JKJJ;B;CKI?9>;:;BCED:E4l ll#bdcYdb^m#Xdb n° 1 · estate 2008 CAETANO VELOSO TOUMANI DIABATÉ STEFANO BOLLANI DOSSIER TURCHIA MERCEDES SOSA SEUN KUTI �ariza e le signore del Fado D' = H 7J K ? JE EDITORIALE/sommario mondomix.com - 01 sommario Magazine Mondomix — n.1 estate/2008 editoriale www.radiodervish.com 21 LUGLIO AUDITORIUM - PARCO DELLA MUSICA ROMA Management: Princigalli Produzioni + 39 080 080 558.35.41 www.princigalliproduzioni.it 21 Acquaragia espresso Su e giù di Guido Gaito 07 Parole e rivoluzione 22 Il mondo intero di Daniele Sepe di Federico Scoppio di Andrea Scaccia 12 Il tango secondo Melingo di Andrea Morandi 14 Variazioni Diabaté istanbul pagina 24 11 Balkan Beat caetano Cê pagina 10 di Federico Scoppio sud sound system pagina 16 di Andrea Scaccia 10 Caetano Cê di Squaaly 16 IN VIAGGIO CON… Sud Sound System di Alessio Biancucci 18 Sulle strade Del fado di Federico Scoppio di Francesco Martinelli 26 La voce del Tibet di Alessio Biancucci di Federico Scoppio di Gianluca Diana 15 Bretagna centro del mondo 24 Città sonanti Istanbul 28 Sospiri Faraualla 30 recensioni Da venticinque secoli la cultura occidentale cerca di guardare il mondo. Non ha capito che il mondo non si guarda, si ode. Non si legge, si ascolta. Jacques Attali seun kuti pagina 08 The Mondomix Magazine in Italy is an authorized licensee of Mondomix Media. The logo and the trademark of Mondomix are registered and the exclusive property of Mondomix Media SAS.Only Mondomix and its authorized licensees may use the Mondomix Logo in publications, advertising, and promotional materials. 04 notiziario fado pagina 18 Periodico in attesa di registrazione presso il Tribunale di Torino > variazioni diabaté pagina 14 periodico gratuito Editore Fm2 Direttore responsabile Federico Scoppio [email protected] Coordinatore editoriale Andrea Scaccia [email protected] Pubblicità N2A + 39 3475070014 [email protected] Grafica EsseGi Studio [email protected] Hanno collaborato Attanasio, Alessio Biancucci, Andrea Bruno, Gianluca Diana, Guido Gaito, Silvie Le Parc, Francesco Martinelli, Benjamin MiNiMuM, Andrea Morandi, Pietropaolo Moroncelli, Giuliomario Rampelli, Alberto Riva, Squaaly, Olivia Tanini, Mauro Zanda Readazione via Galeazzo Alessi 205, 00176 Roma [email protected] Stampa Ages Arti Grafiche corso Traiano 124 10127 Torino [Italia] Distribuzione [email protected] rubriche 08 afrodisia The Black President! di Mauro Zanda 20 La bustina di Cachaça BOLLANI CARIOCA di Alberto Riva le del fado, senza pensarla come “traditrice” dei prodromi di tale genere. Oppure considerare Toumani Diabaté il maestro della kora, un grande virtuoso, nonostante gradisca suonare Jimi Hendrix quanto canti della tradizione mandinga. Basta ascoltare. Aprire gli occhi, grandi o piccoli che siano. Magari poi se si sta C’è un sapore universale in questa frase di Attali. Uno dei massimi esperti di questioni antro- in città come Istanbul è tutto più semplice da pologiche al mondo, Jean-Loup Amselle, è una vita che combatte e scrive testi – ognuno ac- comprendere. E afferrare negli occhi di questi curatamente giustificato da ricerche dettagliate – circa una grande truffa. Il meticciato culturale musicisti sfumature di colore che appartengo- è un non-senso in quanto qualsiasi cultura, qualsiasi società è sin dalla sua nascita meticciata: no a chiunque. Meglio, potrebbero apparte- in parole povere, sostiene il direttore di studi all’École des Hautes Études en Sciences Sociales nere a tutti, basta appropriarsene. Agire come di Parigi, il meticciato è il prodotto di entità già mescolate, che rinviano all’infinito l’idea di una quando una mamma partorisce il suo bimbo. purezza originaria. Il cibo, ad esempio, è costituito da ingredienti le cui origini si perdono in una I suoi occhi cambiano, brillano, vedono altro, ricostruzione geografica improponibile. Un bel piatto di pasta con il sugo di pomodoro. Italianis- riconoscono cose che prima non vedevano. simo. Eppure il pomodoro mica è originario del vecchio continente! Eppure erano lì. Se dovessimo ancora star qui a parlare in termini di processi interculturali, creeremmo un grosso sbaglio di prospettiva. Considereremmo cioè, concetto sul quale Marc Augé – altro teorico in materia – ha speso fior di parole, delle gabbie di culture, delle materie distanti e allergiche, che p.s. Grazie di cuore ai cugini francesi, che entrando in contatto non si saprebbe bene cosa porterebbero. Guerre, collisioni, commistioni. dieci anni fa hanno iniziato quest’avventura Culture terze oppure l’egemonia dell’una, quella forte, sull’altra? è tempo di dire basta a queste di Mondomix e ci hanno consentito di por- prospettive spicciole, è tempo di considerare Mariza – che se la suona e canta con musicisti tarla in Italia. brasiliani, portoghesi e americani di estrazioni completamente differenti – come l’icona più attua- Federico Scoppio in primo piano - mondomix.com NOTIZIARIO NOTIZIARIO mondomix.com - segnali ORIENTEOCCIDENTE Valdarno Nel Valdarno e in provincia di Arezzo si guarda all’America Latina e all’India: dal 15 luglio al 31 agosto arrivano Ginevra Di Marco, Orchestra Multietnica di Arezzo e Banda del Caricamento di Genova, Tizzi Abderazak [Marocco], Monaci del Monastero [Tibet], Karnataka State [India], la Banda Improvvisa con gli ospiti del “Concerto Multicolore”, Vanessa da Mata [Brasile], Topazio [Brasile], Araukania Kuintet [Cile], Trilok Gurtu [India] e Alta Madera [Cuba/Italia], Javier Girotto & Aires Tango [Argentina - Italia], Ruben Chaviano y Cuba Reunion. www.orientoccidente.net TORINO WORLD MUSIC MEETING Torino Quindici serate con le musiche dal mondo al Parco Stura di Torino. Il programma 2008 si articola dal 28 giugno al 1 agosto: tra gli spettacoli più attesi ci sono Rokia Traoré, Emir Kusturica & The No Smoking Orchestra, la compagnia del Burkina Faso “Sokan”, l’incontro tra Niger e Francia di Desert Rebel, il venezuelano Oscar D’Leon e poi Daniele Sepe, Afel Bocoum, Banda di Piazza Caricamento, Orchestra di Via Padova e Orchestra di Porta Palazzo. www.musica90.net in breve Su e giù MUSICA E SUONI DAL MONDO – Carrara A Carrara, nell’attraente Piazza Battisti, si svolge la quindicesima edizione di Musica e Suoni dal Mondo. Dal 2 al 5 agosto si succedono sul palco le percussive fusioni africane dei Fuentes, l’anima danzante del nordest brasiliano con Orquestra do Fubá, le tradizioni irlandesi e scozzesi degli Whisky Trail e i debordanti ritmi balcanici di Shantel & Bucovina Orkestar, uno dei gruppi rivelazione in questa stagione musicale. www.eventimusicpool.it RAINFOREST WORLD MUSIC FESTIVAL - Borneo Il Rainforest World Music Festival si svolge nella foresta tropicale del Borneo. Dall’11 al 13 luglio, Kasai Masai [Congo/UK], Hiroshi Motofuji [Giappone], Oikyataan [India], Pinikpikan [Filippine], Cholo Valderrama [Colombia]. www.rainforestmusic-borneo.com FESTIVAL MÙSICAS DO MUNDO – Sines [Portogallo] A Sines, dal 17 al 26 luglio, quattro i palchi per Bassekou Kouyaté & Ngoni Ba [Mali], Garifuna Collective feat. Umalali [Belize], Juldeh Camara & Justin Adams [Gambia/UK] e Orchestra Baobab [Senegal]. www.fmm.com.pt ROMA INCONTRA IL MONDO – Roma, Villa Ada Andrà avanti fino al 10 agosto al Laghetto di Villa Ada la storica manifestazione di Roma: in agenda, Alborosie, Nour-Eddine & Gnawa Bambara [Marocco], Teophilo Chantre [Capoverde], Chico Caesar [Brasile], Eugenio Bennato. www.villaada.org SETE SÒIS SETE LUAS È un festival promosso da una rete culturale di 30 città e 9 diversi Paesi: Capo Verde, Croazia, Francia, Grecia, Israele, Italia, Marocco, Portogallo e Spagna. Le date italiane sono a Roma, Chianciano Terme, Impruneta, Montemurlo, Montescudaio, Pontedera e Fanano. www.7sois7luas.com ITALIA WAVE – Livorno Italia Wave si trasferisce allo stadio di Livorno: dal 16 al 19 luglio suoneranno anche Deti Picasso [Russia/Armenia], Saba [Somalia/Etiopia/Italia], Freshlyground [Sud Africa], Sergent Garcia, Sud Sound System, Vanessa Da Mata [Brasile] e Konono N. 1 [Congo]. www.italiawave.com FOLKEST È tra i più importanti festival folk dell’Europa meridionale. Dal 3 al 28 luglio numerosi gli eventi dislocati tra Friuli Venezia Giulia, Istria e Austria. Un programma quanto mai eterogeneo valorizza la solidità multiculturale di Folkest. www.folkest.com MILANO JAZZIN’ FESTIVAL - Milano Un mese di grandi eventi all’Arena Civica di Milano: dal 7 luglio al 7 agosto il Jazzin’ Festival si apre anche alle musiche dal mondo con Natacha Atlas, il collettivo senegalese Orchestra Baobab, le Zap Mama e il chitarrista manouche Biréli Lagrène. www.milanojazzinfestival.it ROKIA TRAORé Rokia Traoré è sempre più apprezzata in giro per l’Europa e lo dimostra il tour che la vedrà impegnata a Torino [2 luglio], Agadir [4 luglio] e in una serie di date francesi che la condurranno il 14 agosto sul palco dello Sziget Festival. www.rokiatraore.net SIMPHIWE DANA La giovane artista sudafricana torna in Italia con il nuovo disco “The one love moment on Bantu Biko Street”: il 20 luglio a Reggio Calabria, il 22 luglio a Folgaria e il 23 luglio a Nurachi. www.myspace.com/simphiwedanaofficial ROTTE MEDITERRANEE – Forte di Exilles [To] Dal 6 luglio al 2 agosto, Rotte Mediterranee si sofferma sulla tradizione occitana. Debutto con Massilia Sound System, poi Gai Saber, i Lou Dalfin con Passa Montanha; il 27/7 c’è Invasioni, una produzione esclusiva. Si chiude il 2/8 con i Tendanchënt. www.musicalista.it LUGLIO SUONA BENE 2008 – Roma All’Auditorium Parco della Musica una serie di concerti: per la world music il 28 giugno con L’Orchestra popolare la Notte della Taranta; il 5 luglio Youssou N’Dour; il 9 Mercedes Sosa; il 13 l’Orquestra Buena Vista Social Club; il 17 il solo di Caetano Veloso e il 21 i Radiodervish. www.auditorium.com AFRODISIA SUMMER – Ostia [Roma] Alla spiaggia Amanusa di Ostia, ogni venerdì arrivano i ritmi dell’Africa. Dal tramonto all’alba: Nour-Eddine e Gnawa Barbara, Konono n°1, Saba Anglana, Zoe, Duba & Arraw Band, Badara Seck e l’afro-dancehall di Dj Khalab & Sékou Diabaté. Tutti i venerdì dal 27 giugno al 15 agosto. www.afrodisia.it ROTOTOM SUNSPLASH – Osoppo [Ud] Dal 3 al 12 luglio il meglio del reggae internazionale si esprime a Osoppo: Youssou N’Dour, Peter Tosh e Ki-mani Marley sono soltanto alcuni nomi della prestigiosa line-up. www.rototomsunsplash.com ON THE ROAD FESTIVAL – Pelago [Fi] Dal 4 al 6 luglio, incontri con musicisti e artisti di strada. Tra i protagonisti Alfio Antico, Taraf Carpazi, Martinicca Boison e Kreg Viesselman [Usa]. Buskers, esposizioni e la novità del Filmbus: una sala cinema allestita su un autobus. www.comune.pelago.fi.it COUS COUS FEST – San Vito Lo Capo [Tp] Nel borgo trapenese si svolge dal 23 al 28 settembre il Cous Cous Fest, una kermesse di cultura ed enogastronomia mediterranea. Non mancano i concerti, gli spazi espositivi e gli appuntamenti con letteratura e teatro. www.couscousfest.it MUSIC PLANET - Torino Fino al 9 settembre il KingKong Microplex di Torino ospita la rassegna di film etnomusicali con 8 proiezioni che raccontano l’Africa, il nordest brasiliano e un on the road movie di Kusturica. Ingresso libero. www.musica90.net MONSANO FOLK FESTIVAL – provincia di Ancona Dal 2 al 30 agosto, rassegna di musica popolare originale e revival. I luoghi della memoria è l’edizione straordinaria per i 40 anni de La Macina. www.macina.net VILLA ARCONATI – Bollate [Mi] Il festival di Villa Arconati a Castellazzo di Bollate è organizzato dal Polo culturale “Insieme Groane”. Tra i tanti e celebri ospiti ci sono Caetano Veloso, Richard Galliano & Tangaria Orchestra e Camille [19 giungo – 21 luglio]. SettembreMusica LA NOTTE DELLA TARANTA Salento [6-21/8] Undicesima edizione per la manifestazione più affollata e popolare legata alla tradizione musicale salentina. Confermata la formula del festival itinerante nelle piazze della Grecìa Salentina dal 6 al 21 agosto con le migliori formazioni di pizzica e taranta che si alternano sui numerosi palchi allestiti. L’epilogo festoso si infiamma anche quest’anno a Melpignano con il “Concertone” del 23 agosto dove è confermata la presenza di Mauro Pagani. www.lanottedellataranta.it SZIGET FESTIVAL Budapest [12-18/8] L’isola di Obuda, a Budapest, accoglie sei palchi diversi per la Woodstock sul Danubio. Ampio spazio world music con l’area Scena zigana, dove sono in programma anche Acquaragia Drom e Kocani Orkestar. Ma attenzione soprattutto al Wolrd music stage dove si susseguiranno artisti di invidiabile spessore: Seun Kuti & Egypt 80, Transglobal Underground & Natacha Atlas, Deti Picasso, Enzo Avitabile & Bottari, Fanfara Tirana, Goran Bregovic, Ky-Mani Marley, Leningrad, Mercedes Peon, Mori Kante e N&SK. www.szigetfestival.it ARIANO FOLK FESTIVAL Ariano Irpino [19-24/8] L’Ariano Folk Festival torna a puntare tutto sui colori della world music per questa tredicesima edizione. Dal 19 al 24 agosto, nel cuore dell’Irpinia, si preannunciano sei vibranti serate di musica. Si apre con Muchachito Bombo Infierno [Spagna] e Sangennarobar [Italia], poi Ojos de Brujo [Spagna], Balkan Beat Box [Usa], Gipsy Sound System [Svizzera], Stefano Miele e Ilaria Graziano, Shantel & Bucovina Club Orchestra [Germania] e gran finale con il nuovo tour della Bandabardò. www.arianofolkfestival.it FESTIVAL SENTIERI ACUSTICI Montagna pistoiese [20-23/8] Nell’Appennino pistoiese, si apre il 20 agosto a Bardalone con una conversazione sulla musica e le tradizioni: ospite d’onore Carmen Consoli; a seguire Elena Ledda quintetto – Contivizos tra Deus e recreu. Giovedì 21 Rory Mc Leod [Scozia] e Renaud Garcia Fons Trio [Francia]. Venerdì 22 Renato Borghetti [Brasile] e Orquestra do Fubá [Brasile]. Sabato 23 chiusura con Franco Morone e Banda Osiris. Attivi anche stage di strumenti e danze tradizionali. www.provincia.pistoia. it/sentieriacustici MITO SettembreMusica Torino – Milano [1-25/9] Alla seconda edizione, MITO s’impone tra le più ricche realtà musicali della penisola. Dall’ 1 al 25 settembre, Torino e Milano sono le città della musica: classica, opera, jazz, rock, pop, avanguardia, corale. C’è poi un brillante viaggio nella musica nomade, alla ricerca delle tradizioni gitane, tra mostre, conferenze e concerti con Carmen Cortez e Gerardo Nuñez. In evidenza anche le culture dell’India, del Pakistan e dell’Afghanistan. www.mitosettembremusica.it Associazione Teatrale Pistoiese Comunità Montana Appennino Pistoiese - mondomix.com NOTIZIARIO Comuni di: Abetone, Buggiano, Cutigliano, Larciano, Marliana, Piteglio, Sambuca Pistoiese, San Marcello Pistoiese FESTIVAL 2008 in breve Direzione artistica di Riccardo Tesi [email protected] Immagine elaborata al computer Unavacanza conilsapore delle tradizioni Itinerari Musicali Dopofestival 23 luglio Colle di Buggiano Rocco De Rosa “Trammari” 20 – 22 agosto ore 24.00 Maresca (PT) 29 luglio Larciano Bz4tet special guest Gabriele Mirabassi 2 agosto Sambuca Pistoiese Vincenzo Zitello Stages di strumenti e danze tradizionali 20 – 23 agosto Maresca (PT) • Percussioni brasiliane con Gilson Silveira • Percussioni di Bali con András Varsányi 10 agosto Serra Pistoiese • Chitarra acustica fingerstyle Rhapsódija Trio con Franco Morone • Organetto diatonico con 11 agosto Abetone Etienne Grandjean • Musica Nicolas Sarr d’insieme primo livello con 17 agosto Cutigliano Maurizio Geri • Musica La Talvera d’insieme secondo livello con Patrick Vaillant • Canto polifonico con Elena Ledda Festival Sentieri Acustici • Tecnica vocale con Anna Granata • Danze sarde con 20 – 23 agosto Angelo Pisanu • Danza, Tango ore 21.30 Bardalone (PT) argentino primo e secondo Palazzetto Pertini livello con Gonzalo Juan Banda Osiris presenta • Danze tradizionali europee con Claudio Cesaroni 20 agosto Conversazione sulla musica e le • Laboratorio di canto e tradizioni con Carmen Consoli percussioni per bambini con È stato invitato il Presidente della Marika Pellegrini Regione Sardegna Renato Soru Gli stages sono riconosciuti dal concerto con Ministero della Pubblica Elena Ledda quintetto “Contivizos tra Deus e recreu” Istruzione come corsi di aggiornamento per insegnanti. 21 agosto Rory McLeod Renaud Garcia Fons Trio Corsi, escursioni ed 3 agosto Popiglio Cara Bali - Münchner Gamelangruppe e.V. 22 agosto Renato Borghetti Orquestra do Fubá 23 agosto Franco Morone NOTE DI VIAGGIO con Banda Osiris e special guests. Produzione originale Festival Sentieri Acustici 2008 appuntamenti speciali 2 – 22 agosto • Escursioni guidate: L’alfabeto della Montagna • Laboratorio di archeologia • Osservazione dell’eclisse Festival da gustare con menù a km 0 Informazioni, iscrizioni stages ed offerte di soggiorno: [email protected] – 0573 974671 – 0573 974676 – 347 6001197 Ingresso ai concerti 21, 22, 23 agosto € 6,00. Abbonamento € 15,00 www.provincia.pistoia.it/sentieriacustici NATACHA ATLAS Le atmosfere arabe e nordafricane giocano con l’elettronica: ecco Natacha Atlas, giovedì 7 agosto all’Arena Civica di Milano. http://www.myspace.com/natachaatlasofficial GOGOL BORDELLO La trascinante band guidata da Eugene Hutz torna a Milano: giovedì 28 agosto all’Idroscalo. www.gogolbordello.com america mondomix.com - Parole e rivoluzione FERRARA BUSKERS FESTIVAL La più grande rassegna del musicista di strada si svolge quest’anno dal 22 al 31 agosto. www.ferrarabuskers.com ANDAR PER MUSICA – Bergamo Tre mesi di folk contemporaneo nei borghi e nelle valli bergamasche, dal 7 giugno al 24 agosto. www.frameevents.com FOLKERMESSE A Casale Monferrato la manifestazione collegata al noto concorso per giovani artisti Folkontest. 18-20 luglio. www.ethnosuoni.it CARPINO FOLK FESTIVAL – Carpino [Fg] Dall’1 al 9 agosto si rinnova la rassegna garganica, arricchita da un concorso fotografico. www.carpinofolkfestival.com LUCANIA BUSKERS FESTIVAL Tra le province di Potenza e Matera, un’edizione ricca di novità, dal 6 all’11 agosto. www.lucaniabuskers.com AI CONFINI DEL SUD – Reggio Calabria Dal 9 al 12 agosto “Musica etnica… e dintorni” nella provincia reggina. www.eraura.it FESTIVAL NEGROAMARO - Lecce Fino al 29 luglio, l’originale kermesse delle culture migranti. www.salentonegroamaro.org WOMAD – Malmesbury Tre serate ad alta intensità al Charlton Park: dal 25 al 27 luglio, oltre 70 concerti, tra cui Toumani Diabaté, Adrian Sherwood, Orchestra Baobab, Rumberos de Cuba, Shantel & Bucovina Club Orkestar. www.womad.com LA GHIRONDA La rassegna d’arte e cultura popolare si diffonde in tutta la Puglia dal 18 al 27 luglio. www.laghironda.it ANDE BALI E CANTE – Rovigo Il secondo weekend di settembre propone nel veneto polesano una festa di concerti, danze, stage, incontri. www.minelliana.it ÈTÈTRAD – Val d’Aosta La ribalta della Val d’Aosta s’illumina l’ultima settimana di agosto con le musiche tradizionali. www.trouveurvaldoten.com tarantafest - Sicilia Tra le provincie della Sicilia sud occidentale, tornano a vibrare i tamburelli della taranta. Agosto 2008. www.tarantafest.it MEcedes sosa, regina del folclore argentino Federico Scoppio “Ho tanti rimpianti, ma un grande sogno: cantare al fianco di Carlos Santana”. Mercedes Sosa ha cantato Atahualpa Yupanqui, Víctor Jara e Pablo Neruda con urgenza espressiva immutata e inviolata. Pratica officinale che sostiene ancora oggi, abbozzando folclore per celebrare il risveglio del paese. Durante la dittatura, lei c’era: sempre identificabile, nella guerra degli invisibili. Poi, per quattro anni, ha deciso di andar via. Parigi e poi Madrid. Molti hanno rimosso questo suo gesto, alcuni ricordano con dolore. Altri ancora prediligono magnificare quel nuovo canzoniere argentino che ancor prima aveva contribuito a far avviare, rivolto alla trasformazione delle forme di espressione connesse alle tradizioni popolari. Il folclore in Argentina ha un significato molto forte. Che rapporto ha con la tradizione? Il folclore è la nostra tradizione, la nostra terra, le nostre correnti più nascoste e segrete che poi è bello tirar fuori quando serve. Per me folclore è come una sostanza plasmabile, una realtà in grado di rinnovarsi sempre, qualcosa che si aggiorna nel momento in cui si cerca di rinterpretarlo. Nella sua corsa ha sempre alternato canzoni, articolate su rime di poeti più o meno noti, a lavori sul folclore, visto che declina ritmiche come la zamba e la chacarera del nordovest dell’Argentina, la milonga e anche connessioni sparse con il costume del Cile. Come mai tanti riferimenti? In un disco come “Corazón libre” ho ad esempio lavorato su alcuni schemi folclorici rintracciabili in Argentina ed in altre regioni dell’America Latina. Non ho alcuna pretesa di voler insegnare queste estetiche musicali a chi non le ha mai ascoltate, anche perché posseggono più di ottocento anni e sono il risultato della commistione degli stili indigeni con alcune caratteristiche di matrice europea o dell’America centrale. Ho semplicmente cercato di dar voce ai miei sentimenti. In “Canta a Charly García” [1998] riecheggiavano brani dal forte impianto rock del chitarrista García, icona del genere in America latina. Anche in quel caso riusciva a offrire un’interpretazione della tradizione pur avendo come fondale il rock? La tradizione ha anche un’accezione personale, molto intima, che spesso sfugge. è un concetto legato all’emozione, non solo alla razionalità. Se “Corazón libre” rappresenta per me un tuffo nel folclore, non diversamente lo è stato anche il disco sulle composizioni di Charly García. Cerco sempre di veleggiare nei mari chiari, nelle acque che riconosco facilmente, mi fanno sentire sicura. Con Charly ho sempre avuto un rapporto confidenziale – mi accompagnò nel primo concerto dopo l’esilio nel’82 – e la sua scrittura ha per me un valore folclorico, nonostante l’impatto molto rock. Tanti anni trascorsi a recuperare modelli culturali ed espressioni locali per cercare di tamponare l’ascesa di riferimenti globali e nocivi per la tradizione. Non si sente stanca? Non mi sento l’età che ho, non ho alcun tipo di problema quando canto, la mia intonazione sembra trarre beneficio dell’età che avanza. Ho imparato ad apprezzare il lavoro di ricerca che si deve svolgere ogni volta che scandaglio brani da interpretare. E poi l’età mi ha regalato una rara dote, ho affinato la tecnica dell’artista. Riesco ad immaginare tutto ciò che le parole celano, a disegnare nella mia testa intense immagini grazie a poche parole, come un film. Penso che la vita regali cose buone e cose meno buone, questa è ottima. Non ho più la possibilità di lottare per ciò che non va come dovrebbe, posso continuare a dare l’esempio positivo facendo tutto quello che sento di poter fare. Trova uno scenario orientato al recupero delle matrici popolari? Certo, ed è composto da giovani musicisti. Mi piace molto una nuova tendenza atta a rimestare la chacarera, però questi giovani soffrono dei problemi di mercato, non vengono passati per radio, non varcano i confini locali. Quale il miglior regalo che le ha fatto la vita, visto che le ha portato anche molta sofferenza? L’amicizia con Joan Baez. Ho usato per la copertina di “Corazón Libre” un disegno che mi regalò diciassette anni fa, per tenerla sempre vicina a me, è uno di quei doni buoni della vita. Ma direi che il dono migliore che ho ricevuto è di poter essere ambasciatrice dell’Unicef, fare qualcosa per i bambini, cantare per loro. Non ho dubbi, niente è paragonabile al poter fare del bene ai bambini, permettere che questi crescano in condizioni agevoli. da ASCOLTARE “Corazón libre” [Deutsche Grammofon/Universal] SITO www.mercedessosa.com ALCUNE DATE 09/7 - Luglio suona bene, Auditorium Parco della Musica, Roma 10/7 - Maschio Angioino, Napoli 11/7 - Datch Forum, Assago, Milano 23/7 - Just like a woman, Savona afrodisia di Mauro Zanda The Black President! Seun KUTI ha capito un paio di cose fondamentali circa il suo rapporto con quel fardello di nome: primo, che se proprio è destinato a restare all’ombra del padre, si tratta pur sempre di un luogo che lo rende particolarmente orgoglioso; secondo, che nonostante tutto, l’imperativo della sua vita artistica è comunque indirizzato alla ricerca di una propria cifra stilistica illlustrazione di Attanasio Afrodisia è l’orgogliosa consapevolezza del contagio, una zona temporaneamente autonoma da false purezze ed esotismi etnici. Afrodisia è un punto di fuga ibrido e sfrontato ove lasciar confluire i segni dell’Africa e la diaspora nera. Un’idea ambiziosa e necessaria, nata nel 2007 al Rialto Santambrogio di Roma, con l’obiettivo dichiarato di veder affiorare, anche dalle nostre parti, spiritualità e ritmo del grande cuore africano Verso il principio degli anni Ottanta, dopo diverse stagioni di dura dissidenza politica, Fela Kuti ebbe una rivelazione spirituale destinata a cambiare radicalmente la sua attitudine verso la musica e la vita: un sogno lucido e illuminato in cui il Presidente Nero vide con chiarezza la centralità dell’antica civiltà nera egizia nell’evoluzione della razza umana. Fu proprio allora che mutò nome alla band, sia detto senza timor di smentita, molto più che un semplice gruppo musicale. Una famiglia in primis, un logo in definitiva. Dichiarazione e sintesi programmatica di una cosmogonia che - attraverso suoni, parole e ritmi - propugnava orgoglio nero e autonomia culturale del continente madre. Quella band leggendaria da allora, e per sempre, prese il nome di Egypt 80. Una prospettiva atemporale che oggi assume dunque significato compiuto; perché dopo aver provato ininterrottamente per 10 anni, il ventiseienne terzo figlio riconosciuto di Fela, carica sulle sue giovani spalle quella straordinaria esperienza musicale e getta finalmente le basi per una scintillante ipotesi di afrobeat del secolo XXI. Coadiuvato in primo luogo dal settantenne Baba Ani - un tempo a dirigere i suoni dal sax, oggi più tranquillamente seduto dinanzi al piano - Seun ha chiamato a raccolta 2/3 di quella all-stars band nigeriana creando automaticamente un’aspettativa enorme tra gli addetti ai lavori e i tanti appassionati di musica africana. Ciò che colpisce di questo straordinario debutto [“Many lasciar deflagrare polifonie ultrasincopate degne del miglior Fela. Certo, la chiave è moderna: intro decisamente più brevi e piglio vagamente hip hop [Seun parla di ammirazione per Chuck D, Dr. Dre ed Eminem], ma al dunque i brani sfiorano comunque i 10 minuti, le parti strumentali pesano come macigni, e gli incastri ritmici sono vertiginosi e folli come ai tempi belli del padre-mentore. Prendete un pezzo come Don’t give that shit to me: all’inizio c’è unicamente spazio per la chitarra ritmica e le percussioni afro-latine, scarne ed essenziali come da prammatica, sporcate appena dal commento di un sax. Dopo 8 battute entra come un treno il giro di basso, timbro denso e ritmo vorticoso, sfondo perfetto per l’assolo di sax e l’incedere percussioni/batteria, che nel frattempo è già salito come un fiume in piena; scatta quindi imperioso il riff dei fiati e, quando sono trascorsi appena 1’18”, Seun sferra il suo duro attacco verbale in un clima a dir poco esagitato. Fela in genere non proferiva parola prima di cinque minuti [a volte ne passavano addirittura quindici] ma, tenuto conto che il brano si snoda senza noia né cedimenti strutturali per 9’ 21”, verrebbe giusto da commentare che il ragazzo ha reso più fruibile la formula senz’affatto snaturarla. La titletrack, ad esempio, cuoce ad un fuoco più lento, e bisogna aspettare almeno 3 minuti prima di sentire Seun e i cori a risposta femminili prendere il sopravvento; anche l’andatura mid-tempo sembra più congeniale alle epiche cavalcate di Fela. Eppure, non c’è odore di deja-vu, la con- fondamentali circa il suo rapporto con quel fardello di nome: primo, che se proprio è destinato a restare all’ombra del padre, si tratta pur sempre di un luogo che lo rende particolarmente orgoglioso; secondo, che nonostante tutto, l’imperativo della sua vita artistica è comunque indirizzato alla ricerca di una propria cifra stilistica. Un cammino che lo accomuna al fratello maggiore Femi ma che, in un ipotetico duello, lo colloca già in una posizione di leggero vantaggio. Tra i due sussiste infatti un’accesa rivalità, ma mentre Seun suona il sax in maniera ordinaria [come Fela del resto], a differenza del fratello possiede una voce forte, magnetica, realmente in grado di far breccia tra i suoni e consegnare il messaggio. Music is the weapon cantava Fela, e l’afrobeat, vecchio e nuovo, certo non può prescindere da quel suo crisma profondamente ribelle. Testi che affrontano in maniera diretta temi di strettissima attualità politica, indirizzati tanto all’amata/odiata Lagos che all’Africa in generale. Pamphlet rabbiosi e maturi che parlano di corruzione, sensualità africana, educazione alla salute, brutalità e lassismo al potere. In una recente intervista, Seun ha dichiarato che, più che combattere l’afrobeat del suo tempo deve riuscire a far pensare. Perché – sostiene – la sua generazione non lo fa più da troppo tempo: il nichilismo che la contraddistingue sembra aver svuotato di significato ogni cosa, lotta e resistenza incluse. L’inizio del disco, in tal senso, pone inequivocabilmente il mood sulla giusta lunghezza d’onda: Think Africa. Seun parla di sperequazioni tici [quella che lui definisce politricks, il gioco sporco della politica]. Ma anche della prevenzione contro la malaria [Mosquito song], malattia che con piccoli investimenti [una zanzariera da cinque dollari] e maggiore sensibilità da parte delle multinazionali farmaceutiche [il prodotto oggi in commercio è fuori dalla portata economica di gran parte degli africani], potrebbe abbandonare quel triste primato che oggi invece la vede protagonista tra i casi di mortalità nel continente [alcune stime parlano addirittura di 3000 decessi al giorno]. Una canzone che sta molto a cuore a Seun, originariamente scritta nel 2005 per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale in occasione del festival Africa Live organizzato dall’amico Youssou N’Dour. Uno sguardo internazionale che, del resto, sembra accompagnare ogni singolo aspetto di questo artista giovane ma già maturo. Nelle note interne del suo disco si ritrova per esempio un curioso ringraziamento a Barack Obama; in un’intervista realizzata dall’edizione francese di Mondomix ha recentemente dichiarato che, se il senatore nero venisse eletto Presidente degli Stati Uniti, è convinto che il mondo e l’Africa possano diventare un posto things”, Tôt ou Tard] è soprattutto il muro di suono, un’autentica macchina da groove capace di fezione finale appare, oltre che sincera, decisamente personale. Seun ha capito un paio di cose sociali, multinazionali dell’affare, diritti negati in Tibet, totalitarismi mascherati da regimi democra- migliore. Una corrispondenza d’amorosi sensi che nacque lo scorso anno, allorquando il se- Foto di Youri Lenquette natore di origine keniota, senza neanche conoscerlo, in virtù forse dell’enorme simbologia rappresentata dal padre, si adoperò per fargli ottenere il visto che gli avrebbe consentito di suonare in USA e che l’ambasciata stentava invece a concedergli. Con malcelato romanticismo ci piace cogliere in quel nobile gesto, animato solo dal profondo rispetto per un totem della musica e cultura africana, il segno di un’antica profezia di Fela: «La musica africana conquisterà il mondo, ma avrà bisogno dei suoi tempi. Gli dei d’altronde non vogliono che si imponga come una moda, ma come un serio accadimento culturale». I tempi sembrano finalmente maturi: lunga vita alla stirpe guerriera dei Kuti, music is still the weapon! ASCOLTARE “Many things” [Tôt ou Tard] SITO www.myspace.com/seunkuti 10 - mondomix.com america Caetano Cê Federico Scoppio Trattato e reso sempre più affascinante dalle stagioni che avanzano inesorabili, poco avvezzo alle chiacchiere superflue, è capace di dialogare in musica con ogni realtà del suo Brasile. E di galleggiare con fortuna e fama nei colori vistosi del tropicalismo che per lui ha rappresentato la celebrazione dell’esserci lì, nel Brasile, e allora, alla fine degli anni ’60, divenendo alla fine uno dei simboli del Brasile pop e glamour. Irriverente, provocante, un po’ diavolo. Timido, riservato, gentile, quasi angelo. Caetano Veloso è un po’ tutt’e due. è il giovane che si presenta al carnevale più bello del mondo fasciato soltanto da un bikini. è il maniaco che la sera, e i pomeriggi ancora prima nel piccolo cinema di Santo Amaro, consuma in videocassetta i film di Antonioni e Fellini. Voce di velluto, morbida, efebica e spirito hippy. Bello. Nonostante le stagioni avanzano crudeli. Del tropicalismo è stato uno dei procreatori e certamente l’icona più trasgressiva. Nell’epopea culturale e lisergica di quegli anni i vestiti cangianti rappresentavano il prisma di un uomo capace di rinnovarsi. Al di là dell’ovvio. Attratto dal teatro, la poesia concreta, il cinema novo, la filosofia. Uno dei suoi più bei dischi, “Uns”, è dedicato a Nietzsche [negli stessi anni Gilberto Gil compone “Superhomen”] che, come confesserà Caetano stesso, apprese attraverso le poesie di Fernando Pessoa. L’ultimo progetto è “Cê”, anche in versione live: una nuova cotta per le asperità del rock, pronunciate in lingua portoghese. Percorso che a tratti è comparso anche in passato, per presto sbiadire nel suo enorme repertorio popolare-autorale. E poi tanto altro, compresa una stranissima collaborazione con Stefano Bollani, che proprio in estate vedrà la luce. “Quando avevo diciassette, diciotto anni non pensavo certo di diventare un cantante o compositore, ascoltavo la musica di Miles Davis, Thelonious Monk, Gil Evans, Chet Baker, il quale mi colpiva profondamente perché, soprattutto quando cantava, teneva una nota e riusciva a rendere il tempo sospeso, e João Gilberto per la capacità di economizzare la propria musica, renderla minimale ma mai scarna, anzi essenziale. In conclusione, nutrivo grande stima per questi mostri sacri, e ogni tanto mi divertivo a cantare, però desideravo soltanto studiare filosofia e dirigere dei film”. 6° continente mondomix.com - 11 Un film lo ha diretto, Cinema falado, le piacerebbe riprendere la sua esperienza nel mondo del cinema? Mi piacerebbe ma è molto complicato, non è certo come fare musica. Bisogna per forza occuparsi di un’infinità di dettagli e poi paragonerei i miei film a quelli di Fellini, per cui non sarei mai soddisfatto, lui è stato uno dei grandi maestri del cinema e dell’arte. Ogni tanto scopro che alcuni miei dettagli musicali provengono proprio dalla poetica di quel tipo di cinema. è stato uno dei più grandi registi. Tanto cinema nella sua vita. Quelle indimenticabili colonne sonore dei film di Fellini furono composte da Nino Rota, tuttavia c’è un altro grande maestro indiscusso di musiche per film in Italia, Ennio Morricone. So che c’è una collaborazione in allestimento… Mi ha chiamato per un suo progetto nuovo, è una persona speciale che apprezzo come artista e spero di approfondire personalmente, desiderava un testo portoghese per una sua canzone e per me è stato un onore accontentarlo. Com’è stato il suo riavvicinamento al mondo del rock? La musica rimane la cosa migliore che gli americani abbiano consegnato al mondo. Inoltre il rock resta la forma musicale di più facile contagio mai inventata, un fenomeno sociale e mediatico dalla gittata incredibile, che solo con artisti assai intelligenti come i Beatles ha acquisito quel deflagrante substrato culturale. Di lì in poi c’è stato tutto un mondo, un’infinità di altre svolte stilistiche ed espressive, come la musica di Jimi Hendrix, quella di Frank Zappa, maestro nella commistione di linguaggi, fino ad arrivare al punk che negando il rock in qualche modo lo rendeva esaltante. “Cê” ha qualcosa di rock, soprattutto perché siamo un rock band. Ho lavorato a lungo con Pedro Sá già in “Noites do norte” e “A foreign sound”. Comunque il gruppo è cresciuto in casa mia, sono tutti quanti amici di Moreno. L’avevamo lasciata nelle vesti di crooner in “A foreign sound” e la ritroviamo proiettata in una nuova dimesione… A Foreign Sound è un omaggio personale, una mia compilation ideale di celebri brani americani, da Irvin Berlin ai Nirvana. Come as you are dei Nirvana e Nature boy in qualche modo potrebbero appartenere all’estetica di “Cê”. Anche in “Rock ‘n’ Raul” pubblicata su “Noites do norte” si può trovare una continuità con questo nuovo lavoro: una band ridotta, la strumentazione rock, l’approccio aggressivo. SITO www.caetanoveloso.com date 07/7 Ferrara sotto le stelle, Ferrara 12/7 Umbria Jazz, Perugia [Bollani] 15/7 Anfiteatro Romano, Cagliari [Bollani] 17/7 Luglio suona bene, Auditorium Parco della Musica, Roma Balkan Beat Andrea Scaccia Dopo il gran successo di “New med” come mai la voglia di realizzare una versione remix di questo lavoro? Tutto nasce da una serie di contest per dj fatti in giro per il mondo, alcune cose erano molto interessanti e le abbiamo unite ai remix di amici con cui collaboravamo, ricavando undici brani pronti per essere suonati nelle dance hall di tutto il mondo. Ci piace molto il risultato, sia per la passione che abbiamo per il mondo dei club, sia perché è molto stimolante riproporre la nostra musica in versione dance floor, ci interessa vedere la reazione della gente a queste nuove versioni. Nel disco c’è anche un inedito. C’è una nuova traccia, Ramallah-Tel Aviv, l’unico brano non remixato. Parla della speranza dei bambini di queste due città, loro non c’entrano molto con tutta la faccenda. Tante storie che s’intrecciano con quelle dei BBB. Come siete arrivati alla formazione attuale? Alcuni anni fa tra le tante collaborazioni avevamo messo su i Firewater: molte date, un album per la Knitting Factory. Poi sono stato in giro con Gogol Bordello per tre anni, ma prima ancora insieme a Tamir Muskat ed Eugene Hutz avevamo dato vita ad un progetto che si chiamava Juf; era prima che cominciasse ad esserci una risposta importante a questo genere di musica, avevamo registrato anche un album molto underground. Dentro c’era punk, elettronica, musica da club. Ci divertivamo, senza piani o progetti precisi. Quando con Tamir abbiamo capito che c’era qualcosa di buono su cui lavorare abbiamo tirato nel progetto Mc Tomer Yosef, che reputavamo funzionale alla dimensione del live. Poi sono arrivati gli altri musicisti che ci sembravano giusti per realizzare la musica dei BBB. ovvero ciò che succede quando ad una sezione d’ottoni balcanica si unisce un Mc israeliano, qualche computer e si aprono i microfoni in un club della downtown newyorkese. Balkan beat box è un ritratto apolide di un gruppo che si muove tra gipsy rock, elettronica, reggae e fanfare, per creare quella babele musicale che sta infiammando le platee di mezzo mondo. Ori Kaplan, sassofonista e co-fondatore del gruppo, racconta i BBB ed il loro ultimo lavoro“Nu Made” [Crammed Discs, ditribuito Materiali Sonori] Rileggere la tradizione attraverso la commistione di generi è senza dubbio un mezzo per avvicinare quante più persone ad un certo tipo di musica. Creare musica nuova e mischiare le fonti può essere un’ottima strada. Noi siamo emigrati da Israele e siamo finiti a fare musica a New York trovandoci a suonare con musicisti d’estrazione più diversa. Racconta storie di migrazione, il senso più profondo dei Balkan Beat Box. Siamo attenti a tutto quello che accade intorno a noi che sia hip hop, musica mediterranea, africana o eschimese. Mettere tutto queste cose insieme ci aiuta a tovare nuove vie per la nostra musica. La forza dirompente dei BBB si percepisce soprattutto nei live. Nel disco c’è anche il video del vostro concerto a Tel Aviv. È stato incredibile esibirci nella nostra città. Volevamo fare qualcosa di grande suonando anche con gente del posto; c’erano artisti palestinesi ed un sacco di musicisti di gran talento provenienti da diversi paesi. Abbiamo creato una specie di circo, uno show rotante dove la gente andava e veniva da differenti stages. Tra poco il vostro tour toccherà anche l’Italia. Sai che sono molto eccitato all’idea di suonare al festival di Ariano? Mi piace moltissimo il feeling che si crea con la gente dell’area mediterranea, spero che questo concerto possa essere l’inizio delle frequentazioni tra l’Italia ed i Balkan Beat Box. Ho molte aspettative e mi auguro di riuscire a suonare con un po’ di gente del posto. da ascoltare “Nu Med” [Crammed Discs/Materiali sonori] SITO www.balkanbeatbox.com Per l’Italia www.musicballkan.com 12 - mondomix.com America Il tango secondo Melingo Andrea Morandi Non ha il completo e il cappello di Carlos Gardel e nemmeno la sua passione per le corse di cavalli, ma a settantatre anni di distanza dalla morte dell’icona del tango, avvenuta nel 1935, Daniel Melingo ne sembra la perfetta reincarnazione, bizzarra quanto imprevista; sguardo di traverso e corde vocali dolenti, petto gonfio a prendere la rincorsa prima di cantare pezzi in lunfardo, lo slang di Buenos Aires e dei suoi porteñi. Eppure Melingo, classe 1957, al tango ci è arrivato quasi per caso, deviazione non voluta dopo due decenni passati da chitarrista nelle retrovie del gruppo rockabilly Los Twist. Oggi sembra non abbia mai fatto altro che il tanguero errante e che, in fondo, il destino volesse che la sua voce prima o dopo incrociasse un bandoneón proprio come fa nel nuovo disco, “Maldito tango”, che arriva ora a due anni di distanza da quel piccolo grande miracolo di nostalgia cantata che fu “Santa milonga” del 2005, quattordici canzoni per un viaggio nel tempo nell’Argentina e nella sua immigrazione biancazzurra di inizio secolo. Con grande intelligenza Melingo non ha però riproposto filologicamente il tango del passato, ma ha saputo unire fisarmonica e il digitale, la voce de El Zorzal Gardel e le intuizioni di un socio come Eduardo Makaroff, una delle menti dietro il progetto con cui i Gotan Project portarono il tango in classifica nel 2002. Ma se in quel caso nel tango furono iniettate dosi abbondanti di elettronica, Melingo ha invece voluto il vestito della tradizione, gli stilemi sonori e vocali degli inizi, che ha poi unito a un’ironia feroce e a una coloritura verbale squisitamente contemporanea spolverandone così anche l’aspetto musicale. Figlio malvoluto del barrio del Abasto, delle case rotte dello stesso quartiere che diede i natali a Gardel, al “Bandoneón mayor” Aníbal Troilo e a “El polaco” Roberto Goyeneche, delle bettole fumose piene di sogni finiti in un bicchiere di amori perduti, Melingo quando canta sembra farlo malvolentieri, quasi costretto, con la voce strascicata quasi avesse altro da fare appena sotto il palco, quasi lo aspettassero altre vite o, più semplicemente, un’altra mano di carte. E allora, se come diceva Paolo Conte, il tango è il riassunto di una vita allo stesso modo in cui una lucertola lo è di un coccodrillo, Daniel Melingo è oggi la sintesi della Buenos Aires contemporanea, capitale passionale e indifferente, stretta tra l’oggi e il domani, sempre sul baratro di una malinconia eterna. da ascoltare “Maldito tango” [Mañana/Self] SITO www.danielmelingo.com PAESE Argentina CITTà Buenos Aires, quartiere Abasto '*"BDC9DB>M#8DB6;G>86 :JGDE6BDC9DB>M#8DB"'+ Æ###A6BJH>86E:G@DG6ÝJCD9:>B>G68DA>E>ç>CI>B>:HIJE:;68:CI>9:AAÉ6GI: 6;G>86C6#8=>JCFJ:A66H8DAI>C:G:HI:G¿>C86CI6ID!:HI:CI:G¿68G:9:G:8=:FJ:> HJDC>EDHH6CDEGDK:C>G:96AA:6CI>8=:IG69>O>DC>9:A8DCI>C:CI:9:>I6B7JG>###Ç lll#ieV[g^XV#^i LWh_Wp_ed_:_WXWj iZhidY^<^VcajXV9^VcV [didY^E^ZigdeVdadBdgdcXZaa^ Arriva da Bamako - capitale del Mali - la meravigliosa arte di Toumani Diabaté. Che è l’espressione purissima di una cultura secolare di cui lui è al momento il maggiore esponente. Sono infatti settantuno le generazioni che lo precedono, ed egli esattamente come i propri avi, porta avanti la tradizione antica del djeli che attraverso la kora esprime la propria storia. Lo afferma con il consueto tono di voce pacato, all’uscita di “The Mandé variations” [Word Circuit/Ird]: “Ai suoi tempi lo chiamavano il Re della Kora. Lui è stato il mio maestro: mio padre Sidiki Diabaté. Ed ha lottato con la sua musica per l’indipendenza della nostra terra, del Mali”. Storia che nel West Africa, difficilmente segue una narrazione scritta. Che si manifesta quindi per il popolo - e per i suoi cantori, i djeli come tradizione orale e linguaggio musicale. E ciò da orgoglio e senso di appartenenza, divenendo inoltre modalità espressiva del passato, della contemporaneità, nonché elemento fondante del proprio futuro . “Djeli in malinke vuol dire il sangue che scorre nelle vene. Se l’Africa Mandéngue fosse una persona noi saremmo il sangue di questa persona. Noi siamo gli ambasciatori della nostra cultura, siamo i guardiani della tradizione e della storia. Djeli si nasce, non lo si può diventare. Puoi essere un buon musicista, ma essere un djeli è un’altra cosa, è una questione legata alla famiglia e alla storia del mio popolo”. La kora - il mezzo espressivo di cui Diabaté è maestro riconosciuto - da alcuni ribattezzata “l’arpa africana”, implementa una quantità di variabili sonore davvero elevata, caratteristica permessa dalle ventuno corde di cui si compone. Ad aggiungere ulteriori orizzonti sonori allo strumento ha concorso proprio Diabaté che all’interno del suo ultimo lavoro “The Mandé variations” - edito nel gennaio di quest’anno dalla sempre ottima Word Circuit - ha sperimentato con successo alcuni elementi innovativi. Tre le istanze portate avanti dal maliano: una nuova accordatura dalle spiccate sonorità arabe, chiamata Egyptian Tuning; l’uso di chiavi in legno, che vanno a sostituire per la tensione delle corde gli usuali anelli in pelle; l’innesto di tematiche di pura improvvisazione, oltre il consueto repertorio tradizionale. Tutto ciò ha permesso al nostro di ottenere un risultato che dal punto di vista discografico e d’impatto nei live, non mostra incrinature. Da un lato infatti si colloca non soltanto come “un”, ma come “il” disco che esula dalla semplice ed a volte riduttiva definizione di world music e che sposta un metro avanti oltre la concezione della stessa e anche la miope visione terzomondista di parte dell’industria musicale. Dall’altro durante le performance dal vivo, Toumani Diabaté dimostra che lo studio svolto sullo strumento, gli ha permesso realmente di affabulare ulteriormente il pubblico. Dimostrazione perfetta ne è stato il concerto - in esclusiva italiana - svoltosi lo scorso 23 maggio presso la fantastica cornice del Castello Caetani di Sermoneta [Lt]. In quella occasione il maliano ha dispiegato le vele della sua capacità espressiva oltre ogni limite: in un costante e perfettamente riuscito equilibrio tra tecnica e pathos, tra consapevolezza strumentale ed abilità comunicativa, si è assistito ad un concerto davvero mirabile. Cento minuti di pura poesia, in cui un uomo seduto in terra, con il solo ausilio della kora, è riuscito non solo ad avvicinare la sua terra al pubblico presente, ma a far comprendere agli astanti il senso di un’altra cultura, del valore della rimembranza del proprio passato, della futuribilità della musica come portatrice di messaggi intensi e profondi. “La mia musica è più antica della classica, ed è nata prima di Mozart”, dice Toumani. Brani introdotti e spiegati al pubblico e poi via, le dita ad inanellare melodie ed assoli. Il concerto si è dipanato lungo temi di qualche disco fa come Kaira [dall’omonimo album del 1988], e numerosi estratti dall’ultimo lavoro, tra cui su tutti citiamo la trasognata Elyne road, la evocativa Djourou kara nany, e l’arabeggiante El Nabyouna. Ulteriore spessore è giunto poi da una meravigliosa improvvisazione, nella quale emergevano senza posa tanto le sonorità jazzate, quanto evocazioni filmiche di morriconiana memoria. Il finale di concerto è stato poi ulteriormente sorprendente, grazie alla inaspettata presenza del guest Madya Diabaté, ottimo accompagnatore alla kora, ma ancor più incisivo alla voce, nei due brani finali. Come se non bastasse già la sola espressione di Toumani Diabaté. 8h[jW]dWY[djheZ[bcedZe ti, la libertà di espressione di ognuno di noi”, analizza Bijan Chemirani da Marsiglia. Il percussionista, quando non suona con il trio familiare, composto da suo padre [Djamchid] e da suo fratello [Keyvan], propone all’interno del suo gruppo [Oneira] incursioni nel cuore delle musiche tradizionali greche e iraniane. “Sono una spugna. Questi momenti di incontro, questi istanti unici mi nutrono”, prosegue Bijan, esperto di percussioni persiane [daf, zarb e altro] e invitato a collaborare dai più grandi musicisti. “È a contatto con gli altri che progrediamo. Anche se, in assoluto, le figurazioni o i ritmi di un suonatore di djembé non hanno niente a che vedere con quello che faccio, posso imparare molto da lui. Durante iZhidY^HfjVVan [didY^H^ak^ZAZEVgX questo lavoro, Pierrick, che nell’album suona anche il clarinetto, mi ha aiutato a ripensare lo spazio musicale”. Registrati in studio prima che si esibissero dal vivo, questi dieci brani dal suono limpido, senza effetti, continuano ad evolversi ad ognuno dei loro incontri sul palco. Tanto da giustificare, da qui a qualche mese, una registrazione live per completare questa fraterna e toccante testimonianza. igVYjo^dcZYVa[gVcXZhZY^Da^k^VIVc^c^ Arricchito dai contributi di musicisti provenienti da diversi orizzonti [Olivier Ker-Ourio, Bijan Chemirani, Pierrick Hardy], il nuovo album di Annie Ebrel è un simbolo di apertura. Ma “Roudennoù”, che significa “impronte”, “tracce”, è anche fortemente radicato nelle tradizioni bretoni. “Avevo voglia ci fosse l’armonica in questo album”, ricorda Annie Ebrel, che naturalmente pensa subito a Olivier Ker-Ourio, un armonicista di origine bretone che ha lavorato con Jacques Pellen, Danyel Waro, Michel Petrucciani e Didier Lockwood. “È lui che mi ha parlato di Pierrick Hardy”, aggiunge la cantante scoperta grazie alla sua voce e al gusto per le collaborazioni [con il contrabbassista Ricardo del Fra, tra gli altri]. Chitarrista, nato a Dinan, Pierrick è anche compositore e arrangiatore. “Si è occupato di garantire coerenza al progetto, armonizzando i nostri desideri e le nostre idee”. Quanto alla scelta del percussionista, si è imposto il nome di Bijan Chemirani, figlio minore di un’illustre famiglia di percussionisti iraniani. “Eravamo tutti entusiasti all’idea di lavorare con lui”. Così formato, il piccolo gruppo si è messo a lavoro. “A tappe e in più incontri, abbiamo dato forma al nostro repertorio. Non avevo idee precise sul cammino che avremmo intrapreso insieme. Ci siamo concessi del tempo per cercare e sperimentare, dando vita, a volte, a più versioni di uno stesso brano”. Ad ascoltare il risultato, non c’è dubbio che questa avventura sia stata molto prolifica: canti tradizionali da ballare [Kan ha diskan] o da ascoltare [Gwerzioù e Sonioù], oltre ad alcune recenti composizioni, frutto di questi incontri tanto felici quanto inaspettati. In An teod miliget il soffio profondo dell’armonica blues di Oliveir Ker-Ourio si lega con estrema delicatezza alla voce di Annie. Sia che duettino, come in questo pezzo, sia che il dialogo si allarghi a tre o quattro musicisti come in Perak ma zimeer ma mamm, un brano dove il canto vibrante di Annie si appoggia alla battuta nervosa e leggera di Bijan [sostenuto dalla chitarra di Pierrick e prolungato dal soffio di Olivier] -, il quartetto non si perde mai in preziosismi. “Pierrick, che ha ricoperto il ruolo di produttore, ha saputo stimolare, durante le sedute di lavoro, la registrazione, e adesso nei nostri concer- 966H8DAI6G:6cc^Z:WgZaFjVgiZi!ÆGdjYZccdÇ P8dde7gZ^o]$;ZabVnR H8DEG>6cc^Z:WgZahjacdhigdh^idlll#bdcYdb^m#Xdb Ballkan World Music Management Roy Paci, Frank London & Boban Markovic + Orkestar Klezmatics Fanfara Tirana Baba Zula Bollywood Brass Band Fanfare Ciocarlia Magnifico Balkan Beat Box e tanti altri gruppi ancora www.musicballkan.com 0721.374281 337.657870 16 - mondomix.com EUROPa Torino TWMM Ripartono in tour dopo la pubblicazione di “Dammene ancora” World Music Meeting 2 luglio - 1 agosto 2008 02/07 ROKIA TRAORE 17/07 OSCAR D’LEON 24/07 ESMA REDZEPOVA 29/07 EMIR KUSTURICA IN VIAGGIO CON… Sud Sound System Pronti via, si parte. L’appuntamento è a San Donato di Lecce. Terron Fabio e Don Rico vivono da quelle parti: lì c’è anche lo studio dei Sud Sound System, in Via Corsica 1. Nandu Popu viene invece da Trepuzzi, a Nord di Lecce. Con lui ci sono Papa Leu [chitarre] e Fossa [batteria]; ecco che arrivano anche i due siculi, il Maestro [tastiere] e Ficupala [basso]. E si compone quella Bag A Riddim Band che accompagna le voci più genuine del reggae italiano. Personaggi non conformi alle prescrizioni: Ficupala, ad esempio, è spesso il protagonista di aneddoti dionisiaci legati a grappe e liquori. Che spasso. La casa dei Sud Sound System è il Salento, una terra di passaggio per le popolazioni che viaggiavano dal vicino Oriente e dai Balcani. Oggi il passaggio è quello dei milioni di turisti. “Ma dietro al boom turistico c’è molta speculazione - avverte Nandu Popu - perché non tutti i salentini ne traggono benefici e in tanti sono ancora costretti ad emigrare verso il nord”. I viaggi dei SSS hanno invece una connotazione antropologica, anche quando si tratta di andare a suonare. Di questi tempi sono in giro con il tour europeo per presentare “Dammene ancora”. Il nuovo album, che spazia tra brani lovers, dancehall, roots e new reggae, conferma la ricerca di sonorità eterogenee e l’attenzione alle liriche, ai temi più cari per loro: la tolleranza, il rispetto, le tradizioni. A colorare quest’ultimo disco ci sono le collaborazioni di Morgan Heritage, Jah Mason, Kiprich, Daddy Freddy, Neffa e dei giovani Marina e Laza. Un disco che viaggia con i Sud Sound System. Del resto, anche quando sono in giro, loro ascoltano reggae: sempre e soltanto reggae, in tutte le sue varianti. Sono passati vent’anni dai loro primi viaggi e il più assiduo alla guida è l’instancabile Don Rico, sempre lui. Migliaia di chilometri sulle strade del continente, come quella volta in cui i SSS hanno guidato il furgone fino in Portogallo, ma in quell’occasione si trattava di vacanze... In tutto questo tempo la posse salentina ha portato con sé le tradizioni della propria terra, diffondendo valori di appartenenza e consapevolezza: “La musica è continuità, e per creare qualcosa di nuovo è importante tener conto delle proprie radici”, è un concetto peculiare della band e Nandu ci tiene a sottolinearlo. Quando arrivano nel backstage, i loro tecnici sono già al lavoro da qualche ora per allestire lo show. Poi si sale sul palco per il sound check e nascono le spassose jam sessions dove capita che Fabio si accomodi alla batteria, Papa Leu lasci la chitarra e si diletti alle tastiere, mentre Nandu li accompagna con l’armonica. D’altronde oramai si conoscono alla perfezione. Così, d’incanto, tra scherzi e discorso impegnati, arriva il momento del concerto: la Bag a Riddim introduce una carrellata di riddim, i giri di basso spesso utilizzati nel live. Dietro al palco si accendono i microfoni e si riconoscono le voci fuori campo di Nandu Popu, Terron Fabio e Don Rico che intonano le prime battute. Si parte di nuovo. Tutto ricomincia, gli aneddoti, le storie, le discussioni. Eccoli ancora, corrono sul palco e s’illumina la festa. L E B E R T R E S E D 7 0 / E 16 P E S N E A L K E I N A D 05/07 S O 7 0 / 5 2 M U O C O (Genova) B O T L N E E ano) I CAM 07 AF 18/ da ACOLTARE “Dammene ancora” [Universal] SITO www.sudsoundsystem.eu ALCUNE DATE 03/07 Rototom sunsplash, Osoppo [Ud] 04/07 Nuvolari, Cuneo 12/07 Stadio Comunale, Cargeghe [Ss] 18/07 Italia Wave, Livorno 19/07 Libra Festival, Sordevolo [Bi] 22/07 Idroscalo, Milano 23/07 Forte Marghera, Mestre [Ve] 24/07 Reggia di Venaria Reale, Torino 26/07 Onde Sonore, Fossacesia [Ch] 31/07 Villa Ada, Roma 14/08 Gusto Dopa, Monteroni [Le] 28/08 Summer End, Cimolais [Pn] R (Mil A A C V A O Z D Z A P PIA A I I V D I A D D A N R A T S E (Torino) H 19/07 B O C Z R Z O A L A 23/07 P A T R O P DI A R T S E H C 30/07 O R 03 - 15 - 22 luglio / 01 agosto VITO MICCOLIS OSSIGENO BAND www.forimage.it Alessio Biancucci + GUESTS OSSIGENO ESTATE Parco Stura - C.so Giulio Cesare 338/34, Torino www.ossigeno.to.it www.musica90.net 18 - mondomix.com EUROPa europa mondomix.com - 19 Da sinistra a destra: Mariza, Dulce Pontes, Joana Amendoira, Mafalda Arnauth Sulle strade del Fado Federico Scoppio Landum, modinha, fofa. Le scuole, gli stili, le epoche, le declinazioni. Trattare il fado secondo questi criteri vorrebbe dire rinchiuderlo oggi in un museo. Per carità, un po’ di storia fa sempre comodo. Nella misura in cui questa venga poi interiorizzata, nei suoi atomi più importanti, per costruire così la propria strada, la propria espressione artistica. Di tale sensibilità è certamente dotata Mariza. Proviene dal Mozambico, è però cresciuta in Portogallo, con il fado nel cuore. Almeno quanto il gospel. Il suo primo disco di inizio secolo, “Fado em mim” è stato distribuito in ben trentadue paesi. In poco tempo ha conquistato un po’ tutti. Una carrellata di premi e qualche disco – in mezzo anche tanti live, come quello recentemente pubblicato in cd e dvd “Concerto em Lisboa” - l’hanno portata in giro per il mondo. Ora torna con questo “Terra”, ancora per la Emi. “Negli ultimi sette anni ho viaggiato molto, ed ho avuto l’opportunità di incontrare gente e culture differenti. Ho guardato e ascoltato, così ho imparato molto. Questo è il mio momento, per dimostrare i miei progressi come cantante e come essere umano. “Terra” proviene dalla sensazione di stare con i piedi a terra, ma anche di registrare qualcosa come fosse un lungo viaggio”. Alle chitarre c’è Dominic Miller, fido collaboratore di Sting, al pianoforte si sono alternati tre brasiliani: Ivan Lins, Chucho Valdês e Ivan Melon Lewis e poi il percussionista, molto caro a Paco De Lucia, Piraña. Echi di morna e flamenco, nell’interpretazione del nuovo fado. Disco a parte, Mariza può raccontare il suo tragitto, fatto di culto del passato e rinnovamento estetico. I suoi fuochi e gli incroci del canto portoghese. Facciamo un salto nel passato. Ricorda quando ha incontrato il fado? Sono nata in Mozambico ma vivo in Portogallo fin da quando ero bambina. Ho passato i primi anni a Lisbona nel quartiere di Mouraria, una zona ricca di echi tradizionali nella quale secondo alcune tesi di musicologia sembra abbia preso piede il fado nel diciannovesimo secolo. Ho iniziato a cantare a cinque anni, naturalmente mi esprimevo con una calligrafia molto vicina al fado. In seguito ho avuto anche esperienze nel soul e nel jazz. Per un periodo sono impazzita di amore per la bossa nova, ho viaggiato per andare in Brasile e studiarne l’estetica nella terra dove si è sviluppata. La sua è una particolare declinazione del fado. Può spiegarla meglio? Vorrei dimostrare che il fado può avere un’evoluzione, proprio come ogni altra cosa, lo considero una forma di espressione dinamica. Bisogna creare un processo che sia in grado di combinare il tradizionale e il moderno. Ad esempio non mi interessa recuperare gli abiti tradizionali, nessuno ha mai detto che bisogna indossare abiti scuri e portarsi dentro una tristezza ereditata da non si sa bene chi. Sarebbe il modo migliore per allontanare le giovani generazioni e dunque un procedimento per affossare un tale patrimonio culturale. Detto ciò capisco che per interpretare per bene il fado bisogna pur toccare delle corde di malinconia, ma non di tristezza, il concetto è molto differente. La ricerca musicale va di pari passo con quella dei testi. Quanto è importante ricercare il giusto linguaggio? In prima battuta rispetto la lingua portoghese, poiché la sento familiare e piena di emozioni. Parlare e cantare in portoghese dà emozioni diverse rispetto a un’altra lingua. E poi sono sempre stata più preoccupata della cultura del mio paese, dei suoi poeti e delle sue tradizioni di quello che potrebbe apparire ascoltando la musica che interpreto. La mia lingua è poetica, mi piace perché razionale. Che ruolo ha svolto Amália Rodrigues nella sua crescita culturale? Fa parte della storia, è stata la diva. è l’immagine più precisa e colorata per descrivere il fado: aveva un modo di cantare, di interpretare i versi molto personale e molto vario, così come la maniera di affrontare il palco cambiava a seconda degli umori che la situazione evocava. Bisogna capire che quando si parla del fado si parla del cuore di un popolo, della sua anima. Altre facce Al contrario, Mafalda Arnauth, considerata la diva del futuro, è più rude. Quando la felicità continua a non essere cercata secondo modelli social- “Diario” [Magic music] è il suo quinto album, in lei quella gran tristezza mente condivisi di bellezza e di accettabilità. Quando si va dal malinco- che già si percepisce dalla prima intonazione di ugola delle altre colleghe nico all’accorato, ispirandosi ai temi della nostalgia, della disperazione, rimane un’ombra che sempre segnerà i suoi occhi. Chitarra classica, di amore e morte. E si polarizzano le platee di mezzo mondo, soli della chitarra portoghese e basso acustico, il baixo, la accompagnano. Non propria voce e dell’accompagnamento semplice di pochi strumenti a veste gli abiti della tradizione, mischia folclore e poesia, adopera i classici corda. Allora si, è fado. Amália Rodrigues, che del canto portoghese è tempi binari ma si lascia convincere anche da quelli dispari. D’altronstata la sovrana, tracciava di sé un autoritratto da antidiva: “Sono nata de nessuno ha mai detto che bisogna indossare abiti scuri e portarsi così, alta un metro e cinquantotto, né brutta né bella, un tipo così così, dentro una tristezza ereditata. Sarebbe il modo migliore per allontanare con questo modo di essere triste, senza speranza e solitaria, come il le giovani generazioni e dunque un procedimento per affossare un tale fado”. Partorito nella delinquenza dei porti e nei vicoli di Lisbona, tra patrimonio culturale, e la Arnauth ne è pienamente consapevole. Ogni prostituzione e marinai all’inizio dell’800, il fado, singolo pezzo diventa, per la storia che raccondeclinato in procedimenti interculturali, ha ragta, un piccolo mondo di simboli e significati. giunto il massimo splendore sotto la dittatura Inventa geometrie e progetta labirinti fiabeschi, di Salazar, non a caso. E, sempre non a caso, certo le influenze del pop si sentono, ma non da qualche anno è tornato a risplendere. Dai Strano ma vero, il mudisturbano affatto. Dal vivo balla flessuosa nei Madredeus a Mísia, da Cristina Branco a Joasicista di origini libanesi suoi abiti succinti. Movenze arcaiche, automana Amendoeira. In mezzo c’è Dulce Pontes, in Rabih Abou-Khalil uscitismi da stella del rock. Vuole che il pubblico la Italia tutti la conoscono per le partecipazioni ai rà a breve, sempre per Enja, con un diricordi. Che percepisca e riconosca il suo canto progetti di Ennio Morricone. Ma lei è un’intersco sulla canzone portoghese, “Em pormelodioso e nervoso. prete della tradizione fadista, pur non essentoguês”. Al suo fianco ci sarà Luciano Radici nella tradizione e sguardo volto al futuro do mai pienamente stata riconosciuta come Biondini all’accordéon, Michel Godard anche il nuovo astro emergente Joana Amenl’icona del fado più ortodosso. Al punto da alla tuba, Jarrod Cagwin alla batteria, doeira, classe ’82, talento cristallino, storia artiincidere ancora per la piccola etichetta Ondeia ma soprattutto il giovane interprete di stica di quelle che pesano. Amata tanto dai fadiin ultimo un doppio cd con dvd che solo da fado, proveniente da Lisbona, Ricardo sti puri che dal grande pubblico la ventiseienne poco è distribuito in Italia, “El corazón tiene tres Ribeiro. “Quando arrivai in Germania lusitana incanta: voce lavata, musica materiale, puertas”. Tutto dal vivo, non c’è una canzone avevo un’impostazione molto vicina alle che vive di presenza, odi e affetti concreti, immesuperflua, per non dire trascurata. Non una mie tradizione, specie nel suonare l’oud diati. I suoi lunghi tour, la partecipazione ai più nota fuori posto, un’intonazione scomposta, - ha dichiarato l’oudista - così decisi importanti festival internazionali l’hanno resa una una sillaba immotivata. Così bello da sembrare di cercare un’intersezione”. La ricerca celebrità oltre i confini della sua terra. La nuova artefatto, così soave - vedere il dvd per credere continua… stagione del fado è aperta, ed il testamento di - da parere posticcio. Amlia Rodrigues è in buone mani. rabih Abou-Khalil Em portoguês 20 La bustina di Cachaça di europa mondomix.com - 21 alberto riva da rio de janeiro BOLLANI CARIOCA Il pernambucano Nelson Rodrigues, uno dei maggiori scrittori brasiliani, anzi: forse il più grande insieme al baiano Jorge Amado e al gaucho érico VerÍssimo, diede il meglio di sé nelle cronache calcistiche. Esagero: ci sono pagine di commovente bellezza anche nei racconti, nel teatro e pure nei taccuini autobiografici. Voi vi chiederete: perché questo qui inizia a parlare di Stefano Bollani partendo da un [per altro da noi ignoto] scrittore brasiliano? Domanda legittima, e spiego: per il semplice fatto che leggendo alcune pagine straordinarie di Nelson Rodrigues il pensiero è andato dritto a Bollani. Meglio: una pagina precisa. Quella in cui Rodrigues dipinge, come fosse Goya di fronte a una battaglia, il confronto tra Russia e Brasile nel mondiale del 1958. In poche parole Rodrigues registrava lo stupore, la sorpresa ai limiti dell’incredulità della difesa russa davanti ai dribbling di Garrincha. Scriveva Nelson: “Non si è mai vista una cosa del genere, una partita di questo livello cominciare con una danza: sì, una danza!”. Bene: arriviamo a Bollani. La scena si svolge dentro uno dei più moderni studi di registrazione di Rio de Janeiro verso la fine dell’ottobre 2006. I musicisti brasiliani invitati a registrare il suo “Carioca” devono aver pensato la stessa cosa dei russi: “Non si è mai vista una cosa del genere!”. E in effetti, nello studio, Bollani danzava. Tutte le volte che un pezzo veniva inciso e i musicisti tornavano dietro la consolle per riascoltarlo, invece della consueta atmosfera di religioso silenzio, Marco Pereira, Jorge Helder, Marçalzinho, Jurim Moreira e Zé Nogueira si trovavano di fronte a questo italiano che si metteva a danzare, e ripeto: a danzare! La memoria forse m’inganna, ma durante il riascolto di Tico Tico no Fubà, celebre “choro” firmato da Zequinha de Abreu, Jorge Helder non ha resistito, ha preso il cellulare e ha fatto il numero di Jaques Morelenbaum. Quando il famoso violoncellista ha risposto, il bassista - che normalmente si distingue per la pacatezza - ha urlato: “Jaquinho! [diminutivo è d’obbligo], ascolta qua, ascolta qua, non è possibile! Questo tizio è italiano!”. Bollani aveva insistito per incidere Tico Tico, che l’immaginario musicale dei jazzofili associa ai Caraibi, a Chano Pozo e a Charlie Parker. La verità è più cruda: si tratta di uno choro, la musica strumentale di Rio, nata nell’Ottocento dal matrimonio tra danze e ritmi africani e musiche coloniali, importate, come polka e valzer. Lo choro è uno dei parenti più prossimi del samba: entrambe sono la spina dorsale sonora di Rio de Janeiro. Zé Nogueira e io abbiamo fatto uno smorfia davanti a quell’unica richiesta di Bollani: ”Ma come, ancora Tico Tico?”. Stefano non ha perso l’aplomb: “Ma io avrei un arrangiamento...”. E a essere onesti, quella era l’unica partitura con la quale Bollani era atterrato a Rio, un sabato all’alba, insieme a Nico Gori e Mirko Guerrini. Durante il fine settimana, con l’ausilio di una tastiera casalinga, ha scelto la scaletta e assaggiato alcune musiche. Marco Pereira si è unito nel pomeriggio, accompa- gnato dalla sua superba chitarra. A lui si deve, per esempio, la scelta di Luz negra, vecchio “sambacançao” di Nelson Cavaquinho, che poi ha aperto il cd. La domenica il programma è stato definito: sul tavolo dove avevamo bevuto il caffé Stefano e Mirko [Nico si è aggiunto più tardi, ma sul divano] hanno scritto le parti per i brasiliani. Il tempo sembrava poco: lunedì cominciava l’incisione. Fatte le presentazioni, fotocopiate le parti, al mixer Duda Mello era pronto a registrare. Non ricordo se Tico Tico è stata la prima, in ogni caso per tutti rappresentava un’incognita: l’attesa era come un enorme respiro trattenuto. Quando Bollani ha attaccato con l’introduzione [la sentite nella traccia 12] abbiamo capito: e mi spingo più in là, io ho capito che c’era un universo di Bollani al quale nessuno aveva accesso. Il suo modo di organizzare la musica. Dentro, e fuori di sé. Il ghiaccio era rotto: i brasiliani, ognuno un fuoriclasse del suo strumento, lo hanno seguito e lo hanno stimolato lungo il repertorio, bellissimi choros e samba vecchi e nuovi, da Pixinguinha a Jocob do Bandolim, da Zé Keti a Batatinha, da Chico Buarque a Edu Lobo. Nell’insieme un’opera collettiva, fatta di invenzioni e scelte estemporanee. Spesso dettate dal momento. Una cosa però era chiara a tutti: Bollani danzava. Gli altri, noi tutti, seduti: e lui sempre in piedi, danzando. da ASCOLTARE “Bollani Carioca” [Universal] SITO www.stefanobollani.com ALCUNE DATE 12/7 Bollani Carioca + Caetano Veloso - Umbria Jazz, Perugia 15/7 Bollani Carioca + Caetano Veloso - Anfiteatro Romano, Cagliari 16/7 Reggia di Venaria Reale, Torino 17/7 Scuderie di Villa Spalletti, Casalgrande [Re] 18/7 Villa Celimontana, Roma 19/7 Castelbasso [Te] 28/7 Fano Jazz by the sea 29/7 Udine Jazz Acquaragia espresso Guido Gaito Ancora sangue zingaro nelle loro vene. Sono giunti al terzo album gli Acquaragia Drom, una delle maggiori formazioni di riferimento della musica popolare italiana. “Rom Caffè” si riannoda come sempre alla tradizione musicale rom italiana e scava nell’Europa dell’est. Però questa volta c’è una grande novità: la partecipazione di Eugene Hutz, bizzarro e stravagante leader dei Gogol Bordello. Lavoro complesso e variegato, qui raccontato da Erasmo Treglia. Si dice che il terzo album sia quello della maturità. Sono passati tredici anni dal vostro primo lavoro, come vi sentite? Ogni disco è quello della maturità. Siamo un gruppo che arriva a produrre dopo tanti percorsi, il repertorio è effettivamente il frutto di sei, sette anni di concerti, viaggi e incontri vari. “Rom Caffè” esce in un periodo molto particolare perché le scelte fatte rappresentano un po’ tutte le riflessioni sul nostro stile di questi ultimi anni. Negli spettacoli date molta importanza all’improvvisazione, sia musicale che scenica. In studio di registrazione avete seguito la stessa filosofia? Certamente, sì. Anche se un’idea del repertorio che va sul disco ovviamente già c’è; poi lo studio diventa un ulteriore luogo dove costruire, creare. Abbiamo registrato dodici brani e poi, dopo qualche mese, abbiamo sostituito sei brani con dei nuovi composti in studio. È stata sempre la caratteristica dei nostri lavori. Parliamo dell’intervento di Eugene Hutz. Ci racconta com’è nata questa collaborazione? Ci conosciamo da diversi anni e abbiamo fatto vari concerti insieme ai Gogol Bordello. Un giorno ha espresso il desiderio di voler cantare dei brani in un nostro disco. Uno c’era già in testa ed era Mafia, scritto appositamente per lui e che canta in duetto con il nostro Elia Ciricillo. Gli altri due, 24.000 baci e Amare Give sono stati scelti nei giorni romani che abbiamo passato con lui in studio. Può sembrare strano ma pur conoscendo a memoria tutto il repertorio di Celentano, Eugene non conosceva 24.000 baci! Adesso se ne è innamorato e ha deciso di inserirlo nei suoi concerti. Ci sono inoltre i lautari del Taraf da Metropolitana, che sono considerati da molti come dei musicisti superiori per tecnica e sensibilità musicale. Lei è della stessa opinione? Non è che tutti i neri sappiano cantare il blues e che tutti gli zingari siano bravi musicisti. Più che una qualità innata in alcuni di questi musicisti c’è una grandissima pratica grazie alla quale si riesce a suonare generi diversi, a conoscere a menadito i repertori, ad improvvisare melodie e a seguire armonie con una tecnica e una capacità di improvvisazione molto elevata. Tre album, centinaia di spettacoli in Italia e all’estero, lei cura anche un’etichetta discografica, Finisterre. Come riesce a conciliare tutti questi impegni? Facendo un po’ di salti mortali e avvalendomi di vari collaboratori; non è che tutto deve necessariamente passare attraverso il mio filtro. è difficile seguire tante cose, ma allo stesso tempo ti permette anche di fare delle sintesi che poi diventano dei progetti interessanti. Da anni siete tra gli ospiti più frequenti nei principali festival nazionali e internazionali. Avverte una differenza tra il pubblico italiano e quello straniero che viene a seguire i vostri concerti? C’è anche una differenza tra il pubblico di città e quello di provincia. La città fa più selezione mentre la provincia mette insieme sulle stesse sedie le famiglie, i ragazzi e i curiosi che si avvicinano a un concerto. Il nostro stile è abbastanza alla portata di tutti. C’è sempre un’interazione con il pubblico. In qualche maniera siamo noi a governare la piazza, cerchiamo sempre di portare quel tocco ironico che favorisce la partecipazione del pubblico. All’estero, per esempio, restano molto colpiti dal nostro vocabolario astruso. Dal palco, infatti, parliamo volutamente un inglese imperfetto, maccheronico. Questo ultimo disco esce in un periodo in cui i rom sono su tutti i giornali e non certo per la loro musica. Gli Acquaragia Drom sono anche dei portavoce di questa cultura. A questo interesse artistico corrisponde nella vita anche un impegno sociale? Nel nostro piccolo continuiamo nella promozione di queste realtà. Quello che cerchiamo di fare è informazione per quello che ci è possibile, da un palco o da un’intervista, crediamo fortemente che soltanto una maggiore conoscenza permette di trovare soluzioni ad alcuni problemi che ci sono e ad altri che invece non sono reali. da ASCOLTARE “Rom Cafè” [Finisterre/Felmay] SITO www.acquaragiadrom.it ALCUNE DATE 2-3-4-5-6/7 Antwerpen Music on Squares, Anversa [Belgio] 08/7 Capodistria [Slovenia] 09/7 Folkest. Tarvesio [Pn] 10/7 Muggiò [Mi] 12/7 Raanana [Israele] 17/7 Lajes do Pico [Azzorre-Portogallo] 19/7 Cadiz [Spagna] 08/8 Rovereto [Tn] 16/8 Sziget Festival, Budapest [Ungheria] 22 - mondomix.com EUROPa normale che ci si metta insieme. È il riflesso della società, perché i migranti Il mondo intero di Daniele Sepe Andrea Scaccia I dischi di Daniele Sepe sono come il gioco delle tre carte, sotto non c’è mai quello che uno si aspetta. Ma senza trucco o inganno, perché dietro la forma che cambia c’è sempre lui, libero e rivoluzionario come pochi altri. Dopo “Kronomakia” torna con “Nostra patria mundo intero” [Edel] in cui il sassofonista partenopeo incrocia i suoi suoni con un organico di diciotto elementi [più o meno] provenienti da ogni angolo del mondo. Come nasce Brigada Internazionale? Lo scopo è quello d’essere felice facendo musica, come al solito. Qualche tempo fa il teatro Trianon aveva presentato un progetto alla regione per un laboratorio di musicisti migranti chiamando me ad organizzarlo. Abbiamo fatto delle audizioni, ma in realtà moltissimi di quei musicisti già li conoscevo. Dopo questo laboratorio di un mese, finalizzato ad un concerto che è stato fatto, abbiamo deciso di andare avanti autonomamente, ed abbiamo allargato l’organico, fatto un po’ di concerti e, convinti che il materiale fosse interessante, abbiamo registrato il disco. Ora siamo tra i sedici e i diciotto musicisti, dipende. Stiamo assistendo alla nascita di molte orchestre multietniche. Alcuni associano il fenomeno ad una moda passeggera; più oggettivamente non ritiene che sia lo specchio di una società che sta cambiando? Gente come me, Riccardo Tesi o Luigi Cinque, ha sempre cercato di unire la tradizione a cose che venivano da molto lontano. Credo che la differenza da quando ero giovane è che qui a Napoli non c’era nessuno che suonava la tarabuka, o la kena. Oggi qui vive gente di tutto il mondo, ed è sono una parte importante proporzionalmente alla nostra popolazione. Con un organico così ampio è complicato organizzare la musica? Un po’ faccio io da comandante: ad un certo punto mi tocca fare il commissario politico e decidere come si deve fare, perchè altrimenti non se ne esce. È chiaro però che ognuno di loro ha una cultura e una sapienza che io non conosco. Se bisogna fare una ritmica brasiliana ovviamente ci sono tre musicisti, tra cui un maestro di capoeira, che sanno meglio di me cosa fare, quali strumenti usare e come farlo. Io semplicemente cerco di organizzare l’apporto di noi italiani per evitare di formulare musica da cartolina. Con la Brigada Internazionale ha risolto un problema di cui spesso parla, quello di essere chiamato nei festival di world dove la sua musica c’entra ben poco. Ma speriamo prima di tutto che ci chiamino! Mi trovo comunque sempre un po’ fuori posto. Qualche settimana fa siamo stati in Egitto e ci hanno presentato come gruppo folk: abbiamo aperto con Campagna di James Senese e degli Area; e poi quando ci chiamano ai festival jazz e gli facciamo la tammuriata c’è da ridere. In realtà il problema è che io non lo so che genere faccio, non ho un linguaggio preciso e quindi sto sempre fuori posto. Il luogo migliore da questo punto di vista è la piazza, dove la gente che viene non sa neanche chi suona: se gli piace, si diverte. Attraverso la musica si fa sempre portatore di un messaggio. Crede che la musica da sola possa condizionare l’animo umano o siano le azioni e la coerenza che in qualche modo riescano ad influenzare gli individui? No, io penso che siano le azioni. È la coerenza di un individuo che può dare risultati di questo tipo. Il testo di una canzone può far riflettere o far sorgere delle domande, ma di sicuro non smuove le masse. Nessuna rivoluzione si è mai fatta perché uno ha scritto una bella canzone e nessuna guerra è stata fermata perché qualcuno ha cantato una canzone per la pace. Sa che è veramente fortunato? Ha un pubblico molto ricettivo e, nonostante lei li spiazzi continuamente, sempre pronto a seguire ogni suo nuovo percorso. Sì, è un pubblico militante, ma credo di essermi sempre comportato molto onestamente con loro. In genere faccio i dischi come quando viene un amico a trovarmi. Io ho qualcosa come quattordici mila dischi, quindi mi metto lì e gli faccio ascoltare cose che non potrebbero mai sentire perché non si trovano nei negozi o semplicemente perché non hanno avuto l’occasione di scoprire. Quando faccio un nuovo lavoro è come se aprissi casa mia. Domanda a margine. All’iconografia di Daniele Sepe si lega sempre una vecchia moto yamaha xt 50 con accensione a pedale. C’e l’ha ancora? ‘A tengo ancora! Ho una 500 ed ho preso anche la 600, perché pur avendo sempre vent’anni almeno ha il freno a disco! Sempre scassone è! da ascoltare “Nostra patria mundo intero” [Edel] Sito www.myspace.com/brigadainternazionale alcune date 05/08/07 Villa Ada, Roma 14/08/07 Piazza Maggiore, Bologna 24 - mondomix.com asia asia mondomix.com - 25 Città sonanti AVVISTAMENTI Crossing the Turkey Istanbul Novità musicali dalla Turchia Il trio dell’originale jazzista turca Ayse Tutuncu, che suonerà al Padova Jazz festival in Novembre, colto in uno dei locali vicino a Istiklal testo e foto di Francesco Martinelli da Istanbul “Ascolto Istanbul, ad occhi chiusi Un vecchio mondo dalla testa ubriaca Un palazzo sul mare con una buia entrata per le barche Dove cessa il mormorio del vento del Sud Ascolto Istanbul, ad occhi chiusi” Così scriveva il grande poeta e famoso bevitore Orhan Veli pensando alle onde e ai gabbiani del ponte di Galata. Oggi allo stesso punto sentirebbe il rombo del traffico e l’urlo delle sirene. Il luogo comune vuole che Istanbul sia una città senza tempo, e come tutti i luoghi comuni contiene una verità: la città è però anche teatro di drammatici, epocali cambiamenti. Negli ultimi cinque decenni la sua popolazione si è decuplicata; l’immigrazione dall’Anatolia e l’esodo delle minoranze hanno trasformato la straordinaria metropoli cosmopolita che Napoleone pensava capitale del mondo in una città quasi totalmente turca. La presenza delle tradizioni musicali, linguistiche e materiali delle comunità greca, armena ed ebrea è ridotta al minimo, e il “risanamento” di Sulukule, il più antico insediamento Rom al mondo, interromperà la continuità di una tradizione che ha segnato la vita musicale cittadina dai tempi di Bisanzio. Uno dei fascini più profondi della città resta la possibilità di girare un angolo, entrare in un cortile e trovarsi in una chiesa in cui si celebra in aramaico, in una moschea in cui la tradizione mistica non si è mai interrotta, o in un club dove giovani musicisti sperimentano con l’elettronica come i loro coetanei di Londra e Rio incorporando materiali antichi, ma bisogna scavare sotto lo spesso strato di attrazioni turistiche, di emozioni a basso costo e di locali in cui una club culture omogeneizzata è venduta come a Ibiza o Mykonos. Alla prima visita bisogna confrontarsi con i monumenti di Sultanahmet: Santa Sofia e la Moschea Blu, la bellezza mozzafiato dei giardini del Topkapi che si protendono verso il Bosforo sulla Punta del Serraglio, lo sguardo d’insieme che si gode dalla Torre di Galata, la teoria infinita di negozi del “Gran Bazaar” [che gli istanbulioti chiamano più elegantemente “mercato coperto”] ahimè sempre più pieni di “souvenir”: Istanbul riceve ancora pochi turisti rispetto all’importanza dei suoi monumenti, ma il modo in cui far crescere questa attività senza trasformare la città in una disneyland orientalista è ancora tutto da trovare. Il visitatore curioso può oggi avvicinare la cultura turca per capirne la complessa miscela di antiche radici e proiezioni futuriste grazie all’apertura di tre strutture che permettono di visitare aree fuori dal circuito turistico: Istanbul Modern a Karaköy, il Museo Sabanci a Emirgan, e il Museo di Pera. Il primo ha una straordinaria collezione di arte moderna turca, una grande biblioteca, interessanti mostre fotografiche e un frequentatissimo caffè da cui si gode la vista del Topkapi e della parte asiatica della città. Il secondo, che si visita con una escursione in bus di un’oretta lungo il Bosforo, affianca la più grande collezione di calligrafia islamica ottomana a esposizioni monografiche; l’ultimo, a Tepebaşi, a due passi dall’arteria che fu la Grande Rue de Pera in cui si trovavano le ambasciate degli ultimi decenni dell’impero, contiene una galleria di ritratti ottomani tra cui il celeberrimo Ammaestratore di Tartarughe di Hamdi Osman Bey, e ospita mostre di arte contemporanea. Nella parte monumentale della città avvengono con regolarità pochi eventi di interesse musicale: qualche concerto nell’acustica risonante della Basilica Sotterranea [Yerebatan Sarnici] e l’esibizione dei Dervisci Rotanti nella stazione ferroviaria di Sirkeci, il terminal dell’Orient Express. Gruppi di “dervisci” sono spuntati in tutta Istanbul a causa anche delle celebrazioni dell’800mo anniversario della nascita di Rumi, il mistico fondatore dei Mevlevi; i conventi sono stati chiusi circa ottanta anni fa, e i “dervisci” sono in genere dei giovani atleti accompagnati da gruppi musicali che eseguono le composizioni del repertorio mevlevi, spesso la parte più interessante di uno spettacolo i cui collegamenti con una reale tradizione sono assai tenui. Per trovare musica bisogna esplorare Beyoğlu, l’area a nord del Corno d’Oro, che va dalla piazzetta del Tunel, in cui sbocca la cremagliera che sale da Galata, attraverso il boulevard pedonale Istiklal Caddesi fino alla spianata di Taksim con la fermata della metro e la stazione degli autobus. Intorno a Taksim ci sono tre sale da concerto i cui programmi val la pena di controllare: il Centro Culturale Ataturk o AKM, l’auditorium Cemal Resit Rey o CRR e il Lutfi Kirdar. Nel quartiere ci sono anche centinaia di club in cui spesso si esegue il folk con strumenti elettrificati: sono i turku bar. Il Jazz Café è uno dei locali più interessanti, ma se uno è fortunato può trovare nel bar di fronte la magnetica voce folk di Gulay. Sulla piazzetta del Tunel c’è uno dei negozi di dischi più informati e forniti della città, il Lale Plak, ottimo per i cd della Kalan, etichetta pioneristica le cui produzioni sia contemporanee sia d’archivio raramente deludono. Di fronte, al Badehane, un bar che estende all’aperto i suoi piccoli tavoli e le sue sedie scompagnate, suona una volta la settimana lo straordinario clarinettista Selim Sesler, da vedere in Crossing the Bridge, il documentario sulla musica a Istanbul. Il Babylon su Asmali Mescit, a pochi passi, ha impresso una svolta alla vita dell’area, oggi sempre più elegante; il programma è ricco di nomi internazionali da Talvin Singh a Dhafer Youssef insieme ai progetti dei musicisti Doublemoon, da Burhan Oçal al Taksim trio. Ai piedi della torre di Galata c’è il jazz club Nardis, gradevole al di fuori dei weekend, in cui si possono ascoltare Onder Focan con il suo jazz dalle inflessioni turche e Okay Temiz, che suonava world music prima che il genere avesse un nome commerciale. Il lato asiatico di Istanbul ha alcune delle più belle moschee imperiali Dem Trio “The Fountain” Felmay. Tre grandi personalità alle prese con un sincretismo mistico tra la musica di origine tradizionale dell’Anatolia e la scena colta ottomana. Taksim Trio “Taksim Trio” Doublemoon. Düdük armeno, kanun e bağlama impegnati a descrivere la trasformazione del gusto. La ricchezza delle proprie origini e il trionfo dell’interplay cosmico. BaBa ZuLa “Roots” Doublemoon. Fusione creativa di ritmi e sonorità reggae e tradizione orientale. Oriental dub di primo livello. Mercan Dede “800” Doublemoon. Linguaggio trans-generale, troppo spesso superficialmente assemblato. Stile techno-sufi in onore del cantore sufi Mevlana Jalaluddin Rumi. Federico Scoppio nei più tranquilli sobborghi, ed è ideale per una visita breve ma assai ricca. Un “autobus del mare” da Eminonu o da Karaköy porta a Kadiköy. Dopo aver ammirato l’esterno della stazione ferroviaria di Haydar Paşa, luogo topico dell’arrivo degli immigranti e quindi di molti video musicali di arabesk, il genere orientaleggiante ricco di archi, synth e testi lacrimosi che ha fatto furore negli anni Ottanta grazie a Orhan Gencebay, Müslüm Gurses e al controverso Ibrahim Tatlises, si arriva a Kadiköy dove c’è un bel mercato all’aperto con molti negozi di dischi e libri vecchi in cui rovistare, e un ristorante come Ciya con una sorta di slow food anatolico. Per chiudere c’è un posto ancora da scoprire come il Gitar Café, in cui suonano gruppi folk del Mar Nero e i gruppi del percussionista israeliano Yinon Muallem, ormai istanbuliota. L’ultimo ferry è alle undici, ma se tirate tardi l’onnipresente dolmuş o taxi collettivo è lì per tornare a Taksim attraversando il primo ponte sul Bosforo con la sua illuminazione un po’ dozzinale. I festival musicali estivi spesso presentano concerti a S. Irene all’interno del Topkapi: è l’unica possibilità di visitare la più antica chiesa della città, magari ascoltando l’ultimo progetto di Kudsi Erguner. Popolari gruppi folk e le stelle del pop turco si esibiscono nei teatri all’aperto ad Harbiye, Kuruçesme, Rumeli Hisar: cercate Erkan Oğur, Arif Sağ, Kardeş Türküler, e i nuovi Gayda Istanbul. Un loro concerto, come uno di di Sertab Erener, Candan Erçetin e soprattutto Sezen Aksu nella notte di Istanbul, trasportati da migliaia di voci all’unisono, è un’esperienza memorabile. FELMAYTRADIZIONE&INNOVAZIONE 26 - mondomix.com asia La voce del Tibet Yunghchen Lhamo confida nel ruolo sociale della cultura musicale Silvia Calamandrei analizza una complessa situazione diplomatica Alessio Biancucci Mentre scappava a piedi dal Tibet per sottrarsi alla repressione del regime cinese, Yungchen Lhamo non sapeva che qualche anno dopo avrebbe collaborato con artisti come Peter Gabriel, Michael Stipe, Annie Lannox. Dalla fabbrica tessile dove cuciva tappeti all’età di cinque anni, alla benedizione del Dalai Lama che la esortò a portare in Occidente la cultura musicale tibetana. Ecco che la fuga di un’esule diventa il viaggio di un’artista. Le sue esibizioni a cappella hanno toccato finora settanta paesi in tutto il mondo, mentre album come “Tibet, Tibet” e “Coming Home” hanno ottenuto l’encomio della critica internazionale. Songlines, ad esempio, ha acclamato “la bellezza e la potenza comunicativa di una voce sublime”. Per chi crede che nel nome ci sia il destino, sarà interessante sapere che Yungchen significa “divinità della melodia e del canto”. www.felmay.it FELMAY Ora la Lhamo vive a New York, dove sta lavorando al suo quarto disco. Ma dal suo osservatorio privilegiato sta ovviamente seguendo anche le vicende dolorose che hanno nuovamente infiammato le tensioni in Tibet. “I tibetani - dichiara Yungchen Lhamo a Mondomix - non hanno nulla contro il popolo cinese o contro le Olimpiadi di Pechino: le nostre proteste, siano esse in Tibet o nel resto del mondo, sono contro le repressioni militari che il governo cinese perpetra ai danni dei tibetani da ormai mezzo secolo”. Ricorda che la fiaccola olimpica rappresenta nel mondo la pace, la libertà e l’armonia, ma evidenzia come la leadership cinese abbia tradito questi valori sia in Tibet, sia nella stessa Cina. “La Cina si sta comportando proprio come Hitler che nel 1936 utilizzò la fiaccola olimpica per scopi propagandistici: i cittadini cinesi meritano i giochi olimpici, ma non il loro governo che ha sparato ai tibetani innocenti a Lhasa”. La determinazione dell’invettiva non scompone la sensibilità spirituale: “Il popolo cinese dovrebbe sostenere la causa tibetana, opporsi al governo di Pechino e spingere affinché si possano risolvere pacificamente le tensioni sino-tibetane: se si avvicina il dialogo con il Dalai Lama possiamo goderci tutti insieme le Olimpiadi, nell’amicizia tra cinesi e tibetani”. Yungchen è convinta che la musica sia uno dei mezzi più vigorosi per ispirare e promuovere la giustizia, la pace e l’amicizia nel mondo: “I musicisti non sono politici ma possono unire popoli diversi attorno ad una buona causa”. Del resto, con la sua placida voce, sottolinea come si possano trovare temi comuni nei linguaggi musicali di Cina e Tibet: l’amore per il proprio paese, la propria gente, il proprio stile di vita, ad esempio. “Detto questo - conclude - credo che la musica tibetana sia decisamente molto spirituale e pacifista”. Parte da questo aspetto anche l’analisi della sinologa Silvia Calamandrei: “I cinesi non si capacitano della popolarità new age che accompagna il messaggio spirituale del Tibet. Forse, sulle proposte del Dalai Lama, il dialogo sarebbe possibile, ma non va sottovalutato il consenso nazionalistico che si è alimentato in Cina di fronte alle contestazioni lungo il percorso della fiaccola, avvertite come insulti alla nazione”. Avendo lavorato per l’Unione europea, la Calamandrei conosce le tecniche diplomatiche e non elude il ruolo del Vaticano: “Pechino preferisce riavvicinarsi al papa piuttosto che al Dalai Lama perché il regime cinese è attento al ruolo stabilizzatore che può esercitare la religione nella costruzione della società dell’armonia: ciò che lo preoccupa è la valenza indipendentista e disgregatrice dell’unità nazionale che può assumere nella situazione tibetana”. In una vicenda così drammatica che si trascina dal 1959, è fondamentale il confronto culturale, sia tra tibetani e cinesi, sia tra cinesi e resto del mondo. “Bisognerebbe però cercare di entrare nella testa dell’altro”, suggerisce la Calamandrei, citando il recente libro inglese Che cosa pensa la Cina? che invita gli occidentali a confrontarsi con le correnti del pensiero cinese. “Noi crediamo che sviluppandosi la Cina debba avvicinarsi alla visione occidentale, mentre loro si stanno preparando a gestire il declino dell’occidente: l’agenda della globalizzazione comincia ad essere dettata anche da questa terza grande potenza, mentre Europa ed America credevano di poter proiettare il proprio film su uno schermo bianco”. Faraualla Sospiro Acquaragia Drom Rom Kaffe Il nuovo CD del bravissimo gruppo vocale pugliese. Leggero come un sospiro. Musica rom, sinti e manouche all’italiana! Gli irresistibili Acquaragia, con Eugene Hutz dei Gogol Bordello, il Taraf da Metropulitana e altri amici. Ipercussonici Tuttipari Pablo Ziegler, Quique Sinesi, Walter Castro Buenos Aires Report Bordoni, poliritmie africane e marranzano elettrico dalla Sicilia. Canzoni che si fanno ascoltare, musica che impatta sul corpo e lo fa ballare. Mamadou Diabate Shujaat Husain Khan Lalgudi GJR Krishnan Strings Tradition Il magico incontro fra la cultura Griot (Mali), Hindustani (Nord India) e Carnatica (Sud India) felmay EGEA distributore esclusivo per l’Italia La stagione più creativa e rivoluzionaria di Piazzolla rivive nel gruppo del suo pianista DEM Trio The Fountain Fra tradizione classica e musica popolare, sofisticato e affascinante Tango Negro Trio La Vuelta del Malon Flavio Sala / Juan Lorenzo Encuentro Il nuovo capitolo della storia del tango scritta da questo importante trio Un atipico incontro fra la tradizione chitarristica classica e quella flamenca Gruppo Spontaneo Trallalero Vagabondo Napoli MandolinOrchestra Mandolini all’Opera Un nuovo repertorio per il trallalero genovese. Tra Gorni Kramer e Celentano. Un dovuto omaggio ad alcune arie dell’Opera italiana dell’800 riscritte per orchestra di mandolini. Sorprendente Sangeeta Bandyopadhyay Puja Suppangah Rahayu / Garasi Seni Benawa Cokekan Il nuovo Cd di una delle più belle voce della musica classica Indiana Musica giavanese da camera felmay distribuzioni • vendita per corrispondenza • richiedete il catalogo strada Roncaglia 16 - 15033 San Germano AL - Italy ph +39 0142 50 577 fax +39 0142 50 780 [email protected] www.felmay.it Sospiri Faraualla Federico Scoppio Le quote d’azione sono multiformi e non tutte facili da penetrare; le zone d’ombra potrebbero nascondere altre storie. è questa l’anima del terzo lavoro delle Faraualla, gruppo vocale in piedi dal 1995 , “Sospiro” per la Felmay. Quando si seziona la voce, affiancandone ben quattro dalla grana differente, si dimostra d’essere artiste fuori dai tempi e dagli schemi. “Il nostro è un lavoro di ricerca sulle possibilità espressive delle voci e delle percussioni, unito a quello sulle tradizioni popolari. Lo spirito è quello dell’approfondimento. La curiosità come spinta fondamentale per la conoscenza e poi lo studio, la pratica musicale e la lettura”. Poche le tappe discografiche delle Faraualla, ma ognuna ha una propria storia, con una propria unicità: “a differenza dei precedenti lavori qui le voci rappresentano un corpo unico, viaggiando spesso omoritmiche e puntando su una grande forza di impatto”. 28 - mondomix.com EUROPa Un iperboreo paesaggio dell’anima, questa terza produzione in tredici anni di vita, l’ennesima osservazione sulle possibili applicazioni del canto; qui inteso come mezzo ideale per giungere ad una probabile riflessione sul corpo e sull’anima. Una sorta di teatro, danza, dove gli elementi su cui si costruisce la performance appartengono all’espressione musicale. “Il nostro rapporto con la tradizione non è di pura riproposizione. Il nostro lavoro, unitamente ad una ricerca puramente vocale, consiste nel cercare di darle nuova vita attraverso la nostra sensibilità”. Alcuni dei brani sono cantati in dialetto pugliese e portano per testo le formule di guarigione delle donne che esercitavano la cosiddetta medicina popolare. Non è un caso che “Sospiro” si apra con Ci lu patiscisti, in cui si rievoca l’esorcismo legato al morso della taranta salentina e si declina attraverso momenti di sperimentazione totale, tra polifonie rinascimentali e avanguardie. Un tragitto fluttuante, percorso utilizzando una vocalità femminile fatta di risonanze interiori, di echi melodiosi, di dissonanze, fonemi, respiri e giochi prevocali. Ma anche un sistema per mettere in scena una narrazione del mondo bucolico. Alla prosa spicciola del canto conosciuto oppongono un’improvvisazione a tutto campo basata sulle infinite possibilità di intersezione tra la voce e il ritmo, qui in rilievo per la presenza anche di due polistrumentisti che si sovrappongono e alternano [Pippo Ark D’Ambrosio e Cesare Pastanella]. Ma c’è anche un ospite speciale. “Caparezza, una delle voci più interessanti del panorama attuale italiano. La sua denuncia è di grande ironia e intelligenza. Il suo lavoro sul suono è sopraffino e lo rende assolutamente inconfondibile. Siamo sue fan accanite e l’intervento nel nostro disco è strepitoso”. Recensioni 31 mosi in mezzo mondo, era malinconiche eppure serene di una pulizia straordinaria, è un rinascimento che doveva chiaro che il collettivo inglese intonate da Huong Thanh. incastonata in un tessuto mu- affrancare i popoli africani dal sicale acustico, tra le corde di loro passato coloniale, un so- nomeno da classifica. Con chitarra, quelle di violoncello, e gno oramai malconcio, ma “The boy bands have won” i tasti del pianoforte. Canzoni che ancora non si è spento. la conferma arriva a carte mi- ora dolci, ora malinconiche, schiate. Via la corrente, nien- per un repertorio quanto mai ALINE DE LIMA te elettronica da rave party: variegato, che spazia da poe- Açaí chitarre acustiche, strumenti sie in musica a temi religiosi, [Naive/Self] della tradizione old England da canti sull’emigrazione a Nata nel 1978 a Caxias, citta- e ricercate armonizzazioni dina sul Rio Itapicuru nel Nord delle voci. Del trascorso negli El Hadj N’Diaye pre dominato dalla sua voce del Brasile, Aline de Lima oggi squat di Leeds restano i temi Géej profonda, colta nel pieno della vive a Parigi dopo un periodo di denuncia sociale, le ta- [Marabi/Egea] maturità. trascorso a Stoccolma, ma ci glienti riflessioni su temi come In questo suo terzo lavo- Toumast Voix du monde presenta fosse tutt’altro che un fe- “Voix du monde” è una raccolta di biografie dedicate alle grandi S AGRICANTU voci della musica world. Presentazione, attraverso le testimonianze degli autori dei primi quattro volumi dedicati a Caetano Veloso, Youssou N’dour, Cesaria Evora e Nusrat Fateh Ali Khan AMSTERDAM ND KLEZMER BA SHANTEL RKESTAR CLUB O & BUCOVINA KOHJrLBaEndRa Osiris KING rlone Ca of feat Pr LENINEm e tour europeo marzo 2009 nuovo albu A PLANA LO COR DE L Andrea Bruno Giuliomario Rampelli dolenti storie d’amore, sem- [A.B.] Benjamin MiNiMu difficile da incontrare, ma l’ex redattore tiene a affermare le proprie ra- la pena di morte e un’inossi- ro, il cantante/chitarrista di Ishumar traduzione dal francese di Olivia Tanini capo di Jazz Hot, Gérald Arnaud, ha dici: per questo il suo secon- dabile passione per le forme Casamance, [Real World Records/Egea] frequentato l’artista fin dai suoi inizi. do disco dopo “Arrebol” del temporalmente succinte del proccia con compostezza e Non c’è dubbio che ad un pri- Nel 2005, ispirandosi al progetto avvia- “Lo incontrai per caso nel 1984. Nel 2006 prende il nome, “Açaí”, punk. “The boy bands have sobrietà i tanti problemi del mo ascolto di “Ishumar” il pen- to dalla casa editrice e dalla traduzione 1994, durante un servizio su di lui a da una palma dell’Amazzonia won”, un’inaspettata quanto continente africano, dalla po- siero corra veloce alla musica francese dell’enciclopedia “Le Son du Dakar, scoprii la generosità, l’ospitali- che produce le tipiche bacche gradita sorpresa. vertà alle tensioni sociali, dalla dei Tinariwen, ed il fatto che Brésil” [Edizioni Lusophone], il tradutto- tà e l’umiltà di questa persona che mi viola, frutto molto consumato re e musicista Emmanuel De Baecque presentò la sua famiglia e mi fece vi- dai brasiliani. Nel disco, pro- zione, guidato dal pensiero di cerca di lanciare per l’anno del Brasile sitare la Medina, il quartiere della sua dotto assieme al trombettista una serie di libri sugli artisti di questo infanzia, senza parlare delle favolose paese. Non trovando finanziatori, met- Andrea Scaccia Senegal, ap- fame ai drammi dell’emigra- Moussa Ag Kenia sia stato uno dei membri della più ce- figure come Cheikh Anta Diop Balla et ses Balladins e compositore giapponese e Thomas Sankara. L’album è The Syliphone Years al peccaminoso paragone, ma notti musicali…”. Jun Miyake, già discepolo una raccolta di ballate dolenti, [Stern] nel nuovo disco dei Toumast te da parte i manoscritti fino all’incontro Per raccontare Cesaria Evora, la gior- di Arto Lindsay, infila dodici impreziosite dalla kora, dallo Subito dopo l’indipendenza, il - band formata nel 1990 - nel 2007 con l’editore Demi Lune, che nalista Sandrine Teixido si è dovuta pezzi addobbati con un ve- n’goni e occasionalmente da primo presidente della Guinea c’è tanto altro. Il discorso è gli propone di allargare il progetto alle confrontare con un altro problema: stito sonoro leggero, tessuto violoncello e sax, in cui la voce Conakry Sekou Toure istituì il contiguo, i suoni del deserto grandi figure della musica world. “Cesaria non è il tipo che parla della di bossanova e poc’altro, di El Hadj N’Diaye, come quel- programma Authenticité, con incontrano il blues, le chitarre Queste biografie che ricostruiscono sua carriera o della sua arte. La difficol- con una cover d’eccezione la di un antico bardo, intona in lo scopo di rafforzare il senso elettriche si mescolano con l’artista, tenendo conto delle caratteri- tà è stata illustrarne la personalità e la come Ladeira de Preguiça di Huong Thanh & Nguyên Lê Wolof le sue denunce e le sue di identità africana attraverso la darbuka ed i testi del duo stiche culturali e politiche del suo pae- vita attraverso i comportamenti e il re- Gilberto Gil [già cantata an- Fragile Beauty riflessioni, controllate e pacate, la promozione delle arti e della di ex combattenti del fronte se, sono anche delle guide all’ascolto pertorio, più che tramite le sue stesse che dalla divina Elis Regina] [Act/Egea] ma che nascondono rabbia e musica. Balla et ses Balladins clandestino raccontano storie TE MORY KAN tour anniversary che permettono di orientarsi nelle di- parole”. La missione è stata comunque e il riuscito inserimento di una La convergenza tra culture indignazione mai sopite. [A.B.] fu una delle prime orchestre legate alla lotta anti colonialista scografie ricche e non sempre lineari portata a termine con vivacità. kora in Quem sou. Un disco lontane, la fusione tra pulsioni nazionali incaricate di restitui- e alle suggestioni del Sahara dei personaggi analizzati. Per Pierre-Alain Baud, che ha accom- lieve nel senso migliore del tradizionali e spinte verso il fu- re ai guineiani la musica della centrale. Ma se c’è una cosa O OGROSS tobre 2008 NEY MATtour ot e europeo fin Per realizzare i ritratti di questi grandi pagnato Nusrat Fateh Ali Khan duran- termine. Se state guidando turo, sono il punto di parten- tradizione. Nel corso di oltre che accomuna i Toumant ai nomi della musica, Emmanuel si è affi- te gli ultimi dieci anni della sua vita, il verso il mare sognando di vo- za per questo nuovo lavoro vent’anni il loro sound passò più famosi cugini è la qualità di dato ad autori che hanno conosciuto da problema è stato, al contrario, sele- lare verso il Brasile, infilatelo in di perfetta partnership tra la dalle atmosfere marcatamente un disco che merita di essere QUESTRA R O O V E R F K SPO e 2008 vicino i diversi mondi degli artisti. Si ri- zionare l’abbondanza di informazioni valigia. Vi aiuterà. voce delicata e lieve di Huong cubane dei primi anni ad at- ascoltato e riascoltato. [A.S.] volge naturalmente a Ricardo Pessanha di cui è stato testimone: “Ho vissuto Thanh e le chitarre di Nguyên mosfere sempre più originali, per lanciare la serie. Co-autore di “Le mille e uno aneddoti che fanno luce Lê, che ha anche prodotto la Son du Brésil”, ha lavorato alla biografia sulla sua personalità, come quando seduta ed arrangiato i brani. Marina Rossell lodie e dei ritmi tradizionali si di Caetano Veloso in collaborazione con mi piantò in asso a metà di una frase Entrambi vietnamiti, entrambi Classics Catalans fondeva con il jazz, il rock e la Carla Cintia Conteiro. Per Carla la scel- per mettersi a canticchiare un motivo stabilitisi in Europa ormai da [World Village/Egea] black music. ta di Veloso si impone, poiché “scrivere che stava nascendo nella sua testa, o molti anni, intrecciano armo- La regina della canzone ca- “The la sua biografia equivale a descrivere la quando, disteso, veniva massaggiato nie jazzistiche a passaggi di talana ritorna con una produ- un’antologia che documenta storia della musica brasiliana degli ultimi sulla schiena”. soffusa, impalpabile ritualità zione sontuosa, che raccoglie in modo esaustivo il loro per- quarant’anni”, e Ricardo aggiunge: “il Ritratti intimi e ricostruzione storiche, orientale, inserti elettronici 19 interpretazioni di classici corso artistico. Il risultato è un suo percorso artistico ha permesso a questi racconti delicati, documentati e Chumbawamba quanto mai discreti a svisa- della sua terra e di sue proprie disco che fa suonare molte Piccola Banda Ikona chi è venuto dopo di esprimere la pro- particolarmente piacevoli da leggere, ci The boy bands te solistiche di ospiti come composizioni, oltre ad un DVD corde: intenso, romantico, no- Marea cu sarea pria creatività liberamente”. immergono nel cuore della vita e del- have won un concentratisssimo Paolo con immortalata una perfor- stalgico, dal groove irresistibi- [Finis Terre/Self] musicista l’opera di artisti d’eccezione, testimo- [Westpark/Felmay] Fresu. Il tutto volto ad av- mance al Palau de la Musica le, a volte un tantino retorico, Argonauti del mare nostrum africano a cui è stata dedicata una niando la formidabile diversità dei loro Già dai tempi di Tubthumping, volgere di un’aura di fragile di Barcellona. La sua voce, ma che fa vibrare ancora quel Piccola Banda Ikona. Non più copertina di Time Magazine, è ormai percorsi. il tormentone che li rese fa- bellezza le melodie stranianti, sobria, mai troppo enfatica, sogno postindipendentista di sulle tracce del mitico vello LOU DesAclLa FinIN bre uscita a otto album Rem UND MASSILIA SO SYSTEM MOMO 20th Yeke Yeke’s e Nuovo album / Fine ottobre novembr MATA VANESSA DA 2008 Fine ottobre URA VENT YURI BU09ENA Primavera 20 DISPONIBILI SU RICHIESTA: Senor Coconut, Moussu T e Lei Jovents, Aline de Lima, Casuarina, Amparanoia, Spanish Harlem Orchestra, Unnaddarè, Torino Multi Kulti Orchestra AGENZIA DI BOOKING, MANAGEMENT E LOCAL PROMOTER Tel. +390115533624/625 www.musicalista.it | [email protected] Youssou N’Dour, unico Andrea Morandi lebre band Touareg concorre in cui la dominante delle me- Syliphone Years” è 32 Mojo Station di 33 Gianluca Diana / d’oro, ma esploratori alla ricer- che arriva a cinque anni dal- arrivare ai sons di Félix Baloy e di altri ca di culture, suoni e rumori. l’ultimo “Bowmboï” e dopo la celebri musicisti della tradizione pana- Bacino infinito il Mediterraneo, collaborazione con Peter Sel- mericana. Da ascoltare. ispirazione costante per chi lars a Vienna, alza ancora più Afrissippi sa cosa cercare. Inebriante il tiro, arrivando a un disco e [Hill Country Records] peregrinaggio quello della ban- a dieci canzoni prodotte ma- da, da costa a costa, paese gistralmente che, incredibile Don’t Start To Me Talkin John Sinclair & His Blues Scholars Alliance $ [A.S.] +,, . In poco meno di trenta mi- a paese, attraverso il comune SEU JORGE a dirsi, suonano già come un STRINGS TRADITION nuti ci si lascia Memphis denominatore del Sabir, la lin- América Brasil o Disco classico mescolando stilemi Strings tradition alle spalle, si valica il con- gua franca di chi andava per [Self] etnici a un’anima soul che col- [Felmay] fine tra Tennessee e Mis- mare. “Marea cu sarea” è il Dopo essere stato sulla nave loca la Traoré in una classifica sissippi attraversando uno nuovo viaggio di un gruppo di Wes Anderson a canta- a sé stante. Non arriverà prima Susana Baca facoltà cognitiva o come una tecnica dei due ponti che sovra- che riunisce alcuni dei più im- re canzoni di David Bowie in in classifica, non riempirà le Vestita de vida di comunicazione e di formazione del stano il fiume omonimo, e portanti musicisti della world portoghese in Le avventure pagine dei rotocalchi, ma tra [Harmonia mundi/Egea] mondo e lo inserisce in un processo quindi via, verso le terre del italiana, un affascinante appro- acquatiche di Steve Zissou e cinquant’anni la Traoré e il suo Non si può guardare al futuro senza es- osmotico composto da suoni e gesti. blues. Non quelle consuete do che come tale rappresenta aver avuto un grosso successo “Tchamantché” saranno ancora sere ben radicati nel passato sembra A questa pratica va fatto riferimento per del Delta, quelle per inten- contemporaneamente meta e col precedente e ottimo “Cru”, oggetto di studio. Non sono in dire Susana Baca con la sua musica. comprendere la profondità dell’incon- derci del pre-war sound e punto di partenza. * C’è chi descrive il linguaggio come una Jorge Mario da Silva nato nel molti a poterselo permettere. L’artista andina per antonomasia è tor- tro musicale tra Mamadou Diabate alla delle leggende di Robert 1970 come figlio delle favelas Il Mali maggiore. nata con “Vestida de vida”, a cantare la kora, Ustad Shujaat Husain Khan al sitar e Tommy Johnson, delle di Rio e rinato sotto le vesti di tradizione, ma come sempre a modo e Lalgudi Gjr Krishnan al violino, coadiu- storie di Jack Owens o di Seu Jorge ritorna con questo suo. Anche in questo ultimo lavoro vati da tabla e ghatam. La celebrazione Honeyboy Edwards. Bensì “América Brasil o disco” che lo l’angelo nero della musica afro peruvia- dell’incontro tra le tradizioni classiche verso le misconosciute Hil- conferma [se davvero serviva] na, unisce la tradizione della sua terra dell’Africa occidentale, del nord e del ls, una striscia di terra che come uno dei nomi migliori del- ai ritmi africani, passando per le armo- sud dell’India, in quattro lunghe, avven- precede la grande piana del sud dello stato. E che deve la scena brasiliana almeno alla nie caraibiche senza disdegnare una turose composizioni. alla particolare morfologia collinare che le dà il nome, la pari con il genialoide Carlinhos versione di Summertime di quelle che [A.S.] [A.M.] [F.S.] * ! ! " *, $% *+ & #$ $ * *- $' *+ ragione della sua identità. Che affascinò tanto Alan Lomax Bako Dagnon Brown. Una riflessione sulle quanto George Mitchell, che si spinsero fin quassù per Titati Americhe, nord e sud, e le loro African dreamland gia un mistero, l’unica certezza è che la Abdul Rahim Ibrahim Al Rahman: carpire i suoni raw ‘n’dirty della gente delle colline. Strani, [Syllart/Self] contraddizioni, su un tessuto African Party forza della sua voce, disinteressandosi cry of the floridan tropic son Heavenly (()($ inconsueti, platealmente diversi rispetto al Delta Acustico. In una cultura orale come musicale cucito con bossa, Café Cubano del tempo, continua a magnificare ogni sweetness Ed incontrarono il chitarrista Mississippi Fred McDowell quella mandinga gran parte rock, samba, funk e reggae su [Putumayo/Venus] pezzo che le passa tra le mani. [A.S.] Alta Madera & Gabriele Mirabassi En ed i polistrumentisti Young, Hemphill e Strickland e mol- della conoscenza è affidata cui la voce di Jorge viene mar- Tre nuove uscite in casa Pu- vivo Materiali sonori ti altri ancora. Un suono “altro” dannatamente ipnotico alla memoria dei griot, i djeli, e chiata a fuoco. Da Trabalhador tumayo nel quindicesimo an- Armonia ensemble Dieci danze eroti- e concentrico da rammentare un’antica nenia africana. alla loro capacità di raccontar- a América do norte, un lavoro niversario della che eretiche Materiali Sonori Otha Turner, R.L. Burnside e Junior Kimbrough diedero la. Un djeli, è un libro che parla compatto e riuscito, come sen- “African Dreamland” è il quarto Gabi Luncă Sounds form a bygone elettricità al tutto, e gente come Iggy Pop e Jon Spencer dell’Africa, è l’Africa che parla. tire la grazia di Caetano Veloso volume dedicato alla musica age Vol 5 Asphalt tango andarono a cercare da loro una linfa vitale oramai smarrita. Ciò è particolarmente vero per sposata alla ruvidezza della fa- per bambini, ninnananne del Marcos Valle The best of Farout It’s the same old story, baby... la maliana Bako Dagnon, pro- vela. Consigliato. continente africano interpretate Music Rough Guide Arabic café Wor- Ed oggi, anzi domani, tutto prosegue: chiedere ad Afris- babilmente la griot più venera- da grandi nomi come Ladysmi- sippi e John Sinclair, per esempio. Oppure al loro bassista ta e rispettata del suo paese. th Black Mambazo, Toumani Justin Showah, talentuoso strumentista nonchè titolare Eppure “Titati” è solo il suo della Hill Country Records, label di stanza ad Oxford, nelle [A.M.] non ti aspetti. Sull’età della Baca aleg- fondazione. Da ascoltare anche Music Rough Guide Australian abori- Diabaté e Samite, una nuova primo album per il mercato in- interessante via per avvicinare Omara Portuondo - Maria Music Rough Guide Brazialian street Hills. Attorno alla sua figura ruota la giovane ed agguerrita ternazionale, in qualche modo i più piccoli ai suoni del mon- Bethânia party World Music Network etichetta, che già ha pubblicato altri lavori, tra cui il meravi- il debutto di una leggenda. do. Ancora dall’Africa“African [Biscoito fino/Family Affair] Orquestra imperial Carnaval só ano glioso esordio solista del chitarrista Eric Deaton. E che ora “Titati” ricalca le atmosfere in- Party” una compilation che Se le due si dimostrano icone assolute que vem P&C Totolo Ltd da alle stampe il secondo di Afrissippi “Alliance”, splen- time e acustiche della musica raccoglie una selezione di mu- dei propri rispettivi generi, l’accosta- Sabrina Malheros New morning Farout dido esempio di come tra il West-Africa e il Mississippi vi maliana tradizionale quando ROKIA TRAORÉ sicisti che hanno contribuito a mento di due grandi caratteri riconduce Zezé Gonzaga Entre cordas Discmedi siano più desinenze di quanto si immagini. viene suonata nelle occasioni Tchamantché rendere la lable olandese una spesso l’incontro a momenti di pausa e Altro lavoro pubblicato è “Don’t start to me talkin” di John private e nelle case, accom- [Ponderosa] tra le più famose al mondo: dai di poco interplay. Non è tanto una que- Arriva in Italia la Cumbancha [Family Af- Sinclair & His Blues Scholars. Spoken word d’autore quel- pagnata dalle chitarre acusti- Vive in Francia, ma è nata in Kotoja ad Oliver Mtukudzi pas- stione di Cuba e Brasile a confronto, faire]. Tra le ultime uscite va segnalato lo del poeta della controcultura statunitense, che trova che e poco altro. La giusta at- Mali, Rokia Traoré, trentaquat- sando per lo Zimbabwe con la quanto quella di due espressioni che si l’esordio di Rupa & the April Fishes una spettacolare chiave narrativa nelle sonorità hill-country mosfera per la voce intensa e trenne cantante che in dieci nuova scoperta dei Chiwoniso. muovono secondo emozioni differenti. [Extraordinary rendition], un mix di mu- blues, di cui è pervaso anche il suo disco. profonda da contralto di Bako anni di carriera - nel 1997 ven- Oltreppassando si E per questo solo in alcuni passaggi sica gipsy, folksong nordamericano Niente da dire: lungo la Highway 7 tra Senatobia ed Holly Dagnon, che commuove e ne presa sotto l’ala protettiva approda alla volta di Cuba per riescono a sostenersi a vicenda, in- combinato con il tango argentino e la Springs, tra il bianco vivido del cotone ed il verde smeraldo sorprende grazie al modo in di Ali Farka Touré - si è rivelata scoprire con “Cafè Cubano” contrandosi meravigliosamente. Di- chanson francese. Da non perdere The del kadzoo, scorrono storie che divengono melodie e che cui riesce a trasmettere l’ani- una delle maggiori esponen- alcune delle voci più importanti sponibile anche in edizione con dvd del Garifuna Women’s Project, un affasci- somatizzano la dignità di una terra meravigliosa. ma di un popolo, con sempli- ti della musica africana. Con dell’isola caraibica. Dalla nueva making off dell’album. nante viaggio alla scoperta delle voci cità e immediatezza. questo nuovo “Tchamantché”, trova ai ritmi del guajiras per [G. R.] *&" )%)* *!" ld Music Network OMARA PORTUONDO MARIA BETHÂNIA l’oceano * " ) & * Federico Scoppio ginal music World Music Network femminili della regione garifun. ! " # $ % && '(& )))" Spiaggia Amanusa | Lungomare Amerigo Vespucci 144 OSTIA (RM) | Free entry “Ritmi e colori d’Africa dal tramonto all’alba” AFRODISIA SUMMEr 08 Dal 27 Giugno, ogni venerdì, all’interno di Cronie - International Music Contest 27/6 Nour-Eddine+Gnawa Bambara 4/7 Daara J 11/7 Pape Kanoute & Mande Sextet 18/7 Konono n°1 25/7 Saba Anglana 1/8 Zoe 8/8 Duba & Arraw Band 15/8 Badara Seck Afro-Dancehall by Dj Khalab & Sekou Diabate infoline: 06 997 04 665 afrodisia.it | cronie.org