Scarica il catalogo della mostra

annuncio pubblicitario
CASA DI RIGOLETTO
8/23 ottobre 2016
Carlo Dusi
“Amor di Vinile”
Titolo della mostra: ”Amor di Vinile”
Autore: Carlo Dusi
Genere: Esposizione dischi rari
Luogo: Casa di Rigoletto - Mantova, Piazza Sordello
Inaugurazione: 8 ottobre - ore 18,00
durata: 8/23 ottobre 2016
Organizzazione: Comune di Mantova - Ufficio Mostre
A cura di: Carlo Micheli/Giorgio Signoretti
Info: 0376.288208
orari: tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00
Banco del Mutuo Soccorso, “ Banco del Mutuo Soccorso”, ITA, Ricordi records, 1972
Primo album del gruppo rock progressivo italiano con una soluzione grafica brillantissima ed
originale. La copertina della prima edizione è sagomata a forma di salvadanaio e dalla feritoia si
estrae una striscia di cartoncino, tenuta da un elastico, con i volti dei musicisti.
...Era uno di quegli uomini che pretendono di rinchiudere l’universo in un armadio
Questo è il sogno di ogni collezionista. E siccome questo sogno è irrealizzabile,
i veri collezionisti, come gli amanti, anche nella felicità vengono colti da tristezza infinita.
Sanno che non potranno mai chiudere a chiave la terra intera, mettendola in una vetrina.
Da qui viene la loro profonda malinconia
Anatole France
.
Tutti coloro che hanno conosciuto Carlo Dusi non saranno d’accordo con le
parole del grande novelliere francese, avendo il ricordo di una persona mite,
serena, niente affatto malinconica e, soprattutto, per nulla propensa a rinchiudere i propri tesori in un armadio. Carlo era mosso dalla passione profonda
per la musica che, in epoca pre-internet, significava documentarsi su riviste
specializzate, memorizzare date e gossip di quel mondo, approfondire scientificamente la conoscenza di gruppi e tendenze musicali che, in quegli anni,
nascevano e tramontavano come comete impazzite. Ecco, in fondo in lui vi
era la volontà di rappresentare un’epoca attraverso le innumerevoli tessere di
un puzzle smisurato, consapevole che sarebbe solo riuscito ad abbozzare un
percorso e che, in ogni modo, molto dipendeva dal caso e dalla fortuna. Il “brivido” del collezionista è paragonabile alla profonda soddisfazione che prova
il matematico nel risolvere un’espressione ritenuta impossibile, o a quella del
conoscitore d’arte che si imbatte in un capolavoro inedito, nascosto tra cento
croste in un mercatino, ma per Carlo era qualcosa di diverso, significava ridare
vita, strappandoli ad una sorta di damnatio memoriae, ad incisioni che, al di
là dell’insuccesso commerciale, rappresentavano dei passaggi imprescindibili
per la ricostruzione di un percorso storico che, a suo modo di vedere, non
poteva basarsi unicamente sui grandi nomi, ma doveva comprendere anche le
realizzazioni di nicchia, i vinili stampati in 10 esemplari nella cantina del batterista del gruppo, la copertina di prova rifiutata dai discografici e recuperata Dio
sa dove, gli errori di stampa o di mixaggio, insomma tutto ciò che aveva a che
fare con quel cerchio magico chiamato vinile. Per Carlo i dischi non erano certo lepidotteri infilzati con uno spillo e tenuti sotto teca, ma piuttosto le pagine
di un grande libro che si andava componendo nella sua mente e da cui traeva
spunto per promuovere eventi di rilievo: fu lui a portare al Festivaletteratura
Shirley Collins nel 2008 e Carolyn Hester nel 2011. Ora, il frutto di anni di ricerche, viene presentato alla Casa di Rigoletto, grazie alla competenza di Giorgio
Signoretti (meglio conosciuto come “Cigno”), all’affetto di Davide Dusi (che ha
l’onere di custodire questi cimeli), alla passione di Giuseppe Orlandi e Roberto
Valori, e alla collaudata esperienza di Carlo Micheli, allargando così ad un pubblico più vasto ed eterogeneo la conoscenza della favolosa epoca del vinile.
Il Sindaco
Mattia Palazzi
Conoscere Carlo Dusi e condividere tanti suoi amori musicali con la mediazione di una
puntina che sfrega sul vinile è stato uno dei veri privilegi della mia vita. Il Carlo della
musica era, e c’è una difficoltà sostanziale ad accettare questo imperfetto, un essere a suo
modo leggero e immateriale, nonostante il peso anche fisico della collezione di dischi a
cui ha dato vita negli anni con la sapienza e l’amore del curatore di un giardino zen. In
questo giardino di vinile vi sono pezzi di grandissimo pregio, irriconducibili tuttavia a
quel quid di volgarità che sembra, specie in questi anni, accompagnare l’idea di possesso.
Le acquisizioni di Carlo seguivano fili di pensiero poco tracciabili da parte di chi non abbia perlustrato con cura i tanti e tanto diversi territori della musica del Novecento: rock,
psichedelia, folk, blues, jazz e tutto ciò che, non etichettabile, sta in mezzo. le categorie di
genere, nel mondo di Carlo Dusi, non rivelano molto. Altre connessioni sono ben più significative: genio, bellezza, singolarità, sottigliezza. Con una particolare attenzione ai due
estremi opposti della scala del successo: oggetti di artisti che hanno segnato il mondo in
modo dirompente, seminando significato e bellezza (ammesso che in arte si possa fare una
tale distinzione) accanto a oggetti di altri che “non ce l’hanno fatta” e si sono magari fermati a stampe private di poche centinaia di copie. Nel pantheon di Carlo, nel quale le basette di Elvis Presley stanno accanto a quelle di Alexis Korner, non vi sono le grette gerarchie
imposte dalla muscolarità violenta del mercato di massa. Giustizia, almeno qui, è fatta.
Di The Piper At The Gates Of Dawn, il capolavoro dei primi Pink Floyd, Carlo non poteva non cercare la versione “mono”, quella sul cui missaggio Syd Barrett ebbe il pieno
controllo artistico, definendo con quel suono l’estetica di un’irripetibile stagione creativa, ancor più di quanto avessero fatto gli onnipotenti Beatles di Sgt Pepper. Beatles a
cui Carlo comunque aprì le sue porte grazie all’anti-beatlesiana e visionaria “butcher
cover”, la copertina dello scandalo, con coltellacci da macellaio e bambole fatte a pezzi. Così come gli Stones entrarono in forze grazie alla rarissima prova di stampa dell’altrettanto oltraggiosa copertina di Cocksucker Blues, poi smorzata nel rassicurante
bianco di Beggar’s Banquet . E poi i 78 giri di Robert Johnson, che profumano ancora
di incroci polverosi e patti col diavolo. E il Freewheelin’ di un giovane Dylan pronto a
rivoltare il Novecento americano, quello poetico e quello politico. Ovviamente nella sua
prima stampa, quella subito ritirata e trasformata nel sacro graal dei cercatori di vinile.
Psichedelia e Progressive, nelle loro innumerevoli declinazioni, occupano nella collezione uno spazio privilegiato. Sono ambiti nei quali riesplode la sperimentazione di forme e
strutture musicali, ma anche di forme e strutture visive, sulle copertine che ricominciano a
distribuire colori e idee tra gli scaffali dei negozi di dischi degli ultimi Sessanta. La primavera psichedelica ha portato sui giradischi i fiori rari della sorpresa, oltre alla dilatazione
dei tempi delle esecuzioni. E il Progressive Rock ha raccolto la sfida, trasportando la musica nei tanti medioevi e futuri, utopici o distopici, che si specchiavano gli uni negli altri.
Ma c’era un progressive prima del progressive. Era la controcultura degli anni cinquanta e sessanta, di cui il Free Jazz, Dylan e Zappa erano il suono, ma i cui cervelli poetici, da Kerouac a Ginsberg, da Ferlinghetti ad Amiri Baraka, non disdegnavano di usare
il vinile come materiale per incollare i propri tadzebao alle coscienze delle nuove generazioni. E Carlo non poteva non occuparsi anche di questo. Così come non poteva
ignorare che la prima forma di controcultura era la musica della gente, il folk. Fu proprio Carlo
a contribuire all’arrivo al Festivaletteratura di due grandi voci del folk revival, di qua e di là dell’oceano: Shirley Collins e Carolyn Hester. Tutte lì nella sua galleria dei grandi, accanto a Woody Guthrie, Pete Seeger, Dave Van Ronk e a tutti quegli eretici che, come Dylan e Neil Young,
hanno spiegato che si poteva benissimo “fare folk” anche con una Stratocaster o una Les Paul
.
E poi l’Italia delle più varie strategie per strappare le orecchie al muro di gomma di Sanremo
che, lo si è capito nel 1967, poteva anche uccidere. All’Italia Carlo ha dedicato uno sguardo
più che affettuoso, con le sue annotazioni sulla penetrazione del rock nel Bel Paese, raccontata attraverso le prime stampe italiane di Elvis, dei Beatles e degli Stones. Fino al glorioso
beat nazionale, includendo anche gli inglesi che l’Italia aveva fatto, come nella waitsiana
Big in Japan, “Big in Italy”. Uno sguardo che non poteva non posarsi sulla ben più stimolante
stagione del progressivo italiano, col suo approccio squisitamente “nazionale”, impossibilitato da lingua e substrati melodici alla pratica della mera imitazione dei modelli britannici.
Uno spaghetti-prog vitalistico ed impertinente, spesso realizzato con mezzi tecnici poveri,
nella lezione dei grandi produttori e registi low-budget di Cinecittà, quelli che col loro artigianato pieno di immaginazione hanno sedotto, con Tarantino, i cinefili di tutto il mondo.
Carlo Dusi era molto, molto più dei suoi dischi, ma la maniera in cui li ha messi insieme può dare un’idea del suo bellissimo modo di attraversare la vita. La sua collezione merita di essere lo strumento attraverso il quale ricordare una figura che,
attraverso una quieta ma indomabile energia, ha saputo come poche altre seminare bellezza e qualità nel piccolo, ma anche grazie a lui sorprendente, orto musicale mantovano.
Una breve nota rivolta soprattutto al collezionista: sono qui esposti pezzi estremamente rari
accanto a dischi presenti, apparentemente con la stessa copertina, in molte case. Va ricordato che, anche in questo caso, si tratta comunque di prime edizioni: di oggetti, cioè, così
com’erano quando hanno iniziato la loro strada, lunga o breve che sia stata, nel mondo. Un
mondo che da essi è stato cambiato più di quanto gli storici non dicano nei loro racconti.
La realizzazione di questa esposizione è stata resa possibile dalla tenacia e dalla passione di Davide Dusi, Giuseppe Orlandi, che ha fornito gran parte dei materiali informativi, e Roberto Valori, oltre che dall’intelligenza di Carlo Micheli e di tutti coloro che hanno compreso il senso profondo del percorso di Carlo.
Giorgio Signoretti
La S.V. è invitata
alla mostra
della collezione discografica di
Carlo Dusi
“Amor di vinile””
INAUGURAZIONE
Sabato 8 ottobre 2016
alle ore 18,00
Casa di Rigoletto
Il Sindaco
Mattia Palazzi
Scarica