Notiziario della Federazione Mandolinistica Italiana Periodico Trimestrale - Anno XIX - n. 2 - Giugno 2008 pagina 3 4-5-6 7-8 9 10 - 11 - 12 SOMMARIO EDITORIALE “CARO PLECTRUM” ci hanno scritto: - la Federazione Mandolinistica Molisana, - Beppe Visi “ECLIPSIS” CD dell’orchestra di strumenti a pizzico dell’Assia (HZO) I SAGGI DEGLI ALLIEVI DELLA SCUOLA PROVINCIALE “GINO NERI” di Edoardo Farina 13 ORCHESTRA MANDOLINISTICA “CITTA’ DI TORINO” 14 III ACCADEMIA INTERNAZIONALE ITALIANA DI MANDOLINO 24 - 31 Agosto 2008 15 - 16 SAGGIO ALLIEVI DELL’ORCHESTRA MARZUTTINI: UN PROMETTENTE FUTURO di Cristina Bisiani 17 - 18 ENSEMBLE DA CAMERA “GINO NERI” di Edoardo farina 19 - 20 - 21 - 22 23 - 24 - 25 LIUTI, ARCILIUTI E TIORBE NELL’ICONOGRAFIA - IA PARTE di Mariagrazia Carlone Plectrum - Notiziario trimestrale della FMI Autorizzazione del Tribunale di Treviso del 09.05.2005 - Reg. n. 13 ANNO XIX - n. 2 - Giugno 2008 Direttore responsabile: Michele De Luca Redazione: 31029 Vittorio Veneto /TV - Via S. Mor, 28 tel. 0438.560860 - e-mail: [email protected] Grafica e impaginazione: Paola Checchi In copertina: Thèodore Rombouts, Liutista (1620 ca.) Philadelphia Museun of Art 2 giugno 2008 EDITORIALE L’ANGOLO CLUB (Udine) Plectrum viene inviata ai soci FMI in regola con il pagamento delle quote di iscrizione annuale. Soci individuali euro 15,00 Soci collettivi euro 100,00 Versamento su ccp 37243722 intestato a: FMI - Via S. Mor, 28 - 31029 Vittorio Veneto /TV C ari Amici vi scrivo con una grande emozione ancora dentro, dopo aver salutato per l’ultima volta Mario Dall’Acqua. Mi rendo conto che, forse, pochi in campo nazionale lo hanno conosciuto; Lui lavorava nell’umiltà, per il suo gruppo di Mestre, non aveva alcun bisogno di apparire. La sua era passione disinteressata. Viene spontaneo un accostamento ad altre figure altrettanto nobili e limpide che hanno fatto grande la loro orchestra proprio lavorando nel silenzio e nell’umiltà. Non è poi tanto che ci ha lasciati Arnaldo Tegoni, del gruppo “Risveglio” di Genova Sampierdarena e poco prima Marcello Guermandi de “I Mandolinisti Bolognesi” e si potrebbe continuare perché le orchestre devono la loro longevità anche alla presenza di persone come queste, instancabili, sempre disponibili, capaci con il loro carisma di “tenere insieme” i vari temperamenti che compongono il mondo delle associazioni di musicisti dilettanti. E’ veramente un grande mondo quello delle orchestre a plettro, un mondo nel quale la musica, svincolata da ogni forma di interesse professionale, aiuta a riscoprire quei valori morali che, sentiamo, la vita attuale ci fa perdere. Non sarà proprio un caso che professionisti anche eccelsi non disdegnano di suonare nelle nostre orchestre e sempre più, in futuro, avremo orchestre amatoriali composte da mandolinisti diplomati, man mano che dai conservatori italiani sempre più usciranno ragazzi con il diploma. Non la fine delle nostre orchestre quindi ma orchestre di livello sempre più elevato, certo come sono che, di tanto in tanto amche i professionisti hann bisogno di suonare non solo per il compenso ma anche per propria elevazione spirituale. Artemisio Gavioli “Ciao Mario” Tracciare il profilo di Mario Dall’Acqua, una personalità semplice ma ricchissima, senza lasciarsi coinvolgere da sentimenti di affetti nei confronti della sua memoria, è cosa impossibile. Mario ha vissuto per l’ensemble Paolo Lorenzoni di Mestre, per la musica della grande tradizione, da molti dimenticata e spesso anche snobbata. Mario con semplicità, modestia e tenacia, senza mai fermarsi un istante, ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo dell’attività ed ai successi dell’ensemble, fin dalla prematura scomparsa del fondatore, raccogliendone l’eredità spirituale. Ci ha trasmesso cose importanti: la passione disinteressata per la musica, l’amore per lo stare insieme, il rispetto per le tradizioni, la tenacia e l’instancabilità nella ricerca di risultati all’apparenza impossibili. A Mario il nostro saluto più affettuoso. 3 giugno 2008 Caro Plectrum ...atto nr. 49/08-S del 06 maggio 2008 - anno IV° Spett. Federazione Mandolinistica Italiana Oggetto: Galà Nazionale del Mandolino - RELAZIONE FINALE Gent.mo Presidente Con la realizzazione del PRIMO GALA’ NAZIONALE DEL MANDOLINO tenutosi nei giorni di 24 ed 25 aprile scorsi, la Federazione Mandolinistica Molisana, costola della Federazione Mandolinistica Italiana, si è ufficialmente presentata con l’intento di farsi interprete delle molteplici istanze che provengono dalla società e che esprimono gli innumerevoli cambiamenti sempre più rapidi e talvolta radicali che caratterizzano e caratterizzeranno la società del terzo millennio. La manifestazione si è articolata in due diversi momenti tra di loro coordinati. In primo piano c’è stato il concerto dell’Orchestra Mandolinistica “G. Neri” di Ferrara presso il Teatro Savoia di Campobasso (25 aprile), che ha riscosso enorme successo di pubblico e di critica e, da corollario, una mostra di strumenti a plettro di diversa provenienza e caratteristiche con un incontro/lezione sul mandolino e sulla sua liuteria, che ha ricevuto una nota di merito dal Provveditorato agli Studi, per “...l’alta valenza didattica e culturale.” (24 aprile). La scelta di coinvolgere l’Istituto Comprensivo - Scuola Media - di Ripalimosani nel progetto nazionale, non è ricaduta a caso perchè in questo centro opera il Circolo Musicale “P. Mascagni” ONLUS. Esso nasce nel 1980 dalla passione dei ripesi per la musica a plettro, tipicamente riprodotta da mandolini e chitarre. Tale genere di musica ha radici antiche nella cultura musicale dei ripesi in quanto il mandolino è stato importato dai funai che si recavano a Napoli, città del mandolino per antonomasia, per acquistare la materia prima della quale si servivano per tessere le loro funi: in Molise Ripalimosani ne era il centro propulsore. Dal 1980 ad oggi questa Associazione ha visto dapprima la creazione al suo interno di una scuola per l’insegnamento del mandolino e della chitarra classica (corredate dai corsi di teoria, grammatica musicale, storia della musica, canto corale e pianoforte complementare) e successivamente l’istituzione di un ensamble stabile composto prevalentemente da strumenti a plettro, quale logica prosecuzione dell’attività di studio intrapresa all’interno della Scuola. Presso il citato Istituto Scolastico, come innanzi accennato, è stata realizzata una mostra di strumenti della famiglia del plettro in cui è stato anche esposto un mandolino dell’ultima generazione al fine di evidenziare l’evoluzione che questo strumento ha avuto nel corso dei secoli. Inoltre, con la preziosa collaborazione del M° Gabriele Pandini, Liutaio in Ferrara, è avvenuto un incontro, di circa due ore, con le classi della Scuola Media in cui è stato mostrato e spiegato come nasce un mandolino ed un “quartetto” . All’interno di questo percorso, ed in particolare nel corso dell’incontro sulla liuteria, alcuni giovanissimi allievi mandolinisti hanno eseguito dei brani per musica a plettro. La maestrìa del M° PANDINI ha catturato l’attenzione del giovane pubblico che è rimasto curiosamente e, meravigliosamente, attento per più di due ore. 4 giugno 2008 Caro Plectrum Il messaggio è stato quello di infondere la tutela della tradizione musicale italiana attraverso la sua divulgazione e di ridare dignità al mandolino facendolo conoscere al grande pubblico con tutte le potenzialità di cui dispone. L’invocazione rivolta a tutti gli Enti, i quali devono far sì che lo studio del mandolino non sia più considerato un tabù, è stata quella di infondere maggior tutela ed attenzione al mondo mandolinistico. La proposta avanzata, invece, è stata quella di consigliare l’apprendimento di uno strumento musicale ai giovani i quali devono essere aiutati a conquistare, anche attraverso lo studio di uno strumento a plettro, l’autonomia e la ricchezza del mondo interno e della vita di relazione, con attenzione ai valori più elevati della persona umana, in quanto può essere un mezzo efficace per intervenire e partecipare ai cambiamenti epocali e capace di prevenire e gestire fenomeni anche degenerativi che talvolta accompagnano tali mutamenti, come per esempio il disagio giovanile, la dispersione scolastica, l’ozio, il bullismo, la tossicodipendenza. RINGRAZIAMENTI In primo luogo l’Orchestra “G. Neri” di Ferrara che ha risposto all’invito con unanime slancio. Al Suo Direttore, il M° Stefano Squarzina, che ha saputo catturare il numeroso pubblico intervenuto rimasto in religioso silenzio fino alla fine del concerto e che è esploso solo alla fine per osannarlo a plebiscito. All’amico Gabriele PANDINI che, sin dal primo giorno che ci siamo incontrati in una mattina umida in quel di Vittorio Veneto nel lontano 2000, ha riposto in noi la fiducia che solo un grande ideale comune può offrire e garantire: l’amore per la musica e per il mandolino: un vero e proprio colpo di fulmine. All’alacre Riccardo Magri, soprannominato da noi “RIC”, che ha saputo essere un ottimo interlocutore culturale. Al dott. Artemisio GAVIOLI, che dall’alto della Sua saggezza è sempre pronto, disponibile e provvido di preziosissimi consigli. Al Circolo Musicale “P. Mascagni” onlus, oramai considerato “il vivaio centrale (dell’Italia) “ del mandolino. Al nostro Webmaster, sempre attento e vigile agli accadimenti nazionali (e non solo) che ha saputo tempestivamente valorizzare il progetto. Agli Enti ed a tutti gli amici del mandolino che hanno creduto e dato fiducia al progetto ed al sottoscritto. CONCLUSIONI Mettere la musica a plettro al servizio della società significa attribuirgli un ruolo di nuova concezione, che si differenzia dalla musica intesa unicamente come spettacolo, come didattica e come ricerca di un idolo a tutti i costi. Essa consiste nel rivalutare i valori che sono da sempre alla base dell’insegnamento della musica, ma che in un mondo esasperato della globalizzazione e basato su princìpi economici sono spesso dimenticati. Sede legale in 86025 Ripalimosani (CB) - Via Borgo Tossignano, 96 5 giugno 2008 Caro Plectrum “Eclissi......simboleggia il nascondere ma ancora di più il manifestarsi, il diventare visibile, del dettaglio altrimenti spesso non percepito.” “Eclipsis” CD dell’orchestra di strumenti a pizzico dell’Assia (HZO) “Q uello con l’eclisse solare proprio lì davanti!” Chi prende in mano per la prima volta questo nuovissimo CD, può rimanere sorpreso dalla sua struttura perfetta: copertina espressiva e al contempo semplice, un’ottima unione tra grafica, luce, colore e testo bilingue, scritto in maniera precisa e scorrevole. Eclissi, così spiega l’autrice Stefanie Rauch, simboleggia il nascondere ma ancora di più il manifestarsi, il diventare visibile, del dettaglio altrimenti spesso non percepito. Il grafico si sente vincolato a tutto ciò: invece di un eventuale noiosa foto di gruppo in formato mini qui troviamo esattamente la visualizzazione di molti dettagli che normalmente non percepiamo o percepiamo solo raramente: ingrandimenti di miniature, cercate e trovate nei vari strumenti musicali. Un lavoro veramente riuscito! Nella parte esterna della copertina compare per ben quattro volte il nome di Oliver Kälberer, di- 6 giugno 2008 rettore artistico dell’Orchestra a plettro dell’Essen (HZO), carica che ricopre dal 2002. Una certa aspettativa, dopo un tale lasso di tempo, non viene delusa: con Lui l’orchestra ha sviluppato il programma già presentato nel 2005 ed ha saputo inciderlo nel momento migliore. Senza dubbio creativamente in un individuale mondo di suoni, i contrasti di quel paese. Contemporaneamente affascina la vita che emerge – molto appropriata la scelta per l’inizio del CD – con la sua velocissima costruzione e la sua Kälberer unisce stilisticamente Rinascimento e 20°/21° secolo. “Vishnu – Times of Struggle” è la terza parte di Indischer Zyklus composto da Oliver Kälberer fra il 1992 ed il 1995 e porta la testimonianza delle impressioni che Kälberer potè raccogliere in India. Lì, dopo svariati viaggi, arricchisce le sue idee e trasforma esplosione ad un Nulla verso nuovi inizi, il senso dell’eterno ritorno. Le sonorità comprendono anche la percussione (Moritz Weissinger e Thomas Sauerborn) e vi sono pressoché tutte le sfaccettature che un orchestra dovrebbe riuscire ad interpretare. Quindi il compositore svedese Olof Näslund, affronta in cinque 7 giugno 2008 L’angolo Club “...il risultato è un programma emozionante , avvincente e divertente da ascoltare...” brevi capitoli, con “Tänkeplatsen”, la figura culto dell’orsetto Winnie the Pooh: semplici melodie con personaggi simili a quelli di Orff, dedicate forse agli ascoltatori più giovani che con queste immagini suggestive e grazie alla loro fantasia spesso hanno più da dire degli ascoltatori adulti. A suo modo Näslund arriva, sicuramente più vicino al contenuto originario delle storie dell’orsetto del 1930, di quanto non abbia fatto l’operazione commerciale della Disney. “La notte del Principe” è ispirato alla vita ed alla sofferenza di Gesualdo da Venosa (1566-1613). La prima sezione porta il titolo Eclissi- eclissi solare – e rappresenta un processo di oscurità - in definitiva rivelante dettagli - sia nella vita quotidiana che nella musica che spesso elude la percezione. Questa parola dà il titolo a tutto il CD e suggerisce un filo conduttore comune attraverso l’opera intera. Nella seconda parte si svolge una rielaborazione del “Tenebrae factae sunt…” dal Responsorio di Gesualdo (“C’era l’oscurità quando gli ebrei crocifissero Gesù…”). Pienamente soddisfatti rimangono gli amici della musica romantica per orchestra col “Preludio Sinfonico” di Ugo Bottacchiari: reminescenze di arie italiane e di poemi sinfonici nello stile di Sibe- 8 giugno 2008 L’Orchestra Marzuttini chiude l’Angolo Club lius. L’estensione timbrica dell’orchestra viene portata ai limiti delle sue possibilità e nello stesso tempo la struttura delle voci di mezzo, mandola e mandoloncello, aggiunge un’ulteriore dimensione di suono al processo musicale. Bottacchiari acquisì questo stile di scrittura dal suo maestro Pietro Mascagni. Ad un primo sguardo può sembrare insolito ed anche irritante adattare il Preludio e Fuga BWV 867 di Johan Sebastian Bach ad un’orchestra a plettro. Questo esperimento, tuttavia, apre sorprendenti possibilità, sia per gli esecutori che per gli ascoltatori di “sentire” la musica. E non solo per le interazioni di una ensemble di grandi dimensioni, necessaria per interpretare adeguatamente la musica di Bach ideata per uno strumento a tastiera ma anche per la variabilità interpretativa resa possibile dalle molte combinazioni di colori di suoni. Finita il 1° Dicembre 1983 la Dance Suite N°2 op. 21 fu composta da Takashi Kubota su commissione dell’orchestra Sophia Mandolino dell’università di Sophia che eseguì la prima performance del pezzo nello stesso anno. Nel Novembre 1999 così scrisse il compositore su questa musica: “contrariamente alla Dance Suite N°1, composta durante i miei studi in Germania che prevede come organico mandolino, mandola, chitarra e basso qui ho aggiunto il mandoloncello e vari strumenti a percussione per creare maggior ricchezza di colori e diversità di espressione. Sento che l’influenza ed il fascino delle varie forme di musica e di danza che ho incontrato in Europa e specialmente della musica folk dei Paesi dell’Est, si rifletta fortemente in questo lavoro”. La HZO (Hessian State Plucked String Orchestra) è stata fondata nel 1969 ed è stata la prima orchestra regionale della BDZ., ideata come luogo per ulteriore perfezionamento e “vetrina” per questo genere musicale. Una delle migliori orchestre tedesche che si è già messa in evidenza nel 2006 al concorso BDZ a Trossingen. L’incisione documenta un’interpretazione musicale di grande effetto, nella quale gli innumerevoli dettagli di suono, articolazione, dinamica, assegnazione delle parti evidenziano un complesso musicale qualitativamente pregiato e di grande personalità. Contatto: [email protected] Udine. Per l’ultima puntata sulla piccola-grande pedana dell’Angolo Club ha preso posto una delegazione dell’Orchestra a plettro Titta Marzuttini che proponeva una rappresentanza per ogni strumento. Il primo applauso é dedicato all’orchestra, che ha voluto festeggiare con un nuovo disco i 120 anni di attività. Per ricordare il fondatore Giovanni Battista Marzuttini (1863 – 1943) l’orchestra apre con la mazurca Di stella in stella scritta dallo stesso maestro. Si prosegue con i brani tratti dall’ultimo cd, Landler di Kert Schwaen, l’accentata di ritmo sudamericano Rumba di Dieter Kreidler, quindi il celebre The Entertainer di Scott Joplin e ancora la dolcissima aria di Dreamtime di Anette Kuisbring, il coraggioso e L’Angolo Club è uno “spazio” che L’Angolo della Musica ( un negozio di dischi a Udine) offre a gruppi di vario genere per esibirsi in un piccolo concerto per il lancio delle ultime incisioni. E’ un’importante vetrina cittadina. divertente Zeffiro di Vincenzo Chessi. Si chiude con un brano dell’indimenticabile Angelo Prenna, Nostalgia vesuviana: nell’interpretazione esplode tutta la solarità della musica partenopea. Sul palco Andrea Miola, Raffaele, Lorenzo, Martina, Adriano, Massimo, Rudi, Andrea, Maurizio e Francesco si compiacciono degli applausi del pubblico, per l’occasione tutti in piedi, L’applauso va esteso anche agli orchestrali non presenti, ma sicuramente meritevoli di quella riconoscenza artistica, verso chi, dilettante e quindi appassionato, riesce a far sopravvivere questa istituzione che dà lustro al Friuli. Nel finale un piccolo bilancio del terzo anno dell’Angolo Club, in cui un emozionato Moreno ringrazia a nome di tutto lo staff dell’Angolo della Musica, i direttori artistici Rocco Burtone, Alberto Zeppieri e Luisa Sello e gli amici di sempre, Riccardo, Cinzia e Nicola. La Marzuttini presenta il cd Messagero Veneto sabato 26 aprile 2008 Udine. Oggi, all’Angolo della Musica di Udine, l’orchestra Marzuttini presenterà ufficialmente il cd del 120° anno di fondazione. La registrazione è avvenuta in castello il 25 Novembre 2006 ed è completamente “dal vivo” in quanto si è deciso di lasciare il documento sonoro inalterato. Nell’occasione l’’orchestra aveva richiamato nelle sue file anche ex orchestrali ancora in attività. La Marzuttini che si presenterà all’Angolo Club sarà chiaramente ridotta per evidenti motivi logistici e suonerà senza direttore. Questo straordinario gruppo che rappresenta una delle più antiche formazioni a plettro d’Europa, è stata fondata a Udine nel 1886 e conta una ricchissima attività concertistica in Italia ed all’estero. Tra i più importanti eventi ricordiamo il primo posto al Concorso Internazionale “Città di Brescia” nel 1969, il primo premio al Concorso Internazionale di Kerkrade (Olanda) nel 1978, il secondo premio al Festival di Falkenstein (Germania) nel 1985 e 2000, le tre Rassegne Internazionali di musica mandolinistica tenutesi a Udine nel 1979, nel 1981 e nel 1983. E nel 1986 venne celebrato con un’ulteriore rassegna concertistica il centenario della fondazione dell’Orchestra. Attualmente è composta da una trentina di elementi suddivisi in cinque classi strumentali ed è attualmente diretta dal M° Piergiorgio Caschetto. 9 giugno 2008 L’orchestra degli allievi: ottima esperienza di musica d’insieme I Saggi degli allievi della Scuola Provinciale “Gino Neri” di Edoardo Farina L a chiusura delle scuole di musica, normalmente coincide con i saggi degli iscritti e ovviamente anche la “Gino Neri” non fa eccezione. Un anno di lavoro ha visibilmente portato a risultati lusinghieri allievi giovani e meno giovani, che nel pomeriggio del 7 giugno alle ore 16,30 presso il chiostro della Basilica di S. Giorgio, hanno offerto la possibilità di ascoltare le loro performance supportati dai maestri, (tutti componenti dell’Orchestra Gino Neri) suonando, per molti, nell’ambito del primo concerto ufficiale. Il programma, assai ricco e variegato, ha visto attiva per quanto 10 giugno 2008 concerne gli insegnanti, la classe di mandolino di Michelangelo Giovannini (primo mandolino presso la “Gino Neri”) ove si sono esibite le sue allieve Virginia Piccoli, Miriam Zaniboni, poi Antonio De Rosa ed Elena Marchi. Ancora la classe di mandolino, attraverso l’insegnamento di Olga Popadyuk, ha offerto le interpretazioni a plettro di Luca Venturini, Vincenzo Mozzanti, Benedetta Piermattei, Bruno Carlini. Quindi, l’ Ensemble “Musica Viva” formato dagli stessi allievi con l’aggiunta di alcuni percussionisti della Scuola Cosmè Tura e ancora dagli insegnanti Olga Popadyuk, Elisabetta Vincenzi, Riccardo Magri, Andrea Melchiori, impegnato in una originale “Fantasia napoletana”. Poi i maestri Riccardo MAGRI e Michelangelo GANDINI, presenti sul palco attraverso Paola Bordoni, Andrea Zavattini, Nicola Codecà, Silvia Baltatu, Giovanni Baroni, per seguire la classe di Silvia Marcolongo maestro del corso di canto, con i tenori del primo anno Paolo Bonora, Luca Manfroi, Gianni Pasetti nell’esecuzione tra l’altro della celebre aria di Andrea Bocelli “Con te partirò”, quindi i più avanzati ai corsi superiori, Luca Califfi e Paolo Piermattei. L’insegnante di chitarra Carlo Corazza ha presentato le allieve Rosa Codecà, Paola Cuneo e Carlotta Braga in un duetto ottocentesco di J. Kuffner, mentre Massimo Peratello, Mauro Pivanti e Stefano Giudici si sono alternati in variegate formazioni. Dario Silvestri, poliedrico ed eclettico chitarrista della “Gino Neri”, non ha mancato di offrire la possibilità ai suoi allievi di allietarci con autori della Scuola Napoletana del ‘700, primo fra tutti Ferdinando Carulli, eseguito niente meno che in trio chitarristico insieme a Marco Andreotti e Riccardo Ferrari, per terminare con “Is there anybody out there” dei… Pink Floyd” quindi un virtuoso pezzo interpretato in duo, “Guitar Boogie Shuffle” di S. Einarsson. L’orchestra degli allievi, diretta da Olga Popadyuk da anni costituisce senza alcun dubbio un punto di forza ed orgoglio della “Gino Neri”, anche per il semplice fatto che nel tempo i migliori esecutori saranno candidati ad entrare nello storico organico ferrarese, trattandosi sin da ora di un’ ottima esperienza ove sperimentare il fare musica d’insieme. Nel frattempo, l’insieme è stato composto da giovani debuttanti ma anche da parecchi componenti della stessa “Gino Neri” quali elementi di supporto e completamento. Nei mandolini sempre: Miriam Zaniboni, Virginia Piccoli, Marco Artioli, Paola Farina , Carla Alberti, Riccardo Magri, Barbara Maini; Chitarre: Rosa Codecà, Antonella Visin, Federica Zago, Filippo Stefanoni, Carlo Corazza, Dario Silvestri; Mandola: Fe- derico Periotto; Mandoloncello: Matteo Malucelli; Basso a plettro: Andrea Melchiori, il tutto per eseguire le divertentissime “Vier National Tanze” di K. Swaen e la “Sinfonia in Sol maggiore” di G.B. Gervasio. Nella giornata successiva di domenica 8 giugno alle ore 21.00, sempre presso il chiostro di S.Giorgio, si è conclusa la kermesse attraverso l’arrangiamento del repertorio moderno, di fondamentale importanza anche nell’ambito di un’istituzione pluricentenaria quale la Gino Neri, presente a Ferrara in questo 2008 da ben centodieci anni. Corsi istituiti recentemente, hanno dato e danno tuttora la possibilità di fare musica anche ai ragazzi non propriamente motivati verso la “classica”, situazione impensabile in passato ma oggi in essere presso numerosi istituti di formazione italiani. In questi ultimi anni , infatti la Scuola ha iniziato un procedimento connesso ad una revisione e ad un graduale aggiornamento dei programmi didattici, dettato dall’esigenza di mantenere la preparazione degli allievi costantemente in sintonia con i cambiamenti di repertorio dell’Orchestra stessa, nonché alla necessità di un progressivo adeguamento alle esperienze acquisite nel tempo. Molto importante è soprattutto il lavoro svolto nell’ambito del corso di Esercitazioni Orchestrali, in 11 giugno 2008 ...”incontri con lo strumento” e lezioni-concerto... Orchestra Mandolinistica “Città di Torino” relazione alla ricerca e allo studio di musiche plettristiche originali, secondo le indicazioni della Federazione Mandolinistica Regionale e di quella nazionale, con le quali la Scuola intrattiene un prezioso rapporto di collaborazione, così come con le altre Scuole di Strumenti a Plettro della Provincia, in particolare quella di Codigoro e di Cento. Questo secondo e ultimo concerto è stato quindi affidato alla Chitarra di Dario Silvestri, Basso: Mirko Palanchini, Tastiere: Paolo Girelli, Batteria: Lorenzo Belletati, per accompagnare Fabrizio Zanetti, Annarita Felisatti, Giulia Schiavina, Maria Cristina Caterina, Valentina Piccinini, Valeria Gasparini, Elisa Impagnatiello, nell’interpretazione soprattutto dei grandi cantautori della canzone italiana degli anni ’70 da De André a Patty Pravo passando egregiamente per il rock and roll degli anni d’oro di Elvis Presley. Una menzione speciale merita, infine, il profondo impegno, sempre dimostrato dalla Scuola, oggi sotto l’eccellente direzione della prof.ssa Lia Conforti supportata dal segretario Riccardo Magri, nel diffondere la conoscenza de- 12 giugno 2008 gli Strumenti a Plettro, della loro tradizione e del loro repertorio, con la promozione di iniziative rivolte alla cittadinanza e, in primo luogo, ai bambini, sotto forma di “Incontri con lo strumento” e lezioni-concerto, tenuti annualmente presso le elementari e medie della provincia. La Scuola Provinciale di Ferrara fu fondata nel 1928 presso il Circolo “Regina Margherita” ed intitolata a Gino Neri, dopo la scomparsa dell’illustre Maestro (1930). Sin dall’epoca della sua fondazione, si è proposta di costituire principalmente il “vivaio” dell’omonima Orchestra a Plettro, cui è tuttora strettamente collegata. Grazie alla sua attività essa si è inoltre sempre distinta come una delle presenze più significative nel panorama culturale della città e dell’intera Provincia. Nel 1971 l’Amministrazione Provinciale di Ferrara ne ha riconosciuto l’importante servizio sociale, deliberando di assumerne il patrocinio e stanziando un contributo annuo a favore del suo funzionamento. Grazie a tale sensibilità, in questi ultimi tre decenni la Scuola ha conosciuto un notevole sviluppo, realizzatosi con la creazione di nuovi corsi, il prolungamento della durata media di quelli già esistenti, l’istituzione del “perfezionamento”, la crescita numerica degli allievi iscritti. L’ Orchestra mandolinistica “Città di Torino” è stata fondata nel 1973 da un gruppo di appassionati ed è regolarmente registrata come Associazione senza fine di lucro dal 1981. Obiettivo dell’orchestra è il mantenimento della cultura degli strumenti musicali a plettro; per Il repertorio, molto vasto, comprende trascrizioni di brani classici, parti di opere e operette, raccolte di famose arie popolari e tradizionali nonché composizioni originali per strumenti a plettro. La maggior parte dei giovani orchestrali proviene dalla scuola interna, tenuta da alcuni componenti che da anni si dedicano all’insegnamento. Dirige l’orchestra il Maestro Remo Barnava L’orchestra ha inciso un cd e 3 cassette, acquistabili solo ai con- questo organizza annualmente a Torino una Rassegna Mandolinistica e svolge una continua attività concertistica, spesso dedicata a scopi benefici (concerti per anziani, per comunità di cura, per raccolta di fondi a sostegno di cause umanitarie). L’organico è costituito da oltre 30 strumentisti suddivisi nelle sezioni: Mandolini primi Mandolini secondi Mandole Chitarre e contrabbasso Flauto e percussioni certi. Da qualche anno è iscritta alla Federazione Mandolinistica Italiana (FMI). 13 giugno 2008 III Accademia Internazionale Italiana di Mandolino 24 - 31 Agosto 2008 C di Cristina Bisiani arlo Aonzo e i suoi collaboratori invitano tutti i mandolinisti interessati, esperti e principianti, ad una indimenticabile vacanza musicale, full-immersion nelle emozionanti sonorità della musica mandolinistica. L’Accademia Internazionale Italiana di Mandolino annuncia la III edizione del corso di mandolino diretto da Carlo Aonzo, presentandosi in una nuova veste e con tante novità. L’Accademia 2008 si terrà nella Svizzera italiana, Canton Ticino, nelle colline che sovrastano il Lago di Lugano, in un incantevole albergo-villaggio vacanze immerso in 100.000 mq di parco. Oltre che dall’areoporto locale, il luogo è facilmente raggiungibile dagli scali di Milano Malpensa e Linate. Carlo Aonzo, mandolinista di fama internazionale ed ideatore dell’Accademia, da anni diffonde la tradizione del mandolino italiano. Proprio durante i suoi innumerevoli viaggi è nata la richiesta dei mandolinisti di tutto il mondo di partecipare ad una settimana di approfondimento musicale nella terra di origine di questo strumento. Le prime due edizioni si sono tenute a Savona, città natale di Aonzo e promotrice della tradizione musicale a pizzico ligure. Nasce ora l’esigenza di scoprire altri luoghi e terre con una lunga 14 giugno 2008 Saggio allievi dell’Orchestra Marzuttini: un promettente futuro. P e consolidata tradizione mandolinistica: il Ticino e’ luogo chiave per la storia di questo strumento. IL CORSO DARA’ VITA AD UNA SETTIMANA MUSICALE UNICA NEL SUO GENERE, RICCA DI SCAMBI CULTURALI E MUSICALI, IN UNA REGIONE CHE SAPRÀ ACCOGLIERE CON MOLTO CALORE I PROTAGONISTI DI QUESTO EVENTO. L’Accademia è aperta a mandolinisti di tutti i livelli, dai principianti che non hanno mai suonato ai musicisti esperti. Lo studio del mandolino verrà affiancato a varie manifestazioni e proposte culturali. È prevista, con un numero minimo di 10 partecipanti, l’organizzazione di un corso di chitarra (M° Katsumi Nagaoka) e di un corso di introduzione alla liuteria mandolinistica (M° Valentino Natolini), per la costruzione del mandolino napoletano. L’offerta è comprensiva, oltre che del corso di musica con le manifestazioni previste, anche di alloggio con pensione completa. La tariffa di base parte da 1050.SFr. Per informazioni contattare: email [email protected] www.myspace.com omeriggio di festa, sabato 17 maggio, nella Sala del III Circolo Didattico di Udine (gentilmente concessa per l’occasione): protagonisti gli allievi del Corso di mandolino dell’Orchestra Tita Marzuttini di Udine. Quello che era stato annunciato come un “Saggio musicale” si è ben presto rivelato un Concerto di un gruppo di giovani e giovanissimi, che formavano una vera orchestra. Dopo alcune parole di saluto del Vice-Presidente Freschi, una ventina di ragazze e ragazzi, ciascu- no col proprio mandolino, si sono accomodati ai loro posti. Alle loro spalle anche alcuni collaboratori (due chitarristi, un violoncellista ed una giovanissima arpista). Il pubblico è rimasto subito col- pito dalla serietà, dall’attenzione e dalla concentrazione che questi ragazzi han dimostrato fin dall’inizio. Il loro sguardo non si distraeva per cercare qualche parente fra il pubblico, ma era catturato dal loro insegnante nonché Direttore di questa orchestra giovanile, Andrea Miola. Egli ha brevemente presentato ogni brano fornendo alcune precisazioni in merito al percorso didattico affrontato ed alle scelte del repertorio, in funzione delle caratteristiche musicali e delle peculiarità dei brani stessi. Interessante e varia la scelta del programma, che ha proposto inizialmente musiche con diverse dinamiche in sequenze ritornellate o caratterizzate da incontri simultanei tra suoni in un discorso musicalmente si- 15 giugno 2008 Ensemble da Camera “Gino Neri” gnificante nell’arrangiamento di David Brooker. Poi c’è stato quel canone “classico” che è “Fra’ Martino”, a tre parti distinte, eseguito dai soli mandolini. Un delicato assolo di arpa ha quindi introdotto un brano di musica popolare cinese, dalle sonorità tipicamente orientali, che ben si esprimevano nel pizzico dei plettri. In seguito alcuni dei giovani mandolinisti (per eseguire “Quasi un rock”) hanno … rinunciato al loro strumento, dedicandosi alle percussioni, dal woodblock al tamburo, dal triangolo al rullante ed al glockenspiel: ne è risultata una variazione timbrica dell’insieme con un arricchimento ritmico, sottolineato da una scansione particolarmente precisa e puntuale del bongo. Si è tornati quindi ad un repertorio popolare, di ampio respiro sia geografico che temporale, 16 giugno 2008 dal “Lieber Augustine” della tradizione austriaca del XVIII a quella russa del XIX secolo, con una trascinante “Kalinka”, in cui i giovani esecutori hanno potuto dar sfogo ad un “accelerando” vissuto con particolare intensità, per passare infine ad un gradevole ricordo Disneyano degli anni ’60 tratto dalla colonna sonora del film “Mary Poppins”. di Edoardo Farina parazione (I, II e III) per ciascun livello. Il Presidente ha ricordato che tre fra i ragazzi presenti già frequentano le prove dell’Orchestra (in attività da ben 122 anni), auspicando che altri possano presto seguirne le orme, per la loro soddisfazione personale ed anche per dare nuova linfa all’Orchestra. ppuntamento domenica 3 febbraio alle h. 16,30 presso la sala d’onore attigua ai chiostri del Rione S.Benedetto – C.so Porta Po, 81/a nell’ambito della Stagione Cameristica invernale del Doveroso un particolare elogio ad Andrea Miola, per l’impegno, la passione e l’entusiasmo con cui si è dedicato a questi ragazzi. Circolo Culturale “Amici della Musica G.Frescobaldi” di Ferrara, con il concerto dell’ “Ensemble da Camera Gino Neri” diretto dal M. Stefano Squarzina, formazione nata nel 1997 in seno all’omonimo prestigioso complesso a plettro ferrarese rappresentando l’emanazione stessa della grande orchestra, ma con intenti A nella programmazione musicale del tutto diversi da quest’ultima; infatti, se da una parte la realizzazione maggiore si propone di divulgare il repertorio lirico sinfonico più tradizionale, dall’altra il gruppo cameristico tende a valorizzare il repertorio di musiche nella programmazione di rassegne di musica da camera, proponendo, come nel concerto in oggetto, autori dal periodo barocco ai contemporanei. originali per strumenti a plettro, con particolare interesse ai compositori del XX secolo. diritto, archi e cembalo RV98 “La Tempesta di Mare” di Antonio Vivaldi, dove in qualità di solista vi è stata l’interpretazione al flauto diritto da parte dello stesso direttore dell’ensemble e in questo caso concertatore, Stefano Squarzina. Ad apertura di programma il Concerto in Fa magg. per flauto Prima dell’ultimo brano in pro- gramma, il Presidente dell’Orchestra Marzuttini, dr. Rudy Del Fabbro, ha consegnato i diplomi di partecipazione a tutti gli allievi, a seconda del livello tecnico (principiante, intermedio e avanzato) e del diverso grado di pre- Se il buongiorno si vede dal mattino, . . . Costituito da circa venti strumentisti divisi nelle sezioni di mandolini, mandole, mandoloncelli, chitarre e contrabbasso ad arco, l’organico dell’Ensemble trova quindi la sua collocazione ideale La Suite scritta dal maestro della 17 giugno 2008 piccola Gino Neri, “Piccolo Mondo Antico”, successivamente in programma, nei tempi Intrada, Corteggio delle dame, Balletto, Canto dello innamorato, Finale, vuole rivelarsi opera a carattere rinascimentale appositamente non filologica, omaggio di Squarzina alla città di Ferrara ove ha vissuto e studiato oboe presso il Conservatorio G.Frescobaldi. Di ben altro genere appare “Finlandia Suite” di Hermann Ambrosius (1897, 1983) compositore tedesco tra i primi ad avere scritto per strumentazione originale abbandonando le trascrizioni e quindi il repertorio che ha caratterizzato per quasi tutto il Novecento parti non originali utilizzate per mandolini ed affini. Ambrosius si rivela estroso ed interessante nonché poliedrico nel produrre pagine ispirate con gusto e intelligenza ai moderni stilemi tonali, creando in tal modo un vivace punto d’incontro tra la musica tradizionale ed etnica spesso dedicata al nord Europa. Della compositrice chitarrista olandese vivente Annette Kruisbrink, (1958) “Dreamtime” rappresenta quanto nell’ambito del genere “Avanguardia 80” si possono ottenere effetti speciali realizzabili anche nel mondo degli strumenti a plettro. Dal tono iniziale particolarmente melodico fatto di arpeggi multipli per quattro chitarre, il seguito di Dre- 18 giugno 2008 Liuti, arciliuti e tiorbe nell’iconografia - Ia Parte di Mariagrazia Carlone te ricca, e, di solito, questo strumento è l crescente interesse per la mu- facilmente riconosica antica, nel corso del Nove- scibile. Dalla fine cento, ha stimolato la produzione del Cinquecento in di una sempre più ampia varietà poi, però, spesso di strumenti storicamente ispi- troviamo immagirati. I liutisti, in particolare, si ni di strumenti che, sono accorti che per coprire in- senz’altro, apparteramente il loro repertorio non tengono alla famiera appropriato utilizzare uno glia del liuto, ma strumento generico, ma invece che se ne discostano diversi modelli specifici; ed i liu- per diversi aspetti, tai hanno dovuto riscoprire come tanto che non sapcostruirli, cosa non semplice, per piamo esattamenla mancanza di continuità di una te che cosa siano tradizione liutaria e per la rarità e come chiamarli: di liuti antichi conservati nello “arciliuti”, “tiorbe”, stato originario1. Le fonti icono- “chitarroni”, o “liuFig. 1 - Johannes de Campis, dettaglio dalla Incoronazione grafiche si sono rivelate di grande ti tiorbati”, o ancodella Vergine (1476) a Boccioleto, fraz. Oro. aiuto; anzi, talvolta esse costitui- ra - semplicemente chiesa di San Pantaleone scono la sola testimonianza rima- - “liuti”? geografici, o per errore o anche sta di come fossero fatti certi tipi Può darsi poi che abdi strumento2. In effetti, l’icono- biamo sentito termini come “liuto per puro caso: non c’è da meravigrafia del liuto è particolarmen- francese”, “liuto inglese”, “tiorba gliarsi che una simile situazione tedesca” e così via, ma caotica generi confusione anche non è sempre chiaro oggi. Dunque, che fare? che cosa essi signifi- Trattando queste immagini, talchino esattamente: gli volta si sono seguiti due opposti studiosi moderni sono approcci: spesso in disaccordo. I) semplificare: chiamare tutti Neppure le fonti an- questi strumenti “liuti” e basta, tiche ci chiariscono le senza distinzioni; 2) cercare di idee, perché tipi di- determinare, tra tutti i nomi posversi di liuti a volte sibili, quale si adatti alla specifica ricevevano lo stesso immagine e, se nessuno sembra nome e, viceversa, andar bene, inventarne uno nuonomi diversi si pote- vo (magari “liuto di fantasia”). vano applicare a uno Non pare necessario, però, cadestesso strumento, a re in questi due estremi. Si può, seconda di preferenze invece, con un ragionevole comFig. 2- Bartolomeo Montagna. dettaglio da Madonna in individuali, di contesti promesso, distinguere alcuni trono con Santi (1498), Milano, Pinacoteca di Brera I Hermann Ambrosius amtime appare subito dissonante ricorrendo ad antiche tecniche esecutive oramai tramontate ma ancora assai interessanti, quali “percuotere sul piano armonico ed eseguire lo slap con lieve strappo di corde”, oppure suonare alternativamente nel cavigliere all’altezza delle meccaniche… il tutto per tornare al tema iniziale lasciando una traccia indelebile legata a sonorità enigmatiche e consequenziali. Kruisbrink Il termine del concerto è stato affidato ad uno dei brani sicuramente più divertenti editi per strumenti a plettro, la “Suite Mexicana” di Eduardo Angulo, (1954 Puebla, Mexico) mirabile opera stilisticamente assai emblematica di una possibile impostazione del rapporto tra musica colta e popolare. Armonicamente in grado di dettare le leggi dell’organizzazione musicale determinando un tipo di repertorio folklorico in una sorta di antologia geograficamente esaustiva dell’America Latina, impone buon dinamismo con i tempi “Jarabe Colimeno - Serenata - Huapango Criollo Vals - Polka”. 19 giugno 2008 Fig. 4 - Théodore Rombouts, liutista (1620 ca.) Philadelphoa Museum of Art Fig. 3 - Theodore Rombouts, dettaglio da I musici (1616-25 ca.) Spencer Museum of Arts at the University of Kansas. “tipi” principali di liuti facilmente riconoscibili nelle fonti iconografiche, pur lasciando aperta la possibilità di trovare definizioni più precise quando possibile. Quel che segue, dunque, è una proposta per una classificazione puramente “iconografica” dei principali generi di liuti europei dal Cinquecento fino alla fine del Settecento, quando la gloriosa storia di questo strumento conobbe una battuta d’arresto3. L’accordatura, una delle principali caratteristiche che effettivamente permettono di distinguere i diversi tipi di liuto, di solito non è verificabile nelle fonti iconografiche; quindi ci si dovrà basare su altri elementi, puramente visuali. La nostra non sarà un’esposizione esaustiva della storia del liuto 20 giugno 2008 europeo, che prenderemo in considerazione soltanto per quanto potrà servire ad una classificazione iconografica. Per diversi secoli il liuto europeo mantenne sostanzialmente le caratteristiche del liuto arabo (‘ud = “legno”), che era stato introdotto principalmente attraverso la Spagna e la Sicilia4. Probabilmente la cassa di questo strumento era ricavata da un unico blocco di legno, con poca o nessuna separazione visibile tra corpo e manico. Durante il Quattrocento, gradualmente si preferì un altro tipo di costruzione, assemblando più doghe per ottenere un corpo chiaramente distinto dal manico5. (Contemporaneamente, i liutisti a poco a poco smisero di usare il plettro, trasformando il liuto in uno strumento polifonico6, ed inoltre inventarono vari tipi di intavolatura, che a loro volta permisero la sopravvivenza di una parte del repertorio)7. E’ da questo momento che un vero liuto “europeo”può essere distinto dalla varietà araba (ed orientale), dando luogo ad una prima grande biforcazione: A) liuti senza una chiara distinzione tra manico e cassa [figura n. 1]; B) liuti con una netta distinzione tra manico e cassa. Il tipico liuto cinquecentesco era di questo secondo tipo. Nella sua forma più semplice,”ordinaria”, le sue caratteristiche (a parte l’accordatura) sono le seguenti: manico ben distinto dalla cassa; guscio formato da un numero variabile di doghe; cavigliere a “paletta” tipicamente piegato all’indietro, con un singolo capotasto e piroli laterali; un ponticello singolo, che funziona anche come cordiera, fissato alla tavola armonica; corde di lunghezza uniforme, raggruppate in cori (solitamente due corde per ogni coro tranne il primo, che spesso è singolo); tasti in budello legati lungo il manico; uno o più fori armonici, di solito una “rosa” intagliata. Il liuto “ordinario” fu usato in Europa dal Quattrocento fino all’inizio del Settecento. Durante questo periodo subì una serie di trasformazioni significative. Alcuni modelli si diffusero ampiamente e si possono riconoscere facilmente nelle fonti iconografiche. Un profilo “a pera” [figura n. 2] fu tipico di strumenti costruiti durante la prima metà del Cinquecento da diverse generazioni di liutai tedeschi, che per lo più venivano da Füssen e si stabilirono a Venezia, Padova o Bologna. Uno dei più rinomati fra loro fu Laux Maler8, che lavorò a Bologna e la cui fama gli sopravvisse per più di cent’anni9. Quando morì nel 1552, fu redatto un inventario della sua bottega: l’elenco comprende non meno di 998 liuti finiti e 127 in costruzione, nonché più di mille tavole armoniche già lavorate10. Una produzione così enorme (certamente non limitata a questa sola bottega)11 testimonia chiaramente l’ampia diffusione del liuto, ben oltre la cerchia dei professionisti o dei nobili dilettanti. I liuti creati da Laux Maler e dai suoi discendenti furono tesaurizzati da musicisti e collezionisti in tutta Europa12. Questi liuti “bolognesi” avevano una forma allungata, con spalle spioventi e il guscio formato di poche larghe doghe (solitamente 7 o 9); in origine avevano 6 o 7 cori. Un altro stile di costruzione di grande successo fu sviluppato verso la fine del Cinquecento, ancora da liutai tedeschi, operanti specialmente a Venezia e Padova (come i Tieffenbrucker e Wendelio Venere). Questo modello aveva una tavola armonica più larga, spalle tondeggianti e un guscio più profondo fatto con molte do- ghe sottili (più di 15, e fino a 51 ; spesso erano di tasso bicolore), e la sezione della cassa era leggermente appiattita13. [figura n. 3] Il nuovo stile di costruzione fu favorito specialmente in Italia, mentre per tutto il Seicento i vecchi liuti bolognesi a “pera” continuarono ad essere apprezzati a nord delle Alpi; lì furono spesso trasformati, per accontentare le mutate esigenze dei musicisti. Questo spiega come mai, benché un certo numero di liuti di Maler sia sopravvissuto, nessuno si trovi più nel suo stato originale. Alessandro Piccinini, compositore e virtuoso bolognese vissuto tra il 1566 e il 1638, fu testimone della straordinaria incetta di liuti di Maler ad opera dei liutisti francesi: “Già molti anni sono che in Bo- logna, si facevano liuti di bontà molto eccelenti ò fosse l’esser fatti di forma lunga à similitudine di pera, ò fosse l’haver le coste larghe, che l’uno fa dolce, e l’altro armonioso; basta che, per la lor bontà erano molto stimati, & in particolare da i francesi, i quali son venuti à posta a Bologna, per portarne in Francia pagandoli tutto quello che era loro domandato, talche pochissimi hora se ne trovano14. Il suono particolarmente chiaro e uniforme dei liuti bolognesi infatti era perfetto per il nuovo stile musicale francese; però, i manici originali dovevano essere allargati e allungati, perché ora erano necessari 10 cori. Il processo di trasformazione spesso includeva l’aggiunta di una apposita scatola porta-pirolo, applicata sopra 21 giugno 2008 Fig. 5 - Francois de Troy, dettaglio dal Ritratto di Charles Mouton (1690). Paris, Louvre alla parte “acuta” del cavigliere e usata per ospitare la prima corda, la chanterelle; essa in più offriva il vantaggio di ridurre l’angolo d’incidenza tra il capotasto e la corda più sottile e fragile dello strumento, allungandone la vita. Questa scatola extra si vede in molti dipinti.[ figura n. 4] Verso la metà del Seicento, al liuto “ordinario” fu aggiunto un undicesimo coro. Di nuovo, poiché i musicisti preferiscono usare i vecchi, preziosi strumenti (come quelli prodotti in Italia più di un secolo prima), si dovettero trovare nuove soluzioni per aggiungere nuove corde ad un modello preesistente. Così, una delle due corde del secondo coro fu eliminata, ed il suo pirolo (insieme a quello liberatosi grazie all’aggiunta della scatola porta-pirolo), fu reso disponibile per la nuova sistemazione delle corde. Talvol- 22 giugno 2008 ta, poi, il capotasto era allungato dalla parte dei bassi, per ospitare le corde dell’undicesimo coro, che in tal modo restava fuori dalla tastiera, rendendo così inutile sostituire il manico con uno più largo. Bisogna ammettere che questo dettaglio si distingue raramente nelle fonti iconografiche; come esempio, possiamo citare lo splendido ritratto di Charles Mouton dipinto da Francois de Troy nel 1690. [figura n. 5]. Il liuto a 11 cori si diffuse specialmente in Francia e nei Paesi tedeschi per circa 80 anni, fino al 1720 circa e talvolta perfino oltre. Lo si può paragonare al sei cori italiano del sedicesimo secolo per longevità, ampia diffusione e per l’importanza del suo repertorio specifico. Nonostante le sue nuove caratteristiche e l’aggiunta dei cori, comunque, fondamentalmente esso rientra ancora nella nostra definizione di liuto “ordinario”. Non si può dire altrettanto per un’ampia varietà di nuovi strumenti che si stavano sviluppando nel frattempo, in risposta — come sempre — a nuove esigenze musicali. I liuti erano sempre stati costruiti in taglie diverse, come documentano le fonti iconografiche, gli inventari e gli strumenti sopravvissuti. Durante il Cinquecento, famiglie di liuti — dal piccolo soprano al grande contrabbasso — erano comunemente costruiti e collezionati15. Nel 1566, l’inventario della collezione di Raymond Fugger, un ricco banchiere amburghe- se, elenca non meno di 141 liuti di sette diverse taglie, per lo più raggruppati in famiglie16. I liuti bassi e contrabbassi, però, ponevano un problema acustico. Le corde ricoperte, inventate verso la metà del Seicento, probabilmente non furono usate sul liuto neppure dopo quella data17. I bassi del liuto erano di budello, ed essendo corti, dovevano essere molto spessi: il loro suono perciò era povero di armonici. Questo problema si poneva ogni volta che si aggiungevano corde basse a liuti piccoli, per ampliarne l’estensione. Stando a Vincenzo Galilei, ”quelle corde sotto il Basso [del liuto] che hormai usar si vedono da ciascuno che suona tal strumento, [...] Dio sa quanto & come le si odono [...] mediante la debilità del suono loro”18. Perciò, liutisti e liutai cercarono il modo di allungare le corde basse, in modo che potessero essere più sottili e produrre un suono migliore. Un progetto sperimentale ebbe luogo nel 1595 a Padova, seguendo le direttive di Alessandro Piccinini: “essendo io l’anno MDLXXXXIIII al servigio del serenissimo Duca di Ferrara, andai a Padova alla bottega di Christofano Heberle, principalissimo Liutaro, e li feci fare per prova un Liuto di corpo così longo, che serviva di tratta de i contrabassi, & haveva due scanelli molto lontani, uno da l’altro...” 19. Fig. 6 - “Liuto Lungo” Vienna, Kunstihistorisches Museum Questo liuto, che al liutaio parve, non a torto, molto “stravagante”, aveva un secondo ponticello-cordiera per le lunghe corde dei bassi, e di conseguenza, la lunghezza della cassa fu quasi raddoppiata. [figura n. 6] Sfortunatamente, fu un completo fallimento; infatti, continua Piccinini, ”riuscì di poca voce, perchè non si potevano toccare i contrabassi appresso lo scanello.” Per ottenere un buon suono da una corda, essa va pizzicata vicino al ponticello, e non, come invece accadeva per i bassi di questo “liuto lungo”, a metà della loro lunghezza. Ecco perchè ne fu costruito un solo esemplare20. Ciononostante, esso in nuce comprendeva un importante, nuovo concetto, destinato a più fruttuosi nuovi sviluppi: infatti i “contrabbassi” erano fissati, in alto, ad un piccolo prolungamento del manico, con capotasto separato da quello principale. Si può così scorgere una nuova biforcazione dell’albero evolutivo del liuto: B1) liuti “ordinari” con un solo capotasto; B2) liuti con due o più capotasti. Note Questo articolo è una versione variata, e con diverso corredo iconografico, rispetto a quello da me pubblicato in Music in Art - International Journal for Music Iconography Vol. XXX/I-2 (2005). 1 A questo proposito, cfr. Prynne I 96 I : 20 e Saffle 1975: 26, 32. 2 Naturalmente è sempre necessaria molta cautela, poiché le fonti iconografiche possono mancare di realismo nel mostrare gli strumenti musicali. In questo articolo, si darà per scontato che la verosimiglianza delle immagini, per quanto concerne i dettagli organologici, sia già stata appurata dall’iconografo. 3 Non si prenderanno in considerazione qui i liuti arabi, orientali, nonché quelli europei precedenti il Rinascimento. Per i liuti medievali europei cfr. in particolare Young 2000; vedi anche Smith 2002: 7-61. 4 Smith 2002: 16-26 (con ulteriore bibliografia) e, in particolare, Gonzales 1999 (per la Spagna) e Gramit 1985: 6-17 (per la Sicilia). 5 Questo modello esisteva già prima del Quattrocento. Ad esempio, in un trattato arabo trecentesco, è disegnato accuratamente un ud con corpo e manico chiaramente distinti (Oxford, Bodleian Library, Ms. Marsh 521, ca. 1333- 1334, fol 157v. Gramit 1985: Fig. 8.); in un affresco trecentesco (Vercelli, Basilica di Sant’Andrea, tomba dell’Abate Tommaso Gallo; ripr. in Carlone 1995, fig. 101) un angelo suona un liuto a quattro cori, che presenta tale netta distinzione. Tuttavia, in entrambi i casi, essendo i due liuti visti di fronte, non possiamo affermare con assoluta sicurezza se il fondo fosse fatto con doghe separate oppure no. 6 La pratica di suonare musica polifonica sul liuto usando le dita invece del plettro sembrava innovativa a Johannes Tinctoris nei primi anni 23 giugno 2008 ‘80 del Quattrocento. Secondo Young 2000, comunque, ”Polyphonic playing can, in fact, be achieved with a combination of plectrum and fingers, or with plectrum alone [...] the most reasonable assumption is that for the fifteenth century and possibly for the last quarter of the fourteenth, `plectrum polyphony’, normally on a fretted lute, was possible and was practiced.” Non è chiaro su quali testimonianze Young basi le sue affermazioni, a parte la sua esperienza personale di musicista. L’iconografia mostra liutisti che utilizzano le dita a partire dall’ultimo quarto del Quattrocento. 7 I primi esempi superstiti di intavolature per liuto pare siano stati scritti in Germania intorno al 1470-75 (Tischler 1974), benché un manoscritto francese del quattordicesimo secolo potrebbe averne un esempio precoce (Page I 981).Apparentemente, qualcosa di simile a un’intavolatura era già stato creato per lo `ud nell’ottavo secolo (Smith 2002: 11 ). 8 Cfr., soprattutto, Prynne 1963. Vedi anche Hellwig 1974: 22-23 e fig. 1, e per un contributo più recente, Smith 2002: 62-69 (con aggiornamento bibliografico). 9 Thomas Mace scriveva nel 1676: ”sappi che un liuto vecchio è migliore di uno nuovo [...] il nome [di liutaio] che stimiamo maggiormente, è Laux Maller, [...] di cui io ho visto due liuti (cose pietosamente vecchie, rotte e malmesse) valutati 100 sterline l’uno. Il signor Gootier, il famoso liutista del suo tempo, me ne mostrò uno, che il re aveva pagato 100 sterline” (Mace 1676:48). 10 Prynne (1963: 19-20) ha calcolato che la bottega di Maler probabilmente produsse, negli anni, circa 4000 liuti. 11 Altri inventari, con numeri solo leggermente più piccoli, confermano la rilevante produzione di liuti. 24 giugno 2008 Per citare un esempio di liutaio di fama molto minore rispetto a Laux Maler, la bottega di Jean Desmoulins conteneva 14 tiorbe, 249 liuti e 59 chitarre alla sua morte nel 1648 (Lay 1996, che cita Massip n.d.). 12 Cfr. Mace, citato nella nota n. 9. 13 Vedi, ad es., Hellwig 1974, Lundberg 1992: 219-221 e figura 3 e Smith 2002:69-78 (con bibliografia). Smith (2002: 70) nota che un precedente di questo modello si vede in un disegno di Albrecht Durer, Angelo con liuto (1497) (Berlin Kupferstichkabinett); comunque in questo disegno, benché il profilo della tavola armonica sia effettivamente molto simile a quelli costruiti verso la fine del Cinquecento, il guscio non è visibile, per cui non sappiamo quante fossero le doghe. Sulla famiglia Tieffenbrucker, vedi Ongaro 1991. 14 Piccinini 1623: 5. 15 Vedi Lundberg 1992: 222-226 e Tavola 2. 16 Vedi Schaal 1964 e Smith 1980. La collezione di Fugger comprendeva “kleines Leitle (Leuttlin)”, “Diskantle”, “Discant”, “Camer Lautten”,” Tenor”,”Bass”,”Contrabass (grosse Lautten)”.Anche Michael Praetorius, nel Sintagma Musicum, Il: De Organographia (Wolfenbiittel 1618), prevede sette taglie di “Recht Chorist oder Alt Laute”,”Tenor Laute”,”Bass laute” e “Gross Octav Bass Laut”. 17 Ancora nel 1676 Thomas Mace, nella sua ampia dissertazione sul liuto e sull’arte di suonarlo, non nomina mai questo genere di corde; in effetti, se fossero state utilizzate sul liuto, non avrebbe avuto senso l’invenzione di tanti complicati metodi per allungare le corde basse, ancora nel corso del diciottesimo secolo. 18 Galilei 1584: 102, 105. 19 Piccinini 1623: 8. Come è stato notato da Orlando Cristoforetti, la costruzione del liuto “lungo” ebbe luogo nel 1595, come dimostra una lettera dello stesso Piccinini; vedi Cristoforetti 1983. 20 Il solo strumento superstite, molto probabilmente lo stesso che fu fatto per Piccinini, si conserva a Vienna, Kunsthistorisches Museum (il suo profilo è riprodotto in Hellwig 1981: 453). da “Liuteria Musica Cultura” 0rgano ufficiale dell’Associazione Liutaria Italiana N.1/2008 Bibliografia - Agazzari,Agostino,”Copia d’una Lettera Scritta dal Sig.Agostino Agazzari à un Virtuoso Sanese”, incluso in Adriano Banchieri, Conclusioni nel suono dell’Organo. Bologna 1609 (facs. Bologna I 968): 68-69. - Barbarino, Bartolomeo, Il secondo libro de madrigali de diversi autori.Venezia 1607. - Gottlieb Baron, Ernst, Historisch-theoretisch und practische Untersuchung des lnstruments der Lauten. Nurenberg I 727. 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