Omelia dell’Arcivescovo per la solenne apertura del 150° anniversario delle apparizioni della Madonna della Stella Santuario Madonna della Stella, Montefalco, giovedì 8 settembre 2011 Cari fratelli e sorelle, il nostro convenire questa sera dai quattro angoli della diocesi presso il Santuario della Madonna della Stella indica la volontà di un popolo, di una Chiesa, di mettersi ancora una volta nelle mani di Maria, di affidarsi al suo patrocinio e alla sua intercessione. Mi rallegro di questa partecipazione e di questa bella testimonianza di fede e devozione mariana, e vi saluto tutti di gran cuore. Ringrazio le Autorità civili, in particolare il Sindaco di Montefalco ed i Sindaci dei nostri Comuni che, con i rispettivi Gonfaloni, ci onorano della loro presenza. Un saluto particolare desidero rivolgere ai Sacerdoti diocesani e religiosi, preziosi ed insostituibili collaboratori nel ministero; a P. Franco Moscone, Preposito Generale dei Padri Somaschi, la Congregazione religiosa che accolse Federico Cionchi; a P. Piergiorgio Bartoli, Superiore Provinciale dei Padri Passionisti, solerti e generosi custodi del Santuario. Saluto Madre Maria Benedetta Pergolari, Badessa, e le Monache Benedettine di Santa Lucia di Trevi. Esse rappresentano in un qualche modo anche le altre Monache Agostiniane e Clarisse nate nel territorio di San Luca e della Fratta, che proprio qui hanno scoperto la loro vocazione. Questa presenza speciale ci richiama la preghiera che mensilmente ci raccoglie presso la Madonna per impetrare il dono di vocazioni sacerdotali e religiose per la nostra Chiesa locale. Siamo qui per fare memoria di un evento straordinario che, superando la sfera privata della vita del piccolo Righetto, ha assunto ben presto una portata ecclesiale: abbiamo appena sentito come «la gente accorreva da ogni dove: in pellegrinaggio, in processione, con ogni mezzo», affascinata dalla “bella signora” che chiamava il bambino «per nome, lo prendeva in braccio e gli diceva parole molto belle». Da 150 anni le genti della vallata di Spoleto e delle contrade vicine vengono qui a riascoltare lo stesso messaggio, semplice e profondo ad un tempo: «Sii buono!». E il Santuario della Stella si converte in un luogo permanente di evangelizzazione, dove la parola della Buona Novella acquista speciale forza e, nello stesso tempo, la Vergine Maria si fa mediatrice di grazia. Quante cose potrebbe raccontare a questo proposito l'immagine della Madonna dipinta sul vecchio muro dell’edicola che sovrasta l’altare! «Sii buono!». Parole semplici e immediate, troppo ovvie per costituire un vero messaggio, si potrebbe obiettare: ma - domandiamoci - che cosa si può dire ad un bambino di non ancora cinque anni se non raccomandargli di imparare la bontà, di dare alle sue giornate il sapore della cordialità, dell'accoglienza, del dono? Le stesse parole risuonano ancora una volta per noi questa sera. Che cosa significa però, in realtà, un tale invito dolce e materno? 1 La bontà sembra un valore trascurato nei rapporti quotidiani, troppo spesso improntati alla competizione, all'aggressività, al superamento degli antagonisti. Vediamo gli uomini sempre più impegnati a desiderare con voracità il potere, la ricchezza, il successo, da ottenere in qualsiasi modo; il fine, si dice, giustifica i mezzi. Di qui alla legge della giungla, si sa, il passo è breve. Eppure, nella nostra coscienza avvertiamo che questo modo di vivere è sbagliato, ci crea disagio e sofferenza; sentiamo che questo stile di vita è disumano, inautentico, faticoso. Perché portiamo, incancellabile, dentro di noi l'aspirazione alla bontà, alla fraternità, alla condivisione; sogniamo un mondo più amorevole, vogliamo più dolcezza, più buon cuore, più generosità, più giustizia; desideriamo poter essere d'aiuto agli altri e poter chiedere aiuto quando ne abbiamo bisogno; fare finalmente qualcosa senza calcolo, anche contro il nostro intessesse immediato. Insomma, a dispetto delle guerre, degli attentati, degli assassini, dei crimini, di cui stampa e televisione ci rendono quotidianamente sconsolati testimoni, la bontà continua a suscitare interesse e a motivare l'esistenza. Perché essa è più profonda del male più profondo. Si tratta allora di liberare questa certezza, di darle un linguaggio: «Non permettere mai che qualcuno venga a te e vada via senza essere migliore e più contento. Sii l'espressione della bontà di Dio. Da’ agli altri non solo le tue cure ma anche il tuo cuore», diceva Madre Teresa di Calcutta. La nostra Madonna ripete a ciascuno questo insegnamento fondamentale: è perché ci è madre amorosa - lo ha appena richiamato il Concilio nella seconda lettura che è stata proclamata - che Essa continua a prendersi cura della nostra felicità, di quella vera, che può riscaldare il cuore e far nascere la speranza, l’amore e la fiducia, che sono le forze necessarie per costruire veramente la vita dell'uomo e della società. A chi la voglia davvero ascoltare, Maria dice questa sera: «Tu devi essere buono. Non debole, non vile, non indifferente alle cose brutte che avvengono, non disposto a tollerare qualsiasi linguaggio, qualsiasi azione. La bontà non critica. Non giudica. Non condanna. Non disprezza. Non fa del male a nessuno. Non pensa e non dice male degli altri. Non presta fede a chi parla male degli altri» (cf 1 Cor 13, 4-8). Giacché quello che importa non sono i lavori che facciamo, le parole che diciamo, le cose che possediamo, i successi e le affermazioni che otteniamo; quello che importa è il nostro atteggiamento di fronte alla vita; il nostro sforzo silenzioso verso ciò che è bene, il bisogno di perfezione che ci portiamo dentro, l’aspirazione alla bellezza, il sospiro verso Dio (cf Mc 8, 3637). Solo la bontà, infatti, è la forza che permette agli uomini di vivere in pace gli uni accanto agli altri, senza nuocersi, rispettosi e benevoli; è la forza che al di sopra del dovere e della virtù austera può condurre gli uomini all’indulgenza reciproca, alla buona volontà, alla cortesia. Dove dimora la bontà ci si aiuta quando il carico da sopportare è troppo pesante per una persona sola; dove dimora la bontà le difficoltà svaniscono, le brutture si dimenticano, le 2 sofferenze si placano, la gioia si irradia e la vita diventa interiormente felice, perché è posta sotto il segno della benevolenza. È la “lezione” che, con grande impegno ecclesiale e fantasia pastorale, vogliamo raccogliere lungo tutto questo anno dalla Vergine Maria. Guardando a lei, donna esemplare, troviamo lo specchio in cui siamo invitati a riconoscere la nostra identità, gli affetti del cuore, gli atteggiamenti e i gesti che Dio attende da noi (cf Educare alla vita buona del Vangelo, n. 56); guardando a Lei impareremo l’alfabeto della vita buona e bella del Vangelo. Riascolteremo dunque le grandi parole del Concilio Ecumenico Vaticano II, aperto proprio 50 anni or sono, parole che vogliamo porre ancora e sempre come orientamento e guida per la vita e l'azione della nostra Chiesa locale. Nel corso della peregrinatio dell'immagine della nostra Madonna nei Vicariati, celebreremo la bontà e la misericordia di Dio con una rinnovata attenzione al Sacramento della Riconciliazione. E ci ritroveremo puntualmente qui per una serie di celebrazioni ed incontri che scandiranno l'anno liturgico e raccoglieranno le diverse categorie sociali ed i molteplici carismi e ministeri presenti nel popolo di Dio. Così, questo Santuario continuerà ad essere per la nostra Chiesa locale la collina del Calvario, dove Gesù ci dona Maria come nostra Madre e noi, come il discepolo Giovanni, la accogliamo nella nostra casa e nella nostra vita. È dunque con particolare commozione e viva speranza che, davanti a voi e insieme con voi, apro ufficialmente questa sera le celebrazioni anniversarie del 150° delle apparizioni della Vergine Maria a Righetto Cionchi. Molto mi aspetto per la vita della nostra diocesi dal percorso che oggi iniziamo nel nome del Signore. Prego ed auspico che le diverse iniziative pastorali che sono state programmate producano frutti abbondanti di rinnovamento interiore, di adesione generosa alla Parola di Gesù, di coerente testimonianza cristiana, di impegno costante nella ricerca e nella realizzazione del bene comune, per l’edificazione di una società sempre più degna dell’uomo, e dunque più degna di Dio. Amerei poi che questo particolare “cammino verso Dio” si traducesse plasticamente nella “attenzione all'uomo”: desidererei cioè che, a ricordo del 150. mo delle apparizioni, potessimo dare vita ad una qualche simbolica iniziativa di carità e di solidarietà quale segno del bene che si diffonde e porta frutto, particolarmente nel servizio a chi è segnato dalla difficoltà e dalla sofferenza. Non mancheremo di trovare insieme le modalità concrete affinché questo progetto si possa tradurre in consolante realtà. Propositi e preghiere depongo con voi nelle mani e nel cuore della Madre, affinché sostenga con la sua preghiera il nostro cammino e ci aiuti a “diventare buoni”: è l'invito che ci è rivolto e l'impegno che ci assumiamo, con la luce e la forza dello Spirito Santo. Faccia il Signore che l'anno giubilare che questa sera iniziamo a gloria della Madre del suo Figlio sia per tutti tempo di grazia e di vita, ricco di benedizione. Così sia. 3 Prima della benedizione finale: Prima di invocare sulla nostra assemblea la benedizione del Signore, desidero annunciare che, accogliendo la mia richiesta, il Santo Padre Benedetto XVI ha benevolmente concesso a tutti i fedeli e pellegrini della Madonna della Stella il dono dell'Indulgenza plenaria per tutto il tempo dell'anno giubilare. L'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale dovuta per i peccati, già rimessi quanto alla colpa nel sacramento della Riconciliazione. Per mezzo di essa la Chiesa, ministra della redenzione, applica al fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, il tesoro di santità e di grazia prodotto dalla vita di Cristo e dei santi. Ringraziamo il Sommo Pontefice e facciamo in modo che questo dono prezioso accresca in noi il desiderio di un’esistenza cristiana vissuta nella santità e nell’amicizia con Dio e con gli uomini. 4 5