Associazione Filarmonica di Rovereto STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO ORCHESTRA “HAYDN” DI BOLZANO E TRENTO XCII Stagione dei concerti 2013-2014 INIZIATIVA REALIZZATA CON IL SOSTEGNO DI: MinistERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI Provincia Autonoma di Trento - Assessorato alla Cultura cOMUNITà DELLA VALLAGARINA COMUNE DI ROVERETO - ASSESSORATO ALLA CONTEMPORANEITÀ ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Fondatore Pietro Marzani (1889-1974) Presidente Onorario Silvio De Florian (1908-1995) Presidente Andrea Condini Vice Presidente Mauro Bondi Direttore artistico Mariano Andreolli Consiglieri Luisa Canal Renato Filippi Flavio Martinelli Giuseppe Mocatti Tiziano Rossato Lorenza Soave Revisori dei conti Anna Gianmoena Carlo Guarinoni Maurizio Setti Segreteria Bianca Gaifas 38068 Rovereto (TN) - Italia Corso Rosmini, 78 - Tel. e Fax 0464·435255 E-mail: [email protected] www.filarmonicarovereto.it 2 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE 2013-2014 - CALENDARIO DEI CONCERTI 2013 MartedìAlexander Lonquich, pianoforte 22 ottobre Musiche di: F. Schubert Auditorium Melotti Mercoledì QUARTETTO HERMÈS 6 novembreOmer Bouchez, violino Sala Filarmonica Liu Elise Elie, violino Chang Yung-Sin, viola Anthony Kondo, violoncello Musiche di: C. Debussy, H. Dutilleux, M. Ravel MartedìTRIO BROZ 19 novembre Barbara Broz, violino Sala FilarmonicaGiada Broz, violino e viola Klaus Broz, violoncello Tang’Jok (Them) non solo tango Musiche di: L. Bacalov, M. M. Ponce, A. Corghi, H.Villa-Lobos Venerdì 29 novembre Sala Filarmonica I Fiati solisti dell’Orchestra Haydn Mercoledì 4 dicembre Sala Filarmonica Sara Cazzanelli, clarinetto Federica Bortoluzzi, pianoforte Musiche di: W. A. Mozart, C. Gounod, P. I. Čajkovskij Musiche di: Claude Debussy, F. Poulenc, J. Brahms, E. Caracristi Giovedì ORCHESTRA HAYDN 12 dicembre Hansjörg Albrecht, direttore Musiche di: W. A. Mozart, J. S. Bach Sala Filarmonica STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 3 2014 Sabato 11 gennaio Sala Filarmonica Adriano Del Sal, chitarra Mercoledì 22 gennaio Sala Filarmonica Martina Filjak, pianoforte Giovedì 30 gennaio Sala Filarmonica Olga Pashchenko, clavicembalo “Orpheus of Amsterdam” Venerdì 7 febbraio Sala Filarmonica Musiche di: G. Regondi, A. Barrios, J. Rodrigo, F. M. Tórroba, J. S. Bach Musiche di: W. A. Mozart, M. Ravel, S. Prokof’ev, A. Scrjabin, M. A. Balakirev Musiche di: J. P. Sweelinck, M. Weckmann, J. S. Bach, L. Andriessen duo Enrico Bronzi, violoncello Filippo Gamba, pianoforte Musiche di: L. Janáček, S. Prokof’ev, C. Debussy, D. Šostakovič Mercoledì ORCHESTRA HAYDN 12 febbraio Salvatore Accardo, direttore e violino Trento Laura Gorna, violino Auditorium S. Chiara Musiche di: J. Haydn, L. Spohr, A. Schönberg Sabato ORCHESTRA HAYDN 15 febbraio Ensemble primi fiati Sala Filarmonica Francesco Dainese, flauto concerto ore 17 Gianni Olivieri, oboe Stefano Ricci, clarinetto Flavio Baruzzi, fagotto Andrea Cesari, corno Luciano Gottardi, burattini Musiche di: R. Strauss 4 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Giovedì Oleksandr Semchuk, violino 20 febbraio Bruno Canino, pianoforte Sala Filarmonica Concerto 4 fantasie per violino e pianoforte Musiche di: F. Schubert, O. Messiaen, E. Bloch, A. Schönberg Martedì ORCHESTRA HAYDN 25 febbraio Michael Tomaschek, direttore Auditorium Concerto di Carnevale Melotti Musiche di: Strauss, Lehár, Rossini Venerdì QUARTETTO ESCHER 7 marzo Adam Barnett-Hart, violino Sala FilarmonicaAaron Boyd, violino Pierre Lapointe, viola Dane Johansen, violoncello Musiche di: F. Mendelssohn, B.Britten, A. Dvořák Venerdì TRIO WANDERER 21 marzo Jean-Marc Phillips-Varjabédian, violino Sala Filarmonica Raphaël Pidoux, violoncello Vincent Coq, pianoforte Musiche di: C. Saint-Saëns, P. I. Čajkovskij Giovedì 27 marzo Sala Filarmonica Mariangela Vacatello pianoforte Musiche di: L. v. Beethoven, E. Ginastera, F. Chopin, S. Rachmaninov Giovedì ORCHESTRA HAYDN 3 aprile Marco Pierobon, direttore e tromba Sala Filarmonica “A Gershwin Night” Musiche di: G. Gershwin STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 5 Lunedì 12 maggio Sala Filarmonica Michele Marasco, flauto Irene Veneziano, pianoforte Musiche di: C. Reinecke, F. Poulenc, F. Martin Martedì ORCHESTRA HAYDN 20 maggio Marco Mandolini, direttore e violino, Sala Filarmonica Michelangelo Mercuri, contrabbassi Musiche di: W. A. Mozart, G. Bottesini, B. Bartók Martedì ORCHESTRA HAYDN 10 giugno Hansjörg Albrecht, direttore Chiesa S. Marco Musiche di: W. A. Mozart 6 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Orchestra Haydn C DI bOLZANO E tRENTO ostituitasi nel 1960 per iniziativa delle Province e dei Comuni di Trento e Bolzano, l’Orchestra Haydn è stata ospite dei principali sodalizi concertistici italiani ed ha preso parte a numerosi festivals, esibendosi in vari stati europei, negli USA e in Giappone. Nel corso di oltre cinquant’anni di attività l’Orchestra si è fatta interprete di un ampio catalogo di opere che ha spaziato in tutti i generi musicali, dal barocco fino ai compositori contemporanei. In più occasioni autori come Dallapiccola, Nono, Berio, Donatoni, Battistelli e D’Amico le hanno affidato lavori in prima esecuzione assoluta. Attenta alla valorizzazione di un repertorio spesso trascurato, l’Orchestra Haydn si è fatta promotrice anche della riscoperta di preziosi manoscritti, come il Dixit Dominus di Cimarosa, oppure la Messe solennelle di Berlioz, proposta nel 2002 in prima esecuzione moderna italiana. Innumerevoli le presenze di grandi artisti alla guida della formazione sinfonica del TrentinoAlto Adige, sul cui podio sono saliti fra gli altri Riccardo Chailly, Eliahu Inbal, Alain Lombard, Jesús López-Cobos, Sir Neville Marriner, Riccardo Muti, Daniel Oren, José Serebrier e Alberto Zedda. Come direttori stabili si sono avvicendati, dopo il fondatore Antonio Pedrotti, Hermann Michael, Alun Francis, Christian Mandeal e Ola Rudner. Dal 2003 al 2012 ne è stato direttore artistico Gustav Kuhn. Sotto la sua direzione l’Orchestra ha eseguito nella stagione 2006/07 tutte le Sinfonie di Brahms e nella stagione 2005/06 le nove Sinfonie di Beethoven, riproposte nel dicembre 2007 al Mozarteum di Salisburgo ed 8 accolte da un grande successo di pubblico e di critica. Dal 2006 al 2009 l’Orchestra Haydn ha preso parte al Rossini Opera Festival di Pesaro, partecipando alle seguenti produzioni: L’equivoco stravagante, La scala di seta, Il turco in Italia, Torvaldo e Dorliska, La gazza ladra (premio Diapason d’or e premio quale migliore DVD del 2008 della rivista «Musica e Dischi»), Maometto II, Il viaggio a Reims, Edipo a Colono e Le nozze di Teti e di Peleo. Nel settembre 2008 l’Orchestra ha inaugurato a Perugia la LXIII edizione della Sagra Musicale Umbra proponendo la Missa solemnis di Beethoven sotto la direzione di Gustav Kuhn. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO In collaborazione con il Rossini Opera Festival la Haydn ha presentato nel novembre 2008 alla Biwako Hall di Otsu e alla Bunkamura Orchard Hall di Tokyo un concerto sinfonico, l’Otello e il Maometto II (premio per il migliore spettacolo dal vivo del 2008 nella categoria artisti stranieri assegnato dal Pen Club Japan), diretti da Gustav Kuhn e Alberto Zedda. Nel dicembre 2008 l’Orchestra è tornata nuovamente ad esibirsi al Mozarteum di Salisburgo, dove ha eseguito le quattro Sinfonie di Brahms, la Missa solemnis e la Nona Sinfonia di Beethoven; sul podio Gustav Kuhn. Nel 2009, l’Orchestra Haydn è stata protago- nista assieme all’Orchestra Mozart dell’esecuzione della Settima Sinfonia di Anton Bruckner, proposta in due memorabili concerti a Bolzano e Bologna, sotto la direzione di Claudio Abbado, che aveva già diretto l’Orchestra di Bolzano e Trento nel 1962. Numerose le registrazioni radiofoniche e televisive per la RAI; ampio il catalogo di CD e DVD realizzati per Agorá, Arts, Camerata, col legno, Concerto, cpo, Dynamic, Multigram, Naxos, Opus Arte, RCA, Universal, VMC Classic e Zecchini. Da marzo 2013 Daniele Spini è responsabile della progettazione artistica dell’Orchestra Haydn. STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 9 Nello spirito di una collaborazione rafforzata e proficua tra l’Associazione Filarmonica di Rovereto e l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento trovano il loro motivo ispiratore le otto proposte che compongono il cartellone 2013-2014 dell’Orchestra regionale a Rovereto, firmato quest’anno da Daniele Spini nel suo nuovo ruolo di responsabile della progettazione artistica dell’Orchestra Haydn. L’apertura sarà affidata al gruppo dei Fiati solisti dell’Orchestra, con un programma che si ispira alle atmosfere di una Harmonie di fine Settecento. Fiati ancora protagonisti, insieme ai burattini di Luciano Gottardi, ne I tiri burloni di Till Eulenspiegel di Richard Strauss, pagina molto allegra e spavalda, come ebbe a dire lo stesso compositore, di cui ricorre nel 2014 il 150° anniversario della nascita. Se al classicismo viennese è dedicato il programma diretto da Hansjörg Albrecht, alla spensierata leggiadria fin de siècle di valzer, polke e mazurke firmate Strauss si ispira l’immancabile Concerto di carnevale, al quale seguirà la tromba di Marco Pierobon, autore di un viaggio affascinante tra i capolavori di George Gershwin, nel segno di melodie travolgenti e indimenticabili. Il cartellone proseguirà con Eine kleine Nachtmusik, uno dei Notturni mozartiani più noti della letteratura musicale, seguito dal secondo Concerto per contrabbasso di Giovanni Bottesini – solista Michelangelo Mercuri, prima parte dell’Orchestra Haydn – e dalle Danze popolari rumene di Béla Bartók affidate alla direzione di Marco Mandolini. Anche quest’anno sarà inoltre offerta agli abbonati la possibilità di assistere al concerto che l’Orchestra Haydn terrà mercoledì 12 febbraio presso l’Auditorium Santa Chiara a Trento, sotto la direzione di Salvatore Accardo, nell’ambito della 54° Stagione sinfonica. Per iniziativa congiunta dell’Associazione Filarmonica, del Festival di Musica Sacra, dell’Associazione culturale Conventus e dell’Orchestra Haydn sarà proposta infine una grande pagina di musica sacra, la Messa dell’Incoronazione di Wolfgang Amadeus Mozart, nella Chiesa di San Marco. Certa del grande valore musicale di queste proposte, così come della qualità e dell’impegno con cui gli artisti coinvolti le sapranno interpretare, esprimo l’augurio che l’affezionato pubblico roveretano ed i suoi ospiti possano partecipare numerosi ed entusiasti agli appuntamenti concertistici che ci attendono con la nostra Orchestra regionale. Chiara Zanoni Presidente dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento I CONCERTI AUDITORIUM MELOTTI MARTEDì 22 ottobre 2013 - ore 20.45 ALEXANDER LONQUICH pianoforte FRANZ SCHUBERT Melodia Ungherese in si minore D 817 (1797-1828) Sonata in la minore D 845 Moderato Andante poco mosso Scherzo Rondò - Allegro vivace Sonata in si bemolle maggiore D 960 Molto Moderato Andante Sostenuto Scherzo - Allegro vivace con delicatezza Allegro ma non troppo STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 13 Alexander Lonquich è nato a Trier in Germania; nel 1977 ha vinto il Primo Premio al Concorso Casagrande dedicato a Schubert, da allora ha tenuto concerti in Giappone, Stati Uniti e in tutta Europa. La sua attività lo vede impegnato con direttori d’orchestra quali C. Abbado, K. Sanderling, T. Koopman, E. Krivine, H. Holliger, M. Minkowski; particolare in tal senso è stato il rapporto mantenuto con Sandor Vègh e la Camerata Salzburg, di cui è tuttora regolare ospite nella veste di direttore-solista. Un importante ruolo svolge la sua attività nell’ambito della musica da camera: egli ha avuto modo di collaborare con artisti del calibro di C. Tetzlaff, J. Bell, H. Schiff, S. Isserlis, I. Faust, J. Widmann, B. Pergamenschikov, H. Holliger e F. P. Zimmermann ed ha ottenuto numerosi riconoscimenti dalla critica internazionale quali il Diapason d’Or nel 1992, il Premio Abbiati nel 1993 e il Premio Edison in Olanda nel 1994. Nel 2003 Alexander Lonquich ha formato, con la moglie Cristina Barbuti, un duo pianistico che si esibisce in Italia, Austria, Svizzera, Germania e Norvegia. Nei suoi concerti, inoltre, appare spesso nella doppia veste di pianista e fortepianista spaziando da C. Ph. E. Bach a Schumann e Chopin. Nel ruolo di direttore-solista, Alexander Lonquich collabora stabilmente con l’Orchestra da Camera di Mantova - con cui in particolare ha svolto un lavoro di ricerca e approfondimento tra il 2004 e 2007 sull’integrale dei Concerti per pianoforte e orchestra di Mozart - e tra le altre con l’Orchestra della Radio di Francoforte, la Royal Philharmonic Orchestra, la Deutsche Kammerphilarmonie, la Camerata Salzburg, la Mahler Chamber Orchestra, l’Orchestre des Champs Elysées e la Filarmonica della Scala di Milano. Si esibisce regolarmente per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, con la quale dalla stagione 2011/12 collabora anche come direttore-solista. Negli ultimi anni Alexander Lonquich è apparso in tutte le più importanti sale da concerto italiane: il Teatro Carlo Felice di Genova, il Conservatorio e il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro La Fenice di Venezia, il Teatro Regio di Parma, il Conservatorio di Torino, il Parco della Musica di Roma e molti altri. Dopo aver effettuato incisioni per EMI dedicate a Mozart, Schumann e Schubert, ha iniziato una collaborazione con la ECM registrando musiche del compositore israeliano Gideon Lewensohn ed un CD di musica pianistica francese dell’inizio del XX secolo con gli Improptus di Fauré, Gaspard de la nuit di Ravel e i Préludes di Messiaen. Recentemente ha inciso, sempre per ECM, la Kreisleriana e la Partita di Holliger. Alexander Lonquich, convinto che il sistema educativo in campo musicale sia da integrare e in parte da ripensare, si è impegnato intensamente nella conduzione di laboratori teatrali/musicali avvalendosi della collaborazione di artisti provenienti da linguaggi artistici diversi, tra le altre, particolarmente cara gli è stata l’esperienza del laboratorio Kinderszenen dedicato all’infanzia; ha tenuto masterclass in Europa, Stati Uniti ed Australia; ha infine collaborato in forma stabile con l’Accademia Pianistica di Imola e la Hochschule für Musik di Colonia. 14 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 15 NOTE AL PROGRAMMA Per quasi due secoli dopo la morte di Franz Schubert si è creduto che egli fosse un giovane compositore dall’animo gentile e sereno, vissuto a Vienna nella spensierata cerchia di amici artisti, componendo con ingenua semplicità centinaia di intime melodie. Questo quadro idilliaco purtroppo non si avvicina alla realtà, come è stato scoperto negli ultimi anni partendo dal fondamentale studio di Sergio Sablich intitolato “L’altro Schubert” (Torino, 2002, Edt). Franz era un ometto paffuto, occhialuto e ricciolino, ricordano gli amici, alto poco meno di un metro e sessanta, con un po’ di pancetta e le dita a salsicciotto, il viso infantile e l’aspetto simpatico tanto da guadagnarsi il nomignolo di “Schwammerl” (funghetto). Nella sua assai breve vita compose centinaia di musiche bellissime, considerate ancora oggi dei capolavori immortali, ma visse di infelicità e abbandoni, in serie difficoltà economiche e senza alcuna gloria. La costruzione di questo falso mito, quasi un sogno romantico, sulla vita di Schubert nacque poco tempo dopo la sua morte. Trent’anni dopo quel triste 19 novembre 1828 vennero contattati diversi amici e conoscenti del defunto. Ne nacque la prima biografia schubertiana, pubblicata nel 1865. Da lì in poi, fino alla fine del Novecento, fu una vera inondazione di letteratura sul compositore viennese: biografie, testimonianze, antologie, saggi, analisi, romanzi e film. Per questi numerosi documenti è sembrato di sapere tutto di Schubert. In realtà le testimonianze degli amici erano tentativi di protezione di una verità forse scomoda o ricordi sbiaditi di conoscenti ormai anziani e hanno dato origine a molti fraintendimenti sulla vera identità del musicista. Vero è che Schubert fu trascurato dalla società di Vienna e i suoi talenti furono largamente misconosciuti. Non ebbe cariche ufficiali ne’ impieghi stabili, non attirò su di sé l’attenzione dei circoli internazionali, non riscosse molti successi con gli editori, 16 non ebbe esecuzioni pubbliche importanti. Inoltre non ebbe mai ne’ una casa ne’ un pianoforte di sua proprietà (a onor del vero riuscì a comprare un pianoforte tutto suo nel marzo del 1828, solo otto mesi prima di morire). In questo modo, partendo cioè dai dati certi della biografia, si riesce a cogliere la vera psicologia del personaggio: un uomo difficilmente sereno e spensierato, segnato da una vita tutt’altro che facile ed ingenua, con un animo che nasconde luci ed ombre ancora non completamente svelate. Schubert cominciò a dedicarsi totalmente alla musica nel 1818, quando, all’età di ventun anni, riuscì a staccarsi dalla casa e dall’influenza paterna, che gli imponeva un futuro come maestro di scuola elementare. La sua carriera si avviò solamente tre anni più tardi, con la pubblicazione postuma del lied Erlkönig, lo stesso che Goethe aveva ignorato crudelmente. Ma ricchezza e notorietà erano lontane e non ebbe fortuna nemmeno con gli editori. Cominciarono così le sue peregrinazioni nelle case degli amici che lo ospitarono a turno, poiché non ebbe mai i soldi per affittare una stanza. Perché quando a Vienna, all’inizio del diciannovesimo secolo, sei musicista ma non sei famoso, allora fai la fame. Solo con l’esecuzione pubblica dell’Erlkönig da parte del baritono Johann Michael Vogl, in quell’unico concerto dedicato interamente alla sua musica il 26 marzo del 1828, il pubblico cominciò a parlare di “fine talento”, ma nulla di più. «Avrebbe ancora dovuto vivere per vedere come ora lo si festeggia – scriverà Schumann dieci anni dopo - questo lo avrebbe dovuto ispirare fino al massimo grado. Ora ch’egli riposa già da lungo tempo, raccoglieremo accuratamente ciò che ci ha lasciato dopo la morte; qualunque suo lavoro attesta il suo genio; poche opere hanno così impresso il sigillo del loro autore come le sue». Negli ultimi trent’anni del Novecento, sempre alla ricerca di una vera identità del personag- ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO gio, si parlò di una presunta omosessualità di Schubert. Questo spiegherebbe il mancato matrimonio e l’assenza di relazioni amorose importanti, come già sottolineato dai biografi che parlavano di una vita con eventi “non straordinari”, quasi “noiosa”. Forse proprio i racconti degli amici sulle romantiche simpatie con Therese Grob prima e Caroline Esterhàzy poi, non furono altro che un modo per nascondere una scomoda realtà, impronunciabile nella Vienna del primo Ottocento. Il programma che eseguirà Alexander Lonquich per l’apertura della nuova stagione dell’Associazione Filarmonica di Rovereto è interamente dedicato alla figura di Franz Schubert e presenta opere sccritte negli ultimi anni della sua vita. Esempio di brevità nell’universo schubertiano delle melodie infinite, la Melodia ungherese in si minore D 817 è un brano di pochi minuti che si basa su di una semplice linea melodica desunta da un canto popolare ascoltato durante un soggiorno a Zseliz, il secondo che l’autore trascorse presso il castello dei Conti Esterházy come insegnante di musica delle contessine. Composto il 2 settembre del 1824, il brano ritorna ciclicamente su una frase che nasce e muore in poche battute, costruita su una precisa cellula ritmica, ondeggiando tra il modo minore e il modo maggiore. Dopo pochi mesi Schubert trasporta questa melodia nella tonalità di sol minore e la utilizza per comporre il terzo movimento dell’opera D 818, il Divertimento all’ungherese per pianoforte a quattro mani, ampliandone però lo sviluppo e perdendone così quell’intimità vocale proporzionata al singolo esecutore. L’anno successivo, il 1825, Schubert riprende il discorso delle Sonate in un secondo momento creativo che segue quello del 1817, in cui aveva cominciato a sperimentarne la forma, e che precede gli ultimi grandi capolavori del genere maturati nel 1828, pochi mesi prima della morte. La Sonata in la minore D 845 è il primo lavoro ad essere pubblicato dopo ben dieci anni di frequentazione del genere e quat- tordici opere composte dall’autore. Fu l’editore Pennauer di Vienna a compiere l’importante passo e a pubblicarla con il titolo altisonante di “Première Grande Sonate”, il cui appellativo riassumeva la sua personale mira di guadagno come pure il grande desiderio di Schubert di raggiungere finalmente la tanto desiderata fama e notorietà. Dedicata all’arciduca Rodolfo d’Austria, allievo, amico e protettore di Beethoven, fu apprezzata dai contemporanei. Critici ed editori avevano riconosciuto in essa un carattere beethoveniano, un’affinità stilistica, se non addirittura un superamento, di colui che a Vienna, e non solo, era considerato il re indiscusso del genere sonatistico. Lo testimoniano le pagine dell’Allgemeine Musikalische Zeitung («probabilmente [la Sonata D 845] può essere paragonata soltanto alle più grandi e libere sonate di Beethoven») e lo aveva ribadito Schumann dieci anni più tardi sulla Neue Zeitschrift für Musik («[Schubert] ha specialmente come compositore per pianoforte qualcosa in più degli altri autori, e fra questi persino dello stesso Beethoven – in questo senso, cioè, che egli sa strumentare più pianisticamente, vale a dire che tutto risuona così intimamente, dalla profondità del pianoforte»). Parole che avrebbero riempito d’orgoglio e soddisfazione il timido Franz, che provava forte soggezione e grande rispetto per il musicista di Bonn e che non si sentì mai all’altezza del suo idolo. Nutriva una grande venerazione per Ludwig e nel 1827 aveva avuto l’onore di reggerne i cordoni della bara nel funerale solenne che la capitale austriaca gli predispose. Dieci anni prima gli aveva anche dedicato un pezzo a quattro mani, le otto Variazioni su un canto francese D 624, «da parte di Franz Schubert, suo devoto ammiratore». Non mancano gli aneddoti riguardanti questa dedica. Anton Schindler, amico e primo biografo di Beethoven, racconta dell’incontro avvenuto tra i due per intercessione dell’editore Diabelli. In quell’occasione il giovane compositore, senza mai alzare lo sguardo o proferire parola, consegnò a Beethoven le Variazioni dedicategli. Ludwig, dopo STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 17 aver letto lo spartito, gli fece notare un’inesattezza armonica e Franz, di conseguenza, se ne fuggì preso dall’ansia. Certo è che Beethoven, sul letto di morte, ricevette da Schindler alcuni Lieder di Schubert e trovandoli interessanti pronunciò tali parole: «In questo Schubert c’è davvero la scintilla divina!». Più che riconoscere lo stile beethoveniano nelle ultime sonate composte nel 1828, si può dire che Schubert abbia proseguito nel suo personale linguaggio, quasi complementare ai tratti peculiari del grande compositore tedesco. Il primo movimento della Sonata in la minore, sebbene apra con fare tempestoso, si stempera immediatamente in una tragicità più riflessiva che bellicosa, continuando ad interrompere qualsiasi aggressività, sentimento del tutto alieno nell’animo schubertiano. Ciò viene confermato nel movimento successivo, l’Andante poco mosso, costruito come una serie di piacevoli variazioni su un tema dolcissimo. Al suo interno ci sorprende un momento di pathos, nella terza variazione in do minore, ma ciò non cambia l’atteggiamento generale ed anzi dona un velo malinconico al tutto. Rincorrendo le battute iniziali dello Scherzo, si giunge nuovamente ad un’isola di serenità che è disegnata dal Trio in fa maggiore. Chiude la sonata un quarto tempo in forma di Rondò, quasi un movimento perpetuo alla ricerca di qualcosa, come fosse l’incipit di un nuovo viaggio piuttosto che il punto d’arrivo di un cammino. La Sonata in si bemolle maggiore D 960 nasce nel mese di settembre del 1828. Schubert è malato da tempo e si è appena trasferito a casa del fratello Ferdinand. Nonostante le condizioni di salute vadano peggiorando, lo slancio creativo di questi mesi non si ferma e in poche settimane, accanto al Quintetto per archi D 956, scrive ben tre sonate. Probabilmente intendeva queste tre opere pianistiche - la Sonata in do minore D 958, la Sonata in la maggiore D 959 e la Sonata in si bemolle maggiore D 960 come un ciclo unico, come farebbe pensare la lettera che scrisse all’editore Probst ai primi di ottobre comunicandogli l’intenzione di appor18 re un’unica dedica a Hummel. Probst non era poi così interessato alle musiche di Schubert e l’improvvisa scomparsa dell’autore fece cadere il progetto. Occorrà aspettare dieci anni per vederle pubblicare da Diabelli con una dedica a Schumann, decisamente più alla moda in quei tempi rispetto ad un Hummel anche lui ormai defunto. Dopotutto proprio Schumann tesseva le lodi del compianto Schubert sulle pagine della sua rivista e così parlava della sua ultima sonata: «mentre in genere egli chiede tanto allo strumento, qui rinuncia volontariamente ad ogni novità brillante ed arriva ad una semplicità di invenzione ben più grande: altrove egli intreccia nuovi legami di episodio in episodio, qui invece distende e dipana alcune idee musicali generali. Così la composizione scorre mormorando di pagina in pagina, sempre lirica, senza mai pensiero per ciò che verrà, come se non dovesse mai arrivare alla fine, interrotta soltanto qua e là da fremiti più violenti che tuttavia si spengono rapidamente». Anche questa Sonata, come le due che la precedono, si presenta con un’ampiezza notevole ed è formata da quattro movimenti. I diversi tempi sono però accomunati da un’unica atmosfera, un velo onirico che li rende ricordo, li allontana dalla realtà e da una qualsiasi possibilità d’intervento. Se nei trilli della mano sinistra al registro grave, che compaiono nel Molto moderato, si vuole leggere un gesto profetico alla Beethoven, di questi manca la concezione che sta alla base della sua musica, ossia il solido rapporto tra causa ed effetto, quella dialettica che genera qualsiasi costruzione beethoveniana. In Schubert la sintassi musicale, le idee tematiche, le armonie si muovono in senso circolare e lineare. Non c’è nulla di eroico, tutto è come sospeso, tutto cammina ma non si muove, tutto è ricoperto da un velo malinconico. Nella continua ricerca della personalità schubertiana, non ci resta che concludere con il musicologo Christofer H. Gibbs, dicendo che «l’immagine di Schubert cambia in risposta alla cultura che lo percepisce. Lo Schubert Biedermeier, lo Schubert Romantico, ed ora ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO uno Schubert Postmoderno non sono altro che creazioni dei momenti in cui ci si avvicina ai documenti storici e alle composizioni musicali, con aspettative diverse, alla ricerca di nuove informazioni e ponendosi domande differenti. Dobbiamo resistere all’erronea e nostalgica credenza che il passato possa aver compreso meglio Schubert poiché vicino a lui, così come dobbiamo resistere al pericolo di pensare che la visione del giorno d’oggi sia più profonda semplicemente perché può attingere ad una più ampia gamma di documentazione ed opere musicali. Le distorsioni sentimentali sulla vita e sulla musica di Schubert, sul palcoscenico e sullo schermo, riflettono all’ultimo qualcosa dell’allegria e convivialità Biedermeier, che è stata sempre più sostituita, nell’era Postmoderna, da un’immagine più complessa di un sofferente e nevrotico “povero” Schubert (“Poor Schubert”: images and legends of the composer, in Schubert, a cura di C. H. Gibbs, Cambridge University Press, 2004)». STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 Monique Ciola 19 SALA FILARMONICA MERCOLEDì 6 novembre 2013 - ore 20.45 QUARTETTO HERMÈS Omer Bouchez, violino Liu Elise Elie, violino Chang Yung-Sin, viola Anthony Kondo, violoncello Claude Debussy Quartetto in sol minore op. 10 (1862-1918) Animé et très décidé Assez vif et bien rythmé Andantino, doucement expressif Très modéré - Très mouvementé et avec passion Henri Dutilleux Ainsi la nuit ( 1976) (1916-2013) MAURICE RAVEL Quartetto in fa maggiore (1875-1937) Allegro moderato Assez vif, très rythmé Très lent Vif et agité 20 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA Il Quartetto in sol di Debussy e quello in fa di Ravel, malgrado la distanza di undici anni che li separa e l’ovvia considerazione delle due diverse personalità artistiche, vengono spesso guardati come strettamente imparentati per via di una cert’aria di familiarità che li caratterizzerebbe. La rara occasione di ascoltarli nella stessa serata potrà confermare o confutare questa ipotesi interpretativa. Si tratta in entrambi i casi di lavori innovativi per l’epoca, distanti tanto dai modelli austrotedeschi dominanti per tutto l’Ottocento quanto dai modelli francesi di César Franck e Gabriel Fauré, seppure la forma ciclica con le sue ricorrenze tematiche continuamente variate si riveli ancora una tecnica spendibile nell’organizzazione interna. Di impronta francese è poi il fattore di sensualità sonora, che si pone come elemento fondativo della concezione generale. In Debussy (1893) l’impianto modale che s’impone fin dall’enunciazione del temaguida nelle primissime battute è responsabile dell’aura arcaica che permea tutto il componimento e questo fa capire come la conquistata libertà avesse molto a che fare con l’affrancamento dall’obbligatorietà dei percorsi tonali della tradizione. Questo inciso tematico cui si addice il termine di arabesco ricorrerà lungo tutti e quattro i movimenti, ogni volta trasformato per l’impatto con altre idee musicali che introducono armonie cangianti, microvariazioni ritmiche, sfumature coloristiche. I percorsi motivici, sempre molto fluidi, portano a volte ad espansioni passionali ed ampliamenti dinamicamente rilevanti; e tuttavia il fiorire delle idee musicali va a comporsi entro una struttura formale sicuramente concisa nel suo insieme. L’esempio raveliano (1904) ha marca più spiccatamente novecentista nella qualità degli elementi stilistici ed espressivi adottati, da cui le sottigliezze di fraseggio, la cura delle calibrature timbriche, la finezza delle combinazioni armoniche impreziosite dalle ombre modali che lo percorrono: il tutto senza ricorrere ai comuni espedienti di contrasto dialettico per creare particolari tensioni emotive, ma al contrario perseguendo l’ideale di una certa unitarietà di fondo. Una qualche analogia con il Quartetto di Debussy si può riscontrare nell’ordine e nella rispettiva funzione dei movimenti, come avviene ad esempio nel secondo (Assez vif Très rythmé) con le suggestioni gamelan dei pizzicati, e nel terzo (Très lent) con la tinta notturna, estatica e talora misteriosa che lo pervade. In più svela una qualità sonora complessivamente meno addensata e dunque tendente all’etereo, ma non nel Finale, che sa attingere a una notevole energia di gesto. Intercalata ai due lavori maggiori sarà eseguita un’opera di Henri Dutilleux risalente al 1976 e pertanto espressiva di un linguaggio del tutto diverso per concezione generale. Il titolo evocativo voluto dall’Autore (Ainsi la nuit) pone il brano in una sfera quasi programmatica o quantomeno poeticamente ispirata, seppure la tematica della notte, così cara ai romantici, abbia lasciato indietro ogni residuo emotivosentimentale per farsi luogo di astrattezze e di percorsi a geometrie cangianti. La volontà dell’autore è di creare un orizzonte sonoro spaziato e dotato di forza tensiva in cui le quattro voci del complesso strumentale, non più interessate alla compattezza dello stile dialogante, si frantumano in fraseggi e intarsi che ne evidenziano la completa autonomia e indipendenza. Se ne producono sovente delle atmosfere algide, che però non si fissano in passive immobilità meditative ma al converso sono innervate da una forza interna continuamente rinnovata. Brano di difficilissima esecuzione, è un esempio notevole di come la scrittura quartettistica possa trovare il modo di adeguarsi e dar risposta alle esigenze dei nostri tempi. STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 Diego R. Cescotti 21 Il Quartetto Hermès si è costituito nel 2008 grazie all’impulso di quattro giovani studenti del Conservatorio Nazionale di Lione, allievi di Zoltan Toth e Reiko Kitahama del Quartetto Ravel. L’identità musicale del gruppo e la complicità dei suoi membri si affermano accanto a Miguel da Silva, sostenitore della prima ora ( Accademia musicale di Villecroze, Accademia Ravel di Saint Jean de Luz, Festival del quartetto d’archi nei paesi di Fayence ) e al Quartetto Ysaÿe (Festival di Flaine) così come l’aiuto di Eberhard Feltz, di Arnold Steinhardt (Quartetto Guarneri), Valentin Erben, Hatto Beyerle (Quartetto Alban Berg) e le frequantazioni di Walter Levin, contribuiscono all’arricchimento umano e musicale del quartetto. Fin dai primi anni, i quattro interpreti si sono esibiti spesso per il Festival d’Epau, per la Salle Molière nel corso delle Musicades di Lione, all’interno della stagione culturale Bayer in Germania, al Festival di Radio France. Invitato dal violinista Gidon Kremer, si è potuto ascoltare l’Hermès in Austria al celebre Festival di Lockenaus con la violista Kim Kashkashian e con i membri della Kremerata Baltica e su France Musique in diretta nel corso della trasmissione “ Generazione di Giovani Interpreti”. 22 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Nell’ottobre 2009 la formazione ottiene il primo premio al Concorso Internazionale di Musica da Camera di Lione, il Premio speciale per l’interpretazione del quartetto “Ainsi la nuit” di Henri Dutilleux, i premi della stampa e del pubblico e il premio Bayer Cropscience. Nell’aprile 2010, a Parigi, viene conferito al quartetto il primo premio al Concorso Europeo per gruppi da camera FNAPEC (Parigi) e nel 2011 sono altresì premiati dall’Accademia Ravel. Nel novembre 2011, dopo molti anni di assenza di un vincitore, il quartetto si vede attribuire il primo premio al Concorso Internazionale di Ginevra, assieme al premio speciale Coup de coeur Breguet che prevede la registrazione di un disco nel corso dell’anno 2012. Il Quartetto Hermès si sta perfezionando attualmente con il Quartetto Artemis all’Università delle Arti di Berlino e con il Quartetto Ysaye al CRR di Parigi e nel Novembre 2012 ha ottenuto il primo premio al Young Concerts Artists Auditions di New York, celebre istituzione non-profit americana che ha scoperto e lanciato le carriere di molti famosi interpreti della musica classica nel mondo: fra i quartetti d’archi hanno ottenuto lo stesso riconoscimento il Quartetto di Tokyo, il Borromeo e il St. Lawrence. STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 23 SALA FILARMONICA MARTEDÌ 19 NOVEMBRE 2013 - ore 20.45 TRIO BROZ Barbara Broz, violino Giada Broz, violino Klaus Broz, violoncello TANG’JOK (THEM) LUIS BAKALOV Trio per archi (2010)* (1933 ) Moderato Allegro Allegro vivace MANUEL MARIA PONCE Trio para violin, viola y violoncello (1882-1948) Allegro non troppo, espressivo Minuetto Canción Rondò scherzoso AZIO CORGHI Tang’Jok (Them)* (1937) A tempo di tango HEITOR VILLA-LOBOS Trio (1945) (1887-1959) Allegro Andante Scherzo Allegro preciso e agitato *Dedicato al Trio Broz 24 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 25 Il Trio Broz è composto dai fratelli Barbara (violino), Giada (violino e viola), Klaus (violoncello). Hanno iniziato a suonare insieme nel 1993 sotto la guida di docenti del Mozarteum di Salisburgo, completando poi la loro formazione cameristica diplomandosi col massimo dei voti in musica da camera sia presso l’Accademia di Santa Cecilia a Roma con il Maestro Rocco Filippini, sia magna cum laude presso la Scuola di Musica di Fiesole, sotto la guida dei Maestri Piero Farulli, Andrea Nannoni e Milan Skampa. Vincitore di vari concorsi e premi nazionali ed internazionali, il Trio Broz annovera al suo attivo ormai più di 500 concerti sia in Italia che all’estero (Austria, Germania, Olanda, Spagna, Inghilterra, Penisola Balcanica, USA, America Centrale, Africa, Cina) e varie tournèe (Messico, Guatemala, Nicaragua, Germania, ecc.). Hanno partecipato per ben tre volte di seguito al Festival delle Arti di Harare (Zimbabwe) dal 2008 al 2010, nel novembre 2009 si sono esibiti nel loro primo tour in Cina. Ospiti live di trasmissioni radiofoniche italiane, austriache, tedesche e inglesi (Rai Radio3, ORF, Bayrische Rundfunk, BBC Radio3, Radio FM) sono stati intervistati per programmi televisivi in Italia, Penisola Balcanica, Germania e Paesi Bassi. Vari sono i compositori contemporanei che hanno dedicato opere al Trio Broz, che annovera nel suo repertorio anche opere di Ennio Morricone, Andrè Abujamra, Fausto Sebastiani, Luis Bacalov, Azio Corghi. Oltre a varie collaborazioni, il Trio ha registrato 4 CD. Dopo la pubblicazione di successo delle Variazioni Goldberg di Bach nella versione per archi dell’illustre violista italiano Bruno Giuranna ed il CD Divertimento per la Universal Music Group (2011), con il 2013 il Trio ha avviato la collaborazione con Sony Classical con il CD Tang’Jok (Them), progetto ambizioso in cui a ritmo di tango i tre musicisti propongono al pubblico opere di celeberrimi autori del Novecento e contemporanei. 26 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA Manuel Maria Ponce (Fresnillo, 8 dicembre 1882 - Ciudad de Mexico, 24 aprile 1948), compositore messicano della prima metà del Novecento, approfondì la sua formazione musicale in Europa, studiando pianoforte con Martin Krause a Berlino, composizione con Marco Enrico Bossi a Bologna e poi ormai quarantenne con Paul Dukas a Parigi. La sua produzione, variamente ispirata al folclore indo-messicano ha contribuito all’affermarsi del nazionalismo musicale in Messico, di cui è considerato il capostipite. Il suo Trio para violin, viola y violoncello, dedicato ai tre fratelli Cecile, Carlos e Carlitos Prieto, presenta in maniera chiarissima il suo stile, strutturalmente imperniato sulla tradizione musicale europea (il primo movimento è in forma sonata, il secondo movimento è un Minuetto, il finale un Rondò) ma tematicamente ispirato a motivi ispano-americani: ne è un esempio lampante il terzo tempo, Canción, in cui i tre strumenti cantano alternativamente il languido tema di una serenata. Titolare del corso di “Composizione di musica per film” presso l’Accademia Chigiana di Siena, docente presso l’Accademia di cinema ACT MULTIMEDIA a Cinecittà a Roma, Luis Bacalov (Buenos Aires 1933) è annoverato fra i più illustri compositori viventi. Originario argentino e naturalizzato italiano, è rinomato principalmente come compositore di musica da film (Premio Oscar per le musiche del film Il postino, 1995). Nel 2010 egli si è dedicato anche alla stesura del suo primo trio d’archi, dedicato al Trio Broz. In questo pezzo, apparentemente in 3 movimenti, ma in realtà diviso in vari episodi collegati tematicamente e idealmente in una forma ciclica, si alternano umorismo e cantabilità quasi romantica. Ritmiche irregolari costellano un discorso di microstrutture che si combinano in un’unità di pensiero tutt’altro che frammentata. Heitor Villa-Lobos (Rio de Janeiro, 5 marzo 1887 - Rio de Janeiro, 17 novembre 1959)scrisse il trio per archi a Rio de Janeiro, in seguito al suo ritorno definitivo in patria. Egli scrisse ben 17 quartetti per archi, ma un solo trio, nel quale sperimentò la distribuzione della sua scrittura densa e ritmicamente complessa su solo tre strumenti. Il suo Trio vide la luce nello stesso periodo del quartetto n.8 e 9 e delle Bachianas Brasileiras n.5 e 9. Il confronto con Bach lo spinge ad un forte intento polifonico ed al contempo alla composizione di ritmiche brasiliane tramite la sovrapposizione di interventi ben distinti da parte delle varie voci. Atmosfere sognanti e timbriche impalpabili si alternano a passaggi trascinanti in cui, più dei dei quartetti, egli si spinge fino ai confini della propria concezione musicale. “[Il programma ...] se da un lato rivela non pochi legami con le tradizioni europee [...], d’altro canto assorbe gli echi delle radici originarie, ne accoglie l’estrema varietà ed interpreta la dispersione espressiva come ricchezza irrinunciabile.” STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 A.Z, L’Eco di Mantova, mercoledì 20 aprile 2011 27 SALA FILARMONICA VENERDÌ 29 NOVEMBRE 2013 - ORE 20.45 I FIATI SOLISTI DELL’ORCHESTRA HAYDN Francesco Dainese, flauto Gianni Olivieri, oboe Fabio Righetti, oboe Stefano Ricci, clarinetto Andrea Brazzo, clarinetto Flavio Baruzzi, fagotto Andrea Racheli, fagotto Andrea Cesari, corno Alexander Perathoner, corno WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756-1791) 28 Le Nozze di Figaro (Elaborazione per strumenti a fiato di J. Wendt) CHARLES GOUNOD (1818-1893) Petite Symphonie PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ (1840-1893) Trio in la minore op. 50 Lo Schiaccianoci, Suite (elaborazione A. Chenna ) ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA MERCOLEDì 4 DICEMBRE 2013 - ore 20.45 SARA CAZZANELLI clarinetto FEDERICA BORTOLUZZI pianoforte EDGAR CARACRISTI (1972) Danzando con un amico JOHANNES BRAHMS Sonata in fa min. op.120 n.1 (1833-1897) Allegro appassionato Andante un poco adagio Allegretto grazioso Vivace CLAUDE DEBUSSY (1862-1918) Première Rhapsodie FRANCIS POULENC Sonata in si bem. magg op.184 (1899-1963) Allegro tristamente Romanza Allegro con fuoco STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 29 30 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 31 Sara Cazzanelli è nata nel 1991, si è diplomata con lode in clarinetto nel 2011 sotto la guida del M° Lorenzo Guzzoni presso il Conservatorio F. A. Bonporti di Riva del Garda, dove attualmente frequenta il Biennio specialistico - Clarinetto solistico. Ha frequentato il corso speciale di musica da camera presso la Scuola di Musica di Fiesole sotto la guida di Bruno Canino con la pianista Federica Bortoluzzi. Ha partecipato a masterclasses in Italia e all’estero con docenti come A. Sundén, M. Bekavac, Y. Gilad, J. Peitz, G. Pretto, C. Giuffredi, P. Borali, J. E. Lluna; è stata recentemente ammessa al Master di specializzazione orchestrale presso il Royal College of Music di Stoccolma. Nel 2013 è stata membro dell’Orchestra dello Schleswig Holstein Musik Festival, formata da giovani musicisti provenienti da tutto il mondo, sotto la direzione dei Maestri K. Urbański e C. Eschenbach. È stata primo clarinetto dell’Orchestra Giovanile Italiana (2011/2012), dove ha suonato sotto la direzioni di Maestri come R. Muti, A. Fish, J. Axelrod, M. Brunello, D. Russel Davies. Ha collaborato con l’Orchestra Haydn di Trento e Bolzano, l’Orchestra Regionale Toscana e l’Orchestra Giovanile Cherubini. Ha suonato in varie formazioni cameristiche, con musicisti tra cui G. Pretto (primo flauto, Orchestra Nazionale della Rai), A. Lucchesini, P. De Maria. Nel 2010 ha vinto il primo premio al Concorso internazionale per clarinetto G.Tassis e il secondo premio al Concorso strumentistico nazionale di Giussano. Studia inoltre Lettere classiche presso l’Università di Trento. Federica Bortoluzzi è nata a Milano, ha iniziato lo studio del pianoforte a sei anni, crescendo dapprima alla scuola di Alberto Colombo per poi studiare e diplomarsi nel 2006 con il massimo dei voti e la lode al Conservatorio G. Verdi di Milano. Si è perfezionata presso la Scuola di Musica di Fiesole sotto la guida di M° Maria Tipo, guadagnandosi la Borsa di Studio R.Serkin. Si è laureata col massimo dei voti al Biennio di specializzazione di pianoforte, presso il conservatorio L. Marenzio di Brescia, con una tesi sul rapporto della Musica e della Natura nell’opera di Debussy e Ravel. Dal 2010 studia col M° Andrea Lucchesini al Corso Speciale di Perfezionamento e al Corso Speciale di Musica da Camera tenuto dal M° Bruno Canino presso la Scuola di Musica di Fiesole. Nel corso dei suoi studi ha partecipato come allieva effettiva a Masterclasses tenute da A. Ciccolini, B. Petrushianskj, C. Katsaris, P. Bordoni, J. M. Luisada, con il M° Cecchetti per il fortepiano e col M° G. Corti per la musica da camera. Sin dall’inizio della sua attività ha vinto numerosi Primi premi in Concorsi nazionali e internazionali come: Camillo Togni; il Concorso internazionale di Ancona; Premio F. Schubert di Racconigi; Premio Crescendo 2012 (Firenze); Premio Maurizio Zana 2011 per la migliore interpretazione di brani di Franz Liszt, nell’ambito del Concorso Premio Nazionale delle Arti 2011, Premio Marenzio 2012; finalista al Concorso Internazionale Pecàr di Gorizia. Si è esibita sia nelle principali città italiane per diversi enti ed associazioni musicali ( AGIMUS, MiTo) sia all’estero, in particolare: in Canada nella Stagione Concertistica presso la Playhouse di Vancouver; in Grecia. Nell’ambito della rassegna di concerti dedicati a Franz Liszt, , ha debuttato in Toscana con l’esecuzione del Concerto n.2, con l’Orchestra Regionale della Toscana, diretta da Carlo Goldstein. Ha registrato per Radio Classica musiche di F. Chopin per la trasmissione Il Pianista. Ha tenuto, ancora nel 2011, un Concerto-Conferenza sul tema “Letteratura pianistica di Liszt nel bicentenario dalla nascita”, presso l’Istituto superiore di Studi Musicali Toscanini di Ribera (Sicilia). 32 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA È con queste parole che il compositore e artista Edgar Caracristi ci invita a prendere parte in prima persona alla sua Danza tripartita in la minore: “Danzando con un amico vorrebbe essere un messaggio d’amore e di gratitudine rivolto alle persone care che non sono più tra noi nei modi consueti. Un messaggio che non può essere fatto di parole ma che è carico di “necessità”, di anelito alla condivisione, di “ricordi” che affiorano e ci abbracciano da sempre. Per chi ascoltando sentirà il bisogno di vedere, toccare e annusare, questo piccolo brano potrà essere una lacrima di sale in mezzo al vento, un luogo senza nome dove i cuori si ri- incontrano, si riconoscono e si mettono a danzare.” “Due modeste sonate con pianoforte”: così Johannes Brahms, in una lettera all’amico clarinettista Mühlfeld, definì due composizioni che sarebbero presto diventate pietre miliari della letteratura per clarinetto: l’op.120 n.1 e 2 ; i due capolavori risalgono al 1894, e devono la loro genesi al talento e alla musicalità fuori dal comune di Mühlfeld, che colpirono il compositore al punto di dissuaderlo dal dichiarato intento di cessare l’attività creativa. Brahms fu attratto dalle possibilità timbriche del clarinetto, in grado di produrre sonorità calde ed espressive, ed evocare atmosfere di intima e profonda serenità, così come di riflessiva malinconia. La Sonata op. 120 n°1 in fa minore si mantiene fedele alla tecnica caratteristicamente brahmsiana della rielaborazione motivica; i temi, così come l’unitarietà della stessa macrostruttura, sono generati dalla variazione, dallo sviluppo continuo di cellule melodicointervallari. Tra queste la principale è costituita dall’incipit stesso dell’Allegro Appassionato, costruito sull’intervallo di terza, radice di altri capolavori come la Quarta sinfonia. La Sonata è permeata di romantico struggimento, di Sensucht; spiccano pennellate elegiache come l’Andante un poco Adagio; troviamo l’attaccamento al popolare nell’Allegretto grazioso; mentre nel Vivace conclusivo si sprigiona una frizzante e giocosa energia: con queste suggestioni, e con quelle che sono proprie dell’op.120 n° 2, Brahms chiude la sua produzione cameristica, affidandone il suggello alla “Fräulein Klarinette”, la “Signorina Clarinetto”: così a lui piacque chiamarlo. La seconda parte del programma si concentra su due capolavori della letteratura francese del Novecento. La Première Rhapsodie fu commissionata a Claude Debussy nel 1909 come brano da concorso per la classe di clarinetto del Conservatorio di Parigi; presenta infatti svariate difficoltà tecniche, volte a mettere alla prova le capacità dell’esecutore e mostrarne il virtuosismo, soprattutto timbrico e dinamico. Scrive Guy Dangain: “La Rhapsodie per clarinetto di Debussy è seducente, capricciosa, poetica. I diversi registri dello strumento sono sfruttati in tutte le risorse sonore ed espressive.” Lungi dall’essere un semplice esercizio di bravura, essa è al contrario come un affresco impressionista, poetico e suggestivo, sempre aperto ad un rapsodico imprevisto, come un guizzo di luce sulle onde del mare. L’ambiente ispiratore della produzione di Francis Poulenc è la Parigi novecentesca dei cabaret, dei café-concert, capitale degli artisti (si pensi all’importanza del cosiddetto Gruppo dei Sei, tra i quali lo stesso Poulenc). La Sonata per clarinetto e pianoforte, dedicata ad Arthur Honegger, fu completata nel 1962; è una delle sue ultime composizioni. Poulenc morì prima che il pezzo fosse pubblicato, e lasciò così agli editori il compito di sistemare alcune note ambigue, le dinamiche e le articolazioni. Il primo movimento, Allegro tristamente, contrasta una scrittura graffiante e un carat- STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 33 tere scherzoso, quasi ironico, con la sezione centrale lenta, Très calme, dolcemente monotona, di carattere contemplativo. Nel 1956 era già stato composto il movimento lento, pubblicato indipendente come Andantino tristamente; è un movimento dolce e malinconico che risente dell’influenza della musica da café-concert. Una volta composti gli altri due movimenti, l’Andantino donò il suo at- 34 tributo “tristamente” al primo movimento, ed esso prese l’attuale titolo di Romanza. Il terzo movimento, Allegro con fuoco, disperde la malinconia del secondo, grazie al suo carattere frizzante ed energico: conclude, appunto, “con fuoco” un’opera ricca di diverse atmosfere e contrastanti sonorità. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Sara Cazzanelli SALA FILARMONICA GIOVEDÌ 12 DICEMBRE 2013 - ORE 20.45 ORCHESTRA HAYDN Hansjörg Albrecht, direttore Musiche di: W. A. Mozart J. S. Bach STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 35 SALA FILARMONICA SABATO 11 GENNAIO 2014 - ore 20.45 ADRIANO DEL SAL chitarra GIULIO REGONDI Reverie, notturno op. 19 (1822-1872) AUGUSTÍN BARRIOS (1855-1944) Mazurka Apasionada JOAQUÍN RODRIGO (1901-1999) Invocacion y danza (Homenaje a Manuel de Falla) Gavota al estilo antiguo Choro de Saudade FEDERICO MORENO TÓRROBA Piezaz Caracteristicas (1891-1982) Preambulo Oliveras Melodia Albada Los Mayos Panorama JOHANN SEBASTIAN BACH (1685-1750) 36 Preludio, Fuga, Allegro BWV 998 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 37 Adriano del Sal è nato a Lignano Sabbiadoro (Udine), ha iniziato lo studio della chitarra sotto la guida di Stefano Viola al Conservatorio Jacopo Tomadini di Udine dove, nel 1999, si è diplomato con Guido Fichtner guadagnandosi il massimo dei voti e la lode. Ha contemporaneamente frequentato le lezioni all’Accademia Francisco Tàrrega di Pordenone perfezionandosi con Stefano Viola e Paolo Pegoraro. Si è poi perfezionato con D. Russell, M. Barrueco, S. Grondona, A. Gilardino, A. Ponce e C. Marchione. Adriano ha messo d’accordo le giurie di importanti concorsi nazionali ed internazionali vincendo ben 12 primi premi, tra questi: Certamen Francisco Tarrega (Premio del pubblico e per la miglior interpretazione dell’opera di Tarrega) a Benicasim, Spagna; Benvenuto Terzi di Bergamo, Nicola Fago di Taranto, Castelnuovo Tedesco di Parma, Ragusa (vincitore assoluto di tutte le categorie strumentali), Isernia, Jaen (Spagna). La vincita del concorso internazionale Julian Arcas di Almeria (Spagna) gli ha dato la possibilità di incidere il suo primo CD solistico per la RTVE (Radio Television Espanola). Nel 2003 ha ricevuto, nell’ambito del Convegno Internazionale di Alessandria, il prestigioso riconoscimento La Chitarra d’oro quale miglior giovane concertista dell’anno a livello internazionale. Nel 2004 è risultato vincitore del prestigioso concorso Michele Pittaluga, Premio città di Alessandria aggiudicandosi la medaglia d’argento del Presidente della Repubblica italiana Svolge una intensa attività concertistica che negli ultimi anni lo ha visto invitato nei maggiori festival internazionali in Italia, Spagna, Belgio, Austria, Germania, Slovenia, Croazia, Montenegro, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Russia, Corea del Sud, Canada. Ha inoltre interpretato il Concierto de Aranjuez di J.Rodrigo nella Sala della Filarmonica di San Pietroburgo e ha rappresentato la Regione Friuli Venezia-Giulia in Ucraina, suonando nella prestigiosa Sala delle Colonne della Filarmonica di Kiev. E’ docente presso le accademie di perfezionamento F.Tarrega di Pordenone e Stupor Mundi di Palermo, al Liceo Musicale C. Percoto di Udine e dal 2012 è Professore presso l’ Universität für Musik und darstellende Kunst a Graz, Austria. è spesso invitato come membro di giuria in importanti concorsi internazionali e tiene masterclasses presso varie Istituzioni musicali e festival di chitarra. Incide per la etichetta discografica Naxos. Suona una chitarra del liutaio tedesco Matthias Dammann. David Russell, nell’ambito di un’intervista in un’importante rivista specializzata, lo ha citato tra i migliori giovani concertisti del momento. 38 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA Giulio Regondi “Reverie” notturno op.19 (Ginevra, 1822- Londra, 1872) Di nazionalità incerta, fù un vero e proprio enfante prodige della chitarra. Le stampe dell’epoca di Parigi e Londra elogiarono le doti del bambino Regondi che a soli sette anni suonava in pubblico con la sicurezza di un interprete maturo. La scarsa fortuna della chitarra in epoca romantica, dominata dall’arte dei grandi maestri del pianoforte, gli impedì di cavalcare la celebrità. Venne considerato un musicista geniale sia dal grande pubblico che dai critici più esigenti. Per chitarra scrisse dieci studi e sei pezzi da concerto tra questi la “Reverie” un brano dal carattere intimista e blandamente sentimentale dove risulta originalel’uso di tecniche compositive che Regondi porta al massimo grado espressivo: la melodia nel registro medio-grave (che ricorda la mano sinistra nel pianoforte) e il tremolo (tecnica che emula le note ribattute tipiche del mandolino). Joaquin Rodrigo (Sagunto, 1901-Madrid, 1999) Compositore spagnolo della provincia di Valencia, cieco dall’età di quattro anni, è noto universalmente per il “Concierto de Aranjuez” per chitarra e orchestra. Studiò dapprima in Spagna con Eduardo Lopez Chavarri e in seguito divenne allievo di Paul Dukas a Parigi. Fù anche un egregio pianista. Rodrigo si riconosce in quella corrente musicale detta “neocasticismo” ossia una neoclassicismo nazionale o meglio regionale, cioè castigliano. Fondamentale per Rodrigo è l’interesse per la musica antica spagnola degli autori quali Scarlatti, Soler, Milan, Sanz. Uno dei suoi pezzi più impegnativi ma anche più famosi è Invocacion y danza (Homenaje a Manuel de Falla). Fu scritto nel ’62 per il concorso di composozione chitarristica bandito da Radio France, in cui ricevette il primo premio. Vengono citati vari temi tratti dai capolavori del Maestro De Falla in particolar modo dal famoso balletto El amor Brujo. Augustin Barrios “Mangorè” (San Juan Bautista, 1885- El Salvador, 1944) Chitarrista e compositore Paraguaiano, è una delle figure più importanti della chitarra tardoromantica di carattere nazionalista latino-americano. Nella sua opera troviamo infatti quasi tutti i tratti caratteristici delle scuole nazionali: folclorismo, intimismo,descrivittimismo pittorico. Nell’ispirarsi al folclore, non si limitò a quello del suo paese ma, come nel caso del Choro de Saudade, attinse dalla musica brasiliana. è un brano pieno di struggente pathos, malinconico, ispirato appunto ai choros (dal portoghese piangere) gruppi di musicisti improvvisatori di strada brasiliani. Nella maniera intimista, Barrios si accosta ai modelli europei (ad esempio Chopin) come nel caso della splendida Mazurka Apasionada, e alla musica barocca come nella piacevolissima Gavota al estilo antiguo. Federico Moreno-Torroba (Madrid, 1891-1982) Fu allievo di Conrado del Campo, insegnante della maggior parte dei compositori spagnoli della prima metà del Novecento. Fin da giovanissimo si dedicò a quella sorta di operetta lirico-drammatica spagnola nella quale ebbe ben pochi rivali: la Zarzuela. La sua celeberrima opera Luisa Fernanda è considerata tuttora un punto di riferimento per questo genere. La fortuna che incontrò grazie a questo genere, fu tale da indurlo a tralasciare la musica da camera e sinfonica. Fece un’unica eccezione: compose per chitarra. Fu infatti il primo compositore che rispose alla richiesta di Andres Segovia, di scrivere per chitarra. Nacque così una Danza che in seguito assieme al Fandanguillo e Arad, formò la Suite Castellana. Segovia riconobbe il ruolo fondamentale che ebbe Torroba per la rinascita della chitarra. STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 39 Da li in poi numerosi importanti compositori si interessarono alla chitarra ampliandone il repertorio. Le Piezas Caracteristicas, una suite in sei movimenti, sono tra i lavori più importanti che il compositore madrileno ha scritto per chitarra. Johann Sebastian Bach (Eisenach, 1685 - Lipsia, 1750) Bach non scrisse mai per chitarra e non si sa se ebbe mai l’occasione di ascoltare un chitarrista (all’epoca era uno strumento a cinque corde doppie). Nonostante ciò fin dai primi esempi 40 di trascrizione delle opere per liuto, violino ecc del grande di Eisenach ad opera di Tarrega, parecchie sue composizioni fanno parte del repertorio di moltissimi chitarristi. Scrisse invece per Liuto, strumento che ebbe grande popolarità nel 1500 ma che all’epoca di Bach iniziava a declinare soppravivendo proprio in Germania. Tra le opere liutistiche figura il trittico Preludio, Fuga e Allegro (BWV 998) in Mib Maggiore. Titolo originale: Prelude por la lauth o cembal. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Adriano del Sal SALA FILARMONICA MERCOLEDì 22 GENNAIO 2014 - ore 20.45 MARTINA FILJAK pianoforte WOLFGANG AMADEUS MOZART Sonata in si bemolle maggiore KV 333 (1756-1791) Allegro Andante cantabile Allegretto MAURICE RAVEL Sonatine (1875-1937) Modéré Mouvement de menuet Animé SERGEJ PROKOF’EV Sonata n. 2 in re minore op.14 (1891-1953) Allegro, ma non troppo Più mosso-Tempo primo Scherzo. Allegro marcato Andante Vivace-Moderato-Vivace ALEXANDR SCRJABIN (1872-1915) MILIJ ALEKSEEVIČ BALAKIREV (1837-1910) Preludio e Notturno op. 9 per la mano sinistra Islamey STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 41 L’incrollabile sete musicale di Martina Filjak, coltivata da genitori insegnanti di pianoforte, è stata il principio guida della sua vita professionale. Nonostante la guerra civile, Martina si è diplomata all’Accademia Musicale di Zagabria e in seguito al Conservatorio di Vienna e alla Hochschule für Musik di Hannover nella classe dedicata ai solisti. Ha partecipato a masterclass presso l’Accademia di Pianoforte di Como tenute da D. Bashkirov, P. Frankl e A. Staier. Nel 2009 Martina Filjak ha vinto il primo premio alla Cleveland International Piano Competition in seguito alla quale ha debuttato con concerti presso la Konzerthaus Berlin e il Musikverein di Vienna e con un recital alla Carnegie Hall/Zankel Hall di New York. Prima di vincere a Cleveland, nel 2007 Martina era stata la vincitrice del Concorso Viotti in Italia e nel 2008 del Maria Canals a Barcellona. Martina ha suonato in tutto il mondo con orchestre importanti dirette da H. Schiff, T. Guschlbauer, S. Lang–Lessing, C. Zacharias e S. Sanderling; in veste di solista si è esibita nelle sale più prestigiose: Concertgebouw di Amsterdam, Palau de la Musica di Barcellona, Palais des Congrès di Strasburgo, Shanghai Oriental Art Center, e Severance Hall a Cleveland. Il suo CD dedicato alle sonate di Soler è stata pubblicato dalla Naxos nell’agosto 2011 e immediatamente è stata nominato Disco del mese in Germania. L’ampio repertorio dell’artista va da Bach a Berio ed include 30 concerti. Appassionata escursionista e amante dell’aria aperta, l’artista ama eseguire musica popolare che evoca i suoni della natura come: la suite All’aria aperta di Bartók, i Six Encores di Berio (tra cui Wasserklavier, Erdenklavier, Feuerklavier e Luftklavier) e Une barque sur l’océan di Ravel. Martina è anche attratta dalla musica che pone sfide tecniche ed intellettuali come la Hammerklavier Sonata di Beethoven e il Concerto per Pianoforte n.2 di Bartók. Tra il 2010 e il 2012. l’interprete ha eseguito il concerto Imperatore di Beethoven alla Konzerthaus Berlin con la Southeast Europe Youth Orchestra per la direzione di H. Schiff; ha partecipato alle performance dei concerti di Schumann, Grieg e Ravel, del secondo concerto di Rachmaninov, e dei primi concerti di Shostakovich, Liszt e Brahms con la Cleveland Orchestra, l’Orquesta Ciudad de Granada e la Hong Kong Sinfonietta; ha eseguito la prima mondiale del Madrigal Rouge di Milko Kelemen con la Deutsche Radio Philharmonie condotta da C. Poppen; ha aperto la stagione 2012 della Charlotte Symphony (North Carolina) con il Concerto per Pianoforte n.1 di Tchaikovsky diretta da C. Warren-Green. Fra i suoi vari altri impegni, ci sono stati l’interpretazione del Primo Concerto per Pianoforte di Brahms con la Staatskapelle Weimar e l’Orquesta Sinfónica de Madrid, le Noches en los jardines de España di de Falla con l’Orquesta Ciudad de Granada e i Quattro Temperamenti di Hindemith con l’Orchestra Filarmonica di Torino, il Concerto per Pianoforte n.2 di Bartók con la Boston Philharmonic e B. Zander nonché il Concerto per Pianoforte n.3 di Rachmaninov con la Sinfonieorchester Liechtenstein e il Concerto per Pianoforte di Ravel in Florida sotto la direzione di S. Sanderling. Le passioni che Martina coltiva fuori dall’ambito musicale includono l’ambiente (l’artista sta collaborando con la Presidenza della Repubblica Croata per sensibilizzare la tutela della lince, animale in via di estinzione) e l’istruzione (partecipando al progetto Rhapsody in School fondato da Lars Vogt che prevede artisti in visita presso le scuole tedesche per invitare gli studenti allo studio della musica classica). La pianista sostiene anche la raccolta di fondi per la Borsa di Studio Martina Filjak che promuove la formazione musicale di giovani selezionati a Cleveland, Ohio. Martina parla sette lingue e, fortunatamente per un musicista attivo, ama molto viaggiare. 42 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 43 NOTE AL PROGRAMMA È un programma che si costruisce sulla forma della Sonata nella sua evoluzione attraverso i secoli e i luoghi geografici quello che la giovane Martina Filijak propone alla stagione dell’Associazione Filarmonica di Rovereto. Si comincia dall’alfa di questo genere musicale e quindi da Mozart. La Sonata “Linz” è una delle più lunghe e complesse scritte dall’autore, nata sulla scia di quella felice vena creativa che aveva portato alla pubblicazione nel 1784 di tre bellissime sonate diventate subito famose, tra cui la K 331 “Alla turca”. La musicologia ha a lungo discusso sulla data e sul luogo di composizione di questa Sonata in si bemolle maggiore. Negli anni ‘80 nuovi studi tutt’ora accreditati sullo stile del brano e sulle fonti hanno indicato sia stata scritta alla fine del mese di novembre del 1783 durante una sosta a Linz occorsa lungo il viaggio che riportava Mozart da Salisburgo, dove aveva visitato il padre per fargli conoscere la moglie Costanza, verso Vienna, città in cui Amadeus si era trasferito dal 1781 e nella quale aveva riposto tutti i suoi desideri di successo e fama. Se davvero la Sonata K 333 fosse stata composta nello stesso periodo della Sinfonia “Linz” n. 36 in Do maggiore K425, ovvero nella brevissima sosta presso il conte Joseph Anton Thun, ancora una volta dovremmo lasciarci stupire dalle doti geniali di Mozart, che in quella manciata di giorni in cui scrisse un’intera sinfonia, per un concerto organizzato in suo onore, riuscì anche a scrivere una sonata per pianoforte di tale bellezza e dimensioni. Nel primo movimento, di carattere cordiale e generoso, i temi dialogano come i personaggi di un’opera, quasi che il pianoforte fosse per Mozart un teatro in miniatura. A stupire, dopo un sereno Andante Cantabile, è il terzo movimento in forma di Rondò, che riprende il carattere affabile del primo tempo e dove 44 il pianista, a un tratto, verso la chiusura, si scopre virtuoso e si lancia in una lunga cadenza quasi da concerto. Venne pubblicata da Christoph Torricella nell’aprile del 1784 a Vienna come opus 7 assieme ad altri due pezzi: la brillante Sonata per pianoforte in re maggiore K 284 e la Sonata per violino e pianoforte in si bemolle maggiore K 454, passata alla storia per essere stata improvvisata dall’autore nella parte pianistica direttamente in concerto, nell’accademia organizzata a Vienna per la virtuosa violinista mantovana Regina Strinasacchi alla presenza dell’Imperatore Giuseppe II. Dalla Sonata di Mozart si passa alla Sonatina di Ravel, così intitolata per la sua brevità e non per una presunta semplicità esecutiva. Occorre al contrario una solidità tecnica per affrontare questa partitura, se consideriamo che lo stesso autore non eseguì mai in pubblico e nemmeno volle registrare il terzo movimento, ammettendo di non averne le capacità. L’umiltà di Maurice Ravel e la sua storia personale non può che suscitare simpatia per un musicista che divenne assieme a Debussy una delle personalità fondamentali per la nuova musica francese del Novecento. Pianista mediocre per sua stessa ammissione, pessimo promotore di se’ stesso (così scriveva nel 1923 proponendo sue musiche ad una società di concerti di Bruxelles: «...[si potrebbe suonare] il Quartetto o il Trio, ma senza la partecipazione dell’autore, che sarebbe assolutamente incapace di suonare la parte del pianoforte... [e aggiungendo] alcuni pezzi per pianoforte, che io suonerei malissimo, mi sembra che il programma sarebbe completo»), Ravel non ebbe fortuna nemmeno nei concorsi di composizione. Con enorme scandalo accademico non vinse mai il prestigioso Prix de Rome, pur partecipandovi per cinque volte consecutive, e an- ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO che la Sonatina nacque in simili circostanze. Il compositore aderì al bando promosso dalla rivista Weekly Critical Review che metteva in palio un premio di 100 Franchi per un primo movimento di sonata di settantadue battute. Ravel fu l’unico a parteciparvi ma la sua Sonatina fu squalificata poiché contava più delle battute ammesse. Il concorso fu quindi annullato e la rivista fece bancarotta di lì a poco. Due anni più tardi nacquero gli altri movimenti e l’opera fu così completata nel 1905 cominciando la sua fortuna costruita su un immediato consenso ed un’ampia diffusione. Lo stile partecipa alla corrente dell’arcaismo e la sua forma recupera la sonata classica del Settecento rifacendosi a Couperin e Rameau più che a Haydn, Mozart o Beethoven, volutamente in contrasto con la sonata classicoromantica austro-tedesca. La sconfitta militare di Sedan del 1870 per mano della Prussia bruciava ancora nell’animo dei francesi e sulla scia dell’orgoglio nazionale ferito anche il rinnovamento delle arti passava attraverso la ricerca di un riferimento nel passato nazionale. Fioriscono dunque in questo passaggio di secolo numerosi Minuetti, Toccate, Preludi e Sarabande per mano di Ravel e Debussy, che sperimentano nuove armonie essenzialmente per ricreare ancora una volta i timbri argentati del clavicembalo e che solo più avanti si staccheranno invece dall’arcaismo per inventare una musica nuova. I tre tempi della Sonatina brillano di questi riflessi, dalla luminosa eleganza del Modéré attraversato da una vena nostalgica, al Mouvement de menuet, trasfigurazione moderna dell’antica danza attraverso l’utilizzo della modalità, per concludersi nella volata toccatistica dell’Animé. Decisamente agli antipodi dei cristalli che tintinnano nel registri acuti della Sonatina di Ravel, l’op. 14 di Prokofiev si presenta con gesto barbarico e sonorità rude. Con quest’autore la forma della sonata completa la sua trasformazione novecentesca. Se nell’Europa centrale il genere viene trattato con timore e reverenza, mostro sacro di una sacra arte, in Russia tutti i compositori dalla metà dell’Ottocento mettono mano alla forma-sonata senza tanti convenevoli. Prokoviev ne pubblicò nove lungo la sua vita, ma ancora adolescente ne abbozzò ben sei diverse, da cui prese in seguito il materiale per la sua Opera n.1. Se guardiamo alla costruzione della Seconda Sonata, pubblicata nel 1913, anche se si riconosce subito la classica struttura nel primo dei quattro movimento in cui è composta, del tutto romantica è la nostalgia che pervade il secondo tema dell’Allegro, ma non troppo e che aleggia in tutta la partitura, culminando nell’Andante. La tristezza è tale che non si può non collegare il sentimento qui espresso dall’autore con la sua biografia, ossia con il turbamento provocato dal suicidio del compagno di corso Maximilian Schmidthof, cui la Sonata è dedicata. Riguardo alla vicenda così scrive Piero Rattalino, grande studioso del repertorio pianistico e dei suoi interpreti: «Prokofiev racconta di aver ricevuto, il 13 maggio del 1913, una cartolina che diceva “Caro Sergej, ti comunico l’ultima novità: mi sono suicidato. Non rattristarti, rimani indifferente: onestamente è tutto ciò che l’incidente merita. Addio, Max. Le cause non sono importanti”. Il corpo dello Schmidthof fu ritrovato soltanto alcune settimane dopo l’arrivo della cartolina e l’agghiacciante vicenda sconvolse Prokofiev». Come campane funebri per l’amico suicida vengono così interpretati comunemente quei rintocchi pesanti che s’insinuano nel velocissimo movimento finale e che ritroviamo anche nel Secondo Concerto per pianoforte ed orchestra dell’autore, terminato nello stesso anno ed ugualmente dedicato a Schmidthof. Il Vivace è il tempo che nel suo meccanismo perpetuo più si avvicina alle scelte raveliane STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 45 della Sonatina, ma ne mantiene ben ferme le distanze cronologiche e geografiche con la decisa chiusa nel registro grave, perfettamente all’opposto di quello utilizzato dall’autore francese. Alle prese con lo studio affannoso e concomitante di brani virtuosistici ed impegnativi come le parafrasi lisztiane, Islamey di Balakirev e l’integrale delle Sonate di Beethoven, il ventenne Scriabin, in eterna sfida con il suo virtuoso compagno di studi Rachmaninov, dovette cedere ad un irreparabile danno della mano destra che pose fine alla sua carriera di pianista. Era il 1894 e da questa tragedia personale nacque il Preludio e Notturno op. 9. Emozionante pezzo tardo-romantico che risente ancora dell’influenza di Chopin, in realtà quasi semplicistico nella scrittura se realizzato con entrambe le mani, rivela tutto il pathos dell’epoca proprio nell’impervia esecuzione con la sola mano sinistra, che deve cantare negli acuti con il pollice, dito a volte poco gentile nei timbri a causa della sua conformazione anatomica, e legare l’accompagnamento con salti veloci e ben mirati. Sebbene il Preludio e Notturno op. 9 di Scriabin e il Concerto in Re maggiore di Ravel siano le più famose opere pianistiche per mano sinistra, nel Novecento furono composti numerosissimi brani – parliamo di un migliaio – per una sola mano e la maggior parte di questi sono legati alla figura di Paul Wittgenstein. Fratello del più famoso filosofo Ludwig, figlio di un industriale austriaco di origini ebraiche, Paul Wittgenstein era un giovane pianista promettente che nel salotto di casa frequentava Brahms e duettava con Richard Strauss. Nell’albero genealogico poteva vantare una stretta parentela con il violinista Joachim e i geni della musica erano preponderanti in lui a tal punto da spronarlo a proseguire la carriera pianistica anche dopo l’amputazione del braccio destro, avvenuta in battaglia durante 46 la Prima Guerra Mondiale. Tornato dal fronte, cominciò a trascrivere per se stesso numerosi pezzi del repertorio pianistico (Studi di Chopin, Sonate di Beethoven, Romanze senza parole di Mendelssohn), quindi commissionò nuove opere appositamente scritte per le sue possibilità a Britten, Tansman, Korngold, Richard Strauss ed ovviamente Ravel. Scrissero per lui un Concerto per pianoforte e orchestra anche Prokofiev (Concerto n. 4, op. 53) e Hindemith (Klaviermusik, op.29) ma Wittgenstein non li apprezzò e mai li eseguì. Martina Filijak chiude il concerto con i fuochi d’artificio di Islamey, pezzo di ardito virtuosismo che in poco meno di dieci minuti riesce a toccare più tasti del pianoforte di quanti non ne siano stati adoperati in tutta la serata fino ad ora. In una semplice forma tripartita vengono giustapposti due temi fortemente antitetici, il primo bellicosamente maschile ed il secondo morbidamente femminile, concludendo con la vittoria del maschio, neanche a dirlo, in un’apoteosi di salti, corse, sforzati, glissandi ed incroci che solo i cromosomi di Liszt e Paganini messi assieme possono affrontare. Brano tra i più gettonati tra i giovani ed ambiziosi concorrenti dei concorsi pianistici, non c’è dubbio che quest’opera di Balakirev affascini il pubblico. Composta nel settembre del 1869, quindi riveduta nel 1902, Islamey nacque dalle impressioni suscitate nell’autore dalla musica tradizionale del Caucaso, dove trascorse diverse estati dal 1862, ed è infatti sottotitolata Fantasia Orientale. Il pezzo venne eseguito per la prima volta da Nikolai Rubinstein e fu chiaro fin da subito che Balakirev avesse scritto un pezzo per grandi pianisti. Ravel, colto da invidia, confidò ad un amico di voler scrivere con il suo Gaspard de la nuit qualcosa che fosse ancora più difficile di Islamey. Monique Ciola ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA GIOVEDÌ 30 GENNAIO 2014 - ORE 20.45 OLGA PASHCHENKO clavicembalo “Orpheus of Amsterdam” JAN PETERSZOON SWEELINCK Fantasia cromatica (1562-1621) MATTHIAS WECKMANN (1616-1674) Toccata in la minore JOHANN SEBASTIAN BACH (1685-1750) Fuga in si bemolle maggiore BWV 954 su un tema di Johann Adam Reincken LOUIS ANDRIESSEN (1939) Overture to Orpheus ADAM REINCKEN - J.S. BACH Sonata in la minore da “Hortus Musicus” (1643-1722) (1685-1750) Adagio Fuga Adagio-Presto Allemande, Courante Sarabande, Gigue JOHANN SEBASTIAN BACH Fantasia cromatica e fuga BWV 903 STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 47 Olga Pashchenko è nata a Mosca nel 1986. Inizia i suoi studi musicali a sei anni presso la Children’s Myaskovski Music School nella classe di pianoforte tenuta da Sofia Genis; nel 1993 entra nella Moscow Special Gnessin Music School dove studia pianoforte con Tatiana Zelikman e clavicembalo con Olga Martynova. Tiene il suo primo concerto a New York all’età di nove anni. Nel 2002 vince una borsa di studio della Fondazione Russian Performance Art. Nel 2003 viene premiata presso il terzo Concorso internazionale Gnessin per giovani artisti e presso il terzo Festival internazionale Beethoven di musica da camera. Nel 2005 Olga si laurea con lode presso la Gnessin School e si iscrive al Conservatorio Tchaikovsky di Mosca. Nel 2012 si laurea con lode presso due dipartimenti del Conservatorio: il Dipartimento di performance storica e arte moderna dove studia con Alexei Lubimov (piano), Olga Martynova (clavicembalo, fortepiano), e il Dipartimento di organo, classe di Alexei Shmitov. Nel 2012 inizia la specializzazione presso il Conservatorio Tchaikovsky di Mosca nella classe del professor Alexei Lubimov. Nel 2011 entra nel Conservatorio di Amsterdam per un master in fortepiano e clavicembalo con Richard Egarr. Olga è vincitrice di numerosi e prestigiosi premi tra cui: il premio Press al Moscow Romantic Music Festival 2005; l’ International Piano Competition 2006 in Carinthia (Austria); l’ All-Russian Harpsichord Competition 2007 in San Pietroburgo; l’International Organ Competition Soli Deo Gloria 2008 a Mosca; il First International Volkonsky Harpsichord Competition in Moscow2010; il Primo premio e Premio della giuria critica presso il Premio Ferrari in Rovereto 2012. Ha frequentato master classes tenuti da Bart van Oort, Bob van Asperen, Trevor Pinnock, Malcolm Bilson, Davitt Moroney, Andreas Staier, Christine Schornsheim, Ludger Lohmann, Christopher Stembridge e altri. Olga Pashchenko si esibisce regolarmente come clavicembalista, pianista, organista e fortepianista in festivals in Russia, USA, Europa come Seiler Festival (Germania) 2005, Poeke Fortepiano Festival (Belgio) 2006, Karlsruhe (Germania) 2009, Firenze nel Progetto del Centro per Studi rinascimentali della Harvard University a Villa Tatti 2007, 2008, 2009, 2010, Utrecht Oude Muziek Fringe Festival (Olanda) 2010, 2012, Sankt Gallen Festival (Austria) 2008, 2011, “New Horizons” Festival San Pietroburgo, International Piano Festival San Pietroburgo 2011, Soli Deo Gloria Festival (Italia) 2012, Reincken Fringe Festival (Olanda) 2012, Mostra Fortepiano Bergamo 2012, Leipziger Chopin-Tage 2012 (Germania), Fiori Musicali della Svizzera Italiana 2012. Il suo repertorio abbraccia musica che va dal XVI al XXI secolo e include concerti da solista, musica da camera e concerti con orchestra. Dal 2012 Olga Pashchenko incide esclusivamente per “Outhere company”, etichetta Fuga Libera. 48 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 49 NOTE AL PROGRAMMA “Fantastica” lira d’Orfeo Presso il Museo Storico di Amsterdam è conservato il dipinto di un uomo dal profilo solenne, le mani in grembo adagiate in una posa singolare, a bucare – con illusionismo tutto barocco – l’ovale in cui è iscritta la figura. È l’«Orfeo di Amsterdam», al secolo Jan Peterszoon Sweelinck, ritratto dal fratello Gerrit e consegnato all’eternità in un simbolo. Sì, perché quelle mani possenti, con le dita della sinistra che, protese, sembrano voler dire «ascoltami!», compongono il geroglifico d’un gesto sorprendente, il quale contrapponendosi nettamente alla graniticità della figura, tesse la metafora di un confronto epocale: quello fra la solidità della forma e del contrappunto rinascimentali e il dinamismo del barocco nascente. Jan Peterszoon Sweelinck (1562-1621) s’impose quale esponente capitale di quella scuola polifonica francofiamminga che fu un frutto raffinatissimo della storia della musica fra Quattrocento e Seicento. L’influsso che egli esercitò sull’ambiente musicale europeo dell’epoca, tanto con la propria opera, quanto con l’insegnamento, fu tale da fargli conquistare l’epiteto di «Orfeo di Amsterdam», espressione felice e veritiera, già diffusasi quando il musicista era ancora in vita. Egli offrì infatti un contributo determinante allo sviluppo non solo della musica vocale, ma anche, e soprattutto, della musica strumentale, cui donò un corpus di lavori di stupenda fattura, nonché di imprescindibile significanza storica. Nelle opere di Sweelinck destinate agli strumenti a tastiera convergono dunque le tendenze di un’epoca intera, e lo status ancora ibrido della musica strumentale a cavallo fra Cinquecento e Seicento si proietta con straordinaria efficacia proprio su quelle composizioni in cui il dato improvvisativo si fa più appariscente e smaccato, come accade ad esempio nelle Fantasie. In esse infatti l’emancipazione progressiva della musica strumentale dai modelli 50 vocali - al tempo in pieno corso – faceva sì che l’architettura dei brani non si erigesse in base a un progetto precostituito, ma che evolvesse nel suo farsi, in maniera dinamica e cangiante, quasi cercando una strada propria, una lingua specifica e nuova. Dismessi gli abiti severi con cui era nata, la forma della Fantasia stava raggiungendo un punto apicale della propria evoluzione, assestandosi quale forma mobile e tempestosa. Al tempo di Sweelinck il suo germe costruttivo prevedeva una serie turbinosa di variazioni su un tema prescelto, passato al filtro di un pulviscolo di ornamentazioni, aumentazioni, diminuzioni, intrecci di entrate tematiche e orditi polifonici. È ciò che accade proprio con la Fantasia cromatica, una delle composizioni più celebrate del musicista olandese, la quale svela con evidenza, lungo l’arco dell’ampia articolazione delle sue tre parti, da un lato la nobiltà delle origini contrappuntistiche del genere e dall’altro l’eloquenza virtuosistica dell’improvvisazione. Giovandosi della poliedricità del tema principale (una discesa per semitoni lungo un intervallo di quarta) essa dipana così una mutazione continua dei parametri temporali e degli spazi sonori, la quale, potenziata dalla sensualità innata a un insistito cromatismo, genera un effetto di potente drammaticità espressiva. Uno dei tramiti fra l’insegnamento di Sweelinck e la grande scuola organistica della Germania settentrionale fu Matthias Weckmann (1616-1674), che studiò dapprima con Heinrich Schütz a Dresda e poi con Jacob Praetorius (allievo prediletto di Sweelinck) ad Amburgo, città in cui egli poi visse e operò per molti anni. Per la versatilità stilistica e l’altissima qualità delle sue opere, Weckmann è ormai riconosciuto ampiamente come una delle figure musicali più importanti della Germania del Seicento, dal linguaggio intagliato sull’esempio illustre dei maestri eppure spiccatamente personale. La Toccata IV in la ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO minore, che alterna con esuberanza rapidissime volate e sfrangiati passaggi accordali, è un tipico esempio di quello stile pseudo-improvvisativo di grande efflorescenza cromatica e virtuosistica che fu chiamato – non a caso stylus phantasticus e che fu tratto linguistico distintivo e vanto dei compositori della scuola organistica tedesca settentrionale. Anche l’olandese Johann Adam Reincken (nato a Deventer come Sweelinck) fu esponente di questa scuola; un esponente illustre, se Johann Sebastian Bach (1685-1750) decise di dedicare alla sua opera l’omaggio di ben tre elaborazioni compositive. Bach fece visita personalmente al grande organista fiammingo ad Amburgo nel novembre del 1720, forse anche per facilitare la propria candidatura all’ambita carica di organista presso la Jakobkirche della città. Fra le elaborazioni bachiane delle opere di Reincken troviamo la Fuga in si bemolle maggiore BWV 954 e la Sonata in la minore BWV 965, contenute entrambe nella raccolta di Partite per 2 violini, viola e basso continuo dal titolo Hortus Musicus recentis aliquot flosculis Sonaten, Allemanden, Couranten, Sarabanden et Giquen, pubblicata da Reincken nel 1687. La Fuga è tratta dall’Allegro della Sonata che apre la Partita II: Bach ne adattò la scrittura al clavicembalo, ampliando tuttavia notevolmente le proporzioni della struttura (che risultano infatti quasi raddoppiate) e conferendo alla pagina una compattezza, uno scintillio e uno smalto che appaiono quali segni inconfondibili del magistero bachiano. La Sonata in la minore BWV 965 recupera invece integralmente la disposizione originale della Partita I di Reincken già dalla Sonata d’apertura, che presenta il l’usuale andamento alternato di tempi lenti e veloci, come dimostrano lo stupendo Adagio iniziale, la brillante fuga dell’Allegro e la coppia Adagio/Presto che chiude la triade. Essa inaugura dunque una ghirlanda di brani inanellati nella sequenza convenzionale di danze tipica della forma: un’Allemanda morbidamente mossa, una Corrente maliziosa, una Sarabanda ripiegata dolcemente con leggiadra malinconia e una piccante Giga di chiusura. Nonostante la fedeltà al modello, si nota in Bach una tendenza pronunciata all’ampliamento delle proporzioni rispetto alle fonti originali (evidente qui soprattutto nell’Allegro e nella Giga), accompagnata inoltre da un’inclinazione generale, assai più pervasiva, all’abbellimento copioso delle linee melodiche e all’ispessimento del tessuto musicale. Come Sweelinck quasi cinquecento anni fa, così Louis Andriessen (1939) è uno dei compositori olandesi più noti ed eseguiti del suo tempo, un tempo che coincide però con la nostra contemporaneità. La musica di Andriessen, allievo di Luciano Berio, incarna una tendenza radicale alla sperimentazione ad amplissimo raggio che ha informato di sé larga parte dell’odierna arte dei suoni, spaziando dalla musica eurocolta all’elettronica, al rock, al jazz. Il suo stile, riccamente frastagliato da spunti così eterogenei, si è progressivamente avvicinato tuttavia al minimalismo americano, obliterandone però l’insistita - e talora esibita - tendenza alla consonanza. Ne offre un esempio l’Overture to Orpheus, composizione scritta nel 1982 e dedicata alla clavicembalista Annelie de Man, recentemente scomparsa, musicista che ha dedicato la propria vita a incentivare la scoperta della musica clavicembalistica contemporanea e la valorizzazione delle possibilità sonore inesplorate dello strumento. L’Overture to Orpheus, come scrive Andriessen stesso, è concepita quale ipotetica introduzione a un’opera immaginaria, di cui il personaggio di Orfeo sarebbe il protagonista. La peculiarità della sua arte è simboleggiata non solo, realisticamente, dalla scelta di uno strumento a corde pizzicate come il clavicembalo (affine pertanto alla lira d’Orfeo), ma anche dal continuo confronto fra le tecniche incantatorie del canone e dell’unisono, il cui potere ipnotico risulta potenziato grazie alla scelta di schemi ritmici mutevoli e singolari, nonché alle possibilità STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 51 di rifrazione sonora offerte dalla proprietà specifiche dello strumento. Cromatismo, stile improvvisativo, pirotecnia virtuosistica e metamorfismo armonico sono anche i pilastri costruttivi di uno dei brani più celebri dell’intera letteratura clavicembalistica, la Fantasia cromatica e fuga in re minore BWV 903 di Johann Sebastian Bach, che giunge qui a coronare la nostra discesa “fantastica” lungo i sentieri nordici della musica per tastiera fra tardo Rinascimento e tardo Barocco. La Fantasia cromatica e fuga fu composta da Bach, presumibilmente, attorno al 1720, durante il soggiorno presso la corte di Köthen, anche se il Kantor riprese ed elaborò più volte il brano ai tempi del suo servizio a Lipsia. Non conosciamo pertanto la versione autentica di un’opera che raggiunse fama notevole nel corso dei secoli, registrando modificazioni e persino travisamenti per mano dei compositori romantici e tardoromantici, sui quali questo dittico di composizioni esercitò senza dubbio un influsso determinante. La Fantasia è infatti un esempio unico nel suo genere, risultando al contempo summa di una lunga fase di gestazione della forma della Fantasia strumentale e proiezione verso frontiere inedite del linguaggio. Nelle tre parti di cui essa si compone Bach sfoggia progressivamente le tecniche più ardite della sua scrittura, alternando alle nubi 52 cupe dei passaggi, delle volate e degli arpeggi che cingono i confini del brano, una sezione centrale in cui figure di retorica musicale, prodotti della teoria degli affetti, recitativo e stile cantabile, intrecciano i fili di un affresco drammatico di irresistibile potenza, apparentato strettamente col mondo del teatro. Il cromatismo che pervade l’intera pagina svolge qui una vera e propria «funzione liberatoria, quasi per sfuggire al corso regolare della gravitazione armonica» (Basso), e imprime una rotazione centrifuga al brano impegnando l’esecutore a soppesare continuamente la tenuta degli equilibri strutturali e sonori. Ma è con la Fuga a tre voci, apposta a mo’ di corollario alla Fantasia d’apertura, che il teorema musicale si compie: l’ascesa di semitoni su cui si avvolgono soggetto e controsoggetto per costruire l’impalcatura contrappuntistica (firmata da Bach con la cifra del suo nome, in quanto le prime note del tema, traslitterate nella notazione tedesca, danno le lettere A, B, H, C) reinterpretano il gesto liberatorio del cromatismo, imbrigliandolo in una struttura severa, la quale, pur non rinunciando a spumeggianti episodi concertanti, fa di esso un’arma invincibile, volta al recupero dell’unità del linguaggio e della forma, e dunque alla celebrazione dell’immortale potenza demiurgica della scienza compositiva. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Diego Procoli SALA FILARMONICA VENERDÌ 7 FEBBRAIO 2014 - ORE 20.45 ENRICO BRONZI violoncello FILIPPO GAMBA pianoforte LEOŠ JANÁČEK Pohádka (1854-1928) Con moto Con moto Allegro SERGEJ PROKOF’EV Sonata per violoncello e pianoforte op.119 (1891-1953) Andante Grave - Moderato Animato Moderato - Andante dolce Allegro, ma non troppo CLAUDE DEBUSSY Sonata per violoncello e pianoforte (1862-1918) Prologue: Lent, sostenuto e molto risoluto Sérénade: Modérément animé Finale: Animé, léger et nerveux DMITRIJ ŠOSTAKOVIČ Sonata per violoncello e pianoforte op.40 (1906-1975) Allegro non troppo Allegro Largo Allegro STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 53 54 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 55 Enrico Bronzi, nato a Parma nel 1973, è tra i più attivi violoncellisti della sua generazione. è il violoncellista del Trio di Parma, formazione con la quale svolge un’intensa attività concertistica sin dal 1990, suonando nelle più importanti sale da concerto d’Europa, USA, Sud America ed Australia. Con tale formazione si è imposto nei concorsi internazionali di Firenze, Melbourne, Lione e Monaco di Baviera, ricevendo peraltro il “Premio Abbiati” della critica musicale italiana. Dal 2001, in seguito alle affermazioni al Concorso Rostropovich di Parigi ed al Paulo Cello Competition di Helsinki (ove riceve anche il Premio per la migliore esecuzione del Concerto di Dvorak con la Filarmonica di Helsinki) inizia una intensa attività solistica. Partecipa regolarmente a numerosi festival, tra cui: Lucerna, Melbourne, Turku, Naantali, Stresa, Ravenna, Lockenhaus. Suona come solista sotto la guida di C. Abbado,V. Delman, C. Eschenbach, P. Berglund, F. Bruggen, K. Penderecki. Ha seguito le lezioni di direzione d’orchestra di Jorma Panula ed è direttore ospite di numerosi complessi italiani, tra cui l’Orchestra Mozart (su invito di Claudio Abbado) ed I Virtuosi Italiani. Con l’Accademia I Filarmonici di Verona ha curato un ampio progetto discografico Boccheriniano per l’etichetta Brilliant Classics. Ha collaborato per tre anni come primo violoncellista presso il Teatro alla Scala e prende parte regolarmente a giurie di concorsi internazionali. Svolge un’intensa attività didattica per numerose istituzioni, anche in collaborazione con il Trio di Trieste e Maureen Jones, curando ogni anno la preparazione di decine di musicisti che spesso ottengono riconoscimenti internazionali. Dal 2007 è professore all’Universität Mozarteum Salzburg e direttore artistico dell’Estate Musicale di Portogruaro. Tra le sue ultime produzioni discografiche vi sono i concerti di C. P. E. Bach, un disco monografico su Nino Rota e l’integrale delle Suites di Bach che è stata al secondo posto della top ten degli album di musica classica di Tunes Music Store. Enrico Bronzi suona un violoncello Vincenzo Panormo del 1775. Filippo Gamba ottiene il Primo Premio al Concours Géza Anda 2000 di Zurigo e viene insignito dalla Giuria, presieduta da Vladimir Ashkenazy, del Premio Mozart per la migliore interpretazione del concerto per pianoforte ed orchestra dello stesso autore. La sua attività concertistica lo vede esibirsi presso importanti Festival musicali come il Ruhr Piano Festival, i Festival di Varsavia, Oxford, Lucerna, Next Generation di Dortmund e Settimane Musicali di Stresa, Meister des Klaviers Festival di Cracovia e Musical Olympus Festival di San Pietroburgo, e nelle più rinomate sale concertistiche europee. In Europa vanta collaborazioni con prestigiose orchestre, quali i Berliner Sinfoniker, la Wiener Kammerorchester, la Camerata Academica Salzburg, la SWR-Sinfonieorchester di Stoccarda, la Staatskapelle di Weimar, l’Orchestra della Tonhalle di Zurigo, della City of Birmingham e l’Orchestra Filarmonica di Israele. Si è inoltre esibito sotto la direzione di Maestri quali Simon Rattle, James Conlon, Vladimir Ashkenazy. Una particolare attenzione alla produzione discografica lo vede protagonista, insieme a direttori quali Vladimir Ashkenazy e Camil Marinescu, nell’incisione dei concerti mozartiani n.11 e n.13, per la Labour of Love Records. Presso la stessa casa discografica si contano inoltre tre Cd solistici dedicati a Beethoven, Brahms e Mendelssohn. A questi lavori, vanno ad aggiungersi le collaborazioni con il violinista Nimura, nella realizzazione di due Cd per la Sony Records. Tra le sue registrazioni si contano poi quelle effettuate per Radio France, Radio Bremen, RAI e per diverse emittenti radiofoniche americane. L’Album Beethoven-Bagatellen segna il suo debutto per l’etichetta DECCA. La sua attività concertistica si allarga alla musica da camera; in questa direzione significative sono le collaborazioni con il Michelangelo Quartett, l’Hugo Wolf Quartett, il Vanbrugh Quartett e con Enrico Bronzi. Ha tenuto masterclasses per la Bachauer Foundation, Music of Southern Nevada, Asolo Musica, Oxford Philomusica, l’Estate Musicale di Portogruaro e le “Settimane” di Blonay. è Professore alla Musikakademie di Basilea. La sua formazione è stata arricchita dagli insegnamenti di Renzo Bonizzato, Maria Tipo e Homero Francesch. 56 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA LEOŠ JANÁČEK: Pohádka (1910) Il poema epico russo Il racconto dello zar Berendei di Vasilij Andreevi Žhukovskij fu la fonte che ispirò a Janáček la composizione del brano Pohádka (Fiaba). Il lungo sottotitolo apposto dal musicista recita: Storia dello zar Berendei, dello zarevi Ivan suo figlio, degli intrighi di Kašej l’immortale e della saggezza della principessa Marja, figlia di Kašej, e si compone di diversi episodi. Presentato nel 1910 in una prima versione, il pezzo fu ripreso due anni dopo e modificato nel suo assetto interno con l’aggiunta di un quarto movimento. Fu poi revisionato una seconda volta e riportato alla struttura in tre movimenti, con ulteriori modifiche nel fraseggio e in altri particolari di scrittura: come tale è stato dato alle stampe nel 1926 ed è entrato nei repertori concertistici correnti. Pohádka è l’unico brano per la formazione violoncello-pianoforte scritto da Janáček e appartiene a quel settore poetico-fantastico che ha dato i suoi migliori frutti nel ciclo pianistico Sul sentiero di rovi. L’atmosfera fiabesca è garantita dall’uso protratto di tonalità o modalità con sei bemolli, che negli intenti dovrebbe contribuire a determinare una sonorità velata e un’ambientazione allusiva a lontananze remote. PROKOF’EV: Sonata op.119 (1949) Per i destini della Sonata in do maggiore di Prokof’ev fu determinante l’apporto dell’ allora giovane Rostropovič, che collaborò alla stesura del brano e ne propiziò la prima esecuzione. Diversamente da altri cimenti di questo autore, il brano sceglie di attestarsi su una linea di moderazione classica, ponendosi assunti di semplicità e chiarezza, dal che ne risulta una pagina snella, gradevole, dalle linee ben definite e dall’espressione immediata, che sa mettere a frutto la fluida attitudine melodica dello strumento ad arco. Tre tempi si susseguono: dapprima un Andante grave che si apre su una pensosa melopea del violoncello nel registro medio-grave e si sviluppa poi sui toni intimistici e un po’ mesti di una meditazione romantica appena rotti da una sezione centrale più mossa. Segue uno scherzo Moderato in forma ternaria con parte lirica al centro dotato dello stesso spirito leggero e semplice, con in più un ingrediente dolcemente burlesco che riecheggia altre pagine dello stesso autore. Il terzo movimento (Allegro ma non troppo) attacca senza cesure e incede con eloquio sciolto alternando momenti vigorosi ad altri più apertamente cantabili o giocosi. DEBUSSY: Sonata (1915) L’estrema stagione compositiva debussyana registrò un rinnovato interesse per la scrittura strumentale ‘pura’, intesa come “anestetico spirituale” al momento storico piuttosto turbolento. Tre sono le Sonate che Debussy scrisse una di seguito all’altra, e tra queste quella per violoncello, che presenta nel Prologue una successione di mobili figurazioni motiviche cangianti, prima che una cadenza dello strumento ad arco riporti al tema di testa. Caleidoscopica ma straordinariamente asciutta ai limiti dell’aforistico è la successiva Serenade, giocata timbricamente sull’alternanza tra pizzicato del violoncello e staccato del pianoforte, con inframmezzati ulteriori spunti melodici tra cui, immancabili, gli echeggiamenti spagnoleggianti. Anche nel Finale, che attacca senza soluzione di continuità, si riproduce una stilizzazione di chitarra andalusa, con risonanze malinconicamente sensuali di danza, fino a sfociare in una lenta cadenza che precede la conclusione sfolgorante su accordi decisi e secchi. STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 57 ŠOSTAKOVIČ: Sonata op.40 (1935) Anche in occasione di questa Sonata di Šostakovič si profilala presenza di Mstislav Rostropovič, che per primo si occupò di divulgarla nel mondo. Per suo tramite l’autore sovietico aveva trovato nel violoncello la voce forse più consona per le sue lunghe, desolate meditazioni non meno che per quei guizzi violenti del suo spirito sarcastico che ne sono la controparte quasi obbligata. Si riscontra in questa pagina una traccia significativa ed estrema di quell’ avanzato laboratorio di ricerca che l’URSS era stato nella sua prima stagione prima che intervenisse 58 l’involuzione censoria. Il trentenne Šostakovič si dimostra perfettamente al corrente di quanto le avanguardie dell’occidente europeo erano venute elaborando in quel primo torno di secolo sul piano formale e sintattico e vi si inserisce con la sua proposta innovativa contrassegnata da una notevole energia del gesto creativo. Il suo stile è ancora all’insegna del dispendio, con una molteplicità di temi e di immagini sonore tra loro interconnesse e assemblate secondo procedimenti complessi. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Diego R. Cescotti AUDITORIUM S. CHIARA - TRENTO MERCOLEDÌ 12 FEBBRAIO 2014 - ORE 20.30 ORCHESTRA HAYDN Salvatore Accardo direttore, violino Laura Gorna, violino JOSEPH HAYDN Concerto per violino e archi n.1 in do magg. (1732-1809)HobVII:1 LOUIS SPOHR (1784-1859) Sinfonia concertante per due violini e orchestra n.2 in si min. op. 88 ARNOLD SCHÖNBERG (1874-1951) Verklärte Nacht op.4 L’Orchestra Haydn offre agli abbonati il viaggio gratuito tramite autobus, di cui è necessaria la prenotazione. STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 59 SALA FILARMONICA SABATO 15 FEBBRAIO 2014 - ORE 17.00 Ensemble primi fiati dell’Orchestra Haydn Francesco Dainese, flauto Gianni Olivieri, oboe Stefano Ricci, clarinetto Flavio Baruzzi, fagotto Andrea Cesari, corno Luciano Gottardi, burattini RICHARD STRAUSS (1864-1949) 60 Till Eulenspiegel ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA GIOVEDÌ 20 FEBBRAIO 2014 - ORE 20.45 OLEKSANDR SEMCHUK violino BRUNO CANINO pianoforte “Concerto 4 fantasie” ERNEST BLOCH (1880-1959) Fantaisie in do minore À Eugène Ysaÿe FRANZ SCHUBERT (1797-1828) Fantasia in do maggiore D934 op.159 ARNOLD SCHÖNBERG Fantasia per violino e pianoforte op.47 (1874-1951) OLIVIER MESSIAEN (1908-1992) Fantaisie in sol STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 61 62 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 63 Oleksandr Semchuk ha cominciato studiare violino a 4 anni con il Maestro I. Pylatiuk e a soli 8 anni ha eseguito il suo primo concerto come solista con l’orchestra:è il precoce inizio di una scintillante carriera. Fra i suoi insegnanti vi sono violinisti e didatti di fama mondiale, quali Bohodar Kotorovych, Yehudi Menuhin, Tibor Varga, Viktor Tretiakov e Alberto Lysy. Vincitore già giovanissimo di vari concorsi internazionali ha collezionato il primo premio assoluto al prestigiosissimo Youth Assembly of Art di Mosca (ambito da tutti i musicisti dell’ex Unione Sovietica), al Mykola Lysenko International Competition (Ucraina), e al Premio Città di Gubbio. Nel frattempo ha intrapreso una brillante carriera concertistica che l’ha visto esibirsi con successo in tutto il mondo, sia come solista sia in collaborazione con musicisti di fama internazionale come A. Lucchesini, M. Brunello, K. Bogino, M. Kugel, V. Mendelssohn, G. Mirabassi, M. Rysanov, O. Kogan, D. Cohen, B. Petrushansky, K. Karabitz, V. Sirenko, N. Eppinger, D. Sinadinovich e molti altri. Lo Stato ucraino, riconosciuto il grande contributo offerto alla nazione quale fondatore e promotore del progetto culturale Artisti per la rinascita dell’Ucraina, nel 2001 ha conferito ad Oleksandr Semchuk il Titolo Onorifico di Artista Benemerito; in tutto il territorio dell’ex-Unione Sovietica egli è il più giovane artista insignito del titolo di Cavaliere d’Onore dello Stato. Oleksandr Semchuk risiede da alcuni anni in Italia, dove svolge anche un’intensa attività didattica: ha insegnato presso la Scuola di Musica di Fiesole e l’Accademia Musicale di Firenze; nel 2011 è stato invitato a coordinare il Dipartimento d’Archi dell’Accademia Pianistica Internazionale “Incontri col Maestro” di Imola, presso la quale insegna tuttora. L’impegno profuso fino ad ora nell’insegnamento è stato ampiamente ripagato dagli oltre quaranta premi vinti dai suoi allievi in importanti concorsi internazionali quali Oistrakh International Competition (Mosca), Brahms International Competition (Pordschach), Monaco Master’s International Competition (Monaco), Kreisler International Competition (Vienna), ecc. Tra i suoi allievi si annoverano anche spalle di importanti orchestre e insegnanti di Conservatori italiani. Ha al suo attivo diverse incisioni discografiche, e più di sette ore di musica come solista nella “Collezione d’Oro d’Ucraina”, con brani del grande repertorio solistico tra i quali i concerti di Brahms e Sibelius. Suona un violino Auguste Bernardel 1855 e l’arco “Bianca Lady” di Navea – Vera. Bruno Canino, nato a Napoli, Allievo di Vincenzo Vitale e di Enzo Calace per il pianoforte, e di Bruno Bettinelli per la composizione, presso i Conservatori di Napoli e di Milano dove ha poi insegnato per 24 anni pianoforte principale. Si è distinto nei concorsi internazionali di Bolzano (“Ferruccio Busoni”) e di Darmstadt alla fine degli anni cinquanta Nella sua lunga carriera di concertista e camerista in tutto il mondo ha collaborato con artisti come Cathy Berberian, Severino Gazzelloni, Itzhak Perlman, Salvatore Accardo, Uto Ughi, András Schiff e Viktoria Mullova, (con la quale vince il Premio Edison nel 1980), David Garrett, Franco Mezzena. Da 40 anni suona in Duo pianistico con Antonio Ballista e, da quasi 30 , fa parte del Trio di Milano. Si é molto dedicato alla musica contemporanea, lavorando fra gli altri con Pierre Boulez, Luciano Berio, Karl-Heinz Stockhausen, György Ligeti, Bruno Maderna, Luigi Nono, Sylvano Bussotti e altri di cui ha presentato spesso le opere in prima esecuzione. Numerose le sue registrazioni discografiche: fra le più recenti le Variazioni Goldberg di Bach, l’Integrale pianistica di Casella e di Debussy. Tiene un corso di perfezionamento per pianoforte e musica da camera del Novecento alla Hochschule di Berna. Ha pubblicato un libro intitolato “Vademecum del pianista da camera”, edito da Passigli. NOTE AL PROGRAMMA Il genere della fantasia ha percorso cinque secoli di storia adattandosi di volta in volta alle diverse peculiarità degli stili correnti ma sempre mantenendo il suo carattere di forma libera e non di rado dotata di carattere brillante e improvvisativo. 64 Per queste ragioni fu particolarmente coltivata nell’Ottocento romantico, trasferendosi dall’ambito privilegiato delle tastiere a quello di altri strumenti od organici. Il concerto di questa sera offre degli esempi piuttosto rari di fantasie per violino. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO La prima è quella di Ernest Bloch, autore svizzero-statunitense noto per le sue forti composizioni ispirate alla tradizione culturale ebraiche pertanto sempre dotate di un pregnante messaggio spirituale da veicolare attraverso i suoni. Egli aveva avuto ottimi studi violinistici frequentandola classe di Eugène Ysaÿe a Bruxelles, indirizzandosi invece alla Germania per completare gli studi di composizione. Proprio nel campo violinistico si ricorda uno dei suoi brani di maggior effetto, Baal Shem, che assieme alla rapsodia per violoncello Shelomo costituisce il suo maggiore contributo alla produzione di ispirazione ebraica. Il suo approccio a quegli antichi repertori non era peraltro di tipo filologico: ciò che si riprometteva era di ritrovare e far rivivere «l’anima ebraica, la complessa ardente, esagitata anima che si sente vibrare in tutta la Bibbia», giustificando in tal modo la qualità espressiva dei suoi pezzi così spesso spinta verso estremi di dolore, disperazione, tristezza e speranza. La Fantaisie in do minore (1897) è dedicata a Eugène Ysaÿe. Assai famoso è il brano successivo, la Fantasia in do maggiore di Schubert (1827), che si è imposta come un’opera di smagliante effetto nonostante le riserve avanzate nei suoi confronti fin dal suo primo apparire a Vienna nel 1828, quando fu reputata di ascolto difficile e faticoso ma soprattutto di dimensioni troppo ampie per poter essere retta per intero. In effetti va riconosciuto ad essa una ricchezza di scrittura tale da sconcertare chi vi si accosti con le aspettative che si riservano a un comune brano d’intrattenimento. Lo stesso gioco formale sfugge ai canoni soliti, in quanto la struttura è in un unico lungo movimento le cui parti interne sono legate insieme da nessi non conformi a quelli noti della forma-sonata, pur avendo complessivamente la lunghezza media di una sonata in quattro movimenti. Si tratta sicuramente di un lavoro ambizioso, creato per imporsi sul pubblico, come testimonia il trattamento decisamente impegnativo di entrambi gli strumenti, costantemente stagliati in primo piano secondo una logica autenticamente concertante; al tempo stesso mantiene quel carattere colloquiale e mondano che nei lavori con violino di Schubert non è mai assente. Ben diverso aspetto e finalità assume la fantasia nelle mani di un maestro della più avanzata modernità novecentesca quale fu Schönberg. La sua Fantasia op. 47 (1949) è l’ultima opera strumentale da lui composta e può essere presa a testimonianza dello stato ormai avanzatissimo della sua ricerca nel campo della serializzazione integrale. La pagina risponde allo scopo di mostrare la nuova possibilità di sviluppo raggiunta dal materiale seriale e dunque il dinamismo che si sviluppa dall’interazione tra il fondamento statico del materiale stesso e la dialettica del processo variativo. Ciò avviene nel concreto attraverso un processo diremmo di gemmazione, secondo il quale le ultime note di ciascun agglomerato melodico compiuto vengono riprese e fatte avanzare dalla sezione successiva, determinando con questo un’indubbia ampiezza dello sviluppo melodico. Altrettanto sentita sotto il profilo formale è l’esigenza di organizzazione del materiale secondo una struttura tripartita, che non è qui il caso di illustrare in dettaglio; mentre i ruoli previsti per i due strumenti in campo sono in accordo con quelli del duo tradizionale, ossia con il violino in attitudine solistica e il pianoforte che accompagna. Fisionomia ancora differente assume il genere in oggetto nelle mani di un altro grande maestro della ricerca contemporanea, Olivier Messiaen, la cui Fantaisie in sol(1932) costituisce un’apparente divagazione, un momentaneo riposo creativo all’interno di un percorso fatto di cimenti compositivi dalle proporzioni massicce e dagli intenti elevatissimi. Anche il naturale istinto del compositore per le sonorità sgargianti viene qui assai moderato per commisurarlo alla discreta dimensione cameristica in cui si è voluto per una volta confinare. La particolarità del pezzo appare ancora più evidente se lo si mette in rapporto con un piccolo settore produttivo giovanile (tre pezzi in tutto) che comprende un’altra breve pagina per violino e pianoforte chiamata Thème et Variations, e con la Fantaisie burlesque per pianoforte: brani rivelatori di uno spirito più rilassato ma senza rinunciare ad una naturale serietà d’intenti. I pezzi violinistici erano destinati a Claire Delbost, detta Mi, che diventerà la moglie di Messiaen e per questo immaginabilmente rivestiti di una particolare aura affettuosa. Diego R. Cescotti STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 65 AUDITORIUM MELOTTI MARTEDÌ 25 FEBBRAIO 2014 - ORE 20.45 ORCHESTRA HAYDN Michael Tomaschek, direttore CONCERTO DI CARNEVALE Musiche della dinastia Strauss Lehár Rossini 66 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA VENERDÌ 7 MARZO 2014 - ORE 20.45 QUARTETTO Escher Adam Barnett-Hart,violino Aaron Boyd,violino Pierre Lapointe,viola Dane Johansen,violoncello FELIX MENDELSSOHN BARTHOLDY Quartetto in mi bemolle maggiore op. 12 (1809-1847) Adagio non troppo. Allegro non tardante Canzonetta. Allegretto Andante espressivo Molto Allegro vivace BENJAMIN BRITTEN Quartetto n° 2 (1913-1976) Allegro calmo Vivace Chacony ANTONÍN DVOŘÁK Quartetto in do maggiore n. 11op. 61 (1841-1904) Allegro Poco adagio e molto cantabile Allegro vivo Finale. Vivace STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 67 Il Quartetto Escher riceve abitualmente apprezzamenti sul piano internazionale per la sua profonda musicalità, il suono perfettamente amalgamato, l’elegante raffinatezza e la straordinaria intelligenza. Fortemente sostenuto dall’ Emerson String Quartet, il gruppo ha ricevuto la nomina di BBC Young Artists Generation a ridosso delle stagioni 2010 / 2012, con debutto presso la Wigmore Hall e nell’ambito dei BBC London Proms alla Cadogan Hall. Nella propria città natale, New York, il quartetto ha completato la residenza della durata di tre anni in qualità di Rising Stars presso la Chamber Music Society del Lincoln Center. Nel corso della stagione attuale ha presentato il ciclo integrale dei Quartetti di Britten riscuotendo eccezionali consensi da parte del New York Times. Durante la stagione 2012/13 il Quartetto Escher ha inoltre debuttato in Svizzera presso il Conservatoire de la Musique de Genève nell’ambito della serie Les Grands Interprètes e in Austria, presso la Schloss Esterházy ad Eisenstadt. Ad essi hanno fatto seguito altri rilevanti debutti europei che proseguiranno nel corso della prossima stagione: tra questi annoveriamo in particolar modo il Royal Concertgebouw di Amsterdam. L’attività discografica del Quartetto Escher comprende il Quintetto per pianoforte di Amy Beach, Bridging the Ages di Music @ Menlo ed il Primo Volume di Stony Book Soundings, che presenta l’Escher impegnato nella registrazione delle Premières di cinque nuove opere. La stagione in corso vedrà l’immissione sul mercato dell’integrale dei Quartetti di Zemlinsky per conto dell’ etichetta Naxos. NOTE AL PROGRAMMA Dieci sono i quartetti per archi usciti dalla feconda fantasia di Felix Mendelssohn, compositore che viene comunemente additato come il rappresentante di un romanticismo moderato, aristocratico, elegante e dallo stile inappuntabile, lontano dalle derive più sentimentali e drammatiche di quel linguaggio. Dotato di franca inventiva, egli seppe incanalare il flusso generoso delle idee in un ordinato disporsi secondo le regole del bello scrivere e nel rispetto degli equilibri interni, puntando costantemente alla continuità dell’eloquio. Il Quartetto op. 12 (1826-9) è il quinto della serie e non tradisce la predilezione per il tratto mosso-leggero, che nel secondo movimento assume la tipica modalità staccata così 68 propria all’autore amburghese, e rimane comunque una prerogativa del brano nel suo insieme, ad eccezione del tempo lento in forma liederistica il cui più franto lavorio fraseologico obbedisce alle esigenze di una maggiore ambizione espressiva non del tutto risolta. La fattura compatta lo fa procedere in modo piuttosto serrato e benché molti atteggiamenti vi si alternino l’impressione finale è quella di un prodotto che si fa apprezzare per fluidità, serena discorsività ed equilibrio generale. Le fonti a cui un autore inglese del Novecento come Benjamin Britten poteva attingere nell’atto di scrivere uno o l’altro dei suoi tre Quartetti non potevano che essere le più diverse, senza dover necessariamente sentirsi ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Credit: Laura Rose obbligato a seguirne una in particolare. Egli fu infatti – e non solo nei generi cameristici – costretto ad inventarsi uno stile tutto suo, e si deve alla sua genialità indiscussa la brillante riuscita in questa impresa che vede mescolate insieme tracce di antiche tradizioni cinque-seicentesche (Purcell tra tutti), inevitabili lacerti continentali del recente passato e suggestioni venute dalla modernità cosmopolita propria dei suoi tempi. Il Quartetto n. 2 (1945) si fa notare a prima vista per la singolarità nella distribuzione dei movimenti, che sono solo tre e di assai diverso peso e significato. S’inizia su sonorità tenui, astratte ed evocative sviluppando un contenuto lirismo che si riscalda poco alla volta. L’andamento moderato e flessibile è già espresso nell’indicazione dinamica voluta dall’autore (Allegro calmo senza rigore), ma tale condizione di apparente libertà non esclude l’impiego, certamente non canonico, della forma-sonata. Il breve Vivace irrompe esibendo sonorità più aggressive e mantenendo un carattere di scherzo fantastico, magnificato dall’efficace scrittura quartettistica. Subentra infine una lunga Ciaccona che per dimensioni e pregnanza di significati si pone come cuore della composizione. Sono numerosi gli esempi in Britten di forme barocche riadattate in senso moderno e in particolare di forme variative su basso ostinato come appunto la passacaglia e la ciaccona, che gli consentono di dare forte sostegno strutturale a lunghe pagine. Non si tratta dunque di un recupero di forme antiche a scopo ricreativo o parodistico come avveniva presso tanta produzione neoclassi- STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 69 ca di marca stravinskiana, ma di un ripensamento sagace ed attualizzato che gli permette di ancorarsi a un aspetto della propria storia forgiandogli al contempo un linguaggio di modernità lontana da logiche di puro sperimentalismo. Qui la pratica del ground viene utilizzata per sostenere quattro gruppi di variazioni riunite da cadenze solistiche per ciascuno strumento: la lunga peripezia fa accumulare così tanta energia da richiedere alla fine più di venti accordi tonali in fortissimo per essere scaricata. Il boemo Dvořák rappresenta in modo esemplare la civiltà musicale mitteleuropea declinata nei modi propri al lirismo sognante e nostalgico dei popoli slavi. Se egli si sia meglio espresso nel sinfonico o nel cameristico è difficile stabilirlo, non mancando esempi ragguardevolissimi in entrambi i settori, che non esauriscono peraltro l’ampio catalogo della sua produzione. Ogni ascolto della sua musica trasmette una sensazione di estrema fiducia nei mezzi e nelle forme coniate dalla tradizione classicoromantica per esprimere i sentimenti e le passioni del borghese europeo. Fiducia che si conferma nel semplice computo delle sue 70 creazioni ove spiccano nove sinfonie, quattro concerti e un consistente settore cameristico con cinque quintetti, quattro trii, un sestetto e ben diciotto quartetti. Proprio l’abbondanza delle opere ivi presenti invoglia meno a una considerazione specifica che a una visione complessiva, fermi restando taluni raggiungimenti di particolare spicco come il trio «Dumky» o il Quartetto «americano». Il Quartetto n. 11op. 61 (1881) che si ascolterà stasera disimpegna al meglio la consumata arte del costruire sulle solide e indiscusse basi della civiltà sonatistica di quella stagione storica. Una melodia catturante di piglio appassionato si imposta fin dalle prime battute ed è responsabile dell’atmosfera inquieta che, pur con soste e pause liriche, si mantiene per tutto il primo Allegro. Il seguito si sviluppa sui toni di un lirismo diffuso appoggiato a un tematismo pregnante e dal tono tendenzialmente nostalgico,senza privarsi di qualche stilizzazione danzante. Nell’insieme l’opera risulta gradevolmente compatta nonché fondamentalmente serena nel suo fondo espressivo. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Diego R. Cescotti SALA FILARMONICA VENERDÌ 21 MARZO 2014 - ORE 20.45 TRIO WANDERER Jean-Marc Gerald Phillips-Varjabédian, violino Raphaël Pidoux, violoncello Vincent Pierre Coq, pianoforte CAMILLE SAINT-SAËNS Trio n° 2 op. 92 (1835-1921) Allegro non troppo Allegretto Andante con moto Grazioso, poco allegro Allegro PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ Trio in la minore op. 50 (1840-1893) Moderato assai - Allegro giusto Andante con moto Var I Var II: Più mosso Var III: Allegro moderato Var IV: L’istesso tempo (Allegro moderato) Var V: L’istesso tempo Var VI: Tempo di Valse Var VII: Allegro Moderato Var VIII: Fuga (Allegro moderato) Var IX: Andante flebile, ma non tanto Var X: Tempo di mazurka Var XI: Moderato Allegretto risoluto e con fuoco Andante con moto - Lugubre STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 71 Il Trio Wanderer, trio con pianoforte di livello internazionale, risponde in pieno allo spirito evocativo di cui il nome è latore:l’appellativo Wanderer rappresenta certamente un omaggio a Schubert e più in generale a tutto il romanticismo tedesco, indubitabilmente espressione della metafora del viaggiatore errante. I tre musicisti francesi costituenti il gruppo sono a loro volta dei viaggiatori erranti, in costante esplorazione dell’universo musicale, impegnati in un viaggio attraverso i secoli, da Mozart ed Haydn fino a giungere ai giorni nostri. Grazie allo straordinario stile, alla quasi telepatica comunione di intenti nell’interpretazione ed alla maestria tecnica, il Trio Wanderer è all’unanimità considerato uno dei migliori gruppi da camera del mondo. In seguito al conseguimento del Primo Premio per la musica da camera presso il Conservatoire National Supérieur de Musique di Parigi, il Trio ha continuato ad approfondire i propri studi musicali dal 1987 al 1991, con insegnanti del calibro di J. C. Pennetier, J. Hubeau, J. Starker, M. Pressler del Beaux Arts Trio, e del Quartetto Amadeus. Nel 1988 ha vinto la ARD Competition a Monaco di Baviera, e nel 1990 la Fischoff Chamber Music Competition negli Stati Uniti d’America. Soprannominato Wandering Star dalla rivista Strad, il Trio Wanderer è apparso presso le sale di più grande prestigio internazionale: Frick Collection di New York, Berlin Philharmonic Hall, Théâtre des Champs Elysées, Theâtre du Chatelet, Musée d’Orsay di Parigi, Library of Congress di Washington, Concertgebouw di Amsterdam, Wigmore Hall di Londra, Teatro alla Scala di Milano, Teatro Municipal di Rio de Janeiro, Kioi Hall, International Forum di Tokyo, Tonhalle di Zurigo, Palais des Arts di Bruxelles, Herkulessaal di Monaco di Baviera, Teatro de la Zarzuela di Madrid. Si è anche esibito in molti dei più importanti Festivals che il panorama musicale possa vantare: Edimburgo, Montreux, Feldkirch, Schleswig-Holstein, Rheingau Musiksommmer, Colmar, La Roque d’Anthéron, Folles Journées de Nantes, Granada, Le Settimane musicali di Stresa, ed Osaka. Nel 2002, il debutto avvenuto in seno al Festival di Salisburgo e definito dalla critica “un successo trionfale”, ha portato al reinvito nell’ambito delle edizioni 2004 e 2006. Di assoluto rilievo le collaborazioni con artisti quali il baritono austriaco W. Holzmair ed i direttori d’orchestra Y. Menuhin, C. Dutoit, J. Conlon, C. Hogwood, J. Loughran e M. Guidarini, collaborazioni quest’ultime avute in occasione di doppi e tripli concerti solistici con le orchestra di Nizza, Montpellier, Santiago del Cile, La Coruña, Tenerife, le due orchestre di Radio-France, l’Orchestra della Radio di Berlino, Sinfonia Varsovia, Graz’s Philharmonic Orchester, Köln’s Gürzenich Orchester, ecc. Il Trio Wanderer ha registrato due Cd per la Sony Classical (i due trii di Mendelssohn nel 1995 ed i trii di Dvorak e Smetana nel 1996). Nel 1999 il Trio Wanderer ha iniziato una collaborazione stabile con l’etichetta Harmonia Mundi, per la quale ha registrato opere di Chausson, Ravel, Schubert, Haydn, Saint-Saëns, Brahms, Shostakovich e Copland, nonché il Triplo Concerto di Beethoven (con J. Conlon e l’Orchestra della Radio di Colonia) ed il Quintetto di Schubert la Trota. Nel 2005, un nuovo CD dedicato ai tripli concerti di Martinu è stato pubblicato dall’etichetta Capriccio. Le registrazioni del Trio Wanderer sono state premiate con: Choc du Monde de la Musique, Fanfare’s Want List, Critic’s Choice de Gramophone, 5Sterne Ensemble Magazine, Klassik.com Empfehlung, Classical Internet Award 2005. Oltre 72 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO ad innumerevoli registrazioni radiotelevisive (Radio France, BBC, ARD, France 2, Mezzo), la TV satellitare franco-tedesca ARTE ha realizzato un documentario sul Trio Wanderer, trasmesso nel giugno 2003. Altri Premi e Riconoscimenti ricevuti dal Trio Wanderer sono stati: Victoire de la Musique nel 1997 ed il titolo di Gruppo da Camera dell’Anno nel 2000. Nell’ambito delle numerose fatiche discografiche, ricordiamo l’integrale dei trii di Brahms, premiata con il Diapason d’Or ed il Midem Classical Music Award 2007 quale miglior registrazione di musica da camera dell’anno. Il Trio Wanderer è onorato di essere sponsorizzato da Accenture Foundation. Futuri impegni lo vedranno protagonista nel corso della stagione ‘13/’14 di una lunga tournèe negli Stati Uniti ed in Giappone. STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 73 NOTE AL PROGRAMMA La biografia artistica di Saint-Saëns è tra le più smaglianti e complete che si possano trovare, tanto da essere definibile solo in termini iperbolici: egli infatti fu pianista virtuoso, organista rinomato, apprezzato didatta, direttore, critico, poeta, saggista, polemista, organizzatore, viaggiatore instancabile in ogni angolo del mondo e soprattutto autore di un ricco catalogo di musiche di ogni genere che sembrano non risentire di crisi o di arresti d’ispirazione, anche perché egli, incurante delle mode,aveva trovato il suo ubi consistam in una koiné classicista di marca francese il cui fondo razionalista e‘cartesiano’ lo preservava dalle derive del soggettivismo e dall’originalità a tutti i costi. Figura eminente del tout-Paris e imprescindibile in qualsiasi ambiente culturale, poteva orgogliosamente sfoggiare le onorificenze e i riconoscimenti di cui enti ed istituzioni gli erano stati generosi. Questo autentico «musicista favorito dagli dei» trovò nella Société Nationale de Musique, da lui fondata,il tramite per indirizzare 74 e confermare la musica strumentale francese nei suoi criteri di eleganza, solidità e buon gusto,rimanendo a lungo sulla breccia come figura di riferimento; e se non contribuì ad aprire strade nuove al linguaggio musicale, seppe però perpetuare fino all’estrema stagione la civiltà del sonatismo, preparando il terreno a dautori della giovane generazione come Ravel. Basta ascoltare il primo tema dell’Allegro che apre il Trio op. 92(1892) per rendersi conto della capacità di Saint-Saëns di creare un motivo suggestivo e memorabile e di svilupparlo come si conviene alle regole della scuola e del gusto. È su questa tinta nobile e patetica che il Trio prende le mosse, procedendo con passo alacre e riservandosi delle ampie sonorità nelle perorazioni. La struttura in cinque movimenti gli suggerisce di disporre le sezioni portanti ai due estremi e di colmare la parte interna con movimenti più brevi e quasi di transizione o di alleggerimento, tra cui un Allegretto garbato dal tono vagamente schumanniano. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Čajkovskij compose il suo Trio in la minore (1882) come risposta a un evento luttuoso eprecisamente come omaggio specifico alla figura dello scomparso, Nikolaj Grigor’evič Rubinstein, che era stato un’eminente figura di pianista, direttore d’orchestra e didatta, fratello di quell’Anton Grigor’evič, già fondatore del conservatorio di Pietroburgo. Fino a quel momento Čajkovskij si era sempre astenuto dallo scrivere un Trio con pianoforte, perché lo riteneva un genere ibrido e timbricamente squilibrato. Vi ricorse con una certa titubanza in questa sola occasione, dubitando fino alla fine di aver fatto «musica sinfonica adattata a un Trio piuttosto che musica scritta appositamente per esso». Ciò che è per noi indiscutibile è che si tratta di un’opera appassionata ed assolutamente sincera, nella quale il cordoglio per gli affetti colpiti ha modo di esprimersi in pieno pur sotto lo schermo dell’impeccabilità stilistica che si richiede a un prodotto ‘mondano’. La vasta partitura ha peraltro una struttura formale abbastanza anomala, racchiudendo una moltitudine di momenti diversificati e rapsodici in due grandi parti o blocchi (Pezzo elegiaco e Tema con variazioni) che ne garantiscono la continuità e l’unitarietà espressiva. Memorabile nel suo nobile pathos è il tema esposto dal violoncello e subito ripreso dal violino alla sottodominante che si trova all’inizio del Pezzo elegiaco, brano tra i più significativi di tutto il Čajkovskij strumentale. Qui i canoni della forma-sonata sono rispettati, ma, come altre volte in questo autore, i piani tonali conoscono una successione non convenzionale. Il secondo blocco è altrettanto ben coordinato nei suoi momenti, così che dal semplice tema in Mi maggiore esposto dal pianoforte si può snodare tutta la serie di variazioni, che, in numero di dodici, si susseguono alludendo ciascuna a diversi episodi della vita dell’amico defunto. Si hanno così momenti affettuosi (IX) ed altri più vigorosi e battaglieri (VII), tra movenze di valzer (VI), fughe severe (VIII) e suggestivi carillon (V), terminando poi su toni di trasfigurazione gloriosa ad omaggio e riconoscimento di una compiuta vita d’artista, riservando alle estreme battute un ultimo sospiro e un’ultima accentuazione di umano dolore. Diego R. Cescotti STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 75 SALA FILARMONICA GIOVEDÌ 27 MARZO 2014 - ORE 20.45 mariangela vacatello pianoforte LUDWIG VAN BEETHOVEN Sonata op. 53 Waldstein (1770-1827) Allegro con brio Introduzione: Adagio molto Rondò Allegretto grazioso ALBERTO EVARISTO GINASTERA Danzas Argentinas (1916-1983) Danza del viejo boyero Danza de la moza donosa Danza del gaucho matrero FRYDERYK CHOPIN (1810-1849) Ballata n. 3, in la bemolle maggiore op. 47 Notturno n.2 in reb maggiore op. 27 SERGEJ RACHMANINOV Sonata n.2, op. 36 (1931) (1873-1943) Allegro agitato Non allegro Allegro molto 76 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 77 Mariangela Vacatello è nata nel 1982 a Castellammare di Stabia, Napoli, da una famiglia di musicisti. Inizia gli studi musicali a 4 anni con i corsi Yamaha e a 7 con Aldo Tramma, allievo di Vincenzo Vitale, a Napoli. Successivamente entra all’Accademia Pianistica Incontri Col Maestro di Imola, dove si è formata con Franco Scala e, in seguito, con Piero Rattalino conseguendo il Diploma di “Master” nel 2006; allo stesso tempo ha frequentato il Conservatorio G.Verdi di Milano con Riccardo Risaliti dove si è diplomata nel 1999 col massimo dei voti, la lode e menzione speciale e si è laureata nel 2006 sotto la guida di Paolo Bordoni. Insieme allo studio del pianoforte ha affiancato per un certo periodo il corso di composizione sperimentale frequentando con Bruno Zanolini e Fabio Vacchi. Ha sviluppato ulteriormente le sue doti musicali attingendo alle esperienze artistiche di altri artisti quali Merlet, Lonquich, Lortie, Jasinskj, Howard, Dalberto, Lucchesini, Weissenberg, Margulis, Dorensky, Virsaladze, Isserlis, Rados in una serie di masterclasses tenute a Villecroze, Salisburgo, Crans-Montana, Sermoneta, Santander e Prussia Cove. Nel 2008 ha conseguito il DipRam in Piano Performance e ottenuto il premio speciale Council of Honour e ha ottenuto la Hodgson Fellowship per l’Anno 2008/2009. Ha ricevuto inoltre la Sterndale Bennett Scholarship dalla stessa Accademia ed è stata sostenuta e premiata da MBF “Myra Hess Award”, The Tillet Trust, Hattori Foundation, The Solti Foundation e dall’Acadèmie musicale de Villecroze. Vincitrice del Top of the World 2009 in Norvegia, Mariangela Vacatello annovera tra i suoi riconoscimenti il Laureate Prize al Queen Elisabeth Competition 2007 di Bruxelles, il 2° Premio al Concorso F.Busoni 2005, il 2° Premio al Concorso F. Liszt di Utrecht ottenuto all’età di 17 anni, è stata scelta a rappresentare l’Italia al Musical Interpretation Prize 2002 dei Lyons Club International a Bruxelles, il XVII Premio Venezia riservato ai migliori diplomati d’Italia, il premio Giuseppe Verdi: la musica per la vita. Inizia ad esibirsi in pubblico all’età di 5 anni e debutta ufficialmente con l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali a 14 anni nella sala Verdi del Conservatorio di Milano eseguendo il 1° Concerto di Liszt. La sua attività concertistica prosegue in numerose città italiane esibendosi, tra l’altro, al Teatro alla Scala, per la Società dei Concerti di Milano, nel Teatro Dal Verme, al Festival MiTo Settembre Musica, per il Maggio Musicale Fiorentino, nel Teatro Bibiena di Mantova, in Sala Greppi di Bergamo, per gli Amici della Musica di Verona, Padova, Mestre, Messina, per l’Accademia Filarmonica di Roma e di Bologna. Mariangela ama lavorare insieme ad orchestre e, tra le altre, Filarmonica della Scala, Orchestra Nazionale della RAI di Torino, Colorado Springs Symphony, Lithuanian Symphony, Stuttgarter Philharmonics, Nordwestdeutsche Orchestra, Johannesburg Philarmonic, Haydn di Trento e Bolzano, Orchestra di Padova e del Veneto, Tucson Symphony, Zagreb Philarmonia Orchestra, Orchestra della Magna Grecia, sotto la guida di direttori quali K.Penderecky, G.Kuhn, A.Nelsons, G.Korsten, D.Kawka, M.Haselboeck, M.Tabachnik, D.Meyer, B.Gueller, D.Itkin, Z.Hamar, C.Franklin, A.Nanut, L.Piovano, D.Renzetti, P.C.Orizio. è molto richiesta nella scena concertistica internazionale. E’ stata invitata al Festival di Radio France a Montpellier, diverse volte alla Salle Cortot, per la Societè Chopin di Parigi. Si è esibita a Berlino nella Konzerthause, a Salisburgo nell’Auditorium del Mozarteum, a Bruxelles nella Sala Grande del Conservatorio, a Zagabria nella Sala Lisinsky, a Londra nella Wigmore Hall, alla Carnegie Weill Hall di New York, la Bridgewater Hall di Manchester. Si è esibita in concerti solistici come pure in formazioni cameristiche con musicisti di chiara fama come Rocco Filippini, Gary Hoffmann, Toby Hoffman, Ilya Grubert , Timothy Fain, i Quartetti Ysaye e Takacs, Francesco Tamiati, Nello Salza. Ha collaborato in duo con il violoncellista Giovanni Gnocchi, col quale ha ricevuto il Premio del Pubblico nel Parkhouse Award 2007 e 2009 nella Wigmore Hall di Londra. 78 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA La cavalcata eroica con cui attacca la Sonata in do maggiore op. 53 di Beethoven rivela immediatamente in quale periodo l’autore l’abbia composta. Sonorità possenti, grandezze architettoniche, ritmi scalpitanti: sono queste le caratteristiche che descrivono il secondo periodo stilistico beethoveniano definito con quell’aggettivo che da sempre è associato al cipiglio del compositore di Bonn, ossia “eroico”. Questa sonata è la ventunesima composta dall’autore, che la scrive agli inizi del 1803, dopo la profonda crisi della sordità e la sua conseguente disperazione resa immortale nel Testamento di Heiligenstadt. Beethoven reagisce al dramma e lo fa nell’unico modo che era possibile per il suo animo, ossia da uomo. Trasforma cioè lo sconforto in energia propulsiva, in una ancora maggiore brama di possedere la vita, in un atto di eroismo. È in questo periodo che nascono opere come la Terza Sinfonia, l’ “Eroica” appunto (1802), la Sonata “A Kreutzer” per violino e pianoforte (1803), il Triplo Concerto per pianoforte, violino, violoncello e orchestra (1804) e un’altra grandiosa Sonata per pianoforte, l’ “Appassionata” (1805). L’opera 53 è conosciuta come Waldstein Sonate, dal nome del conte cui è dedicata, che fu il primo grande mecenate di Beethoven. Il giovane Ludwig raggiunse Vienna per diventare allievo di Haydn proprio grazie al conte Ferdinand Waldstein, che in quell’occasione pronunciò l’importante augurio passato alla storia: «che tu possa ricevere lo spirito di Mozart attraverso le mani di Haydn». In territorio francese ed italiano questa stessa sonata è conosciuta anche sotto l’appellativo di “Aurora”, probabilmente per le atmosfere albeggianti dell’Adagio o per le nebbie dell’ultimo tempo dove l’abbondante uso del pedale e i lunghi trilli, usati qui in maniera sperimentale, dipingendo luminosità degne di un Impressionista ante litteram. Pur essendo scritta in tre movimenti, la Sonata si appoggia esclusivamente sul primo e sull’ultimo tempo, di ampie dimensioni, utilizzando il brevissimo secondo movimento – conta solamente ventotto battute – come una cerniera tra i due. L’Adagio molto appare infatti come un lento preludiare che nasce dall’oscurità del registro grave. Non ha le misure di un brano a se stante, quanto invece quelle di una pausa meditativa che prepara alla complessità del Rondò finale. In principio Beethoven aveva composto per questa Sonata un secondo movimento ben più lungo e strutturato. Si trattava di un Andante in fa maggiore, pubblicato singolarmente nel 1806 come Andante Favori WoO 57. L’eliminazione di questo brano, giustificata al tempo come una richiesta da parte dell’editore per l’eccessiva lunghezza della sonata, a ben vedere riflette una scelta stilistica in linea con il “periodo eroico” di Beethoven. Solo in questo modo viene infatti salvaguardata la vitalità che caratterizza gli altri due importanti movimenti e dunque l’anima della Sonata. Non è la cantabilità ciò che interessa all’autore in queste pagine, quanto la drammaticità e la spettacolarità tipica del Concerto con l’orchestra. Lo stesso pianoforte viene spinto verso sonorità nuove, sinfoniche, con ripetizioni ossessive di triadi negli accordi ribattuti della mano sinistra nell’Allegro con brio (rumore, non musica, secondo Alfredo Casella), con il dominio di sonorità e registri estremi, con un virtuosismo quasi ineseguibile nel glissando di ottave scritto alla fine del Rondò, dove trilli infiniti anticipano l’idea di un terzo pedale, come quello inventato in epoca moderna. L’effetto più innovativo che Beethoven sperimenta nella Waldstein è l’utilizzo del pedale di risonanza, così abbondante da creare dissonanze eversive per l’orecchio dell’epoca. Ed è proprio il terzo ed ultimo movimento quello più interessante. Comincia con un delicato tema pastorale che si alterna ad episodi pieni di contrasti sonori e ritmi sempre più incalzan- STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 79 ti fino ad arrivare al Prestissimo, dove il tema iniziale fugge nell’eroica cavalcata finale. Alberto Ginastera viene ricordato soprattutto per il suo interesse alla formazione musicale in Sud America, che promosse non solo dedicandosi all’insegnamento – il suo allievo più famoso fu Astor Piazzolla – ma anche con l’apertura di numerose scuole e conservatori. L’amore per la sua terra, motivo ispiratore di questa missione educativa, pervade le sue composizioni che rifulgono di folklore argentino. Non si tratta però di una stilizzazione di melodie o ritmi tradizionali, ma di un vero e proprio stile personale che richiama il folklore del Sud America, alla maniera di Batròk o di De Falla, ossia attraverso una ricerca ed un uso del materiale popolare con la serietà etnomusicologica che era nata agli inizi del Novecento. Anche nelle Danze Argentine, prima opera per il pianoforte scritta dall’autore all’età di ventun anni, troviamo ritmi marcati e adagi meditativi, cioè il colore delle pampas, dalla vastità dei silenzi alle cavalcate dei gauchos. Corre sui tasti neri (la mano sinistra) e bianchi (la mano destra) il primo brano, la Danza del vecchio bovaro, dove la rapidità sospende lo stridore di un cammino politonale e termina nel giro di un breve minuto in un accordo che imita la chitarra. Il secondo pezzo, la Danza della ragazza graziosa, regala una dolce e melanconica pausa di lirismo, con quel canto solitario e nostalgico che ripete più volte un piccolo intervallo di seconda minore discendente, due note che nella storia della musica sono sempre state associate al tema del lamento. Ritorna invece il fermento del ritmo nel terzo brano, la Danza del gaucho malizioso, dove viene recuperata anche una certa spettacolarità del gesto sino ai due virtuosistici glissandi finali. Sembra di vederlo, questo giovane mandriano, che con l’ardore dell’età si lancia al galoppo sull’arida pianura delle pampas “in modo furioso”, “violento” e “selvaggio” - come scrive lo stesso autore sullo spartito. 80 Ginastera amava l’Argentina, il suo folklore, le sue danze e in tutta la vita, pur avendo maturato degli stili compositivi differenti, dal nazionalismo al simbolismo, attingerà sempre alla musica tradizionale della sua terra. Probabilmente le Danze Argentine, in quanto opere giovanili, non rappresentano lo stile più interessante e compiuto di questo autore, che si dedicò nuovamente al repertorio pianistico solo verso i cinquantanni, ma sono ugualmente molto amate dai giovani pianisti che spesso le inseriscono nei programmi proprio per lo slancio del folklore sudamericano. In un saggio nel 1841 Robert Schumann riporta la dichiarazione di Chopin di essersi ispirato ad alcune poesie del connazionale Adam Mickievicz per comporre le sue quattro Ballate. Si tratta di un’interessante notizia biografica, se non fosse che il periodo storico in cui viene pronunciata vivesse un’aperta discussione estetica che vedeva contrapposta la musica a programma – ossia l’idea che la musica sia scritta per descrivere i sentimenti suscitati dalle parole di una poesia o dai colori di un quadro – alla musica assoluta – ossia il concetto, teorizzato di lì a poco da Eduard Hanslick, che la musica valga in assoluto per quello che è, senza la necessità di essere il significante di qualsivoglia significato per esistere. Qualcuno identificò addirittura i quattro testi da cui avrebbero preso spunto le opere chopiniane, come racconta il musicologo Marco Beghelli, «rispettivamente il poema Conrad Wallenrod, dedicato alle gesta dell’eroe; Switez, il lago lituano che inghiottì le ragazze del luogo per non farle cadere nelle mani dei Russi; la leggenda della fanciulla Ondine; la storia dei Tre Budrys, giovani lituani che sposano tre ragazze polacche». In realtà Chopin non volle descrivere i testi poetici di Mickievicz, che utilizzò invece più tardi nei Canti Polacchi op. 74, ma si lasciò ispirare dalla voce patriottica dell’esule, dal suo mondo poetico e narrativo. Chopin cominciò a comporre la prima Ballata ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO nel 1831. È la prima volta che questo termine, “ballata”, viene utilizzato per un pezzo solo strumentale, avendo sempre significato un componimento poetico o tuttalpiù la sua trasformazione in canto. L’autore usa cioè un termine nuovo per battezzare una nuova composizione musicale che utilizza alcune caratteristiche formali e stilistiche tipiche della sonata, del rondò, dello scherzo, della polacca, del notturno e della mazurca, senza appartenere a nessuno di questi generi. Chopin crea quindi nelle ballate una summa di tutto ciò, attraversata da un forte senso epico, narrativo. L’inizio dell’opera 47 presenta un tema intimo e malinconico ma comunque scorrevole, caratteristica comune anche alle altre ballate, se si tralascia la brevissima introduzione della prima. Appare quindi una seconda idea dalla delicata dolcezza, ma il brano prosegue animandosi con una complessità di scrittura e densità di emozioni sempre maggiori, alternando e variando i due temi che lo compongono, per raggiungere nel finale a una grandezza epica. Il manoscritto della Terza Ballata op. 47 venne spedito all’amico e connazionale Julius Fontana alla fine del mese di ottobre del 1841, come leggiamo in una lettera che Chopin gli scrisse dalla campagna di Nohant, dove era solito trascorrere l’estate allontanandosi da Parigi. Fontana era il copista prediletto di “quelle mosche manoscritte”, come lo stesso Fryderyk chiamava la sua minuta ed esile grafia delle note sul pentagramma. Amico di sempre, veniva in realtà sfruttato avidamente dal compositore come copista e segretario - le lettere a lui indirizzate sono piene di ordini e richieste, dai rapporti con gli editori per vendere i manoscritti con il maggior guadagno alla ricerca di appartamenti nella capitale, dalla spedizione dei pianoforti come delle vecchie scarpe (!). Lascia sorpresi scoprire nell’epistolario il lato concreto e calcolatore di Chopin, così lontano dall’immagine stereotipata di artista dall’animo delicato e dalla salute cagionevole. Sempre nelle missive indirizzate a Fontana, Chopin non usa mezzi termini inveendo contro l’editore londinese Wessel, «quell’imbecille e quell’imbroglione», che pubblicando i due Notturni op. 27 vi aveva imposto il fastidioso titolo “Le Lamentose”. Più che di lamenti, queste due sublimi pagine sono la massima espressione del genere in cui Chopin fu massimo artista. Raccontano la nostalgia di un sentimento profondo, accorato nella cantabilità della mano destra, delicato nella leggerezza della mano sinistra, che si muove in entrambi i due Notturni con quel tipico movimento arpeggiato ed ampio come la coda di un pavone in piena ruota, preziosa nei colori e morbidissima nelle piume. Il n. 1 in do diesis minore rappresenta, secondo il biografo Jaroslaw Iwaszkiewicz, una «meditazione notturna sulla patria», denotando quindi un carattere più cupo e pensieroso rispetto al n. 2 in re bemolle maggiore, un «poema della notte» dove la quiete culla gli animi. Parte in maniera travolgente la Seconda Sonata di Rachmaninov, il cui primo movimento è caratterizzato dall’impeto e dalla grandiosità di suono, lo slancio che conosciamo e che più appassiona nella musica dell’autore russo. L’impeto del primo tema trova il suo equilibrato contraltare in un secondo tema che sa aprirsi invece alla serenità, con un suono limpido e un respiro meditativo che in più di un’occasione tornerà ad acquietare il fervore nel primo movimento. Ritroveremo queste due idee tematiche negli altri due movimenti, in un cammino senza soluzione di continuità che, pur richiamandosi alla forma sonata, si presenta quasi come un’unica grande architettura. Il secondo tempo, curiosamente indicato come Non allegro, accosta ad un tema di ampio lirismo degli episodi dai caratteri molto contrastanti, in una grande ricchezza creativa. Chiude la sonata un movimento agitato ed energico, che termina, utilizzando le parole di Rattalino, «con l’apoteosi trionfante del secondo tema del finale, e quindi con la più classica delle catarsi». STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 81 Rachmaninov scrisse la Seconda Sonata per pianoforte a quarant’anni, in un periodo di grande creatività compositiva e di serenità familiare. La dedicò all’allievo e amico Matvey Pressmann e ne diede la prima esecuzione a Mosca sul finire del 1915. La critica la accolse come «un’opera di grande talento e maturità, ma che dimostrava riserbo, severità e meno lirismo rispetto ad una composizione che fosse scritta da Rachmaninov». Forse insoddisfatto per questo giudizio, o forse ancora non convinto sulla struttura definitiva della sonata, pensò a lungo come revisionarla. Certo è che pochi pianisti all’epoca la misero nei programmi a causa del sue spiccate asperità virtuosistiche. Il fatto che Rachmaninov possedesse una tecnica pianistica notevole, tanto da renderlo famoso negli anni americani soprattutto come virtuoso dello strumento più che in qualità di compositore, comporta inevitabilmente la presenza nelle sue opere di alcune difficoltà esecutive che a volte solo le sue mani potevano affrontare. Nella seconda versione, che l’autore realizzò 82 solo nel 1931, quasi vent’anni dopo, vennero tagliate centoventi battute ed alcune stravaganze virtuosistiche, alleggerendo la tessitura. Si passò da un marasma psicologico ad una forma più pura. In realtà l’opera rimane assai impegnativa e ardita, come potremo ascoltare nell’esecuzione di Mariangela Vacatello che ha scelto questa seconda versione dell’autore per il suo concerto a Rovereto. Ne esiste anche una terza versione, realizzata nel 1943 dal leggendario pianista Vladimir Horowitz. Grande ammiratore di Rachmaninov – si racconta che, da bambino, suscitasse le ire di sua madre poiché, invece che dedicarsi allo studio di Bach, Mozart e Beethoven, trascorreva intere giornate a suonare le opere del suo idolo – realizzò una nuova versione, con l’approvazione dell’autore, combinando assieme quella originale del 1913 con quella revisionata del 1931. Grazie a lui la Seconda Sonata di Rachmaninov ottene finalmente il successo tanto desiderato ed entrò di diritto nel repertorio dei pianisti. Monique Ciola ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 - ORE 20.45 ORCHESTRA HAYDN Marco Pierobon direttore, tromba “A Gershwin Night” GEORGE GERSHWIN Porgy and Bess suite per tromba * (1898-1937) Orchestra e Jazz Drum Set Songs per Orchestra,* Rhapsody in Blue per Tromba e Orchestra ** An American in Paris * * arr. di M.Pierobon ** arr. di T. Dorkshitser/M.Pierobon STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 83 SALA FILARMONICA LUNEDÌ 12 MAGGIO 2014 - ORE 20.45 MICHELE MARASCO flauto traverso Irene veneziano pianoforte CARL REINECKE Sonata Undine op.167 (1824-1910) Allegro Intermezzo Andante Finale FRANCIS POULENC Sonata (1899-1963) Allegro Malinconico Cantilena Presto Giocoso FRANK MARTIN (1890- 1974) 84 Ballade ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Michele Marasco ha avuto tra i propri insegnanti C. Klemm e A. Nicolet per il flauto, G. Giani Luporini per la composizione e F. Rossi per la musica da camera. Ha suonato come primo flauto solista all’Opera di Zurigo, nell’Orchestra della Radio di Lipsia, presso il Teatro Carlo Felice di Genova, nell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma, nella Filarmonica della Scala e nell’ORT-Orchestra della Toscana. Si è esibito come solista in sale prestigiose come la Carnegie Hall (New York), St John’s Smith Square (Londra), la Wiener Konzerthaus (Vienna), la Sala Verdi del Conservatorio di Milano e per i più importanti Festival europei, come Maggio Musicale Fiorentino, Ravenna Festival, Settembre Musica (Torino) e i Festival di musica contemporanea di Strasburgo e Salisburgo. Ha eseguito numerose prime esecuzioni in Italia, Stati Uniti, Germania, Austria, Portogallo e Messico di compositori come Berio, Sciarrino, Gentile, Stuppner, Tutino, Cavallari, De Pablo, Donatoni, Benvenuti, Luporini, Einaudi, Antonioni. Ha effettuato registrazioni per la RAI, la Radio Francese, la RTV della Svizzera Italiana e della Suisse Romande; ha inciso in CD con Ricordi, Capstsone, Arts, Antes, Nuova Era, Frame, Stradivarius e Diapason. Invitato da Maurizio Pollini e Luciano Berio ha partecipato come solista al Festival di Salisburgo nel 1999, al Pollini Project 2001 a New York nella Carnegie Hall, nel 2002 a Tokyo nella Kioi Hall, nel 2003 a Roma nel nuovo Auditorium del Parco della Musica, nel 2006 a Vienna nella Wiener Konzerthaus e a Milano presso il Teatro alla Scala, e nel 2009 presso il Teatro Comunale di Bologna e a Parigi nella Salle Pleyel. Irene Veneziano si è diplomata con 10, lode e menzione all’Istituto Musicale Pareggiato “G. Puccini” di Gallarate (M° M. Neri); nel 2008 ha ottenuto il Diploma Accademico di II livello al “G. Verdi” di Milano (M° Edda Ponti) con 110/110, lode e menzione; il Diploma di Musica da Camera con menzione presso l’Accademia Internazionale di Imola (M° P. N. Masi e Trio Altenberg); il Diploma del Corso di Perfezionamento Pianistico presso l’Accademia di S. Cecilia di Roma (M° S. Perticaroli) con 10 e lode. Le è stata inoltre assegnata la Borsa di studio G. Sinopoli 2008 per il miglior diplomato dell’Accademia, consegnatole dal Presidente della Repubblica al Quirinale. Nel 2009 ha infine conseguito il Diploma di Didattica della musica a Milano. Si è perfezionata con i Maestri A. Maffei, S. Perticaroli (anche al Mozarteum di Salisburgo), E. Fadini, M. Vidlund, M. Roscoe, F. Scala, J. Achucarro, D. Merlet, P. Gililov e K. Bogino. Ha vinto una trentina di concorsi pianistici nazionali ed internazionali, tra gli altri, il Prix Jean Clostre 2008 a Ginevra , il secondo premio al B&B International Piano Competition 2009 di New York, il premio A. Casella al Premio Venezia , 1° Premio ed assegnazione del Grand Prix per il punteggio più alto fra tutte le categorie al Tim Torneo internazionale di musica 2012 a Parigi. è stata una dei sei pianisti scelti per la prestigiosa Eppan Academy 2012. Irene Veneziano svolge intensa attività concertistica in Europa (Italia, Svezia, Polonia, Francia, Svizzera, Albania, Montenegro, Slovenia, Germania, Gran Bretagna), Asia (Vietnam, Giordania, Israele, Cina, Singapore, India, Corea), Africa (Tunisia) e America (Usa, Canada). A Pechino è stata nominata membro onorario del Beijing Bravoce Music Club. Ha collaborato con importanti musicisti tra i quali: i flautisti W. Bennett, D. Formisano, A.Oliva, M. Evangelisti, A. Morzenti, A. Citterio, con il quartetto Terpsycordes; con i violinisti F.Dego, D.Pascoletti, i tenori S. Pirgu, P. Mazzocchetti; il pianista B. Canino. Suona in duo stabilmente con il rinomato flautista Andrea Griminelli. STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 85 86 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 87 NOTE AL PROGRAMMA Carl Reinecke (1824-1910) Sonata in mi minore per flauto e pianoforte op. 167, “Undine” La sonata “Undine” per flauto e pianoforte rappresenta forse, insieme al concerto per arpa e orchestra op. 182, l’opera più celebre di Carl Reinecke, compositore, direttore d’orchestra e didatta tedesco attivo tra Germania e Danimarca durante una lunga carriera dispiegatasi per tutta la seconda metà del secolo XIX. La musica di Reinecke si inserisce a pieno titolo nella grande corrente del tardo romanticismo di area germanica, caratterizzata com’è da forti tensioni armoniche e dal ricorso frequente a spunti e suggestioni poetiche, letterarie e folkloristiche. La storia su cui si basa la musica della sonata “Undine” è tratta dalla novella dello scrittore tedesco Friedrich de la Motte Fouqué che porta lo stesso titolo (noteremo per inciso che questa novella ha goduto di una fortuna davvero singolare presso i musicisti, tanto da ispirare anche E.T.A. Hoffman, che compose un’opera lirica ispirata a questo soggetto e Dvorak che usò spunti della storia per la sua Rusalka). Nella novella si narra di Undine (un’Ondina, uno spirito dell’acqua delle antiche mitologie germaniche), che può ricevere un’anima immortale solo vivendo un’esperienza di amore umano. A tale scopo decide di rinascere e viene allevata da una coppia di semplici pescatori; divenuta ormai una giovinetta incontra il cavaliere Hulbrand e se ne innamora, ricambiata. I due si sposano e solo dopo la prima notte di nozze Undine trova il coraggio di confessare a Hulbrand la sua vera natura, offrendogli perfino di ridargli la libertà: ma Hulbrand non vuol sentirne parlare e le rinnova le promesse di fedeltà e amore eterno. Poco dopo la celebrazione del matrimonio, Undine riceve la visita dello zio Kuhleborn che le ricorda il filo sottile a cui è appeso il suo futuro umano: se mai Hulbrand dovesse mancarle di rispetto, dovrà pagare con la morte. A guastare l’idillio dei due sposi arriva Berthalda, la prima fidanzata di Hulbrand che riesce 88 ad insinuarsi nel loro menage fino a riconquistare l’amore del cavaliere: istigato da lei Hulbrand tratta sempre peggio Undine, fino al punto di ripudiarla. A questo punto la sorte di Hulbrand è segnata, e sarà proprio Undine a dover eseguire la sentenza: durante il banchetto di nozze tra Hulbrand e Berthalda fa il suo ingresso nella sala e dà un bacio di morte a Hulbrand. Ella sparisce definitivamente dopo i funerali del cavaliere, ed al suo posto appare una sorgente d’acqua da cui si dipartono due rivoli che circondano la tomba di Hullbrand. Il primo movimento (Allegro) rappresenta Undine nel suo mondo subacqueo, ed è al tempo stesso rappresentazione del fluire incessante dell’acqua e del desiderio della ninfa di conquistarsi l’anima. Il secondo tempo (Allegretto vivace) descrive la vita di Undine presso la sua famiglia adottiva: la serena semplicità della casa dei pescatori e (nella parte affidata al solo pianoforte) il loro sbigottimento – che poi si tramuta in accettazione - davanti all’impulsività della fanciulla. Il terzo tempo (Andante tranquillo) raffigura il sogno d’amore di Undine, la nascita dei suoi sentimenti verso Hullbrand e la loro tormentata intensità, con un’agitata parentesi a rappresentare la minaccia di Kuhleborn. Nel drammatico quarto tempo (Allegro molto agitato e appassionato, quasi Presto) vengono narrati il tradimento di Hullbrand, i vani lamenti di Undine, e la rabbia e la vendetta degli spiriti dell’acqua. La sonata termina con un’eco del tema d’amore del secondo tempo, raffigurando così la conclusione – mesta e al tempo stesso dolcemente consolatoria – del racconto. Francis Poulenc (1899-1963) Sonata per flauto e pianoforte FP 164 La sonata per flauto e pianoforte venne composta da Poulenc tra il 1956 e il 1957, in un’epoca in cui il compositore francese era parallelamente impegnato nel completamento della stesura della sua più grande opera lirica, i Dialogues des Carmelites. Non è forse peregrino ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO affermare che qualcosa del tono dell’opera, e in particolare della musica che Poulenc affida al personaggio di soeur Constance, sia filtrato anche in questa sonata. Il lavoro di Poulenc si inserisce a pieno titolo nella tradizione francese di grande interesse per le sonorità al tempo stesso nitidamente sbalzate e morbidamente sensuali del flauto. Il primo tempo (Allegro malinconico) è basato su una semplice struttura tripartita e animato dal contrasto fra due temi, il primo dei quali è pensoso e meditativo mentre il secondo risulta più liricamente disteso. Il secondo tempo (Cantilena. Assez lent) è forse la parte della sonata più intimamente imparentata, per mezzi espressivi e mood generale, con la musica dei Dialogues. Si tratta di una nenia di straniante dolcezza, priva di un preciso centro tonale e caratterizzata dall’assenza di contrasti e da un clima di serenità e rassegnazione. Il finale (Presto giocoso) conclude la pagina in un clima di gioiosa spensieratezza, con un tema che a tratti richiama quello della Badinerie della suite per orchestra n. 2 di Bach e un gusto armonico piquant tipica del neoclassicismo musicale di Poulenc. Frank Martin (1890-1974) Ballade per flauto e pianoforte Frank Martin, compositore svizzero attivo anche in Germania e in Olanda, è stato soprattutto un autore di musica vocale, avendo composto diversi oratori, musica sacra e cicli liederistici per voce solista ed orchestra. Una importanza non secondaria nella sua produzione riveste però anche l’ambito della musica da camera, e in particolare le Ballate (per singoli strumenti o per duo: per sassofono, per pianoforte solo, per trombone, per arpa e clavicembalo, per viola, etc.) La Ballata per flauto e pianoforte fu composta nel 1939 in occasione della prima edizione del Concorso internazionale di esecuzione musicale di Ginevra, concorso per il quale a Martin fu chiesto di comporre un pezzo che potesse essere usato come brano obbligatorio per i programmi di flauto. Data la sua origine, si comprende bene come pur nella sua breve durata essa si configuri come un autentico pie- ce de resistance, in cui le possibilità tecniche del flautista sono messe davvero a dura prova. Se Chopin componendo le sue Ballate si era rifatto (in maniera più o meno conscia) alle composizioni poetiche del suo compatriota Adam Mickiewicz, per Martin il riferimento letterario può essere probabilmente colto nelle ballate del poeta medievale francese François Villon. Così il clima perennemente cangiante, emotivamente instabilissimo, della composizione trova il suo antecedente nella prima stanza della Ballade du concours de Blois di Villon: Je meurs de seuf auprès de la fontaine, Sto morendo di sete vicino a una fontana, Chaud comme feu, et tremble dent à dent; sono caldo come il fuoco, e tremo dente a dente; En mon pays suis en terre lointaine; Nella mia patria sono in terra straniera; Lez un brasier frissonne tout ardent; Vicino al braciere tremo di caldo; Nu comme un ver, vêtu en président, Nudo come un verme, abbigliato come un presidente, Je ris en pleurs et attends sans espoir; Rido tra le lacrime e attendo senza speranza; Confort reprends en triste désespoir; Mi conforto in triste disperazione; Je m’éjouis et n’ai plaisir aucun; Mi rallegro e non ho alcun piacere; Puissant je suis sans force et sans pouvoir, Forte, io sono senza forze e senza vigore, Bien recueilli, débouté de chacun. Bene accolto e scacciato da tutti. Stanza che sembra riecheggiare le indicazioni apparentemente contraddittorie (piano e marcato, forte e leggiero) di cui Martin ha disseminato la partitura. Così, dopo un inizio pensoso, attraverso un continuo mutarsi di ritmi, armonie, climi espressivi, la Ballata raggiunge una conclusione piena di un sentimento di gioia e autoaffermazione. Composizione impegnativa tanto per l’interprete che per l’ascoltatore ma che per l’uno e per l’altro ha in serbo sorprese che valgono l’impegno. STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 Gaetano M. Roberto 89 SALA FILARMONICA MARTEDÌ 20 MAGGIO 2014 - ORE 20.45 I Fiati solisti dell’Orchestra Haydn Marco Mandolini, direttore, violino Michelangelo Mercuri, contrabbasso WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756-1791) 90 Eine kleine Nachtmusik KV525 GIOVANNI BOTTESINI (1821-1889) Concerto per contrabbasso n. 2 BELA BARTÓK (1881-1945) Danze popolari rumene ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO CHIESA S. MARCO MARTEDÌ 6 GIUGNO 2014 - ORE 20.45 ORCHESTRA HAYDN Hansjörg Albrecht, direttore WOLFGANG AMADEUS MOZART Messa in do magg. K317 (1756-1791)“Messa dell’incoronazione” STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 91 ALTRE INIZIATIVE BIBLIOTECA CIVICA “G. TARTAROTTI” - ROVERETO NOVEMBRE 2013 - APRILE 2014 Ingresso libero. Inizio ore 18.00 Musica in Biblioteca MOMENTI MUSICALI A CURA DI INSEGNANTI ED ALLIEVI Scuola Musicale dei QuattroVicariati Operaprima venerdì 29 novembre 2013 • Scuola Musicale Jan Novák venerdì 13 dicembre 2013 • Civica Scuola Musicale Riccardo Zandonai venerdì 31 gennaio 2014 • Scuola Musicale dei QuattroVicariati Operaprima venerdì 28 FEBBRAIO 2014 - ore 20.30 • Scuola Musicale Jan Novák venerdì 14 MARZO 2014 • Civica Scuola Musicale Riccardo Zandonai venerdì 11 aprile 2014 ••• Associazione Filarmonica di Rovereto Assessorato alla Contemporaneità Biblioteca Civica “G. Tartarotti” - Comune di Rovereto Civica Scuola Musicale “R. Zandonai” - Rovereto Scuola Musicale “J. Novák” - Villa Lagarina Scuola Musicale dei Quattro Vicariati “OperaPrima” - Ala Ingresso libero domenica 5 gennaio 2014 - ore 20.45 Rovereto, Sala Filarmonica Orchestra da Camera Giovanile di Domodossola Filippo Lama, Maestro concertatore domenica 2 febbraio 2014 - ore 10.30 Rovereto, Sala Filarmonica Monica Maranelli pianoforte --Conservatorio F.A. Bonporti di Trento, Kravtchenko domenica 23 febbraio 2014 - ore 10.30 Rovereto, Sala Filarmonica Lorenzo Tranquillini violino Marika Art pianoforte --Scuola Musicale Jan Novák domenica 23 marzo 2014 - ore 10.30 Rovereto, Sala Filarmonica Lorenza Baldo violoncello Michele Campo pianoforte --Conservatorio di Cremona Associazione Filarmonica di Rovereto - Civica Scuola Musicale Riccardo Zandonai Scuola Musicale Jan Novák - Scuola Musicale dei 4 Vicariati Operaprima Biblioteca Civica Girolamo Tartarotti domenica 30 marzo 2014 - ore 10.30 Rovereto, Sala Filarmonica Marco Pomarolli flauto Francesca Lombardi flauto Antonio Vicentini pianoforte --Scuola Musicale Jan Novák domenica 13 aprile - ore 10.30 Rovereto, Sala Filarmonica Francesca Temporin violino Kim Fabbri pianoforte --Conservatorio B. Maderna di Cesena domenica 27 aprile 2014 - ore 10.30 Rovereto, Sala della Biblioteca “G. Tartarotti” Davide Corlevich chitarra --Conservatorio Dall’Abaco di Verona STAGIONE DEI CONCERTI 2013-2014 97 SCUOLA MUSICALE “JAN Aperitivi in Aperitivi centenari Quest’anno il pretesto della ricorrenza di un centenario, e dei suoi multipli, ricorre in tutti e tre gli appuntamenti della tradizionale rassegna di Palazzo Libera. è la nostra cocciuta volontà di informare i giovani, e non solo, dei tesori d’arte custoditi nelle pieghe della Storia della Musica. Si potrebbe quasi dire che facciamo controinformazione, dato che, evidentemente, la cultura musicale dominante e suoi profeti non si occupano certo di ricordare Corelli, Britten, Verdi e Wagner, se non nei suoi santuari più raffinati e chiusi, accessibili solo ad un pubblico ristretto e selezionato. Invece una Scuola di Musica come la Jan Novák, che si occupa principalmente di educazione musicale di base, tiene la sua porta ben aperta: in questo caso per invitare tutti voi alle nostre matinèe a Palazzo Libera. Siate i benvenuti! 17 novembre 2013 - ore 11.00 ARCANGELO CORELLI ED I SUOI CONTEMPORANEI nel 300° anno dalla morte di A. Corelli Andrea Ferroni, Violino I Stefano Roveda,Violino II Ivo Brigadoi, Violoncello Pierpaolo Ciurlia, Liuto Musiche di Corelli, Muffat, Stradella, Torelli, Bononcini, Cazzati, Vitali NOVÁK” VILLA LAGARINA musica 2013 24 novembre 2013 - ore 11.00 DUO ARPA - PIANOFORTE Barbara Forneron, Arpa Elena Cotogno, Pianoforte Musiche tradizionali ebraiche e di Franck, Britten, Salzedo 1 dicembre 2013 - ore 11.00 ...QUESTI INCORREGGIBILI! lezione-concerto nel tentativo di giungere alle soglie delle ineffabili leggi che governano il bello musicale Musiche di Mozart, Beethoven, Saint-Saëns, Wagner, Verdi, Fabosco, Scorno, Bartok A cura di Maria Maddalena Kiniger e Franco Bosio Scuola Musicale Jan Novák in collaborazione con il Comune di Villa Lagarina - Ingresso Euro 5 Prenotazione obbligatoria alla segreteria della Scuola musicale 0464411893 entro il giovedì precedente al concerto. I sabati precedenti alle tre domeniche dei concerti si svolgeranno delle prove generali aperte solo agli allievi delle Scuole musicali, quando i brani in programma verranno proposti in chiave didattica. MUSICA A PALAZZO 2014 XIiI edizione Concerti nei Palazzi Storici Ala - Avio - Brentonico - Mori SPETTACOLI DELLA SCUOLA MUSICALE PER IL TERRITORIO 29 Marzo - Avio Concerto del Coro Voci Bianche ---- 12 Aprile - Mori Attenti, Battenti ... Iniziamo! Spettacolo dei / per i bambini ---- 24 Maggio - Brentonico Kirikù e altre storie (racconti e musiche dell’Africa subsahariana) Spettacolo multimediale delle orchestre e degli ensemble della Scuola Musicale ---14 Giugno - Ala OperaPrima Live Concerto RockLab & JazzLab INFORMAZIONI OperaPrima - Scuola Musicale dei Quattro Vicariati Via Zandonai, 1 – 38061 Pilcante di Ala (TN) Tel. 0464 680000 - 349 0542909 - E-mail: [email protected] - www.operaprima.org Tutti i concerti avranno inizio alle ore 20.45. Gli abbonati sono tenuti a prendere possesso dei loro posti entro le ore 20.40: trascorso questo termine i posti potranno essere messi in vendita. *** Si ringraziano i redattori delle note ai concerti: Monique Ciola, Diego R. Cescotti, Sara Cazzanelli, Diego Procoli, Adriano Del Sal, Gaetano M. Roberto Realizzato e stampato in Italia, nel mese di ottobre 2013, dall’Azienda di Arti Grafiche TIPOFFSET MOSCHINI 38068 Rovereto (TN) - Via G. Tartarotti, 62 - [email protected] Stampato su carta ecologica sbiancata senza cloro. Associazione Filarmonica di Rovereto 38068 Rovereto (TN) - Italia - Corso Rosmini, 78 Tel. e Fax 0464·435255 - E-mail: [email protected] www.filarmonicarovereto.it