Torino Auditorium Rai Arturo Toscanini Focus Adès/Francesconi Martedì 08.IX.2015 ore 21 Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Gergely Madaras direttore Nicolas Hodges pianoforte 36 ° Martedì 8 settembre Circolo dei Lettori ore 16 Incontro con Thomas Adès e Luca Francesconi Coordina Enzo Restagno * * * * * * * Auditorium Rai Arturo Toscanini ore 21 Thomas Adès (1971) …but all shall be well per orchestra (2003) Prima esecuzione italiana Luca Francesconi (1956) Piano Concerto (2013) I II III Prima esecuzione italiana * * * * * Thomas Adès Tevot per orchestra (2007) Luca Francesconi Cobalt and Scarlet per grande orchestra (2000) Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Gergely Madaras, direttore Nicolas Hodges, pianoforte In collaborazione con Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai 3 All’inizio degli anni Novanta del secolo scorso un giovanissimo musicista inglese, Thomas Adès, ha cominciato a imporsi in maniera prepotente sulla scena musicale internazionale, com’era successo una ventina d’anni prima per un altro suo connazionale di enorme talento, George Benjamin. Questa rinascita della musica inglese, che dopo la generazione di Britten e Tippett si era arricchita di figure in grado di seminare il terreno per nuovi sviluppi creativi, si segnalava in particolare per una spiccata propensione per il rapporto fisico con il suono strumentale e per una sorta di concreta filosofia della prassi, intesa come processo di trasformazione permanente della scrittura musicale all’interno dello sviluppo storico e non in contrapposizione ad esso, com’era avvenuto per la generazione della cosiddetta avanguardia. Un esempio eloquente di questa forma di pensiero si trova in un ragionamento di Adès, il quale parlando di Chopin osserva: «Uno sa che ci dev’essere un potenziale momento di risoluzione nella sua musica, in parte perché è musica del XIX secolo, ma soprattutto perché in essa non c’è niente di stabile. Come Chopin scrive una nota sulla pagina, essa comincia a scivolare via da tutte le parti. E non c’è alcuna vera risoluzione. È come uno stagno di cui non riesci a vedere il fondo. Sei consapevole del movimento dell’acqua, e possono esserci correnti di temperatura diversa che si accavallano, e dev’esserci per forza un fondo, ma non riesci necessariamente a vederlo».1 Questa instabilità attribuita a Chopin rappresenta in realtà uno dei temi principali della musica di Adès. I suoi lavori sono quasi sempre descrivibili come la metafora di un viaggio, in cui il problema principale dell’autore consiste nel trovare un equilibrio e un punto di approdo per portare in salvo il materiale musicale di partenza. Il tema del rapporto tra stabilità e instabilità è al centro di uno dei maggiori lavori di Adès, Tevot, scritto per i Berliner Philharmoniker tra il 2006 e il 2007, a coronamento di una lunga e fruttuosa collaborazione con Sir Simon Rattle, che è stato uno dei primi e principali sostenitori della musica del giovane autore. Tevot è un titolo emblematico della mentalità di Adès, incline per istinto al molteplice e attratto dalla pluralità dei significati. Tevot sono le lettere ebraiche della parola usata per indicare le battute musicali, ma anche l’Arca di Noè e la culla in cui Mosè venne abbandonato sulle acque del Nilo. Come si vede il titolo comprende una rete di significati in cui s’intrecciano varie metafore. In primo luogo c’è quella della scrittura musicale, che ha bisogno della battuta per conferire ordine e comprensibilità al caotico flusso del suono. Accanto ad essa però si aggiungono altri elementi. L’Arca rappresenta non solo un rifugio, 1 4 T. Adès, Full of Noises. Conversations with Tom Service, Faber&Faber, 2012. ma anche un mezzo per affrontare un viaggio nell’ignoto, così come la figura di Mosè, evocata tramite l’immagine della culla, incarna l’idea di un’umanità che affronta mille peripezie per raggiungere la salvezza. Questo bisogno di movimento si traduce per esempio in una sorta di armonia itinerante, che incardina il lavoro in una specie di quadro formale. All’inizio e alla fine si trovano infatti delle strutture armonico-ritmiche ripetitive che potrebbero essere assimilate a una ciaccona, che avvolge in una spirale profumata d’incenso il brulicante moto interno dell’orchestra. La scrittura infatti è alimentata da un permanente processo di trasformazione, a volte con improvvisi cambiamenti di scena di carattere teatrale. Il colore del suono orchestrale prodotto dal cangiante accumulo di timbri ha qualcosa di magico e di commovente assieme, rivelando la natura fortemente emotiva della musica di Adès. Un profondo pathos anima il lavoro ed emerge in maniera particolare nella parte conclusiva, con un episodio dominato da una larga ed espressiva melodia scambiata tra le diverse voci dell’orchestra. Il carattere consolatorio di questo approdo tuttavia viene in parte contraddetto dal breve epilogo di Tevot, in cui un richiamo deciso delle trombe a 5 (non si dimentichi che il lavoro è stato scritto avendo in mente il virtuosismo dell’orchestra di Berlino) spalanca le porte a un misterioso quanto imprevedibile accordo di la maggiore, che sembra ergersi nella sua monumentale e severa sonorità come un incomprensibile monolite piantato alla fine del mondo. La stessa parabola consolatoria, benché espressa in forme più acerbe, è all’origine del primo importante lavoro per orchestra di Adès, ...but all shall be well, scritto su commissione della Cambridge University Music Society mentre il compositore era ancora un brillante studente del King’s College. Il titolo viene da un verso di Little Gidding, l’ultimo dei Quattro Quartetti di T.S. Eliot. Il passo completo, tratto dal terzo “movimento” della poesia, recita: «Il peccato è Incombente, ma/ Tutto sarà bene, e/ Ogni sorta di cose sarà bene». Eliot a sua volta citava una delle Rivelazioni dell’Amore divino di Giuliana da Norwich, una delle maggiori mistiche del Cristianesimo, vissuta in Inghilterra nel XIV secolo. Il nocciolo dell’esperienza spirituale evocata in quelle righe consisteva nella risposta di Gesù al problema del peccato, un tema che ossessionava Giuliana. Il peccato è necessario e ineliminabile dalla vita, ma grazie alla fede tutto andrà bene. In effetti Adès sembra concentrarsi sull’ultima parte della riflessione, ovvero l’aspetto consolatorio della visione. La musica ha questo potere e lo esercita nelle forme che abbiamo già visto all’opera in Tevot. La ripetizione e il principio del movimento armonico a spirale rappresentano anche in questo caso 5 i cardini della forma, che qui risente in maniera più marcata l’influenza della tradizione classica. Simmetria e tripartizione infatti costituiscono il principio basilare del lavoro, che dispiega in mille modi la colta mano dell’autore. Riferimenti più o meno espliciti alla musica di Liszt, di Britten, di Mahler rivelano il desiderio tipicamente giovanile di esibire le passioni e d’impossessarsi dall’interno di certi meccanismi. In ogni caso, il colore dell’orchestra di Adès è già un elemento originale e possiede un carattere del tutto personale. L’idea iniziale, per esempio, consiste nell’esporre il materiale melodico del lavoro all’interno di una mandorla mistica di suono, ottenuta dall’impasto di percussioni di metallo come triangoli e cimbali antichi con strumenti come il pianoforte, la celesta e l’arpa. La scrittura di Adès è magistrale anche nel trovare un rapporto equilibrato tra lo stile cameristico di singoli gruppi di strumenti e la piena sonorità dell’orchestra, rivelando fin dai primi lavori un artista in possesso di un linguaggio personale e molto comunicativo. I temi della musica di Luca Francesconi mostrano delle somiglianze con quelli messi in luce da Adès, ma si sviluppano in maniera del tutto diversa. Lavori come Cobalt and Scarlet e Piano Concerto esplorano la linea d’ombra esistente tra la spontanea energia creativa del proprio mondo interiore e il bagaglio di esperienza della Storia. Trovare un rapporto equilibrato tra queste due forze conflittuali, come si può immaginare, è un’impresa ardua nel mondo d’oggi e rischia di naufragare in un arcipelago di contraddizioni insolubili. Per un musicista come Francesconi, cresciuto in seno alle avanguardie della Nuova musica da un lato e al variegato mondo del jazz, del rock progressivo e delle innumerevoli espressioni della controcultura degli anni Settanta dall’altro, la sfida più impegnativa con la tradizione era rappresentata dalla scrittura per orchestra. A cavallo degli anni Duemila, una serie di lavori commissionati da importanti istituzioni ha costretto in un certo senso Francesconi ad affrontare di petto il problema del rapporto con la storia, un tema che peraltro già aleggiava nella sua produzione degli anni precedenti, almeno a partire dal primo vero lavoro di teatro musicale, Ballata, del 1996. In questo quadro di ripensamenti e di trasformazioni s’inseriva la richiesta del direttore d’orchestra Mariss Jansons e della Oslo Philharmonic Orchestra, per la quale Francesconi ha scritto nel 1999 Cobalt, Scarlet – Two Colors of Dawn. Da questa partitura Francesconi ricava l’anno successivo una versione più asciutta e agile, Cobalt and Scarlet, che viene eseguita per la prima volta a Torino SettembreMusica il 21 settembre 2003. I due colori, il blu cobalto e il rosso scarlatto, rappresentano in maniera simbolica due forme diverse di sentire e interpretare il tempo 6 musicale. Il titolo non ha un valore descrittivo, ma esprime semplicemente una metafora suggerita all’autore dalla vista della luce dell’alba di una città del Nord, messa a confronto con l’osservazione dello stesso fenomeno in un Paese mediterraneo. Il sole del Nord trasforma la luce in maniera lenta e continua, mentre alle nostre latitudini mediterranee esso definisce ogni fenomeno in modo oggettivo sin dal momento in cui sorge. Questa dialettica attraversa in maniera analoga anche la musica moderna e il Novecento, con la contrapposizione tra l’idea di elaborazione tematica e la pura fenomenologia del suono. Non a caso il legame con Stravinskij e con le strutture ritmiche svincolate dal processo armonico del Sacre du printemps affiora in maniera significativa nella parte finale del lavoro, che si apre invece su un lento trascolorare del materiale sonoro. In generale, il tema centrale di Cobalt and Scarlet è tuttavia la chiarezza formale. Francesconi accetta la sfida di scrivere per un’istituzione carica di storia come la Oslo Philharmonic e cerca di piegare il suo linguaggio, cresciuto nel segno di una radicale ricerca sul suono, verso uno stile il più possibile semplice e chiaro, senza rinunciare però ad alcune caratteristiche del proprio lavoro. Il lungo processo di analisi e di manipolazione del suono, che ha segnato fin dagli inizi la produzione di Francesconi, si rispecchia per esempio nella dettagliata distribuzione dell’orchestra sul palcoscenico, secondo un criterio di simmetrie spaziali in grado di esaltare la smagliante tavolozza di un’orchestra ricca di ben 5 gruppi di percussioni. Analoghe preoccupazioni affiorano anche in un lavoro recente per pianoforte e orchestra, Piano Concerto, scritto nel 2013 proprio per il solista di questa sera, Nicolas Hodges. Il concerto per pianoforte è naturalmente un altro mammut del repertorio tradizionale, con il quale Francesconi cerca di fare i conti in maniera sanguigna. Piano Concerto è articolato in tre movimenti, come nella forma classica. A differenza di Cobalt and Scarlet, le indicazioni espressive sono quasi del tutto assenti, come se l’autore intendesse in un certo senso eliminare l’impronta soggettiva degli interpreti. Il solista e l’orchestra cominciano giocando a rimpiattino. Mentre il primo ingresso del solista distingue nettamente lo spazio del pianoforte da quello dell’orchestra, già la seconda risposta all’accordo verticale dell’orchestra mescola lo sfondo e il primo piano. Il suono del pianoforte infatti si trasforma impastandosi con il timbro delle percussioni, compresi l’arpa e il pianoforte dell’orchestra. Il gioco dei rapporti tra solista e orchestra assume subito un carattere ambiguo, mascherando di volta in volta il proprio ruolo in relazione all’altro. Il pianoforte presenta due volti nettamente distinti. Da un lato c’è lo strumento di natura percussiva, che viene esaltata e 7 arricchita dallo sfondo orchestrale e dal carattere ritmico del linguaggio sinfonico; dall’altro, una voce dolcemente espressiva e di ampio respiro lirico. Questa contrapposizione di caratteri alimenta tutti e tre i movimenti, con sfumature diverse. Mentre nel primo prevale nettamente l’aspetto ritmico e percussivo, il movimento centrale è segnato da un episodio lirico e introspettivo, con un delicato dialogo di stampo cameristico intessuto tra il pianoforte e il gruppo strumentale che rappresenta fin dall’inizio il suo alter ego timbrico. Il finale riprende la stessa dialettica in una forma ancora differente, con un carattere non tanto drammatico quanto fantastico e virtuosistico. L’orchestra si ritira poco a poco, lasciando spazio al pianoforte per un’ultima cadenza di bravura virtuosistica, che si acquieta in una dolcissima frase distesa su un accordo dilatato degli archi, come nella luce tenue di un crepuscolo. Oreste Bossini 8 L’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai nacque nel 1994 dall’unificazione delle orchestre dell’ente radiofonico pubblico di Torino, Roma, Milano e Napoli, divenendo una delle compagini più prestigiose d’Italia. I primi concerti furono diretti da Georges Prêtre e Giuseppe Sinopoli, seguiti da Jeffrey Tate, Rafael Frühbeck de Burgos, Eliahu Inbal e Gianandrea Noseda. Dal novembre 2009 Juraj Valčuha è il direttore principale. Tra le altre presenze significative sul podio: Carlo Maria Giulini, Wolfgang Sawallisch, Mstislav Rostropovič, Myung-Whun Chung, Riccardo Chailly, Lorin Maazel, Zubin Mehta, Yuri Ahronovitch, Marek Janowski, Semyon Bychkov, Dmitrij Kitajenko, Aleksandr Lazarev, Valery Gergiev, Gerd Albrecht, Yutaka Sado, Mikko Franck, James Conlon, Roberto Abbado e Kirill Petrenko. Grazie alla presenza dei suoi concerti nei palinsesti radiofonici (Radio3) e televisivi (Rai1, Rai3 e Rai5), l’OSN Rai ha contribuito alla diffusione del grande repertorio sinfonico e delle pagine dell’avanguardia storica e contemporanea, con commissioni e prime esecuzioni che hanno ottenuto riconoscimenti artistici, editoriali e discografici. Esemplare dal 2004 la rassegna di musica contemporanea Rai NuovaMusica. L’Orchestra tiene a Torino regolari stagioni concertistiche e cicli speciali, ed è spesso ospite di importanti festival quali MITO SettembreMusica, Biennale di Venezia, Ravenna Festival e Sagra Malatestiana di Rimini. Tra gli impegni istituzionali si annoverano i concerti di Natale ad Assisi trasmessi in mondovisione e le celebrazioni per la Festa della Repubblica. Nel 2006 è stata invitata al Festival di Salisburgo e alla Philharmonie di Berlino per celebrare l’ottantesimo compleanno di Hans Werner Henze. Tra i recenti impegni: Abu Dhabi Classics, una tournée in Germania, Austria e Slovacchia, il debutto in concerto al Festival RadiRO di Bucarest nel 2012 e nel 2013 al Festival Enescu, una tournée in Germania e Svizzera nel novembre 2014. Importante il debutto, con il suo direttore principale Juraj Valčuha, al Musikverein di Vienna e il ritorno alla Philharmonie di Berlino. L’OSN Rai ha partecipato ai film-opera Rigoletto a Mantova, con la direzione di Mehta e la regia di Bellocchio, e Cenerentola, una favola in diretta, trasmessi in mondovisione su Rai1. L’Orchestra si occupa, inoltre, delle registrazioni di sigle e colonne sonore dei programmi televisivi Rai. Dai suoi concerti dal vivo sono spesso ricavati cd e dvd. 9 Gergely Madaras ha guadagnato rapidamente fama in Europa come uno dei giovani direttori più promettenti. Nato a Budapest nel 1984, nel 2013 ha assunto l’incarico di direttore musicale dell’Orchestra di Digione e nel 2014 è stato nominato direttore principale della Savaria Symphony Orchestra in Ungheria. Dopo il suo debutto nel 2010 al Musikverein di Vienna, ha lavorato con alcune importanti orchestre come BBC Symphony, Janáček Philharmonic, Academy of Ancient Music, Orchestra del Teatro Regio di Torino, Houston Symphony, Scottish Chamber Orchestra. La stagione 2014/2015 ha visto il suo debutto australiano con le orchestre Melbourne Symphony, Queensland Symphony e Auckland Philharmonia. Gergely Madaras ha anche un’ottima reputazione come direttore d’opera: nel 2012 è stato designato come primo beneficiario del Charles Mackerras Fellowship presso la English National Opera: durante i due anni in carica ha lavorato alle produzioni di Benvenuto Cellini, The Pilgrim’s Progress, Wozzeck, Rigoletto, Barbiere di Siviglia, e nel 2013 è stato invitato dalla English National Opera a dirigere il nuovo allestimento del Flauto magico di Simon McBurney a Londra e ad Amsterdam nel 2015. Altri impegni sono stati il Peer Gynt di Edvard Grieg a Digione e la direzione del concerto d’inaugurazione del XXX International Bartók Festival con Il castello del Duca Barbablù. I progetti futuri in Ungheria comprendono le rappresentazioni in forma semiscenica di La traviata, Lucia di Lammermoor, Il flauto magico e Otello all’Opera di Stato di Budapest. Nel 2016 debutterà al Grand Théâtre de Genève con un’altra produzione del Flauto magico. 10 Nato a Londra, Nicolas Hodges ha iniziato la sua formazione musicale presso la Christ Church Cathedral School di Oxford, al Winchester College e presso la University of Cambridge. Ora vive in Germania dove insegna alla Musikhochschule di Stoccarda. La collaborazione con compositori contemporanei come John Adams, Helmut Lachenmann, e molti altri, occupa una parte importante del suo lavoro. Molti di loro, come Adès, Barry, Birtwistle, Carter, Dusapin, Francesconi, Furrer, Saunders e Sciarrino, gli hanno dedicato loro composizioni. Le tappe importanti della sua carriera internazionale sono state la prima mondiale dei Dialogues di Elliott Carter per pianoforte e orchestra con la Chicago Symphony Orchestra, la prima tedesca con i Berliner Philharmoniker e Daniel Barenboim e la prima esecuzione assoluta del concerto per pianoforte In Seven Days di Thomas Adès con la London Sinfonietta, seguita da esecuzioni con la London Symphony e la Los Angeles Philharmonic. Nicolas Hodges è molto attivo anche nel campo della musica da camera collaborando con il Quartetto Arditti,�Adrian Brendel, Colin Currie, Ilya Gringolts, Anssi Karttunen e come membro del Trio Accanto. Fra i principali impegni per la stagione 2014/2015, la prima mondiale delle Variazioni da Golden Mountain (Birtwistle) alla Wigmore Hall di Londra e la prima mondiale di un brano di Simon Steen-Andersen commissionato dalla SWR Sinfonieorchester diretta da François-Xavier Roth. Nel corso di questa stagione, debutta con la Finnish Radio Symphony Orchestra e JukkaPekka Saraste; è inoltre impegnato in recital e concerti di musica da camera al Melbourne Recital Centre, al Musikfest di Berlino, alla Philharmonie di Colonia, alla Tonhalle di Zurigo, al Festival Musica Nova di Helsinki e all’Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma. Nella prossima stagione tornerà con la London Philharmonic all’Acht Brücken Festival di Colonia e ancora alla Wigmore Hall di Londra. La discografia di Nicolas Hodges include opere solistiche e concerti di Adams, Adès, Birtwistle, Carter, Finnissy, Ferneyhough, Furrer e Rolf Riehm. Progetti di registrazione in corso prevedono opere di Brian Ferneyhough, Walter Zimmermann e Harrison Birtwistle. 11 Domenica 13 settembre ore 11 - Auditorium Rai Arturo Toscanini Concerto straordinario seguito da aperitivo Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Juraj Valčuha, direttore Bedřich Smetana: La Moldava, poema sinfonico Nino Rota: La strada, suite dal balletto Johann Strauss figlio: Valzer e polke Posto unico numerato euro 10 in vendita presso la biglietteria di MITO SettembreMusica Via San Francesco da Paola, 6 tutti i giorni 10.30/18.30 e on-line www.mitosettembremusica.it Seguiteci in rete – facebook.com/mitosettembremusica.torino – twitter.com/mitotorino – youtube.com/mitosettembremusica – flickr.com/photos/mitosettembremusica – pinterest.com/mitotorino 12 Da oltre 30 anni a casa e in hospice per le persone affette da malattie degenerative e bisognose di cure palliative. Ogni anno migliaia di ammalati in Piemonte hanno bisogno di cure palliative. La Fondazione F.A.R.O. o.n.l.u.s. nel 2014 ha assistito oltre 1500 pazienti e le loro famiglie, gratuitamente, tutti i giorni dell’anno, a casa e in hospice. Con il tuo aiuto possiamo fare ancora di più. Come? Puoi sostenere la Fondazione F.A.R.O. o.n.l.u.s. con una delle seguenti modalità: • con un versamento presso la nostra sede legale in via Oddino Morgari 12 a Torino, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17 tramite i seguenti conti correnti: • UNICREDIT BANCA IBAN IT98W0200801133000110048914 POSTE ITALIANE BOLLETTINO POSTALE SU CONTO 33651100 • con la destinazione del 5XMILLE, indicando il codice fiscale della Fondazione F.A.R.O. o.n.l.u.s 97510450014 e apponendo la tua firma negli appositi spazi della dichiarazione dei redditi; con • un lascito testamentario in forma scritta e preferibilmente redatto da un notaio, esente da tassa di successione e, in mancanza di eredi diretti, evita che il patrimonio passi allo Stato. FONDAZIONE F.A.R.O. o.n.l.u.s. DAL 1983 Via Oddino Morgari, 12 - 10125 Torino Tel. 011 888 272 - Fax 011 888 633 - www.fondazionefaro.it [email protected] - [email protected] SEZIONE VALLI DI LANZO Via Marchesi della Rocca, 30 - 10074 Lanzo To.se - Tel. 0123 322 599 ASSOCIAZIONE AMICI DELLA F.A.R.O. o.n.l.u.s. Via Oddino Morgari, 12 - 10125 Torino Tel. 011 888 272 - Fax 011 888 633 - [email protected] 13 EXPO MILANO 2015. UNO SPAZIO UNICO PER CULTURA, EVENTI E IDEE. THE WATERSTONE. LO SPAZIO DI INTESA SANPAOLO AL CENTRO DI EXPO. NOI CI SIAMO. Siamo in Expo Milano 2015 con THE WATERSTONE per offrire a tutti i visitatori un calendario ricco di iniziative con 184 giorni di programmazione, 80 appuntamenti culturali e 250 eventi. Saranno questi a raccontare al meglio la musica, l’arte e la cultura di un grande Paese: il nostro. Inoltre, sarà possibile ammirare il dipinto Officine a Porta Romana di Umberto Boccioni e immergersi nell’installazione artistica L’Orizzonte in Movimento progettata da Studio Azzurro. Il calendario degli eventi, delle performance e degli incontri è su www.expo.intesasanpaolo.com www.expo.intesasanpaolo.com 14 Messaggio pubblicitario. Compagnia di San Paolo, una fondazione per lo sviluppo della società ARTE, ATTIVITÀ E BENI CULTURALI, FILANTROPIA E TERRITORIO, INNOVAZIONE CULTURALE, POLITICHE SOCIALI, RICERCA E SANITÀ La Compagnia di San Paolo è una delle maggiori fondazioni private in Europa. Istituita nel 1563, la sua missione è favorire lo sviluppo civile, culturale ed economico delle comunità in cui opera, perseguendo finalità di interesse pubblico e utilità sociale. I redditi prodotti dal suo patrimonio, accumulato nei secoli, sono posti al servizio di queste finalità istituzionali. La Compagnia di San Paolo è attiva nei settori della ricerca e istruzione superiore, delle politiche sociali, della sanità, del patrimonio artistico e delle attività culturali. È membro del European Foundation Centre (EFC) e dell’ACRI, l’Associazione italiana delle Fondazioni di origine bancaria e delle Casse di Risparmio. 15 Impaginazione e stampa: Alzani Tipografia - Pinerolo (TO)