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ITINERARI
FOLK
2012 - XXV EDIZIONE
Provincia autonoma di Trento
Comune di Trento
)RON'HILQLWLYRLQGG
ITINERARI FOLK
2012 - XXV EDIZIONE
ANTEPRIMA
Lunedì 16 luglio 2012, ore 21.30
Giardino S. Chiara
Domenica 6 maggio 2012, ore 20.30
Teatro Sociale
BASSEKOU KOUYATÉ
& NGONI BA (Mali)
ACOUSTIC NIGHT (Canada)
Beppe Gambetta, James Keelaghan,
André Brunet, Eric Beaudry
Lunedì 23 luglio 2012, ore 21.30
Giardino S. Chiara
ALÌ’NGHIASTRË (Italia)
Lunedì 2 luglio 2012, ore 21.30
Piazza C. Battisti
TASHI LHUNPO
MONASTERY GROUP (Tibet)
Sabato 7 luglio 2012, ore 21.30
Giardino S. Chiara
ANA ALCAIDE (Spagna)
Lunedì 9 luglio 2012, ore 21.30
Giardino S. Chiara
ORCHESTRA POPOLARE
DELLE DOLOMITI (Italia)
Giovedì 12 luglio 2012, ore 21.30
Giardino S. Chiara
MELINGO
(Argentina)
Info
n.verde 800013952 - tel. 0461213834
[email protected]
www.centrosantachiara.it
http://www.facebook.com/centrosantachiara
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Martedì 31 luglio 2012, ore 21.30
Giardino S. Chiara
A MOVING SOUND (Taiwan)
Sabato 4 agosto 2012, ore 21.00
Giardino S. Chiara
AMINE & HAMZA (Tunisia)
Venerdì 10 agosto 2012, ore 21.00
Giardino S. Chiara
MITUMBA
& TUPA RUJA (Italia)
Mercoledì 15 agosto 2012, ore 21.00
Giardino S. Chiara
DHOAD I GITANI
DEL RAHJASTAN (India)
Foto di copertina
Alberto Garcia Alix
Nel 1988, quando questa rassegna fu organizzata per la prima volta, l’offerta culturale
di spettacolo in ambito musicale sul territorio
provinciale non era certamente così ricca e variegata com’è oggi.
L’aver raggiunto il traguardo della venticinquesima edizione significa di per sé che questo
mondo – che un tempo veniva indicato come
folk e oggi si preferisce declinare invece in musica etnica, tradizionale o world music – possiede contenuti, valori, saperi e progetti che hanno radici vere e profonde. Non si tratta quindi
solo di una felice invenzione o di un prodotto
estemporaneo che si consuma nell’arco di una
o poche stagioni, ma di un fenomeno che merita tutta la nostra attenzione, nonostante queste
proposte musicali non possano vantare un seguito di massa.
La piattaforma su cui poggia questo tipo di musica è il recupero di identità e culture popolari
travolte dalla modernità, attraverso la ricerca
storica ed etno-musicologica, la reintroduzione
di strumenti antichi o desueti, la riproposizione
di repertori legati alla trasmissione orale o al ritrovamento di documenti e trascrizioni. Questo
è avvenuto un po’ in tutto il mondo, in diversa
misura, e ha permesso di far sopravvivere importanti aspetti delle varie culture.
Itinerari folk ha il merito di divulgare l’estetica
del linguaggio popolare, attraverso spettacoli che fanno incontrare storie e tradizioni che
sanno affascinare qualsiasi pubblico. Questa
rassegna conferma, inoltre, la convinzione che
la consapevolezza sulla memoria è una chiave
per interpretare il futuro e rappresenta una ricchezza non solo conservativa, ma anche creativa, che interpella anche le nuove generazioni
come accade in varie parti d’Europa.
L’auspicio è che questi stimoli e riflessioni, che
reputo di grande interesse e attualità, possano
trovare ancora maggiori connessioni e valorizzazioni nel contesto locale.
Franco Panizza
Assessore alla Cultura,
Rapporti europei e Cooperazione
della Provincia autonoma di Trento
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Organizzazione e servizi tecnici
Centro Servizi Culturali S. Chiara
Si ringraziano in particolare
Associazione Abies Alba, Roberto Tombesi
e Francesco Ganassin dell’associazione Atelier Calicanto,
Beppe Gambetta e Federica Calvino Prina, Dimiter Panev,
Ana Alcaide e Renzo Ruggiero, Bianca Amaducci,
Krzysztof Kubanski, Julia Voloz, Monica e Claudio Condini,
Nicola Odorizzi, Giorgio Moser, Hedi Kapeller,
La Famiglia Galvan
Ufficio stampa
Katia Cont, Viviana Bertolini
Grafica / A4
Stampa / Publistampa, Pergine
Consulenza artistica e testi
Mauro Odorizzi
Direzione Centro Servizi Culturali S. Chiara
Francesco Nardelli
Provincia autonoma di Trento
Comune di Trento
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MoniQue foto
Sono una bella tappa, questi venticinque anni
di Itinerari folk. Un compleanno da festeggiare con gioia e sobrietà perché sono il costume
stesso di questa rassegna e perché la musica
e la cultura che rappresentiamo lo esigono.
Usando la curiosità, la ricerca e il senso del limite nell’utilizzo delle risorse, le istituzioni, in
sinergia con le associazioni, hanno svolto una
meritoria funzione pubblica in ambito culturale,
offrendo dal 1988 alla città di Trento e a tutti coloro che hanno voluto approfittarne, uno
sguardo sul mondo, aperto sia alle tradizioni viventi che rappresentano dei tesori dell’umanità,
ma anche al gusto per la contemporaneità con
tutti gli elementi che in essa vibrano e si intrecciano. In due parole: memorie e progetti per il
futuro. Sarebbe bello che questa dimensione ai
margini del mercato potesse godere di più riconoscimento e considerazione in virtù delle sue
qualità, ma tantissimo è cambiato nel mondo
anche se un po’ meno alle nostre latitudini.
Qualche dato, in questa occasione, bisogna pur
tirarlo fuori: i concerti sono stati oltre trecento e
poi ci sono le collaborazioni con le circoscrizioni,
molti comuni della provincia, alcune istituzioni
culturali; tra le pubblicazioni il volume contenente gli atti del convegno nazionale sul violino tradizionale (1995), i saggi sul mandolino e Giacomo
Sartori (1997), la promozione della ricerca realizzata da Antonio Carlini e Mirko Saltori, edita dagli
Amici della Musica di Borgo, dal titolo “Cent’anni
di musica a Borgo. Le armoniche di Egidio Galvan 1901-1944” (2001), il book fotografico di
Monica Condini (2004) ed infine la realizzazione
del CD “Tribù italiche – Trentino Alto Adige” edito
come allegato al n. 79 della rivista World Music
Magazine (2006). Altre iniziative che ci piace ricordare sono: l’edizione dedicata all’ottantesimo
anniversario di fondazione del Coro trentino SO-
SAT (1996); la mostra di mandolini e strumenti
a plettro (1997) nell’ambito della quale era nata
l’idea, ancora validissima, di sviluppare una
grande raccolta di strumenti popolari trentini; il
progetto della “Grande orchestra delle Alpi” nato
con Artesella (1998) e presentato al Filmfestival
della Montagna con quasi settanta musicisti provenienti da tutte le regioni alpine dalla Slovenia
alla Francia (2004); l’edizione dedicata al centenario della fabbrica borghesana Galvan nella
quale abbiamo portato sul palcoscenico anche
gli anziani suonatori di “reta” e “armonium uso
Trento” (2001). Intorno alla rassegna sono poi
nati vari gruppi trentini che hanno tratto ispirazione dalle tradizioni, nonché un interesse per
gli strumenti popolari (organetto, tamburi a cornice, strumenti a corda e mandolino, fiati e cornamusa, ghironda, etc.) che le numerose scuole
musicali della provincia non hanno considerato
importanti. Per cinque anni dal 2000 al 2004
Itinerari folk ha ospitato il saggio finale dei “Laboratori di musica popolare” una gioiosa iniziativa
di cui oggi sopravvivono solo i corsi di organetto
curati dall’associazione Abies alba.
L’edizione numero venticinque è già stata aperta il 6 maggio scorso con un evento speciale
(vedi foto a sinistra) che si è tenuto al Teatro
Sociale: un concerto unico e irripetibile guidato da Beppe Gambetta, artista della sei corde
acustica, entrato nella storia di Itinerari folk con
i suoi live, con tre musicisti canadesi di grande
livello: James Keelaghan, Eric Breaudy e Andrè Brunet. Si continua dal 2 luglio al 15 agosto
per dieci serate, molto diverse tra loro e particolarmente stimolanti, che presentiamo come
al solito nella pagine seguenti. Un cenno particolare, per la sua valenza non solo musicale,
all’anteprima assoluta del progetto orchestrale
dedicato alle Dolomiti che si terrà il 9 luglio.
Mauro Odorizzi
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Lunedì, 2 luglio 2012
ore 21.30
Piazza C. Battisti
L’origine del Monastero di Tashi Lhunpo in Tibet
risale al 1447. La fondazione è attribuita al primo
Dalai Lama, Sua Santità Gyalwa Gendun Drup.
Tashi Lhunpo è con i monasteri di Sera, Gaden
e Drepung, uno dei quattro più grandi e importanti centri culturali e religiosi del Tibet centrale.
Š stato tradizionalmente il luogo di residenza del
Panchen Lama, la seconda autorità spirituale dei
tibetani dopo il Dalai Lama.
A seguito dell’invasione cinese del 1959 il Monastero è stato ricostruito nell’esilio di Bylakuppe,
regione del Karnataka nel sud dell’India, per raccogliere in modo particolare i monaci provenienti
dalla regioni himalayane di Spiti, Khunu, Ladakh,
Ghashar e Sangkhar.
Accanto agli studi filosofici, nei monasteri tibetani sono state preservate antichissime tradizioni
rituali, legate sia al canto che alla danza, nonché
alle forme del teatro popolare.
In seguito alla diaspora tibetana degli anni sessanta il monastero di Tashi Lhunpo ha potuto
sviluppare un forte attività educativa e culturale,
con l’aiuto dei sostenitori occidentali della causa
tibetana, dedicando un particolare interesse al
canto e alle danze Cham. L’attività di spettacolo
che ha interessato negli ultimi dieci anni questo
gruppo di monaci ha reso il Monastero di Tashi
Lhunpo conosciuto in tutto il mondo. L’esperienza accumulata rende questo gruppo il più importante e qualificato nell’ambito delle rappresentazioni tradizionali e religiose, insieme al Tibetan
Institute of Performing Arts, l’accademia di arte
laica, che ha sede ed opera prevalentemente in
Asia. La serata è organizzata in collaborazione
con la Tibetan Women Association Italy, una onlus riconosciuta dal Governo tibetano in esilio,
la seconda più grande al mondo dopo il Tibetan
Youth Congress, e l’Associazione Italia-Tibet del
Trentino.
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Suoni
dalle
Montagne
del Mondo
TASHI LHUNPO
MONASTERY
GROUP
TIBET
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Sabato 7 luglio 2012
ore 21.30
Giardino S. Chiara
Nel giardino
della memoria
sefardita
“La cantigua del fuego” è il nuovo lavoro discografico di Ana Alcaide, ispirato all’antica tradizione sefardita. Si tratta del terzo album, dopo
“Viola de teclas” (2006) e “Como la luna y el
sol” (2007), di questa giovane castigliana, nata
a Madrid nel 1976, che dalla passione per la
musica tradizionale e antica della sua terra ha
in pochi anni venduto oltre quarantamila copie
dei suoi dischi. Importanti collaboratori di Ana,
in questa fase, sono stati Carlos Beceiros e Jaime Muñoz, polistrumentisti del famoso gruppo
castigliano “La Musgaña”.
Il percorso musicale di Ana Alcaide inzia nelle
strade di Toledo, dove vive, suonando il violino,
altri strumenti antichi e successivamente la nyckelharpa. L’incontro con questo strumento medievale avviene nel corso dei suoi viaggi e si trasforma in una vera passione di studio in Svezia
all’Accademia di Malmo, dove la nyckelharpa è
considerata strumento nazionale.
Il concerto attinge a melodie mediterranee, utilizza una notevole varietà di stili e timbriche, si
ispira a testi legati alla storia della cultura giudeo-spagnola e rappresenta una sintesi molto
affascinante della ricerca sulle connessioni e
i legami tra le diverse radici musicali della penisola iberica. “La cantiga del fuego” parla di
amori impossibili tra ebrei e cristiani e di antiche
leggende e avventure che emergono dalla storia
dei quartieri di Toledo.
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Ana Alcaide / voce, nyckelharpa, violino
Rafa Del Teso / mandola, chitarra
Renzo Ruggiero / basso acustico, nyckelharpa
Bill Cooley / psalterio, santur, oud, percussioni
ANA
ALCAIDE
SPAGNA
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Lunedì, 9 luglio 2012
ore 21.30
Giardino S. Chiara
L’origine di questo ensemble orchestrale - che
presentiamo in anteprima assoluta -, risiede in
un importante ritrovamento di manoscritti di
danze popolari. Una recente ricerca sul campo,
svolta nella zona del Cadore in provincia di Belluno, nell’ambito dei corsi di etno-musicologia
curati da Roberto Tombesi presso il Conservatorio di Padova.
Inizialmente è tornato in vita un vissuto libretto contenente oltre centro melodie, recuperato
dalla studentessa Manuela De Luca Valente nel
Comune di S. Vito di Cadore. Ma successivamente dal contatto con il signor Marino De Lotto
sono emersi altri tre documenti, meno interessanti del primo dal punto di vista musicale, ma
molti significativi anche da altri punti di vista in
quanto provenienti da famiglie cadorine emigrate in America del Nord tra otto e novecento.
Si tratta di quaderni scritti in bella calligrafia dai
musicisti delle tante orchestrine che nella prima
metà del novecento, popolavano la vita dei paesi delle valli dolomitiche tra Veneto, Trentino e
Sudtirolo, ma più in generale dell’area alpina e
prealpina del nord Italia. Il primo di questi documenti rappresenta, in particolare, un corposo
repertorio inedito (115 melodie), con denomina-
ORCHESTRA
POPOLARE
DELLE
DOLOMITI
ITALIA
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Evento speciale per la 25a edizione
di “Itinerari folk”
Suoni dalle Dolomiti
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zioni in alcuni casi curiose (concierditesta, berlingozza, pia, bettina, etc.), dove regna sovrano
il principe delle danze, l’amato valzer, accanto
a balli di origine molto più antica come le monferrine, la quadriglia, il galop, la villotta, il varsovien, la sottis, la gavotta. In alcuni brani è facile
riconoscere la parentela con noti repertori alpini
o dell’appennino emiliano.
Una prima riflessione su questi manoscritti è
contenuta nel volume “Ballabili antichi per violino o mandolino, un repertorio dalle Dolomiti del
primo ‘900” (Nota giugno 2012). Un lavoro realizzato da Roberto Tombesi, Francesco Ganassin
e Tommaso Luison che presenta una serie di
saggi, le trascrizioni di tutti i brani e in allegato
anche un CD con la riesecuzione di 34 melodie
tratte dal manoscritto principale. Si tratta del primo capitolo di un progetto più ampio sulle Dolomiti pensato dall’associazione Atelier Calicanto
(si veda la copertina).
mazione classica, nell’area territoriale delle Dolomiti. È nata così l’Orchestra popolare delle Dolomiti, alla quale aderiscono circa 25 musicisti
dei seguenti gruppi: Abies alba (Trentino), Altei
(Belluno), Alessandro Tombesi ensemble (Veneto) Bandabrian (Veneto), Calicanto (Veneto),
Compagnia del fil de fer (Trentino), Mideando
string quintet (Veneto), Pasui (Alto Adige/Sudtirol), Quartetto Neuma (Trentino). Un ensemble
unico con la presenza di una sezione di plettri
(mandolini, mandole, chitarre), una sezione di
archi (violini, violoncelli e contrabbasso), una
sezione di fiati (traverso, ottavino, schwegelpfeife, cornamuse, flauti dritti, ocarine), arpa e
zither, organetto diatonico e armonium, percussioni tradizionali e domestiche e infine le voci.
La direzione dell’orchestra è affidata a Tommaso
Luison e Francesco Ganassin; quest’ultimo ha
curato in particolare tutti gli arrangiamenti dei
brani.
Significativi alcuni passaggi della prefazione al
volume del prof. Sergio Durante, ordinario di
filologia musicale all’Università degli studi di
Padova: “In questo libro si racconta del ritrovamento di un tesoro (…). C’è qualcosa di mitico
nella vicenda di quel quaderno e dei pochi altri
rari documenti simili che, attentamente indagati, ci parlano di un mondo scomparso appena
ieri ma che è ancora in qualche modo con noi
(…). La cultura del passato è qualcosa di più
di un glorioso cimelio e può riservare, se intelligentemente attualizzata, un futuro più vivace e
affascinante rispetto alla desolante piattezza di
troppi prodotti pseudo-culturali.”
Il secondo capitolo del progetto è proprio l’idea
di far rivivere questi documenti attraverso la costituzione di una piccola orchestra composta da
musicisti, appartenenti a gruppi attivi nell’ambito della musica tradizionale, ma anche di for-
)RON'HILQLWLYRLQGG
)RON'HILQLWLYRLQGG
Giovedì, 12 luglio 2012
ore 21.30
Giardino S. Chiara
I riferimenti tradizionali per Daniel Melingo, nato
a Buenos Aires nel 1957, sono Carlos Gardel, Roberto Goyeneche “el polaco” e Edmundo Rivero,
i grandi maestri del tango cancion. Del resto tutta la sua famiglia, in parte di origini triestine, ha
respirato musica, tango e poesia dei bassifondi
della capitale argentina. Ma la gioventù di Melingo, artista totale, colto e popolare, è ricca di tante
esperienze dal rock (Los Abuelos de la Nada,
los Ramones del Tango) a Milton Nascimiento.
Il richiamo delle radici giunge, irresistibile, solo
alla fine degli anni novanta, ed è un incontro fatale e devastante che fa nascere il nuovo eroe
del tango porteño. Dalla personalità di Melingo,
sfaccettata di malinconia, teatralità, passione e
sofferta bizzarria, la musica che negli anni Trenta
animava i quartieri malfamati di Buenos Aires,
rinasce stralunata, sorniona, ma con lo stesso fascino immortale. Un proto-tango, come afferma
lo stesso cantante, intrigante e contemporaneo,
ma senza dimenticare la ballabilità delle melodie
e senza stravolgere le forme del genere. È soprattuto un nuovo tango cancion, che utilizza - come
fece Gardel - il lunfardo, il linguaggio che i detenuti usavano per non farsi capire dai poliziotti
Daniel Melingo / voce, chitarra, clarinetto
Rodrigo Guerra / chitarra elettrica bouzouki,
coro
Diego Trosman / chitarra, coro
Facundo Torres / bandoneon, coro
Romain Lécuyer / contrabbasso, coro
Anne Le Pape / violino
(si prendono le sillabe delle parole rovesciandole:
tango diventa gotan) e che era diffuso nelle bettole e nei luoghi di malaffare. La voce di Melingo è
l’ultimo ingrediente di questa meravigliosa ricetta:
scura e profonda, surreale e ipnotica, romantica e
nostalgica, esprime tutta l’intesità e l’intreccio tra
vita e musica che caratterizza l’esistenza stessa di
questo artista e l’humus da cui è nato lo spirito
del tango. “Santa milonga” (2004) è il primo CD,
ma una vera notorietà internazionale per Melingo
arriva solo nel 2008 col secondo album “Maldito
Tango” prodotto dall’etichetta Manana (quella di
Gotan Project). L’atteso concerto per Itinerari folk
arriva a ridosso dell’uscita del terzo CD “Corazon
& Hueso” (World Village/Harmonia Mundi, 2011)
che conferma, più che la fama di “maledetto”, la
qualità e la classe del suo lavoro.
Il nuovo
tango-cancion
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MELINGO
ARGENTINA
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Lunedì, 16 luglio 2012
ore 21.30
Giardino S. Chiara
Tradizione
e innovazione
di un Griot maliano
Nato sulle sponde del Niger nel 1966, Bassekou discende da una famiglia di Griot. Sulle
orme del padre, Moustapha Kouyate, impara
giovanissimo lo ngoni, un liuto arcaico, di cui
oggi è un maestro riconosciuto in tutta l’Africa.
Accanto alla prassi tradizionale delle feste e dei
matrimoni, la sua carriera concertistica inizia
accompagnando la madre Yakare Damba, in un
tour in Burkina Faso, in sostituzione del padre
ammalato. Fu un’esperienza fondamentale che
in breve lo proiettò sulla scena maliana come
spalla del chitarrista Cheikh Oumar Diabate e
della cantante Nainy Diabate, al tempo una delle voci più popolari del Mali. Con loro sviluppa
una tecnica impareggiabile e sperimenta un
nuovo modo di interpretare la musica dei Griot. In questo periodo incontra Amy Sacko, una
giovanissima cantante, divenuta sua moglie, e
ancora oggi voce principale del gruppo Ngoni
ba. A metà degli anni Ottanta Bassekou entra
in contatto con un altro straordinario musicista
della nuova generazione, il suonatore di kora
Toumani Diabate, con cui trova un affiatamento
immediato. Il loro scopo era di far progredire il
loro stile sullo strumento musicale e di trasformare le antiche tradizioni adattandole alla modernità; aprire la musica dei griot al resto del
mondo, ampliando la gamma degli strumenti
fino a includervi elementi di armonia occidentale e del jazz. Bassekou iniziò ad aggiungere
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corde al suo ngoni per dargli un’estensione
melodica più ampia. Alcuni pensarono fosse
pazzo, ma presto molti suonatori di ngoni seguirono il suo esempio, suonando lo strumento
stando in piedi. Questo favorì la visione dello
ngoni come uno strumento che poteva competere con le moderne chitarre. Nacque la rivoluzionaria Symmetric Orchestra, un ensemble di
star diretto da Toumani Diabate e dove troviamo
anche un giovane Habib Koitè. E all’interno di
questa il Symmetric trio, con Toumani, Bassekou e l’anziano Keletigui Diabate al balafon,
tre artisti di rara sensibilità e carisma che hanno
lasciato il segno innovando gli stilemi della musica Mandè. Nel 2005 incontra il grande “bluesman del deserto” Ali FarkaTouré, partecipando
al suo ultimo tour e al disco Savane. Proprio in
quell’anno nasce la band di Bassekou “Ngoni
ba”, un quartetto con ngoni di diverse misure,
divenuta in breve tempo una delle più influenti del secolo. Con questo gruppo ha registrato
due album: “Segu Blue” (2007), vincitore di
due “ BBC 3 world awards”, miglior album e
miglior artista africano e “I Speak Fula” (2009)
un omaggio ai più importanti interpreti della
musica maliana con la partecipazione tra l’altro
di Kasse Mady Diabaté, Zoumana Tereta, Vieux
Farka Tourè. L’ultimo progetto internazionale
che vede Bassekou in prima fila è “Afrocubismo” un supergruppo afro-cubano.
BASSEKOU
KOUYATÈ
& NGONI BA
MALI
Bassekou Kouyate / ngoni e ngoniba
Amy Sacko / voce
Fousseyni Kouyate / ngoniba
Oumar Barou Kouyate / ngoni
Moussa Bah / ngonibasso
Alou Coulibaly / calebasse
Moussa Sissoko / percussioni
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Lunedì, 23 luglio 2012
ore 21.30
Giardino S. Chiara
Un viaggio
nelle tradizioni
del Mediterraneo
Il gruppo nasce dall’incontro tra la tarantina
Sara Giovinazzi e l’altoatesino Ulrich Sandner. Il
luogo di crescita è il Trentino, mentre i repertori
sono prevalentemente quelli legati alla tradizione meridionale. D’altra parte Sara, nata a Massafra e avviata alla musica dal papà Fernando,
si ritrova una voce e un’espressività innata che
richiama il pathos delle donne del Sud. Forse la
ragione sta anche nell’alimentazione mediterranea e in quelle piccole olive amarognole da cui
il gruppo prende il nome: Alì’nghiastrë. Siamo
alla fine degli anni novanta e il loro primo disco
lo registrano come premio per la vittoria, forse
a sorpresa, al Festival Acustico che a Trento
un po’ avventurosamente iniziava una dozzina
d’anni fa, nei pochi locali cittadini aperti alla
musica. Oggi ritornano con un nuovo lavoro,
“Venti buoni motivi” (2011), edito dall’etichetta
friulana Nota, specializzata tra l’altro in pubbli-
cazioni di etnomusicologia. Una sorta di concept album, composto da venti tracce, ispirate
ai quattro elementi della natura. Il panorama
si allarga e oltre alla tradizione meridionale italiana anonima e d’autore, si spazia in Catalogna, in Sudamerica e nel Maghreb. In questi
anni Sara & company ne hanno fatta di strada:
concerti, spettacoli, attività didattica, la partecipazione all’OrchExtraTerrestre, etc.. La line
up attuale di Ali’nghiastrë comprende anche
Gianmaria Stelzer al violoncello, giovane liutaio
che ha avviato in città un proprio laboratorio,
Dennis Pisetta alla chitarra, musicista curioso
che sa spaziare con naturalezza dal rock ai
generi tradizionali, e da ultimo Lucia Cabrera,
violinista di formazione classica originaria del
Costa Rica e Giuseppe Campanale, un’ulteriore quota pugliese che suona la chitarra con
animo zingaro.
Sara Giovinazzi / voce, percussioni a cornice,
chitarra battente e organetto
Ulrich Sandner / chitarre, mandolino e violino
Dennis Pisetta / chitatta e mandolino
Gianmaria Stelzer / violoncello
Lucia Cabrera / violino
Giuseppe Campanale / chitarra
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ALÌ’NGHIASTRË
ITALIA
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Martedì, 31 luglio 2012
ore 21.30
Giardino S. Chiara
L’origine del gruppo risale al 2000, mentre la
cantate e ballerina Mia Hsieh si trova a New
York per studiare danza con Meredith Monk e
incontra il musicista Scott Prairie. La direzione
dell’ensemble che da lì prende vita è quella di
contaminare la musica tradizionale taiwanese
con le sonorità alternative e pop della musica
acustica occidentale. Nella creatività risiede una
luce che ci aiuta a raggiungere la nostra piena
potenzialità, è questa la convinzione che ispira il
progetto. Oggi “A Moving Sound” (Shen Don in
Taiwanese) è molto apprezzato proprio per questa affascinante fusion, peraltro ben radicata in
un’estetica ricca di rimandi ed elementi caratteristici di questa zona dell’Asia. A partire dalla
musica locale di Taiwan e dalle vicine tradizioni
della grande Cina il gruppo è riuscito a creare
un proprio sound che interiorizza lo spirito della
musica antica con forme compositive moderne,
capaci di affascinare il pubblico di ogni parte del
mondo. Le canzoni vengono eseguite con strumenti cinesi tipici come il violino verticale, erhu,
e la chitarra cinese conosciuta come zhong
ruan, ma anche con strumenti occidentali. La
voce e la danza trascendentale della vocalist
Mia Hsieh, trasporta gli ascoltatori verso e oltre il lontano oriente dove solo l’arte più elevata
può portarci. Pur risiedendo a Taipei, la capitale
dell’isola di Formosa, l’ensemble ha partecipato
a numerosi festival anche in Europa, come ad
esempio Womex, ed ha avviato collaborazioni
con vari artisti occidentali. Tom Pryor, supervisore musicale per National Geografic considera
questo gruppo “uno dei più originali prodotti
dell’attuale a scena world”.
La discografia comprende tre album prodotti a
Taiwan, Little Universe (2004), Songs Beyond
Words (2007) e Starshine (2009), mentre l’ultimo lavoro “A Moving Sound” (2011) è uscito
da qualche mese per l’etichetta americana Motema music.
)RON'HILQLWLYRLQGG
World
fusion
dal lontano
Oriente
Mia Hsieh / voce, danza
Scott Prairie / zhong ruan, basso
Yi Fang Chen / erhu
Yi-Tung Pan / zhong ruan, shao ruan
Wei-Hsu Liao / percussioni
A MOVING
SOUND
TAIWAN
)RON'HILQLWLYRLQGG
Sabato, 4 agosto 2012
ore 21.00
Giardino S. Chiara
Il rinnovamento
della tradizione
araba
Amine M’Raihi / oud
Hamza M’Raihi / kanoun
Considerati in Tunisia e in tutto il mondo delle
star dei rispettivi strumenti, l’oud o liuto arabo e il
kanoun una cetra trapezoidale con 72 corde che
vengono pizzicate, i fratelli M’Raihi rappresentano un brillante esempio di armonia tra identità
e globalizzazione, una sorta di primavera araba
nell’ambito musicale. Iniziano a suonare all’età
di tre anni, sotto la guida del padre medico e
melomane, prima di poter entrare a dieci anni al
Conservatorio di Tunisi. All’età di sedici e diciassette anni (sono nati nel 1986 e 1987) si esibiscono nei più importanti teatri del Medio Oriente
e registrano il loro primo album a cui ne seguiranno altri cinque. In breve tempo dimostrano
che il loro talento, unito a un spiccata sensibilità
all’apertura culturale, gli consente di spaziare
dalla musica classica e tradizionale del Maghreb
alla composizione di brani originali dove speri-
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mentano anche nuove tecniche strumentali. I
due giovani fratelli tunisini sono così diventati
i rappresentanti di una nuova prospettiva per
la musica araba, capace di assorbire le più disparate influenze mediterranee, rispettandone
gli aspetti meditativi e d’improvvisazione, senza
rinunciare alla ricerca di uno stile autonomo lontano dagli stereotipi e vicino alla dimensione di
una musica senza frontiere, come pure agli stilemi del jazz. L’ultimo album “Perpetual Motion”
(Network) è sicuramente il loro capolavoro, definito da Amine e Hamza stessi come “una nuova
visione della world musica moderna che tenta di
oltrepassare qualsiasi confine o barriera”. Una
musica che esprime luminosità e dolcezza, ad
immagine del loro paese, e la critica li esalta paragonandoli al loro grande conterraneo Anouar
Brahem e ai fratelli palestinesi Joubran.
AMINE & HAMZA
TUNISIA
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Venerdì 10 agosto 2012
ore 21.00
Giardino S. Chiara
Nel corso della serata si alternano e inter-agiscono il duo “Mitumba” e il duo “Tupa Ruja”, progetti musicali nostrani che propongono accostamenti originali e inconsueti tra strumenti come il
didgeridoo, il theremin e la voce. Dal sodalizio tra
i torinesi Andrea Ferroni e Lorenzo Giorda in arte
Lord Theremin, nasce “Mitumba” che in lingua
Swahili identifica in Africa le balle di vestiti usati
che gli occidentali depositano nei cassonetti per
la raccolta di beneficenza. Gli africani, li chiamano “I vestiti dei bianchi morti” dato che per loro è
inconcepibile buttare una cosa che si può usare
ancora. La proposta accosta due strumenti con
cinquemila anni di differenza di età: il didgeridoo, un tronco cavo svuotato dalle termiti, suonato dagli aborigeni australiani da migliaia di anni, e
il theremin, strumento tecnologico inventato dal
russo Lev Termen intorno agli anni venti. L’impatto è forte, in modo particolare dal vivo, dove il
carattere ipnotico degli strumenti si abbina a gestualità ancestrali che colpiscono l’immaginario
dello spettatore. Andrea Ferroni è uno tra i più significativi esperti italiani di didgeridoo, insegnante, ricercatore e costruttore di questo strumento,
ha suonato in tutta Europa ed è stato il direttore
artistico del festival internazionale dedicato al
didgeridoo “Didjin’Oz” di Forlimpopoli. Lorenzo
Giorda è considerato un virtuoso e innovatore
dell’etereo theremin; capace di improvvisare con
qualsiasi altro strumento vanta numerose collaborazioni ed esperienze nella musica tradizionale, elettronica e sperimentale, nonché con svariati dj e artisti indipendenti. Tupa Ruja, ovvero
Terra Rossa, è un duo composto da Martina Lupi
e Fabio Gagliardi. Qui il magico strumento dei
deserti australiani accompagna la voce femminile, in canzoni originali attraversate da melodie
mediterranee e sonorità arcaiche ed ancestrali,
che inducono un’attitudine spirituale e un’atmosfera romantica e meditativa. Il progetto è ben
rappresentato nel recente album autoprodotto
dal titolo “suono dunque sono”, dove trovano
spazio dodici canzoni scritte da Martina Lupi.
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Strumenti
ancestrali
e ipnotici
Mitumba
Andrea Ferroni / didgeridoo, loops, effetti e rumori,
canto armonico, schiacciapensieri vietnamita
Lorenzo Giorda / theremin
Tupa Ruja
Martina Lupi / voce, canto armonico e percussioni
Fabio Gagliardi / didgeridoo e percussioni.
MITUMBA
& TUPA
RUJA
ITALIA
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Mercoledì 15 agosto 2012
ore 21.00
Giardino S. Chiara
Il deserto del Thar viene considerato la culla ancestrale dei gitani che dall’India hanno percorso il mondo verso ovest. Siamo nel Rajasthan
terra di imperatori e maharajas, ma anche di
musicisti nomadi che allietavano la vita di corte
come quella della gente più umile, raccontando
storie e leggende o invocando le qualità spirituali e divine. A questa millenaria stirpe di trovatori asiatici appartengono i Dhoad, musicisti,
poeti, artisti di strada e incantatori di serpenti,
che incarnano fedelmente la più autentica tradizione gitana. Il gruppo è composto da cinque
musicisti, una ballerina e un fachiro. Gli strumenti sono tabla e dholak (tamburo orizzontale a due pelli), harmonium, voce, castagnette.
Per loro la musica è un’arte che si trasmette di
padre in figlio da generazioni, mentre lo spettacolo è una dimensione sospesa tra sogno e
realtà dove il ritmo incalzante delle percussioni,
eleva il canto a preghiera e la danza a rappresentazione mitologica. La dimensione magica è
poi enfatizzata dalla presenza del fachiro che
introduce momenti acrobatici col fuoco e giochi
di equilibrio e destrezza. La sonorità dei Dhoad
rappresenta una combinazione unica di cultura
indiana, araba e gitana, ed è influenzata non
Amrat Hussain / tabla, voce
Sanjay Khan / castagnette, harmonium
Babu Khan / voce
Rafiq Mohd / voce
Barkat / dholak
Munshi / fachiro
Laxmi Sapera / ballerina sapera
solo dalle tradizioni del Rajasthan ma anche dal
canto spirituale qawwali (legato alla mistica del
sufismo pakistano e resa famosa nel mondo dal
grandissimo NusratFateh Ali Khan) tradotto in
forme più popolari. Il gruppo ha raggiunto fama
mondiale partecipando a prestigiosi festival
come Womad e Sfinks, suonando nell’ambito
dei Giochi Olimpici di Atene e recentemente
per il neopresidente francese F. Hollande. Il
direttore artistico Rahis Bharti è noto anche in
Italia per le collaborazioni con Mario Tronco e
L’Orchestra di Piazza Vittorio. Due CD pubblicati “The Dhoad Gypsies from Rajasthan” (ARC
2005) e “Roots Travellers”(2010 Harmonia
Mundi).
Nel magico
mondo
della musica
nomade
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DHOAD
I GITANI DEL
RAJASTHAN
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INDIA
ITINERARI
FOLK
2012 - XXV EDIZIONE
)RON'HILQLWLYRLQGG
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