica