Programma
FILARMONICA
LAUDAMO
LEONARD BERNSTEIN [1918-1991]
West Side Story: Suite (1957)
Tonight - Somewhere - America
MESSINA
ERWIN SCHULHOFF [1894-1942]
Hot-Sonate (1930)
I semiminima = 66 - II minima = 112 - III semiminima = 88 - IV minima = 132
domenica 25 ottobre 2015 ore 18
Palacultura “Antonello da Messina”
PHIL WOODS [1931-2015]
Sonata (rev. 1997)
Fast - Slowly - Medium fast - Freely

FEDERICO MONDELCI
sassofono
GEORGE GERSHWIN [1898-1937]
Tre preludi (1926)
Allegro ben ritmato e deciso - Andante con moto e poco rubato - Agitato
ROBERTO MOLINELLI [1963]
Four Pictures from New York (2001)
Dreamy dawn - Tango Club - Sentimental evening - Broadway night
ASTOR PIAZZOLLA [1921-1992]
Two Tangos
ente morale onlus
PAOLO BIONDI
pianoforte
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Regione Siciliana - Assessorato Turismo, Sport e Spettacolo
Amministrazione Comunale di Messina
Provincia Regionale di Messina
E.A.R. Teatro di Messina
Fondazione Bonino Pulejo - Messina
«Classical meets Jazz»
accordiacorde - i giovedì alla Sala Laudamo - ore 19
giovedì 29 ottobre 2015 ore 19 • Sala Laudamo
LELIO GIANNETTO
“Il Contrabbasso Parlante”
Lelio Giannetto contrabbasso, testi, monellerie
con la partecipazione di Alessandro Librio violino ed Eva Geraci flauto
musiche di Bach, Scelsi, Sting, Battisti, Giannetto e altri
I CONCERTI AL PALACULTURA
le domeniche al Palacultura - ore 18
95
domenica 1 novembre 2015 ore 18 • Palacultura “Antonello da Messina”
ª
MUSICISTI DEL TEATRO ALLA SCALA DI MILANO
Fabien Thouand oboe e corno inglese Andrea Pecolo violino
Giuseppe Russo Rossi viola Marco Radaelli violoncello
musiche di Mozart, Britten, Fiala, Français
www.filarmonicalaudamo.it
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valido per ordini via telefono, fax ed e-mail
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stagione concertistica 2015-2016
1º concerto • 2063º dalla fondazione
FEDERICO MONDELCI Docente, camerista, solista e direttore d’orchestra, Federico Mondelci è, da
trent’anni, uno dei maggiori e più apprezzati interpreti del panorama musicale internazionale. Diplomato in
sassofono al Conservatorio di Pesaro, ha studiato anche canto, composizione e direzione d’orchestra; ha
perfezionato gli studi al Conservatorio Superiore di Bordeaux sotto la guida del M° Jean-Marie Londeix,
diplomandosi con “Medaglia D’Oro” all’unanimità. Svolge la sua carriera a fianco di orchestre quali la
Filarmonica della Scala con Seiji Ozawa, I Solisti di Mosca con Yuri Bashmet, la Filarmonica di San Pietroburgo e la BBC Philharmonic sui palcoscenici più famosi in Europa, Usa, Australia e Nuova Zelanda. Il
suo repertorio non comprende solo le pagine storiche ma è particolarmente orientato verso la musica contemporanea. Il suo nome è affiancato accanto ai nomi dei grandi autori del Novecento come Nono, Kancheli, Glass, Donatoni, Sciarrino, Scelsi, Gentilucci, Fitkin, Piovani e altri compositori della nuova generazione, eseguendone le composizioni spesso a lui espressamente dedicate: produzioni di straordinario successo che lo conclamano come raffinato solista di raro e straordinario talento. Ha registrato il repertorio
solistico con orchestra, (sia il repertorio per duo con pianoforte sia per ensemble), per le etichette Delos e
Chandos, e numerose produzioni , fra cui la monografia su Giacinto Scelsi che gli è valso il “Diapason
D’Or”. Alla apprezzatissima carriera di solista, da tempo, affianca una sempre più rilevante carriera nella
direzione d’orchestra, dirigendo orchestre e solisti di fama mondiale. Ed ultimi quindi, ma non meno importanti, proprio i successi conseguiti nella direzione d’orchestra, al cui centro spiccano i nomi di celebri solisti, come Ilya Grubert, Michael Nyman, Kathryn Stott, Pavel Vernikov, Nelson Goerner, Francesco Manara, Natalia Gutman e Luisa Castellani. Fondatore inoltre nel 1982 dell’Italian Saxophone Quartet e nel 1995
dell’Italian Saxophone Orchestra, si esibisce con entrambe queste apprezzate formazioni sia in Italia che
all’estero, riscuotendo grande successo di pubblico e critica.
PAOLO BIONDI. A dodici anni ha suonato con l’orchestra sotto la direzione di G. Taverna, R. Abbado e
R. Chailly. Subito dopo ha vinto il primo premio assoluto nei Concorsi di Osimo e La Spezia ed ha tenuto
i suoi primi concerti in Italia, facendosi apprezzare ovunque per la spiccata sensibilità musicale, riconosciuta anche da pianisti di fama internazionale quali Paul Badura Skoda e Lazar Berman. A sedici anni è
arrivato unico finalista italiano al Concorso Internazionale di Senigallia e si è diplomato con il massimo dei
voti presso il Conservatorio di Milano. Ha tenuto recital solistici per importanti società concertistiche italiane riscuotendo unanimi consensi di pubblico e di critica. Dal 1981 ha iniziato a dedicarsi con passione
alla musica da camera, specializzandosi nel repertorio per duo, soprattutto quello con sassofono, violoncello, violino e flauto, vincendo concorsi nazionali ed internazionali e tenendo oltre 200 concerti con strumentisti di fama internazionale anche in formazioni di trio e quintetto. Ha suonato tutte le sonate cameristiche di Brahms e quasi tutto il repertorio cameristico per duo con flauto e sassofono. inoltre pianista collaboratore in prestigiosi corsi di perfezionamento. In duo con Mondelci ha suonato per le più importanti
associazioni concertistiche italiane, quali l’Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma, gli Amici della
Musica di Ancona, gli Amici della Musica di Vicenza, la Lipizer di Gorizia, l’Emilia Romagna festival,
l’Ente Concerti di Pesaro a Budapest (Ungheria) e a Maintz (Germania) a Kotor, Montenegro, e nel 2012
negli Stati Uniti d’America, accolti da standing ovation del pubblico e seguiti da critiche entusiaste. Ha
registrato per la prima e la terza rete della RAI TV, ha suonato per i Concerti del Quirinale in diretta radiofonica su RadioTre. Dal 1984 è docente di Pianoforte presso il Conservatorio di Musica di Pesaro e tiene
seminari di interpretazione di musica da camera.
DALLA CLAssICA AL JAzz.
Sin dalla fine del XIX secolo, la geografia musicale si andò spostando verso gli Stati Uniti, diventato il punto
di incontro di musicisti, compositori e artisti provenienti da tutto il mondo. Le coordinate della musica europea si sposarono con la musica di provenienza caraibica, africana, creola, e generarono il jazz e la canzone
popolare americana. Nella prima metà del Novecento in Europa la “musica classica” stava vivendo un
momento di rinascita e fulgore, anche per questa sorta di rimbalzo, dagli Stati Uniti. Sicchè i linguaggi musicali, nella prima metà del Novecento si moltiplicarono in una vera e propria Torre di Babele musicale: Ravel
e Debussy, seguivano un loro linguaggio, Schöenberg sviluppava criteri atonali, Varése si dissociava da tutti,
Stravinskij creava imprevedibili dinamismi con la Sagra della Primavera, e si lasciava anche influenzare dal
ˇ
ˇ lo stesso Ravel, Copland e Hindemith, mentre Mahler lasciava in qualche modo
jazz così come Sostakovic,
sopravvivere lo spirito romantico. E in questo crogiolo i compositori classici non potevano ignorare il jazz, e
quelli più legati alla matrice afro-americana, erano fortemente affascinati dal linguaggio europeo. Le sonorità, l’approccio, la componente scritta dell’idioma afro.americano si ravvisava nelle partiture di compositori,
come Gershwin e Bernstein, che spesso associamo al jazz, ma che invece si sono occupati esclusivamente di
musica scritta, dove l’elemento improvvisativo – essenziale perché si possa parlare di jazz - praticamente non
esisteva. Questi compositori si ispiravano semmai ai suoni e allo spirito del jazz, ne trascrivevano sembianze, umori, stati d’animo, traducendo per iscritto anche la componente ritmica. Tuttavia nelle loro orecchie e
nel loro bagaglio musicale vi era la grande musica europea, e soprattutto Ravel e Debussy, divenuti riferimenti
necessari per creare la propria musica. L’accesso al linguaggio di matrice afro-americana, era uno stato di
apertura mentale nei confronti di quello che stava succedendo intorno. Era il completamento del proprio panorama musicale, e la caratteristica di compositori che non si ancoravano a un genere, aprendosi a tutte le musiche, sperimentandone gli elementi, sia colti che popolari, ricevendo anche gli input da epoche precedenti.
Paradossalmente questi compositori furono spesso tacciati di non occuparsi di musica seria, ma è un dato di
fatto che la musica di Gershwin o di Piazzolla è oggi studiata e ascoltata più che mai.
LEONARD BERNSTEIN (1918-1990) fu uno dei personaggi più influenti nella musica della seconda metà del
Novecento. Pianista, compositore, direttore d’orchestra, il suo approccio fu sempre intenso e profondo, sia che
dirigesse una grande sinfonia, sia che si occupasse di un musical a Broadway. Anzi è proprio dalla frequentazione di tutte le musiche che ebbe modo di costruire un linguaggio che lo rese probabilmente il più grande divulgatore musicale degli ultimi decenni. Di lui scrisse Arthur Rubinstein: «Il più grande pianista tra i direttori, il
più grande direttore tra i compositori, il più grande compositore tra i pianisti...un genio universale». Una delle
opere in cui Bernstein intrecciò sapientemente gli elementi di matrice classica e il jazz fu senz’altro West Side
Story, un musical che ebbe un successo strepitoso a Broadway, da cui fu tratto un film di Robert Wise, e le cui
le canzoni ancora sono ricordate da generazioni. Una Romeo e Giulietta nella New York dei sobborghi, che vide
l’inizio della strepitosa carriera di Stephen Sondheim, qui esclusivamente in veste di librettista. Il concerto prevede l’esecuzione di una suite tratta da tre dei suoi brani più famosi: Tonight, Somewhere e America.
GEORGE GERSHWIN (1898-1937) Lo scrittore di canzoni più famoso della storia americana, non era certamente immune dall’ambizione di creare musica cosiddetta “seria”. La Rapsodia in Blue (1924), il Concerto in Fa (1925) e la Cuban ouverture (1932) sono sue composizioni complesse, di eccellente qualità, molto
diverse dai musical, di cui era specialista. Con l’opera in tre atti Porgy and Bess, su libretto di Du Bose Heyward e Ira Gershwin, che sotto il profilo formale si ispirava al melodramma, ma che conteneva sonorità del
tutto nuove per l’opera, diede vita a uno tra i massimi capolavori del teatro musicale del secolo. Si ispirò ai
compositori europei, possedendo un innato senso lirico che miscelava al suo naturale senso del blues, e a un
linguaggio che sintetizzava i fermenti della società americana del tempo.
Un breve approfondimento su i “Tre Preludi” di Gershwin (1926). Il primo preludio si sviluppa su un
tempo di tango-habanera, con una intensa melodia che si impernia sulla figurazione di base 3+3+2 tipico di
questa danza. Ciò che colpisce è la poliritmia fra la reiterata figurazione della mano sinistra e le cadenze apparentemente improvvisate per la mano destra. La tendenza ad ottenere tutte le potenzialità armoniche dello strumento è inoltre una caratteristica di questo brano, e forse di tutta la musica per pianoforte scritta da Gershwin.
Il secondo preludio è un vero e proprio blues, realizzato e composto con un gusto europeo, e comunque filtrato dalla musica frequentata e studiata da Gershwin. Qualcuno ha avvicinato l’uso della mano sinistra al Preludio in do minore op.28, n.2 di Chopin, ma c’è chi ha visto la figurazione tipica dei pianisti di stride (stile
pianistico del primo jazz dato dalla mescolanza del ragtime con il blues). Non è escluso, per la transitiva, che
anche i pianisti di stride si siano ispirati a Chopin. Tipico di Gershwin, in questo preludio dal colore misterioso, è l’uso cangiante delle tonalità maggiore/minore, che crea una ambiguità suggestiva. Il terzo preludio è
breve ma molto ben costruito in una sorta di call and response basato su due frasi musicali, ed in qualche
modo riprende la brillantezza e i colori del primo preludio. I tre preludi furono composti dopo la Rhapsody in
Blue, e sono dei chiari esempi della fusione fra elementi di musica classica e jazz, tipici dell’epoca in cui visse
Gershwin. Probabilmente, la sua tendenza ad essere amato dal pubblico, lo portò ad essere considerato meno
“serio” di uno Schoenberg, ma egli, come sostiene il musicologo David Wesley Woo, mantiene oggi un posto
decisivo per la musica occidentale del XX secolo. Pur senza pretenderlo.
PHIL WOODS (1931-2015) Scomparso lo scorso 29 settembre, è stato uno dei più importanti sassofonisti
jazz. Soprannominato New Bird, fu considerato il vero successore di Charlie Parker, per il suono, ma anche
per la scelta delle frasi, e l’approccio all’improvvisazione. Nella Sonata per sassofono e pianoforte, Woods
rivela sia la sua natura di jazzista, che di compositore classico ma, diversamente da Bernstein e Gershwin,
mette in campo contemporaneamente un discorso legato sia alla scrittura che alla vera e propria propria
improvvisazione. Ci sono dei punti della composizione in cui le durate, i segni, le armonie vengono riportate
con il rigore della scrittura jazzistica. E i suggerimenti, e le scelte che vengono chieste ai musicisti talvolta
richiedono una abitudine e un grado di composizione spontanea non comuni.
ERWIN SCHULHOFF (1894-1942) Fu un grande pianista/compositore di origine ebrea, che studiò al conservatorio di Praga, visse nel periodo del nazismo e, purtroppo, mori prematuramente nei campi di concentramento. Nella sua musica emergono elementi barocchi, romantici, ma c’è anche un grande afflato e adesione al
jazz, del quale probabilmente venne a conoscenza attraverso la Funk Stunde di Berlino, radio pioniera tedesca.
La Hot-Sonata è un gioiello per architettura e lucidità di pensiero musicale. Sicuramente si trovano tutte le
componenti della musica di Schulhoff, la cui scrittura dà l’impressione di essere la trascrizione di una improvvisazione: la pronuncia, i clusters (accordi formati da più note adiacenti), i call-response del sax con il piano,
ed il dinamismo di insieme, fanno sì che questo brano possegga una fluidità fuori dal comune.
ROBERTO MOLINELLI (1963) Con Four Pictures of New York il compositore di Ancona ha voluto creare un omaggio alla metropoli americana attraverso 4 diversi moods: in Dreamy Dawn descrive un’alba radiosa a New York, con Tango Club rende omaggio ad Astor Piazzolla; Sentimental Evening è una vera e propria
jazz ballad, Broadway Night, è dedicata alla famosa strada di New York e ai suoi teatri e al musical.
ASTOR PIAZZOLLA (1921-1992). Nato a Mar del Plata, ma newyorkese d’adozione, Astor Piazzolla trovò negli
Stati Uniti il luogo che gli diede la possibilità di sviluppare la sua musica che affondava le sue radici nel tango, ma
che si espandeva in molteplici direzioni. Fondatore del tango nuevo ha incorporato elementi prima ad esso estranei, come il jazz. Tuttavia, al contempo, lo ha svincolato dalla pulsazione ritmica obbligata, enfatizzando l’espressione, avvicinandolo alla musica classica. Ha composto un gran numero di brani celebri che lo hanno reso il compositore argentino più noto del XX secolo, realizzando anche opere di grande respiro come Maria di Buenos Aires.
Luciano Troja