30-33_int_Soslo_58 I 3-05-2011 15:58 Pagina 30 N T E R V I S TA SOSLO Eloquio della lentezza CLAUDIO CHIANURA Proprio così, eloquio della lentezza… Infatti quante cose ha da dirci il passo lento che d’improvviso sconvolge la nostra fretta quotidiana? A volte sembra proprio che una consapevole decelerazione riesca a raccontarci molto più di una corsa forsennata. Dunque, la lentezza paga, eccome. Ed è così anche nella musica, devono aver pensato i due protagonisti di questo inatteso progetto sonoro denominato Soslo. Ne parliamo con gli interessati, Sergio Messina, storica firma della nostra rivista, ma soprattutto musicista, dj, produttore eterodosso, e Painè Cuadrelli, dj, produttore e sound designer, entrambi docenti del corso di Sound Design allo IED di Milano,, che dopo un primo lavoro intitolato semplicemente Soslo hanno ora pubblicato il INSOUND 30 loro secondo album, intitolato Adagio e basato su autorevoli remix del primo lavoro. E non è finita qui… IS - Cominciamo dal nome del progetto? Cuadrelli - Se il cinema ha lo "slow-mo" (slow motion), il nostro progetto è "slow-so" (slow-sound), o meglio Soslo. Il concetto è: musica lentissima realizzata in maniera rapida. E lieve, senza enfasi. IS - Un po’ per cultura e un po’ per motivi generazionali, siamo di quelli che vogliono sempre vedere cosa c’è dietro, non ci accontentiamo di veder correre il meccanismo. Com’è nata quest’idea e perché? 30-33_int_Soslo_58 3-05-2011 15:58 Pagina 31 Messina - Personalmente, appena ho avuto il mio primo registratore Revox ho subito iniziato ad ascoltare musica utilizzando il varyspeed e al contrario, selezionando i frammenti che mi sembravano sensati e trasmettendoli per radio. Più avanti, arrivarono i campionatori e diventò possibile, a seconda di quanta memoria avevi, campionare un pezzo di musica e ascoltarlo molte volte più lento. Il mio secondo album, uscito a nome Buddha Stick, è interamente basato su campionamenti di cose iperrallentate allo scopo di sprigionare la musica solitamente imprigionata dentro le frequenze che normalmente non sentiamo. Ancora più tardi troviamo due software, Metasynth che converte le immagini in suoni, ma soprattutto ThOnk_0+2, per il vecchio Mac OS 9, a sintesi granulare che richiedeva un input ma non dava alcun controllo sull’output. La chiave di tutte queste operazioni è la stessa di Gesang der Junglinge di Stockhausen. Non che lui manipolasse il materiale, ma sceglieva: questo sì, questo no. Lavorava con un tecnico che produceva delle soluzioni e Stockhausen componeva approvandole. Il primo disco di Soslo è composto di allungamenti fatti con vari tipi di software, con algoritmi di stretching meravigliosi, che consentono di modificare la musica con un controllo più o meno ampio sul risultato, ma soprattutto consentendo di lavorare come lavorano i musicisti di musica elettronica. Non c’è più separazione fra orecchio e mente. Io sono il primo spettatore delle mie cose e anche il compositore. La persona che dice: questo sì, questo no. Abbiamo preso tonnellate di musica… Dentro a questo diso c’è il break di Charlie Parker in “Night in Tunisia”, solo che non si riconosce più perché è stato dilatato. È un disco di scelte, di quello che secondo noi ha un senso musicale, all’interno di una grande quantità di cose che apparentemente non ne aveva. La cosa prodigiosa è che non siamo intervenuti in alcun modo sulla composizione, in certi casi solo sul suono quando si sono verificate frequenze troppo aspre o troppo basse e quindi abbiamo inserito una equalizzazione. E questo risultato piace ai musicisti e non è mai esistito che un software producesse musica che piace ai musicisti. La musica di procedimento è interessante per la mente, ma non per le orecchie. Questa è una musica di procedimento che risulta molto affascinante. Qualcuno l’ha definita “una musica che rende epiche le azioni della vita quotidiana”. IS - Come avviene la realizzazione? Messina - Ciascuno di noi si sottopone a diverse decine di ore di ascolto di materiali prodotti in diversi modi e fa una preselezione. Poi ci incontriamo e la selezione finale viene fatta molto rapidamente, anche in un giorno solo, selezionando le tracce che secondo noi sono quelle giuste. IS - Avete già in partenza un’idea di quale materiale risulterà più o meno adatto, immagino. Messina - Questo dipende molto dai tuoi gusti, altra cosa interessante di questo tipo di lavoro. Perché se scegli una musica con uno sviluppo armonico ricco, complesso, il risultato sarà comunque armonicamente molto mosso. Mentre se usi del blues, se usi materiale modale, il risultato risulterà più uniforme. Io sono un grande amante della musica come “luogo” e il fatto che una musica non abbia sviluppo armonico è per me molto attraente. Mi piace il blues, mi piace Stimmung di Stockhausen… Se invece ci metti dentro Stravinskij, l’effetto sarà molto stravinskijano… Immagina di prendere Stravinskij e allungarlo, stirarlo: ogni micropunto dell’elastico diventa più largo, più lungo… Trenta secondi di Stravinskij possono doventare trenta minuti. IS - Che rapporto di durata usate di solito tra l’originale e il risultato finale? Cuadrelli - I miei pezzi di solito sono basati su brani più lunghi. A volte viene allungato un intero brano, di cui poi selezioniamo un parte più breve. Diciamo in un rapporto di uno a dieci. Messina - Anch’io posso utilizzare un rapporto di durata simile, ma ne utilizzo magari solo venti secondi. Prendo una scheggia e la faccio diventare magari un pezzo di sei minuti. Perché a me piacciono le cose più ferme. Sto lavorando a una versione del Lohengrin che dura quindici giorni. Perché si può! Solo perché si può. Per me questa è anche un’esperienza di ascolto e saper ascoltare è la prima qualità per un musicista. In questo caso è tendenzialmente l’unica. IS - Dal punto di vista ritmico, invece, cosa succede al materiale? Cuadrelli - Ci piace meno lavorare sulle cose ritmiche. Intanto perché non suonano altrettanto bene. Magari senza la batteria… Abbiamo notato che la qualità narrativa di questa musica, che secondo noi è molto forte, viene fuori meglio se si usano delle cose meno ritmiche, meno cicliche. Naturalmente gli algoritmi nei nuovi software offrono diverse possibilità in fase di stretching. IS - Sulla scelta dei diversi registri siete invece un poco più liberi, immagino. Messina - Tendenzialmente cerchiamo di non toccare il pitch, perché ci piace l’idea che rimanga l’odore del pezzo originario. Painè è un dj, io ho una storia di maneggiamenti di musica, iniziando come dj radiofonico e poi lavorando molto coi campionatori… Quindi c’è anche l’idea di introdurre della musica che appartenga alle nostre vicende personali. IS - Questo genere di manipolazione è qualcosa con cui anche altri lavorano, no? Oggi il software ha molto potenziato queste possibilità. Messina - Avrei potuto realizzare un mio disco di musica al contrario già negli anni Ottanta. E lavorando col mio primo campionatore, un Mirage, ottenevo dei risultati indesiderati di cui ho tenuto spesso più tracce di quante non ne abbia tenute nel caso di risultati desiderati. Poi il campionatore si è rotto e andava in automatico la funzione sample and hold. Così ho registrato e tenuto quelle registrazioni. Painè e io siamo emtrambi molto affascinati dall’evento inatteso. Lo stretching in fondo è una forma molto controllata di evento inatteso. Non sappiamo mai cosa verrà fuori esattamente. Tutta la nostra perizia sta nella scelta. E qui mi sento dentro una tradizione che va indietro almeno di cento anni… IS - In fondo spesso oggi la musica è soprattutto una questione di scelte, più che di composizione, no? Quando si dice che tutto è già stato fatto, e c’è poi il lavoro dei dj, dei remix… Messina - Io dico che se uno è un buon chirurgo c’è il caso che sappia anche rammendarsi i calzini. Se uno è un musicista, c’è il caso che sia un ascoltatore migliore. Che ab- INSOUND 31 30-33_int_Soslo_58 I 3-05-2011 15:58 Pagina 32 N T E R V I S TA bia buone orecchie. A partire da uno dei generi discografici più spregevoli, la cosiddetta compilation, l’idea che un musicista possa fare qualcosa di più che semplicemente suonare, utilizzando le stesse abilità di musicista, mi sembra un’idea molto interessante. IS - A che tipo di musica dobbiamo pensare prima dell’ascolto, solo leggendone su queste pagine? Alla musica elettronica? Messina - Questa è la tradizionale questione: se campioni un pigmeo è musica elettronica o musica pigmea? Il tema è lo stesso. Diciamo che si tratta di musica digitale. Musica resa possibile dal dominio digitale, in una maniera perfino più estrema della house, che in fondo potresti anche realizzare con una banda… Servirebbe un po’ di anfetamina, ma alla fine può funzionare. La nostra musica è impensabile fuori dall’ambiente digitale, fuori dal computer. IS - All’ascolto suona come musica elettronica, nel senso che non suona sempre naturale… Messina - Non c’è dubbio, ha questo flavour. Ma poi a volte ha uno sviluppo molto più simile a certe cose di Debussy. Da un punto di vista timbrico è un disco nemmeno elettronico, ma proprio digitale. Mentre da un punto di vista strutturale ha molto poco della musica digitale. E quando ci sentiamo in vena di prendere in giro qualcuno, possiamo raccontare che abbiamo composto questa musica in modi molto più curiosi. Cuadrelli - Queste cose si fanno usando tanto le mani, ma tantissimo le orecchie. In questo senso è anche musica elettronica, quella dimensione in cui il compositore è anche il primo ascoltatore. Cosa che non appartiene alla musica classica, per esempio, ma nemmeno tanto alla tradizione rock’n’roll, che devi prima suonare e poi riascoltare. IS - Volete dirci come avete scelto i musicisti coinvolti nella realizzazione del disco, quelli che hanno fatto i remix? Messina - I musicisti coinvolti sono tutti complici di vecchia data: Franco Fabbri, GX Jupitter-Larsenn, Steve Piccolo che aveva collaborato al secondo album di Painè, Scanner con cui ho collaborato la prima volta nel ‘96 a Vienna… Sono tutti vecchi sodali, ma nessuno di loro è il genere di soggetto che fa remix. Abbiamo dato a tutti la possibilità di sottrarsi, perché in fondo c’è un’idea concettuale nel disco che poteva non essere condivisa. Invece ci siamo accorti che gli altri musicisti sono stati sollecitati proprio da questa idea. Gli piaceva come funzionava, gli piaceva il suono complessivo. IS - In questo caso chi fa il remix è esattamente sullo stesso piano di chi ha “scritto” il brano originale. Messina - Esattamente. Anche sul piano strettamente burocratico, sono coautori al 50%. Sia Painè che io abbiamo lavorato abbastanza nell’industria discografica per sapere quali regole vanno sovvertite. La prima è “patti chiari amicizia lunga” e la seconda naturalmente è “il 50% di tutto”. Soprattutto su un’operazione del genere. IS - Diteci cosa succede poi con la diffusione e la distribuzione di questo materiale. Cuadrelli - Il primo disco è stato messo in download con INSOUND 32 tre possibili modalità: singoli pezzi, tutto l’album in mp3, tutto l’album con copertina stampabile in qualità cd audio. Questo album è rilasciato con una licenza CC/BY, Creative Commons By Attribution, cioè chiunque può usare questa musica, anche con uno scopo commerciale e l’unica cosa che deve fare è citarci. Questa è una questione politica per noi molto importante. Noi facciamo musica usando la musica di altri, da sempre. Messina - Painè ha fatto i suoi due meravigliosi primi dischi usando interamente frammenti di musica altrui, frammenti anche piccolissimi, e non si tratta di furto, anzi, ma di bricolage, un lavoro di montaggio e accostamenti di artisti distantissimi fra loro… Quindi ci piace molto l’idea di creare una base di musica libera e utilizzabile da chiunque. Una vera e propria library. Questo è uno dei significati più interessanti del disco, ascoltandolo si trova una grande ricchezza di suoni. Il secondo album invece è frutto di composizioni basate su questo materiale, e quindi con le persone coinvolte abbiamo deciso di distribuire il disco su iTunes, di venderlo a singole tracce, dividendo al 50% tutti i proventi. Cuadrelli - I nostri dischi sono sempre bifronti. Il primo album, Soslo, era fatto solo ed esclusivamente di musica allungata ed è in libera distribuzione. L’album gemello di cui stiamo parlando ora è il remix del precedente. Entro fine giugno uscirà il terzo lavoro, di sola musica allungata, ed entro fine settembre uscirà il quarto album fatto di remix del terzo album. Noi andiamo avanti con questa configurazione. Poi, se nel frattempo qualcuno volesse per esempio fare un’edizione limitata, lavorare sull’accoppiamento tra questa musica e le immagini, cosa che può funzionare molto bene, a quel punto possiamo immaginare anche altre forme di publishing. Si può anche immaginare un “best” dei Soslo… Però francamente sono molto contento di vivere in un tempo dove non ho più a che vedere con distributori che ti dicono che ora hanno altro da fare e quindi passiamo alla settimana prossima. IS - Passando all’ambiente nel quale avete lavorato e ai collaboratori di questo secondo disco, quali considerazioni avete fatto durante la realizzazione? Cosa gira intorno al progetto Soslo? Messina - La situazione è che ci sarebbero potenzialmente molte persone contigue fra loro e che per mille ragioni non si sono mai incrociate. Esiste una cultura delle discografie dove l’incrocio tra diverse discografie sarebbe un tema molto interessante, a mio parere. L’idea che ci siano due gradi fra Scanner e Franco Fabbri… A questo punto un solo grado, anzi, restituisce un’idea molto più realistica di come vanno le cose. Voglio dire, tutti pensano che quelli che fanno rap vadano a cena solo con quelli che fanno rap. Mentre due persone di estrazione assolutamente stradale come noi vanno a cena con Franco Fabbri, trovano moltissime cose di cui parlare, dove poi ognuno supera il proprio ambito, e così proseguirà il lavoro anche nel futuro immediato. Abbiamo l’idea di comporre gruppi di musicisti sulla base di affinità anche nascoste, ma secondo noi estremamente evidenti. Che ci siano in un disco Steve Piccolo e accanto a lui Franco Fabbri che fa dei rumorismi chitarristici sulla sua traccia, riporta a casa pezzi della nostra storia, 30-33_int_Soslo_58 3-05-2011 15:58 Pagina 33 dove io stesso sono stato un cliente dei Lounge Lizards e un cliente degli Stormy Six. Siccome queste cose convivono nella nostra testa, come nel mio stomaco convivono il peperoncino di Rossano Calabro e il wasabi, anche nello stesso pasto, allora che questo cominci a succedere nella musica mi sembra anche interessante e ci piacerebbe molto spingere in questa direzione. Naturalmente abbiamo coinvolto persone che potessero agire in maniera curiosamente complementare fra loro. Quando Steve ha proposto di fare una spoken word sono stato molto felice, innanzitutto perché ha una voce meravigliosa, e poi perché è uno che sa scrivere. Ci siamo scelti persone che potevano avvicinarsi in maniera anche sexy, molto differenziata ma poi non troppo. Infatti non a caso abbiamo Marco Zangirolami e non abbiamo il detentore del Trofeo InSound per il musicista più sovrastimato di tutti i tempi, che è Giovanni Allevi… La versione di Zangirolami si chiama “Gaas”, che sta per “Giovanni Allevi After Shave”. Zangirolami ci ha proposto un’improvvisazione per pianoforte su uno dei pezzi. Non solo ci è piaciuta molto l’idea, ma si tratta di una modalità che ci piacerebbe sviluppare con, per esempio, qualcuno dei meravigliosi jazzisti che abbiamo in Italia. Abbiamo una grande tradizione di improvvisatori, gente che però purtroppo se si sporca le mani con l’elettronica lo fa sempre in una maniera un po’ sterilizzata, un po’ troppo pulita. La cosa fantastica è che abbiamo creato un disco, il nostro primo album, che è masticabile allo stesso tempo da Coccoluto e da Han Bennink o, perché no, da Paolo Fresu che pure amiamo. A noi interessa molto questo aspetto, trascendere, osare… Andare da Franco Fabbri e chiedergli di farci un remix! Per esempio, penso all’operazione di qualche tempo fa fatta con Micalizzi e le sue musiche per film rieseguite in chiave moderna, operazione di tutt’altro segno, dove però è venuto fuori Micalizzi che dirige con i cazzotti! Dando dei pugni nell’aria! In fondo noi stiamo anche cercando di occupare uno spazio che è un peccato sia stato abbandonato. Perché non c’è mai stata una vera organica, complessa liaison tra la musica elettronica italiana e la scena dell’improvvisazione jazz? O tra la vecchia scuola di musica elettronica colta e la nuova scena elettronica, al netto di tutto lo snobismo fra le due? Forse questo è il ruolo che ti ritrovi a svolgere quando non hai più vent’anni e non appartieni più a nessuna parrocchia. In queste pagine, Painè Cuadrelli e Sergio Messina, autori del progetto Soslo. Tutte le informazioni e gli aggiornamenti si trovano all’indirizzo www.soslo.net IS - È anche vero che oggi si osa più di un tempo nelle collaborazioni fra musicisti, no? Messina - Anche grazie ad iTunes e alla distribuzione digitale. Un musicista ha molto meno da perdere. Male che vada guadagnerò meno dalla vendita di quella particolare traccia, mentre prima bisognava convincere tutta una catena di addetti ai lavori e alla produzione, una giacca vuota di discografico che ragionava per scuderie e per convenienze apparenti… INSOUND 33