FOCUS SULLA DIFESA COLPO DI FUOCO BATTERICO DELLE POMACEE I casi accertati in Piemonte prima del 2008 sono stati rilevati su ornamentali in provincia di Biella e del Verbano. Su pero è stato individuato un primo focolaio in Provincia di Cuneo nel 2008 e nel 2013 sono stati segnalati nuovi casi nell’areale di prima diffusione. Durante il 2014 la massima attenzione è stata rivolta al melo in quanto sono stati accertati nuovi casi su impianti appeni messi a dimora e, quattro di questi non ricadenti nell’areale di prima diffusione della malattia. Su melo si osserva una diversa manifestazione sintomatologica rispetto al pero in quanto il danno causato dal batterio risulta meno esteso e più confinato sulla pianta del tutto simile al danno da Cylindrocarpon mali (forma imperfetta della Nectria). Per questa ragione, le piante con cancri sul fusto sono state sostituite in quanto compromesse. BIOLOGIA E RICONOSCIMENTO DELLA MALATTIA Questa patologia, causata dal batterio Erwinia amylovora, colpisce in modo particolare il pero e alcune specie ornamentali (biancospino, il cotognastro e l’agazzino) oltre al melo, al cotogno e al nespolo europeo. Questo batterio si sviluppa in un intervallo di temperature ampio, ben oltre i 30° C, purché in presenza di elevata umidità e trova il suo ottimo con temperature superiori ai 20 °C. Il suo insediamento avviene principalmente attraverso i fiori delle fioriture secondarie che sono le più pericolose. Altre vie di penetrazione sono rappresentate dagli stomi delle foglie apicali (molto frequente nella realtà piemontese), da ferite causate sia da potature verdi sia da grandine. Il batterio presenta una velocità di penetrazione elevata e il contagio fra pianta infetta e sana risulta altresì assai rapido (da qui la definizione di “colpo di fuoco“). Dopo qualche giorno dall’avvenuta infezione le foglie interessate acquisiscono una colorazione brunastra e si osserva il tipico ripiegamento ad uncino degli apici. In condizioni di umidità e caldo si forma un essudato che favorisce ulteriormente la diffusione del batterio che in seguito andrà a svernare nei cancri presenti sul tronco e sui rami. Dalla recentissima esperienza piemontese su giovani piante di melo si è appreso che su questa specie il batterio risulta essere molto confinato per cui non è facile distinguerne visivamente i sintomi, in queste situazioni non è quindi la rapidità d’azione Fig 1. Melo: disseccamento apicale Fig 2. Melo: pianta in allevamento colpita 85 FOCUS SULLA DIFESA bensì la dislocazione dei sintomi nella chioma a facilitare la diagnosi. Per quanto riguarda la sintomatologia, uno stadio avanzato della malattia comporta il disseccamento di rami, branche e intere piante, nonché imbrunimenti sui frutti in maturazione. STRATEGIA DI DIFESA Al momento non esiste una strategia di difesa curativa ma una serie di misure preventive da adottare attentamente su tutto l’areale: ✓ In caso di un suo attacco è necessario procedere alla rapida rimonda dalle parti colpite o nel caso di piante in allevamento all’estirpo dell’intera pianta. Infatti, data la sua pericolosità, occorre eliminare quanto prima l’inoculo presente in campo per evitare la diffusione della malattia sul territorio. ✓ Oltre alla rimonda e all’estirpo dei soggetti colpiti è molto importante eseguire un attento monitoraggio degli impianti colpiti e di quelli confinanti allo scopo di individuare eventuali sintomi dubbi che necessitino un’indagine più approfondita. ✓ Non sono necessari trattamenti preventivi specifici se non negli appezzamenti colpiti e in quelli adiacenti in cui si consiglia d’intervenire con prodotti rameici prima della fioritura, e nella fase di caduta foglie. Possono essere utilizzati, ad integrazione del rame e in certi periodi altri prodotti quali i batteri antagonisti (Amylo-X, Serenade), gli induttori di resistenza quali Bion e Fosetyl - alluminio a partire da prima della seconda fioritura con intervalli regolari e prodotti disinfettanti ad azione battericida. ✓ Negli appezzamenti in cui si è osservata la patologia risultano essenziali un’accuratissima pulizia invernale, la disinfezione degli strumenti di potatura e la completa eliminazione, con bruciatura, delle parti colpite. ATTENZIONE Come altre patologie, esiste una latenza che ritarda la manifestazione dei sintomi e per questa ragione tutti gli impianti di melo e pero in fase di allevamento dovranno essere attentamente seguiti anche nel corso di quest’anno allo scopo d’individuare eventuali sintomi causati dal batterio. Fig 3. Pero: imbrunimento e essudato su ramo 86 Fig 4. Pero: pianta colpita e collassata FOCUS SULLA DIFESA LA BATTERIOSI DELL’ACTINIDIA (Psa) La batteriosi dell’actinidia, causata dal batterio Pseudomonas syringae pv actinidiae, ha determinato una severa riduzione della superficie coltivata a kiwi in Piemonte che è passata dai 5496 ha del 2010 agli attuali 4363 ha (dati ufficiali della Regione Piemonte). Nel 2014 si è osservata ad una diminuzione dei sintomi imputabile a diversi fattori che possono venire così sintetizzati: - Stagione invernale 2013-14 più mite degli ultimi anni - Adozione ormai diffusa dei mezzi di prevenzione sia agronomici (potatura, asportazione del legno) si attraverso interventi chimici (rame, Bion) nei periodi di maggior rischio - Estirpo degli impianti infetti con riduzione della massa infettiva Fig. 1 Macule su foglie SINTOMATOLOGIA Le infezioni primaverili - estive si manifestano prevalentemente con maculature poligonali di piccole dimensioni, alonate di giallo (Fig 1) che poi evolvono in macchie necrotiche più o meno regolari. Altri batteri del genere Pseudomonas (P. syringae pv syringae e P. viridiflava), possono dare origine a sintomi fogliari simili, pertanto, oltre all’osservazione dei sintomi occorrono approfondite analisi di laboratorio. Le infezioni autunnali, derivate dalle ferite originate dallo stacco dei frutti e dalla caduta delle foglie, si manifestano verso fine inverno attraverso l’emissione di essudato denso (“mieloso”) di colore bianco quasi trasparente (Fig 2), che successivamente per processi ossidativi diviene rossastro (Fig 3). I soggetti colpiti possono morire in pochi mesi o dopo alcuni anni a seconda della gravità dell’attacco e dall’età delle piante; gli impianti in allevamento e le piante maschili sinora utilizzate risultano molto più sensibili. D’altro canto ultimamente, in frutteti adulti, ben condotti e in equilibrio vegeto-produttivo, piante colpite al tronco gli inverni precedenti, hanno recuperato la produttività senza più presentare le caratteristiche colature di inizio stagione. Fig. 2 Essudato mieloso Fig. 3 Essudato rosso 87 FOCUS SULLA DIFESA MISURE PREVENTIVE Ispezionare con regolarità gli appezzamenti alla ricerca di eventuali sintomi Mantenere un buon equilibrio vegetativo delle piante; a tale riguardo si dovrà prestare la massima attenzione all’apporto idrico, alla fertilizzazione (in particolare azotata) Garantire un ottimo arieggiamento della chioma attraverso una corretta potatura Utilizzare materiale vivaistico sano dotato di apposito Certificato fitosanitario e/o Passaporto delle piante secondo quanto disposto dal decreto ministeriale del 20 dicembre 2013 MISURE DI PROFILASSI 1. In presenza di piante molto colpite e di un attacco generalizzato alla maggior parte dell’actinidieto: si può valutare la possibilità di estirpare o capitozzare le piante alla base del tronco. Quest’ultima purtroppo non è sempre risolutiva al fine di una sanificazione definitiva; tuttavia risulta indispensabile per una riduzione sensibile della massa infettiva presente nel frutteto. Si raccomanda di proteggere la zona di taglio, in seguito alla capitozzatura, attraverso spennellature di rame e successiva copertura con matrici protettive (paste viniliche o catramina) da rinnovare dopo qualche mese. Si ricorda che nel caso si effettui la capitozzatura, il germoglio che si originerà, dovrà essere mantenuto protetto dalle reinfezioni del batterio presente nell’ambiente con adeguate misure preventive 2. Se sono visibili sintomi su diversi individui ma su un numero limitato di branche si consiglia di procedere alla loro asportazione partendo dal punto della diramazione 3. Se invece la presenza di sintomi è limitata a poche piante, al fine di limitare da subito la diffusione del batterio nell’impianto, è consigliabile procedere in tempi rapidi all’estirpo o alla capitozzatura delle piante Durante le operazioni di potatura a) Effettuare questa operazione possibilmente evitando i periodi più piovosi b) Disinfettare le superfici dei grossi tagli con prodotti ricoprenti c) Adottare le pratiche di disinfezione degli strumenti di taglio (utilizzando i prodotti a base di cloro o di ammonio quaternario) d) Intervenire entro le 24/48 ore dal termine delle operazioni di potatura con un prodotto rameico INTERVENTI FITOSANITARI La difesa contro questa patologia è di tipo preventivo in quanto non esistono prodotti curativi risolutivi. Si basa essenzialmente sull’applicazione di prodotti da utilizzare nei periodi più critici per la diffusione e penetrazione del batterio. Si ricorda che i prodotti autorizzati sull’actinidia sono attualmente i seguenti: 1. I prodotti rameici (quelli che riportano in etichetta la coltura ed il patogeno) da utilizzarsi: dopo grandinate, con trattamenti a basse dosaggi (40 – 50 g/hl di rame metallo) allo stacco dei frutti, con trattamenti a dose piena (100 g/hl di rame metallo) alla caduta foglie, con trattamenti a dose piena (150 – 200 g/hl di rame metallo). Si consiglia di realizzare 3 interventi mirati in corrispondenza delle seguenti epoche: Inizio caduta foglie Metà caduta foglie Completa caduta foglie dopo la potatura invernale, con trattamenti a dose piena (150 – 200 g/hl di rame metallo) 2. L’acibenzolar – methyl (Bion 50 wg) fermo restando il rilascio della deroga di 120 giorni in quanto si è in attesa della registrazione definitiva Periodo di applicazione: avendo questo prodotto un’attività d’induzione di resistenza, dovrà essere prevalentemente applicato nei periodi che precedono la maggior sensibilità 88 FOCUS SULLA DIFESA della pianta al PSA: precisamente dal germogliamento alla prefioritura (2 – 3 applicazioni). In post fioritura, in condizioni favorevoli al Psa 1 – 2 applicazioni. 3. Il bacillus amyloliquefaciens (Amylo - X), un batterio antagonista, il cui impiego è consigliato nel periodo precedente la fioritura al fine di limitare l’ingresso del batterio in questa fase fenologica sensibile NOTA BENE: come per l’acibenzolar-metile, l’utilizzo dei prodotti fitosanitari a base di rame in vegetazione contro la batteriosi dell’actinidia è subordinato al rilascio di una specifica deroga del Ministero. ADOZIONE DI PROTEZIONE DAGLI EVENTI ATMOSFERICI Esistono esperienze di applicazioni di teli o altri materiali plastici rigidi a protezione dei filari di actinidia (vedi foto). In alcune zone sono stati realizzati degli impianti pilota che hanno dato dei preliminari riscontri positivi. Tuttavia, sarà necessario valutare questo sistema nei prossimi anni prima di esprimere un giudizio fondato tenendo conto oltre che dell’oneroso costo di realizzazione (> di 50000 € a ettaro) anche della tenuta dell’impianto in caso di nevicate, grandinate e vento forte. Fig. 4 Coperture antipioggia ESECUZIONE DI NUOVI IMPIANTI Nelle zone in cui si è provveduto all’estirpo degli impianti colpiti e si è beneficiato del contributo rimane in vigore il divieto di reimpiantare immediatamente secondo quanto riportato nella seguente tabella. Il rischio presente sul territorio, nonostante la manifestazione sintomatologica della malattia sia risultata in calo nel 2014, risulta ancora elevato e si sconsiglia l’impianto di un nuovo actinidieto nelle zone di prima diffusione della malattia. Nei casi in cui si decida di reimpiantare kiwi è necessario porre la massima attenzione nella scelta del materiale vivaistico. Nel dicembre 2012, l’Unione Europea mediante decisione, ha normato in merito allo spostamento del materiale di moltiplicazione, imponendo il certificato fitosanitario per il materiale prodotto al di fuori dell’Unione e il Passaporto delle Piante per il materiale di moltiplicazione prodotto e circolante entro i confini della UE. Tale atto europeo è stato recepito in Italia mediante il decreto ministeriale 20 dicembre 2013 pubblicato sulla G. U. del 15 marzo 2014. Tabelle riepilogative sui vincoli da rispettare per i nuovi impianti che seguono precedenti estirpi causa Psa ESTIRPO CON CONTRIBUTO DOMANDA CONTRIBUTO CON SCADENZA BANDO IL 15 APRILE 2011 SI PUO’ REIMPIANTARE DAL 1 MAGGIO 2013 DOMANDA CONTRIBUTO CON SCADENZA BANDO IL 7 LUGLIO 2012 SI PUO’ REIMPIANTARE DAL 1° GENNAIO 2015 DOMANDA CONTRIBUTO CON SCADENZA BANDO IL 18 novembre 2014 SI PUO’ REIMPIANTARE DAL 1° GENNAIO 2017 ESTIRPO SENZA CONTRIBUTO ESTIRPO ENTRO APRILE 2012 SI PUO’ REIMPIANTARE DAL 1° GENNAIO 2014 ESTIRPO ENTRO APRILE 2013 SI PUO’ REIMPIANTARE DAL 1° GENNAIO 2015 Gli estirpi successivi senza contributo non hanno più vincoli da rispettare per il reimpianto ma permangono le valutazioni di rischio anche molto elevate a seconda dell’area. 89 FOCUS SULLA DIFESA GIALLUME EUROPEO DELLE DRUPACEE (ESFY) Il fitoplasma rappresenta la principale causa di moria di piante di susino cino-giapponese in Piemonte ma colpisce altresì l’albicocco e in alcuni casi anche il pesco. L’incidenza annua della malattia è variabile all’interno di un singolo susineto e si aggira intorno al 2 - 3 %, tuttavia ci sono annate in cui la presenza del fitoplasma è minima e altre in cui risulta più che significativa. Fig. 1 Susino: emissione anticipata di foglie La sintomatologia su tutte le tre specie ospiti è comune per quanto riguarda l’anticipo della ripresa vegetativa delle piante colpite oppure fioriture tardive in autunno. In vegetazione, su susino sono evidenti impallinature su foglia, ispessimento della lamina fogliare e deformazioni sui frutti. Su albicocco si osserva l’ingiallimento delle foglie, l’appassimento dei frutti e in alcuni casi il disseccamento d’intere branche. Su pesco sono ricorrenti il mancato accrescimento della nervatura mediana che causa ripiegamento a C della foglia e collosità e le nervature fogliari laterali ingrossate. Per quanto riguarda la trasmissione del patogeno, al momento, non è possibile dare un’indicazione chiara in quanto la presenza del vettore (Cacopsilla pruni) è scarsa nel nostro areale e la presenza del fitoplasma nel materiale di propagazione (in forma latente) rappresenta il mezzo di diffusione preferenziale. Recentemente si sta ipotizzando anche la trasmissione radicale (come confermato sperimentalmente per il fitoplasma degli scopazzi del melo) in quanto in campo le piante adiacenti a quelle colpite s’infettano molto più velocemente. Come noto, anche per i fitoplasmi non esistono dei rimedi curativi; si consiglia pertanto un attento monitoraggio per l’individuazione precoce dei sintomi e l’eliminazione delle piante colpite al fine di limitare al minimo la diffusione della patologia: SINTOMATOLOGIA TRASMISSIONE DELLA MALATTIA Riposo vegetativo: sviluppo anticipato delle gemme a legno. Fioritura: anticipo della stessa con caratteristica contemporanea presenza di foglie fiori. Estate: clorosi, arrossamento delle foglie e ingrossamento delle nervature fogliari. Altri sintomi: necrosi del floema, progressivo disseccamento della pianta, vegetazione affastellata e apoplessia. A livello di singola pianta è possibile che si verifichi il cosiddetto “recovery” o risanamento consistente in una regressione naturale dei sintomi (fenomeno variabile a seconda della cv.). 90 Mediante materiale di propagazione infetto Cacopsilla pruni: nonostante la diffusione della malattia sia spesso imputata a questo psillide i monitoraggi eseguiti in Piemonte non hanno evidenziato una presenza significativa dell’insetto Anastomosi radicali Non sembra essere trasmesso né durante la potatura né mediante la moltiplicazione con seme. FOCUS SULLA DIFESA PROFILASSI PREVENTIVA Le misure di lotta contro i fitoplasmi sono esclusivamente preventive e si basano su: monitoraggio attento dei frutteti per l’estirpo immediato delle piante colpite realizzazione di nuovi impianti con materiale vivaistico sano. Purtroppo, come già detto, il lungo periodo di latenza del fitoplasma può far sì che le stesse piante madri siano già infette e parte del materiale sia propagato eliminazioni dei polloni radicali i quali costituiscono il ricovero preferito delle cacopsille nel periodo che va da fine inverno ad inizio primavera utilizzo di portainnesti poco polloniferi Fig. 3 Albicocco: emissione anticipata di foglie Fig. 2 Susino: a sinistra pianta colpita e clorotica 91 FOCUS SULLA DIFESA VIRUS DELLA SHARKA (PPV) La Sharka è un virus che rappresenta un grave pericolo per pesco, susino, albicocco e ciliegio. Questa virosi è stata segnalata per la prima volta in Italia nel 1973 e in Piemonte è stata accertata nei primi anni ottanta (1982) su albicocco. Il danno che la malattia può arrecare alla frutticoltura è elevatissimo. Il virus ha una rapida diffusione attraverso l’innesto di materiale infetto o per via naturale attraverso gli afidi. La Sharka è considerata organismo di quarantena contemplato nella normativa fitosanitaria (D.lgs 214/2005). Il Decreto 28 luglio 2009 “Lotta obbligatoria per il controllo del virus Plum pox virus (PPV), agente della «Vaiolatura delle drupacee» (Sharka)” impone su tutto il territorio nazionale la lotta obbligatoria e il controllo del materiale di moltiplicazione utilizzato nei vivai e degli astoni prodotti. Nel 1996 per la prima volta in Italia è stato isolato il ceppo M più aggressivo e con capacità di diffusione più elevata rispetto al ceppo D. SINTOMATOLOGIA DELLA VIROSI SU PESCO La manifestazione della vaiolatura si riscontra sia sulle foglie sia sui frutti e, nel caso del pesco, è possibile osservarla anche sui fiori (Fig 1) dove si possono notare (solo nel caso di corolla di tipo rosaceo) delle anomalie cromatiche dei petali sotto forma di striature di tipo rosato parallele alle nervature. Fig 1. Fiore di pesco infetto Generalmente i sintomi fogliari (Fig 2) sono più evidenti nel periodo primaverile sulle piante giovani e vigorose e tendono a sparire nel periodo estivo (da fine luglio in poi) per evidenziarsi nuovamente verso la fine dell’estate. Sulle giovani foglie di pesco compaiono irregolari decolorazioni clorotiche, ed in alcune varietà più sensibili, la lamina colpita non si sviluppa normalmente ma assume un andamento ondulato e contorto. Dalla terza all’ottava foglia del germoglio è più frequente osservare delle bande di colore gialla-chiaro che formano macchie irregolari. Attenzione a non confondere il sintomo con il virus del mosaico latente del pesco (Fig. 3)! Fig 2. Foglie di pesco con sintomi 92 Fig 3. A sinistra foglia colpita da mosaico latente, a destra foglia colpita da Sharka FOCUS SULLA DIFESA Sui frutti (Fig 4) i sintomi si manifestano con una maculatura rotondeggiante di colore biancastro o giallo – verde su pesche a polpa bianca. Nei frutti a polpa gialla invece si possono osservare macchie depigmentate, aree pigmentate, anello clorotico o rossastro. Fig 4 Frutti con anulature clorotiche Nel mese di febbraio è altresì possibile osservare anellature sui rami, sintomo non sempre osservabile negli appezzamenti colpiti (Fig 5). EPIDEMIOLOGIA Il virus si trasmette attraverso la moltiplicazione vegetativa (innesto) e da diverse specie di afidi. Nel primo caso l’incubazione della malattia può essere piuttosto breve, nel secondo, se si tratta del ceppo M che colpisce il pesco, nel giro di 4 - 5 anni interessa tutta la pianta. Il virus ceppo M va ad interessare tutte le piante di un pescheto in 5 – 6 anni. Gli afidi in tempi molto brevi acquisiscono il virus dalle piante infette e in tempi altrettanto brevi lo trasmettono. Fig 5. Anellature sui rami PREVENZIONE Contro la Sharka non esistono interventi curativi e la lotta chimica contro gli afidi che lo trasmettono non risulta risolutiva, infatti la diffusione dell’infezione avviene prima che gli afidi subiscano l’effetto dell’aficida. L’unica strada percorribile è quindi la prevenzione e l’eliminazione tempestiva delle piante con sintomi (le piante devono essere subito capitozzate o disseccate, in modo tale da impedire l’emissione di polloni, quando vengono trovate ed estirpate per intero entro l’inizio della stagione vegetativa successiva) E’ del tutto sconsigliabile dopo l’estirpo reimpiantare subito pesco perché, essendo in corso una fase epidemica della virosi, le piante si possono infettare rapidamente. E’ vietato prelevare gli innesti nei frutteti ed è estremamente pericoloso innestarsi le piante prelevando le gemme dalle piante vicine perchè possono esserci infezioni latenti. 93 FOCUS SULLA DIFESA Per la prevenzione è necessario che gli agricoltori continuino a collaborare utilizzando materiale certificato Virus Esente che viene prodotto con le più elevate garanzia di sanità. Anche il materiale della categoria C.A.C. (Conformità Agricola Comunitaria) deve essere esente dal virus PPV. Le piante virus esenti devono essere vendute singolarmente etichettate; se sono vendute a gemma dormiente sono etichettate a mazzi di 10 piante. MONITORAGGIO Per una rapida individuazione delle piante infette è molto importante una diagnosi diretta, i periodi più indicati per un monitoraggio in campo sono: ✓ In fioritura, in modo particolare per le varietà con fiori rosacei ✓ Sulle giovani foglie a circa un mese dopo la ripresa vegetativa ✓ Alla raccolta per il rilevamento dei sintomi sui frutti RACCOMANDAZIONI Da quanto esposto si deduce che l’unica arma a nostra disposizione è la prevenzione e l’eliminazione tempestiva delle piante con sintomi! La Sharka infatti, se lasciata al proprio destino, può condurre, in una zona, anche alla scomparsa della coltura del pesco. E’ necessario evitare l’approvvigionamento di materiale vivaistico se non proveniente da vivai controllati e pretendendo sempre la certificazione di accompagnamento della merce (cartellino con passaporto piante e categoria V.E. - virus esente; alcuni cartellini di ciascuna fornitura devono sempre essere conservati dal produttore). 94 FOCUS SULLA DIFESA INSETTI CIMICE DELLA FRUTTA (Halyomorpha halys) Nel 2014 le segnalazioni di H. halys sono aumentate rispetto al 2013 e per il primo anno l’insetto ha causato, in alcuni appezzamenti di pesco, pero e nashi, danni ingenti alle produzioni. Origine dell’insetto Halyomorpha halys (Heteroptera: Pentatomidae) è una cimice originaria dell’Asia orientale. La specie è stata segnalata per la prima volta negli USA nel 2001 e in Europa, in Liechtenstein, nel 2004. Successivamente è stata ritrovata in altri stati, fra cui l’Italia. In Piemonte è stata segnalata per la prima volta nell’agosto 2013, in un impianto di nettarino ubicato a Cuneo. Fig 1: Stadi biologici di Halyomorpha halys Biologia e morfologia L’adulto è di colore grigiomarrone, misura da 12 a 17 mm, con alcuni caratteri cromatici che permettono di distinguerlo da specie simili (Fig 2). L’insetto sverna come adulto riparato in ricoveri naturali (corteccia ecc) o nelle abitazioni. In primavera gli adulti si portano sulla vegetazione dove si nutrono e, dopo l’accoppiamento, le femmine depongono le uova a gruppi sulla pagina inferiore delle foglie. Dopo 5 età giovanili viene raggiunto lo stadio di adulto. Il numero di Fig 2: Halyomorpha halys a confronto con le principali cimici riscontrabili generazioni per anno è va- nei frutteti piemontesi riabile a seconda dell’area. Nelle regioni più fredde la specie compie una sola generazione, mentre in quelle subtropicali può compiere sino a 4-6 generazioni per anno. 95 FOCUS SULLA DIFESA Danni Halyomorpha halys presenta una notevole polifagia essendo stata segnalata su più di 100 specie vegetali. Su drupacee e pomacee il danno è causato dalle punture di nutrizione a carico dei frutti compiute da tutti gli stadi mobili dell’insetto. Punture precoci possono provocare cascola o malformazione dei frutti, mentre punture tardive determinano la comparsa di zone decolorate e depresse con presenza di necrosi e polpa spugnosa (Fig 3). Monitoraggio Nel corso del 2014, nell’areale frutticolo cuneese, sono state svolte indagini per verificare la diffusione e la dannosità di H. halys nei frutteti mediante scuotimento delle piante e impiego di trappole innescate a feromone. Negli impianti monitorati H. halys è stata ritrovata da inizio luglio fino a inizio novembre. Nel corso della stagione sono sempre stati rilevati contemporaneamente giovani e adulti di H. halys con una dominanza dei primi in luglio e agosto e dei secondi a partire da settembre. Durante i campionamenti, H. halys ha rappresentato il 92,4% delle cimici presenti in frutteto. Il rimanente 7,6% era costituito prevalentemente da Nezara viridula e Palomena prasina. Fig 3: Danno da Halyomorpha halys su pesco e nashi Trappole in sperimentazione Le trappole con attrattivo generico, tutt’ora in sperimentazione, sono risultate selettive e, negli impianti con infestazione di H. halys, hanno catturato elevate quantità sia di adulti che di giovani (Fig 4). Numerose cimici sono state ritrovate anche sulle piante adiacenti alla trappola; il che fa supporre che non tutti gli esemplari attratti dall’erogatore entrino nella trappola. Negli impianti dove è stata rinvenuta H. halys in quantità rilevante, è stato registrato un danno economicamente importante. Nel corso di quest’annata si ripeterà la sperimentazione al fine di meglio comprendere l’effettiva validità di questa trappola. Fig 4: Trappole per il monitoraggio di Halyomorpha halys Prime esperienze di efficacia dei prodotti Nel 2014, al CReSO, sono state condotte delle prove sperimentali preliminari per il controllo di H. halys. In particolare è stata valutata la sensibilità della cimice ad alcune delle molecole più impiegate nella difesa integrata in frutticoltura (etofenprox, clorpirifos-metile, emamectina benzoato, thiacloprid e acetamiprid). Tra i prodotti saggiati solo clorpirifos-metile ha determinato una mortalità elevata, pari a 71% a una settimana dal trattamento. Etofenprox ha determinato una mortalità inferiore a 40%, mentre emamectina benzoato, thiacloprid e acetamiprid non 96 FOCUS SULLA DIFESA hanno esplicato alcuna azione letale nei confronti della cimice. Purtroppo la persistenza dei prodotti saggiati è risultata limitata e a distanza di una settimana il loro effetto è venuto meno. E’ evidente che l’impiego di questi prodotti insetticidi non è risolutivo e il contenimento dell’insetto necessiterà di ulteriori studi e approfondimenti. FORFICULA (Forficula auricularia L.) In Piemonte la forficula rappresenta ormai il fitofago chiave su albicocco e, in misura minore su pesco, in grado di determinare in certe annate importanti perdite di prodotto. Sebbene F. auricularia sia considerata un insetto utile, in quanto eccellente predatore di afidi, psillle, cocciniglie, nonché di uova, larve e crisalidi di piccoli lepidotteri (Cydia pomonella L., Cydia molesta ecc.), risulta altresì in grado di colpire i frutti danneggiandoli irrimediabilmente. Si tratta di un insetto lucifugo e amante dell’umidità, durante il giorno si riparano nelle anfrattuosità della scorza, nel terreno vicino al colletto della pianta o nei frutti, spesso manifestando comportamenti gregari. Dai monitoraggi svolti nel cuneese negli anni precedenti è emerso che gli stadi giovanili iniziano a salire sulla chioma verso la metà di maggio. Gli adulti compaiono a giugno e persistono fino ad autunno. Fig. 1 Frutto di albicocco con adulto di Forficula Danni sui frutti I danni a carico dei frutti consistono in evidenti erosioni sub-circolari: vedi foto. L’insetto è in grado di attaccare numerose colture, oltre all’albicocco e nettarine è infatti segnalato su pesco, ciliegio e su coltivazioni orticole. Strategia di difesa Per quanto riguarda, la difesa, ad oggi non sono registrati prodotti per l’applicazione in chioma ma esclusivamente un esca alimentare a base di clorpirifos (Centurio) che va distribuita sul terreno prima della comparsa delle forme giovanili in primavera. Le colle sul tronco hanno dati discreti risultati nella sperimentazione e vanno anch’esse applicate prima della salita dell’insetto in chioma. Fig. 2 Danno da Forficula su nettarine 97 FOCUS SULLA DIFESA Di seguito si riportano i rimedi preventivi per contrastare al meglio la forficula: PROFILASSI PREVENTIVA La lotta può essere attuata applicando colle entomologiche sul tronco e/o mediante catture massali: le colle si sono dimostrate molto efficaci nel limitare la risalita delle forficule in chiome e quindi il danno ai frutti le forficule iniziano a salire sul tronco delle piante da frutto verso la metà/fine di maggio, per cui si consiglia di applicare le colle ad inizio maggio la colla deve essere applicata anche su pali, tiranti, e tutto ciò che possa consentire alle forficule di raggiungere la chioma delle piante la colla Rampastop® risulta più efficace qualora il tronco sia fortemente screpolato in quanto aderisce meglio al tronco stesso; è di rapida applicazione e richiede una sola applicazione durante la stagione le catture massali vanno effettuate posizionando sulle branche basali fasce di cartone, giornali arrotolati, o qualunque altro oggetto possa fungere da ricovero per le forficule e procedendo frequentemente a svuotare le trappole e distruggere gli individui presenti Sebbene in misura ridotta, le forficule possono spostarsi con il volo, per cui in caso di infestazioni molto elevate l’applicazione di colla repellente alla base del tronco può non essere sufficiente Dalle osservazione di campo è stato notato che lavorazioni del terreno del sotto fila e dell’interfila disturbano il normale ciclo biologico dell’insetto riducendone lo sviluppo. L’esca alimentare a base di clorpirifos (Centurio®) utilizzate a partire dal mese di maggio ha dimostrato una buona efficacia riducendo i danni alla produzione e va spesso ripetuta l’applicazione. Allo scopo di non arrecare danni indesiderati ad altri organismi si raccomanda di porre le esche sotto dei ricoveri (coppi ecc) che possono svolgere oltre tutto da polo di attrazione alle forficule. 98 FOCUS SULLA DIFESA DROSOPHILA SUZUKII La Drosophila suzukii è un insetto originario del sud-est asiatico arrivato per la prima volta in Italia nel 2009 in Trentino e in Piemonte nel 2010. Nel nostro areale di produzione i piccoli frutti (mirtillo, lampone ecc) rappresentano gli ospiti principali ma non è da sottovalutare il potenziale pericolo sulle drupacee quali ciliegio e albicocco. Infatti nell’Italia centromeridionale, nel sud della Francia e Spagna ingenti sono stati i danni alle produzioni di queste drupacee nel 2014. Ciclo biologico D. suzukii ha un ciclo rapido ed è in grado di compiere numerose generazioni all’anno in funzione della temperatura e sverna come adulto. Alla temperatura ottimale di 20°C è in grado di svolgere l’intero ciclo in 1-2 settimane, mentre è sfavorito da temperature superiori a 30°C. È stato rinvenuto sui frutti di un’ampia gamma di piante coltivate quali mirtillo, lampone, fragola, Fig. 1 Drosophila suzukii: maschio rovo, ciliegio, albicocco, pesco, susino, fico, vite, actinidia, kaki, melo e pero e spontanee od ornamentali come sambuco e caprifoglio. A differenza di altre drosofile, D. suzukii attacca i frutti in maturazione, ancora pendenti sulla pianta. Il danno è causato dalle larve che si nutrono delle parti carnose del frutto provocando depressioni superficiali e rammollimento. Adulti: misurano 2-3 mm di lunghezza, con grandi occhi rossi e corpo bruno pallido con bande scure sull’addome. Il maschio (fig. 1) presenta una macchia nera sul bordo posteriore delle ali e setole nere in corrispondenza delle zampe protoraciche. La femmina, di dimensioni leggermente maggiori rispetto al maschio, è dotata di un ovopositore dentellato, utilizzato per incidere l’epidermide dei frutti e inserire le uova direttamente nella polpa. La femmina depone in media 2-3 uova, circa 400 durante il ciclo vitale. Larva: apoda, di color bianco crema raggiunge la dimensione di 3-4 mm nel terzo ed ultimo stadio prima di impuparsi (fig. 4). Danni sui frutti I danni si manifestano durante la maturazione dei frutti. Nel caso delle ciliegie si osservano dei fori di ovideposizione contornati da aree leggermente depresse e rammollimenti della polpa. In seguito possono instaurarsi patogeni secondari, fungini o batterici, che accelerano il processo di degradazione. Monitoraggio Nel 2014, probabilmente a causa dell’inverno mite e dell’estate fresca con temperature favorevoli allo sviluppo dell’insetto si sono avute, diversamente dagli anni precedenti, catture già a partire 99 FOCUS SULLA DIFESA della fine primavera (grafico 1) che hanno determinato attacchi precoci e gravi perdite per il comparto dei piccoli frutti. Su fruttiferi maggiori, pur essendo state rinvenute larve in frutti provenienti da magazzini, D. suzukii non ha ancora causato danni economicamente importanti, a differenza di quanto osservato in altre aree europee e americane. Tuttavia, è opportuno non sottovalutare i problemi che l’insetto potrebbe arrecare anche ad alcune drupacee come ciliegio, susino e albicocco. Il monitoraggio degli adulti può essere effettuato mediante trappolev artigianali innescate con attrattivi di aceto di mele. ✓ Le trappole possono essere costituite da bottiglie di plastica con 5 - 6 fori del diametro di 0,5-1,0 cm sui lati e nel terzo superiore della bottiglia. ✓ L’attrattivo può contenere solo aceto di mele, a dose di 200 - 250 ml, o una miscela costituita da aceto di mele (74,5%), vino rosso Fig. 2 Trappola con aceto di mele (25,0%) e zucchero (0,5%). ✓ Le trappole vanno appese all’altezza dei frutti, possibilmente nelle zono ombreggiate, lasciando chiuso il tappo della bottiglia. La presenza delle larve può essere rilevata per la comparsa di rammollimenti a carico dei frutti dai quali fuoriesce una goccia di liquido. Il rilevamento delle uova è invece più impegnativo poiché queste sono deposte sotto la buccia e all’esterno sporgono soltanto i due processi respiratori. MISURE DI PROFILASSI Cattura massale In alcune regioni e su certe colture discreti risultati ha fornito l’impiego della cattura massale, ossia la collocazione di trappole con attrattivi a base di aceto lungo l’intero perimetro dell’impianto. Le trappole, identiche a quelle impiegate per il monitoraggio, sono collocate a distanza di 2-5 m l’una dall’altra e periodicamente sostituite. Pratiche agronomiche ✓P er gli impianti più estesi si consiglia di sfoltire la vegetazione con interventi al verde arieggiando così la vegetazione e evitando le condizioni di ombreggiamento. ✓ Si consiglia di tenere pulito il frutteto conservando eventuali rovi sui bordi. Distruggere i frutti infestati, sia caduti sul terreno sia presenti sulla pianta, e togliere i frutti dimenticati sulla pianta dopo la raccolta. ✓ Altro tipo di barriera in grado di ostacolare la penetrazione del fitofago all’interno degli impianti è la collocazione di una rete a maglie fini (< 1 mm2) lungo il perimetro. La protezione delle colture con reti può impedire l’entrata alla drosofila ma rende più difficoltose le operazioni colturali. 100 FOCUS SULLA DIFESA Difesa chimica La difesa chimica è di difficile attuazione poiché i frutti vengono danneggiati alla maturazione e quindi sono pochi i prodotti efficaci con tempi di carenza compatibili con la raccolta. Fra gli agrofarmaci testati nella sperimentazione piretro, piretroidi, etofenprox, alcuni fosforganici, spinosine) sono in grado di prevenire sensibilmente le infestazioni, tuttavia in Italia vi sono soltanto autorizzazioni temporanee di alcune molecole su piccoli frutti. Limitatori naturali Un ruolo potenziale nel limitare l’infestazione di D. suzukii è svolto anche dai limitatori naturali, in particolare parassitoidi larvali e pupali. Da alcuni anni sono in corso indagini per rilevare eventuali parassitoidi indigeni capaci di adattarsi al fitofago esotico e valutare l’acclimatamento nelle nuove aree di colonizzazione di parassitoidi provenienti dallo stesso areale di D. suzukii. Grafici 1. Volo Drosophila S. nel 2014 in Piemonte 900 450 225 0 /1 0 13 /1 0- 28 /1 9 29 /0 9- 13 /0 9 15 /0 9- 29 /0 9 15 /0 903 /0 03 /0 819 /0 19 6/ 8- 06 /0 -0 7/ /0 30 8 08 7 /0 7 16 /0 7- 30 /0 7 02 /0 7- 16 /0 6 18 /0 6- 02 /0 6 04 /0 6- 18 /0 5 21 /0 5- 04 /0 5 07 /0 5- 21 /0 4 23 /0 4- 07 /0 4 09 /0 4- 23 /0 3 /0 09 3- 26 /0 26 3/0 12 /0 2- 12 /0 3 0 26 Media D. suzukii 675 Data 101