dildò Tra stucchi in specchi i ricci a crocchio stringe, sandali di serpente piccoli al piede che l’henné dipinge, le balze ricamate, metropoli, strade, folla fluente, per i mille ricami, traforate, sfila su schermi, ingressi di underground, perle e cristalli, stretti ori minuti sfoggia su preziosissimi tessuti, risuona in lounge il sound, sulle bende di tulle a effetto stretto, esibisce un corsetto di conchiglie e di anemoni di mare cosparso, lascia scoperte abbastanza placide onde d’organza da far balugiare il bianco della sua sinuosa schiena, liscio, tutto è liquido, emana, plastico, un lucore vivido, rapidi flash, erompe sulla scena del presente globale, statuaria, tra gli arredi del locale. * Una luce la penetra, lastre olivastre da dietro le tende del bungalow Valtour, e sale e scende l’aspro diaspro, la pietra del suo amuleto che dal collo pende e s’incastona, prona, in un freddo bagliore, la incorona, quasi icona perfetta, nelle orbite scure un poco scavate dal sole dell’estate, ancora non sospetta la sua fragile età dentro il cielo concluso degli istanti, che presto monterà l’età dei rimpianti. * Mentre il sunset riluce raggi, stella al profilarsi in smalto occhi, lontano, mentre strisciano jet, in alto, piano un capello dal labbro, fra altre, snella, mentre sorride, stretta piano in quella folla lucente, abbacinante, strano, mentre ali in piste ascendenti planano, gates, duty free, in fini lenti modella riflette acciaio acceso, vetro, giada, sul viso un filo sottile, le vene, rosea di rose, squadra l’autostrada, in viola e argento congiuntamente si tramuta ed in tutto quello insieme, cellulari, tv, schermi, spot, niente. Tommaso Lisa è nato a Firenze, dove vive e lavora, nel 1977.