Scienza in primo piano Luna: un laboratorio sotterraneo per lo studio del Sole Carlo Broggini1, Pietro corvisiero2 1 INFN Sezione di Padova, Padova, Italia INFN Sezione di Genova, Genova, Italia 2 1 La produzione di energia nel Sole Nel cuore del Gran Sasso, protetti dalla radiazione cosmica da più di 1 km di roccia, si studiano le reazioni termonucleari che avvengono all’interno delle stelle. Queste reazioni sono le responsabili prime della luce che riempie di poesia il gelido cielo stellato e della sintesi dei nuclei che costituiscono tutta la materia che ci circonda, incluse le cellule degli esseri viventi e del nostro corpo. I risultati raggiunti da LUNA (Laboratory for Underground Nuclear Astrophysics) in 20 anni di attività sperimentale permettono oggi di usare i neutrini solari per “vedere” e studiare la zona centrale del Sole ed hanno aumentato di circa 1 miliardo di anni la stima dell’età dell’Universo. In generale una grande nube inizia a contrarsi quando gli effetti del campo gravitazionale prevalgono su quelli dell’agitazione termica. Durante la contrazione viene rilasciata una enorme quantità di energia gravitazionale che, in parte, viene irraggiata nello spazio e, in parte, scalda la struttura che si sta formando [1]. Raggiunta la temperatura centrale di alcuni milioni di gradi, si accende il “fuoco nucleare”, si innescano cioè le reazioni di fusione termonucleare che producono energia. In condizioni di equilibrio l’energia nucleare prodotta è uguale all’energia irraggiata senza che si debba più estrarre energia gravitazionale dalla struttura. Di conseguenza la contrazione si arresta e la stella inizia la sua vita. La sequenza delle combustioni è dettata dall’abbondanza degli elementi all’interno della stella e dalla sezione d’urto dei processi di fusione: i primi a consumarsi sono gli elementi più leggeri, a partire dall’idrogeno, per formare elementi più pesanti. Quando un combustibile termina, l’energia irraggiata dalla stella non può più essere nucleare, la contrazione riprende, la temperatura centrale torna a salire sino quando diventa sufficiente ad innescare il successivo processo di fusione in cui gli elementi prima prodotti diventano il combustibile per la nuova fusione, secondo la sequenza idrogeno, elio, carbonio, neon, ossigeno e silicio. Il prodotto ultimo della combustione del silicio è il ferro 56Fe, i cui nucleoni hanno la massima energia di legame. Andare oltre nella fusione, producendo elementi più pesanti, non libererebbe più energia ma anzi ne sottrarrebbe. Solo stelle di massa molto grande arrivano alla produzione del ferro, in particolare il Sole non andrà oltre la combustione dell’elio. Il Sole è una stella, nella cui zona centrale, ad una temperatura di 15 milioni di gradi ed una densità di 150 gr/cm3, da 4,5 miliardi di anni si genera energia dalla fusione di idrogeno in elio. Sino ad ora circa la metà dell’idrogeno contenuto nella zona centrale si è consumata. Questa sorgente dell’ energia solare venne proposta da Eddington nel 1920, immediatamente dopo le misure precise di Aston delle masse atomiche. Le misure avevano infatti mostrato come la massa di un atomo di elio fosse più piccola della somma delle masse di quattro atomi di idrogeno. Ogni secondo 600 milioni di tonnellate di idrogeno si fondono a produrre elio liberando una potenza di 3,85 × 1026 watt. Infatti, in questo processo lo 0,7% della massa iniziale vol25 / no5-6 / anno2009 > 19 scienza in primo piano di idrogeno si trasforma in energia secondo la famosa relazione tra massa ed energia E = mc2 derivata da Einstein. L’insieme dei processi che fonde 4 nuclei di idrogeno in un nucleo di elio, 4H → He + 2e+ + 2ne , produce anche due positroni, due neutrini e genera 26,7 MeV di energia. La produzione dei neutrini è di particolare importanza [2]: il loro studio sperimentale, iniziato negli anni '70 ed ancora in corso, ha permesso di verificare il modello solare misurandone alcuni parametri fondamentali. Nel Sole la combustione dell’idrogeno avviene attraverso la catena protoneprotone (p-p) ed il ciclo carbonio-azotoossigeno (CNO). 1.1 La catena protone-protone Fig.1 La catena protone-protone con indicata la probabilità relativa dei differenti processi. È evidente che la possibilità di avere un’interazione simultanea di 4 nuclei di idrogeno è praticamente nulla, per cui si sono cercate successioni di interazioni a 2 corpi che alla fine portassero alla produzione di un nucleo di elio. La catena p-p inizia dall’interazione tra due nuclei di idrogeno, l’elemento di gran lunga più abbondante nella protostella. Il primo passo della catena p-p (fig. 1) consiste nella fusione di due protoni a formare un nucleo di deuterio, un positrone ed un neutrino. La reazione (1) Fig. 2 Il ciclo CNO. 20 < il nuovo saggiatore è mediata dall’interazione debole e la sua piccolissima sezione d’urto, rispetto a quella dei passi successivi della catena indotti dall’interazione forte o elettromagnetica, fa sì che il tasso di reazioni dell’intera catena sia governato dalla vita media del protone per combustione in deuterio tH(H), che per il Sole è pari a circa 1010 anni. Questa reazione produce la gran parte dei neutrini solari (detti neutrini pp) con spettro energetico continuo fino a 0,42 MeV. Più raramente un processo a tre corpi, che coinvolge due protoni ed un elettrone, dà c. broggini, P. corvisiero: luna: un laboratorio sotteraneo per lo studio del sole origine ad un deutone ed un neutrino: i neutrini prodotti in questo caso, conosciuti come neutrini pep, sono monocromatici (En = 1,44 MeV). Il deuterio così sintetizzato è poi bruciato per interazione nucleare con un terzo protone, formando 3He. A partire da questo stadio la catena p-p è caratterizzata da una grande ricchezza e complessità: in circa l’ 85% dei casi, secondo il modello solare standard di Bahcall, la catena p-p è terminata dalla fusione di due nuclei di 3 He producendo una particella α e due protoni e senza produrre neutrini. Nel 15% dei casi, invece, un nucleo di 3 He cattura una particella α e dà origine a 7Be con emissione di un γ. Il nucleo 7 Be decade quasi sempre per cattura elettronica assorbendo un elettrone dal plasma stellare. La reazione produce neutrini monoenergetici di 0,861 MeV nel 90% dei casi, quando cioè produce un nucleo 7Li nello stato fondamentale, altrimenti di 0,383 MeV se avviene una transizione attraverso il primo stato eccitato. Neutrini molto energetici con energia massima di 15 MeV sono generati da quella rara terminazione della catena nella quale il 7Be cattura un protone e forma 8B che decade in due particelle α, un positrone ed un neutrino: p + 7Be → 8B + g, e quindi: 8 B → 8Be + e+ + ne con successivo decadimento 8Be → 2a. Va infine ricordata una terminazione molto rara (non riportata nello schema di fig. 1) che avviene circa ogni 107 terminazioni, in cui un nucleo di 3He interagisce con un protone a dare una particella α, un positrone ed un neutrino molto energico, detto neutrino hep. In questo ciclo gli isotopi del carbonio e dell’azoto fungono da catalizzatori, per cui l’importanza relativa di questo meccanismo di produzione di energia nelle stelle dipende anche dalla loro abbondanza. La presenza di tali isotopi nel gas interstellare è dovuta alla disseminazione nello spazio degli elementi sintetizzati nelle stelle di precedenti generazioni. La reazione più lenta del ciclo CNO (fig. 2), che determina la frequenza del ciclo ad una data temperatura (e quindi energia), è 14N (p, γ)15O. Il ciclo CNO diventa efficiente a temperature superiori (circa 20 milioni di gradi) rispetto a quella centrale del Sole, dove è invece dominante la fusione attraverso la catena p-p. 2 I neutrini solari I neutrini prodotti nel processo di fusione 4H → He + 2e+ + 2ne sono particelle ad interazione debole che attraversano il Sole e, impiegano circa 8 minuti da quando sono stati generati, per raggiungere la Terra. Il calcolo del numero di neutrini solari è semplice, quando si sia riconosciuta la fusione di idrogeno come sorgente di energia e si faccia l’ipotesi molto ragionevole che la luminosità elettromagnetica del Sole che oggi misuriamo sia uguale alla luminosità nucleare attuale (la radiazione elettromagnetica, a differenza dei neutrini, impiega alcune decine di migliaia di anni a raggiungere la superficie del Sole). Basta dividere la luminosità elettromagnetica, 3,85 × 1026 watt, per l’energia necessaria a produrre un neutrino, 13,35 MeV = 2,14 × 10-12 joule, per ottenere una produzione di 1,8 × 1038 neutrini al secondo. Questo corrisponde ad un flusso totale sulla Terra di circa 60 miliardi di neutrini per cm2 al secondo. Tutti i dettagli del modello solare e della fisica nucleare entrano a determinare non il flusso totale dei neutrini ma il loro spettro, cioè il flusso in funzione dell’energia (fig. 3). Infatti i neutrini hanno differente energia in funzione del processo 1.2 Il ciclo CNO Un’altra serie di reazioni è in grado di convertire idrogeno in elio contribuendo in modo significativo alla luminosità solare. Si tratta del ciclo CNO, nel quale una serie di reazioni di cattura e di decadimenti β+ conduce allo stesso risultato netto della catena p-p. Fig. 3 Lo spettro dei neutrini solari. In blu sono rappresentati i neutrini CNO. vol25 / no5-6 / anno2009 > 21 particolare della catena p-p o del ciclo CNO in cui sono stati prodotti. Nel 1964 J. N. Bahcall e R. Davis Jr. proposero un esperimento per rivelare questi neutrini, usarli come sonda per studiare il centro del Sole e verificare l’ipotesi di produzione di energia nucleare nelle stelle. In realtà il confronto tra le misure ottenute in circa 30 anni di esperimenti e le previsioni del modello solare hanno permesso di studiare innanzitutto il neutrino. In particolare si è stabilito che il neutrino oscilla: nasce cioè nel Sole come neutrino di tipo elettronico e si trasforma in neutrino di sapore diverso nel suo percorso sino alla Terra. Ingredienti fondamentali del modello solare sono le sezioni d’urto delle reazioni nucleari della catena p-p e del ciclo CNO. 3 Sezione d’urto e picco di Gamow È compito dell’ Astrofisica Nucleare analizzare e comprendere in dettaglio la dinamica delle reazioni nucleari che avvengono all’interno delle stelle [3]. Dal punto di vista sperimentale si tratta quindi di riprodurre le stesse reazioni in laboratorio, nel modo più simile possibile a quanto accade realmente nelle stelle. Le particelle del plasma stellare non hanno tutte la stessa energia, ma seguono la distribuzione di MaxwellBoltzmann. L’intervallo di energia dove sono attivi i processi di fusione è determinato dalla convoluzione tra la distribuzione maxwelliana (con picco sul valore di KT della stella) e la sezione d’urto s(E). Tale regione prende il nome di “picco di Gamow” e costituisce l’intervallo energetico all’interno del quale si vorrebbe conoscere la sezione d’urto (fig. 4). In una reazione indotta da un fascio di particelle di intensità Ip su un bersaglio con peso atomico A e spessore massico t, il numero R di eventi misurabili per unità di tempo in laboratorio è dato da (2) , dove e è l'efficienza di rivelazione, N0 il numero di Avogadro e s la sezione d'urto. Per valori dell'efficienza dell'ordine del 10%, per correnti massime di qualche milliampere e per spessori di qualche microgrammo per centimetro quadro (data la bassissima energia degli ioni incidenti non sono utilizzabili spessori maggiori), poiché le sezioni d'urto dei processi stellari hanno valori tipici compresi tra il picobarn e il femtobarn, si vede che i tassi attesi vanno da qualche decina di eventi al giorno a meno di un evento al mese! La ragione di un valore così piccolo della sezione d'urto risiede nel fatto che alle temperature stellari l'energia 22 < il nuovo saggiatore scienza in primo piano termica per particella è assai minore dell’altezza della barriera di potenziale causata dalla repulsione coulombiana tra i nuclei. A distanze dell'ordine di 10-13 cm, tali da rendere efficaci le forze nucleari, e per piccoli valori della carica delle particelle interagenti, si ottiene per il potenziale coulombiano (3) . Questa barriera deve comunque essere superata perché possano aver luogo reazioni nucleari. In realtà, come sappiamo, è quantisticamente possibile che una particella, per effetto tunnel, riesca ad attraversare la barriera di potenziale pur possedendo un’energia minore della stessa. A basse energie, quando cioè E << EC , la probabilità può essere approssimata come con (4) , dove m è la massa ridotta, in a.m.u., ed E è l’energia cinetica nel sistema del centro di massa espressa in keV. La sezione d’urto è direttamente proporzionale alla probabilità di penetrazione della barriera coulombiana e dipende in maniera molto marcata dall’energia delle particelle interagenti. Si ha infatti (5) , dove il termine 1/E ∝ pl2 rende conto in termini quantistici delle dimensioni “geometriche” delle particelle interagenti. La funzione S(E), definita dalla precedente equazione, è detta fattore astrofisico e riassume in sé gli aspetti più tipicamente nucleari dell’interazione. 4 LUNA Le sezioni d’urto dei processi termonucleari nella regione energetica di interesse stellare sono in genere così piccole da rendere impossibile una loro misura diretta in un normale laboratorio terrestre a causa del rumore di fondo dovuto alle interazioni dei raggi cosmici. LUNA (Laboratory for Underground Nuclear Astrophysics) nasce nel 1991 dall’idea di misurare ai laboratori sotterranei del Gran Sasso, sfruttando la riduzione dei raggi cosmici compiuta dalle rocce soprastanti [4, 5]. Sotto il Gran Sasso (fig. 5) i flussi di muoni e di neutroni sono infatti ridotti di un fattore 106 e 103, rispettivamente. Scopo di LUNA è la misura diretta della sezione d’urto delle reazioni fondamentali della catena p-p e del ciclo CNO nelle c. broggini, P. corvisiero: luna: un laboratorio sotteraneo per lo studio del sole Fig.4 Il picco di Gamow (in rosso) risulta dal prodotto di convoluzione tra la distribuzione energetica dei nuclei nel plasma stellare (in giallo) e la probabilita di penetrazione della barriera coulombiana (in verde). Fig. 5 Il Gran Sasso, con i suoi 2912 m, è la vetta più alta degli Appennini. Sotto questa bellissima montagna, protetta da 1400 m di roccia, si trova LUNA. vol25 / no5-6 / anno2009 > 23 scienza in primo piano regioni di energia di interesse astrofisico. All’interno dei laboratori, schermati da uno strato equivalente a circa 4000 metri di acqua, sono stati quindi installati un piccolo acceleratore di ioni leggeri (idrogeno ed elio) da 50 kV e, dal 2001, da 400 kV. Caratteristiche qualificanti di ambedue le macchine sono la corrente elevata, sino a 1 mA, e la dispersione energetica molto stretta del fascio (20 e 100 eV rispettivamente per l’acceleratore da 50 kV e quello da 400 kV [6]). Di seguito descriveremo i contributi più significativi dati in circa 20 anni da LUNA allo studio delle proprietà fondamentali del neutrino ed alla comprensione del Sole. 4.1 Alla ricerca della risonanza Fig. 6 Il piano E-DE di uno dei quattro telescopi utilizzati nell’esperimento: si tratta di rivelatori al silicio di dimensioni 5 cm × 5 cm e spessori rispettivamente di 1000 mm e 140 mm affacciati sul fascio ad una distanza di pochi centimetri. È visibile la contaminazione della reazione 3He (d, p) 4He, a sezione d’urto molto più elevata e dovuta alla contaminazione del fascio di 3He+ con molecole HD+, comunque ben separata dalla regione di interesse. Fig. 7 Il fattore astrofisico S(E) di 3He (3He, 2p) 4He in funzione dell’energia nel centro di massa Ecm. L’aumento di S(E) al diminuire dell’energia non è un effetto nucleare ma è dovuto allo screening elettronico. I dati sperimentali escludono l’esistenza di una risonanza nell’intervallo di energia del picco di Gamow. 24 < il nuovo saggiatore Il primo esperimento di rilievo effettuato con l’acceleratore da 50 kV fu la misura della sezione d’urto della reazione 3 He (3He, 2p) 4He nella regione del picco di Gamow. La motivazione scientifica di tale misura era, all’epoca, la ricerca di una soluzione, puramente nucleare, del “solar neutrino problem” che, al tempo della misura, era ancora ben aperto. Osservando la catena p-p è evidente che la produzione dei neutrini solari (a parte i neutrini pp e pep, vedi fig. 3) dipende dal rapporto tra le sezioni d’urto delle reazioni 3He (3He, 2p) 4 He e 3He (α, γ) 7Be, a sua volta legato ai rispettivi fattori astrofisici S, fino ad allora noti solo dalla teoria e dalle estrapolazioni di misure effettuate ad energia più alta. Come possibile soluzione del problema dei neutrini solari Fowler aveva ipotizzato l’esistenza, nel canale 3He (3He, 2p) 4He, di una risonanza che avrebbe di conseguenza impoverito il canale 3 He (α, γ) 7Be e la conseguente produzione di neutrini di alta energia. Grazie al bassissimo fondo muonico esistente nei Laboratori del Gran Sasso è stato possibile eseguire la misura, fino a misurare sezioni d’urto pari a qualche decina di femtobarn, caratterizzate da un rateo di conteggio dell’ordine di un evento al mese. L’apparato sperimentale era costituito da un bersaglio gassoso a pompaggio differenziale, riempito con gas Elio-3 alla pressione di 0,5 mbar, privo di finestre, sul quale incideva un fascio di 3He+ di intensità massima pari a quella di una corrente di 500 mA. All’interno del bersaglio gassoso c. broggini, P. corvisiero: luna: un laboratorio sotteraneo per lo studio del sole erano situati quattro telescopi E-DE che permisero di discriminare i protoni provenienti dalla reazione indesiderata 3He (d, p) 4He, a sezione d’urto molto più elevata e dovuta alla contaminazione (dell’ordine di 10-7) del fascio di 3He+ con molecole HD+ (fig. 6). I punti ad energia più bassa sono stati ottenuti invece, per massimizzare la reiezione del fondo, da una misura in coincidenza dei due protoni provenienti dalla reazione 3He (3He, 2p) 4He. Mediante questa tecnica e grazie alla “silenziosità” dei Laboratori del Gran Sasso, è stato possibile esplorare, per la prima volta con una misura diretta, l’intero picco di Gamow nel Sole. I risultati sono rappresentati in fig. 7: la risalita del fattore astrofisico S(E) verso le basse energie non è un effetto nucleare ma un effetto atomico, dovuto al fatto che in laboratorio il bersaglio non è un nucleo nudo ma un atomo: si tratta del fenomeno dello screening degli elettroni atomici che ha come effetto un abbassamento della barriera coulombiana e quindi un aumento della probabilità di effetto tunnel. I dati sperimentali [7, 8], opportunamente corretti per l’effetto di screening (linea nera tratteggiata in fig. 7) sono pienamente compatibili con un fattore astrofisico costante. Esclusero quindi l’ipotesi della risonanza e lasciarono ancora aperto il problema dei neutrini solari. Ma dimostrarono la possibilità di poter effettuare misure “dirette” di sezioni d’urto di interesse astrofisico nella regione energetica del picco di Gamow, fino ad allora considerata inaccessibile. 4.2 I neutrini del 7Be 3 He (α, γ) 7Be (Q-valore = 1,59 MeV) è la reazione chiave per la produzione nel Sole dei neutrini del berillio e del boro, il cui flusso dipende quasi linearmente dalla sezione d’urto di questa reazione. Esistono due differenti modi per determinare la sezione d’urto di 3He (α, γ) 7Be: o rivelando il raggio γ prodotto direttamente nel processo o contando il numero di atomi di 7 Be risultanti dalla fusione. Da quando lo studio di questa reazione è iniziato, 50 anni orsono, ambedue i metodi sono stati usati, anche se mai simultaneamente. La sezione d’urto ottenuta misurando l’attività del 7Be era sistematicamente superiore a quella prodotta dalla misura del γ diretto (in media Fig. 8 L’apparato sperimentale con cui LUNA ha studiato 3He(α, γ) 7Be. Il lungo parallelepipedo in primo piano è la camera di reazione. Il rivelatore di raggi gamma, un cristallo di germanio, è contenuto nella schermatura in rame posta sotto la camera di reazione. Durante la misura il germanio era completamente schermato da 5 cm di rame + 25 cm di piombo per sopprimere il fondo γ naturale. vol25 / no5-6 / anno2009 > 25 scienza in primo piano Fig. 9 Il fattore astrofisico S(E) di 3He (α, γ) 7Be in funzione dell’energia nel centro di massa E. Solo i risultati degli esperimenti più recenti sono mostrati con il loro errore totale. La posizione del picco di Gamow per il Sole è indicata. del 13%). L’effetto poteva esser dovuto ad un errore sistematico oppure ad un inaspettato contributo di monopolo (la fusione avviene con la produzione quindi di berillio ma senza l’emissione γ) con profonde implicazioni di Fisica Nucleare. L’esperimento al Gran Sasso è stato condotto usando ambedue i metodi simultaneamente (in questo modo molti errori sistematici si cancellano nel confronto). Un fascio di 4He+ attraversa un bersaglio gassoso a pompaggio differenziale riempito di 3 He alla pressione di 0,7 mbar (fig 8). Il fascio entra nella camera di scattering e si arresta sulla parte frontale di un calorimetro (un disco di rame). Quando la fusione avviene si rivela il γ in un cristallo di germanio posto a pochi millimetri dalla camera di scattering, mentre il 7Be va ad impiantarsi sulla parte frontale del calorimetro. Al termine della misura questa parte di calorimetro viene rimossa e messa in misura su un altro cristallo di germanio. In questo modo si contano 26 < il nuovo saggiatore gli atomi di 7Be attraverso la rivelazione del γ da 478 keV emesso nel suo decadimento. Abbiamo misurato sino all’energia di 93 keV, ottenendo una sezione d’urto minima di 0,23 nbarn, corrispondente ad un rateo di circa 30 eventi al giorno, con un errore totale del 4% ed un perfetto accordo, entro l’errore, tra i valori di sezione d’urto ottenuti con i due differenti metodi [9, 10, 11]. Esperimenti successivi al nostro e condotti ad energia più elevata giungono a conclusioni simili. Per ottenere i valori della sezione d’urto nel picco di Gamow abbiamo rinormalizzato il fit esistente ai punti da noi misurati (fig. 9). Grazie alla precisione della misura di Luna, l’errore sul flusso calcolato di 7Be (non più dominato da incertezze di fisica nucleare) è ora ridotto al 5,5.%, pari a quello che sarà a breve ottenuto sulla sua misura dall’esperimento Borexino al Gran Sasso. 4.3 La composizione del Sole Il modello solare può essere sottoposto a verifica non solo attraverso lo studio dei neutrini ma anche dall’Eliosismologia attraverso lo studio dei modi vibrazionali del Sole. I risultati dell’Elio-sismologia sono stati in ottimo accordo con le previsioni del modello solare sino al 2005, quando un’analisi più raffinata della fotosfera solare ha fornito un’abbondanza di metalli, cioè elementi diversi da idrogeno ed elio, inferiore di circa il 30% a quanto utilizzato come input del modello solare. Risolto il problema dei neutrini solari stiamo ora vivendo il problema della composizione solare, che pure potrà essere studiato con una misura di neutrini, in particolare i neutrini prodotti nel ciclo CNO. I neutrini che provengono dal decadimento di 13N ed 15O hanno uno spettro continuo con end-points rispettivamente di 1,20 MeV e 1,73 MeV. Il loro flusso dipende in modo significativo dalla metallicità nella zona centrale del Sole, in cui ha luogo la fusione, e dalla sezione d’urto della reazione fondamentale del ciclo CNO: 14N (p, γ) 15O. In particolare c. broggini, P. corvisiero: luna: un laboratorio sotteraneo per lo studio del sole c’è una dipendenza quasi lineare dalla sezione d’urto mentre il flusso diminuisce di circa il 35% passando dalla metallicità alta a quella bassa. Una misura relativamente precisa del flusso dei neutrini CNO, che sarà condotta nel prossimo futuro, potrà permettere di distinguere tra le due metallicità al centro del Sole purché si conosca con sufficiente precisione la sezione d’urto di 14N (p, γ)15O. Questa reazione ha un Q-valore di 7,30 MeV e presenta caratteristiche peculiari che rendono il suo studio e la sua estrapolazione al picco di Gamow del Sole, compreso tra 19 e 33 keV, abbastanza complessi. Infatti la cattura radiativa del protone può portare sia allo stato fondamentale che a 4 stati eccitati di 15O. In aggiunta, si ha interferenza tra differenti meccanismi di cattura. 14 N (p, γ) 15O è stata studiata in grande dettaglio in Luna durante un periodo di circa 4 anni. In particolare si sono prima misurate le 5 differenti catture radiative con un bersaglio solido di nitruro di titanio (TiN) ed un rivelatore di germanio [12] e, successivamente, si è misurata la sezione d’urto totale sino all’energia nel centro di massa di 70 keV con un bersaglio gassoso di azoto alla pressione di 1 mbar contenuto all’interno di un grosso rivelatore BGO (fig.10). Rispetto al germanio il BGO presenta una peggiore risoluzione in energia ma un’efficienza per la rivelazione dei gamma emessi nel processo di quasi 2 ordini di grandezza maggiore. All’energia di 70 keV abbiamo misurato una sezione d’urto di 0,24 pbarn, corrispondente ad un rateo di 11 eventi al giorno [13]. Infine, per minimizzare l’errore sull’estrapolazione nel picco di Gamow, si è utilizzata una terza fase di presa dati con un rivelatore clover, cioè 4 germani contenuti in uno stesso criostato, con cui abbiamo studiato in particolare la cattura sullo stato fondamentale [14, 15]. I nostri risultati sul fattore astrofisico S(E) di 14N (p, γ) 15O e sulla sua estrapolazione sono mostrati nella fig. 11 assieme a quelli degli altri Fig. 10 Apparato sperimentale per la misura di 14N (p, γ) 15O. Il bersaglio gassoso di azoto si trova al centro del cilindro in primo piano, costituito da 6 cristalli di BGO, ciascuno letto da 2 fotomoltiplicatori. Fig. 11 Il fattore astrofisico S(E) di 14N (p, γ) 15O in funzione dell’energia nel centro di massa E. Gli errori sono solo statistici (quelli sistematici sono simili). Il picco di Gamow per il Sole è rappresentato in unità arbitrarie. vol25 / no5-6 / anno2009 > 27 esperimenti esistenti. Sono evidenti i dati della più bassa regione energetica esplorata da LUNA con errori molto più piccoli. Questo è stato reso possibile dalla forte soppressione dei fondi dovuti ai raggi cosmici offerta dai laboratori sotterranei del Gran Sasso. I nostri risultati hanno mostrato la riduzione di circa un fattore 2 della sezione d’urto a bassa energia rispetto all’estrapolazione esistente. Di conseguenza, di un analogo fattore sono state ridotte le stime della luminosità CNO del Sole (ora supposta essere pari a 0,8% di quella totale, assumendo la metallicità alta, il resto dovuto alla catena p-p) ed il flusso di neutrini CNO. In particolare, l’errore sulla sezione d’urto è stato ridotto a 8% [15], preparando in questo modo la via per la misura della metallicità al centro del Sole con i neutrini CNO. A questo punto, terminato il lungo ma fruttuoso excursus nella Fisica del neutrino, si può finalmente dare inizio al progetto di Bahcall e Davis: usare i neutrini solari per studiare il Sole. I risultati di LUNA sono naturalmente applicabili anche a stelle diverse dal Sole. In particolare, questa riduzione di un fattore 2 nella sezione d’urto di 14N (p, γ) 15O ha aumentato di circa un miliardo di anni l’età delle più antiche strutture galattiche, gli ammassi globulari, portando così a 14 miliardi di anni la stima dell’età dell’Universo [16]. Bibliografia [1] D. D. Clayton, “Principles of Stellar Evolution and Nucleosynthesis” (University of Chicago Press) 1983. [2] J. N. Bahcall, “Neutrino Astrophysics” (Cambridge University Press) 1989. [3] C. E. Rolfs and W. S. Rodney, “Cauldrons in the Cosmos” (University of Chicago Press) 1988. [4] U. Greife et al. (LUNA Coll.), Nucl. Instrum. Methods A, 350 (1994) 327. [5] G. Fiorentini et al. (LUNA Coll.), Z. Phys. A, 350 (1995) 289. [6] A. Formicola et al. (LUNA Coll.), Nucl. Instrum. Methods A, 507 (2003) 609. [7] R. Bonetti et al. (LUNA Coll.), Phys. Rev. Lett., 82 (1999) 5205. [8] M. Junker et al. (LUNA Coll.), Phys. Rev. C, 57 (1998) 2700. [9] F. Confortola et al. (LUNA Coll.), Phys. Rev C, 75 (2007) 065803. 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Attualmente è membro del Comitato Scientifico dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Pietro Corvisiero Pietro Corvisiero è professore ordinario di fisica nucleare e Subnucleare presso l’Università di Genova. Ha lavorato a Frascati e successivamente al Jefferson Laboratory nel campo delle interazioni elettromagnetiche prima di dedicarsi, a partire dal 1991, all’Astrofisica Nucleare ed in particolare all’esperimento LUNA del quale è stato Spokesman per diversi anni. 28 < il nuovo saggiatore