Plectrum 2/2008 - Federazione Mandolinistica Italiana

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Notiziario della Federazione Mandolinistica Italiana
Periodico Trimestrale - Anno XIX - n. 2 - Giugno 2008
pagina
3
4-5-6
7-8
9
10 - 11 - 12
SOMMARIO
EDITORIALE
“CARO PLECTRUM” ci hanno scritto:
- la Federazione Mandolinistica Molisana,
- Beppe Visi
“ECLIPSIS”
CD dell’orchestra di strumenti a pizzico dell’Assia (HZO)
I SAGGI DEGLI ALLIEVI DELLA SCUOLA PROVINCIALE “GINO NERI”
di Edoardo Farina
13
ORCHESTRA MANDOLINISTICA “CITTA’ DI TORINO”
14
III ACCADEMIA INTERNAZIONALE ITALIANA DI MANDOLINO
24 - 31 Agosto 2008
15 - 16
SAGGIO ALLIEVI DELL’ORCHESTRA MARZUTTINI:
UN PROMETTENTE FUTURO
di Cristina Bisiani
17 - 18
ENSEMBLE DA CAMERA “GINO NERI”
di Edoardo farina
19 - 20 - 21 - 22
23 - 24 - 25
LIUTI, ARCILIUTI E TIORBE NELL’ICONOGRAFIA - IA PARTE
di Mariagrazia Carlone
Plectrum - Notiziario trimestrale della FMI
Autorizzazione del Tribunale di Treviso del 09.05.2005 - Reg. n. 13
ANNO XIX - n. 2 - Giugno 2008
Direttore responsabile: Michele De Luca
Redazione:
31029 Vittorio Veneto /TV - Via S. Mor, 28
tel. 0438.560860 - e-mail: [email protected]
Grafica e impaginazione: Paola Checchi
In copertina:
Thèodore Rombouts, Liutista (1620 ca.)
Philadelphia Museun of Art
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giugno 2008
EDITORIALE
L’ANGOLO CLUB (Udine)
Plectrum viene inviata ai soci FMI in regola con il pagamento
delle quote di iscrizione annuale.
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C
ari Amici
vi scrivo con una grande
emozione ancora dentro, dopo
aver salutato per l’ultima volta
Mario Dall’Acqua. Mi rendo
conto che, forse, pochi in campo
nazionale lo hanno conosciuto;
Lui
lavorava
nell’umiltà,
per il suo gruppo di Mestre,
non aveva alcun bisogno di
apparire. La sua era passione
disinteressata.
Viene
spontaneo
un
accostamento ad altre figure
altrettanto nobili e limpide
che hanno fatto grande la loro
orchestra proprio lavorando nel
silenzio e nell’umiltà. Non è poi
tanto che ci ha lasciati Arnaldo
Tegoni, del gruppo “Risveglio”
di Genova Sampierdarena e poco
prima Marcello Guermandi de
“I Mandolinisti Bolognesi” e
si potrebbe continuare perché
le orchestre devono la loro
longevità anche alla presenza
di persone come queste,
instancabili, sempre disponibili,
capaci con il loro carisma
di “tenere insieme” i vari
temperamenti che compongono
il mondo delle associazioni di
musicisti dilettanti.
E’ veramente un grande mondo
quello delle orchestre a plettro,
un mondo nel quale la musica,
svincolata da ogni forma di
interesse professionale, aiuta
a riscoprire quei valori morali
che, sentiamo, la vita attuale ci
fa perdere. Non sarà proprio un
caso che professionisti anche
eccelsi non disdegnano di
suonare nelle nostre orchestre
e sempre più, in futuro, avremo
orchestre amatoriali composte
da mandolinisti diplomati, man
mano che dai conservatori
italiani sempre più usciranno
ragazzi con il diploma.
Non la fine delle nostre
orchestre quindi ma orchestre
di livello sempre più elevato,
certo come sono che, di tanto
in tanto amche i professionisti
hann bisogno di suonare
non solo per il compenso ma
anche per propria elevazione
spirituale.
Artemisio Gavioli
“Ciao Mario”
Tracciare il profilo di
Mario Dall’Acqua, una
personalità semplice
ma ricchissima, senza
lasciarsi coinvolgere
da sentimenti di affetti
nei confronti della
sua memoria, è cosa
impossibile. Mario ha
vissuto per l’ensemble
Paolo Lorenzoni di
Mestre, per la musica
della grande tradizione,
da molti dimenticata e
spesso anche snobbata.
Mario con semplicità,
modestia e tenacia, senza
mai fermarsi un istante,
ha contribuito in maniera
determinante allo
sviluppo dell’attività ed
ai successi dell’ensemble,
fin dalla prematura
scomparsa del fondatore,
raccogliendone l’eredità
spirituale.
Ci ha trasmesso cose
importanti: la passione
disinteressata per la
musica, l’amore per lo
stare insieme, il rispetto
per le tradizioni, la
tenacia e l’instancabilità
nella ricerca di risultati
all’apparenza impossibili.
A Mario il nostro saluto
più affettuoso.
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Caro Plectrum
...atto nr. 49/08-S del 06 maggio 2008 - anno IV°
Spett. Federazione Mandolinistica Italiana
Oggetto: Galà Nazionale del Mandolino - RELAZIONE FINALE
Gent.mo Presidente
Con la realizzazione del PRIMO GALA’ NAZIONALE DEL MANDOLINO tenutosi nei
giorni di 24 ed 25 aprile scorsi, la Federazione Mandolinistica Molisana, costola della Federazione
Mandolinistica Italiana, si è ufficialmente presentata con l’intento di farsi interprete delle molteplici
istanze che provengono dalla società e che esprimono gli innumerevoli cambiamenti sempre più rapidi e talvolta radicali che caratterizzano e caratterizzeranno la società del terzo millennio.
La manifestazione si è articolata in due diversi momenti tra di loro coordinati. In primo
piano c’è stato il concerto dell’Orchestra Mandolinistica “G. Neri” di Ferrara presso il Teatro Savoia
di Campobasso (25 aprile), che ha riscosso enorme successo di pubblico e di critica e, da corollario,
una mostra di strumenti a plettro di diversa provenienza e caratteristiche con un incontro/lezione
sul mandolino e sulla sua liuteria, che ha ricevuto una nota di merito dal Provveditorato agli Studi,
per “...l’alta valenza didattica e culturale.” (24 aprile).
La scelta di coinvolgere l’Istituto Comprensivo - Scuola Media - di Ripalimosani nel progetto nazionale, non è ricaduta a caso perchè in questo centro opera il Circolo Musicale “P. Mascagni”
ONLUS. Esso nasce nel 1980 dalla passione dei ripesi per la musica a plettro, tipicamente riprodotta
da mandolini e chitarre. Tale genere di musica ha radici antiche nella cultura musicale dei ripesi in
quanto il mandolino è stato importato dai funai che si recavano a Napoli, città del mandolino per antonomasia, per acquistare la materia prima della quale si servivano per tessere le loro funi: in Molise
Ripalimosani ne era il centro propulsore. Dal 1980 ad oggi questa Associazione ha visto dapprima
la creazione al suo interno di una scuola per l’insegnamento del mandolino e della chitarra classica
(corredate dai corsi di teoria, grammatica musicale, storia della musica, canto corale e pianoforte
complementare) e successivamente l’istituzione di un ensamble stabile composto prevalentemente
da strumenti a plettro, quale logica prosecuzione dell’attività di studio intrapresa all’interno della
Scuola.
Presso il citato Istituto Scolastico, come innanzi accennato, è stata realizzata una mostra
di strumenti della famiglia del plettro in cui è stato anche esposto un mandolino dell’ultima generazione al fine di evidenziare l’evoluzione che questo strumento ha avuto nel corso dei secoli. Inoltre,
con la preziosa collaborazione del M° Gabriele Pandini, Liutaio in Ferrara, è avvenuto un incontro,
di circa due ore, con le classi della Scuola Media in cui è stato mostrato e spiegato come nasce un
mandolino ed un “quartetto” .
All’interno di questo percorso, ed in particolare nel corso dell’incontro sulla liuteria,
alcuni giovanissimi allievi mandolinisti hanno eseguito dei brani per musica a plettro. La maestrìa
del M° PANDINI ha catturato l’attenzione del giovane pubblico che è rimasto curiosamente e, meravigliosamente, attento per più di due ore.
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Caro Plectrum
Il messaggio è stato quello di infondere la tutela della tradizione musicale italiana attraverso la sua divulgazione e di ridare dignità al mandolino facendolo conoscere al grande pubblico
con tutte le potenzialità di cui dispone.
L’invocazione rivolta a tutti gli Enti, i quali devono far sì che lo studio del mandolino
non sia più considerato un tabù, è stata quella di infondere maggior tutela ed attenzione al mondo
mandolinistico.
La proposta avanzata, invece, è stata quella di consigliare l’apprendimento di uno strumento musicale ai giovani i quali devono essere aiutati a conquistare, anche attraverso lo studio di
uno strumento a plettro, l’autonomia e la ricchezza del mondo interno e della vita di relazione, con
attenzione ai valori più elevati della persona umana, in quanto può essere un mezzo efficace per intervenire e partecipare ai cambiamenti epocali e capace di prevenire e gestire fenomeni anche degenerativi che talvolta accompagnano tali mutamenti, come per esempio il disagio giovanile, la dispersione
scolastica, l’ozio, il bullismo, la tossicodipendenza.
RINGRAZIAMENTI
In primo luogo l’Orchestra “G. Neri” di Ferrara che ha risposto all’invito con unanime slancio.
Al Suo Direttore, il M° Stefano Squarzina, che ha saputo catturare il numeroso pubblico intervenuto
rimasto in religioso silenzio fino alla fine del concerto e che è esploso solo alla fine per osannarlo a
plebiscito.
All’amico Gabriele PANDINI che, sin dal primo giorno che ci siamo incontrati in una mattina umida
in quel di Vittorio Veneto nel lontano 2000, ha riposto in noi la fiducia che solo un grande ideale
comune può offrire e garantire: l’amore per la musica e per il mandolino: un vero e proprio colpo di
fulmine.
All’alacre Riccardo Magri, soprannominato da noi “RIC”, che ha saputo essere un ottimo interlocutore culturale.
Al dott. Artemisio GAVIOLI, che dall’alto della Sua saggezza è sempre pronto, disponibile e provvido di preziosissimi consigli.
Al Circolo Musicale “P. Mascagni” onlus, oramai considerato “il vivaio centrale (dell’Italia) “ del
mandolino.
Al nostro Webmaster, sempre attento e vigile agli accadimenti nazionali (e non solo) che ha saputo
tempestivamente valorizzare il progetto.
Agli Enti ed a tutti gli amici del mandolino che hanno creduto e dato fiducia al progetto ed al sottoscritto.
CONCLUSIONI
Mettere la musica a plettro al servizio della società significa attribuirgli un ruolo di nuova concezione,
che si differenzia dalla musica intesa unicamente come spettacolo, come didattica e come ricerca di
un idolo a tutti i costi.
Essa consiste nel rivalutare i valori che sono da sempre alla base dell’insegnamento della musica, ma
che in un mondo esasperato della globalizzazione e basato su princìpi economici sono spesso dimenticati.
Sede legale in 86025 Ripalimosani (CB) - Via Borgo Tossignano, 96
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Caro Plectrum
“Eclissi......simboleggia il nascondere ma ancora di più il manifestarsi, il
diventare visibile, del dettaglio altrimenti spesso non percepito.”
“Eclipsis”
CD dell’orchestra di
strumenti
a pizzico dell’Assia (HZO)
“Q
uello con l’eclisse solare
proprio lì davanti!”
Chi prende in mano per la prima volta questo nuovissimo
CD, può rimanere sorpreso dalla
sua struttura perfetta: copertina
espressiva e al contempo semplice, un’ottima unione tra grafica, luce, colore e testo bilingue,
scritto in maniera precisa e scorrevole.
Eclissi, così spiega
l’autrice Stefanie
Rauch, simboleggia il nascondere
ma ancora di più
il manifestarsi, il
diventare visibile,
del dettaglio altrimenti spesso non
percepito. Il grafico si sente vincolato a tutto ciò:
invece di un eventuale noiosa foto di
gruppo in formato
mini qui troviamo
esattamente la visualizzazione di
molti dettagli che
normalmente non percepiamo
o percepiamo solo raramente:
ingrandimenti di miniature, cercate e trovate nei vari strumenti
musicali. Un lavoro veramente
riuscito!
Nella parte esterna della copertina compare per ben quattro volte il nome di Oliver Kälberer, di-
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rettore artistico dell’Orchestra a
plettro dell’Essen (HZO), carica
che ricopre dal 2002. Una certa
aspettativa, dopo un tale lasso di
tempo, non viene delusa: con Lui
l’orchestra ha sviluppato il programma già presentato nel 2005
ed ha saputo inciderlo nel momento migliore. Senza dubbio
creativamente in un individuale
mondo di suoni, i contrasti di
quel paese. Contemporaneamente affascina la vita che emerge – molto appropriata la scelta
per l’inizio del CD – con la sua
velocissima costruzione e la sua
Kälberer unisce stilisticamente
Rinascimento e 20°/21° secolo.
“Vishnu – Times of Struggle” è
la terza parte di Indischer Zyklus
composto da Oliver Kälberer fra
il 1992 ed il 1995 e porta la testimonianza delle impressioni che
Kälberer potè raccogliere in India. Lì, dopo svariati viaggi, arricchisce le sue idee e trasforma
esplosione ad un Nulla verso
nuovi inizi, il senso dell’eterno
ritorno. Le sonorità comprendono anche la percussione (Moritz
Weissinger e Thomas Sauerborn)
e vi sono pressoché tutte le sfaccettature che un orchestra dovrebbe riuscire ad interpretare.
Quindi il compositore svedese
Olof Näslund, affronta in cinque
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L’angolo Club
“...il risultato è
un programma
emozionante ,
avvincente
e divertente
da ascoltare...”
brevi capitoli, con “Tänkeplatsen”, la figura culto dell’orsetto Winnie the
Pooh: semplici melodie con
personaggi simili a quelli di
Orff, dedicate forse agli ascoltatori più giovani che con queste
immagini suggestive e grazie alla
loro fantasia spesso hanno più
da dire degli ascoltatori adulti. A
suo modo Näslund arriva, sicuramente più vicino al contenuto
originario delle storie dell’orsetto del 1930, di quanto non abbia
fatto l’operazione commerciale
della Disney.
“La notte del Principe” è ispirato alla vita ed alla sofferenza di
Gesualdo da Venosa (1566-1613).
La prima sezione porta il titolo
Eclissi- eclissi solare – e rappresenta un processo di oscurità - in
definitiva rivelante dettagli - sia
nella vita quotidiana che nella
musica che spesso elude la percezione. Questa parola dà il titolo
a tutto il CD e suggerisce un filo
conduttore comune attraverso
l’opera intera. Nella seconda parte si svolge una rielaborazione
del “Tenebrae factae sunt…” dal
Responsorio di Gesualdo (“C’era
l’oscurità quando gli ebrei crocifissero Gesù…”).
Pienamente soddisfatti rimangono gli amici della musica romantica per orchestra col “Preludio
Sinfonico” di Ugo Bottacchiari:
reminescenze di arie italiane e di
poemi sinfonici nello stile di Sibe-
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L’Orchestra Marzuttini
chiude l’Angolo Club
lius.
L’estensione timbrica dell’orchestra viene portata ai limiti delle
sue possibilità e nello stesso tempo la struttura delle voci di mezzo, mandola e mandoloncello,
aggiunge un’ulteriore dimensione di suono al processo musicale.
Bottacchiari acquisì questo stile
di scrittura dal suo maestro Pietro Mascagni.
Ad un primo sguardo può sembrare insolito ed anche irritante
adattare il Preludio e Fuga BWV
867 di Johan Sebastian Bach ad
un’orchestra a plettro. Questo
esperimento, tuttavia, apre sorprendenti possibilità, sia per gli
esecutori che per gli ascoltatori
di “sentire” la musica. E non solo
per le interazioni di una ensemble di grandi dimensioni, necessaria per interpretare adeguatamente la musica di Bach ideata
per uno strumento a tastiera ma
anche per la variabilità interpretativa resa possibile dalle molte
combinazioni di colori di suoni.
Finita il 1° Dicembre 1983 la Dance Suite N°2 op. 21 fu composta
da Takashi Kubota su commissione dell’orchestra Sophia Mandolino dell’università di Sophia
che eseguì la prima performance
del pezzo nello stesso anno. Nel
Novembre 1999 così scrisse il
compositore su questa musica:
“contrariamente alla Dance Suite
N°1, composta durante i miei studi in Germania che prevede come
organico mandolino, mandola,
chitarra e basso qui ho aggiunto
il mandoloncello e vari strumenti
a percussione per creare maggior
ricchezza di colori e diversità di
espressione. Sento che l’influenza ed il fascino delle varie forme di musica e di danza che ho
incontrato in Europa e specialmente della musica folk dei Paesi
dell’Est, si rifletta fortemente in
questo lavoro”.
La HZO (Hessian State Plucked
String Orchestra) è stata fondata
nel 1969 ed è stata la prima orchestra regionale della BDZ., ideata
come luogo per ulteriore perfezionamento e “vetrina” per questo genere musicale. Una delle
migliori orchestre tedesche che si
è già messa in evidenza nel 2006
al concorso BDZ a Trossingen.
L’incisione documenta un’interpretazione musicale di grande effetto, nella quale gli innumerevoli dettagli di suono, articolazione,
dinamica, assegnazione delle
parti evidenziano un complesso
musicale qualitativamente pregiato e di grande personalità.
Contatto:
[email protected]
Udine. Per l’ultima puntata
sulla piccola-grande pedana
dell’Angolo Club ha preso posto
una delegazione dell’Orchestra
a plettro Titta Marzuttini che
proponeva una rappresentanza per
ogni strumento.
Il primo applauso é dedicato
all’orchestra, che ha voluto
festeggiare con un nuovo disco i
120 anni di attività. Per ricordare
il fondatore Giovanni Battista
Marzuttini (1863 – 1943) l’orchestra
apre con la mazurca Di stella in
stella scritta dallo stesso maestro.
Si prosegue con i brani tratti
dall’ultimo cd, Landler di Kert
Schwaen, l’accentata di ritmo
sudamericano Rumba di Dieter
Kreidler, quindi il celebre The
Entertainer di Scott Joplin e ancora
la dolcissima aria di Dreamtime di
Anette Kuisbring, il coraggioso e
L’Angolo Club è uno “spazio” che L’Angolo della Musica ( un negozio di dischi a Udine) offre a gruppi di vario genere per esibirsi in
un piccolo concerto per il lancio delle ultime incisioni.
E’ un’importante vetrina cittadina.
divertente Zeffiro di
Vincenzo Chessi. Si
chiude con un brano
dell’indimenticabile
Angelo Prenna,
Nostalgia vesuviana:
nell’interpretazione
esplode tutta la
solarità della musica
partenopea. Sul
palco Andrea Miola,
Raffaele, Lorenzo,
Martina, Adriano,
Massimo, Rudi,
Andrea, Maurizio
e Francesco si
compiacciono degli
applausi del pubblico,
per l’occasione tutti in piedi,
L’applauso va esteso anche agli
orchestrali non presenti, ma
sicuramente meritevoli di quella
riconoscenza artistica, verso chi,
dilettante e quindi appassionato,
riesce a far sopravvivere questa
istituzione che dà lustro al Friuli.
Nel finale un piccolo bilancio del
terzo anno dell’Angolo Club, in cui
un emozionato Moreno ringrazia a
nome di tutto lo staff dell’Angolo
della Musica, i direttori artistici
Rocco Burtone, Alberto Zeppieri e
Luisa Sello e gli amici di sempre,
Riccardo, Cinzia e Nicola.
La Marzuttini
presenta il cd
Messagero Veneto
sabato 26 aprile 2008
Udine. Oggi, all’Angolo della
Musica di Udine, l’orchestra
Marzuttini presenterà
ufficialmente il cd del 120°
anno di fondazione. La
registrazione è avvenuta in
castello il 25 Novembre 2006
ed è completamente “dal
vivo” in quanto si è deciso di
lasciare il documento sonoro
inalterato. Nell’occasione
l’’orchestra aveva richiamato
nelle sue file anche ex
orchestrali ancora in
attività. La Marzuttini che si
presenterà all’Angolo Club
sarà chiaramente ridotta per
evidenti motivi logistici e
suonerà senza direttore.
Questo straordinario gruppo
che rappresenta una delle più
antiche formazioni a plettro
d’Europa, è stata fondata a
Udine nel 1886 e conta una
ricchissima attività concertistica
in Italia ed all’estero. Tra i più
importanti eventi ricordiamo il primo
posto al Concorso Internazionale
“Città di Brescia” nel 1969, il primo
premio al Concorso Internazionale
di Kerkrade (Olanda) nel 1978,
il secondo premio al Festival di
Falkenstein (Germania) nel 1985 e
2000, le tre Rassegne Internazionali
di musica mandolinistica tenutesi
a Udine nel 1979, nel 1981 e nel
1983. E nel 1986 venne celebrato con
un’ulteriore rassegna concertistica
il centenario della fondazione
dell’Orchestra. Attualmente è
composta da una trentina di elementi
suddivisi in cinque classi strumentali
ed è attualmente diretta dal M°
Piergiorgio Caschetto.
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L’orchestra degli allievi:
ottima esperienza di musica d’insieme
I Saggi degli allievi della Scuola Provinciale “Gino Neri”
di Edoardo Farina
L
a chiusura delle scuole di
musica, normalmente coincide con i saggi degli iscritti e ovviamente anche la “Gino Neri”
non fa eccezione. Un anno di lavoro ha visibilmente portato a risultati lusinghieri allievi giovani
e meno giovani, che nel pomeriggio del 7 giugno alle ore 16,30
presso il chiostro della Basilica di
S. Giorgio, hanno offerto la possibilità di ascoltare le loro performance supportati dai maestri,
(tutti componenti dell’Orchestra
Gino Neri) suonando, per molti,
nell’ambito del primo concerto
ufficiale.
Il programma, assai ricco e variegato, ha visto attiva per quanto
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concerne gli insegnanti, la classe
di mandolino di Michelangelo
Giovannini (primo mandolino
presso la “Gino Neri”) ove si
sono esibite le sue allieve Virginia Piccoli, Miriam Zaniboni, poi
Antonio De Rosa ed Elena Marchi.
Ancora la classe di mandolino, attraverso l’insegnamento
di Olga Popadyuk, ha offerto le
interpretazioni a plettro di Luca
Venturini, Vincenzo Mozzanti, Benedetta Piermattei, Bruno
Carlini.
Quindi, l’ Ensemble “Musica
Viva” formato dagli stessi allievi
con l’aggiunta di alcuni percussionisti della Scuola Cosmè Tura
e ancora dagli insegnanti Olga
Popadyuk, Elisabetta Vincenzi,
Riccardo Magri, Andrea Melchiori, impegnato in una originale “Fantasia napoletana”.
Poi i maestri Riccardo MAGRI e
Michelangelo GANDINI, presenti sul palco attraverso Paola Bordoni, Andrea Zavattini, Nicola
Codecà, Silvia Baltatu, Giovanni
Baroni, per seguire la classe di
Silvia Marcolongo maestro del
corso di canto, con i tenori del primo anno Paolo Bonora,
Luca Manfroi, Gianni
Pasetti nell’esecuzione
tra l’altro della celebre
aria di Andrea Bocelli
“Con te partirò”, quindi i più avanzati ai corsi
superiori, Luca Califfi e
Paolo Piermattei.
L’insegnante di chitarra
Carlo Corazza ha presentato le allieve Rosa
Codecà, Paola Cuneo
e Carlotta Braga in un
duetto ottocentesco di J.
Kuffner, mentre Massimo Peratello, Mauro Pivanti e Stefano Giudici
si sono alternati in variegate formazioni.
Dario Silvestri, poliedrico ed eclettico chitarrista della
“Gino Neri”, non ha mancato di
offrire la possibilità ai suoi allievi
di allietarci con autori della Scuola Napoletana del ‘700, primo fra
tutti Ferdinando Carulli, eseguito
niente meno che in trio chitarristico insieme a Marco Andreotti
e Riccardo Ferrari, per terminare
con “Is there anybody out there”
dei… Pink Floyd” quindi un virtuoso pezzo interpretato in duo,
“Guitar
Boogie
Shuffle” di S. Einarsson.
L’orchestra degli
allievi, diretta da
Olga Popadyuk
da anni costituisce
senza alcun dubbio un punto di
forza ed orgoglio
della “Gino Neri”,
anche per il semplice fatto che nel
tempo i migliori
esecutori saranno
candidati ad entrare nello storico
organico ferrarese, trattandosi sin da ora di un’
ottima esperienza ove sperimentare il fare musica d’insieme. Nel
frattempo, l’insieme è stato composto da giovani debuttanti
ma anche da parecchi componenti della stessa “Gino Neri”
quali elementi
di supporto e
completamento.
Nei mandolini
sempre: Miriam
Zaniboni, Virginia Piccoli, Marco Artioli, Paola Farina , Carla
Alberti, Riccardo Magri, Barbara
Maini; Chitarre: Rosa Codecà,
Antonella Visin, Federica Zago,
Filippo Stefanoni, Carlo Corazza, Dario Silvestri; Mandola: Fe-
derico Periotto; Mandoloncello:
Matteo Malucelli; Basso a plettro:
Andrea Melchiori, il tutto per
eseguire le divertentissime “Vier
National Tanze” di K. Swaen e
la “Sinfonia in Sol maggiore” di
G.B. Gervasio.
Nella giornata successiva di domenica 8 giugno alle ore 21.00,
sempre
presso il chiostro di
S.Giorgio, si è conclusa la kermesse
attraverso l’arrangiamento del repertorio moderno,
di
fondamentale
importanza
anche nell’ambito di
un’istituzione pluricentenaria quale
la Gino Neri, presente a Ferrara in
questo 2008 da ben
centodieci
anni.
Corsi istituiti recentemente, hanno
dato e danno tuttora la possibilità di fare musica anche ai ragazzi
non propriamente motivati verso
la “classica”, situazione impensabile in passato ma oggi in essere
presso numerosi istituti di formazione italiani.
In questi ultimi anni , infatti la
Scuola ha iniziato un procedimento connesso ad una revisione
e ad un graduale aggiornamento
dei programmi didattici, dettato dall’esigenza di mantenere la
preparazione degli allievi costantemente in sintonia con i cambiamenti di repertorio dell’Orchestra
stessa, nonché alla necessità di
un progressivo adeguamento alle
esperienze acquisite nel tempo.
Molto importante è soprattutto il
lavoro svolto nell’ambito del corso di Esercitazioni Orchestrali, in
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...”incontri con lo strumento”
e lezioni-concerto...
Orchestra Mandolinistica “Città di Torino”
relazione alla ricerca e allo studio
di musiche plettristiche originali,
secondo le indicazioni della Federazione Mandolinistica Regionale
e di quella nazionale, con le quali
la Scuola intrattiene un prezioso
rapporto di collaborazione, così
come con le altre Scuole di Strumenti a Plettro della Provincia, in
particolare quella di Codigoro e di Cento.
Questo secondo e ultimo concerto è stato
quindi affidato alla
Chitarra di Dario Silvestri, Basso: Mirko
Palanchini,
Tastiere:
Paolo Girelli, Batteria:
Lorenzo Belletati, per
accompagnare Fabrizio
Zanetti, Annarita Felisatti, Giulia Schiavina,
Maria Cristina Caterina, Valentina Piccinini,
Valeria Gasparini, Elisa
Impagnatiello, nell’interpretazione soprattutto dei grandi cantautori
della canzone italiana
degli anni ’70 da De
André a Patty Pravo passando
egregiamente per il rock and roll
degli anni d’oro di Elvis Presley.
Una menzione speciale merita,
infine, il profondo impegno, sempre dimostrato dalla Scuola, oggi
sotto l’eccellente direzione della
prof.ssa Lia Conforti supportata
dal segretario Riccardo Magri,
nel diffondere la conoscenza de-
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giugno 2008
gli Strumenti a Plettro, della loro
tradizione e del loro repertorio,
con la promozione di iniziative
rivolte alla cittadinanza e, in primo luogo, ai bambini, sotto forma di “Incontri con lo strumento” e lezioni-concerto, tenuti annualmente presso le elementari e
medie della provincia.
La Scuola Provinciale di Ferrara fu
fondata nel 1928 presso il Circolo
“Regina Margherita” ed intitolata a
Gino Neri, dopo la scomparsa dell’illustre Maestro (1930).
Sin dall’epoca della sua fondazione,
si è proposta di costituire principalmente il “vivaio” dell’omonima
Orchestra a Plettro, cui è tuttora
strettamente collegata. Grazie alla
sua attività essa si è inoltre sempre
distinta come una delle presenze più
significative nel panorama culturale
della città e dell’intera Provincia.
Nel 1971 l’Amministrazione Provinciale di Ferrara ne ha riconosciuto l’importante servizio sociale, deliberando di assumerne il patrocinio
e stanziando un contributo annuo a
favore del suo funzionamento. Grazie
a tale sensibilità, in questi ultimi tre
decenni la Scuola ha conosciuto un
notevole sviluppo, realizzatosi con la
creazione di nuovi corsi, il prolungamento della durata media di quelli
già esistenti, l’istituzione del “perfezionamento”, la crescita numerica
degli allievi iscritti.
L’
Orchestra mandolinistica
“Città di Torino” è stata
fondata nel 1973 da un gruppo
di appassionati ed è regolarmente registrata come Associazione
senza fine di lucro dal 1981.
Obiettivo dell’orchestra è il mantenimento della cultura degli
strumenti musicali a plettro; per
Il repertorio, molto vasto, comprende trascrizioni di brani classici, parti di opere e operette,
raccolte di famose arie popolari e
tradizionali nonché composizioni
originali per strumenti a plettro.
La maggior parte dei giovani orchestrali proviene dalla scuola
interna, tenuta da alcuni componenti che da anni si dedicano
all’insegnamento.
Dirige l’orchestra il Maestro
Remo Barnava
L’orchestra ha inciso un cd e 3
cassette, acquistabili solo ai con-
questo organizza annualmente a
Torino una Rassegna Mandolinistica e svolge una continua attività concertistica, spesso dedicata a scopi benefici (concerti per
anziani, per comunità di cura,
per raccolta di fondi a sostegno
di cause umanitarie).
L’organico è costituito da oltre 30
strumentisti suddivisi nelle sezioni:
Mandolini primi
Mandolini secondi
Mandole
Chitarre e contrabbasso
Flauto e percussioni
certi.
Da qualche anno è iscritta alla
Federazione Mandolinistica Italiana (FMI).
13
giugno 2008
III Accademia Internazionale Italiana di Mandolino
24 - 31 Agosto 2008
C
di Cristina Bisiani
arlo Aonzo e i suoi collaboratori invitano tutti i mandolinisti interessati, esperti e principianti, ad una indimenticabile
vacanza musicale, full-immersion
nelle emozionanti sonorità della
musica mandolinistica.
L’Accademia Internazionale Italiana di Mandolino annuncia la
III edizione del corso di mandolino diretto da Carlo Aonzo, presentandosi in una nuova veste e
con tante novità.
L’Accademia 2008 si terrà nella
Svizzera italiana, Canton Ticino,
nelle colline che sovrastano il
Lago di Lugano, in un incantevole albergo-villaggio vacanze immerso in 100.000 mq di parco.
Oltre che dall’areoporto locale, il
luogo è facilmente raggiungibile
dagli scali di Milano Malpensa
e Linate. Carlo Aonzo, mandolinista di fama internazionale ed
ideatore dell’Accademia, da anni
diffonde la tradizione del mandolino italiano.
Proprio durante i suoi innumerevoli viaggi è nata la richiesta dei
mandolinisti di tutto il mondo di
partecipare ad una settimana di
approfondimento musicale nella
terra di origine di questo strumento. Le prime due edizioni si
sono tenute a Savona, città natale
di Aonzo e promotrice della tradizione musicale a pizzico ligure.
Nasce ora l’esigenza di scoprire
altri luoghi e terre con una lunga
14
giugno 2008
Saggio allievi dell’Orchestra Marzuttini:
un promettente futuro.
P
e consolidata tradizione mandolinistica: il Ticino e’ luogo chiave
per la storia di questo strumento.
IL CORSO DARA’ VITA AD
UNA SETTIMANA MUSICALE UNICA NEL SUO GENERE,
RICCA DI SCAMBI CULTURALI
E MUSICALI, IN UNA REGIONE CHE SAPRÀ ACCOGLIERE
CON MOLTO CALORE I PROTAGONISTI DI QUESTO EVENTO.
L’Accademia è aperta a mandolinisti di tutti i livelli, dai principianti che non hanno mai suonato ai musicisti esperti. Lo studio
del mandolino verrà affiancato a
varie manifestazioni e proposte
culturali.
È prevista, con un numero minimo di 10 partecipanti, l’organizzazione di un corso di chitarra
(M° Katsumi Nagaoka) e di un
corso di introduzione alla liuteria mandolinistica (M° Valentino
Natolini), per la costruzione del
mandolino napoletano.
L’offerta è comprensiva, oltre che
del corso di musica con le manifestazioni previste, anche di
alloggio con pensione completa.
La tariffa di base parte da 1050.SFr.
Per informazioni contattare:
email [email protected]
www.myspace.com
omeriggio
di
festa, sabato 17
maggio, nella Sala
del III Circolo Didattico di Udine
(gentilmente concessa per l’occasione): protagonisti gli
allievi del Corso di
mandolino dell’Orchestra Tita Marzuttini di Udine.
Quello che era stato
annunciato come un
“Saggio musicale”
si è ben presto rivelato un Concerto di un gruppo di
giovani e giovanissimi, che formavano una vera orchestra.
Dopo alcune parole di saluto del
Vice-Presidente Freschi, una ventina di ragazze e ragazzi, ciascu-
no col proprio mandolino, si sono
accomodati ai loro posti. Alle loro
spalle anche alcuni collaboratori
(due chitarristi, un violoncellista
ed una giovanissima arpista).
Il pubblico è rimasto subito col-
pito dalla serietà, dall’attenzione
e dalla concentrazione che questi ragazzi han dimostrato fin
dall’inizio. Il loro sguardo non si
distraeva per cercare qualche parente fra il pubblico, ma era catturato dal loro insegnante nonché Direttore di questa orchestra
giovanile, Andrea Miola. Egli ha
brevemente presentato ogni brano fornendo alcune precisazioni
in merito al percorso didattico
affrontato ed alle scelte del repertorio, in funzione delle caratteristiche musicali e delle peculiarità dei brani stessi.
Interessante e varia la scelta
del programma, che ha proposto inizialmente musiche con
diverse dinamiche in sequenze
ritornellate o caratterizzate da
incontri simultanei tra suoni in
un discorso musicalmente si-
15
giugno 2008
Ensemble da Camera “Gino Neri”
gnificante nell’arrangiamento di
David Brooker.
Poi c’è stato quel canone “classico” che è “Fra’ Martino”, a tre
parti distinte, eseguito dai soli
mandolini.
Un delicato assolo di arpa ha
quindi introdotto un brano di
musica popolare cinese, dalle sonorità tipicamente orientali, che
ben si esprimevano nel pizzico
dei plettri.
In seguito alcuni dei giovani
mandolinisti
(per
eseguire “Quasi un
rock”) hanno
… rinunciato al
loro strumento, dedicandosi
alle percussioni, dal woodblock al tamburo, dal triangolo al rullante ed
al glockenspiel:
ne è risultata
una variazione
timbrica
dell’insieme
con un arricchimento ritmico, sottolineato da
una scansione particolarmente
precisa e puntuale del bongo.
Si è tornati quindi ad un repertorio popolare, di ampio respiro
sia geografico che temporale,
16
giugno 2008
dal “Lieber Augustine” della
tradizione austriaca del XVIII a
quella russa del XIX secolo, con
una trascinante “Kalinka”, in cui
i giovani esecutori hanno potuto
dar sfogo ad un “accelerando”
vissuto con particolare intensità,
per passare infine ad un gradevole ricordo Disneyano degli
anni ’60 tratto dalla colonna sonora del film “Mary Poppins”.
di Edoardo Farina
parazione (I, II e III) per ciascun
livello. Il Presidente ha ricordato
che tre fra i ragazzi presenti già
frequentano le prove dell’Orchestra (in attività da ben 122 anni),
auspicando che altri possano presto seguirne le orme, per la loro
soddisfazione personale ed anche per dare nuova linfa all’Orchestra.
ppuntamento domenica 3
febbraio alle h. 16,30 presso
la sala d’onore attigua ai chiostri
del Rione S.Benedetto – C.so Porta Po, 81/a nell’ambito della Stagione Cameristica invernale del
Doveroso un particolare elogio
ad Andrea Miola, per l’impegno,
la passione e l’entusiasmo con cui
si è dedicato a questi ragazzi.
Circolo Culturale “Amici della
Musica G.Frescobaldi” di Ferrara, con il concerto dell’ “Ensemble
da Camera Gino Neri” diretto dal
M. Stefano Squarzina, formazione nata nel 1997 in seno all’omonimo prestigioso complesso a
plettro ferrarese rappresentando l’emanazione stessa della
grande orchestra, ma con intenti
A
nella programmazione musicale
del tutto diversi da quest’ultima;
infatti, se da una parte la realizzazione maggiore si propone di
divulgare il repertorio lirico sinfonico più tradizionale, dall’altra
il gruppo cameristico tende a valorizzare il repertorio di musiche
nella programmazione di rassegne di musica da camera, proponendo, come nel concerto in oggetto, autori dal periodo barocco
ai contemporanei.
originali per strumenti a plettro,
con particolare interesse ai compositori del XX secolo.
diritto, archi e cembalo RV98 “La
Tempesta di Mare” di Antonio
Vivaldi, dove in qualità di solista vi è stata l’interpretazione al
flauto diritto da parte dello stesso direttore dell’ensemble e in
questo caso concertatore, Stefano
Squarzina.
Ad apertura di programma il
Concerto in Fa magg. per flauto
Prima dell’ultimo brano in pro-
gramma, il Presidente dell’Orchestra Marzuttini, dr. Rudy Del
Fabbro, ha consegnato i diplomi
di partecipazione a tutti gli allievi, a seconda del livello tecnico
(principiante, intermedio e avanzato) e del diverso grado di pre-
Se il buongiorno si vede dal mattino, . . .
Costituito da circa venti strumentisti divisi nelle sezioni di mandolini, mandole, mandoloncelli,
chitarre e contrabbasso ad arco,
l’organico dell’Ensemble trova
quindi la sua collocazione ideale
La Suite scritta dal maestro della
17
giugno 2008
piccola Gino Neri, “Piccolo Mondo Antico”, successivamente in
programma, nei tempi Intrada,
Corteggio delle dame, Balletto,
Canto dello innamorato, Finale,
vuole rivelarsi opera a carattere
rinascimentale
appositamente
non filologica, omaggio di Squarzina alla città di Ferrara ove ha
vissuto e studiato oboe presso il
Conservatorio G.Frescobaldi.
Di ben altro genere appare “Finlandia Suite” di Hermann Ambrosius (1897, 1983) compositore tedesco tra i primi ad avere
scritto per strumentazione originale abbandonando le trascrizioni e quindi il repertorio che
ha caratterizzato per quasi tutto
il Novecento parti non originali
utilizzate per mandolini ed affini.
Ambrosius si rivela estroso ed interessante nonché poliedrico nel
produrre pagine ispirate con gusto e intelligenza ai moderni stilemi tonali, creando in tal modo
un vivace punto d’incontro tra
la musica tradizionale ed etnica
spesso dedicata al nord Europa.
Della compositrice chitarrista
olandese vivente Annette Kruisbrink, (1958) “Dreamtime”
rappresenta quanto nell’ambito
del genere “Avanguardia 80” si
possono ottenere effetti speciali
realizzabili anche nel mondo degli strumenti a plettro. Dal tono
iniziale particolarmente melodico fatto di arpeggi multipli per
quattro chitarre, il seguito di Dre-
18
giugno 2008
Liuti, arciliuti e tiorbe nell’iconografia - Ia Parte
di Mariagrazia Carlone
te ricca, e, di solito,
questo strumento è
l crescente interesse per la mu- facilmente riconosica antica, nel corso del Nove- scibile. Dalla fine
cento, ha stimolato la produzione del Cinquecento in
di una sempre più ampia varietà poi, però, spesso
di strumenti storicamente ispi- troviamo immagirati. I liutisti, in particolare, si ni di strumenti che,
sono accorti che per coprire in- senz’altro, apparteramente il loro repertorio non tengono alla famiera appropriato utilizzare uno glia del liuto, ma
strumento generico, ma invece che se ne discostano
diversi modelli specifici; ed i liu- per diversi aspetti,
tai hanno dovuto riscoprire come tanto che non sapcostruirli, cosa non semplice, per piamo esattamenla mancanza di continuità di una te che cosa siano
tradizione liutaria e per la rarità e come chiamarli:
di liuti antichi conservati nello “arciliuti”, “tiorbe”,
stato originario1. Le fonti icono- “chitarroni”, o “liuFig. 1 - Johannes de Campis, dettaglio dalla Incoronazione
grafiche si sono rivelate di grande ti tiorbati”, o ancodella Vergine (1476) a Boccioleto, fraz. Oro.
aiuto; anzi, talvolta esse costitui- ra - semplicemente
chiesa di San Pantaleone
scono la sola testimonianza rima- - “liuti”?
geografici, o per errore o anche
sta di come fossero fatti certi tipi Può darsi poi che abdi strumento2. In effetti, l’icono- biamo sentito termini come “liuto per puro caso: non c’è da meravigrafia del liuto è particolarmen- francese”, “liuto inglese”, “tiorba gliarsi che una simile situazione
tedesca” e così via, ma caotica generi confusione anche
non è sempre chiaro oggi. Dunque, che fare?
che cosa essi signifi- Trattando queste immagini, talchino esattamente: gli volta si sono seguiti due opposti
studiosi moderni sono approcci:
spesso in disaccordo. I) semplificare: chiamare tutti
Neppure le fonti an- questi strumenti “liuti” e basta,
tiche ci chiariscono le senza distinzioni; 2) cercare di
idee, perché tipi di- determinare, tra tutti i nomi posversi di liuti a volte sibili, quale si adatti alla specifica
ricevevano lo stesso immagine e, se nessuno sembra
nome e, viceversa, andar bene, inventarne uno nuonomi diversi si pote- vo (magari “liuto di fantasia”).
vano applicare a uno Non pare necessario, però, cadestesso strumento, a re in questi due estremi. Si può,
seconda
di preferenze invece, con un ragionevole comFig. 2- Bartolomeo Montagna. dettaglio da Madonna in
individuali, di contesti promesso, distinguere alcuni
trono con Santi (1498), Milano, Pinacoteca di Brera
I
Hermann Ambrosius
amtime appare subito dissonante
ricorrendo ad antiche tecniche
esecutive oramai tramontate ma
ancora assai interessanti, quali
“percuotere sul piano armonico ed eseguire lo slap con lieve
strappo di corde”, oppure suonare alternativamente nel cavigliere
all’altezza delle meccaniche… il
tutto per tornare al tema iniziale
lasciando una traccia indelebile
legata a sonorità enigmatiche e
consequenziali.
Kruisbrink
Il termine del concerto è stato affidato ad uno dei brani sicuramente più divertenti editi per strumenti a plettro, la “Suite Mexicana” di Eduardo Angulo, (1954
Puebla, Mexico) mirabile opera
stilisticamente assai emblematica
di una possibile impostazione del
rapporto tra musica colta e popolare. Armonicamente in grado
di dettare le leggi dell’organizzazione musicale determinando
un tipo di repertorio folklorico
in una sorta di antologia geograficamente esaustiva dell’America
Latina, impone buon dinamismo
con i tempi “Jarabe Colimeno
- Serenata - Huapango Criollo Vals - Polka”.
19
giugno 2008
Fig. 4 - Théodore Rombouts, liutista (1620 ca.)
Philadelphoa Museum of Art
Fig. 3 - Theodore Rombouts, dettaglio da I musici (1616-25 ca.)
Spencer Museum of Arts at the University of Kansas.
“tipi” principali di liuti facilmente riconoscibili nelle fonti iconografiche, pur lasciando aperta la
possibilità di trovare definizioni più precise quando possibile.
Quel che segue, dunque, è una
proposta per una classificazione
puramente “iconografica” dei
principali generi di liuti europei
dal Cinquecento fino alla fine
del Settecento, quando la gloriosa storia di questo strumento
conobbe una battuta d’arresto3.
L’accordatura, una delle principali caratteristiche che effettivamente permettono di distinguere
i diversi tipi di liuto, di solito non
è verificabile nelle fonti iconografiche; quindi ci si dovrà basare su
altri elementi, puramente visuali.
La nostra non sarà un’esposizione esaustiva della storia del liuto
20
giugno 2008
europeo, che prenderemo in considerazione soltanto per quanto
potrà servire ad una classificazione iconografica.
Per diversi secoli il liuto europeo
mantenne sostanzialmente le caratteristiche del liuto arabo (‘ud =
“legno”), che era stato introdotto
principalmente attraverso la Spagna e la Sicilia4. Probabilmente
la cassa di questo strumento era
ricavata da un unico blocco di
legno, con poca o nessuna separazione visibile tra corpo e manico. Durante il Quattrocento,
gradualmente si preferì un altro
tipo di costruzione, assemblando
più doghe per ottenere un corpo
chiaramente distinto dal manico5.
(Contemporaneamente, i liutisti
a poco a poco smisero di usare
il plettro, trasformando il liuto
in uno strumento polifonico6,
ed inoltre inventarono vari tipi
di intavolatura, che a loro volta
permisero la sopravvivenza di
una parte del repertorio)7. E’ da
questo momento che un vero liuto “europeo”può essere distinto
dalla varietà araba (ed orientale),
dando luogo ad una prima grande biforcazione:
A) liuti senza una chiara distinzione tra manico e cassa [figura
n. 1];
B) liuti con una netta distinzione
tra manico e cassa.
Il tipico liuto cinquecentesco era
di questo secondo tipo. Nella sua
forma più semplice,”ordinaria”,
le sue caratteristiche (a parte l’accordatura) sono le seguenti:
manico ben distinto dalla cassa;
guscio formato da un numero variabile di doghe; cavigliere a “paletta” tipicamente piegato all’indietro, con un singolo capotasto e
piroli laterali; un ponticello singolo, che funziona anche come cordiera, fissato alla tavola armonica; corde di lunghezza uniforme,
raggruppate in cori (solitamente
due corde per ogni coro tranne il
primo, che spesso è singolo); tasti
in budello legati lungo il manico;
uno o più fori armonici, di solito
una “rosa” intagliata.
Il liuto “ordinario” fu usato in
Europa dal Quattrocento fino
all’inizio del Settecento. Durante
questo periodo subì una serie di
trasformazioni significative. Alcuni modelli si diffusero ampiamente e si possono riconoscere
facilmente nelle fonti iconografiche. Un profilo “a pera” [figura n.
2] fu tipico di strumenti costruiti
durante la prima metà del Cinquecento da diverse generazioni
di liutai tedeschi, che per lo più
venivano da Füssen e si stabilirono a Venezia, Padova o Bologna.
Uno dei più rinomati fra loro fu
Laux Maler8, che lavorò a Bologna
e la cui fama gli sopravvisse per
più di cent’anni9. Quando morì
nel 1552, fu redatto un inventario
della sua bottega: l’elenco comprende non meno di 998 liuti finiti e 127 in costruzione, nonché
più di mille tavole armoniche già
lavorate10. Una produzione così
enorme (certamente non limitata
a questa sola bottega)11 testimonia
chiaramente l’ampia diffusione
del liuto, ben oltre la cerchia dei
professionisti o dei nobili dilettanti. I liuti creati da Laux Maler
e dai suoi discendenti furono tesaurizzati da musicisti e collezionisti in tutta Europa12. Questi liuti
“bolognesi” avevano una forma
allungata, con spalle spioventi e
il guscio formato di poche larghe
doghe (solitamente 7 o 9); in origine avevano 6 o 7 cori.
Un altro stile di costruzione di
grande successo fu sviluppato
verso la fine del Cinquecento, ancora da liutai tedeschi, operanti
specialmente a Venezia e Padova
(come i Tieffenbrucker e Wendelio Venere). Questo modello aveva una tavola armonica più larga,
spalle tondeggianti e un guscio
più profondo fatto con molte do-
ghe sottili (più di 15, e fino a 51
; spesso erano di tasso bicolore),
e la sezione della cassa era leggermente appiattita13. [figura n.
3] Il nuovo stile di costruzione
fu favorito specialmente in Italia,
mentre per tutto il Seicento i vecchi liuti bolognesi a “pera” continuarono ad essere apprezzati a
nord delle Alpi; lì furono spesso
trasformati, per accontentare le
mutate esigenze dei musicisti.
Questo spiega come mai, benché
un certo numero di liuti di Maler
sia sopravvissuto, nessuno si trovi più nel suo stato originale.
Alessandro Piccinini, compositore e virtuoso bolognese vissuto
tra il 1566 e il 1638, fu testimone
della straordinaria incetta di liuti di Maler ad opera dei liutisti
francesi:
“Già molti anni sono che in Bo-
logna, si facevano liuti di bontà
molto eccelenti ò fosse l’esser fatti di forma lunga à similitudine
di pera, ò fosse l’haver le coste
larghe, che l’uno fa dolce, e l’altro armonioso; basta che, per la
lor bontà erano molto stimati, &
in particolare da i francesi, i quali
son venuti à posta a Bologna, per
portarne in Francia pagandoli
tutto quello che era loro domandato, talche pochissimi hora se ne
trovano14.
Il suono particolarmente chiaro
e uniforme dei liuti bolognesi infatti era perfetto per il nuovo stile
musicale francese; però, i manici
originali dovevano essere allargati e allungati, perché ora erano
necessari 10 cori. Il processo di
trasformazione spesso includeva
l’aggiunta di una apposita scatola porta-pirolo, applicata sopra
21
giugno 2008
Fig. 5 - Francois de Troy,
dettaglio dal Ritratto
di Charles Mouton (1690).
Paris, Louvre
alla parte “acuta” del cavigliere e
usata per ospitare la prima corda,
la chanterelle; essa in più offriva
il vantaggio di ridurre l’angolo
d’incidenza tra il capotasto e la
corda più sottile e fragile dello
strumento, allungandone la vita.
Questa scatola extra si vede in
molti dipinti.[ figura n. 4]
Verso la metà del Seicento, al
liuto “ordinario” fu aggiunto un
undicesimo coro. Di nuovo, poiché i musicisti preferiscono usare
i vecchi, preziosi strumenti (come
quelli prodotti in Italia più di un
secolo prima), si dovettero trovare nuove soluzioni per aggiungere nuove corde ad un modello
preesistente. Così, una delle due
corde del secondo coro fu eliminata, ed il suo pirolo (insieme a
quello liberatosi grazie all’aggiunta della scatola porta-pirolo),
fu reso disponibile per la nuova
sistemazione delle corde. Talvol-
22
giugno 2008
ta, poi, il capotasto era allungato
dalla parte dei bassi, per ospitare le corde dell’undicesimo coro,
che in tal modo restava fuori dalla tastiera, rendendo così inutile
sostituire il manico con uno più
largo. Bisogna ammettere che
questo dettaglio si distingue raramente nelle fonti iconografiche;
come esempio, possiamo citare
lo splendido ritratto di Charles
Mouton dipinto da Francois de
Troy nel 1690. [figura n. 5]. Il liuto
a 11 cori si diffuse specialmente
in Francia e nei Paesi tedeschi per
circa 80 anni, fino al 1720 circa e
talvolta perfino oltre. Lo si può
paragonare al sei cori italiano del
sedicesimo secolo per longevità,
ampia diffusione e per l’importanza del suo repertorio specifico.
Nonostante le sue nuove caratteristiche e l’aggiunta dei cori, comunque, fondamentalmente esso
rientra ancora nella nostra definizione di liuto “ordinario”. Non si
può dire altrettanto per un’ampia
varietà di nuovi strumenti che si
stavano sviluppando nel frattempo, in risposta — come sempre —
a nuove esigenze musicali. I liuti
erano sempre stati costruiti in taglie diverse, come documentano
le fonti iconografiche, gli inventari e gli strumenti sopravvissuti.
Durante il Cinquecento, famiglie
di liuti — dal piccolo soprano al
grande contrabbasso — erano comunemente costruiti e collezionati15. Nel 1566, l’inventario della
collezione di Raymond Fugger,
un ricco banchiere amburghe-
se, elenca non meno di 141 liuti
di sette diverse taglie, per lo più
raggruppati in famiglie16. I liuti
bassi e contrabbassi, però, ponevano un problema acustico. Le
corde ricoperte, inventate verso
la metà del Seicento, probabilmente non furono usate sul liuto
neppure dopo quella data17. I bassi del liuto erano di budello, ed
essendo corti, dovevano essere
molto spessi: il loro suono perciò
era povero di armonici. Questo
problema si poneva ogni volta
che si aggiungevano corde basse a liuti piccoli, per ampliarne
l’estensione. Stando a Vincenzo
Galilei, ”quelle corde sotto il Basso
[del liuto] che hormai usar si vedono
da ciascuno che suona tal strumento,
[...] Dio sa quanto & come le si odono [...] mediante la debilità del suono
loro”18.
Perciò, liutisti e liutai cercarono il
modo di allungare le corde basse, in modo che potessero essere
più sottili e produrre un suono
migliore.
Un progetto sperimentale ebbe
luogo nel 1595 a Padova, seguendo le direttive di Alessandro Piccinini: “essendo io l’anno
MDLXXXXIIII al servigio del serenissimo Duca di Ferrara, andai
a Padova alla bottega di Christofano Heberle, principalissimo
Liutaro, e li feci fare per prova
un Liuto di corpo così longo, che
serviva di tratta de i contrabassi,
& haveva due scanelli molto lontani, uno da l’altro...” 19.
Fig. 6 - “Liuto Lungo”
Vienna, Kunstihistorisches Museum
Questo liuto, che al liutaio
parve, non a torto, molto
“stravagante”, aveva un
secondo ponticello-cordiera per le lunghe corde dei
bassi, e di conseguenza, la
lunghezza della cassa fu
quasi raddoppiata. [figura
n. 6] Sfortunatamente, fu
un completo fallimento;
infatti, continua Piccinini,
”riuscì di poca voce, perchè non si potevano toccare i contrabassi appresso
lo scanello.” Per ottenere
un buon suono da una
corda, essa va pizzicata
vicino al ponticello, e non,
come invece accadeva per
i bassi di questo “liuto lungo”, a metà della loro lunghezza. Ecco perchè ne fu
costruito un solo esemplare20. Ciononostante, esso
in nuce comprendeva un
importante, nuovo concetto, destinato a più fruttuosi nuovi sviluppi: infatti i
“contrabbassi” erano fissati, in alto, ad un piccolo
prolungamento del manico, con capotasto separato da quello principale. Si
può così scorgere una nuova biforcazione dell’albero
evolutivo del liuto:
B1) liuti “ordinari” con un
solo capotasto;
B2) liuti con due o più capotasti.
Note
Questo articolo è una versione variata, e
con diverso corredo iconografico, rispetto a quello da me pubblicato in Music
in Art - International Journal for Music
Iconography Vol. XXX/I-2 (2005).
1
A questo proposito, cfr. Prynne I 96 I
: 20 e Saffle 1975: 26, 32.
2
Naturalmente è sempre necessaria
molta cautela, poiché le fonti iconografiche possono mancare di realismo
nel mostrare gli strumenti musicali.
In questo articolo, si darà per scontato che la verosimiglianza delle immagini, per quanto concerne i dettagli
organologici, sia già stata appurata
dall’iconografo.
3
Non si prenderanno in considerazione qui i liuti arabi, orientali, nonché
quelli europei precedenti il Rinascimento. Per i liuti medievali europei
cfr. in particolare Young 2000; vedi
anche Smith 2002: 7-61.
4
Smith 2002: 16-26 (con ulteriore bibliografia) e, in particolare, Gonzales
1999 (per la Spagna) e Gramit 1985:
6-17 (per la Sicilia).
5
Questo modello esisteva già prima
del Quattrocento. Ad esempio, in un
trattato arabo trecentesco, è disegnato accuratamente un ud con corpo e
manico chiaramente distinti (Oxford,
Bodleian Library, Ms. Marsh 521, ca.
1333- 1334, fol 157v. Gramit 1985: Fig.
8.); in un affresco trecentesco (Vercelli,
Basilica di Sant’Andrea, tomba dell’Abate
Tommaso Gallo; ripr. in Carlone 1995, fig.
101) un angelo suona un liuto a quattro
cori, che presenta tale netta distinzione.
Tuttavia, in entrambi i casi, essendo i
due liuti visti di fronte, non possiamo affermare con assoluta sicurezza
se il fondo fosse fatto con doghe separate oppure no.
6
La pratica di suonare musica polifonica sul liuto usando le dita invece del plettro sembrava innovativa
a Johannes Tinctoris nei primi anni
23
giugno 2008
‘80 del Quattrocento. Secondo Young
2000, comunque, ”Polyphonic playing can, in fact, be achieved with a
combination of plectrum and fingers,
or with plectrum alone [...] the most
reasonable assumption is that for
the fifteenth century and possibly
for the last quarter of the fourteenth,
`plectrum polyphony’, normally on
a fretted lute, was possible and was
practiced.” Non è chiaro su quali testimonianze Young basi le sue affermazioni, a parte la sua esperienza personale
di musicista. L’iconografia mostra liutisti
che utilizzano le dita a partire dall’ultimo
quarto del Quattrocento.
7
I primi esempi superstiti di intavolature per liuto pare siano stati scritti
in Germania intorno al 1470-75 (Tischler 1974), benché un manoscritto
francese del quattordicesimo secolo
potrebbe averne un esempio precoce
(Page I 981).Apparentemente, qualcosa di simile a un’intavolatura era
già stato creato per lo `ud nell’ottavo
secolo (Smith 2002: 11 ).
8
Cfr., soprattutto, Prynne 1963. Vedi
anche Hellwig 1974: 22-23 e fig. 1, e
per un contributo più recente, Smith
2002: 62-69 (con aggiornamento bibliografico).
9
Thomas Mace scriveva nel 1676:
”sappi che un liuto vecchio è migliore
di uno nuovo [...] il nome [di liutaio]
che stimiamo maggiormente, è Laux
Maller, [...] di cui io ho visto due liuti (cose pietosamente vecchie, rotte e
malmesse) valutati 100 sterline l’uno.
Il signor Gootier, il famoso liutista
del suo tempo, me ne mostrò uno,
che il re aveva pagato 100 sterline”
(Mace 1676:48).
10
Prynne (1963: 19-20) ha calcolato
che la bottega di Maler probabilmente produsse, negli anni, circa 4000 liuti.
11
Altri inventari, con numeri solo
leggermente più piccoli, confermano la rilevante produzione di liuti.
24
giugno 2008
Per citare un esempio di liutaio di
fama molto minore rispetto a Laux
Maler, la bottega di Jean Desmoulins conteneva 14 tiorbe, 249 liuti e 59
chitarre alla sua morte nel 1648 (Lay
1996, che cita Massip n.d.).
12
Cfr. Mace, citato nella nota n. 9.
13
Vedi, ad es., Hellwig 1974, Lundberg 1992: 219-221 e figura 3 e Smith
2002:69-78 (con bibliografia). Smith
(2002: 70) nota che un precedente di
questo modello si vede in un disegno
di Albrecht Durer, Angelo con liuto
(1497) (Berlin Kupferstichkabinett);
comunque in questo disegno, benché il
profilo della tavola armonica sia effettivamente molto simile a quelli costruiti
verso la fine del Cinquecento, il guscio
non è visibile, per cui non sappiamo
quante fossero le doghe. Sulla famiglia
Tieffenbrucker, vedi Ongaro 1991.
14
Piccinini 1623: 5.
15
Vedi Lundberg 1992: 222-226 e Tavola 2.
16
Vedi Schaal 1964 e Smith 1980. La
collezione di Fugger comprendeva
“kleines Leitle (Leuttlin)”, “Diskantle”, “Discant”, “Camer Lautten”,”
Tenor”,”Bass”,”Contrabass (grosse
Lautten)”.Anche Michael Praetorius, nel Sintagma Musicum, Il: De
Organographia (Wolfenbiittel 1618),
prevede sette taglie di “Recht Chorist
oder Alt Laute”,”Tenor Laute”,”Bass
laute” e “Gross Octav Bass Laut”.
17
Ancora nel 1676 Thomas Mace, nella sua ampia dissertazione sul liuto
e sull’arte di suonarlo, non nomina
mai questo genere di corde; in effetti, se fossero state utilizzate sul liuto, non avrebbe avuto senso l’invenzione di tanti complicati metodi per
allungare le corde basse, ancora nel
corso del diciottesimo secolo.
18
Galilei 1584: 102, 105.
19
Piccinini 1623: 8. Come è stato
notato da Orlando Cristoforetti, la
costruzione del liuto “lungo” ebbe
luogo nel 1595, come dimostra una
lettera dello stesso Piccinini; vedi
Cristoforetti 1983.
20
Il solo strumento superstite, molto
probabilmente lo stesso che fu fatto
per Piccinini, si conserva a Vienna,
Kunsthistorisches Museum (il suo
profilo è riprodotto in Hellwig 1981:
453).
da “Liuteria Musica Cultura”
0rgano ufficiale dell’Associazione
Liutaria Italiana
N.1/2008
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25
giugno 2008
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