Università di Bologna Polo Scientifico Didattico di Rimini Dipartimento di Discipline Storiche imaGo Laboratorio di ricerca storica e di documentazione iconografica I percorsi 1 Giovani in fotografia Vasto 1960-1976 * di Daniele Monteferrante * Questo saggio è una rielaborazione di una parte della tesi: ”Mode e culture giovanili in ottanta immagini fotografiche.” Relatore: Prof. Paolo Sorcinelli, Correlatore: Dott. Daniela Calanca Materia: Storia Sociale Corso di Laurea in Culture e tecniche del costume e della moda Anno Accademico 2004-2005 Facoltà di Lettere e Filosofia Alma Mater Studiorum – Università di Bologna – Sede di Rimini ! " I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 2 1. “Anticoppia” Sono tempi esaltanti, caratterizzati da senso di onnipotenza alternato a un certo stordimento desiderio di appartenenza al collettivo. (D. Calanca, <<L’Italia dei nostri padri se ne va. Italia addio!>>, in P. Sorcinelli (a cura di), Gli anni del rock (19541977), Bononia University Press, Bologna 2005, p. 49). Se l’antimoda, nel periodo che va tra gli anni Sessanta e Settanta, può essere intesa come piena libertà di espressione da parte dei giovani attraverso significativi cambiamenti di rottura con il passato, nell’ambito del vestiario, del comportamento e dell’atteggiamento nei confronti della società, nell’ambito dei rapporti affettivi, si può parlare di “anticoppia”. Dal punto di vista del vestiario, il look della coppia è caratterizzato generalmente dai capelloni e i baffi per lui e capelli lunghi sistemati in modo incurante per lei; entrambi spesso calzano scarpe di diverso modello ma con il tacco. Non è un caso che in questo periodo le magliette ritraggono la stampa di due bandiere, dell’Inghilterra e dell’America, simboli evidenti di due paesi sviluppati e emancipati riguardo ad argomenti importantissimi per i giovani del tempo, come la musica e le mode. Ma, sono i sentimenti che, mostrati tramite atteggiamenti molto più volubili e disinibiti, e tramite l’abbigliamento e il look, denotano nuove forme di coppia rispetto allo standard. In tal senso, si riscontrano, per esempio, anche nuovi modi di porsi che potrebbero far pensare anche a un semplice rapporto di amicizia e non d’amore. Si potrebbe quasi affermare che i giovani, tra gli anni Sessanta e Settanta, siano i fondatori e gli insegnanti che hanno inventato e insegnato il rapporto di coppia amichevole. Stiamo parlando di un rapporto non basato semplicemente sul fidanzamento, così come era inteso sino a un paio di decenni precedenti, <<durante il quale i futuri sposi intrattenevano relazioni frequenti, seppure quasi esclusivamente in pubblico: si andava a ballare, al cinema, a passeggio, ma quasi sempre in compagnia di amici o parenti, i quali esercitavano così un discreto ma costante controllo>>.( D. Calanca, Famiglia e famiglie, in P. Sorcinelli (a cura di), Identikit del Novecento. Conflitti, trasformazioni sociali, stili di vita, Donzelli, Roma 2004, p. 130). Una quotidianità che molte volte diventava monotona, meccanica e troppo formale proprio perché era spesso dominata da un “terzo occhio”, facendo mancare quei tratti caratteristici che si sviluppano innanzitutto in un rapporto di amicizia forte, e che richiede naturalmente dei periodi, se pur brevi, di intimità, per far sì che nascano i tratti del buon confidente, del buon ascoltatore, del I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 3 buon consigliere, e quindi del buon “partner/amico”, con cui poter parlare, scherzare e sentirsi liberi di vivere la relazione. Rita Pavone, cantando diceva di provare per il suo ragazzo passione, non amore. La parola trasmetteva bene l’idea di un’emozione forte, di un’attrazione fisica, carnale, un po’ differente dall’amore convenzionale, ammantato di bacini, bacetti e sospiri in attesa del sospirato matrimonio. (D. Giachetti, Anni sessanta comincia la danza. Giovani, capelloni, studenti ed estremisti negli anni della contestazione, BFS, Pisa 2002, pp. 5051). Si può notare, inoltre, che anche il corteggiamento, se negli anni Sessanta è una pratica diffusa nell’approccio verso l’altro sesso, in futuro, negli anni Ottanta cambia, in quanto realmente determinate pratiche vanno scomparendo con “l’allontanarsi” dal decennio Sessanta, e con esso va affievolendosi anche quella “sicurezza” derivante dall’utilizzare determinate pratiche formali per avvicinarsi all’altro sesso. Il corteggiamento, quindi, con la sua ritualità, permetteva di diluire le ansie e di controllare la situazione attraverso tappe e segnali convenzionali […]. Si pensi a come è cambiato il corteggiamento iniziale del ragazzo nei confronti della ragazza già solo paragonando la generazione degli anni Sessanta a quella degli anni Ottanta: i ragazzi che avevano diciotto anni alla metà degli anni Sessanta usavano, per il primo approccio verso una ragazza, i bigliettini, le comunicazioni indirette attraverso amici […], e nel periodo immediatamente successivo erano “sempre presenti” con continue telefonate, con la compagnia nei trasferimenti quotidiani, con piccoli regalini. Tutto ciò creava, accanto all’inevitabile “paura”, un clima di sostanziale conforto, di piacere, di sotterranea sicurezza […]. Gli adolescenti degli anni Ottanta, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno praticamente abbandonato tutto questo – a parte, forse, l’insistenza dei contatti telefonici che però esprime spesso proprio un’incapacità di comunicazione diretta […]. (D. Pela, P. Sorcinelli, Generazioni del Novecento. Guerra, famiglia, partecipazioni, consumi, La Nuova Italia, Firenze 1999, pp. 151-154). Si potrebbe sostenere che il rapporto di coppia sorto in questi anni “abbatte” il precedente tradizionalista e ne insegna uno nuovo al futuro, in cui acquistare maggiore familiarità con il proprio partner, sotto ogni aspetto, diventa fondamentale. Coincide quest’osservazione con una frase pronunciata dall’ormai non più giovanissima donna presente in una foto del 1976: <<Io e mio marito sin da giovani siamo sempre stati due libri aperti>>. ( commento) Il binomio amicizia-amore è riscontrato soprattutto nel tempo libero in cui le giovani coppie godono della vacanza al mare, e in alcuni casi lontani dalla spiaggia della Marina di Vasto (in provincia di Chieti) per trascorrere un weekend sulle isole Tremiti, luogo di relax e spensieratezza. Naturalmente “questo tempo” rispecchia per le giovani coppie il vero momento per lasciarsi travolgere nel piacere con la persona amata, e non solo, ma nell’unire il benessere dell’amore verso il partner a un sentimento forte come quello dell’amicizia. I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 4 Si può infatti riscontrare che nell’ambito del rapporto di coppia il sentimento dell’amicizia acquista un valore quasi primario, in quanto, da un lato, la coppia desidera godere isolatamente di questi momenti di serenità, ma d’altro canto ama, nel contempo, sentire vicino la confidenza degli amici che fanno acquistare maggior valore a quei rapidi momenti. Le caratteristiche del look e dell’abbigliamento da mare del periodo sono gli occhiali Rayban, capelloni, baffi e pantaloncini in jeans, questi ultimi raramente utilizzati oggigiorno dai ragazzi grazie al grande successo dei boxer da mare. Si può notare, a volte, che gli abiti indossati dalle coppie hanno, nel modo di sfoggiarli, particolarità simili. Un esempio potrebbe essere la particolarità, fatta a mano, del risvolto. Potrebbe sì essere una moda generale, un modo caratteristico di perfezionare un particolare dell’abito, però in alcuni casi è palese il desiderio di vestire con abiti identici in cui sia i jeans che la maglietta di entrambi sono uguali. Questa osservazione potrebbe farci comprendere quanto per le giovani coppie era importante accomunarsi ai coetanei amici, ma ancor di più rendere evidente l’importanza che nella vita personale aveva il proprio rapporto con il partner, un rapporto basato, probabilmente, sull’uguaglianza e il rispetto reciproco, che trova come modo migliore di sottolinearsi socialmente per mezzo dell’abito e dei suoi dettagli. Inoltre, si può riscontrare come gli anni Settanta siano testimoni della nascita di un rapporto dove l’intimità diventa un “elemento” essenziale. Non più serate sotto sorveglianza o scappatoie per star soli, ma vacanze godute alla luce del giorno nelle città più grandi della penisola. Osserviamo che si possono riscontrare forti differenze nel rapporto di coppia e nel modo di porsi verso l’altro tra una coppia di giovani di inizi anni Sessanta e una coppia di giovani di metà anni Settanta, vale a dire da coloro che sono stati ventenni prima di quel “1968”, fulcro di cambio generazionale, e coloro che hanno la medesima età nel periodo post-rivolta, successivo quindi al “1968”. Tra la giovane coppia dei primi anni Sessanta emerge il piacere da parte di entrambi di ostentare un look più ordinato e la voglia di attribuire importanza ad un abbigliamento quotidiano di maggior valore rispetto a quei giovani che hanno vissuto il pieno “sessantotto” o, perlomeno, l’immediata fase successiva; un periodo in cui le turbolenze giovanili si espandono a livello mondiale e confluiscono anche nei piccoli borghi, rispecchiandosi nell’ostentazione di un abbigliamento più consono a mostrare i valori di libertà e indipendenza asseriti dal mondo giovanile. I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 5 2. Amicizia, cleptomania delle idee L’amicizia, tema emotivamente coinvolgente, è uno dei sentimenti più forti, sentiti e centrali nell’ambito della vita quotidiana e senza dubbio un segmento che si svela nel campo di valori e di studi della storia sociale, mantenendo un’importanza fondamentale. Questo sentimento di affetto vivo e reciproco tra due o più persone, non ha mai rinunciato ad evidenziarsi nella vita di ogni singolo individuo nel corso del tempo, ancor di più si esplica in questo periodo di forte scissione dal passato, in cui vi è una forte dimostrazione dell’affettività lontana da quelle inibizioni derivanti da una rigida educazione familiare dei periodi precedenti. L’amicizia negli anni Settanta non la riscontriamo solo ed esclusivamente nell’attaccamento verso una singola persona, ma si palesa nell’unione di tanti amici, nel gruppo o conoscenti che magari lo diventeranno: entrare a far parte di un gruppo […] comporta qualcosa di più della mera accettazione dei valori che lo caratterizzano; significa cogliere le cose in quell’ “aspetto”, i concetti in quella sfumatura di significato, i contenuti psico-intellettuali in quella forma in cui sono presenti per il gruppo. (K. Mannheim, Sociologia della conoscenza, Dedalo, Bari 1974, pp. 335-66 passim). Il desiderio di “appartenergli” si rispecchia con la voglia di circoscriverlo in un affresco fotografico, magari come orgoglioso ricordo, in cui sorrisi un po’ imbarazzati, visi entusiasti, atteggiamenti stravaganti di chi mostra il panino o la bevanda che ha in mano o chi si pone al centro del gruppo forse perché sa di indossare l’abito e portare l’acconciatura più bizzarri, fino ad arrivare a chi in modo più schivo ed imbarazzato si pone in un atteggiamento quasi di nascondiglio. Si viene a creare un collegamento tra quei giovani che vivono un vitale e necessario sentimento. Guardando attentamente le foto si nota che l’atteggiamento scherzoso e umoristico rende chiara la presenza di una grande amicizia; comportamenti esuberanti che non si limitano a un semplice scherzare, ma sconfinano nella voglia di esprimersi pienamente con i propri coetanei, distogliendo lo sguardo da ogni artificiosità per godersi la naturalezza di una campagna vastese. È un periodo in cui troviamo una miriade di elementi che accomunano i giovani, i quali ritengono il valore dell’amicizia e lo stare bene insieme come fondamenti essenziali del vivere quotidiano. Si potrebbe definire, dall’osservazioni delle foto, una “cleptomania delle idee”, concepita come desiderio nell’accaparrarsi dei risultati derivanti dall’estro creativo dei coetanei, tra quei giovani che si accomunano in gruppi. Infatti, a ben notare, nel complesso facilmente dal vestiario di un periodo si riesce a indirizzare l’abbigliamento di un individuo in un tempo definito, anni Sessanta, Settanta, Ottanta, ma scrutando i particolari e soprattutto osservando il giovane all’interno della cerchia dei coetanei più stretti, si può evidenziare come uno o due persone rappresentino i prototipi dai quali il gran numero dei compagni riprendono chi un particolare e chi un altro. I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 6 Il giovane che solitamente in foto assume la posizione centrale, con un look scompigliato ed esuberante, potrebbe essere considerato non solo il fulcro caratteristico nell’assunzione di particolari del look, ma il perno delle idee e magari degli ideali all’interno del gruppo. Il giovane, quale punto di riferimento, potrebbe essere ritenuto il possessore di un estro creativo ammirato dai suoi compagni, e di cui lui stesso ne è a conoscenza e magari se ne vanta, ricordando oltretutto la frase pronunciata da un “vecchio ragazzo”: <<andavo dalla sarta spendendo tanto per avere solo io quei pantaloni>>. (commento) Si viene ad esprimere quella che è l’identità collettiva. (Cfr. D. Pela, P. Sorcinelli, Generazioni del Novecento, cit., p. 189). Se in quanto sistema di relazioni e di rappresentazioni l’identità esprime la capacità di stabilire una differenza rispetto agli altri, di collocarsi all’interno di un campo attraverso un’indagine strategica di comportamento, il versante individuale dell’identità rivela un’inevitabile correlazione con quello collettivo, ossia una situazione in cui il soggetto collega la coscienza di sé alla coscienza di uno o più gruppi in cui è inserito o con cui interagisce. Gli studi più recenti, al riguardo, suggeriscono che la costruzione dell’identità collettiva giunge a connotare i comportamenti degli individui soprattutto nell’ottica di una ricerca di gratificazioni simboliche […]. (ibid). Spesso si può notare un aspetto femmineo che accomuna gli amici, quell’aspetto che si ritrova in molti ragazzi “sessantottini”: partendo dal taglio dei capelli, quasi uguale tra i ragazzi, si nota un look puntigliosamente curato, la maglietta aderente con un’immagine del periodo, forse un’icona del tempo e la canottiera autorèverse a tratti rossa e nera indossata anche a strisce alternate, quest’ultimo riscontrabile in un vero simbolo del “1968” insieme ai pantaloni a forma di campana, di colori anche stravaganti, e alle cinte da portare come particolare ma lontane dalla loro funzione di utilità. Il tempo libero era, com’è tutt’oggi, il periodo per stare insieme, per divertirsi senza il “pensiero” della scuola o del lavoro. Non mancano immagini fotografiche che attestano l’amicizia giovanile in uno degli aspetti più belli del tempo libero: la vacanza al mare. Momenti irripetibili da fermare, da documentare e chissà, da archiviare per poi un giorno riportare alla luce un momento storico del sociale di ogni singolo individuo. Il contesto del tempo libero giovanile di inizi anni Sessanta rispecchia l’accoppiata vincente nel mostrare da un lato i propri costumi, e dall’altro gli abbracci e le strette di mano propri del sentimento affettivo. Negli anni Settanta, una certa sicurezza, rilassatezza e un moltiplicarsi delle proprie gioie le riscontriamo in quei fine settimana passati insieme a chi ci si accomuna, in cui il gruppo di amici vastesi gode del benessere del tempo libero in una mini vacanza fuori Vasto. I giovani non I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 7 indossano una comoda tuta da scampagnata, bensì ciò che li caratterizza sempre come il look disinvolto e curato, maglietta, camicia e giacca aderente e persino gli occhiali da vista, non di basso costo, sembrano assumere già quel grande valore estetico tipico dei giorni nostri. Si evidenzia la volontà di usufruire del tempo libero non solo tra le “pareti domestiche”, ma partire era un’occasione per stare fuori casa insieme ai coetanei, lontani dalla routine e molte volte, soprattutto se parliamo del decennio Sessanta, per stare lontani dagli sguardi degli adulti per divertirsi liberamente. Uno dei luoghi tipici della Marina di Vasto era, ed è ancora, la pineta dove i giovani solitamente si incontravano nei weekends estivi, o durante le lunghe vacanze scolastiche o lavorative che fossero, in cui si passava la giornata, dalla tarda mattinata a tramonto inoltrato. Momenti in cui si accendeva una radio a batteria o si alzava la cappotta della macchina con le casse più potenti (per chi poteva permetterselo), per ballare a ritmo delle musiche preferite, abbracciarsi, ridere e nel frattempo sfoggiare quei caratteristici capi di abbigliamento che sottolineano questa importante fase della storia sociale italiana. I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 8 3. Artisti di se stessi Dagli inizi degli anni Sessanta l’abito e gli atteggiamenti che scaturiscono dall’indossarlo hanno acquistato un’importanza sempre maggiore, non solo come manifestazione di rivolta, intesa come disubbidienza al buon costume nazionale e soprattutto familiare, di difesa dal conformismo, di abbattimento dei vecchi canoni sociali, ma come vera e propria rivelazione di piacere individuale del giovane, verso se stessi e verso gli altri. Per coloro che vivono la gioventù tra gli anni Sessanta e Settanta mantenere alto il proprio aspetto esteriore è importante al lavoro, al mare, in montagna e in tutte quelle occasioni in cui, quel tocco di originalità che identifica il giovane, è immancabilmente presente. Si va formando un nuovo individuo che ama se stesso e cerca di palesare ogni propria particolarità in tutti gli “eventi” della vita. Il piacere individuale, poc’anzi affermato, è inteso come amore verso se stessi, un amore che scaturisce dalla volontà di dare valore a tutto ciò che si possiede, dalla bellezza esteriore alla capacità di manifestare determinati atteggiamenti, di imitare posture costruite, quelle proprie di alcune star del periodo, fino a rendere vivo il proprio gusto individuale nel vestire, nell’acconciarsi e nel posare per una fotografia unica. Diventa importante davanti la macchina fotografica avere un atteggiamento disinvolto ma studiato, un viso sorridente e sensuale; giovani che comprendono l’amore verso la propria persona ma tengono in gran conto dell’opinione altrui, in particolare di quella dei coetanei e, molto meno, invece, dei pareri e delle convinzioni personali degli adulti. Sia durante le ore di lavoro che durante il tempo libero viene ricercata un’immancabile cura dell’aspetto esteriore. Per quanto riguarda i giovani e il lavoro vediamo che non manca chi, durante le ore delle attività lavorative, si fa immortalare in un’immagine fotografica. Pur riscontrando, in questo caso, un contesto distante da quello del tempo libero, dove si dichiara la spensieratezza e il riposo mentale e fisico, possiamo notare come anche nell’ambito lavorativo viene ricercato un modo elaborato e coordinato nel curare l’aspetto della persona. Certamente sarà soprattutto nei momenti di svago e di vacanza che si sottolineerà la propria originalità sia nell’abbigliamento che nel farsi immortalare dall’obbiettivo mettendo in scena posture costruite, proprie dei divi del periodo. Seduta sul balconcino di uno stabilimento balneare vastese, la ragazza assume un atteggiamento tra il disinvolto e il costruito, felicemente in posa per una foto non distante da quella di una diva I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 9 hollywoodiana. Possiamo notare il particolare degli occhiali, di forma e dimensione stratosferiche, utilizzati sia per il puro piacere di farsi notare e sia, in quanto accessorio che permette un cambio del look, magari dal giorno precedente; tutto ciò riscontrabile nel semplice – desiderio di mostrare agli altri – il proprio – gusto per la metamorfosi. (Cfr. D. Calanca, Storia sociale della moda, cit., p. 103). Mostrare se stessi in costume da bagno e occhiali da sole fa comprendere oltre alla ormai passata inibizione di mostrarsi in bikini, il vero piacere di farsi guardare e ancora una volta fotografare in un atteggiamento che vorrebbe apparire inconsapevole, ma è perfettamente costruito e si potrebbe affermare, quasi spontaneo per l’abitudine a determinate pose desiderate e volute. L’aspirazione di molte giovani donne vastesi degli anni Sessanta non si limitava alla semplice “fotografia ricordo”, ma il desiderio di sfilare davanti a un pubblico trova la sua realizzazione negli eventi organizzati dalla cittadina, come il <<Festival delle Sirene>>, – una rassegna internazionale delle cantautrici e delle bellezze in costume da bagno – . (B. Fiore, Dal benessere agli anni ribelli, Cannarsa, Vasto 2002, p. 50, pp. 74-75). Dalla cronaca vastese del 1968 si legge: Il terzo Festival delle Sirene di Vasto, rassegna internazionale delle cantautrici e delle bellezze in costume da bagno 1968, si è concluso all’insegna del più avvincente successo. L’ottima regia di Pino Correnti, ideatore dello spettacolo, coadiuvato dalle scenografie di Franco e Lalla Cheli e dall’ancor più valente orchestra diretta dal maestro Dino Cocchini, ha siglato l’eccezionale livello artistico della manifestazione […]. (<< Il Tempo>>, 2 settembre 1968). La cronaca vastese del 1966 invece evidenzia il luogo della grande manifestazione: Organizzato dall’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Vasto e dalle Grandi manifestazioni internazionali di Pino Correnti, si svolgerà, sul palcoscenico del Teatro Politeama Ruzzi di Vasto, il “Festival delle Sirene” rassegna internazionale delle “Cantautrici” e concorso per le migliori indossatrici di costumi da bagno […]. (<<Il Tempo>>, 17 settembre 1966). Nel 1967 il Festival delle Sirene diventa la “Sirena d’Europa” che vede le partecipanti provenire da tutto il continente, in questa occasione la cronaca vastese scrive: […] Sul Palcoscenico del Politeama Ruzzi di Vasto si offrirà al gusto del pubblico ed alla critica di un autorevole Giuria, presieduta dal maestro Giovanni D’Anza e costituita da esponenti del giornalismo italiano, la passerella internazionale delle “cantautrici” e delle bellezze in costume da bagno convenute da tutta Europa per la proclamazione della donna ideale per requisiti naturali a recare il messaggio di grazia e virtù per il mondo […]. (<<Il Tempo>>, 10 settembre 1967). Da questi riassunti della cronaca vastese si può sottolineare una vera e propria enfasi per l’organizzazione di eventi sociali, dove, gli interessi dei giovani trovano riscontro nelle iniziative della cittadina. I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 10 Ogni persona diventa l’artista di se stesso, che realizza un’opera d’arte sempre più interessante, individuale e piacevolmente coordinata con una miriade di opere d’arte simili tra complesso, ma dissimili in originalità. I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it loro nel 11 4. “Narcisismo ingenuo” Dalle diverse foto ritrovate sembrerebbe quasi che una forte curiosità di se stessi faccia parte della quotidianità dei giovani, una curiosità atta a sfamarsi con la scoperta delle proprie doti innate, che potrebbero riguardare da un lato, la propria naturale esteriorità e, dall’altro, la capacità di mettere in atto quegli atteggiamenti artificiali che maggiormente individuano chi o come si vorrebbe essere agli occhi di chi guarda, osserva o scruta. Un “narcisismo ingenuo”, inteso come la consapevolezza e l’adorazione delle proprie qualità esteriori ed interiori, che vanno dalla bellezza del corpo e del viso alle facoltà mentali, caratterizza i giovani di questo periodo, che frugano in se stessi, amano frugare negli altri e amano essere frugati, con il piacere di apparire interessanti e la volontà di materializzare tale interesse. Si tratta di un narcisismo non caratterizzato dalla vanità, che è la caratteristica di chi prova e ostenta un alto concetto di sé stesso, ricercando tutto ciò che, in un qualche modo, può far risaltare le proprie qualità personali. Quest’ultima affermazione potrebbe essere riscontrata, invece, in quella <<cultura narcisistica>> (Cfr. L. Gorgolini, I consumi, in P. Sorcinelli, A. Varni, (a cura di), Il secolo dei giovani, le nuove generazioni e la storia del Novecento, Donzelli, Roma 2004, pp. 243-248) che si evidenzia nella quotidianità dello yuppie; tale termine è utilizzato per indicare il giovane “impegnato” degli anni Ottanta. Tale “narcisismo ingenuo” riscontra una diversità dei valori tra gli anni Sessanta e Settanta (in cui ritroviamo come valori fondamentali la libertà, l’indipendenza, l’amore e l’amicizia) rispetto a quelli degli anni Ottanta (cinismo e individualismo). Alla fine degli anni Sessanta pose fermate sembrano fuoriuscire da un film del periodo, con cappello esuberante, capelli lunghi e maglietta a fiorellini, in cui si può osservare sia il desiderio individuale sia la speranza di potercela fare a realizzare il sogno nascosto di diventare attrice o, perlomeno, di credere alla realizzazione di questa utopia grazie ai complimenti dei propri coetanei che magari confermano la bellezza e la capacità di mettere in atto determinate posture significative che la ragazza spera di possedere. A tal proposito si può ricordare che dalla fine degli anni Cinquanta i giovani iniziano ad imitare tutti quegli attori che il cinema statunitense propone nella proiezione dei film. Tutto ciò che il cinema “sponsorizza” agli inizi degli anni Sessanta è evidenziato dagli atteggiamenti che le giovani ragazze assumono per esempio nel farsi immortalare sotto l’ombrellone, in un atteggiamento che ha del presuntuoso, mostrando uno dei costumi tipici del tempo che, con motivi a rombo, sfuma in un effetto psichedelico, anticipando quell’atmosfera allucinante in cui vivranno i giovani nella seconda metà degli anni Settanta. I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 12 5. Musica e motori, un “Vasto” riscontro nella penisola e nel mondo Dalla metà degli anni Cinquanta viene ad assumere un ruolo di primaria importanza la musica, elemento modificatore che innesca cambiamenti nella moda, nei comportamenti e negli atteggiamenti situandosi nell’ambito dei punti vitali della quotidianità giovanile. È proprio in questo periodo che tale elemento viene a costituire <<un collante aggregativo che rende reale e concreto il sogno di una trasformazione epocale>>, (L. Spaziante, Forever young: Il rock dal 1954 al 1978, significato ed espressione di una nuova musica, in P. Sorcinelli (a cura di), Gli anni del rock, cit., p. 167) diventa sempre più quell’arte che accomuna, che rende magici i momenti dell’amicizia, l’affettuosità della coppia e diventa protagonista in tutte quelle situazioni in cui il tempo libero è in sintonia con la giovinezza. Il 1960 e il 1970 sono anni che vedono in Italia la nascita di numerosissimi gruppi musicali locali, ispirati indubbiamente a quei miti che nel tempo hanno fatto storia, come i Beatles e Rolling Stones. La storia del primo gruppo musicale ebbe inizio a Liverpool in Inghilterra verso la fine degli anni Cinquanta come gruppo della musica leggera, mentre i Rolling Stones agli inizi degli anni Sessanta s’impongono, si potrebbe dire, come alternativa trasgressiva dei Beatles. L’imitazione dei grandi del periodo ha senza dubbio un ruolo primario, ma l’unione in complessi musicali, nasce anche dalla volontà di esprimere il desiderio di condividere una nuova passione con i propri coetanei attraverso un nuovo canale musicale: il rock. Agli inizi degli anni Settanta si palesa lo stereotipo di gruppo musicale che in quel decennio e nel decennio precedente rispecchia il germogliare di un fenomeno che si espande a goccia d’olio. In Italia, nel biennio 1965-1966, si formano circa 5000 complessi beat, […] quelli che ebbero una certa continuità di lavoro furono circa 1000. […] Erano migliaia i giovani affascinati dalla musica beat, “circa trecento complessi” nel 1967, decine e decine che stavano sorgendo, formati soprattutto da giovani lavoratori i quali, dopo otto ore di lavoro, si chiudevano a suonare per altre tre-quattro ore negli scantinati o in piccoli retrobottega. (Ivi, pp. 117-118). Da alcune immagini fotografiche si nota come il nome del gruppo viene utilizzato per mettere in atto l’estro dei ragazzi nell’aspetto scenografico, i quali si servono per esempio di cinque cubi sui cui riportano l’iniziale del proprio nome che nell’insieme formano il nome del gruppo: ALTAR. Sembra quasi che il loro motto sia “ognuno vale per sé e nell’insieme doniamo la nostra arte”. Punto evidente è il protagonista-cantante centrale che cura ogni particolare della propria persona: I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 13 dal look alla camicia aderente, ai pantaloni scampanati e allo stivaletto fino alla chitarra per ottenere un insieme perfetto. In altri casi il medesimo gruppo musicale cambia l’aspetto scenografico. Si osserva come l’importanza del complesso non sia esclusivamente intrinseca alla musica, ma venga dato rilievo anche all’aspetto di contorno in base al contesto in cui viene esplicata la propria arte. Se il nome del gruppo in una serata si forma nell’assemblare le lettere iniziali dei nomi dei cantanti utilizzando come elemento di originalità il cubo, successivamente, da un lato, su un pannello disegnato e colorato e, dall’altro, con lettere a caratteri cubitali poste sullo strumento ritmico a percussioni. La musica in questo periodo nasce e si sviluppa come esigenza e come espressione della personalità individuale di ogni singolo giovane musicista per sboccare collettivamente in una moda, in comportamenti e atteggiamenti accomunanti. A Vasto, una cittadina di 40.000 abitanti, il “Festival dei complessi musicali” nasce come iniziativa giovanile sulla scia, a livello nazionale, della comparsa dei primi festival musicali che ottengono un enorme successo. Negli anni Sessanta nella cittadina si erano esibiti in concerto molti grandi della musica italiana come i Nomadi, I Dik Dik, i Nuovi Angeli, Peppino di Capri, Mal, Guardiano del Faro ed era verso la seconda metà degli anni ’60 tutto un pullulare di iniziative giovanili. D’inverno la vita si svolgeva a Vasto città. C’erano tutte le feste dei vari settori allietate dalla presenza dei gruppi musicali locali. Le feste si svolgevano all’arcinoto “Lavinia 21” dove si ballava dentro le botti, al “Miramare”, al “Jolly Hotel”, all’ “Aragona”, al “Bellavista”. D’estate poi ci si trasferiva al mare e lì c’era il dancing “Da Mimì” sotto la rotonda, la “Ciucculella”, “La Pinetina”, e poi “La Luccioletta”. (B. Fiore, Dal benessere agli anni ribelli, cit., p. 48). Nel 1968 il Festival dei complessi musicali veniva così descritto dalla cronaca vastese: Alla “Ciucculella” di Marina di Vasto si è svolto il secondo trofeo denominato “Complesso dell’estate 1968” riservato a complessi musicali dilettantistici della zona […]. Si sono esibiti otto complessi, ognuno dei quali ha cercato di imporsi per l’originalità delle interpretazioni e per il lancio di canzoni inedite. Al primo posto “I 5 di Stasera” di Vasto ai quali è andata la coppa dell’Azienda di Soggiorno, al secondo posto “I Nobili”, al terzo si è classificato l’originale complesso “The Stiffelius Five + 1” di Larino […]. ( Ivi, p. 49). In questa cronaca riassuntiva, opera dello scrittore Beniamino Fiore, cittadino vastese, viene sottolineata la vitale importanza sociale dei ragazzi nelle organizzazioni giovanili, e quindi il loro ruolo di primo ordine nell’ambito del tempo libero. In effetti c’è sempre stata attenzione per la musica di consumo nella riviera di Vasto. Di quel periodo lontano, ad esempio, qualcuno dalla memoria lunga sostiene che, per la composizione di Una rotonda sul mare, Fred Buongusto si sia puntualmente ispirato all’architettura di viale Dalmazia […]. Ora mentre dalle piste dei dancings della Marina I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 14 le stars stagionali dell’effimero firmamento canzonettistico intonano le hits del momento, una piccola folla di complessi senza gloria accompagna questi cantanti di <<successo>> sempre alla ricerca di orchestrine in grado di garantire comunque una loro esibizione. Pronte ad ogni esperienza, le formazioni nostrane si esercitano in ogni dove. (L. Murolo, Cominciammo a suonar le chitarre. Complessi musicali a Vasto negli anni Sessanta, Cannarsa, Vasto 1992, p. 7). Vengono attribuiti vari nomi ai complessi musicali: I Nobili (1968), Gli Squali (1968), I Divi (1969), I Sound Accademy (1968), i già citati I 5 di Stasera (1969), il gruppo Spa (1973), B.T. 74 (1969/1970), I Cinque Gamma (1967/1969), The Collins (1961), The Dandies (1966), I Falchi (1964), I Detenuti (1966/1967), Gada (1967), Heartbeat (1962), Jolly Quintett (1957), I Modesti (1963), The New Gems (1965/1967), I Nuovi Principi (1967), The Plaining Boys (1963), I Rikki Tikki (1969/1970), I ragma (1967/1971), SMI (1971/1973), The Spyders (1963), I Totem (1963/1965), Il vento dell’est (1970), Le ombre vive (1969). Parlando del complesso musicale I 5 Di Stasera Luigi Murolo sottolinea che: la base è costituita da ballabili classici e recenti, ma i veri modelli sono i gruppi inglesi e americani (i Beatles della maturità, di Revolver e di Abbey Road), i Bee Gees, i Rock’in Berries […], non mancano i gruppi nostrani (Equipe 84, Dik Dik, Camaleonti, Nomadi, ecc.). Eseguono anche molti pezzi in proprio […]. ( Ivi, p. 16). Gruppi musicali uniti dalla voglia di divertirsi e di esprimere la propria passione per l’arte musicale. Il nome del gruppo nasceva il più delle volte, come normalmente succede, quale conseguenza al modo di fare e di pensare, rispecchiando un originale e nuovo modo di vivere. Avere un rapporto “stretto” con il cantante veniva riscattato col partecipare a un suo concerto ed amalgamarsi con i fan coetanei. Tale partecipazione viene riscontrata anche dalla voglia di cimentarsi a suonare la batteria alla fine del concerto facendosi fotografare per avere un orgoglioso ricordo da mostrare ai propri coetanei. Musica fa rima con tempo libero, e nel periodo estivo quest’ultimo trova il suo miglior scenario nella spensieratezza e nella confusione delle spiagge dove, in compagnia della chitarra e degli amici oltre a sfoggiare i propri costumi si canta e si suona sotto il sole e sotto la luna e, nel periodo di ferragosto, di fianco all’intramontabile tradizione del falò, che oggigiorno non smette di riproporsi nelle notti calde estive. Sono attimi in cui si sta insieme davanti al fuoco, sotto le stelle, per aspettare la mezzanotte, andare a fare il bagno e vedere i tradizionali fuochi di fine estate. Un ruolo da solista non viene certo rifiutato al cospetto di amici e di familiari che richiedono magari il pezzo di maggior successo del giovane cantante, dove allegria, passione e l’immancabile look distintivo si amalgamano in una esibizione serale per una festa casereccia. Stando ai diversi modi di apparire delle varie bands Luigi Murolo sostiene: che il look delle bands locali è fortemente diversificato. Dalle classiche divise di lamé si passa con grande facilità all’estremismo della tenuta da ergastolani con cui Gli Evasi si presentano al proprio pubblico. E pur di mostrarsi con l’uniforme sempre appariscente, non si rinunzia talvolta di riciclare paludamenti dismessi appartenuti a gruppi già affermati. (Ivi, p. 8). I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 15 Si può dire che la musica sia stato l’elemento veicolante che, infiltrandosi anche nei più piccoli borghi ha provocato, nel periodo degli anni Sessanta e Settanta, un connubio tra giovani, società, abbigliamento e comportamenti che, iniziatosi a formare dal decennio Cinquanta, ha trovato il suo campo migliore, entro il quale esplicarsi, nel periodo esaminato in questa ricerca. Mille ragioni per morire, Una sola per vivere. Quella che mi fa sperare Che ti potrò tra poco carezzare. Te, averti ancora in fondo agli occhi miei. Te l’unica ragione per restare. Ivi, p. 43, Una ragione per morire (ritornello) di Gianni Oliva, chitarrista del complesso: I Cinque di Stasera. Automobili, vespe e lambrette insieme ai blue-jeans, alla musica e a una nuova scelta comportamentale, sono gli elementi che caratterizzano il giovane che “abita” nel periodo SessantaSettanta. È il momento in cui il motore e la velocità esaltano la vita quotidiana di ragazzi e ragazze donando dinamicità a quelle strade recentemente costruite, frutto di una nuova urbanizzazione indispensabile per un’era considerata moderna. La cittadina vastese, così come ogni città e paese della penisola, riempie le strade di automobili, motorini e lambrette guidate da adulti e giovani, ma sono soprattutto quest’ultimi i fautori della motorizzazione come evento scenografico stradale. Se nei primi dieci anni successivi alla guerra, il binomio giovani-motori, non ancora diventa, a livello sociale, argomento di polemica, sia perché non si era ancora innescato un comportamento rivoluzionario-esistenziale e sia, per motivi di carattere economico, che nel periodo della ricostruzione affliggeva la gran parte delle famiglie, dalla seconda metà degli anni Cinquanta, il mondo giovanile, si evidenzierà in quanto “gruppo” sociale di discussione e controversie, sia nel pubblico che nel privato; inizierà a farsi promotore del consumismo grazie al benessere economico che si viene ad avere alla fine degli anni Cinquanta per poi manifestarsi, in tutte le sue sfumature, nel periodo immediatamente successivo. Mentre alla fine degli anni Cinquanta e agli inizi degli anni Sessanta, motorizzazione fa rima con teppismo, dalla metà di quest’ultimo decennio sembra essersi ammorbidito tale fenomeno a favore di un consumismo come piacere individuale e come incontro sociale. Un palese rapporto si riscontra tra il sentimento dell’amicizia e la motorizzazione, in quanto la macchina e il motorino diventano oggetto di incontro, l’elemento che esprime il desiderio di condividere con gli amici la velocità del proprio mezzo, sicuramente tanto atteso e amato e, nel I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 16 contempo, la voglia di utilizzarlo usufruendo di ogni possibile optional. I giovani assemblano il loro look particolareggiato alla Seicento che, assieme alla Cinquecento, è un grande simbolo del periodo. Determinati atteggiamenti e comportamenti come il sedere sulla cappotta della macchina per rollare una sigaretta o forse uno spinello, fa comprendere l’importanza del mezzo nell’essere inserito nel contesto quotidiano del giovane. Dalle immagini fotografiche si ricavano tutti quei simboli che caratterizzano tale periodo, dal look dei ragazzi con capelli lunghi e occhiali versione Beatles e Rolling Stones, alla giacca in pelle rossa aderente, camicia aderente e pantaloni a tubo, senza ovviamente tralasciare il simbolo della dinamicità stradale del tempo e volendo fantasticare si potrebbe quasi udire qualche pezzo rock che fuoriesce dagli altoparlanti. Negli anni Cinquanta il boom di macchine e motocicli immessi sul mercato lo riscontriamo soprattutto nelle grandi città settentrionali, dove il ritmo frenetico invade e attira molte volte i giovani, negli anni Sessanta e Settanta conquista globalmente il nostro paese, dove lo sfrecciare di Cinquecento e Seicento si avverte anche nei piccoli paesi del centro sud come Monteodorisio (Ch). Anche il tema della motorizzazione così come i temi dei precedenti capitoli vede nel tempo libero quel momento in cui le caratteristiche “sessantottine” rilevate, come il piacere individuale, l’importanza dell’amicizia, la nuova coppia, l’arte della musica e in ultimo ma non meno importante la motorizzazione, sfociano nell’assumere determinati look, abiti, atteggiamenti e comportamenti caratterizzanti. Precedentemente si è parlato del piacere individuale, piacere inteso come amore verso se stessi, un amore che scaturisce, come si è già affermato, dalla volontà di dare valore a tutto ciò che si possiede, dalla bellezza esteriore alla capacità di manifestare determinati atteggiamenti, per rendere unica la fotografia che immortalerà il giovane. Vediamo che questo piacere personale, come desiderio individuale, viene perfezionato dall’affiancare al complesso della persona, come stereotipo del tempo, il proprio mezzo di trasporto, macchina o motorino che sia, diventa un ulteriore simbolo di tendenza di quegli anni. Questa comunione tra giovane e macchina è evidente in un’inedita e originale immagine fotografica del 1970 che rispecchia la volontà del giovane di valorizzare non solo la propria figura ma soprattutto quella della intramontabile Cinquecento. Cinquecento insolitamente parcheggiata sulla spiaggia, dove lo sfondo scenografico del mare fa da contorno suggestivo. Il mare, protagonista del tempo libero, è l’elemento che riscontriamo in ogni argomento che abbiamo affrontato nell’ambito della storia sociale degli anni in questione. La macchina non è più quell’elemento che ha come unico scopo il trasporto e la velocità, ma diventa un complemento del look giovanile, un “bijou” da mostrare; è in questo periodo che il I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 17 giovane rende esplicita la propria soddisfazione nel possedere determinati beni materiali, che riflettono il contatto con la società, soprattutto verso il mondo giovanile. I nuovi mezzi di trasporto donano inoltre un senso di indipendenza ai giovani vastesi e a coloro che abitano nei paesi limitrofi. I giovani che abitano a Vasto utilizzano il mezzo per raggiungere il luogo in cui si incontra il gruppo di amici, oppure per andare il sabato pomeriggio in piazza per mangiare un gelato o bere un drink. La maggiore utilità la si riscontra nel raggiungere in cinque minuti i locali serali e le discoteche della marina come la “Ciucculella” e la “Sirenella”, e per i temerari raggiungere magari città più grandi abbastanza distanti. Quasi indispensabile diventa la macchina, lo scooter o la lambretta, così come la musica, per quei giovani che abitano nei paesi vicino a Vasto, o nelle zone di campagna che nel fine settimana amano divertirsi nei locali più in voga della zona. Ovviamente differenze nell’acquisto dei mezzi di trasporto sono riscontrabili tra i giovani lavoratori e i giovani studenti, in quanto i ragazzi che fermano il loro percorso scolastico alla scuola media o alla scuola media superiore, pur contribuendo agli introiti familiari, hanno comunque una maggiore indipendenza e indubbiamente maggiori possibilità di acquistare una macchina o un motorino rispetto ai loro coetanei studenti. Dagli anni Sessanta i giovani siano essi studenti che lavoratori, hanno la possibilità di stare insieme molto più tempo, di avere in comune passioni come la musica. Gli studenti che non hanno il mezzo di trasporto con cui spostarsi rimediano facendosi andare a prendere a casa da quegli amici che, essendo lavoratori, raramente rinunciano all’acquisto del motorino o della macchina. Se però molti erano lavoratori e molti erano studenti non mancava la figura dello studentelavoratore, che se la mattina andava a scuola, il pomeriggio doveva andare ad aiutare i genitori, che ancora praticavano il lavoro dei campi. A tal proposito voglio ricordare una frase pronunciata da una signora che alla fine degli anni Sessanta aveva quasi venti anni: << La mattina andavo a scuola, il pomeriggio aiutavo mia madre nei campi e la sera studiavo>>. (commento). In questo caso, da parte della ragazza, si potrebbe riscontrare, nella macchina del suo partner, il simbolo che palesa l’appartenenza all’evento della motorizzazione. Non avendo la possibilità materiale di acquistare un mezzo, la ragazza prende in “prestito” il mezzo di locomozione del partner per avere la tipica foto, in voga in quei decenni, che riscontrava l’unione giovani-motori. Così come oggigiorno molti ragazzi e ragazze amano possedere in comune le ultime novità di tendenza degli svariati campi del consumismo mondiale, ritroviamo lo stesso desiderio tra i giovani “sessantottini” che si vedono accomunati dall’acquisto della medesima macchina, oggetto di grande ambizione per i tempi, per cui vale la pena lavorare sodo e risparmiare. Dagli inizi degli anni I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 18 Settanta oltre alla Cinquecento e alla Seicento troviamo nelle strade, dopo circa quindici anni dalla loro prima uscita, una loro evoluzione: la Smc Cooper. Nuovo oggetto di desiderio per i ragazzi di fine anni Sessanta e inizi anni Settanta, che assemblano amicizia e motorizzazione nel vivere quotidiano. Inoltre le mentalità collettive giovanili durante gli anni Sessanta sono impregnate del mito americano e della dinamicità delle strade proiettate dal grande schermo. I giovani fantasticano sul sogno di diventare come le famose star del cinema hollywoodiano, i cui nomi di primo ordine sono senza dubbio James Dean e Marlon Brando, che ritroviamo nei loro film più famosi, rispettivamente Gioventù bruciata del 1955 e Il Selvaggio del 1953. Non sono da meno le grandi attrici hollywoodiane che vengono imitate sotto ogni aspetto dalle ragazze di tutto il mondo, dall’acconciatura all’abbigliamento (furtivamente il più delle volte), fino a imitare le storiche foto dei miti secondo le modalità del periodo, che vede atteggiamenti e posture costruite davanti lo sportello della macchina, o in posizione semisdraiata sulla cappotta della macchina. In alcuni casi non è la strada a fare da contorno, ma la campagna. La macchina diventa per le giovani coppie anche il luogo segreto entro cui far fiorire il proprio amore, in una campagna deserta, lontana dagli sguardi altrui e soprattutto dai giudizi arcaici di genitori e molte volte di fratelli che hanno ancora un ruolo di superiorità insieme al padre all’interno del nucleo familiare. La macchina, dunque, intesa come un nuovo nascondiglio segreto, un “nuovo luogo” in cui possono avvenire e perdurare gli approcci amorosi. La macchina, inoltre, partecipa ai viaggi come soggetto di ricordo; essa stessa viene immortalata in quelle foto che i giovani scattano lungo il viaggio alle proprie partner diventando oggetto di tante confidenze amorose e di viaggi indimenticabili. Nell’ambito sociale la motorizzazione è stato un settore che ha colpito e influenzato ogni singola persona, ma è all’interno del contesto giovanile che ha conosciuto i più grandi sostenitori, coloro che hanno inserito macchine, scooter e lambrette in un particolare modo di vivere il quotidiano. In quest’ultima parte si è potuto comprendere come l’elemento meccanico converga in tale periodo con tutti quegli ingredienti che, in maggiore o in minore quantità, danno un sapore particolare alla vita di quei giovani che dagli anni Sessanta hanno acquisito per la prima volta quella consapevolezza generazionale sbocciando, quasi universalmente, in movimenti di “rivolta” contro il tradizionale ordinamento sociale. I percorsi di imaGo – Aprile 2007 – www.imago.rimini.unibo.it 19 Riferimenti bibliografici: D. Calanca, Storia sociale della moda. Mondatori, Milano 2002, pp. 107-126. D. Calanca, Legami. Relazioni familiari nel Novecento, Bononia University press, Bologna 2004, pp. 146-181. D. 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