orCHeStra HaYdn - Comune di Rovereto

Associazione Filarmonica
di Rovereto
STAGIONE DEI CONCERTI
2013-2014
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
ORCHESTRA “HAYDN” DI BOLZANO E TRENTO
XCII
Stagione dei concerti
2013-2014
INIZIATIVA REALIZZATA CON IL SOSTEGNO DI:
MinistERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
Provincia Autonoma di Trento - Assessorato alla Cultura
cOMUNITà DELLA VALLAGARINA
COMUNE DI ROVERETO - ASSESSORATO ALLA CONTEMPORANEITÀ
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Fondatore
Pietro Marzani (1889-1974)
Presidente Onorario
Silvio De Florian (1908-1995)
Presidente
Andrea Condini
Vice Presidente
Mauro Bondi
Direttore artistico
Mariano Andreolli
Consiglieri
Luisa Canal
Renato Filippi
Flavio Martinelli
Giuseppe Mocatti
Tiziano Rossato
Lorenza Soave
Revisori dei conti
Anna Gianmoena
Carlo Guarinoni
Maurizio Setti
Segreteria
Bianca Gaifas
38068 Rovereto (TN) - Italia
Corso Rosmini, 78 - Tel. e Fax 0464·435255
E-mail: [email protected]
www.filarmonicarovereto.it
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE 2013-2014 - CALENDARIO DEI CONCERTI
2013
MartedìAlexander Lonquich, pianoforte
22 ottobre
Musiche di: F. Schubert
Auditorium Melotti
Mercoledì
QUARTETTO HERMÈS
6 novembreOmer Bouchez, violino
Sala Filarmonica
Liu Elise Elie, violino
Chang Yung-Sin, viola
Anthony Kondo, violoncello
Musiche di: C. Debussy, H. Dutilleux, M. Ravel
MartedìTRIO BROZ
19 novembre
Barbara Broz, violino
Sala FilarmonicaGiada Broz, violino e viola
Klaus Broz, violoncello
Tang’Jok (Them) non solo tango
Musiche di: L. Bacalov, M. M. Ponce, A. Corghi,
H.Villa-Lobos
Venerdì 29 novembre Sala Filarmonica
I Fiati solisti dell’Orchestra Haydn
Mercoledì 4 dicembre
Sala Filarmonica
Sara Cazzanelli, clarinetto
Federica Bortoluzzi, pianoforte
Musiche di: W. A. Mozart, C. Gounod,
P. I. Čajkovskij
Musiche di: Claude Debussy, F. Poulenc, J. Brahms,
E. Caracristi
Giovedì ORCHESTRA HAYDN
12 dicembre
Hansjörg Albrecht, direttore
Musiche di: W. A. Mozart, J. S. Bach
Sala Filarmonica
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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2014
Sabato
11 gennaio
Sala Filarmonica
Adriano Del Sal, chitarra
Mercoledì 22 gennaio
Sala Filarmonica
Martina Filjak, pianoforte
Giovedì 30 gennaio
Sala Filarmonica Olga Pashchenko, clavicembalo
“Orpheus of Amsterdam”
Venerdì 7 febbraio Sala Filarmonica Musiche di: G. Regondi, A. Barrios, J. Rodrigo,
F. M. Tórroba, J. S. Bach
Musiche di: W. A. Mozart, M. Ravel,
S. Prokof’ev, A. Scrjabin, M. A. Balakirev
Musiche di: J. P. Sweelinck, M. Weckmann, J. S. Bach,
L. Andriessen
duo Enrico Bronzi, violoncello
Filippo Gamba, pianoforte
Musiche di: L. Janáček, S. Prokof’ev, C. Debussy,
D. Šostakovič
Mercoledì ORCHESTRA HAYDN
12 febbraio Salvatore Accardo, direttore e violino
Trento Laura Gorna, violino
Auditorium S. Chiara Musiche di: J. Haydn, L. Spohr,
A. Schönberg
Sabato ORCHESTRA HAYDN
15 febbraio Ensemble primi fiati
Sala Filarmonica Francesco Dainese, flauto
concerto ore 17
Gianni Olivieri, oboe
Stefano Ricci, clarinetto
Flavio Baruzzi, fagotto
Andrea Cesari, corno
Luciano Gottardi, burattini
Musiche di: R. Strauss
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Giovedì Oleksandr Semchuk, violino
20 febbraio
Bruno Canino, pianoforte
Sala Filarmonica Concerto 4 fantasie per violino e pianoforte
Musiche di: F. Schubert, O. Messiaen, E. Bloch,
A. Schönberg
Martedì ORCHESTRA HAYDN
25 febbraio Michael Tomaschek, direttore
Auditorium Concerto di Carnevale
Melotti Musiche di: Strauss, Lehár, Rossini
Venerdì QUARTETTO ESCHER
7 marzo Adam Barnett-Hart, violino
Sala FilarmonicaAaron Boyd, violino
Pierre Lapointe, viola
Dane Johansen, violoncello
Musiche di: F. Mendelssohn, B.Britten, A. Dvořák
Venerdì TRIO WANDERER
21 marzo Jean-Marc Phillips-Varjabédian, violino
Sala Filarmonica Raphaël Pidoux, violoncello
Vincent Coq, pianoforte
Musiche di: C. Saint-Saëns, P. I. Čajkovskij
Giovedì 27 marzo
Sala Filarmonica
Mariangela Vacatello pianoforte
Musiche di: L. v. Beethoven, E. Ginastera,
F. Chopin, S. Rachmaninov
Giovedì ORCHESTRA HAYDN
3 aprile Marco Pierobon, direttore e tromba
Sala Filarmonica
“A Gershwin Night”
Musiche di: G. Gershwin
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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Lunedì 12 maggio
Sala Filarmonica Michele Marasco, flauto
Irene Veneziano, pianoforte
Musiche di: C. Reinecke, F. Poulenc, F. Martin
Martedì ORCHESTRA HAYDN
20 maggio Marco Mandolini, direttore e violino,
Sala Filarmonica Michelangelo Mercuri, contrabbassi
Musiche di: W. A. Mozart, G. Bottesini, B. Bartók
Martedì ORCHESTRA HAYDN
10 giugno Hansjörg Albrecht, direttore
Chiesa S. Marco Musiche di: W. A. Mozart
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Orchestra Haydn
C
DI bOLZANO E tRENTO
ostituitasi nel 1960 per iniziativa delle Province e dei Comuni di Trento e Bolzano,
l’Orchestra Haydn è stata ospite dei principali
sodalizi concertistici italiani ed ha preso parte
a numerosi festivals, esibendosi in vari stati
europei, negli USA e in Giappone.
Nel corso di oltre cinquant’anni di attività
l’Orchestra si è fatta interprete di un ampio
catalogo di opere che ha spaziato in tutti i
generi musicali, dal barocco fino ai compositori contemporanei. In più occasioni autori
come Dallapiccola, Nono, Berio, Donatoni,
Battistelli e D’Amico le hanno affidato lavori
in prima esecuzione assoluta. Attenta alla valorizzazione di un repertorio spesso trascurato,
l’Orchestra Haydn si è fatta promotrice anche
della riscoperta di preziosi manoscritti, come il
Dixit Dominus di Cimarosa, oppure la Messe
solennelle di Berlioz, proposta nel 2002 in
prima esecuzione moderna italiana.
Innumerevoli le presenze di grandi artisti alla
guida della formazione sinfonica del TrentinoAlto Adige, sul cui podio sono saliti fra gli altri
Riccardo Chailly, Eliahu Inbal, Alain Lombard,
Jesús López-Cobos, Sir Neville Marriner,
Riccardo Muti, Daniel Oren, José Serebrier e
Alberto Zedda. Come direttori stabili si sono
avvicendati, dopo il fondatore Antonio Pedrotti,
Hermann Michael, Alun Francis, Christian
Mandeal e Ola Rudner.
Dal 2003 al 2012 ne è stato direttore artistico
Gustav Kuhn. Sotto la sua direzione l’Orchestra ha eseguito nella stagione 2006/07 tutte le
Sinfonie di Brahms e nella stagione 2005/06
le nove Sinfonie di Beethoven, riproposte nel
dicembre 2007 al Mozarteum di Salisburgo ed
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accolte da un grande successo di pubblico e di
critica. Dal 2006 al 2009 l’Orchestra Haydn
ha preso parte al Rossini Opera Festival di
Pesaro, partecipando alle seguenti produzioni:
L’equivoco stravagante, La scala di seta, Il
turco in Italia, Torvaldo e Dorliska, La gazza
ladra (premio Diapason d’or e premio quale
migliore DVD del 2008 della rivista «Musica
e Dischi»), Maometto II, Il viaggio a Reims,
Edipo a Colono e Le nozze di Teti e di Peleo.
Nel settembre 2008 l’Orchestra ha inaugurato
a Perugia la LXIII edizione della Sagra Musicale Umbra proponendo la Missa solemnis di
Beethoven sotto la direzione di Gustav Kuhn.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
In collaborazione con il Rossini Opera Festival la Haydn ha presentato nel novembre 2008
alla Biwako Hall di Otsu e alla Bunkamura
Orchard Hall di Tokyo un concerto sinfonico,
l’Otello e il Maometto II (premio per il migliore spettacolo dal vivo del 2008 nella categoria
artisti stranieri assegnato dal Pen Club Japan),
diretti da Gustav Kuhn e Alberto Zedda.
Nel dicembre 2008 l’Orchestra è tornata
nuovamente ad esibirsi al Mozarteum di Salisburgo, dove ha eseguito le quattro Sinfonie di
Brahms, la Missa solemnis e la Nona Sinfonia
di Beethoven; sul podio Gustav Kuhn.
Nel 2009, l’Orchestra Haydn è stata protago-
nista assieme all’Orchestra Mozart dell’esecuzione della Settima Sinfonia di Anton Bruckner,
proposta in due memorabili concerti a Bolzano
e Bologna, sotto la direzione di Claudio Abbado, che aveva già diretto l’Orchestra di Bolzano
e Trento nel 1962.
Numerose le registrazioni radiofoniche e televisive per la RAI; ampio il catalogo di CD e
DVD realizzati per Agorá, Arts, Camerata, col
legno, Concerto, cpo, Dynamic, Multigram,
Naxos, Opus Arte, RCA, Universal, VMC
Classic e Zecchini. Da marzo 2013 Daniele
Spini è responsabile della progettazione artistica dell’Orchestra Haydn.
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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Nello spirito di una collaborazione rafforzata e proficua tra
l’Associazione Filarmonica di Rovereto e l’Orchestra Haydn
di Bolzano e Trento trovano il loro motivo ispiratore le otto
proposte che compongono il cartellone 2013-2014 dell’Orchestra regionale a Rovereto, firmato quest’anno da Daniele
Spini nel suo nuovo ruolo di responsabile della progettazione
artistica dell’Orchestra Haydn.
L’apertura sarà affidata al gruppo dei Fiati solisti dell’Orchestra, con un programma
che si ispira alle atmosfere di una Harmonie di fine Settecento. Fiati ancora protagonisti, insieme ai burattini di Luciano Gottardi, ne I tiri burloni di Till Eulenspiegel
di Richard Strauss, pagina molto allegra e spavalda, come ebbe a dire lo stesso
compositore, di cui ricorre nel 2014 il 150° anniversario della nascita.
Se al classicismo viennese è dedicato il programma diretto da Hansjörg Albrecht,
alla spensierata leggiadria fin de siècle di valzer, polke e mazurke firmate Strauss
si ispira l’immancabile Concerto di carnevale, al quale seguirà la tromba di Marco
Pierobon, autore di un viaggio affascinante tra i capolavori di George Gershwin,
nel segno di melodie travolgenti e indimenticabili.
Il cartellone proseguirà con Eine kleine Nachtmusik, uno dei Notturni mozartiani
più noti della letteratura musicale, seguito dal secondo Concerto per contrabbasso
di Giovanni Bottesini – solista Michelangelo Mercuri, prima parte dell’Orchestra
Haydn – e dalle Danze popolari rumene di Béla Bartók affidate alla direzione di
Marco Mandolini.
Anche quest’anno sarà inoltre offerta agli abbonati la possibilità di assistere al
concerto che l’Orchestra Haydn terrà mercoledì 12 febbraio presso l’Auditorium
Santa Chiara a Trento, sotto la direzione di Salvatore Accardo, nell’ambito della
54° Stagione sinfonica.
Per iniziativa congiunta dell’Associazione Filarmonica, del Festival di Musica
Sacra, dell’Associazione culturale Conventus e dell’Orchestra Haydn sarà proposta
infine una grande pagina di musica sacra, la Messa dell’Incoronazione di Wolfgang
Amadeus Mozart, nella Chiesa di San Marco.
Certa del grande valore musicale di queste proposte, così come della qualità e
dell’impegno con cui gli artisti coinvolti le sapranno interpretare, esprimo l’augurio
che l’affezionato pubblico roveretano ed i suoi ospiti possano partecipare numerosi
ed entusiasti agli appuntamenti concertistici che ci attendono con la nostra Orchestra
regionale.
Chiara Zanoni
Presidente dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento
I CONCERTI
AUDITORIUM MELOTTI
MARTEDì 22 ottobre 2013 - ore 20.45
ALEXANDER LONQUICH
pianoforte
FRANZ SCHUBERT
Melodia Ungherese in si minore D 817
(1797-1828)
Sonata in la minore D 845
Moderato
Andante poco mosso
Scherzo
Rondò - Allegro vivace
Sonata in si bemolle maggiore D 960
Molto Moderato
Andante Sostenuto
Scherzo - Allegro vivace con delicatezza
Allegro ma non troppo
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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Alexander Lonquich è nato a Trier in Germania; nel 1977 ha vinto il Primo Premio al Concorso Casagrande dedicato a Schubert, da allora ha tenuto concerti in Giappone, Stati Uniti e
in tutta Europa.
La sua attività lo vede impegnato con direttori d’orchestra quali C. Abbado, K. Sanderling, T.
Koopman, E. Krivine, H. Holliger, M. Minkowski; particolare in tal senso è stato il rapporto
mantenuto con Sandor Vègh e la Camerata Salzburg, di cui è tuttora regolare ospite nella veste
di direttore-solista.
Un importante ruolo svolge la sua attività nell’ambito della musica da camera: egli ha avuto
modo di collaborare con artisti del calibro di C. Tetzlaff, J. Bell, H. Schiff, S. Isserlis, I. Faust,
J. Widmann, B. Pergamenschikov, H. Holliger e F. P. Zimmermann ed ha ottenuto numerosi
riconoscimenti dalla critica internazionale quali il Diapason d’Or nel 1992, il Premio Abbiati
nel 1993 e il Premio Edison in Olanda nel 1994.
Nel 2003 Alexander Lonquich ha formato, con la moglie Cristina Barbuti, un duo pianistico che
si esibisce in Italia, Austria, Svizzera, Germania e Norvegia. Nei suoi concerti, inoltre, appare
spesso nella doppia veste di pianista e fortepianista spaziando da C. Ph. E. Bach a Schumann
e Chopin.
Nel ruolo di direttore-solista, Alexander Lonquich collabora stabilmente con l’Orchestra da
Camera di Mantova - con cui in particolare ha svolto un lavoro di ricerca e approfondimento
tra il 2004 e 2007 sull’integrale dei Concerti per pianoforte e orchestra di Mozart - e tra le altre
con l’Orchestra della Radio di Francoforte, la Royal Philharmonic Orchestra, la Deutsche
Kammerphilarmonie, la Camerata Salzburg, la Mahler Chamber Orchestra, l’Orchestre des
Champs Elysées e la Filarmonica della Scala di Milano.
Si esibisce regolarmente per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, con la quale dalla stagione 2011/12 collabora anche come direttore-solista.
Negli ultimi anni Alexander Lonquich è apparso in tutte le più importanti sale da concerto
italiane: il Teatro Carlo Felice di Genova, il Conservatorio e il Teatro alla Scala di Milano, il
Teatro La Fenice di Venezia, il Teatro Regio di Parma, il Conservatorio di Torino, il Parco della
Musica di Roma e molti altri.
Dopo aver effettuato incisioni per EMI dedicate a Mozart, Schumann e Schubert, ha iniziato una collaborazione con la ECM registrando musiche del compositore israeliano Gideon
Lewensohn ed un CD di musica pianistica francese dell’inizio del XX secolo con gli Improptus
di Fauré, Gaspard de la nuit di Ravel e i Préludes di Messiaen. Recentemente ha inciso, sempre
per ECM, la Kreisleriana e la Partita di Holliger.
Alexander Lonquich, convinto che il sistema educativo in campo musicale sia da integrare e in
parte da ripensare, si è impegnato intensamente nella conduzione di laboratori teatrali/musicali
avvalendosi della collaborazione di artisti provenienti da linguaggi artistici diversi, tra le altre,
particolarmente cara gli è stata l’esperienza del laboratorio Kinderszenen dedicato all’infanzia;
ha tenuto masterclass in Europa, Stati Uniti ed Australia; ha infine collaborato in forma stabile
con l’Accademia Pianistica di Imola e la Hochschule für Musik di Colonia.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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NOTE AL PROGRAMMA
Per quasi due secoli dopo la morte di Franz
Schubert si è creduto che egli fosse un giovane compositore dall’animo gentile e sereno,
vissuto a Vienna nella spensierata cerchia di
amici artisti, componendo con ingenua semplicità centinaia di intime melodie. Questo
quadro idilliaco purtroppo non si avvicina alla
realtà, come è stato scoperto negli ultimi anni
partendo dal fondamentale studio di Sergio
Sablich intitolato “L’altro Schubert” (Torino,
2002, Edt).
Franz era un ometto paffuto, occhialuto e ricciolino, ricordano gli amici, alto poco meno di
un metro e sessanta, con un po’ di pancetta e le
dita a salsicciotto, il viso infantile e l’aspetto
simpatico tanto da guadagnarsi il nomignolo
di “Schwammerl” (funghetto). Nella sua assai
breve vita compose centinaia di musiche bellissime, considerate ancora oggi dei capolavori
immortali, ma visse di infelicità e abbandoni,
in serie difficoltà economiche e senza alcuna
gloria.
La costruzione di questo falso mito, quasi un
sogno romantico, sulla vita di Schubert nacque poco tempo dopo la sua morte. Trent’anni
dopo quel triste 19 novembre 1828 vennero
contattati diversi amici e conoscenti del defunto. Ne nacque la prima biografia schubertiana,
pubblicata nel 1865. Da lì in poi, fino alla fine
del Novecento, fu una vera inondazione di letteratura sul compositore viennese: biografie,
testimonianze, antologie, saggi, analisi, romanzi e film. Per questi numerosi documenti è
sembrato di sapere tutto di Schubert. In realtà
le testimonianze degli amici erano tentativi di
protezione di una verità forse scomoda o ricordi sbiaditi di conoscenti ormai anziani e hanno
dato origine a molti fraintendimenti sulla vera
identità del musicista. Vero è che Schubert fu
trascurato dalla società di Vienna e i suoi talenti furono largamente misconosciuti. Non ebbe
cariche ufficiali ne’ impieghi stabili, non attirò
su di sé l’attenzione dei circoli internazionali, non riscosse molti successi con gli editori,
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non ebbe esecuzioni pubbliche importanti.
Inoltre non ebbe mai ne’ una casa ne’ un pianoforte di sua proprietà (a onor del vero riuscì
a comprare un pianoforte tutto suo nel marzo
del 1828, solo otto mesi prima di morire). In
questo modo, partendo cioè dai dati certi della
biografia, si riesce a cogliere la vera psicologia
del personaggio: un uomo difficilmente sereno
e spensierato, segnato da una vita tutt’altro che
facile ed ingenua, con un animo che nasconde luci ed ombre ancora non completamente
svelate.
Schubert cominciò a dedicarsi totalmente alla
musica nel 1818, quando, all’età di ventun
anni, riuscì a staccarsi dalla casa e dall’influenza paterna, che gli imponeva un futuro come
maestro di scuola elementare. La sua carriera
si avviò solamente tre anni più tardi, con la
pubblicazione postuma del lied Erlkönig, lo
stesso che Goethe aveva ignorato crudelmente.
Ma ricchezza e notorietà erano lontane e non
ebbe fortuna nemmeno con gli editori. Cominciarono così le sue peregrinazioni nelle case
degli amici che lo ospitarono a turno, poiché
non ebbe mai i soldi per affittare una stanza.
Perché quando a Vienna, all’inizio del diciannovesimo secolo, sei musicista ma non sei famoso, allora fai la fame. Solo con l’esecuzione
pubblica dell’Erlkönig da parte del baritono
Johann Michael Vogl, in quell’unico concerto dedicato interamente alla sua musica il 26
marzo del 1828, il pubblico cominciò a parlare di “fine talento”, ma nulla di più. «Avrebbe
ancora dovuto vivere per vedere come ora lo
si festeggia – scriverà Schumann dieci anni
dopo - questo lo avrebbe dovuto ispirare fino
al massimo grado. Ora ch’egli riposa già da
lungo tempo, raccoglieremo accuratamente
ciò che ci ha lasciato dopo la morte; qualunque
suo lavoro attesta il suo genio; poche opere
hanno così impresso il sigillo del loro autore
come le sue».
Negli ultimi trent’anni del Novecento, sempre
alla ricerca di una vera identità del personag-
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
gio, si parlò di una presunta omosessualità di
Schubert. Questo spiegherebbe il mancato matrimonio e l’assenza di relazioni amorose importanti, come già sottolineato dai biografi che
parlavano di una vita con eventi “non straordinari”, quasi “noiosa”. Forse proprio i racconti
degli amici sulle romantiche simpatie con Therese Grob prima e Caroline Esterhàzy poi, non
furono altro che un modo per nascondere una
scomoda realtà, impronunciabile nella Vienna
del primo Ottocento.
Il programma che eseguirà Alexander Lonquich per l’apertura della nuova stagione
dell’Associazione Filarmonica di Rovereto è
interamente dedicato alla figura di Franz Schubert e presenta opere sccritte negli ultimi anni
della sua vita.
Esempio di brevità nell’universo schubertiano
delle melodie infinite, la Melodia ungherese
in si minore D 817 è un brano di pochi minuti
che si basa su di una semplice linea melodica
desunta da un canto popolare ascoltato durante
un soggiorno a Zseliz, il secondo che l’autore
trascorse presso il castello dei Conti Esterházy
come insegnante di musica delle contessine.
Composto il 2 settembre del 1824, il brano
ritorna ciclicamente su una frase che nasce e
muore in poche battute, costruita su una precisa cellula ritmica, ondeggiando tra il modo
minore e il modo maggiore. Dopo pochi mesi
Schubert trasporta questa melodia nella tonalità di sol minore e la utilizza per comporre il
terzo movimento dell’opera D 818, il Divertimento all’ungherese per pianoforte a quattro
mani, ampliandone però lo sviluppo e perdendone così quell’intimità vocale proporzionata
al singolo esecutore.
L’anno successivo, il 1825, Schubert riprende
il discorso delle Sonate in un secondo momento creativo che segue quello del 1817, in cui
aveva cominciato a sperimentarne la forma,
e che precede gli ultimi grandi capolavori del
genere maturati nel 1828, pochi mesi prima
della morte. La Sonata in la minore D 845 è
il primo lavoro ad essere pubblicato dopo ben
dieci anni di frequentazione del genere e quat-
tordici opere composte dall’autore. Fu l’editore Pennauer di Vienna a compiere l’importante
passo e a pubblicarla con il titolo altisonante di
“Première Grande Sonate”, il cui appellativo
riassumeva la sua personale mira di guadagno
come pure il grande desiderio di Schubert di
raggiungere finalmente la tanto desiderata
fama e notorietà. Dedicata all’arciduca Rodolfo d’Austria, allievo, amico e protettore di
Beethoven, fu apprezzata dai contemporanei.
Critici ed editori avevano riconosciuto in essa
un carattere beethoveniano, un’affinità stilistica, se non addirittura un superamento, di colui
che a Vienna, e non solo, era considerato il re
indiscusso del genere sonatistico. Lo testimoniano le pagine dell’Allgemeine Musikalische
Zeitung («probabilmente [la Sonata D 845]
può essere paragonata soltanto alle più grandi
e libere sonate di Beethoven») e lo aveva ribadito Schumann dieci anni più tardi sulla Neue
Zeitschrift für Musik («[Schubert] ha specialmente come compositore per pianoforte qualcosa in più degli altri autori, e fra questi persino
dello stesso Beethoven – in questo senso, cioè,
che egli sa strumentare più pianisticamente,
vale a dire che tutto risuona così intimamente,
dalla profondità del pianoforte»). Parole che
avrebbero riempito d’orgoglio e soddisfazione
il timido Franz, che provava forte soggezione
e grande rispetto per il musicista di Bonn e che
non si sentì mai all’altezza del suo idolo.
Nutriva una grande venerazione per Ludwig e
nel 1827 aveva avuto l’onore di reggerne i cordoni della bara nel funerale solenne che la capitale austriaca gli predispose. Dieci anni prima gli aveva anche dedicato un pezzo a quattro
mani, le otto Variazioni su un canto francese
D 624, «da parte di Franz Schubert, suo devoto ammiratore». Non mancano gli aneddoti
riguardanti questa dedica. Anton Schindler,
amico e primo biografo di Beethoven, racconta dell’incontro avvenuto tra i due per intercessione dell’editore Diabelli. In quell’occasione
il giovane compositore, senza mai alzare lo
sguardo o proferire parola, consegnò a Beethoven le Variazioni dedicategli. Ludwig, dopo
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
17
aver letto lo spartito, gli fece notare un’inesattezza armonica e Franz, di conseguenza, se ne
fuggì preso dall’ansia. Certo è che Beethoven,
sul letto di morte, ricevette da Schindler alcuni Lieder di Schubert e trovandoli interessanti
pronunciò tali parole: «In questo Schubert c’è
davvero la scintilla divina!».
Più che riconoscere lo stile beethoveniano nelle ultime sonate composte nel 1828, si può dire
che Schubert abbia proseguito nel suo personale linguaggio, quasi complementare ai tratti
peculiari del grande compositore tedesco. Il
primo movimento della Sonata in la minore,
sebbene apra con fare tempestoso, si stempera
immediatamente in una tragicità più riflessiva
che bellicosa, continuando ad interrompere
qualsiasi aggressività, sentimento del tutto
alieno nell’animo schubertiano. Ciò viene confermato nel movimento successivo, l’Andante
poco mosso, costruito come una serie di piacevoli variazioni su un tema dolcissimo. Al suo
interno ci sorprende un momento di pathos,
nella terza variazione in do minore, ma ciò non
cambia l’atteggiamento generale ed anzi dona
un velo malinconico al tutto. Rincorrendo le
battute iniziali dello Scherzo, si giunge nuovamente ad un’isola di serenità che è disegnata
dal Trio in fa maggiore. Chiude la sonata un
quarto tempo in forma di Rondò, quasi un
movimento perpetuo alla ricerca di qualcosa,
come fosse l’incipit di un nuovo viaggio piuttosto che il punto d’arrivo di un cammino.
La Sonata in si bemolle maggiore D 960 nasce nel mese di settembre del 1828. Schubert
è malato da tempo e si è appena trasferito a
casa del fratello Ferdinand. Nonostante le condizioni di salute vadano peggiorando, lo slancio creativo di questi mesi non si ferma e in
poche settimane, accanto al Quintetto per archi
D 956, scrive ben tre sonate. Probabilmente intendeva queste tre opere pianistiche - la Sonata
in do minore D 958, la Sonata in la maggiore D
959 e la Sonata in si bemolle maggiore D 960 come un ciclo unico, come farebbe pensare la
lettera che scrisse all’editore Probst ai primi di
ottobre comunicandogli l’intenzione di appor18
re un’unica dedica a Hummel. Probst non era
poi così interessato alle musiche di Schubert e
l’improvvisa scomparsa dell’autore fece cadere il progetto. Occorrà aspettare dieci anni per
vederle pubblicare da Diabelli con una dedica a Schumann, decisamente più alla moda in
quei tempi rispetto ad un Hummel anche lui
ormai defunto. Dopotutto proprio Schumann
tesseva le lodi del compianto Schubert sulle
pagine della sua rivista e così parlava della sua
ultima sonata: «mentre in genere egli chiede
tanto allo strumento, qui rinuncia volontariamente ad ogni novità brillante ed arriva ad una
semplicità di invenzione ben più grande: altrove egli intreccia nuovi legami di episodio in
episodio, qui invece distende e dipana alcune
idee musicali generali. Così la composizione
scorre mormorando di pagina in pagina, sempre lirica, senza mai pensiero per ciò che verrà,
come se non dovesse mai arrivare alla fine, interrotta soltanto qua e là da fremiti più violenti
che tuttavia si spengono rapidamente».
Anche questa Sonata, come le due che la precedono, si presenta con un’ampiezza notevole
ed è formata da quattro movimenti. I diversi
tempi sono però accomunati da un’unica atmosfera, un velo onirico che li rende ricordo, li
allontana dalla realtà e da una qualsiasi possibilità d’intervento. Se nei trilli della mano sinistra al registro grave, che compaiono nel Molto
moderato, si vuole leggere un gesto profetico
alla Beethoven, di questi manca la concezione
che sta alla base della sua musica, ossia il solido rapporto tra causa ed effetto, quella dialettica che genera qualsiasi costruzione beethoveniana. In Schubert la sintassi musicale, le idee
tematiche, le armonie si muovono in senso circolare e lineare. Non c’è nulla di eroico, tutto è
come sospeso, tutto cammina ma non si muove, tutto è ricoperto da un velo malinconico.
Nella continua ricerca della personalità schubertiana, non ci resta che concludere con il
musicologo Christofer H. Gibbs, dicendo che
«l’immagine di Schubert cambia in risposta
alla cultura che lo percepisce. Lo Schubert
Biedermeier, lo Schubert Romantico, ed ora
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
uno Schubert Postmoderno non sono altro che
creazioni dei momenti in cui ci si avvicina ai
documenti storici e alle composizioni musicali, con aspettative diverse, alla ricerca di nuove
informazioni e ponendosi domande differenti.
Dobbiamo resistere all’erronea e nostalgica
credenza che il passato possa aver compreso
meglio Schubert poiché vicino a lui, così come
dobbiamo resistere al pericolo di pensare che
la visione del giorno d’oggi sia più profonda
semplicemente perché può attingere ad una
più ampia gamma di documentazione ed opere
musicali. Le distorsioni sentimentali sulla vita
e sulla musica di Schubert, sul palcoscenico e
sullo schermo, riflettono all’ultimo qualcosa
dell’allegria e convivialità Biedermeier, che
è stata sempre più sostituita, nell’era Postmoderna, da un’immagine più complessa di
un sofferente e nevrotico “povero” Schubert
(“Poor Schubert”: images and legends of the
composer, in Schubert, a cura di C. H. Gibbs,
Cambridge University Press, 2004)».
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
Monique Ciola
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SALA FILARMONICA
MERCOLEDì 6 novembre 2013 - ore 20.45
QUARTETTO HERMÈS
Omer Bouchez, violino
Liu Elise Elie, violino
Chang Yung-Sin, viola
Anthony Kondo, violoncello
Claude Debussy
Quartetto in sol minore op. 10
(1862-1918)
Animé et très décidé
Assez vif et bien rythmé
Andantino, doucement expressif
Très modéré - Très mouvementé et avec passion
Henri Dutilleux
Ainsi la nuit ( 1976)
(1916-2013)
MAURICE RAVEL
Quartetto in fa maggiore
(1875-1937)
Allegro moderato
Assez vif, très rythmé
Très lent
Vif et agité
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
Il Quartetto in sol di Debussy e quello in fa
di Ravel, malgrado la distanza di undici anni
che li separa e l’ovvia considerazione delle due
diverse personalità artistiche, vengono spesso
guardati come strettamente imparentati per via
di una cert’aria di familiarità che li caratterizzerebbe. La rara occasione di ascoltarli nella
stessa serata potrà confermare o confutare questa ipotesi interpretativa.
Si tratta in entrambi i casi di lavori innovativi
per l’epoca, distanti tanto dai modelli austrotedeschi dominanti per tutto l’Ottocento quanto dai modelli francesi di César Franck e Gabriel Fauré, seppure la forma ciclica con le sue
ricorrenze tematiche continuamente variate si
riveli ancora una tecnica spendibile nell’organizzazione interna. Di impronta francese è poi
il fattore di sensualità sonora, che si pone come
elemento fondativo della concezione generale.
In Debussy (1893) l’impianto modale che
s’impone fin dall’enunciazione del temaguida nelle primissime battute è responsabile
dell’aura arcaica che permea tutto il componimento e questo fa capire come la conquistata
libertà avesse molto a che fare con l’affrancamento dall’obbligatorietà dei percorsi tonali
della tradizione. Questo inciso tematico cui si
addice il termine di arabesco ricorrerà lungo
tutti e quattro i movimenti, ogni volta trasformato per l’impatto con altre idee musicali che
introducono armonie cangianti, microvariazioni ritmiche, sfumature coloristiche. I percorsi
motivici, sempre molto fluidi, portano a volte
ad espansioni passionali ed ampliamenti dinamicamente rilevanti; e tuttavia il fiorire delle
idee musicali va a comporsi entro una struttura
formale sicuramente concisa nel suo insieme.
L’esempio raveliano (1904) ha marca più spiccatamente novecentista nella qualità degli elementi stilistici ed espressivi adottati, da cui le
sottigliezze di fraseggio, la cura delle calibrature timbriche, la finezza delle combinazioni
armoniche impreziosite dalle ombre modali
che lo percorrono: il tutto senza ricorrere ai comuni espedienti di contrasto dialettico per creare particolari tensioni emotive, ma al contrario perseguendo l’ideale di una certa unitarietà
di fondo. Una qualche analogia con il Quartetto di Debussy si può riscontrare nell’ordine e
nella rispettiva funzione dei movimenti, come
avviene ad esempio nel secondo (Assez vif Très rythmé) con le suggestioni gamelan dei
pizzicati, e nel terzo (Très lent) con la tinta notturna, estatica e talora misteriosa che lo pervade. In più svela una qualità sonora complessivamente meno addensata e dunque tendente
all’etereo, ma non nel Finale, che sa attingere
a una notevole energia di gesto.
Intercalata ai due lavori maggiori sarà eseguita
un’opera di Henri Dutilleux risalente al 1976
e pertanto espressiva di un linguaggio del tutto
diverso per concezione generale. Il titolo evocativo voluto dall’Autore (Ainsi la nuit) pone
il brano in una sfera quasi programmatica o
quantomeno poeticamente ispirata, seppure
la tematica della notte, così cara ai romantici,
abbia lasciato indietro ogni residuo emotivosentimentale per farsi luogo di astrattezze e
di percorsi a geometrie cangianti. La volontà
dell’autore è di creare un orizzonte sonoro spaziato e dotato di forza tensiva in cui le quattro
voci del complesso strumentale, non più interessate alla compattezza dello stile dialogante, si frantumano in fraseggi e intarsi che ne
evidenziano la completa autonomia e indipendenza. Se ne producono sovente delle atmosfere algide, che però non si fissano in passive
immobilità meditative ma al converso sono
innervate da una forza interna continuamente
rinnovata. Brano di difficilissima esecuzione, è
un esempio notevole di come la scrittura quartettistica possa trovare il modo di adeguarsi e
dar risposta alle esigenze dei nostri tempi.
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
Diego R. Cescotti
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Il Quartetto Hermès si è costituito nel 2008 grazie all’impulso di quattro giovani studenti del
Conservatorio Nazionale di Lione, allievi di Zoltan Toth e Reiko Kitahama del Quartetto Ravel.
L’identità musicale del gruppo e la complicità dei suoi membri si affermano accanto a Miguel da
Silva, sostenitore della prima ora ( Accademia musicale di Villecroze, Accademia Ravel di Saint
Jean de Luz, Festival del quartetto d’archi nei paesi di Fayence ) e al Quartetto Ysaÿe (Festival di
Flaine) così come l’aiuto di Eberhard Feltz, di Arnold Steinhardt (Quartetto Guarneri), Valentin
Erben, Hatto Beyerle (Quartetto Alban Berg) e le frequantazioni di Walter Levin, contribuiscono
all’arricchimento umano e musicale del quartetto.
Fin dai primi anni, i quattro interpreti si sono esibiti spesso per il Festival d’Epau, per la Salle
Molière nel corso delle Musicades di Lione, all’interno della stagione culturale Bayer in Germania,
al Festival di Radio France. Invitato dal violinista Gidon Kremer, si è potuto ascoltare l’Hermès
in Austria al celebre Festival di Lockenaus con la violista Kim Kashkashian e con i membri della
Kremerata Baltica e su France Musique in diretta nel corso della trasmissione “ Generazione di
Giovani Interpreti”.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Nell’ottobre 2009 la formazione ottiene il primo premio al Concorso Internazionale di Musica da
Camera di Lione, il Premio speciale per l’interpretazione del quartetto “Ainsi la nuit” di Henri
Dutilleux, i premi della stampa e del pubblico e il premio Bayer Cropscience.
Nell’aprile 2010, a Parigi, viene conferito al quartetto il primo premio al Concorso Europeo per
gruppi da camera FNAPEC (Parigi) e nel 2011 sono altresì premiati dall’Accademia Ravel.
Nel novembre 2011, dopo molti anni di assenza di un vincitore, il quartetto si vede attribuire il
primo premio al Concorso Internazionale di Ginevra, assieme al premio speciale Coup de coeur
Breguet che prevede la registrazione di un disco nel corso dell’anno 2012.
Il Quartetto Hermès si sta perfezionando attualmente con il Quartetto Artemis all’Università delle
Arti di Berlino e con il Quartetto Ysaye al CRR di Parigi e nel Novembre 2012 ha ottenuto il
primo premio al Young Concerts Artists Auditions di New York, celebre istituzione non-profit
americana che ha scoperto e lanciato le carriere di molti famosi interpreti della musica classica
nel mondo: fra i quartetti d’archi hanno ottenuto lo stesso riconoscimento il Quartetto di Tokyo, il
Borromeo e il St. Lawrence.
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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SALA FILARMONICA
MARTEDÌ 19 NOVEMBRE 2013 - ore 20.45
TRIO BROZ
Barbara Broz, violino
Giada Broz, violino
Klaus Broz, violoncello
TANG’JOK (THEM)
LUIS BAKALOV Trio per archi (2010)*
(1933 )
Moderato
Allegro
Allegro vivace
MANUEL MARIA PONCE Trio para violin, viola y violoncello
(1882-1948) Allegro non troppo, espressivo
Minuetto
Canción
Rondò scherzoso
AZIO CORGHI Tang’Jok (Them)*
(1937)
A tempo di tango
HEITOR VILLA-LOBOS Trio (1945)
(1887-1959) Allegro
Andante
Scherzo
Allegro preciso e agitato
*Dedicato al Trio Broz
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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Il Trio Broz è composto dai fratelli Barbara (violino), Giada (violino e viola), Klaus (violoncello). Hanno iniziato a suonare insieme nel 1993 sotto la guida di docenti del Mozarteum
di Salisburgo, completando poi la loro formazione cameristica diplomandosi col massimo
dei voti in musica da camera sia presso l’Accademia di Santa Cecilia a Roma con il Maestro
Rocco Filippini, sia magna cum laude presso la Scuola di Musica di Fiesole, sotto la guida
dei Maestri Piero Farulli, Andrea Nannoni e Milan Skampa.
Vincitore di vari concorsi e premi nazionali ed internazionali, il Trio Broz annovera al suo
attivo ormai più di 500 concerti sia in Italia che all’estero (Austria, Germania, Olanda, Spagna, Inghilterra, Penisola Balcanica, USA, America Centrale, Africa, Cina) e varie tournèe
(Messico, Guatemala, Nicaragua, Germania, ecc.).
Hanno partecipato per ben tre volte di seguito al Festival delle Arti di Harare (Zimbabwe) dal
2008 al 2010, nel novembre 2009 si sono esibiti nel loro primo tour in Cina.
Ospiti live di trasmissioni radiofoniche italiane, austriache, tedesche e inglesi (Rai Radio3,
ORF, Bayrische Rundfunk, BBC Radio3, Radio FM) sono stati intervistati per programmi
televisivi in Italia, Penisola Balcanica, Germania e Paesi Bassi.
Vari sono i compositori contemporanei che hanno dedicato opere al Trio Broz, che annovera
nel suo repertorio anche opere di Ennio Morricone, Andrè Abujamra, Fausto Sebastiani, Luis
Bacalov, Azio Corghi.
Oltre a varie collaborazioni, il Trio ha registrato 4 CD.
Dopo la pubblicazione di successo delle Variazioni Goldberg di Bach nella versione per archi
dell’illustre violista italiano Bruno Giuranna ed il CD Divertimento per la Universal Music
Group (2011), con il 2013 il Trio ha avviato la collaborazione con Sony Classical con il CD
Tang’Jok (Them), progetto ambizioso in cui a ritmo di tango i tre musicisti propongono al
pubblico opere di celeberrimi autori del Novecento e contemporanei.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
Manuel Maria Ponce
(Fresnillo, 8 dicembre 1882 - Ciudad de Mexico, 24 aprile 1948), compositore messicano
della prima metà del Novecento, approfondì
la sua formazione musicale in Europa, studiando pianoforte con Martin Krause a Berlino, composizione con Marco Enrico Bossi
a Bologna e poi ormai quarantenne con Paul
Dukas a Parigi.
La sua produzione, variamente ispirata al folclore indo-messicano ha contribuito all’affermarsi del nazionalismo musicale in Messico,
di cui è considerato il capostipite.
Il suo Trio para violin, viola y violoncello, dedicato ai tre fratelli Cecile, Carlos e Carlitos
Prieto, presenta in maniera chiarissima il suo
stile, strutturalmente imperniato sulla tradizione musicale europea (il primo movimento
è in forma sonata, il secondo movimento è un
Minuetto, il finale un Rondò) ma tematicamente ispirato a motivi ispano-americani: ne
è un esempio lampante il terzo tempo, Canción, in cui i tre strumenti cantano alternativamente il languido tema di una serenata.
Titolare del corso di “Composizione di musica per film” presso l’Accademia Chigiana
di Siena, docente presso l’Accademia di cinema ACT MULTIMEDIA a Cinecittà a Roma,
Luis Bacalov (Buenos Aires 1933) è annoverato fra i più illustri compositori viventi.
Originario argentino e naturalizzato italiano,
è rinomato principalmente come compositore
di musica da film (Premio Oscar per le musiche del film Il postino, 1995).
Nel 2010 egli si è dedicato anche alla stesura del suo primo trio d’archi, dedicato al Trio
Broz. In questo pezzo, apparentemente in 3
movimenti, ma in realtà diviso in vari episodi
collegati tematicamente e idealmente in una
forma ciclica, si alternano umorismo e cantabilità quasi romantica.
Ritmiche irregolari costellano un discorso di
microstrutture che si combinano in un’unità
di pensiero tutt’altro che frammentata.
Heitor Villa-Lobos
(Rio de Janeiro, 5 marzo 1887 - Rio de Janeiro, 17 novembre 1959)scrisse il trio per archi
a Rio de Janeiro, in seguito al suo ritorno definitivo in patria.
Egli scrisse ben 17 quartetti per archi, ma un
solo trio, nel quale sperimentò la distribuzione della sua scrittura densa e ritmicamente
complessa su solo tre strumenti.
Il suo Trio vide la luce nello stesso periodo
del quartetto n.8 e 9 e delle Bachianas Brasileiras n.5 e 9.
Il confronto con Bach lo spinge ad un forte
intento polifonico ed al contempo alla composizione di ritmiche brasiliane tramite la
sovrapposizione di interventi ben distinti da
parte delle varie voci.
Atmosfere sognanti e timbriche impalpabili
si alternano a passaggi trascinanti in cui, più
dei dei quartetti, egli si spinge fino ai confini
della propria concezione musicale.
“[Il programma ...] se da un lato
rivela non pochi legami con le tradizioni europee [...], d’altro canto
assorbe gli echi delle radici originarie, ne accoglie l’estrema varietà ed
interpreta la dispersione espressiva
come ricchezza irrinunciabile.”
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
A.Z, L’Eco di Mantova,
mercoledì 20 aprile 2011
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SALA FILARMONICA
VENERDÌ 29 NOVEMBRE 2013 - ORE 20.45
I FIATI SOLISTI
DELL’ORCHESTRA HAYDN
Francesco Dainese, flauto
Gianni Olivieri, oboe
Fabio Righetti, oboe
Stefano Ricci, clarinetto
Andrea Brazzo, clarinetto
Flavio Baruzzi, fagotto
Andrea Racheli, fagotto
Andrea Cesari, corno
Alexander Perathoner, corno
WOLFGANG AMADEUS
MOZART
(1756-1791)
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Le Nozze di Figaro
(Elaborazione per strumenti a fiato di J. Wendt)
CHARLES GOUNOD
(1818-1893)
Petite Symphonie
PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ
(1840-1893)
Trio in la minore op. 50
Lo Schiaccianoci, Suite
(elaborazione A. Chenna )
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
MERCOLEDì 4 DICEMBRE 2013 - ore 20.45
SARA CAZZANELLI
clarinetto
FEDERICA BORTOLUZZI
pianoforte
EDGAR CARACRISTI
(1972)
Danzando con un amico
JOHANNES BRAHMS
Sonata in fa min. op.120 n.1
(1833-1897)
Allegro appassionato
Andante un poco adagio
Allegretto grazioso
Vivace
CLAUDE DEBUSSY
(1862-1918)
Première Rhapsodie
FRANCIS POULENC Sonata in si bem. magg op.184
(1899-1963)
Allegro tristamente
Romanza
Allegro con fuoco
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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Sara Cazzanelli è nata nel 1991, si è diplomata con lode in clarinetto nel 2011 sotto la guida del
M° Lorenzo Guzzoni presso il Conservatorio F. A. Bonporti di Riva del Garda, dove attualmente
frequenta il Biennio specialistico - Clarinetto solistico.
Ha frequentato il corso speciale di musica da camera presso la Scuola di Musica di Fiesole sotto
la guida di Bruno Canino con la pianista Federica Bortoluzzi.
Ha partecipato a masterclasses in Italia e all’estero con docenti come A. Sundén, M. Bekavac,
Y. Gilad, J. Peitz, G. Pretto, C. Giuffredi, P. Borali, J. E. Lluna; è stata recentemente ammessa al
Master di specializzazione orchestrale presso il Royal College of Music di Stoccolma.
Nel 2013 è stata membro dell’Orchestra dello Schleswig Holstein Musik Festival, formata da
giovani musicisti provenienti da tutto il mondo, sotto la direzione dei Maestri K. Urbański e C.
Eschenbach. È stata primo clarinetto dell’Orchestra Giovanile Italiana (2011/2012), dove ha
suonato sotto la direzioni di Maestri come R. Muti, A. Fish, J. Axelrod, M. Brunello, D. Russel
Davies. Ha collaborato con l’Orchestra Haydn di Trento e Bolzano, l’Orchestra Regionale Toscana e l’Orchestra Giovanile Cherubini.
Ha suonato in varie formazioni cameristiche, con musicisti tra cui G. Pretto (primo flauto, Orchestra Nazionale della Rai), A. Lucchesini, P. De Maria.
Nel 2010 ha vinto il primo premio al Concorso internazionale per clarinetto G.Tassis e il secondo premio al Concorso strumentistico nazionale di Giussano.
Studia inoltre Lettere classiche presso l’Università di Trento.
Federica Bortoluzzi è nata a Milano, ha iniziato lo studio del pianoforte a sei anni, crescendo
dapprima alla scuola di Alberto Colombo per poi studiare e diplomarsi nel 2006 con il massimo
dei voti e la lode al Conservatorio G. Verdi di Milano. Si è perfezionata presso la Scuola di
Musica di Fiesole sotto la guida di M° Maria Tipo, guadagnandosi la Borsa di Studio R.Serkin.
Si è laureata col massimo dei voti al Biennio di specializzazione di pianoforte, presso il conservatorio L. Marenzio di Brescia, con una tesi sul rapporto della Musica e della Natura nell’opera
di Debussy e Ravel. Dal 2010 studia col M° Andrea Lucchesini al Corso Speciale di Perfezionamento e al Corso Speciale di Musica da Camera tenuto dal M° Bruno Canino presso la Scuola
di Musica di Fiesole.
Nel corso dei suoi studi ha partecipato come allieva effettiva a Masterclasses tenute da A. Ciccolini,
B. Petrushianskj, C. Katsaris, P. Bordoni, J. M. Luisada, con il M° Cecchetti per il fortepiano e
col M° G. Corti per la musica da camera.
Sin dall’inizio della sua attività ha vinto numerosi Primi premi in Concorsi nazionali e internazionali come: Camillo Togni; il Concorso internazionale di Ancona; Premio F. Schubert di
Racconigi; Premio Crescendo 2012 (Firenze); Premio Maurizio Zana 2011 per la migliore interpretazione di brani di Franz Liszt, nell’ambito del Concorso Premio Nazionale delle Arti 2011,
Premio Marenzio 2012; finalista al Concorso Internazionale Pecàr di Gorizia.
Si è esibita sia nelle principali città italiane per diversi enti ed associazioni musicali ( AGIMUS,
MiTo) sia all’estero, in particolare: in Canada nella Stagione Concertistica presso la Playhouse
di Vancouver; in Grecia. Nell’ambito della rassegna di concerti dedicati a Franz Liszt, , ha debuttato in Toscana con l’esecuzione del Concerto n.2, con l’Orchestra Regionale della Toscana,
diretta da Carlo Goldstein.
Ha registrato per Radio Classica musiche di F. Chopin per la trasmissione Il Pianista. Ha tenuto, ancora nel 2011, un Concerto-Conferenza sul tema “Letteratura pianistica di Liszt nel bicentenario dalla nascita”, presso l’Istituto superiore di Studi Musicali Toscanini di Ribera (Sicilia).
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
È con queste parole che il compositore e artista Edgar Caracristi ci invita a prendere
parte in prima persona alla sua Danza tripartita in la minore: “Danzando con un amico
vorrebbe essere un messaggio d’amore e di
gratitudine rivolto alle persone care che non
sono più tra noi nei modi consueti. Un messaggio che non può essere fatto di parole ma
che è carico di “necessità”, di anelito alla
condivisione, di “ricordi” che affiorano e ci
abbracciano da sempre. Per chi ascoltando
sentirà il bisogno di vedere, toccare e annusare, questo piccolo brano potrà essere una
lacrima di sale in mezzo al vento, un luogo
senza nome dove i cuori si ri- incontrano, si
riconoscono e si mettono a danzare.”
“Due modeste sonate con pianoforte”: così
Johannes Brahms, in una lettera all’amico
clarinettista Mühlfeld, definì due composizioni che sarebbero presto diventate pietre miliari della letteratura per clarinetto: l’op.120 n.1
e 2 ; i due capolavori risalgono al 1894, e devono la loro genesi al talento e alla musicalità
fuori dal comune di Mühlfeld, che colpirono
il compositore al punto di dissuaderlo dal dichiarato intento di cessare l’attività creativa.
Brahms fu attratto dalle possibilità timbriche
del clarinetto, in grado di produrre sonorità
calde ed espressive, ed evocare atmosfere di
intima e profonda serenità, così come di riflessiva malinconia.
La Sonata op. 120 n°1 in fa minore si mantiene fedele alla tecnica caratteristicamente
brahmsiana della rielaborazione motivica; i
temi, così come l’unitarietà della stessa macrostruttura, sono generati dalla variazione,
dallo sviluppo continuo di cellule melodicointervallari. Tra queste la principale è costituita dall’incipit stesso dell’Allegro Appassionato, costruito sull’intervallo di terza, radice
di altri capolavori come la Quarta sinfonia.
La Sonata è permeata di romantico struggimento, di Sensucht; spiccano pennellate
elegiache come l’Andante un poco Adagio;
troviamo l’attaccamento al popolare nell’Allegretto grazioso; mentre nel Vivace conclusivo si sprigiona una frizzante e giocosa energia: con queste suggestioni, e con quelle che
sono proprie dell’op.120 n° 2, Brahms chiude
la sua produzione cameristica, affidandone il
suggello alla “Fräulein Klarinette”, la “Signorina Clarinetto”: così a lui piacque chiamarlo.
La seconda parte del programma si concentra
su due capolavori della letteratura francese
del Novecento. La Première Rhapsodie fu
commissionata a Claude Debussy nel 1909
come brano da concorso per la classe di clarinetto del Conservatorio di Parigi; presenta infatti svariate difficoltà tecniche, volte a
mettere alla prova le capacità dell’esecutore e
mostrarne il virtuosismo, soprattutto timbrico
e dinamico. Scrive Guy Dangain: “La Rhapsodie per clarinetto di Debussy è seducente,
capricciosa, poetica. I diversi registri dello
strumento sono sfruttati in tutte le risorse
sonore ed espressive.” Lungi dall’essere un
semplice esercizio di bravura, essa è al contrario come un affresco impressionista, poetico e suggestivo, sempre aperto ad un rapsodico imprevisto, come un guizzo di luce sulle
onde del mare.
L’ambiente ispiratore della produzione di
Francis Poulenc è la Parigi novecentesca dei
cabaret, dei café-concert, capitale degli artisti
(si pensi all’importanza del cosiddetto Gruppo dei Sei, tra i quali lo stesso Poulenc).
La Sonata per clarinetto e pianoforte, dedicata ad Arthur Honegger, fu completata nel
1962; è una delle sue ultime composizioni.
Poulenc morì prima che il pezzo fosse pubblicato, e lasciò così agli editori il compito di
sistemare alcune note ambigue, le dinamiche
e le articolazioni.
Il primo movimento, Allegro tristamente,
contrasta una scrittura graffiante e un carat-
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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tere scherzoso, quasi ironico, con la sezione
centrale lenta, Très calme, dolcemente monotona, di carattere contemplativo. Nel 1956
era già stato composto il movimento lento,
pubblicato indipendente come Andantino
tristamente; è un movimento dolce e malinconico che risente dell’influenza della musica
da café-concert. Una volta composti gli altri
due movimenti, l’Andantino donò il suo at-
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tributo “tristamente” al primo movimento,
ed esso prese l’attuale titolo di Romanza. Il
terzo movimento, Allegro con fuoco, disperde la malinconia del secondo, grazie al suo
carattere frizzante ed energico: conclude, appunto, “con fuoco” un’opera ricca di diverse
atmosfere e contrastanti sonorità.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Sara Cazzanelli
SALA FILARMONICA
GIOVEDÌ 12 DICEMBRE 2013 - ORE 20.45
ORCHESTRA HAYDN
Hansjörg Albrecht, direttore
Musiche di:
W. A. Mozart
J. S. Bach
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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SALA FILARMONICA
SABATO 11 GENNAIO 2014 - ore 20.45
ADRIANO DEL SAL
chitarra
GIULIO REGONDI Reverie, notturno op. 19
(1822-1872)
AUGUSTÍN BARRIOS
(1855-1944)
Mazurka Apasionada
JOAQUÍN RODRIGO
(1901-1999)
Invocacion y danza
(Homenaje a Manuel de Falla)
Gavota al estilo antiguo
Choro de Saudade
FEDERICO MORENO TÓRROBA
Piezaz Caracteristicas
(1891-1982)
Preambulo
Oliveras
Melodia
Albada
Los Mayos
Panorama
JOHANN SEBASTIAN BACH
(1685-1750)
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Preludio, Fuga, Allegro BWV 998
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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Adriano del Sal è nato a Lignano Sabbiadoro (Udine), ha iniziato lo studio della chitarra
sotto la guida di Stefano Viola al Conservatorio Jacopo Tomadini di Udine dove, nel 1999, si
è diplomato con Guido Fichtner guadagnandosi il massimo dei voti e la lode. Ha contemporaneamente frequentato le lezioni all’Accademia Francisco Tàrrega di Pordenone perfezionandosi con Stefano Viola e Paolo Pegoraro. Si è poi perfezionato con D. Russell, M. Barrueco,
S. Grondona, A. Gilardino, A. Ponce e C. Marchione.
Adriano ha messo d’accordo le giurie di importanti concorsi nazionali ed internazionali vincendo ben 12 primi premi, tra questi: Certamen Francisco Tarrega (Premio del pubblico e
per la miglior interpretazione dell’opera di Tarrega) a Benicasim, Spagna; Benvenuto Terzi
di Bergamo, Nicola Fago di Taranto, Castelnuovo Tedesco di Parma, Ragusa (vincitore assoluto di tutte le categorie strumentali), Isernia, Jaen (Spagna). La vincita del concorso internazionale Julian Arcas di Almeria (Spagna) gli ha dato la possibilità di incidere il suo primo
CD solistico per la RTVE (Radio Television Espanola). Nel 2003 ha ricevuto, nell’ambito
del Convegno Internazionale di Alessandria, il prestigioso riconoscimento La Chitarra d’oro
quale miglior giovane concertista dell’anno a livello internazionale. Nel 2004 è risultato vincitore del prestigioso concorso Michele Pittaluga, Premio città di Alessandria aggiudicandosi la medaglia d’argento del Presidente della Repubblica italiana
Svolge una intensa attività concertistica che negli ultimi anni lo ha visto invitato nei maggiori festival internazionali in Italia, Spagna, Belgio, Austria, Germania, Slovenia, Croazia,
Montenegro, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Russia, Corea del Sud, Canada. Ha inoltre interpretato il Concierto de Aranjuez di J.Rodrigo nella Sala della Filarmonica di San
Pietroburgo e ha rappresentato la Regione Friuli Venezia-Giulia in Ucraina, suonando nella
prestigiosa Sala delle Colonne della Filarmonica di Kiev.
E’ docente presso le accademie di perfezionamento F.Tarrega di Pordenone e Stupor Mundi
di Palermo, al Liceo Musicale C. Percoto di Udine e dal 2012 è Professore presso l’ Universität für Musik und darstellende Kunst a Graz, Austria.
è spesso invitato come membro di giuria in importanti concorsi internazionali e tiene masterclasses presso varie Istituzioni musicali e festival di chitarra. Incide per la etichetta discografica Naxos. Suona una chitarra del liutaio tedesco Matthias Dammann. David Russell,
nell’ambito di un’intervista in un’importante rivista specializzata, lo ha citato tra i migliori
giovani concertisti del momento.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
Giulio Regondi “Reverie” notturno op.19
(Ginevra, 1822- Londra, 1872)
Di nazionalità incerta, fù un vero e proprio
enfante prodige della chitarra.
Le stampe dell’epoca di Parigi e Londra elogiarono le doti del bambino Regondi che a soli
sette anni suonava in pubblico con la sicurezza
di un interprete maturo.
La scarsa fortuna della chitarra in epoca
romantica, dominata dall’arte dei grandi maestri del pianoforte, gli impedì di cavalcare
la celebrità. Venne considerato un musicista
geniale sia dal grande pubblico che dai critici
più esigenti.
Per chitarra scrisse dieci studi e sei pezzi da
concerto tra questi la “Reverie” un brano dal
carattere intimista e blandamente sentimentale
dove risulta originalel’uso di tecniche compositive che Regondi porta al massimo grado
espressivo: la melodia nel registro medio-grave
(che ricorda la mano sinistra nel pianoforte) e
il tremolo (tecnica che emula le note ribattute
tipiche del mandolino).
Joaquin Rodrigo
(Sagunto, 1901-Madrid, 1999)
Compositore spagnolo della provincia di
Valencia, cieco dall’età di quattro anni, è noto
universalmente per il “Concierto de Aranjuez”
per chitarra e orchestra. Studiò dapprima in
Spagna con Eduardo Lopez Chavarri e in
seguito divenne allievo di Paul Dukas a Parigi. Fù anche un egregio pianista. Rodrigo
si riconosce in quella corrente musicale detta
“neocasticismo” ossia una neoclassicismo
nazionale o meglio regionale, cioè castigliano.
Fondamentale per Rodrigo è l’interesse per
la musica antica spagnola degli autori quali
Scarlatti, Soler, Milan, Sanz. Uno dei suoi
pezzi più impegnativi ma anche più famosi
è Invocacion y danza (Homenaje a Manuel
de Falla). Fu scritto nel ’62 per il concorso
di composozione chitarristica bandito da Radio France, in cui ricevette il primo premio.
Vengono citati vari temi tratti dai capolavori
del Maestro De Falla in particolar modo dal
famoso balletto El amor Brujo.
Augustin Barrios “Mangorè”
(San Juan Bautista, 1885- El Salvador, 1944)
Chitarrista e compositore Paraguaiano, è una
delle figure più importanti della chitarra tardoromantica di carattere nazionalista latino-americano. Nella sua opera troviamo infatti quasi
tutti i tratti caratteristici delle scuole nazionali:
folclorismo, intimismo,descrivittimismo pittorico. Nell’ispirarsi al folclore, non si limitò
a quello del suo paese ma, come nel caso del
Choro de Saudade, attinse dalla musica brasiliana. è un brano pieno di struggente pathos,
malinconico, ispirato appunto ai choros (dal
portoghese piangere) gruppi di musicisti improvvisatori di strada brasiliani.
Nella maniera intimista, Barrios si accosta ai
modelli europei (ad esempio Chopin) come nel
caso della splendida Mazurka Apasionada, e
alla musica barocca come nella piacevolissima
Gavota al estilo antiguo.
Federico Moreno-Torroba
(Madrid, 1891-1982)
Fu allievo di Conrado del Campo, insegnante
della maggior parte dei compositori spagnoli
della prima metà del Novecento. Fin da giovanissimo si dedicò a quella sorta di operetta
lirico-drammatica spagnola nella quale ebbe
ben pochi rivali: la Zarzuela. La sua celeberrima opera Luisa Fernanda è considerata tuttora
un punto di riferimento per questo genere.
La fortuna che incontrò grazie a questo genere,
fu tale da indurlo a tralasciare la musica da
camera e sinfonica. Fece un’unica eccezione:
compose per chitarra. Fu infatti il primo compositore che rispose alla richiesta di Andres
Segovia, di scrivere per chitarra. Nacque così
una Danza che in seguito assieme al Fandanguillo e Arad, formò la Suite Castellana.
Segovia riconobbe il ruolo fondamentale che
ebbe Torroba per la rinascita della chitarra.
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
39
Da li in poi numerosi importanti compositori
si interessarono alla chitarra ampliandone il
repertorio. Le Piezas Caracteristicas, una
suite in sei movimenti, sono tra i lavori più
importanti che il compositore madrileno ha
scritto per chitarra.
Johann Sebastian Bach
(Eisenach, 1685 - Lipsia, 1750)
Bach non scrisse mai per chitarra e non si sa se
ebbe mai l’occasione di ascoltare un chitarrista
(all’epoca era uno strumento a cinque corde
doppie). Nonostante ciò fin dai primi esempi
40
di trascrizione delle opere per liuto, violino
ecc del grande di Eisenach ad opera di Tarrega,
parecchie sue composizioni fanno parte del
repertorio di moltissimi chitarristi.
Scrisse invece per Liuto, strumento che ebbe
grande popolarità nel 1500 ma che all’epoca
di Bach iniziava a declinare soppravivendo
proprio in Germania. Tra le opere liutistiche
figura il trittico Preludio, Fuga e Allegro (BWV
998) in Mib Maggiore.
Titolo originale: Prelude por la lauth o cembal.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Adriano del Sal
SALA FILARMONICA
MERCOLEDì 22 GENNAIO 2014 - ore 20.45
MARTINA FILJAK
pianoforte
WOLFGANG
AMADEUS MOZART Sonata in si bemolle maggiore KV 333
(1756-1791)
Allegro
Andante cantabile
Allegretto
MAURICE RAVEL Sonatine
(1875-1937)
Modéré
Mouvement de menuet
Animé
SERGEJ PROKOF’EV
Sonata n. 2 in re minore op.14
(1891-1953)
Allegro, ma non troppo
Più mosso-Tempo primo
Scherzo. Allegro marcato
Andante
Vivace-Moderato-Vivace
ALEXANDR SCRJABIN (1872-1915)
MILIJ ALEKSEEVIČ
BALAKIREV (1837-1910)
Preludio e Notturno op. 9 per la mano sinistra
Islamey
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
41
L’incrollabile sete musicale di Martina Filjak, coltivata da genitori insegnanti di pianoforte,
è stata il principio guida della sua vita professionale. Nonostante la guerra civile, Martina si è
diplomata all’Accademia Musicale di Zagabria e in seguito al Conservatorio di Vienna e alla
Hochschule für Musik di Hannover nella classe dedicata ai solisti. Ha partecipato a masterclass
presso l’Accademia di Pianoforte di Como tenute da D. Bashkirov, P. Frankl e A. Staier.
Nel 2009 Martina Filjak ha vinto il primo premio alla Cleveland International Piano Competition in seguito alla quale ha debuttato con concerti presso la Konzerthaus Berlin e il Musikverein di Vienna e con un recital alla Carnegie Hall/Zankel Hall di New York. Prima di vincere a
Cleveland, nel 2007 Martina era stata la vincitrice del Concorso Viotti in Italia e nel 2008 del
Maria Canals a Barcellona.
Martina ha suonato in tutto il mondo con orchestre importanti dirette da H. Schiff, T. Guschlbauer, S. Lang–Lessing, C. Zacharias e S. Sanderling; in veste di solista si è esibita nelle sale
più prestigiose: Concertgebouw di Amsterdam, Palau de la Musica di Barcellona, Palais des
Congrès di Strasburgo, Shanghai Oriental Art Center, e Severance Hall a Cleveland. Il suo CD
dedicato alle sonate di Soler è stata pubblicato dalla Naxos nell’agosto 2011 e immediatamente
è stata nominato Disco del mese in Germania.
L’ampio repertorio dell’artista va da Bach a Berio ed include 30 concerti. Appassionata escursionista e amante dell’aria aperta, l’artista ama eseguire musica popolare che evoca i suoni della natura come: la suite All’aria aperta di Bartók, i Six Encores di Berio (tra cui Wasserklavier,
Erdenklavier, Feuerklavier e Luftklavier) e Une barque sur l’océan di Ravel. Martina è anche
attratta dalla musica che pone sfide tecniche ed intellettuali come la Hammerklavier Sonata di
Beethoven e il Concerto per Pianoforte n.2 di Bartók.
Tra il 2010 e il 2012. l’interprete ha eseguito il concerto Imperatore di Beethoven alla Konzerthaus Berlin con la Southeast Europe Youth Orchestra per la direzione di H. Schiff; ha
partecipato alle performance dei concerti di Schumann, Grieg e Ravel, del secondo concerto di
Rachmaninov, e dei primi concerti di Shostakovich, Liszt e Brahms con la Cleveland Orchestra, l’Orquesta Ciudad de Granada e la Hong Kong Sinfonietta; ha eseguito la prima mondiale del Madrigal Rouge di Milko Kelemen con la Deutsche Radio Philharmonie condotta da C.
Poppen; ha aperto la stagione 2012 della Charlotte Symphony (North Carolina) con il Concerto
per Pianoforte n.1 di Tchaikovsky diretta da C. Warren-Green. Fra i suoi vari altri impegni, ci
sono stati l’interpretazione del Primo Concerto per Pianoforte di Brahms con la Staatskapelle
Weimar e l’Orquesta Sinfónica de Madrid, le Noches en los jardines de España di de Falla
con l’Orquesta Ciudad de Granada e i Quattro Temperamenti di Hindemith con l’Orchestra
Filarmonica di Torino, il Concerto per Pianoforte n.2 di Bartók con la Boston Philharmonic e
B. Zander nonché il Concerto per Pianoforte n.3 di Rachmaninov con la Sinfonieorchester Liechtenstein e il Concerto per Pianoforte di Ravel in Florida sotto la direzione di S. Sanderling.
Le passioni che Martina coltiva fuori dall’ambito musicale includono l’ambiente (l’artista sta
collaborando con la Presidenza della Repubblica Croata per sensibilizzare la tutela della lince,
animale in via di estinzione) e l’istruzione (partecipando al progetto Rhapsody in School fondato da Lars Vogt che prevede artisti in visita presso le scuole tedesche per invitare gli studenti
allo studio della musica classica).
La pianista sostiene anche la raccolta di fondi per la Borsa di Studio Martina Filjak che promuove la formazione musicale di giovani selezionati a Cleveland, Ohio.
Martina parla sette lingue e, fortunatamente per un musicista attivo, ama molto viaggiare.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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NOTE AL PROGRAMMA
È un programma che si costruisce sulla forma
della Sonata nella sua evoluzione attraverso i
secoli e i luoghi geografici quello che la giovane Martina Filijak propone alla stagione
dell’Associazione Filarmonica di Rovereto.
Si comincia dall’alfa di questo genere musicale e quindi da Mozart. La Sonata “Linz”
è una delle più lunghe e complesse scritte
dall’autore, nata sulla scia di quella felice
vena creativa che aveva portato alla pubblicazione nel 1784 di tre bellissime sonate diventate subito famose, tra cui la K 331 “Alla
turca”. La musicologia ha a lungo discusso
sulla data e sul luogo di composizione di questa Sonata in si bemolle maggiore.
Negli anni ‘80 nuovi studi tutt’ora accreditati
sullo stile del brano e sulle fonti hanno indicato sia stata scritta alla fine del mese di novembre del 1783 durante una sosta a Linz occorsa
lungo il viaggio che riportava Mozart da Salisburgo, dove aveva visitato il padre per fargli
conoscere la moglie Costanza, verso Vienna,
città in cui Amadeus si era trasferito dal 1781
e nella quale aveva riposto tutti i suoi desideri
di successo e fama. Se davvero la Sonata K
333 fosse stata composta nello stesso periodo
della Sinfonia “Linz” n. 36 in Do maggiore
K425, ovvero nella brevissima sosta presso il
conte Joseph Anton Thun, ancora una volta
dovremmo lasciarci stupire dalle doti geniali
di Mozart, che in quella manciata di giorni in
cui scrisse un’intera sinfonia, per un concerto
organizzato in suo onore, riuscì anche a scrivere una sonata per pianoforte di tale bellezza
e dimensioni.
Nel primo movimento, di carattere cordiale e
generoso, i temi dialogano come i personaggi di un’opera, quasi che il pianoforte fosse
per Mozart un teatro in miniatura. A stupire,
dopo un sereno Andante Cantabile, è il terzo
movimento in forma di Rondò, che riprende
il carattere affabile del primo tempo e dove
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il pianista, a un tratto, verso la chiusura, si
scopre virtuoso e si lancia in una lunga cadenza quasi da concerto. Venne pubblicata
da Christoph Torricella nell’aprile del 1784
a Vienna come opus 7 assieme ad altri due
pezzi: la brillante Sonata per pianoforte in
re maggiore K 284 e la Sonata per violino e
pianoforte in si bemolle maggiore K 454, passata alla storia per essere stata improvvisata
dall’autore nella parte pianistica direttamente in concerto, nell’accademia organizzata a
Vienna per la virtuosa violinista mantovana
Regina Strinasacchi alla presenza dell’Imperatore Giuseppe II.
Dalla Sonata di Mozart si passa alla Sonatina di Ravel, così intitolata per la sua brevità
e non per una presunta semplicità esecutiva.
Occorre al contrario una solidità tecnica per
affrontare questa partitura, se consideriamo
che lo stesso autore non eseguì mai in pubblico e nemmeno volle registrare il terzo movimento, ammettendo di non averne le capacità.
L’umiltà di Maurice Ravel e la sua storia personale non può che suscitare simpatia per un
musicista che divenne assieme a Debussy una
delle personalità fondamentali per la nuova
musica francese del Novecento.
Pianista mediocre per sua stessa ammissione,
pessimo promotore di se’ stesso (così scriveva nel 1923 proponendo sue musiche ad una
società di concerti di Bruxelles: «...[si potrebbe suonare] il Quartetto o il Trio, ma senza
la partecipazione dell’autore, che sarebbe
assolutamente incapace di suonare la parte
del pianoforte... [e aggiungendo] alcuni pezzi
per pianoforte, che io suonerei malissimo, mi
sembra che il programma sarebbe completo»), Ravel non ebbe fortuna nemmeno nei
concorsi di composizione.
Con enorme scandalo accademico non vinse
mai il prestigioso Prix de Rome, pur partecipandovi per cinque volte consecutive, e an-
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
che la Sonatina nacque in simili circostanze.
Il compositore aderì al bando promosso dalla
rivista Weekly Critical Review che metteva in
palio un premio di 100 Franchi per un primo
movimento di sonata di settantadue battute.
Ravel fu l’unico a parteciparvi ma la sua Sonatina fu squalificata poiché contava più delle
battute ammesse. Il concorso fu quindi annullato e la rivista fece bancarotta di lì a poco.
Due anni più tardi nacquero gli altri movimenti e l’opera fu così completata nel 1905
cominciando la sua fortuna costruita su un
immediato consenso ed un’ampia diffusione.
Lo stile partecipa alla corrente dell’arcaismo
e la sua forma recupera la sonata classica del
Settecento rifacendosi a Couperin e Rameau
più che a Haydn, Mozart o Beethoven, volutamente in contrasto con la sonata classicoromantica austro-tedesca.
La sconfitta militare di Sedan del 1870 per
mano della Prussia bruciava ancora nell’animo dei francesi e sulla scia dell’orgoglio nazionale ferito anche il rinnovamento delle arti
passava attraverso la ricerca di un riferimento
nel passato nazionale. Fioriscono dunque in
questo passaggio di secolo numerosi Minuetti, Toccate, Preludi e Sarabande per mano di
Ravel e Debussy, che sperimentano nuove armonie essenzialmente per ricreare ancora una
volta i timbri argentati del clavicembalo e che
solo più avanti si staccheranno invece dall’arcaismo per inventare una musica nuova.
I tre tempi della Sonatina brillano di questi
riflessi, dalla luminosa eleganza del Modéré
attraversato da una vena nostalgica, al Mouvement de menuet, trasfigurazione moderna
dell’antica danza attraverso l’utilizzo della
modalità, per concludersi nella volata toccatistica dell’Animé.
Decisamente agli antipodi dei cristalli che
tintinnano nel registri acuti della Sonatina
di Ravel, l’op. 14 di Prokofiev si presenta con gesto barbarico e sonorità rude. Con
quest’autore la forma della sonata completa
la sua trasformazione novecentesca.
Se nell’Europa centrale il genere viene trattato con timore e reverenza, mostro sacro di
una sacra arte, in Russia tutti i compositori
dalla metà dell’Ottocento mettono mano alla
forma-sonata senza tanti convenevoli. Prokoviev ne pubblicò nove lungo la sua vita, ma
ancora adolescente ne abbozzò ben sei diverse, da cui prese in seguito il materiale per la
sua Opera n.1.
Se guardiamo alla costruzione della Seconda
Sonata, pubblicata nel 1913, anche se si riconosce subito la classica struttura nel primo
dei quattro movimento in cui è composta, del
tutto romantica è la nostalgia che pervade il
secondo tema dell’Allegro, ma non troppo e
che aleggia in tutta la partitura, culminando
nell’Andante. La tristezza è tale che non si
può non collegare il sentimento qui espresso
dall’autore con la sua biografia, ossia con il
turbamento provocato dal suicidio del compagno di corso Maximilian Schmidthof, cui
la Sonata è dedicata.
Riguardo alla vicenda così scrive Piero Rattalino, grande studioso del repertorio pianistico e dei suoi interpreti: «Prokofiev racconta
di aver ricevuto, il 13 maggio del 1913, una
cartolina che diceva “Caro Sergej, ti comunico l’ultima novità: mi sono suicidato. Non
rattristarti, rimani indifferente: onestamente è
tutto ciò che l’incidente merita. Addio, Max.
Le cause non sono importanti”. Il corpo dello
Schmidthof fu ritrovato soltanto alcune settimane dopo l’arrivo della cartolina e l’agghiacciante vicenda sconvolse Prokofiev».
Come campane funebri per l’amico suicida
vengono così interpretati comunemente quei
rintocchi pesanti che s’insinuano nel velocissimo movimento finale e che ritroviamo anche nel Secondo Concerto per pianoforte ed
orchestra dell’autore, terminato nello stesso
anno ed ugualmente dedicato a Schmidthof.
Il Vivace è il tempo che nel suo meccanismo
perpetuo più si avvicina alle scelte raveliane
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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della Sonatina, ma ne mantiene ben ferme le
distanze cronologiche e geografiche con la
decisa chiusa nel registro grave, perfettamente all’opposto di quello utilizzato dall’autore
francese. Alle prese con lo studio affannoso
e concomitante di brani virtuosistici ed impegnativi come le parafrasi lisztiane, Islamey di Balakirev e l’integrale delle Sonate
di Beethoven, il ventenne Scriabin, in eterna
sfida con il suo virtuoso compagno di studi
Rachmaninov, dovette cedere ad un irreparabile danno della mano destra che pose fine
alla sua carriera di pianista. Era il 1894 e da
questa tragedia personale nacque il Preludio e
Notturno op. 9.
Emozionante pezzo tardo-romantico che
risente ancora dell’influenza di Chopin, in
realtà quasi semplicistico nella scrittura se
realizzato con entrambe le mani, rivela tutto il pathos dell’epoca proprio nell’impervia
esecuzione con la sola mano sinistra, che
deve cantare negli acuti con il pollice, dito
a volte poco gentile nei timbri a causa della sua conformazione anatomica, e legare
l’accompagnamento con salti veloci e ben
mirati. Sebbene il Preludio e Notturno op.
9 di Scriabin e il Concerto in Re maggiore
di Ravel siano le più famose opere pianistiche per mano sinistra, nel Novecento furono
composti numerosissimi brani – parliamo di
un migliaio – per una sola mano e la maggior
parte di questi sono legati alla figura di Paul
Wittgenstein. Fratello del più famoso filosofo Ludwig, figlio di un industriale austriaco
di origini ebraiche, Paul Wittgenstein era un
giovane pianista promettente che nel salotto
di casa frequentava Brahms e duettava con
Richard Strauss.
Nell’albero genealogico poteva vantare una
stretta parentela con il violinista Joachim e i
geni della musica erano preponderanti in lui
a tal punto da spronarlo a proseguire la carriera pianistica anche dopo l’amputazione del
braccio destro, avvenuta in battaglia durante
46
la Prima Guerra Mondiale. Tornato dal fronte,
cominciò a trascrivere per se stesso numerosi
pezzi del repertorio pianistico (Studi di Chopin, Sonate di Beethoven, Romanze senza
parole di Mendelssohn), quindi commissionò nuove opere appositamente scritte per le
sue possibilità a Britten, Tansman, Korngold,
Richard Strauss ed ovviamente Ravel. Scrissero per lui un Concerto per pianoforte e orchestra anche Prokofiev (Concerto n. 4, op.
53) e Hindemith (Klaviermusik, op.29) ma
Wittgenstein non li apprezzò e mai li eseguì.
Martina Filijak chiude il concerto con i fuochi
d’artificio di Islamey, pezzo di ardito virtuosismo che in poco meno di dieci minuti riesce a toccare più tasti del pianoforte di quanti
non ne siano stati adoperati in tutta la serata
fino ad ora. In una semplice forma tripartita
vengono giustapposti due temi fortemente
antitetici, il primo bellicosamente maschile
ed il secondo morbidamente femminile, concludendo con la vittoria del maschio, neanche
a dirlo, in un’apoteosi di salti, corse, sforzati,
glissandi ed incroci che solo i cromosomi di
Liszt e Paganini messi assieme possono affrontare.
Brano tra i più gettonati tra i giovani ed ambiziosi concorrenti dei concorsi pianistici, non
c’è dubbio che quest’opera di Balakirev affascini il pubblico. Composta nel settembre
del 1869, quindi riveduta nel 1902, Islamey
nacque dalle impressioni suscitate nell’autore
dalla musica tradizionale del Caucaso, dove
trascorse diverse estati dal 1862, ed è infatti
sottotitolata Fantasia Orientale.
Il pezzo venne eseguito per la prima volta da
Nikolai Rubinstein e fu chiaro fin da subito
che Balakirev avesse scritto un pezzo per
grandi pianisti.
Ravel, colto da invidia, confidò ad un amico di voler scrivere con il suo Gaspard de la
nuit qualcosa che fosse ancora più difficile di
Islamey.
Monique Ciola
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
GIOVEDÌ 30 GENNAIO 2014 - ORE 20.45
OLGA PASHCHENKO
clavicembalo
“Orpheus of Amsterdam”
JAN PETERSZOON SWEELINCK Fantasia cromatica
(1562-1621)
MATTHIAS WECKMANN (1616-1674)
Toccata in la minore
JOHANN SEBASTIAN BACH (1685-1750) Fuga in si bemolle maggiore BWV 954
su un tema di Johann Adam Reincken
LOUIS ANDRIESSEN (1939)
Overture to Orpheus
ADAM REINCKEN - J.S. BACH Sonata in la minore da “Hortus Musicus”
(1643-1722) (1685-1750) Adagio
Fuga
Adagio-Presto
Allemande, Courante
Sarabande, Gigue
JOHANN SEBASTIAN BACH Fantasia cromatica e fuga BWV 903
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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Olga Pashchenko è nata a Mosca nel 1986. Inizia i suoi studi musicali a sei anni presso la Children’s Myaskovski Music School nella classe
di pianoforte tenuta da Sofia Genis; nel 1993 entra nella Moscow Special
Gnessin Music School dove studia pianoforte con Tatiana Zelikman e clavicembalo con Olga Martynova. Tiene il suo primo concerto a New York
all’età di nove anni. Nel 2002 vince una borsa di studio della Fondazione
Russian Performance Art. Nel 2003 viene premiata presso il terzo Concorso internazionale Gnessin per giovani artisti e presso il terzo Festival
internazionale Beethoven di musica da camera. Nel 2005 Olga si laurea
con lode presso la Gnessin School e si iscrive al Conservatorio Tchaikovsky
di Mosca. Nel 2012 si laurea con lode presso due dipartimenti del Conservatorio: il Dipartimento di performance storica e arte moderna dove studia
con Alexei Lubimov (piano), Olga Martynova (clavicembalo, fortepiano),
e il Dipartimento di organo, classe di Alexei Shmitov. Nel 2012 inizia la
specializzazione presso il Conservatorio Tchaikovsky di Mosca nella classe
del professor Alexei Lubimov. Nel 2011 entra nel Conservatorio di Amsterdam per un master in fortepiano e clavicembalo con Richard Egarr.
Olga è vincitrice di numerosi e prestigiosi premi tra cui: il premio Press
al Moscow Romantic Music Festival 2005; l’ International Piano Competition 2006 in Carinthia (Austria); l’ All-Russian Harpsichord Competition 2007 in San Pietroburgo; l’International Organ Competition Soli Deo
Gloria 2008 a Mosca; il First International Volkonsky Harpsichord Competition in Moscow2010; il Primo premio e Premio della giuria critica
presso il Premio Ferrari in Rovereto 2012.
Ha frequentato master classes tenuti da Bart van Oort, Bob van Asperen,
Trevor Pinnock, Malcolm Bilson, Davitt Moroney, Andreas Staier, Christine Schornsheim, Ludger Lohmann, Christopher Stembridge e altri.
Olga Pashchenko si esibisce regolarmente come clavicembalista, pianista,
organista e fortepianista in festivals in Russia, USA, Europa come Seiler Festival (Germania) 2005, Poeke Fortepiano Festival (Belgio) 2006,
Karlsruhe (Germania) 2009, Firenze nel Progetto del Centro per Studi
rinascimentali della Harvard University a Villa Tatti 2007, 2008, 2009,
2010, Utrecht Oude Muziek Fringe Festival (Olanda) 2010, 2012, Sankt
Gallen Festival (Austria) 2008, 2011, “New Horizons” Festival San Pietroburgo, International Piano Festival San Pietroburgo 2011, Soli Deo
Gloria Festival (Italia) 2012, Reincken Fringe Festival (Olanda) 2012, Mostra Fortepiano Bergamo 2012, Leipziger Chopin-Tage 2012 (Germania),
Fiori Musicali della Svizzera Italiana 2012.
Il suo repertorio abbraccia musica che va dal XVI al XXI secolo e include
concerti da solista, musica da camera e concerti con orchestra.
Dal 2012 Olga Pashchenko incide esclusivamente per “Outhere company”,
etichetta Fuga Libera.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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NOTE AL PROGRAMMA
“Fantastica” lira d’Orfeo
Presso il Museo Storico di Amsterdam è conservato il dipinto di un uomo dal profilo solenne, le mani in grembo adagiate in una posa
singolare, a bucare – con illusionismo tutto
barocco – l’ovale in cui è iscritta la figura. È
l’«Orfeo di Amsterdam», al secolo Jan Peterszoon Sweelinck, ritratto dal fratello Gerrit
e consegnato all’eternità in un simbolo. Sì,
perché quelle mani possenti, con le dita della sinistra che, protese, sembrano voler dire
«ascoltami!», compongono il geroglifico
d’un gesto sorprendente, il quale contrapponendosi nettamente alla graniticità della
figura, tesse la metafora di un confronto epocale: quello fra la solidità della forma e del
contrappunto rinascimentali e il dinamismo
del barocco nascente. Jan Peterszoon Sweelinck (1562-1621) s’impose quale esponente
capitale di quella scuola polifonica francofiamminga che fu un frutto raffinatissimo
della storia della musica fra Quattrocento e
Seicento. L’influsso che egli esercitò sull’ambiente musicale europeo dell’epoca, tanto con
la propria opera, quanto con l’insegnamento,
fu tale da fargli conquistare l’epiteto di «Orfeo di Amsterdam», espressione felice e veritiera, già diffusasi quando il musicista era
ancora in vita. Egli offrì infatti un contributo determinante allo sviluppo non solo della
musica vocale, ma anche, e soprattutto, della
musica strumentale, cui donò un corpus di
lavori di stupenda fattura, nonché di imprescindibile significanza storica. Nelle opere di
Sweelinck destinate agli strumenti a tastiera
convergono dunque le tendenze di un’epoca
intera, e lo status ancora ibrido della musica strumentale a cavallo fra Cinquecento e
Seicento si proietta con straordinaria efficacia proprio su quelle composizioni in cui il
dato improvvisativo si fa più appariscente
e smaccato, come accade ad esempio nelle
Fantasie. In esse infatti l’emancipazione progressiva della musica strumentale dai modelli
50
vocali - al tempo in pieno corso – faceva sì
che l’architettura dei brani non si erigesse
in base a un progetto precostituito, ma che
evolvesse nel suo farsi, in maniera dinamica
e cangiante, quasi cercando una strada propria, una lingua specifica e nuova. Dismessi gli abiti severi con cui era nata, la forma
della Fantasia stava raggiungendo un punto
apicale della propria evoluzione, assestandosi
quale forma mobile e tempestosa. Al tempo di
Sweelinck il suo germe costruttivo prevedeva
una serie turbinosa di variazioni su un tema
prescelto, passato al filtro di un pulviscolo di
ornamentazioni, aumentazioni, diminuzioni,
intrecci di entrate tematiche e orditi polifonici. È ciò che accade proprio con la Fantasia
cromatica, una delle composizioni più celebrate del musicista olandese, la quale svela
con evidenza, lungo l’arco dell’ampia articolazione delle sue tre parti, da un lato la nobiltà
delle origini contrappuntistiche del genere e
dall’altro l’eloquenza virtuosistica dell’improvvisazione. Giovandosi della poliedricità
del tema principale (una discesa per semitoni
lungo un intervallo di quarta) essa dipana così
una mutazione continua dei parametri temporali e degli spazi sonori, la quale, potenziata
dalla sensualità innata a un insistito cromatismo, genera un effetto di potente drammaticità espressiva.
Uno dei tramiti fra l’insegnamento di Sweelinck e la grande scuola organistica della Germania settentrionale fu Matthias Weckmann
(1616-1674), che studiò dapprima con Heinrich Schütz a Dresda e poi con Jacob Praetorius (allievo prediletto di Sweelinck) ad
Amburgo, città in cui egli poi visse e operò
per molti anni. Per la versatilità stilistica e
l’altissima qualità delle sue opere, Weckmann
è ormai riconosciuto ampiamente come una
delle figure musicali più importanti della
Germania del Seicento, dal linguaggio intagliato sull’esempio illustre dei maestri eppure
spiccatamente personale. La Toccata IV in la
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
minore, che alterna con esuberanza rapidissime volate e sfrangiati passaggi accordali, è un
tipico esempio di quello stile pseudo-improvvisativo di grande efflorescenza cromatica e
virtuosistica che fu chiamato – non a caso stylus phantasticus e che fu tratto linguistico
distintivo e vanto dei compositori della scuola organistica tedesca settentrionale.
Anche l’olandese Johann Adam Reincken
(nato a Deventer come Sweelinck) fu esponente di questa scuola; un esponente illustre,
se Johann Sebastian Bach (1685-1750) decise
di dedicare alla sua opera l’omaggio di ben
tre elaborazioni compositive. Bach fece visita personalmente al grande organista fiammingo ad Amburgo nel novembre del 1720,
forse anche per facilitare la propria candidatura all’ambita carica di organista presso la
Jakobkirche della città. Fra le elaborazioni
bachiane delle opere di Reincken troviamo la
Fuga in si bemolle maggiore BWV 954 e la
Sonata in la minore BWV 965, contenute entrambe nella raccolta di Partite per 2 violini,
viola e basso continuo dal titolo Hortus Musicus recentis aliquot flosculis Sonaten, Allemanden, Couranten, Sarabanden et Giquen,
pubblicata da Reincken nel 1687. La Fuga
è tratta dall’Allegro della Sonata che apre la
Partita II: Bach ne adattò la scrittura al clavicembalo, ampliando tuttavia notevolmente
le proporzioni della struttura (che risultano
infatti quasi raddoppiate) e conferendo alla
pagina una compattezza, uno scintillio e uno
smalto che appaiono quali segni inconfondibili del magistero bachiano. La Sonata in la
minore BWV 965 recupera invece integralmente la disposizione originale della Partita
I di Reincken già dalla Sonata d’apertura,
che presenta il l’usuale andamento alternato
di tempi lenti e veloci, come dimostrano lo
stupendo Adagio iniziale, la brillante fuga
dell’Allegro e la coppia Adagio/Presto che
chiude la triade. Essa inaugura dunque una
ghirlanda di brani inanellati nella sequenza
convenzionale di danze tipica della forma:
un’Allemanda morbidamente mossa, una
Corrente maliziosa, una Sarabanda ripiegata
dolcemente con leggiadra malinconia e una
piccante Giga di chiusura. Nonostante la fedeltà al modello, si nota in Bach una tendenza
pronunciata all’ampliamento delle proporzioni rispetto alle fonti originali (evidente qui
soprattutto nell’Allegro e nella Giga), accompagnata inoltre da un’inclinazione generale,
assai più pervasiva, all’abbellimento copioso
delle linee melodiche e all’ispessimento del
tessuto musicale.
Come Sweelinck quasi cinquecento anni fa,
così Louis Andriessen (1939) è uno dei compositori olandesi più noti ed eseguiti del suo
tempo, un tempo che coincide però con la
nostra contemporaneità. La musica di Andriessen, allievo di Luciano Berio, incarna una
tendenza radicale alla sperimentazione ad
amplissimo raggio che ha informato di sé larga parte dell’odierna arte dei suoni, spaziando
dalla musica eurocolta all’elettronica, al rock,
al jazz. Il suo stile, riccamente frastagliato da
spunti così eterogenei, si è progressivamente
avvicinato tuttavia al minimalismo americano, obliterandone però l’insistita - e talora
esibita - tendenza alla consonanza. Ne offre
un esempio l’Overture to Orpheus, composizione scritta nel 1982 e dedicata alla clavicembalista Annelie de Man, recentemente
scomparsa, musicista che ha dedicato la propria vita a incentivare la scoperta della musica clavicembalistica contemporanea e la valorizzazione delle possibilità sonore inesplorate dello strumento. L’Overture to Orpheus,
come scrive Andriessen stesso, è concepita
quale ipotetica introduzione a un’opera immaginaria, di cui il personaggio di Orfeo sarebbe il protagonista. La peculiarità della sua
arte è simboleggiata non solo, realisticamente, dalla scelta di uno strumento a corde pizzicate come il clavicembalo (affine pertanto
alla lira d’Orfeo), ma anche dal continuo confronto fra le tecniche incantatorie del canone
e dell’unisono, il cui potere ipnotico risulta
potenziato grazie alla scelta di schemi ritmici
mutevoli e singolari, nonché alle possibilità
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
51
di rifrazione sonora offerte dalla proprietà
specifiche dello strumento.
Cromatismo, stile improvvisativo, pirotecnia
virtuosistica e metamorfismo armonico sono
anche i pilastri costruttivi di uno dei brani
più celebri dell’intera letteratura clavicembalistica, la Fantasia cromatica e fuga in re
minore BWV 903 di Johann Sebastian Bach,
che giunge qui a coronare la nostra discesa
“fantastica” lungo i sentieri nordici della musica per tastiera fra tardo Rinascimento e tardo Barocco. La Fantasia cromatica e fuga fu
composta da Bach, presumibilmente, attorno
al 1720, durante il soggiorno presso la corte di Köthen, anche se il Kantor riprese ed
elaborò più volte il brano ai tempi del suo
servizio a Lipsia. Non conosciamo pertanto
la versione autentica di un’opera che raggiunse fama notevole nel corso dei secoli, registrando modificazioni e persino travisamenti
per mano dei compositori romantici e tardoromantici, sui quali questo dittico di composizioni esercitò senza dubbio un influsso determinante. La Fantasia è infatti un esempio
unico nel suo genere, risultando al contempo
summa di una lunga fase di gestazione della forma della Fantasia strumentale e proiezione verso frontiere inedite del linguaggio.
Nelle tre parti di cui essa si compone Bach
sfoggia progressivamente le tecniche più ardite della sua scrittura, alternando alle nubi
52
cupe dei passaggi, delle volate e degli arpeggi
che cingono i confini del brano, una sezione
centrale in cui figure di retorica musicale,
prodotti della teoria degli affetti, recitativo e
stile cantabile, intrecciano i fili di un affresco
drammatico di irresistibile potenza, apparentato strettamente col mondo del teatro. Il cromatismo che pervade l’intera pagina svolge
qui una vera e propria «funzione liberatoria,
quasi per sfuggire al corso regolare della gravitazione armonica» (Basso), e imprime una
rotazione centrifuga al brano impegnando l’esecutore a soppesare continuamente la tenuta
degli equilibri strutturali e sonori. Ma è con
la Fuga a tre voci, apposta a mo’ di corollario alla Fantasia d’apertura, che il teorema
musicale si compie: l’ascesa di semitoni su
cui si avvolgono soggetto e controsoggetto
per costruire l’impalcatura contrappuntistica
(firmata da Bach con la cifra del suo nome,
in quanto le prime note del tema, traslitterate
nella notazione tedesca, danno le lettere A,
B, H, C) reinterpretano il gesto liberatorio
del cromatismo, imbrigliandolo in una struttura severa, la quale, pur non rinunciando a
spumeggianti episodi concertanti, fa di esso
un’arma invincibile, volta al recupero dell’unità del linguaggio e della forma, e dunque
alla celebrazione dell’immortale potenza demiurgica della scienza compositiva.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Diego Procoli
SALA FILARMONICA
VENERDÌ 7 FEBBRAIO 2014 - ORE 20.45
ENRICO BRONZI
violoncello
FILIPPO GAMBA
pianoforte
LEOŠ JANÁČEK Pohádka
(1854-1928) Con moto
Con moto
Allegro
SERGEJ PROKOF’EV Sonata per violoncello e pianoforte op.119
(1891-1953)
Andante Grave - Moderato Animato
Moderato - Andante dolce
Allegro, ma non troppo
CLAUDE DEBUSSY Sonata per violoncello e pianoforte
(1862-1918)
Prologue: Lent, sostenuto e molto risoluto
Sérénade: Modérément animé Finale: Animé, léger et nerveux
DMITRIJ ŠOSTAKOVIČ Sonata per violoncello e pianoforte op.40
(1906-1975)
Allegro non troppo
Allegro
Largo
Allegro
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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Enrico Bronzi, nato a Parma nel 1973, è tra i più attivi violoncellisti della sua generazione.
è il violoncellista del Trio di Parma, formazione con la quale svolge un’intensa attività concertistica sin dal 1990, suonando nelle più importanti sale da concerto d’Europa, USA, Sud America
ed Australia. Con tale formazione si è imposto nei concorsi internazionali di Firenze, Melbourne,
Lione e Monaco di Baviera, ricevendo peraltro il “Premio Abbiati” della critica musicale italiana.
Dal 2001, in seguito alle affermazioni al Concorso Rostropovich di Parigi ed al Paulo Cello Competition di Helsinki (ove riceve anche il Premio per la migliore esecuzione del Concerto di Dvorak
con la Filarmonica di Helsinki) inizia una intensa attività solistica. Partecipa regolarmente a numerosi festival, tra cui: Lucerna, Melbourne, Turku, Naantali, Stresa, Ravenna, Lockenhaus. Suona
come solista sotto la guida di C. Abbado,V. Delman, C. Eschenbach, P. Berglund, F. Bruggen, K.
Penderecki. Ha seguito le lezioni di direzione d’orchestra di Jorma Panula ed è direttore ospite di
numerosi complessi italiani, tra cui l’Orchestra Mozart (su invito di Claudio Abbado) ed I Virtuosi
Italiani. Con l’Accademia I Filarmonici di Verona ha curato un ampio progetto discografico Boccheriniano per l’etichetta Brilliant Classics. Ha collaborato per tre anni come primo violoncellista
presso il Teatro alla Scala e prende parte regolarmente a giurie di concorsi internazionali. Svolge
un’intensa attività didattica per numerose istituzioni, anche in collaborazione con il Trio di Trieste
e Maureen Jones, curando ogni anno la preparazione di decine di musicisti che spesso ottengono riconoscimenti internazionali. Dal 2007 è professore all’Universität Mozarteum Salzburg e direttore
artistico dell’Estate Musicale di Portogruaro. Tra le sue ultime produzioni discografiche vi sono i
concerti di C. P. E. Bach, un disco monografico su Nino Rota e l’integrale delle Suites di Bach che
è stata al secondo posto della top ten degli album di musica classica di Tunes Music Store.
Enrico Bronzi suona un violoncello Vincenzo Panormo del 1775.
Filippo Gamba ottiene il Primo Premio al Concours Géza Anda 2000 di Zurigo e viene insignito
dalla Giuria, presieduta da Vladimir Ashkenazy, del Premio Mozart per la migliore interpretazione
del concerto per pianoforte ed orchestra dello stesso autore. La sua attività concertistica lo vede
esibirsi presso importanti Festival musicali come il Ruhr Piano Festival, i Festival di Varsavia,
Oxford, Lucerna, Next Generation di Dortmund e Settimane Musicali di Stresa, Meister des Klaviers Festival di Cracovia e Musical Olympus Festival di San Pietroburgo, e nelle più rinomate sale
concertistiche europee.
In Europa vanta collaborazioni con prestigiose orchestre, quali i Berliner Sinfoniker, la Wiener
Kammerorchester, la Camerata Academica Salzburg, la SWR-Sinfonieorchester di Stoccarda, la
Staatskapelle di Weimar, l’Orchestra della Tonhalle di Zurigo, della City of Birmingham e l’Orchestra Filarmonica di Israele. Si è inoltre esibito sotto la direzione di Maestri quali Simon Rattle,
James Conlon, Vladimir Ashkenazy.
Una particolare attenzione alla produzione discografica lo vede protagonista, insieme a direttori
quali Vladimir Ashkenazy e Camil Marinescu, nell’incisione dei concerti mozartiani n.11 e n.13,
per la Labour of Love Records. Presso la stessa casa discografica si contano inoltre tre Cd solistici
dedicati a Beethoven, Brahms e Mendelssohn. A questi lavori, vanno ad aggiungersi le collaborazioni con il violinista Nimura, nella realizzazione di due Cd per la Sony Records. Tra le sue registrazioni si contano poi quelle effettuate per Radio France, Radio Bremen, RAI e per diverse emittenti
radiofoniche americane. L’Album Beethoven-Bagatellen segna il suo debutto per l’etichetta DECCA. La sua attività concertistica si allarga alla musica da camera; in questa direzione significative
sono le collaborazioni con il Michelangelo Quartett, l’Hugo Wolf Quartett, il Vanbrugh Quartett
e con Enrico Bronzi. Ha tenuto masterclasses per la Bachauer Foundation, Music of Southern
Nevada, Asolo Musica, Oxford Philomusica, l’Estate Musicale di Portogruaro e le “Settimane”
di Blonay. è Professore alla Musikakademie di Basilea. La sua formazione è stata arricchita dagli
insegnamenti di Renzo Bonizzato, Maria Tipo e Homero Francesch.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
LEOŠ JANÁČEK: Pohádka (1910)
Il poema epico russo Il racconto dello zar
Berendei di Vasilij Andreevi Žhukovskij fu
la fonte che ispirò a Janáček la composizione
del brano Pohádka (Fiaba). Il lungo sottotitolo apposto dal musicista recita: Storia dello zar Berendei, dello zarevi Ivan suo figlio,
degli intrighi di Kašej l’immortale e della
saggezza della principessa Marja, figlia di
Kašej, e si compone di diversi episodi. Presentato nel 1910 in una prima versione, il
pezzo fu ripreso due anni dopo e modificato
nel suo assetto interno con l’aggiunta di un
quarto movimento.
Fu poi revisionato una seconda volta e riportato alla struttura in tre movimenti, con
ulteriori modifiche nel fraseggio e in altri
particolari di scrittura: come tale è stato dato
alle stampe nel 1926 ed è entrato nei repertori concertistici correnti.
Pohádka è l’unico brano per la formazione
violoncello-pianoforte scritto da Janáček e
appartiene a quel settore poetico-fantastico
che ha dato i suoi migliori frutti nel ciclo pianistico Sul sentiero di rovi.
L’atmosfera fiabesca è garantita dall’uso protratto di tonalità o modalità con sei bemolli,
che negli intenti dovrebbe contribuire a determinare una sonorità velata e un’ambientazione allusiva a lontananze remote.
PROKOF’EV: Sonata op.119 (1949)
Per i destini della Sonata in do maggiore di
Prokof’ev fu determinante l’apporto dell’
allora giovane Rostropovič, che collaborò
alla stesura del brano e ne propiziò la prima
esecuzione. Diversamente da altri cimenti di
questo autore, il brano sceglie di attestarsi su
una linea di moderazione classica, ponendosi
assunti di semplicità e chiarezza, dal che ne
risulta una pagina snella, gradevole, dalle linee ben definite e dall’espressione immediata, che sa mettere a frutto la fluida attitudine
melodica dello strumento ad arco.
Tre tempi si susseguono: dapprima un Andante grave che si apre su una pensosa melopea del violoncello nel registro medio-grave
e si sviluppa poi sui toni intimistici e un po’
mesti di una meditazione romantica appena
rotti da una sezione centrale più mossa.
Segue uno scherzo Moderato in forma ternaria con parte lirica al centro dotato dello
stesso spirito leggero e semplice, con in più
un ingrediente dolcemente burlesco che riecheggia altre pagine dello stesso autore.
Il terzo movimento (Allegro ma non troppo)
attacca senza cesure e incede con eloquio
sciolto alternando momenti vigorosi ad altri
più apertamente cantabili o giocosi.
DEBUSSY: Sonata (1915)
L’estrema stagione compositiva debussyana
registrò un rinnovato interesse per la scrittura
strumentale ‘pura’, intesa come “anestetico
spirituale” al momento storico piuttosto turbolento.
Tre sono le Sonate che Debussy scrisse una
di seguito all’altra, e tra queste quella per
violoncello, che presenta nel Prologue una
successione di mobili figurazioni motiviche
cangianti, prima che una cadenza dello strumento ad arco riporti al tema di testa.
Caleidoscopica ma straordinariamente
asciutta ai limiti dell’aforistico è la successiva Serenade, giocata timbricamente sull’alternanza tra pizzicato del violoncello e staccato del pianoforte, con inframmezzati ulteriori spunti melodici tra cui, immancabili, gli
echeggiamenti spagnoleggianti.
Anche nel Finale, che attacca senza soluzione di continuità, si riproduce una stilizzazione di chitarra andalusa, con risonanze
malinconicamente sensuali di danza, fino a
sfociare in una lenta cadenza che precede la
conclusione sfolgorante su accordi decisi e
secchi.
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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ŠOSTAKOVIČ: Sonata op.40 (1935)
Anche in occasione di questa Sonata di
Šostakovič si profilala presenza di Mstislav
Rostropovič, che per primo si occupò di
divulgarla nel mondo. Per suo tramite l’autore sovietico aveva trovato nel violoncello
la voce forse più consona per le sue lunghe,
desolate meditazioni non meno che per quei
guizzi violenti del suo spirito sarcastico che
ne sono la controparte quasi obbligata.
Si riscontra in questa pagina una traccia significativa ed estrema di quell’ avanzato laboratorio di ricerca che l’URSS era stato nella sua prima stagione prima che intervenisse
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l’involuzione censoria.
Il trentenne Šostakovič si dimostra perfettamente al corrente di quanto le avanguardie
dell’occidente europeo erano venute elaborando in quel primo torno di secolo sul piano
formale e sintattico e vi si inserisce con la
sua proposta innovativa contrassegnata da
una notevole energia del gesto creativo.
Il suo stile è ancora all’insegna del dispendio, con una molteplicità di temi e di immagini sonore tra loro interconnesse e assemblate secondo procedimenti complessi.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Diego R. Cescotti
AUDITORIUM S. CHIARA - TRENTO
MERCOLEDÌ 12 FEBBRAIO 2014 - ORE 20.30
ORCHESTRA HAYDN
Salvatore Accardo direttore, violino
Laura Gorna, violino
JOSEPH HAYDN Concerto per violino e archi n.1 in do magg.
(1732-1809)HobVII:1
LOUIS SPOHR (1784-1859)
Sinfonia concertante per due violini e orchestra
n.2 in si min. op. 88
ARNOLD SCHÖNBERG (1874-1951)
Verklärte Nacht op.4
L’Orchestra Haydn offre agli abbonati il viaggio gratuito tramite autobus, di cui è necessaria la prenotazione.
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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SALA FILARMONICA
SABATO 15 FEBBRAIO 2014 - ORE 17.00
Ensemble primi fiati
dell’Orchestra Haydn
Francesco Dainese, flauto
Gianni Olivieri, oboe
Stefano Ricci, clarinetto
Flavio Baruzzi, fagotto
Andrea Cesari, corno
Luciano Gottardi, burattini
RICHARD STRAUSS (1864-1949)
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Till Eulenspiegel
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
GIOVEDÌ 20 FEBBRAIO 2014 - ORE 20.45
OLEKSANDR SEMCHUK
violino
BRUNO CANINO
pianoforte
“Concerto 4 fantasie”
ERNEST BLOCH (1880-1959)
Fantaisie in do minore À Eugène Ysaÿe
FRANZ SCHUBERT (1797-1828)
Fantasia in do maggiore D934 op.159
ARNOLD SCHÖNBERG Fantasia per violino e pianoforte op.47
(1874-1951)
OLIVIER MESSIAEN (1908-1992)
Fantaisie in sol
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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Oleksandr Semchuk ha cominciato studiare violino a 4 anni con il Maestro I. Pylatiuk e a soli 8 anni ha
eseguito il suo primo concerto come solista con l’orchestra:è il precoce inizio di una scintillante carriera.
Fra i suoi insegnanti vi sono violinisti e didatti di fama mondiale, quali Bohodar Kotorovych, Yehudi Menuhin, Tibor Varga, Viktor Tretiakov e Alberto Lysy.
Vincitore già giovanissimo di vari concorsi internazionali ha collezionato il primo premio assoluto al prestigiosissimo Youth Assembly of Art di Mosca (ambito da tutti i musicisti dell’ex Unione Sovietica), al
Mykola Lysenko International Competition (Ucraina), e al Premio Città di Gubbio. Nel frattempo ha intrapreso una brillante carriera concertistica che l’ha visto esibirsi con successo in tutto il mondo, sia come solista sia in collaborazione con musicisti di fama internazionale come A. Lucchesini, M. Brunello, K. Bogino,
M. Kugel, V. Mendelssohn, G. Mirabassi, M. Rysanov, O. Kogan, D. Cohen, B. Petrushansky, K. Karabitz,
V. Sirenko, N. Eppinger, D. Sinadinovich e molti altri. Lo Stato ucraino, riconosciuto il grande contributo
offerto alla nazione quale fondatore e promotore del progetto culturale Artisti per la rinascita dell’Ucraina,
nel 2001 ha conferito ad Oleksandr Semchuk il Titolo Onorifico di Artista Benemerito; in tutto il territorio
dell’ex-Unione Sovietica egli è il più giovane artista insignito del titolo di Cavaliere d’Onore dello Stato.
Oleksandr Semchuk risiede da alcuni anni in Italia, dove svolge anche un’intensa attività didattica: ha insegnato presso la Scuola di Musica di Fiesole e l’Accademia Musicale di Firenze; nel 2011 è stato invitato
a coordinare il Dipartimento d’Archi dell’Accademia Pianistica Internazionale “Incontri col Maestro” di
Imola, presso la quale insegna tuttora. L’impegno profuso fino ad ora nell’insegnamento è stato ampiamente ripagato dagli oltre quaranta premi vinti dai suoi allievi in importanti concorsi internazionali quali
Oistrakh International Competition (Mosca), Brahms International Competition (Pordschach), Monaco
Master’s International Competition (Monaco), Kreisler International Competition (Vienna), ecc. Tra i suoi
allievi si annoverano anche spalle di importanti orchestre e insegnanti di Conservatori italiani. Ha al suo
attivo diverse incisioni discografiche, e più di sette ore di musica come solista nella “Collezione d’Oro
d’Ucraina”, con brani del grande repertorio solistico tra i quali i concerti di Brahms e Sibelius.
Suona un violino Auguste Bernardel 1855 e l’arco “Bianca Lady” di Navea – Vera.
Bruno Canino, nato a Napoli, Allievo di Vincenzo Vitale e di Enzo Calace per il pianoforte, e di Bruno
Bettinelli per la composizione, presso i Conservatori di Napoli e di Milano dove ha poi insegnato per
24 anni pianoforte principale. Si è distinto nei concorsi internazionali di Bolzano (“Ferruccio Busoni”) e
di Darmstadt alla fine degli anni cinquanta Nella sua lunga carriera di concertista e camerista in tutto il
mondo ha collaborato con artisti come Cathy Berberian, Severino Gazzelloni, Itzhak Perlman, Salvatore
Accardo, Uto Ughi, András Schiff e Viktoria Mullova, (con la quale vince il Premio Edison nel 1980),
David Garrett, Franco Mezzena. Da 40 anni suona in Duo pianistico con Antonio Ballista e, da quasi 30 ,
fa parte del Trio di Milano.
Si é molto dedicato alla musica contemporanea, lavorando fra gli altri con Pierre Boulez, Luciano Berio,
Karl-Heinz Stockhausen, György Ligeti, Bruno Maderna, Luigi Nono, Sylvano Bussotti e altri di cui ha
presentato spesso le opere in prima esecuzione. Numerose le sue registrazioni discografiche: fra le più
recenti le Variazioni Goldberg di Bach, l’Integrale pianistica di Casella e di Debussy. Tiene un corso di
perfezionamento per pianoforte e musica da camera del Novecento alla Hochschule di Berna. Ha pubblicato
un libro intitolato “Vademecum del pianista da camera”, edito da Passigli.
NOTE AL PROGRAMMA
Il genere della fantasia ha percorso cinque secoli di storia adattandosi di volta in volta alle
diverse peculiarità degli stili correnti ma sempre mantenendo il suo carattere di forma libera
e non di rado dotata di carattere brillante e improvvisativo.
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Per queste ragioni fu particolarmente coltivata nell’Ottocento romantico, trasferendosi
dall’ambito privilegiato delle tastiere a quello
di altri strumenti od organici.
Il concerto di questa sera offre degli esempi
piuttosto rari di fantasie per violino.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
La prima è quella di Ernest Bloch, autore svizzero-statunitense noto per le sue forti composizioni ispirate alla tradizione culturale ebraiche
pertanto sempre dotate di un pregnante messaggio spirituale da veicolare attraverso i suoni. Egli
aveva avuto ottimi studi violinistici frequentandola classe di Eugène Ysaÿe a Bruxelles, indirizzandosi invece alla Germania per completare gli
studi di composizione. Proprio nel campo violinistico si ricorda uno dei suoi brani di maggior
effetto, Baal Shem, che assieme alla rapsodia per
violoncello Shelomo costituisce il suo maggiore
contributo alla produzione di ispirazione ebraica. Il suo approccio a quegli antichi repertori non
era peraltro di tipo filologico: ciò che si riprometteva era di ritrovare e far rivivere «l’anima
ebraica, la complessa ardente, esagitata anima
che si sente vibrare in tutta la Bibbia», giustificando in tal modo la qualità espressiva dei suoi
pezzi così spesso spinta verso estremi di dolore,
disperazione, tristezza e speranza. La Fantaisie
in do minore (1897) è dedicata a Eugène Ysaÿe.
Assai famoso è il brano successivo, la Fantasia
in do maggiore di Schubert (1827), che si è imposta come un’opera di smagliante effetto nonostante le riserve avanzate nei suoi confronti fin
dal suo primo apparire a Vienna nel 1828, quando fu reputata di ascolto difficile e faticoso ma
soprattutto di dimensioni troppo ampie per poter
essere retta per intero. In effetti va riconosciuto
ad essa una ricchezza di scrittura tale da sconcertare chi vi si accosti con le aspettative che si
riservano a un comune brano d’intrattenimento.
Lo stesso gioco formale sfugge ai canoni soliti,
in quanto la struttura è in un unico lungo movimento le cui parti interne sono legate insieme da
nessi non conformi a quelli noti della forma-sonata, pur avendo complessivamente la lunghezza
media di una sonata in quattro movimenti.
Si tratta sicuramente di un lavoro ambizioso,
creato per imporsi sul pubblico, come testimonia il trattamento decisamente impegnativo di
entrambi gli strumenti, costantemente stagliati in
primo piano secondo una logica autenticamente
concertante; al tempo stesso mantiene quel carattere colloquiale e mondano che nei lavori con
violino di Schubert non è mai assente.
Ben diverso aspetto e finalità assume la fantasia nelle mani di un maestro della più avanzata
modernità novecentesca quale fu Schönberg.
La sua Fantasia op. 47 (1949) è l’ultima opera
strumentale da lui composta e può essere presa
a testimonianza dello stato ormai avanzatissimo
della sua ricerca nel campo della serializzazione
integrale. La pagina risponde allo scopo di mostrare la nuova possibilità di sviluppo raggiunta
dal materiale seriale e dunque il dinamismo che
si sviluppa dall’interazione tra il fondamento
statico del materiale stesso e la dialettica del
processo variativo. Ciò avviene nel concreto
attraverso un processo diremmo di gemmazione, secondo il quale le ultime note di ciascun
agglomerato melodico compiuto vengono riprese e fatte avanzare dalla sezione successiva,
determinando con questo un’indubbia ampiezza
dello sviluppo melodico. Altrettanto sentita sotto
il profilo formale è l’esigenza di organizzazione
del materiale secondo una struttura tripartita, che
non è qui il caso di illustrare in dettaglio; mentre
i ruoli previsti per i due strumenti in campo sono
in accordo con quelli del duo tradizionale, ossia
con il violino in attitudine solistica e il pianoforte
che accompagna.
Fisionomia ancora differente assume il genere
in oggetto nelle mani di un altro grande maestro
della ricerca contemporanea, Olivier Messiaen,
la cui Fantaisie in sol(1932) costituisce un’apparente divagazione, un momentaneo riposo creativo all’interno di un percorso fatto di cimenti
compositivi dalle proporzioni massicce e dagli
intenti elevatissimi.
Anche il naturale istinto del compositore per le
sonorità sgargianti viene qui assai moderato per
commisurarlo alla discreta dimensione cameristica in cui si è voluto per una volta confinare.
La particolarità del pezzo appare ancora più evidente se lo si mette in rapporto con un piccolo
settore produttivo giovanile (tre pezzi in tutto)
che comprende un’altra breve pagina per violino e pianoforte chiamata Thème et Variations, e
con la Fantaisie burlesque per pianoforte: brani
rivelatori di uno spirito più rilassato ma senza rinunciare ad una naturale serietà d’intenti.
I pezzi violinistici erano destinati a Claire Delbost, detta Mi, che diventerà la moglie di Messiaen e per questo immaginabilmente rivestiti di
una particolare aura affettuosa.
Diego R. Cescotti
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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AUDITORIUM MELOTTI
MARTEDÌ 25 FEBBRAIO 2014 - ORE 20.45
ORCHESTRA HAYDN
Michael Tomaschek, direttore
CONCERTO DI CARNEVALE
Musiche della dinastia Strauss
Lehár
Rossini
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
VENERDÌ 7 MARZO 2014 - ORE 20.45
QUARTETTO Escher
Adam Barnett-Hart,violino
Aaron Boyd,violino
Pierre Lapointe,viola
Dane Johansen,violoncello
FELIX MENDELSSOHN
BARTHOLDY Quartetto in mi bemolle maggiore op. 12
(1809-1847) Adagio non troppo. Allegro non tardante
Canzonetta. Allegretto
Andante espressivo
Molto Allegro vivace
BENJAMIN BRITTEN Quartetto n° 2
(1913-1976) Allegro calmo
Vivace
Chacony
ANTONÍN DVOŘÁK Quartetto in do maggiore n. 11op. 61
(1841-1904) Allegro
Poco adagio e molto cantabile
Allegro vivo
Finale. Vivace
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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Il Quartetto Escher riceve abitualmente apprezzamenti sul piano internazionale per la sua
profonda musicalità, il suono perfettamente amalgamato, l’elegante raffinatezza e la straordinaria intelligenza.
Fortemente sostenuto dall’ Emerson String Quartet, il gruppo ha ricevuto la nomina di BBC
Young Artists Generation a ridosso delle stagioni 2010 / 2012, con debutto presso la Wigmore
Hall e nell’ambito dei BBC London Proms alla Cadogan Hall.
Nella propria città natale, New York, il quartetto ha completato la residenza della durata di tre
anni in qualità di Rising Stars presso la Chamber Music Society del Lincoln Center.
Nel corso della stagione attuale ha presentato il ciclo integrale dei Quartetti di Britten riscuotendo eccezionali consensi da parte del New York Times.
Durante la stagione 2012/13 il Quartetto Escher ha inoltre debuttato in Svizzera presso il
Conservatoire de la Musique de Genève nell’ambito della serie Les Grands Interprètes e in
Austria, presso la Schloss Esterházy ad Eisenstadt. Ad essi hanno fatto seguito altri rilevanti
debutti europei che proseguiranno nel corso della prossima stagione: tra questi annoveriamo
in particolar modo il Royal Concertgebouw di Amsterdam.
L’attività discografica del Quartetto Escher comprende il Quintetto per pianoforte di Amy
Beach, Bridging the Ages di Music @ Menlo ed il Primo Volume di Stony Book Soundings,
che presenta l’Escher impegnato nella registrazione delle Premières di cinque nuove opere.
La stagione in corso vedrà l’immissione sul mercato dell’integrale dei Quartetti di Zemlinsky
per conto dell’ etichetta Naxos.
NOTE AL PROGRAMMA
Dieci sono i quartetti per archi usciti dalla
feconda fantasia di Felix Mendelssohn, compositore che viene comunemente additato
come il rappresentante di un romanticismo
moderato, aristocratico, elegante e dallo stile
inappuntabile, lontano dalle derive più sentimentali e drammatiche di quel linguaggio.
Dotato di franca inventiva, egli seppe incanalare il flusso generoso delle idee in un ordinato disporsi secondo le regole del bello
scrivere e nel rispetto degli equilibri interni, puntando costantemente alla continuità
dell’eloquio.
Il Quartetto op. 12 (1826-9) è il quinto della serie e non tradisce la predilezione per il
tratto mosso-leggero, che nel secondo movimento assume la tipica modalità staccata così
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propria all’autore amburghese, e rimane comunque una prerogativa del brano nel suo insieme, ad eccezione del tempo lento in forma
liederistica il cui più franto lavorio fraseologico obbedisce alle esigenze di una maggiore
ambizione espressiva non del tutto risolta.
La fattura compatta lo fa procedere in modo
piuttosto serrato e benché molti atteggiamenti
vi si alternino l’impressione finale è quella di
un prodotto che si fa apprezzare per fluidità,
serena discorsività ed equilibrio generale.
Le fonti a cui un autore inglese del Novecento come Benjamin Britten poteva attingere
nell’atto di scrivere uno o l’altro dei suoi tre
Quartetti non potevano che essere le più diverse, senza dover necessariamente sentirsi
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Credit: Laura Rose
obbligato a seguirne una in particolare.
Egli fu infatti – e non solo nei generi cameristici – costretto ad inventarsi uno stile tutto
suo, e si deve alla sua genialità indiscussa la
brillante riuscita in questa impresa che vede
mescolate insieme tracce di antiche tradizioni
cinque-seicentesche (Purcell tra tutti), inevitabili lacerti continentali del recente passato e
suggestioni venute dalla modernità cosmopolita propria dei suoi tempi.
Il Quartetto n. 2 (1945) si fa notare a prima
vista per la singolarità nella distribuzione dei
movimenti, che sono solo tre e di assai diverso peso e significato.
S’inizia su sonorità tenui, astratte ed evocative sviluppando un contenuto lirismo che si riscalda poco alla volta. L’andamento moderato e flessibile è già espresso nell’indicazione
dinamica voluta dall’autore (Allegro calmo
senza rigore), ma tale condizione di apparente
libertà non esclude l’impiego, certamente non
canonico, della forma-sonata.
Il breve Vivace irrompe esibendo sonorità
più aggressive e mantenendo un carattere di
scherzo fantastico, magnificato dall’efficace
scrittura quartettistica.
Subentra infine una lunga Ciaccona che per
dimensioni e pregnanza di significati si pone
come cuore della composizione. Sono numerosi gli esempi in Britten di forme barocche
riadattate in senso moderno e in particolare
di forme variative su basso ostinato come
appunto la passacaglia e la ciaccona, che gli
consentono di dare forte sostegno strutturale
a lunghe pagine.
Non si tratta dunque di un recupero di forme
antiche a scopo ricreativo o parodistico come
avveniva presso tanta produzione neoclassi-
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
69
ca di marca stravinskiana, ma di un ripensamento sagace ed attualizzato che gli permette
di ancorarsi a un aspetto della propria storia
forgiandogli al contempo un linguaggio di
modernità lontana da logiche di puro sperimentalismo. Qui la pratica del ground viene utilizzata per sostenere quattro gruppi di
variazioni riunite da cadenze solistiche per
ciascuno strumento: la lunga peripezia fa accumulare così tanta energia da richiedere alla
fine più di venti accordi tonali in fortissimo
per essere scaricata.
Il boemo Dvořák rappresenta in modo esemplare la civiltà musicale mitteleuropea declinata nei modi propri al lirismo sognante e
nostalgico dei popoli slavi.
Se egli si sia meglio espresso nel sinfonico o
nel cameristico è difficile stabilirlo, non mancando esempi ragguardevolissimi in entrambi
i settori, che non esauriscono peraltro l’ampio
catalogo della sua produzione.
Ogni ascolto della sua musica trasmette una
sensazione di estrema fiducia nei mezzi e
nelle forme coniate dalla tradizione classicoromantica per esprimere i sentimenti e le
passioni del borghese europeo. Fiducia che
si conferma nel semplice computo delle sue
70
creazioni ove spiccano nove sinfonie, quattro
concerti e un consistente settore cameristico
con cinque quintetti, quattro trii, un sestetto
e ben diciotto quartetti. Proprio l’abbondanza
delle opere ivi presenti invoglia meno a una
considerazione specifica che a una visione
complessiva, fermi restando taluni raggiungimenti di particolare spicco come il trio
«Dumky» o il Quartetto «americano».
Il Quartetto n. 11op. 61 (1881) che si ascolterà stasera disimpegna al meglio la consumata
arte del costruire sulle solide e indiscusse basi
della civiltà sonatistica di quella stagione storica. Una melodia catturante di piglio appassionato si imposta fin dalle prime battute ed è
responsabile dell’atmosfera inquieta che, pur
con soste e pause liriche, si mantiene per tutto
il primo Allegro.
Il seguito si sviluppa sui toni di un lirismo
diffuso appoggiato a un tematismo pregnante
e dal tono tendenzialmente nostalgico,senza
privarsi di qualche stilizzazione danzante.
Nell’insieme l’opera risulta gradevolmente
compatta nonché fondamentalmente serena
nel suo fondo espressivo.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Diego R. Cescotti
SALA FILARMONICA
VENERDÌ 21 MARZO 2014 - ORE 20.45
TRIO WANDERER
Jean-Marc Gerald Phillips-Varjabédian, violino
Raphaël Pidoux, violoncello
Vincent Pierre Coq, pianoforte
CAMILLE SAINT-SAËNS Trio n° 2 op. 92
(1835-1921)
Allegro non troppo
Allegretto
Andante con moto
Grazioso, poco allegro
Allegro
PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ Trio in la minore op. 50
(1840-1893)
Moderato assai - Allegro giusto
Andante con moto
Var I
Var II: Più mosso
Var III: Allegro moderato
Var IV: L’istesso tempo (Allegro moderato)
Var V: L’istesso tempo
Var VI: Tempo di Valse
Var VII: Allegro Moderato
Var VIII: Fuga (Allegro moderato)
Var IX: Andante flebile, ma non tanto
Var X: Tempo di mazurka
Var XI: Moderato
Allegretto risoluto e con fuoco
Andante con moto - Lugubre
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
71
Il Trio Wanderer, trio con pianoforte di livello internazionale, risponde in pieno allo spirito
evocativo di cui il nome è latore:l’appellativo Wanderer rappresenta certamente un omaggio
a Schubert e più in generale a tutto il romanticismo tedesco, indubitabilmente espressione
della metafora del viaggiatore errante. I tre musicisti francesi costituenti il gruppo sono a loro
volta dei viaggiatori erranti, in costante esplorazione dell’universo musicale, impegnati in un
viaggio attraverso i secoli, da Mozart ed Haydn fino a giungere ai giorni nostri.
Grazie allo straordinario stile, alla quasi telepatica comunione di intenti nell’interpretazione
ed alla maestria tecnica, il Trio Wanderer è all’unanimità considerato uno dei migliori gruppi
da camera del mondo.
In seguito al conseguimento del Primo Premio per la musica da camera presso il Conservatoire National Supérieur de Musique di Parigi, il Trio ha continuato ad approfondire i propri
studi musicali dal 1987 al 1991, con insegnanti del calibro di J. C. Pennetier, J. Hubeau, J.
Starker, M. Pressler del Beaux Arts Trio, e del Quartetto Amadeus. Nel 1988 ha vinto la ARD
Competition a Monaco di Baviera, e nel 1990 la Fischoff Chamber Music Competition negli
Stati Uniti d’America.
Soprannominato Wandering Star dalla rivista Strad, il Trio Wanderer è apparso presso le sale
di più grande prestigio internazionale: Frick Collection di New York, Berlin Philharmonic
Hall, Théâtre des Champs Elysées, Theâtre du Chatelet, Musée d’Orsay di Parigi, Library
of Congress di Washington, Concertgebouw di Amsterdam, Wigmore Hall di Londra, Teatro
alla Scala di Milano, Teatro Municipal di Rio de Janeiro, Kioi Hall, International Forum di
Tokyo, Tonhalle di Zurigo, Palais des Arts di Bruxelles, Herkulessaal di Monaco di Baviera,
Teatro de la Zarzuela di Madrid. Si è anche esibito in molti dei più importanti Festivals che
il panorama musicale possa vantare: Edimburgo, Montreux, Feldkirch, Schleswig-Holstein,
Rheingau Musiksommmer, Colmar, La Roque d’Anthéron, Folles Journées de Nantes, Granada, Le Settimane musicali di Stresa, ed Osaka. Nel 2002, il debutto avvenuto in seno al
Festival di Salisburgo e definito dalla critica “un successo trionfale”, ha portato al reinvito
nell’ambito delle edizioni 2004 e 2006.
Di assoluto rilievo le collaborazioni con artisti quali il baritono austriaco W. Holzmair ed i
direttori d’orchestra Y. Menuhin, C. Dutoit, J. Conlon, C. Hogwood, J. Loughran e M. Guidarini, collaborazioni quest’ultime avute in occasione di doppi e tripli concerti solistici con
le orchestra di Nizza, Montpellier, Santiago del Cile, La Coruña, Tenerife, le due orchestre di
Radio-France, l’Orchestra della Radio di Berlino, Sinfonia Varsovia, Graz’s Philharmonic
Orchester, Köln’s Gürzenich Orchester, ecc.
Il Trio Wanderer ha registrato due Cd per la Sony Classical (i due trii di Mendelssohn nel
1995 ed i trii di Dvorak e Smetana nel 1996). Nel 1999 il Trio Wanderer ha iniziato una collaborazione stabile con l’etichetta Harmonia Mundi, per la quale ha registrato opere di Chausson, Ravel, Schubert, Haydn, Saint-Saëns, Brahms, Shostakovich e Copland, nonché il Triplo
Concerto di Beethoven (con J. Conlon e l’Orchestra della Radio di Colonia) ed il Quintetto
di Schubert la Trota. Nel 2005, un nuovo CD dedicato ai tripli concerti di Martinu è stato
pubblicato dall’etichetta Capriccio. Le registrazioni del Trio Wanderer sono state premiate
con: Choc du Monde de la Musique, Fanfare’s Want List, Critic’s Choice de Gramophone, 5Sterne Ensemble Magazine, Klassik.com Empfehlung, Classical Internet Award 2005. Oltre
72
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
ad innumerevoli registrazioni radiotelevisive (Radio France, BBC, ARD, France 2, Mezzo),
la TV satellitare franco-tedesca ARTE ha realizzato un documentario sul Trio Wanderer, trasmesso nel giugno 2003. Altri Premi e Riconoscimenti ricevuti dal Trio Wanderer sono stati:
Victoire de la Musique nel 1997 ed il titolo di Gruppo da Camera dell’Anno nel 2000.
Nell’ambito delle numerose fatiche discografiche, ricordiamo l’integrale dei trii di Brahms,
premiata con il Diapason d’Or ed il Midem Classical Music Award 2007 quale miglior registrazione di musica da camera dell’anno.
Il Trio Wanderer è onorato di essere sponsorizzato da Accenture Foundation.
Futuri impegni lo vedranno protagonista nel corso della stagione ‘13/’14 di una lunga tournèe
negli Stati Uniti ed in Giappone.
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
73
NOTE AL PROGRAMMA
La biografia artistica di Saint-Saëns è tra le
più smaglianti e complete che si possano trovare, tanto da essere definibile solo in termini iperbolici: egli infatti fu pianista virtuoso,
organista rinomato, apprezzato didatta, direttore, critico, poeta, saggista, polemista, organizzatore, viaggiatore instancabile in ogni
angolo del mondo e soprattutto autore di un
ricco catalogo di musiche di ogni genere che
sembrano non risentire di crisi o di arresti d’ispirazione, anche perché egli, incurante delle
mode,aveva trovato il suo ubi consistam in
una koiné classicista di marca francese il cui
fondo razionalista e‘cartesiano’ lo preservava
dalle derive del soggettivismo e dall’originalità a tutti i costi.
Figura eminente del tout-Paris e imprescindibile in qualsiasi ambiente culturale, poteva
orgogliosamente sfoggiare le onorificenze e
i riconoscimenti di cui enti ed istituzioni gli
erano stati generosi.
Questo autentico «musicista favorito dagli
dei» trovò nella Société Nationale de Musique, da lui fondata,il tramite per indirizzare
74
e confermare la musica strumentale francese
nei suoi criteri di eleganza, solidità e buon
gusto,rimanendo a lungo sulla breccia come
figura di riferimento; e se non contribuì ad
aprire strade nuove al linguaggio musicale,
seppe però perpetuare fino all’estrema stagione la civiltà del sonatismo, preparando il
terreno a dautori della giovane generazione
come Ravel.
Basta ascoltare il primo tema dell’Allegro
che apre il Trio op. 92(1892) per rendersi
conto della capacità di Saint-Saëns di creare un motivo suggestivo e memorabile e di
svilupparlo come si conviene alle regole della
scuola e del gusto. È su questa tinta nobile e
patetica che il Trio prende le mosse, procedendo con passo alacre e riservandosi delle
ampie sonorità nelle perorazioni.
La struttura in cinque movimenti gli suggerisce di disporre le sezioni portanti ai due
estremi e di colmare la parte interna con movimenti più brevi e quasi di transizione o di
alleggerimento, tra cui un Allegretto garbato
dal tono vagamente schumanniano.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Čajkovskij compose il suo Trio in la minore (1882) come risposta a un evento luttuoso
eprecisamente come omaggio specifico alla
figura dello scomparso, Nikolaj Grigor’evič
Rubinstein, che era stato un’eminente figura di pianista, direttore d’orchestra e didatta, fratello di quell’Anton Grigor’evič, già
fondatore del conservatorio di Pietroburgo.
Fino a quel momento Čajkovskij si era sempre astenuto dallo scrivere un Trio con pianoforte, perché lo riteneva un genere ibrido
e timbricamente squilibrato. Vi ricorse con
una certa titubanza in questa sola occasione,
dubitando fino alla fine di aver fatto «musica
sinfonica adattata a un Trio piuttosto che musica scritta appositamente per esso». Ciò che
è per noi indiscutibile è che si tratta di un’opera appassionata ed assolutamente sincera,
nella quale il cordoglio per gli affetti colpiti
ha modo di esprimersi in pieno pur sotto lo
schermo dell’impeccabilità stilistica che si
richiede a un prodotto ‘mondano’. La vasta
partitura ha peraltro una struttura formale
abbastanza anomala, racchiudendo una moltitudine di momenti diversificati e rapsodici
in due grandi parti o blocchi (Pezzo elegiaco
e Tema con variazioni) che ne garantiscono
la continuità e l’unitarietà espressiva. Memorabile nel suo nobile pathos è il tema esposto
dal violoncello e subito ripreso dal violino
alla sottodominante che si trova all’inizio del
Pezzo elegiaco, brano tra i più significativi di
tutto il Čajkovskij strumentale. Qui i canoni
della forma-sonata sono rispettati, ma, come
altre volte in questo autore, i piani tonali conoscono una successione non convenzionale.
Il secondo blocco è altrettanto ben coordinato
nei suoi momenti, così che dal semplice tema
in Mi maggiore esposto dal pianoforte si può
snodare tutta la serie di variazioni, che, in
numero di dodici, si susseguono alludendo
ciascuna a diversi episodi della vita dell’amico defunto. Si hanno così momenti affettuosi
(IX) ed altri più vigorosi e battaglieri (VII),
tra movenze di valzer (VI), fughe severe
(VIII) e suggestivi carillon (V), terminando poi su toni di trasfigurazione gloriosa ad
omaggio e riconoscimento di una compiuta
vita d’artista, riservando alle estreme battute
un ultimo sospiro e un’ultima accentuazione
di umano dolore.
Diego R. Cescotti
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
75
SALA FILARMONICA
GIOVEDÌ 27 MARZO 2014 - ORE 20.45
mariangela vacatello
pianoforte
LUDWIG VAN BEETHOVEN Sonata op. 53 Waldstein
(1770-1827)
Allegro con brio
Introduzione: Adagio molto Rondò Allegretto grazioso
ALBERTO EVARISTO
GINASTERA Danzas Argentinas
(1916-1983)
Danza del viejo boyero
Danza de la moza donosa
Danza del gaucho matrero FRYDERYK CHOPIN (1810-1849)
Ballata n. 3, in la bemolle maggiore op. 47
Notturno n.2 in reb maggiore op. 27
SERGEJ
RACHMANINOV Sonata n.2, op. 36 (1931)
(1873-1943)
Allegro agitato
Non allegro
Allegro molto
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
77
Mariangela Vacatello è nata nel 1982 a Castellammare di Stabia, Napoli, da una famiglia di
musicisti. Inizia gli studi musicali a 4 anni con i corsi Yamaha e a 7 con Aldo Tramma, allievo di
Vincenzo Vitale, a Napoli. Successivamente entra all’Accademia Pianistica Incontri Col Maestro di Imola, dove si è formata con Franco Scala e, in seguito, con Piero Rattalino conseguendo
il Diploma di “Master” nel 2006; allo stesso tempo ha frequentato il Conservatorio G.Verdi di
Milano con Riccardo Risaliti dove si è diplomata nel 1999 col massimo dei voti, la lode e menzione speciale e si è laureata nel 2006 sotto la guida di Paolo Bordoni.
Insieme allo studio del pianoforte ha affiancato per un certo periodo il corso di composizione
sperimentale frequentando con Bruno Zanolini e Fabio Vacchi. Ha sviluppato ulteriormente
le sue doti musicali attingendo alle esperienze artistiche di altri artisti quali Merlet, Lonquich,
Lortie, Jasinskj, Howard, Dalberto, Lucchesini, Weissenberg, Margulis, Dorensky, Virsaladze,
Isserlis, Rados in una serie di masterclasses tenute a Villecroze, Salisburgo, Crans-Montana,
Sermoneta, Santander e Prussia Cove.
Nel 2008 ha conseguito il DipRam in Piano Performance e ottenuto il premio speciale Council
of Honour e ha ottenuto la Hodgson Fellowship per l’Anno 2008/2009. Ha ricevuto inoltre la
Sterndale Bennett Scholarship dalla stessa Accademia ed è stata sostenuta e premiata da MBF
“Myra Hess Award”, The Tillet Trust, Hattori Foundation, The Solti Foundation e dall’Acadèmie musicale de Villecroze.
Vincitrice del Top of the World 2009 in Norvegia, Mariangela Vacatello annovera tra i suoi riconoscimenti il Laureate Prize al Queen Elisabeth Competition 2007 di Bruxelles, il 2° Premio al
Concorso F.Busoni 2005, il 2° Premio al Concorso F. Liszt di Utrecht ottenuto all’età di 17 anni,
è stata scelta a rappresentare l’Italia al Musical Interpretation Prize 2002 dei Lyons Club International a Bruxelles, il XVII Premio Venezia riservato ai migliori diplomati d’Italia, il premio
Giuseppe Verdi: la musica per la vita.
Inizia ad esibirsi in pubblico all’età di 5 anni e debutta ufficialmente con l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali a 14 anni nella sala Verdi del Conservatorio di Milano eseguendo il 1° Concerto
di Liszt. La sua attività concertistica prosegue in numerose città italiane esibendosi, tra l’altro,
al Teatro alla Scala, per la Società dei Concerti di Milano, nel Teatro Dal Verme, al Festival
MiTo Settembre Musica, per il Maggio Musicale Fiorentino, nel Teatro Bibiena di Mantova, in
Sala Greppi di Bergamo, per gli Amici della Musica di Verona, Padova, Mestre, Messina, per
l’Accademia Filarmonica di Roma e di Bologna.
Mariangela ama lavorare insieme ad orchestre e, tra le altre, Filarmonica della Scala, Orchestra
Nazionale della RAI di Torino, Colorado Springs Symphony, Lithuanian Symphony, Stuttgarter
Philharmonics, Nordwestdeutsche Orchestra, Johannesburg Philarmonic, Haydn di Trento e
Bolzano, Orchestra di Padova e del Veneto, Tucson Symphony, Zagreb Philarmonia Orchestra, Orchestra della Magna Grecia, sotto la guida di direttori quali K.Penderecky, G.Kuhn,
A.Nelsons, G.Korsten, D.Kawka, M.Haselboeck, M.Tabachnik, D.Meyer, B.Gueller, D.Itkin,
Z.Hamar, C.Franklin, A.Nanut, L.Piovano, D.Renzetti, P.C.Orizio.
è molto richiesta nella scena concertistica internazionale. E’ stata invitata al Festival di Radio
France a Montpellier, diverse volte alla Salle Cortot, per la Societè Chopin di Parigi. Si è esibita
a Berlino nella Konzerthause, a Salisburgo nell’Auditorium del Mozarteum, a Bruxelles nella
Sala Grande del Conservatorio, a Zagabria nella Sala Lisinsky, a Londra nella Wigmore Hall,
alla Carnegie Weill Hall di New York, la Bridgewater Hall di Manchester.
Si è esibita in concerti solistici come pure in formazioni cameristiche con musicisti di chiara
fama come Rocco Filippini, Gary Hoffmann, Toby Hoffman, Ilya Grubert , Timothy Fain, i
Quartetti Ysaye e Takacs, Francesco Tamiati, Nello Salza.
Ha collaborato in duo con il violoncellista Giovanni Gnocchi, col quale ha ricevuto il Premio
del Pubblico nel Parkhouse Award 2007 e 2009 nella Wigmore Hall di Londra.
78
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
La cavalcata eroica con cui attacca la Sonata in do maggiore op. 53 di Beethoven rivela immediatamente in quale periodo l’autore
l’abbia composta. Sonorità possenti, grandezze architettoniche, ritmi scalpitanti: sono queste le caratteristiche che descrivono il secondo
periodo stilistico beethoveniano definito con
quell’aggettivo che da sempre è associato al
cipiglio del compositore di Bonn, ossia “eroico”. Questa sonata è la ventunesima composta
dall’autore, che la scrive agli inizi del 1803,
dopo la profonda crisi della sordità e la sua
conseguente disperazione resa immortale
nel Testamento di Heiligenstadt. Beethoven
reagisce al dramma e lo fa nell’unico modo
che era possibile per il suo animo, ossia da
uomo. Trasforma cioè lo sconforto in energia
propulsiva, in una ancora maggiore brama di
possedere la vita, in un atto di eroismo. È in
questo periodo che nascono opere come la
Terza Sinfonia, l’ “Eroica” appunto (1802), la
Sonata “A Kreutzer” per violino e pianoforte
(1803), il Triplo Concerto per pianoforte, violino, violoncello e orchestra (1804) e un’altra
grandiosa Sonata per pianoforte, l’ “Appassionata” (1805).
L’opera 53 è conosciuta come Waldstein Sonate, dal nome del conte cui è dedicata, che
fu il primo grande mecenate di Beethoven. Il
giovane Ludwig raggiunse Vienna per diventare allievo di Haydn proprio grazie al conte
Ferdinand Waldstein, che in quell’occasione
pronunciò l’importante augurio passato alla
storia: «che tu possa ricevere lo spirito di Mozart attraverso le mani di Haydn».
In territorio francese ed italiano questa stessa
sonata è conosciuta anche sotto l’appellativo
di “Aurora”, probabilmente per le atmosfere albeggianti dell’Adagio o per le nebbie
dell’ultimo tempo dove l’abbondante uso del
pedale e i lunghi trilli, usati qui in maniera
sperimentale, dipingendo luminosità degne di
un Impressionista ante litteram.
Pur essendo scritta in tre movimenti, la Sonata
si appoggia esclusivamente sul primo e sull’ultimo tempo, di ampie dimensioni, utilizzando
il brevissimo secondo movimento – conta solamente ventotto battute – come una cerniera
tra i due. L’Adagio molto appare infatti come
un lento preludiare che nasce dall’oscurità del
registro grave. Non ha le misure di un brano
a se stante, quanto invece quelle di una pausa
meditativa che prepara alla complessità del
Rondò finale. In principio Beethoven aveva
composto per questa Sonata un secondo movimento ben più lungo e strutturato. Si trattava di un Andante in fa maggiore, pubblicato
singolarmente nel 1806 come Andante Favori WoO 57. L’eliminazione di questo brano,
giustificata al tempo come una richiesta da
parte dell’editore per l’eccessiva lunghezza
della sonata, a ben vedere riflette una scelta
stilistica in linea con il “periodo eroico” di
Beethoven. Solo in questo modo viene infatti
salvaguardata la vitalità che caratterizza gli
altri due importanti movimenti e dunque l’anima della Sonata. Non è la cantabilità ciò che
interessa all’autore in queste pagine, quanto
la drammaticità e la spettacolarità tipica del
Concerto con l’orchestra. Lo stesso pianoforte
viene spinto verso sonorità nuove, sinfoniche,
con ripetizioni ossessive di triadi negli accordi
ribattuti della mano sinistra nell’Allegro con
brio (rumore, non musica, secondo Alfredo
Casella), con il dominio di sonorità e registri
estremi, con un virtuosismo quasi ineseguibile nel glissando di ottave scritto alla fine del
Rondò, dove trilli infiniti anticipano l’idea di
un terzo pedale, come quello inventato in epoca moderna.
L’effetto più innovativo che Beethoven sperimenta nella Waldstein è l’utilizzo del pedale
di risonanza, così abbondante da creare dissonanze eversive per l’orecchio dell’epoca. Ed
è proprio il terzo ed ultimo movimento quello
più interessante. Comincia con un delicato
tema pastorale che si alterna ad episodi pieni
di contrasti sonori e ritmi sempre più incalzan-
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
79
ti fino ad arrivare al Prestissimo, dove il tema
iniziale fugge nell’eroica cavalcata finale.
Alberto Ginastera viene ricordato soprattutto per il suo interesse alla formazione musicale in Sud America, che promosse non solo
dedicandosi all’insegnamento – il suo allievo
più famoso fu Astor Piazzolla – ma anche con
l’apertura di numerose scuole e conservatori.
L’amore per la sua terra, motivo ispiratore
di questa missione educativa, pervade le sue
composizioni che rifulgono di folklore argentino. Non si tratta però di una stilizzazione di
melodie o ritmi tradizionali, ma di un vero e
proprio stile personale che richiama il folklore del Sud America, alla maniera di Batròk
o di De Falla, ossia attraverso una ricerca ed
un uso del materiale popolare con la serietà
etnomusicologica che era nata agli inizi del
Novecento. Anche nelle Danze Argentine, prima opera per il pianoforte scritta dall’autore
all’età di ventun anni, troviamo ritmi marcati
e adagi meditativi, cioè il colore delle pampas, dalla vastità dei silenzi alle cavalcate dei
gauchos. Corre sui tasti neri (la mano sinistra)
e bianchi (la mano destra) il primo brano, la
Danza del vecchio bovaro, dove la rapidità
sospende lo stridore di un cammino politonale
e termina nel giro di un breve minuto in un
accordo che imita la chitarra.
Il secondo pezzo, la Danza della ragazza graziosa, regala una dolce e melanconica pausa
di lirismo, con quel canto solitario e nostalgico che ripete più volte un piccolo intervallo
di seconda minore discendente, due note che
nella storia della musica sono sempre state associate al tema del lamento. Ritorna invece il
fermento del ritmo nel terzo brano, la Danza
del gaucho malizioso, dove viene recuperata
anche una certa spettacolarità del gesto sino
ai due virtuosistici glissandi finali. Sembra di
vederlo, questo giovane mandriano, che con
l’ardore dell’età si lancia al galoppo sull’arida
pianura delle pampas “in modo furioso”, “violento” e “selvaggio” - come scrive lo stesso
autore sullo spartito.
80
Ginastera amava l’Argentina, il suo folklore, le sue danze e in tutta la vita, pur avendo
maturato degli stili compositivi differenti, dal
nazionalismo al simbolismo, attingerà sempre alla musica tradizionale della sua terra.
Probabilmente le Danze Argentine, in quanto
opere giovanili, non rappresentano lo stile più
interessante e compiuto di questo autore, che
si dedicò nuovamente al repertorio pianistico
solo verso i cinquantanni, ma sono ugualmente molto amate dai giovani pianisti che spesso
le inseriscono nei programmi proprio per lo
slancio del folklore sudamericano.
In un saggio nel 1841 Robert Schumann riporta la dichiarazione di Chopin di essersi
ispirato ad alcune poesie del connazionale
Adam Mickievicz per comporre le sue quattro Ballate. Si tratta di un’interessante notizia
biografica, se non fosse che il periodo storico in cui viene pronunciata vivesse un’aperta
discussione estetica che vedeva contrapposta
la musica a programma – ossia l’idea che la
musica sia scritta per descrivere i sentimenti
suscitati dalle parole di una poesia o dai colori di un quadro – alla musica assoluta – ossia
il concetto, teorizzato di lì a poco da Eduard
Hanslick, che la musica valga in assoluto
per quello che è, senza la necessità di essere il significante di qualsivoglia significato
per esistere. Qualcuno identificò addirittura
i quattro testi da cui avrebbero preso spunto
le opere chopiniane, come racconta il musicologo Marco Beghelli, «rispettivamente il
poema Conrad Wallenrod, dedicato alle gesta
dell’eroe; Switez, il lago lituano che inghiottì
le ragazze del luogo per non farle cadere nelle mani dei Russi; la leggenda della fanciulla
Ondine; la storia dei Tre Budrys, giovani lituani che sposano tre ragazze polacche».
In realtà Chopin non volle descrivere i testi
poetici di Mickievicz, che utilizzò invece più
tardi nei Canti Polacchi op. 74, ma si lasciò
ispirare dalla voce patriottica dell’esule, dal
suo mondo poetico e narrativo.
Chopin cominciò a comporre la prima Ballata
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
nel 1831. È la prima volta che questo termine, “ballata”, viene utilizzato per un pezzo
solo strumentale, avendo sempre significato
un componimento poetico o tuttalpiù la sua
trasformazione in canto. L’autore usa cioè un
termine nuovo per battezzare una nuova composizione musicale che utilizza alcune caratteristiche formali e stilistiche tipiche della sonata, del rondò, dello scherzo, della polacca,
del notturno e della mazurca, senza appartenere a nessuno di questi generi. Chopin crea
quindi nelle ballate una summa di tutto ciò,
attraversata da un forte senso epico, narrativo.
L’inizio dell’opera 47 presenta un tema intimo e malinconico ma comunque scorrevole,
caratteristica comune anche alle altre ballate,
se si tralascia la brevissima introduzione della
prima. Appare quindi una seconda idea dalla
delicata dolcezza, ma il brano prosegue animandosi con una complessità di scrittura e
densità di emozioni sempre maggiori, alternando e variando i due temi che lo compongono, per raggiungere nel finale a una grandezza
epica. Il manoscritto della Terza Ballata op. 47
venne spedito all’amico e connazionale Julius
Fontana alla fine del mese di ottobre del 1841,
come leggiamo in una lettera che Chopin gli
scrisse dalla campagna di Nohant, dove era
solito trascorrere l’estate allontanandosi da
Parigi. Fontana era il copista prediletto di
“quelle mosche manoscritte”, come lo stesso Fryderyk chiamava la sua minuta ed esile
grafia delle note sul pentagramma. Amico di
sempre, veniva in realtà sfruttato avidamente
dal compositore come copista e segretario - le
lettere a lui indirizzate sono piene di ordini e
richieste, dai rapporti con gli editori per vendere i manoscritti con il maggior guadagno
alla ricerca di appartamenti nella capitale,
dalla spedizione dei pianoforti come delle
vecchie scarpe (!). Lascia sorpresi scoprire
nell’epistolario il lato concreto e calcolatore
di Chopin, così lontano dall’immagine stereotipata di artista dall’animo delicato e dalla
salute cagionevole. Sempre nelle missive
indirizzate a Fontana, Chopin non usa mezzi
termini inveendo contro l’editore londinese
Wessel, «quell’imbecille e quell’imbroglione», che pubblicando i due Notturni op. 27 vi
aveva imposto il fastidioso titolo “Le Lamentose”. Più che di lamenti, queste due sublimi
pagine sono la massima espressione del genere in cui Chopin fu massimo artista. Raccontano la nostalgia di un sentimento profondo,
accorato nella cantabilità della mano destra,
delicato nella leggerezza della mano sinistra,
che si muove in entrambi i due Notturni con
quel tipico movimento arpeggiato ed ampio
come la coda di un pavone in piena ruota, preziosa nei colori e morbidissima nelle piume. Il
n. 1 in do diesis minore rappresenta, secondo
il biografo Jaroslaw Iwaszkiewicz, una «meditazione notturna sulla patria», denotando
quindi un carattere più cupo e pensieroso rispetto al n. 2 in re bemolle maggiore, un «poema della notte» dove la quiete culla gli animi.
Parte in maniera travolgente la Seconda Sonata di Rachmaninov, il cui primo movimento
è caratterizzato dall’impeto e dalla grandiosità di suono, lo slancio che conosciamo e
che più appassiona nella musica dell’autore
russo. L’impeto del primo tema trova il suo
equilibrato contraltare in un secondo tema che
sa aprirsi invece alla serenità, con un suono
limpido e un respiro meditativo che in più di
un’occasione tornerà ad acquietare il fervore
nel primo movimento. Ritroveremo queste
due idee tematiche negli altri due movimenti,
in un cammino senza soluzione di continuità
che, pur richiamandosi alla forma sonata, si
presenta quasi come un’unica grande architettura.
Il secondo tempo, curiosamente indicato
come Non allegro, accosta ad un tema di ampio lirismo degli episodi dai caratteri molto
contrastanti, in una grande ricchezza creativa.
Chiude la sonata un movimento agitato ed
energico, che termina, utilizzando le parole
di Rattalino, «con l’apoteosi trionfante del
secondo tema del finale, e quindi con la più
classica delle catarsi».
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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Rachmaninov scrisse la Seconda Sonata per
pianoforte a quarant’anni, in un periodo di
grande creatività compositiva e di serenità familiare. La dedicò all’allievo e amico Matvey
Pressmann e ne diede la prima esecuzione a
Mosca sul finire del 1915. La critica la accolse
come «un’opera di grande talento e maturità,
ma che dimostrava riserbo, severità e meno
lirismo rispetto ad una composizione che
fosse scritta da Rachmaninov». Forse insoddisfatto per questo giudizio, o forse ancora
non convinto sulla struttura definitiva della sonata, pensò a lungo come revisionarla.
Certo è che pochi pianisti all’epoca la misero
nei programmi a causa del sue spiccate asperità virtuosistiche. Il fatto che Rachmaninov
possedesse una tecnica pianistica notevole,
tanto da renderlo famoso negli anni americani soprattutto come virtuoso dello strumento
più che in qualità di compositore, comporta
inevitabilmente la presenza nelle sue opere di
alcune difficoltà esecutive che a volte solo le
sue mani potevano affrontare.
Nella seconda versione, che l’autore realizzò
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solo nel 1931, quasi vent’anni dopo, vennero
tagliate centoventi battute ed alcune stravaganze virtuosistiche, alleggerendo la tessitura.
Si passò da un marasma psicologico ad una
forma più pura. In realtà l’opera rimane assai
impegnativa e ardita, come potremo ascoltare
nell’esecuzione di Mariangela Vacatello che
ha scelto questa seconda versione dell’autore
per il suo concerto a Rovereto.
Ne esiste anche una terza versione, realizzata nel 1943 dal leggendario pianista Vladimir
Horowitz. Grande ammiratore di Rachmaninov – si racconta che, da bambino, suscitasse
le ire di sua madre poiché, invece che dedicarsi allo studio di Bach, Mozart e Beethoven,
trascorreva intere giornate a suonare le opere
del suo idolo – realizzò una nuova versione,
con l’approvazione dell’autore, combinando
assieme quella originale del 1913 con quella
revisionata del 1931. Grazie a lui la Seconda
Sonata di Rachmaninov ottene finalmente il
successo tanto desiderato ed entrò di diritto
nel repertorio dei pianisti.
Monique Ciola
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 - ORE 20.45
ORCHESTRA HAYDN
Marco Pierobon direttore, tromba
“A Gershwin Night”
GEORGE GERSHWIN Porgy and Bess suite per tromba *
(1898-1937)
Orchestra e Jazz Drum Set
Songs per Orchestra,*
Rhapsody in Blue per Tromba e Orchestra **
An American in Paris *
* arr. di M.Pierobon
** arr. di T. Dorkshitser/M.Pierobon
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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SALA FILARMONICA
LUNEDÌ 12 MAGGIO 2014 - ORE 20.45
MICHELE MARASCO
flauto traverso
Irene veneziano
pianoforte
CARL REINECKE Sonata Undine op.167
(1824-1910)
Allegro
Intermezzo
Andante
Finale
FRANCIS POULENC Sonata
(1899-1963)
Allegro Malinconico
Cantilena
Presto Giocoso
FRANK MARTIN (1890- 1974)
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Ballade
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Michele Marasco ha avuto tra i propri insegnanti C. Klemm e A. Nicolet per il flauto, G. Giani
Luporini per la composizione e F. Rossi per la musica da camera.
Ha suonato come primo flauto solista all’Opera di Zurigo, nell’Orchestra della Radio di Lipsia,
presso il Teatro Carlo Felice di Genova, nell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma,
nella Filarmonica della Scala e nell’ORT-Orchestra della Toscana.
Si è esibito come solista in sale prestigiose come la Carnegie Hall (New York), St John’s Smith
Square (Londra), la Wiener Konzerthaus (Vienna), la Sala Verdi del Conservatorio di Milano
e per i più importanti Festival europei, come Maggio Musicale Fiorentino, Ravenna Festival,
Settembre Musica (Torino) e i Festival di musica contemporanea di Strasburgo e Salisburgo.
Ha eseguito numerose prime esecuzioni in Italia, Stati Uniti, Germania, Austria, Portogallo e
Messico di compositori come Berio, Sciarrino, Gentile, Stuppner, Tutino, Cavallari, De Pablo,
Donatoni, Benvenuti, Luporini, Einaudi, Antonioni.
Ha effettuato registrazioni per la RAI, la Radio Francese, la RTV della Svizzera Italiana e della
Suisse Romande; ha inciso in CD con Ricordi, Capstsone, Arts, Antes, Nuova Era, Frame,
Stradivarius e Diapason. Invitato da Maurizio Pollini e Luciano Berio ha partecipato come solista
al Festival di Salisburgo nel 1999, al Pollini Project 2001 a New York nella Carnegie Hall, nel
2002 a Tokyo nella Kioi Hall, nel 2003 a Roma nel nuovo Auditorium del Parco della Musica, nel
2006 a Vienna nella Wiener Konzerthaus e a Milano presso il Teatro alla Scala, e nel 2009 presso
il Teatro Comunale di Bologna e a Parigi nella Salle Pleyel.
Irene Veneziano si è diplomata con 10, lode e menzione all’Istituto Musicale Pareggiato “G. Puccini” di Gallarate (M° M. Neri); nel 2008 ha ottenuto il Diploma Accademico di II livello al “G.
Verdi” di Milano (M° Edda Ponti) con 110/110, lode e menzione; il Diploma di Musica da Camera
con menzione presso l’Accademia Internazionale di Imola (M° P. N. Masi e Trio Altenberg); il
Diploma del Corso di Perfezionamento Pianistico presso l’Accademia di S. Cecilia di Roma (M°
S. Perticaroli) con 10 e lode. Le è stata inoltre assegnata la Borsa di studio G. Sinopoli 2008 per il
miglior diplomato dell’Accademia, consegnatole dal Presidente della Repubblica al Quirinale. Nel
2009 ha infine conseguito il Diploma di Didattica della musica a Milano.
Si è perfezionata con i Maestri A. Maffei, S. Perticaroli (anche al Mozarteum di Salisburgo), E.
Fadini, M. Vidlund, M. Roscoe, F. Scala, J. Achucarro, D. Merlet, P. Gililov e K. Bogino.
Ha vinto una trentina di concorsi pianistici nazionali ed internazionali, tra gli altri, il Prix Jean
Clostre 2008 a Ginevra , il secondo premio al B&B International Piano Competition 2009 di New
York, il premio A. Casella al Premio Venezia , 1° Premio ed assegnazione del Grand Prix per il
punteggio più alto fra tutte le categorie al Tim Torneo internazionale di musica 2012 a Parigi.
è stata una dei sei pianisti scelti per la prestigiosa Eppan Academy 2012.
Irene Veneziano svolge intensa attività concertistica in Europa (Italia, Svezia, Polonia, Francia,
Svizzera, Albania, Montenegro, Slovenia, Germania, Gran Bretagna), Asia (Vietnam, Giordania,
Israele, Cina, Singapore, India, Corea), Africa (Tunisia) e America (Usa, Canada). A Pechino è
stata nominata membro onorario del Beijing Bravoce Music Club. Ha collaborato con importanti
musicisti tra i quali: i flautisti W. Bennett, D. Formisano, A.Oliva, M. Evangelisti, A. Morzenti,
A. Citterio, con il quartetto Terpsycordes; con i violinisti F.Dego, D.Pascoletti, i tenori S. Pirgu, P.
Mazzocchetti; il pianista B. Canino.
Suona in duo stabilmente con il rinomato flautista Andrea Griminelli.
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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NOTE AL PROGRAMMA
Carl Reinecke (1824-1910)
Sonata in mi minore per flauto e pianoforte
op. 167, “Undine”
La sonata “Undine” per flauto e pianoforte
rappresenta forse, insieme al concerto per arpa
e orchestra op. 182, l’opera più celebre di Carl
Reinecke, compositore, direttore d’orchestra
e didatta tedesco attivo tra Germania e Danimarca durante una lunga carriera dispiegatasi
per tutta la seconda metà del secolo XIX.
La musica di Reinecke si inserisce a pieno titolo nella grande corrente del tardo romanticismo di area germanica, caratterizzata com’è
da forti tensioni armoniche e dal ricorso frequente a spunti e suggestioni poetiche, letterarie e folkloristiche.
La storia su cui si basa la musica della sonata
“Undine” è tratta dalla novella dello scrittore tedesco Friedrich de la Motte Fouqué che
porta lo stesso titolo (noteremo per inciso
che questa novella ha goduto di una fortuna
davvero singolare presso i musicisti, tanto da
ispirare anche E.T.A. Hoffman, che compose
un’opera lirica ispirata a questo soggetto e
Dvorak che usò spunti della storia per la sua
Rusalka).
Nella novella si narra di Undine (un’Ondina,
uno spirito dell’acqua delle antiche mitologie
germaniche), che può ricevere un’anima immortale solo vivendo un’esperienza di amore umano. A tale scopo decide di rinascere e
viene allevata da una coppia di semplici pescatori; divenuta ormai una giovinetta incontra il cavaliere Hulbrand e se ne innamora,
ricambiata. I due si sposano e solo dopo la
prima notte di nozze Undine trova il coraggio
di confessare a Hulbrand la sua vera natura,
offrendogli perfino di ridargli la libertà: ma
Hulbrand non vuol sentirne parlare e le rinnova le promesse di fedeltà e amore eterno.
Poco dopo la celebrazione del matrimonio,
Undine riceve la visita dello zio Kuhleborn
che le ricorda il filo sottile a cui è appeso il suo
futuro umano: se mai Hulbrand dovesse mancarle di rispetto, dovrà pagare con la morte. A
guastare l’idillio dei due sposi arriva Berthalda, la prima fidanzata di Hulbrand che riesce
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ad insinuarsi nel loro menage fino a riconquistare l’amore del cavaliere: istigato da lei
Hulbrand tratta sempre peggio Undine, fino al
punto di ripudiarla. A questo punto la sorte di
Hulbrand è segnata, e sarà proprio Undine a
dover eseguire la sentenza: durante il banchetto di nozze tra Hulbrand e Berthalda fa il suo
ingresso nella sala e dà un bacio di morte a
Hulbrand. Ella sparisce definitivamente dopo
i funerali del cavaliere, ed al suo posto appare
una sorgente d’acqua da cui si dipartono due
rivoli che circondano la tomba di Hullbrand.
Il primo movimento (Allegro) rappresenta
Undine nel suo mondo subacqueo, ed è al
tempo stesso rappresentazione del fluire incessante dell’acqua e del desiderio della ninfa
di conquistarsi l’anima.
Il secondo tempo (Allegretto vivace) descrive
la vita di Undine presso la sua famiglia adottiva: la serena semplicità della casa dei pescatori e (nella parte affidata al solo pianoforte)
il loro sbigottimento – che poi si tramuta in
accettazione - davanti all’impulsività della
fanciulla.
Il terzo tempo (Andante tranquillo) raffigura il
sogno d’amore di Undine, la nascita dei suoi
sentimenti verso Hullbrand e la loro tormentata intensità, con un’agitata parentesi a rappresentare la minaccia di Kuhleborn. Nel drammatico quarto tempo (Allegro molto agitato e
appassionato, quasi Presto) vengono narrati
il tradimento di Hullbrand, i vani lamenti di
Undine, e la rabbia e la vendetta degli spiriti
dell’acqua.
La sonata termina con un’eco del tema d’amore del secondo tempo, raffigurando così la
conclusione – mesta e al tempo stesso dolcemente consolatoria – del racconto.
Francis Poulenc (1899-1963)
Sonata per flauto e pianoforte FP 164
La sonata per flauto e pianoforte venne composta da Poulenc tra il 1956 e il 1957, in un’epoca in cui il compositore francese era parallelamente impegnato nel completamento della
stesura della sua più grande opera lirica, i Dialogues des Carmelites. Non è forse peregrino
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
affermare che qualcosa del tono dell’opera, e
in particolare della musica che Poulenc affida
al personaggio di soeur Constance, sia filtrato
anche in questa sonata.
Il lavoro di Poulenc si inserisce a pieno titolo
nella tradizione francese di grande interesse
per le sonorità al tempo stesso nitidamente
sbalzate e morbidamente sensuali del flauto. Il
primo tempo (Allegro malinconico) è basato
su una semplice struttura tripartita e animato
dal contrasto fra due temi, il primo dei quali è
pensoso e meditativo mentre il secondo risulta
più liricamente disteso.
Il secondo tempo (Cantilena. Assez lent) è
forse la parte della sonata più intimamente
imparentata, per mezzi espressivi e mood generale, con la musica dei Dialogues. Si tratta
di una nenia di straniante dolcezza, priva di un
preciso centro tonale e caratterizzata dall’assenza di contrasti e da un clima di serenità e
rassegnazione.
Il finale (Presto giocoso) conclude la pagina
in un clima di gioiosa spensieratezza, con un
tema che a tratti richiama quello della Badinerie della suite per orchestra n. 2 di Bach e un
gusto armonico piquant tipica del neoclassicismo musicale di Poulenc.
Frank Martin (1890-1974)
Ballade per flauto e pianoforte
Frank Martin, compositore svizzero attivo
anche in Germania e in Olanda, è stato soprattutto un autore di musica vocale, avendo
composto diversi oratori, musica sacra e cicli
liederistici per voce solista ed orchestra. Una
importanza non secondaria nella sua produzione riveste però anche l’ambito della musica da camera, e in particolare le Ballate (per
singoli strumenti o per duo: per sassofono, per
pianoforte solo, per trombone, per arpa e clavicembalo, per viola, etc.)
La Ballata per flauto e pianoforte fu composta nel 1939 in occasione della prima edizione del Concorso internazionale di esecuzione
musicale di Ginevra, concorso per il quale a
Martin fu chiesto di comporre un pezzo che
potesse essere usato come brano obbligatorio
per i programmi di flauto. Data la sua origine,
si comprende bene come pur nella sua breve
durata essa si configuri come un autentico pie-
ce de resistance, in cui le possibilità tecniche
del flautista sono messe davvero a dura prova.
Se Chopin componendo le sue Ballate si era
rifatto (in maniera più o meno conscia) alle
composizioni poetiche del suo compatriota
Adam Mickiewicz, per Martin il riferimento
letterario può essere probabilmente colto nelle
ballate del poeta medievale francese François
Villon.
Così il clima perennemente cangiante, emotivamente instabilissimo, della composizione
trova il suo antecedente nella prima stanza
della Ballade du concours de Blois di Villon:
Je meurs de seuf auprès de la fontaine,
Sto morendo di sete vicino a una fontana,
Chaud comme feu, et tremble dent à dent;
sono caldo come il fuoco, e tremo dente a dente;
En mon pays suis en terre lointaine;
Nella mia patria sono in terra straniera;
Lez un brasier frissonne tout ardent;
Vicino al braciere tremo di caldo;
Nu comme un ver, vêtu en président,
Nudo come un verme, abbigliato come un
presidente,
Je ris en pleurs et attends sans espoir;
Rido tra le lacrime e attendo senza speranza;
Confort reprends en triste désespoir;
Mi conforto in triste disperazione;
Je m’éjouis et n’ai plaisir aucun;
Mi rallegro e non ho alcun piacere;
Puissant je suis sans force et sans pouvoir,
Forte, io sono senza forze e senza vigore,
Bien recueilli, débouté de chacun.
Bene accolto e scacciato da tutti.
Stanza che sembra riecheggiare le indicazioni apparentemente contraddittorie (piano
e marcato, forte e leggiero) di cui Martin ha
disseminato la partitura. Così, dopo un inizio pensoso, attraverso un continuo mutarsi
di ritmi, armonie, climi espressivi, la Ballata
raggiunge una conclusione piena di un sentimento di gioia e autoaffermazione. Composizione impegnativa tanto per l’interprete che
per l’ascoltatore ma che per l’uno e per l’altro
ha in serbo sorprese che valgono l’impegno.
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
Gaetano M. Roberto
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SALA FILARMONICA
MARTEDÌ 20 MAGGIO 2014 - ORE 20.45
I Fiati solisti
dell’Orchestra Haydn
Marco Mandolini, direttore, violino
Michelangelo Mercuri, contrabbasso
WOLFGANG AMADEUS
MOZART (1756-1791)
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Eine kleine Nachtmusik KV525
GIOVANNI BOTTESINI (1821-1889)
Concerto per contrabbasso n. 2
BELA BARTÓK (1881-1945)
Danze popolari rumene
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
CHIESA S. MARCO
MARTEDÌ 6 GIUGNO 2014 - ORE 20.45
ORCHESTRA HAYDN
Hansjörg Albrecht, direttore
WOLFGANG AMADEUS
MOZART Messa in do magg. K317
(1756-1791)“Messa dell’incoronazione”
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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ALTRE INIZIATIVE
BIBLIOTECA CIVICA “G. TARTAROTTI” - ROVERETO
NOVEMBRE 2013 - APRILE 2014
Ingresso libero. Inizio ore 18.00
Musica in Biblioteca
MOMENTI MUSICALI
A CURA DI INSEGNANTI ED ALLIEVI
Scuola Musicale dei QuattroVicariati Operaprima
venerdì 29 novembre 2013
•
Scuola Musicale Jan Novák
venerdì 13 dicembre 2013
•
Civica Scuola Musicale Riccardo Zandonai
venerdì 31 gennaio 2014
•
Scuola Musicale dei QuattroVicariati Operaprima
venerdì 28 FEBBRAIO 2014 - ore 20.30
•
Scuola Musicale Jan Novák
venerdì 14 MARZO 2014
•
Civica Scuola Musicale Riccardo Zandonai
venerdì 11 aprile 2014
•••
Associazione Filarmonica di Rovereto
Assessorato alla Contemporaneità
Biblioteca Civica “G. Tartarotti” - Comune di Rovereto
Civica Scuola Musicale “R. Zandonai” - Rovereto
Scuola Musicale “J. Novák” - Villa Lagarina
Scuola Musicale dei Quattro Vicariati “OperaPrima” - Ala
Ingresso libero
domenica 5 gennaio 2014 - ore 20.45
Rovereto, Sala Filarmonica
Orchestra da Camera Giovanile di Domodossola
Filippo Lama, Maestro concertatore
domenica 2 febbraio 2014 - ore 10.30
Rovereto, Sala Filarmonica
Monica Maranelli
pianoforte
--Conservatorio F.A. Bonporti di Trento, Kravtchenko
domenica 23 febbraio 2014 - ore 10.30
Rovereto, Sala Filarmonica
Lorenzo Tranquillini
violino
Marika Art
pianoforte
--Scuola Musicale Jan Novák
domenica 23 marzo 2014 - ore 10.30
Rovereto, Sala Filarmonica
Lorenza Baldo
violoncello
Michele Campo
pianoforte
--Conservatorio di Cremona
Associazione Filarmonica di Rovereto - Civica Scuola Musicale Riccardo Zandonai
Scuola Musicale Jan Novák - Scuola Musicale dei 4 Vicariati Operaprima
Biblioteca Civica Girolamo Tartarotti
domenica 30 marzo 2014 - ore 10.30
Rovereto, Sala Filarmonica
Marco Pomarolli
flauto
Francesca Lombardi
flauto
Antonio Vicentini
pianoforte
--Scuola Musicale Jan Novák
domenica 13 aprile - ore 10.30
Rovereto, Sala Filarmonica
Francesca Temporin
violino
Kim Fabbri
pianoforte
--Conservatorio B. Maderna di Cesena
domenica 27 aprile 2014 - ore 10.30
Rovereto, Sala della Biblioteca “G. Tartarotti”
Davide Corlevich
chitarra
--Conservatorio Dall’Abaco di Verona
STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014
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SCUOLA MUSICALE “JAN
Aperitivi in
Aperitivi centenari
Quest’anno il pretesto della ricorrenza di un centenario, e dei suoi multipli, ricorre in tutti e tre gli appuntamenti della tradizionale rassegna di Palazzo Libera.
è la nostra cocciuta volontà di informare i giovani, e non solo, dei tesori d’arte
custoditi nelle pieghe della Storia della Musica.
Si potrebbe quasi dire che facciamo controinformazione, dato che, evidentemente, la cultura musicale dominante e suoi profeti non si occupano certo di ricordare Corelli, Britten, Verdi e Wagner, se non nei suoi santuari più raffinati e chiusi,
accessibili solo ad un pubblico ristretto e selezionato.
Invece una Scuola di Musica come la Jan Novák, che si occupa principalmente
di educazione musicale di base, tiene la sua porta ben aperta: in questo caso per
invitare tutti voi alle nostre matinèe a Palazzo Libera. Siate i benvenuti!
17 novembre 2013 - ore 11.00
ARCANGELO CORELLI ED I SUOI CONTEMPORANEI
nel 300° anno dalla morte di A. Corelli
Andrea Ferroni, Violino I
Stefano Roveda,Violino II
Ivo Brigadoi, Violoncello
Pierpaolo Ciurlia, Liuto
Musiche di
Corelli, Muffat, Stradella, Torelli, Bononcini, Cazzati, Vitali
NOVÁK” VILLA LAGARINA
musica 2013
24 novembre 2013 - ore 11.00
DUO ARPA - PIANOFORTE
Barbara Forneron, Arpa
Elena Cotogno, Pianoforte
Musiche tradizionali ebraiche e di Franck, Britten, Salzedo
1 dicembre 2013 - ore 11.00
...QUESTI INCORREGGIBILI!
lezione-concerto nel tentativo di giungere
alle soglie delle ineffabili leggi che governano il bello musicale
Musiche di
Mozart, Beethoven, Saint-Saëns, Wagner, Verdi, Fabosco, Scorno, Bartok
A cura di
Maria Maddalena Kiniger e Franco Bosio
Scuola Musicale Jan Novák
in collaborazione con il
Comune di Villa Lagarina
- Ingresso Euro 5 Prenotazione obbligatoria alla segreteria della Scuola musicale 0464411893 entro il giovedì precedente al
concerto. I sabati precedenti alle tre domeniche dei concerti si svolgeranno delle prove generali aperte solo
agli allievi delle Scuole musicali, quando i brani in programma verranno proposti in chiave didattica.
MUSICA A PALAZZO 2014
XIiI edizione
Concerti nei Palazzi Storici
Ala - Avio - Brentonico - Mori
SPETTACOLI DELLA SCUOLA MUSICALE PER IL TERRITORIO
29 Marzo - Avio
Concerto del Coro Voci Bianche
----
12 Aprile - Mori
Attenti, Battenti ... Iniziamo!
Spettacolo dei / per i bambini
----
24 Maggio - Brentonico
Kirikù e altre storie
(racconti e musiche dell’Africa subsahariana)
Spettacolo multimediale delle orchestre e degli ensemble della Scuola Musicale
---14 Giugno - Ala
OperaPrima Live
Concerto RockLab & JazzLab
INFORMAZIONI
OperaPrima - Scuola Musicale dei Quattro Vicariati
Via Zandonai, 1 – 38061 Pilcante di Ala (TN)
Tel. 0464 680000 - 349 0542909 - E-mail: [email protected] - www.operaprima.org
Tutti i concerti avranno inizio alle ore 20.45.
Gli abbonati sono tenuti a prendere possesso dei loro posti entro le ore 20.40:
trascorso questo termine i posti potranno essere messi in vendita.
***
Si ringraziano i redattori delle note ai concerti:
Monique Ciola,
Diego R. Cescotti,
Sara Cazzanelli,
Diego Procoli,
Adriano Del Sal,
Gaetano M. Roberto
Realizzato e stampato in Italia, nel mese di ottobre 2013, dall’Azienda di Arti Grafiche
TIPOFFSET MOSCHINI
38068 Rovereto (TN) - Via G. Tartarotti, 62 - [email protected]
Stampato su carta ecologica sbiancata senza cloro.
Associazione Filarmonica di Rovereto
38068 Rovereto (TN) - Italia - Corso Rosmini, 78
Tel. e Fax 0464·435255 - E-mail: [email protected]
www.filarmonicarovereto.it