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n° 1 · estate 2008
CAETANO VELOSO
TOUMANI DIABATÉ
STEFANO BOLLANI
DOSSIER TURCHIA
MERCEDES SOSA
SEUN KUTI
�ariza
e le signore del Fado
D–'
= H 7J K ? JE
EDITORIALE/sommario mondomix.com - 01 sommario
Magazine Mondomix — n.1 estate/2008
editoriale
www.radiodervish.com
21 LUGLIO
AUDITORIUM - PARCO DELLA MUSICA
ROMA
Management: Princigalli Produzioni + 39 080 080 558.35.41
www.princigalliproduzioni.it
21 Acquaragia
espresso
Su e giù
di Guido Gaito
07 Parole
e rivoluzione
22 Il mondo intero
di Daniele Sepe
di Federico Scoppio
di Andrea Scaccia
12 Il tango secondo
Melingo
di Andrea Morandi
14 Variazioni Diabaté
istanbul pagina 24
11 Balkan Beat
caetano Cê pagina 10
di Federico Scoppio
sud sound system pagina 16
di Andrea Scaccia
10 Caetano Cê
di Squaaly
16 IN VIAGGIO CON…
Sud Sound System
di Alessio Biancucci
18 Sulle strade
Del fado
di Federico Scoppio
di Francesco Martinelli
26 La voce del Tibet
di Alessio Biancucci
di Federico Scoppio
di Gianluca Diana
15 Bretagna centro
del mondo
24 Città sonanti
Istanbul
28 Sospiri Faraualla
30 recensioni
Da venticinque secoli la cultura occidentale
cerca di guardare il mondo. Non ha capito
che il mondo non si guarda, si ode. Non si
legge, si ascolta.
Jacques Attali
seun kuti pagina 08
The Mondomix Magazine in
Italy is an authorized licensee
of Mondomix Media. The logo
and the trademark of Mondomix are registered and the
exclusive property of Mondomix Media SAS.Only Mondomix
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and promotional materials.
04 notiziario
fado pagina 18
Periodico in attesa
di registrazione presso il
Tribunale di Torino
>
variazioni diabaté pagina 14
periodico gratuito
Editore
Fm2
Direttore responsabile
Federico Scoppio
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Coordinatore editoriale
Andrea Scaccia
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Pubblicità
N2A
+ 39 3475070014
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Grafica
EsseGi Studio
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Hanno collaborato
Attanasio, Alessio Biancucci,
Andrea Bruno, Gianluca
Diana, Guido Gaito, Silvie Le
Parc, Francesco Martinelli,
Benjamin MiNiMuM, Andrea
Morandi, Pietropaolo Moroncelli, Giuliomario Rampelli,
Alberto Riva, Squaaly, Olivia
Tanini, Mauro Zanda
Readazione
via Galeazzo Alessi 205,
00176 Roma
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Stampa
Ages Arti Grafiche
corso Traiano 124
10127 Torino [Italia]
Distribuzione
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rubriche
08 afrodisia
The Black President!
di Mauro Zanda
20 La bustina
di Cachaça
BOLLANI CARIOCA
di Alberto Riva
le del fado, senza pensarla come “traditrice”
dei prodromi di tale genere. Oppure considerare Toumani Diabaté il maestro della kora, un
grande virtuoso, nonostante gradisca suonare Jimi Hendrix quanto canti della tradizione
mandinga. Basta ascoltare. Aprire gli occhi,
grandi o piccoli che siano. Magari poi se si sta
C’è un sapore universale in questa frase di Attali. Uno dei massimi esperti di questioni antro-
in città come Istanbul è tutto più semplice da
pologiche al mondo, Jean-Loup Amselle, è una vita che combatte e scrive testi – ognuno ac-
comprendere. E afferrare negli occhi di questi
curatamente giustificato da ricerche dettagliate – circa una grande truffa. Il meticciato culturale
musicisti sfumature di colore che appartengo-
è un non-senso in quanto qualsiasi cultura, qualsiasi società è sin dalla sua nascita meticciata:
no a chiunque. Meglio, potrebbero apparte-
in parole povere, sostiene il direttore di studi all’École des Hautes Études en Sciences Sociales
nere a tutti, basta appropriarsene. Agire come
di Parigi, il meticciato è il prodotto di entità già mescolate, che rinviano all’infinito l’idea di una
quando una mamma partorisce il suo bimbo.
purezza originaria. Il cibo, ad esempio, è costituito da ingredienti le cui origini si perdono in una
I suoi occhi cambiano, brillano, vedono altro,
ricostruzione geografica improponibile. Un bel piatto di pasta con il sugo di pomodoro. Italianis-
riconoscono cose che prima non vedevano.
simo. Eppure il pomodoro mica è originario del vecchio continente!
Eppure erano lì.
Se dovessimo ancora star qui a parlare in termini di processi interculturali, creeremmo un grosso sbaglio di prospettiva. Considereremmo cioè, concetto sul quale Marc Augé – altro teorico in
materia – ha speso fior di parole, delle gabbie di culture, delle materie distanti e allergiche, che
p.s. Grazie di cuore ai cugini francesi, che
entrando in contatto non si saprebbe bene cosa porterebbero. Guerre, collisioni, commistioni.
dieci anni fa hanno iniziato quest’avventura
Culture terze oppure l’egemonia dell’una, quella forte, sull’altra? è tempo di dire basta a queste
di Mondomix e ci hanno consentito di por-
prospettive spicciole, è tempo di considerare Mariza – che se la suona e canta con musicisti
tarla in Italia.
brasiliani, portoghesi e americani di estrazioni completamente differenti – come l’icona più attua-
Federico Scoppio
in primo piano
- mondomix.com NOTIZIARIO
NOTIZIARIO mondomix.com - segnali
ORIENTEOCCIDENTE
Valdarno
Nel Valdarno e in
provincia di Arezzo si
guarda all’America Latina
e all’India: dal 15 luglio
al 31 agosto arrivano
Ginevra Di Marco,
Orchestra Multietnica
di Arezzo e Banda
del Caricamento di
Genova, Tizzi Abderazak
[Marocco], Monaci
del Monastero [Tibet],
Karnataka State [India],
la Banda Improvvisa con
gli ospiti del “Concerto
Multicolore”, Vanessa da
Mata [Brasile], Topazio
[Brasile], Araukania
Kuintet [Cile], Trilok
Gurtu [India] e Alta
Madera [Cuba/Italia],
Javier Girotto & Aires
Tango [Argentina - Italia],
Ruben Chaviano y Cuba
Reunion.
www.orientoccidente.net
TORINO WORLD
MUSIC MEETING
Torino
Quindici serate con le
musiche dal mondo al
Parco Stura di Torino.
Il programma 2008 si
articola dal 28 giugno
al 1 agosto: tra gli
spettacoli più attesi
ci sono Rokia Traoré,
Emir Kusturica & The
No Smoking Orchestra,
la compagnia del
Burkina Faso “Sokan”,
l’incontro tra Niger e
Francia di Desert Rebel,
il venezuelano Oscar
D’Leon e poi Daniele
Sepe, Afel Bocoum,
Banda di Piazza
Caricamento, Orchestra
di Via Padova e Orchestra
di Porta Palazzo.
www.musica90.net
in breve
Su e giù
MUSICA E SUONI DAL MONDO – Carrara
A Carrara, nell’attraente Piazza Battisti, si svolge la quindicesima edizione di Musica e Suoni dal Mondo. Dal 2 al
5 agosto si succedono sul palco le percussive fusioni africane dei Fuentes, l’anima danzante del nordest brasiliano
con Orquestra do Fubá, le tradizioni irlandesi e scozzesi
degli Whisky Trail e i debordanti ritmi balcanici di Shantel
& Bucovina Orkestar, uno dei gruppi rivelazione in questa
stagione musicale.
www.eventimusicpool.it
RAINFOREST WORLD MUSIC FESTIVAL - Borneo
Il Rainforest World Music Festival si svolge nella foresta
tropicale del Borneo. Dall’11 al 13 luglio, Kasai Masai [Congo/UK], Hiroshi Motofuji [Giappone], Oikyataan
[India], Pinikpikan [Filippine], Cholo Valderrama [Colombia].
www.rainforestmusic-borneo.com
FESTIVAL MÙSICAS DO MUNDO – Sines [Portogallo]
A Sines, dal 17 al 26 luglio, quattro i palchi per Bassekou
Kouyaté & Ngoni Ba [Mali], Garifuna Collective feat. Umalali [Belize], Juldeh Camara & Justin Adams [Gambia/UK]
e Orchestra Baobab [Senegal].
www.fmm.com.pt
ROMA INCONTRA IL MONDO – Roma, Villa Ada
Andrà avanti fino al 10 agosto al Laghetto di Villa Ada
la storica manifestazione di Roma: in agenda, Alborosie,
Nour-Eddine & Gnawa Bambara [Marocco], Teophilo Chantre [Capoverde], Chico Caesar [Brasile], Eugenio Bennato.
www.villaada.org
SETE SÒIS SETE LUAS
È un festival promosso da una rete culturale di 30 città e 9
diversi Paesi: Capo Verde, Croazia, Francia, Grecia, Israele, Italia, Marocco, Portogallo e Spagna. Le date italiane
sono a Roma, Chianciano Terme, Impruneta, Montemurlo,
Montescudaio, Pontedera e Fanano.
www.7sois7luas.com
ITALIA WAVE – Livorno
Italia Wave si trasferisce allo stadio di Livorno: dal 16 al 19
luglio suoneranno anche Deti Picasso [Russia/Armenia],
Saba [Somalia/Etiopia/Italia], Freshlyground [Sud Africa],
Sergent Garcia, Sud Sound System, Vanessa Da Mata
[Brasile] e Konono N. 1 [Congo].
www.italiawave.com
FOLKEST
È tra i più importanti festival folk dell’Europa meridionale.
Dal 3 al 28 luglio numerosi gli eventi dislocati tra Friuli
Venezia Giulia, Istria e Austria. Un programma quanto mai
eterogeneo valorizza la solidità multiculturale di Folkest.
www.folkest.com
MILANO JAZZIN’ FESTIVAL - Milano
Un mese di grandi eventi all’Arena Civica di Milano: dal
7 luglio al 7 agosto il Jazzin’ Festival si apre anche alle
musiche dal mondo con Natacha Atlas, il collettivo senegalese Orchestra Baobab, le Zap Mama e il chitarrista manouche Biréli Lagrène.
www.milanojazzinfestival.it
ROKIA TRAORé
Rokia Traoré è sempre più apprezzata in giro per l’Europa
e lo dimostra il tour che la vedrà impegnata a Torino [2 luglio], Agadir [4 luglio] e in una serie di date francesi che la
condurranno il 14 agosto sul palco dello Sziget Festival.
www.rokiatraore.net
SIMPHIWE DANA
La giovane artista sudafricana torna in Italia con il nuovo disco
“The one love moment on Bantu Biko Street”: il 20 luglio a Reggio Calabria, il 22 luglio a Folgaria e il 23 luglio a Nurachi.
www.myspace.com/simphiwedanaofficial
ROTTE MEDITERRANEE – Forte di Exilles [To]
Dal 6 luglio al 2 agosto, Rotte Mediterranee si sofferma
sulla tradizione occitana. Debutto con Massilia Sound System, poi Gai Saber, i Lou Dalfin con Passa Montanha; il
27/7 c’è Invasioni, una produzione esclusiva. Si chiude il
2/8 con i Tendanchënt.
www.musicalista.it
LUGLIO SUONA BENE 2008 – Roma
All’Auditorium Parco della Musica una serie di concerti:
per la world music il 28 giugno con L’Orchestra popolare
la Notte della Taranta; il 5 luglio Youssou N’Dour; il 9 Mercedes Sosa; il 13 l’Orquestra Buena Vista Social Club; il
17 il solo di Caetano Veloso e il 21 i Radiodervish.
www.auditorium.com
AFRODISIA SUMMER – Ostia [Roma]
Alla spiaggia Amanusa di Ostia, ogni venerdì arrivano i ritmi dell’Africa. Dal tramonto all’alba: Nour-Eddine e Gnawa
Barbara, Konono n°1, Saba Anglana, Zoe, Duba & Arraw
Band, Badara Seck e l’afro-dancehall di Dj Khalab & Sékou
Diabaté. Tutti i venerdì dal 27 giugno al 15 agosto.
www.afrodisia.it
ROTOTOM SUNSPLASH – Osoppo [Ud]
Dal 3 al 12 luglio il meglio del reggae internazionale si
esprime a Osoppo: Youssou N’Dour, Peter Tosh e Ki-mani
Marley sono soltanto alcuni nomi della prestigiosa line-up.
www.rototomsunsplash.com
ON THE ROAD FESTIVAL – Pelago [Fi]
Dal 4 al 6 luglio, incontri con musicisti e artisti di strada. Tra
i protagonisti Alfio Antico, Taraf Carpazi, Martinicca Boison
e Kreg Viesselman [Usa]. Buskers, esposizioni e la novità
del Filmbus: una sala cinema allestita su un autobus.
www.comune.pelago.fi.it
COUS COUS FEST – San Vito Lo Capo [Tp]
Nel borgo trapenese si svolge dal 23 al 28 settembre il
Cous Cous Fest, una kermesse di cultura ed enogastronomia mediterranea. Non mancano i concerti, gli spazi
espositivi e gli appuntamenti con letteratura e teatro.
www.couscousfest.it
MUSIC PLANET - Torino
Fino al 9 settembre il KingKong Microplex di Torino ospita la rassegna di film etnomusicali con 8 proiezioni che
raccontano l’Africa, il nordest brasiliano e un on the road
movie di Kusturica. Ingresso libero.
www.musica90.net
MONSANO FOLK FESTIVAL – provincia di Ancona
Dal 2 al 30 agosto, rassegna di musica popolare originale
e revival. I luoghi della memoria è l’edizione straordinaria per
i 40 anni de La Macina.
www.macina.net
VILLA ARCONATI – Bollate [Mi]
Il festival di Villa Arconati a Castellazzo di Bollate è organizzato dal Polo culturale “Insieme Groane”. Tra i tanti e
celebri ospiti ci sono Caetano Veloso, Richard Galliano &
Tangaria Orchestra e Camille [19 giungo – 21 luglio].
SettembreMusica
LA NOTTE DELLA
TARANTA
Salento [6-21/8]
Undicesima edizione per
la manifestazione più
affollata e popolare legata
alla tradizione musicale
salentina. Confermata
la formula del festival
itinerante nelle piazze
della Grecìa Salentina
dal 6 al 21 agosto con
le migliori formazioni di
pizzica e taranta che si
alternano sui numerosi
palchi allestiti. L’epilogo
festoso si infiamma anche
quest’anno a Melpignano
con il “Concertone” del 23
agosto dove è confermata
la presenza di Mauro
Pagani.
www.lanottedellataranta.it
SZIGET FESTIVAL
Budapest [12-18/8]
L’isola di Obuda, a
Budapest, accoglie
sei palchi diversi per la
Woodstock sul Danubio.
Ampio spazio world music
con l’area Scena zigana,
dove sono in programma
anche Acquaragia Drom
e Kocani Orkestar. Ma
attenzione soprattutto al
Wolrd music stage dove
si susseguiranno artisti di
invidiabile spessore: Seun
Kuti & Egypt 80, Transglobal
Underground & Natacha
Atlas, Deti Picasso, Enzo
Avitabile & Bottari, Fanfara
Tirana, Goran Bregovic,
Ky-Mani Marley, Leningrad,
Mercedes Peon, Mori Kante
e N&SK.
www.szigetfestival.it
ARIANO FOLK FESTIVAL
Ariano Irpino [19-24/8]
L’Ariano Folk Festival
torna a puntare tutto
sui colori della world
music per questa
tredicesima edizione.
Dal 19 al 24 agosto,
nel cuore dell’Irpinia,
si preannunciano sei
vibranti serate di musica.
Si apre con Muchachito
Bombo Infierno [Spagna] e
Sangennarobar [Italia], poi
Ojos de Brujo [Spagna],
Balkan Beat Box [Usa],
Gipsy Sound System
[Svizzera], Stefano Miele e
Ilaria Graziano, Shantel &
Bucovina Club Orchestra
[Germania] e gran finale
con il nuovo tour della
Bandabardò.
www.arianofolkfestival.it
FESTIVAL SENTIERI
ACUSTICI
Montagna pistoiese
[20-23/8]
Nell’Appennino pistoiese,
si apre il 20 agosto a
Bardalone con una
conversazione sulla musica
e le tradizioni: ospite
d’onore Carmen Consoli;
a seguire Elena Ledda
quintetto – Contivizos tra
Deus e recreu. Giovedì
21 Rory Mc Leod [Scozia]
e Renaud Garcia Fons
Trio [Francia]. Venerdì 22
Renato Borghetti [Brasile] e
Orquestra do Fubá [Brasile].
Sabato 23 chiusura con
Franco Morone e Banda
Osiris. Attivi anche stage
di strumenti e danze
tradizionali.
www.provincia.pistoia.
it/sentieriacustici
MITO
SettembreMusica
Torino – Milano [1-25/9]
Alla seconda edizione,
MITO s’impone tra le più
ricche realtà musicali della
penisola. Dall’ 1 al 25
settembre, Torino e Milano
sono le città della musica:
classica, opera, jazz, rock,
pop, avanguardia, corale.
C’è poi un brillante viaggio
nella musica nomade,
alla ricerca delle tradizioni
gitane, tra mostre,
conferenze e concerti
con Carmen Cortez
e Gerardo Nuñez. In
evidenza anche le culture
dell’India, del Pakistan e
dell’Afghanistan.
www.mitosettembremusica.it
Associazione Teatrale Pistoiese
Comunità Montana Appennino Pistoiese
- mondomix.com NOTIZIARIO
Comuni di: Abetone, Buggiano, Cutigliano, Larciano,
Marliana, Piteglio, Sambuca Pistoiese,
San Marcello Pistoiese
FESTIVAL 2008
in breve
Direzione artistica di Riccardo Tesi
[email protected]
Immagine elaborata al computer
Unavacanza
conilsapore
delle
tradizioni
Itinerari Musicali
Dopofestival
23 luglio Colle di Buggiano
Rocco De Rosa “Trammari”
20 – 22 agosto
ore 24.00 Maresca (PT)
29 luglio Larciano
Bz4tet special guest
Gabriele Mirabassi
2 agosto Sambuca Pistoiese
Vincenzo Zitello
Stages di strumenti
e danze tradizionali
20 – 23 agosto
Maresca (PT)
• Percussioni brasiliane con
Gilson Silveira • Percussioni di
Bali con András Varsányi
10 agosto Serra Pistoiese
• Chitarra acustica fingerstyle
Rhapsódija Trio
con Franco Morone
• Organetto diatonico con
11 agosto Abetone
Etienne Grandjean • Musica
Nicolas Sarr
d’insieme primo livello con
17 agosto Cutigliano
Maurizio Geri • Musica
La Talvera
d’insieme secondo livello con
Patrick Vaillant • Canto
polifonico con Elena Ledda
Festival Sentieri Acustici • Tecnica vocale con Anna
Granata • Danze sarde con
20 – 23 agosto
Angelo Pisanu • Danza, Tango
ore 21.30 Bardalone (PT)
argentino primo e secondo
Palazzetto Pertini
livello con Gonzalo Juan
Banda Osiris presenta
• Danze tradizionali europee
con Claudio Cesaroni
20 agosto
Conversazione sulla musica e le • Laboratorio di canto e
tradizioni con Carmen Consoli percussioni per bambini con
È stato invitato il Presidente della Marika Pellegrini
Regione Sardegna Renato Soru
Gli stages sono riconosciuti dal
concerto con
Ministero della Pubblica
Elena Ledda quintetto
“Contivizos tra Deus e recreu” Istruzione come corsi di
aggiornamento per insegnanti.
21 agosto
Rory McLeod
Renaud Garcia Fons Trio
Corsi, escursioni ed
3 agosto Popiglio
Cara Bali - Münchner
Gamelangruppe e.V.
22 agosto
Renato Borghetti
Orquestra do Fubá
23 agosto
Franco Morone
NOTE DI VIAGGIO
con Banda Osiris
e special guests.
Produzione originale
Festival Sentieri Acustici 2008
appuntamenti speciali
2 – 22 agosto
• Escursioni guidate: L’alfabeto
della Montagna • Laboratorio
di archeologia • Osservazione
dell’eclisse
Festival da gustare
con menù a km 0
Informazioni, iscrizioni stages ed offerte di soggiorno:
[email protected] – 0573 974671 – 0573 974676 – 347 6001197
Ingresso ai concerti 21, 22, 23 agosto € 6,00. Abbonamento € 15,00
www.provincia.pistoia.it/sentieriacustici
NATACHA ATLAS
Le atmosfere arabe e nordafricane giocano con l’elettronica: ecco Natacha
Atlas, giovedì 7 agosto all’Arena Civica di Milano.
http://www.myspace.com/natachaatlasofficial
GOGOL BORDELLO
La trascinante band guidata da Eugene Hutz torna a Milano: giovedì 28
agosto all’Idroscalo.
www.gogolbordello.com
america mondomix.com - Parole
e rivoluzione
FERRARA BUSKERS FESTIVAL
La più grande rassegna del musicista di strada si svolge quest’anno dal
22 al 31 agosto.
www.ferrarabuskers.com
ANDAR PER MUSICA – Bergamo
Tre mesi di folk contemporaneo nei borghi e nelle valli bergamasche, dal
7 giugno al 24 agosto.
www.frameevents.com
FOLKERMESSE
A Casale Monferrato la manifestazione collegata al noto concorso per
giovani artisti Folkontest. 18-20 luglio.
www.ethnosuoni.it
CARPINO FOLK FESTIVAL – Carpino [Fg]
Dall’1 al 9 agosto si rinnova la rassegna garganica, arricchita da un
concorso fotografico.
www.carpinofolkfestival.com
LUCANIA BUSKERS FESTIVAL
Tra le province di Potenza e Matera, un’edizione ricca di novità, dal 6
all’11 agosto.
www.lucaniabuskers.com
AI CONFINI DEL SUD – Reggio Calabria
Dal 9 al 12 agosto “Musica etnica… e dintorni” nella provincia reggina.
www.eraura.it
FESTIVAL NEGROAMARO - Lecce
Fino al 29 luglio, l’originale kermesse delle culture migranti.
www.salentonegroamaro.org
WOMAD – Malmesbury
Tre serate ad alta intensità al Charlton Park: dal 25 al 27 luglio, oltre
70 concerti, tra cui Toumani Diabaté, Adrian Sherwood, Orchestra Baobab, Rumberos de Cuba, Shantel & Bucovina Club Orkestar.
www.womad.com
LA GHIRONDA
La rassegna d’arte e cultura popolare si diffonde in tutta la Puglia dal
18 al 27 luglio.
www.laghironda.it
ANDE BALI E CANTE – Rovigo
Il secondo weekend di settembre propone nel veneto polesano una
festa di concerti, danze, stage, incontri.
www.minelliana.it
ÈTÈTRAD – Val d’Aosta
La ribalta della Val d’Aosta s’illumina l’ultima settimana di agosto con
le musiche tradizionali.
www.trouveurvaldoten.com
tarantafest - Sicilia
Tra le provincie della Sicilia sud occidentale, tornano a vibrare i tamburelli della taranta. Agosto 2008.
www.tarantafest.it
MEcedes sosa, regina del folclore argentino
Federico Scoppio
“Ho tanti rimpianti, ma un grande sogno: cantare al fianco di Carlos Santana”. Mercedes Sosa ha cantato Atahualpa Yupanqui, Víctor Jara e Pablo
Neruda con urgenza espressiva immutata e inviolata. Pratica officinale che
sostiene ancora oggi, abbozzando folclore per celebrare il risveglio del
paese. Durante la dittatura, lei c’era: sempre identificabile, nella guerra
degli invisibili. Poi, per quattro anni, ha deciso di andar via. Parigi e poi Madrid. Molti hanno rimosso questo suo gesto, alcuni ricordano con dolore.
Altri ancora prediligono magnificare quel nuovo canzoniere argentino che
ancor prima aveva contribuito a far avviare, rivolto alla trasformazione delle
forme di espressione connesse alle tradizioni popolari.
Il folclore in Argentina ha un significato molto forte. Che rapporto ha
con la tradizione?
Il folclore è la nostra tradizione, la nostra terra, le nostre correnti più nascoste e segrete che poi è bello tirar fuori quando serve. Per me folclore è
come una sostanza plasmabile, una realtà in grado di rinnovarsi sempre,
qualcosa che si aggiorna nel momento in cui si cerca di rinterpretarlo.
Nella sua corsa ha sempre alternato canzoni, articolate su rime di
poeti più o meno noti, a lavori sul folclore, visto che declina ritmiche
come la zamba e la chacarera del nordovest dell’Argentina, la milonga e anche connessioni sparse con il costume del Cile. Come mai
tanti riferimenti?
In un disco come “Corazón libre” ho ad esempio lavorato su alcuni schemi
folclorici rintracciabili in Argentina ed in altre regioni dell’America Latina.
Non ho alcuna pretesa di voler insegnare queste estetiche musicali a chi
non le ha mai ascoltate, anche perché posseggono più di ottocento anni e
sono il risultato della commistione degli stili indigeni con alcune caratteristiche di matrice europea o dell’America centrale. Ho semplicmente cercato
di dar voce ai miei sentimenti.
In “Canta a Charly García” [1998] riecheggiavano brani dal forte impianto rock del chitarrista García, icona del genere in America latina.
Anche in quel caso riusciva a offrire un’interpretazione della tradizione pur avendo come fondale il rock?
La tradizione ha anche un’accezione personale, molto intima, che spesso
sfugge. è un concetto legato all’emozione, non solo alla razionalità. Se
“Corazón libre” rappresenta per me un tuffo nel folclore, non diversamente
lo è stato anche il disco sulle composizioni di Charly García. Cerco sempre
di veleggiare nei mari chiari, nelle acque che riconosco facilmente, mi fanno sentire sicura. Con Charly ho sempre avuto un rapporto confidenziale
– mi accompagnò nel primo concerto dopo l’esilio nel’82 – e la sua scrittura ha per me un valore folclorico, nonostante l’impatto molto rock.
Tanti anni trascorsi a recuperare modelli culturali ed espressioni locali per cercare di tamponare l’ascesa di riferimenti globali e nocivi
per la tradizione. Non si sente stanca?
Non mi sento l’età che ho, non ho alcun tipo di problema quando canto,
la mia intonazione sembra trarre beneficio dell’età che avanza. Ho imparato ad apprezzare il lavoro di ricerca che si deve svolgere ogni volta che
scandaglio brani da interpretare. E poi l’età mi ha regalato una rara dote,
ho affinato la tecnica dell’artista. Riesco ad immaginare tutto ciò che le
parole celano, a disegnare nella mia testa intense immagini grazie a poche
parole, come un film. Penso che la vita regali cose buone e cose meno
buone, questa è ottima. Non ho più la possibilità di lottare per ciò che non
va come dovrebbe, posso continuare a dare l’esempio positivo facendo
tutto quello che sento di poter fare.
Trova uno scenario orientato al recupero delle matrici popolari?
Certo, ed è composto da giovani musicisti. Mi piace molto una nuova
tendenza atta a rimestare la chacarera, però questi giovani soffrono dei
problemi di mercato, non vengono passati per radio, non varcano i confini locali.
Quale il miglior regalo che le ha fatto la vita, visto che le ha portato
anche molta sofferenza?
L’amicizia con Joan Baez. Ho usato per la copertina di “Corazón Libre”
un disegno che mi regalò diciassette anni fa, per tenerla sempre vicina a
me, è uno di quei doni buoni della vita. Ma direi che il dono migliore che
ho ricevuto è di poter essere ambasciatrice dell’Unicef, fare qualcosa per
i bambini, cantare per loro. Non ho dubbi, niente è paragonabile al poter
fare del bene ai bambini, permettere che questi crescano in condizioni
agevoli.
da ASCOLTARE “Corazón libre” [Deutsche Grammofon/Universal]
SITO www.mercedessosa.com
ALCUNE DATE
09/7 - Luglio suona bene, Auditorium Parco della Musica, Roma
10/7 - Maschio Angioino, Napoli
11/7 - Datch Forum, Assago, Milano
23/7 - Just like a woman, Savona
afrodisia
di
Mauro Zanda
The Black
President!
Seun KUTI ha capito un paio di cose fondamentali circa il suo rapporto con quel fardello di nome: primo, che se proprio è destinato a restare all’ombra del padre, si
tratta pur sempre di un luogo che lo rende particolarmente orgoglioso; secondo,
che nonostante tutto, l’imperativo della
sua vita artistica è comunque indirizzato
alla ricerca di una propria cifra stilistica
illlustrazione di Attanasio
Afrodisia è l’orgogliosa consapevolezza del
contagio, una zona temporaneamente autonoma da
false purezze ed esotismi etnici. Afrodisia è un punto
di fuga ibrido e sfrontato ove lasciar confluire
i segni dell’Africa e la diaspora nera. Un’idea
ambiziosa e necessaria, nata nel 2007 al Rialto
Santambrogio di Roma, con l’obiettivo dichiarato
di veder affiorare, anche dalle nostre parti,
spiritualità e ritmo del grande cuore africano
Verso il principio degli anni
Ottanta, dopo diverse stagioni
di dura dissidenza politica, Fela
Kuti ebbe una rivelazione spirituale destinata a cambiare radicalmente la sua attitudine verso
la musica e la vita: un sogno
lucido e illuminato in cui il Presidente Nero vide con chiarezza la
centralità dell’antica civiltà nera
egizia nell’evoluzione della razza
umana.
Fu proprio allora che mutò nome
alla band, sia detto senza timor
di smentita, molto più che un
semplice gruppo musicale. Una
famiglia in primis, un logo in definitiva. Dichiarazione e sintesi
programmatica di una cosmogonia che - attraverso suoni, parole e ritmi - propugnava orgoglio
nero e autonomia culturale del
continente madre. Quella band
leggendaria da allora, e per sempre, prese il nome di Egypt 80.
Una prospettiva atemporale che
oggi assume dunque significato compiuto; perché dopo aver
provato ininterrottamente per 10
anni, il ventiseienne terzo figlio
riconosciuto di Fela, carica sulle
sue giovani spalle quella straordinaria esperienza musicale e
getta finalmente le basi per una
scintillante ipotesi di afrobeat del
secolo XXI.
Coadiuvato in primo luogo dal
settantenne Baba Ani - un tempo a dirigere i suoni dal sax,
oggi più tranquillamente seduto
dinanzi al piano - Seun ha chiamato a raccolta 2/3 di quella
all-stars band nigeriana creando
automaticamente un’aspettativa
enorme tra gli addetti ai lavori e i
tanti appassionati di musica africana. Ciò che colpisce di questo
straordinario debutto [“Many
lasciar deflagrare polifonie ultrasincopate degne del miglior Fela.
Certo, la chiave è moderna: intro
decisamente più brevi e piglio
vagamente hip hop [Seun parla
di ammirazione per Chuck D, Dr.
Dre ed Eminem], ma al dunque i
brani sfiorano comunque i 10 minuti, le parti strumentali pesano
come macigni, e gli incastri ritmici sono vertiginosi e folli come
ai tempi belli del padre-mentore.
Prendete un pezzo come Don’t
give that shit to me: all’inizio c’è
unicamente spazio per la chitarra
ritmica e le percussioni afro-latine, scarne ed essenziali come da
prammatica, sporcate appena
dal commento di un sax. Dopo
8 battute entra come un treno
il giro di basso, timbro denso e
ritmo vorticoso, sfondo perfetto
per l’assolo di sax e l’incedere
percussioni/batteria, che nel frattempo è già salito come un fiume
in piena; scatta quindi imperioso
il riff dei fiati e, quando sono trascorsi appena 1’18”, Seun sferra
il suo duro attacco verbale in un
clima a dir poco esagitato. Fela
in genere non proferiva parola
prima di cinque minuti [a volte ne
passavano addirittura quindici]
ma, tenuto conto che il brano si
snoda senza noia né cedimenti
strutturali per 9’ 21”, verrebbe
giusto da commentare che il ragazzo ha reso più fruibile la formula senz’affatto snaturarla.
La titletrack, ad esempio, cuoce
ad un fuoco più lento, e bisogna
aspettare almeno 3 minuti prima
di sentire Seun e i cori a risposta
femminili prendere il sopravvento; anche l’andatura mid-tempo
sembra più congeniale alle epiche cavalcate di Fela. Eppure,
non c’è odore di deja-vu, la con-
fondamentali circa il suo rapporto con quel fardello di nome:
primo, che se proprio è destinato
a restare all’ombra del padre, si
tratta pur sempre di un luogo che
lo rende particolarmente orgoglioso; secondo, che nonostante
tutto, l’imperativo della sua vita
artistica è comunque indirizzato
alla ricerca di una propria cifra
stilistica. Un cammino che lo accomuna al fratello maggiore Femi
ma che, in un ipotetico duello,
lo colloca già in una posizione
di leggero vantaggio. Tra i due
sussiste infatti un’accesa rivalità, ma mentre Seun suona il sax
in maniera ordinaria [come Fela
del resto], a differenza del fratello possiede una voce forte, magnetica, realmente in grado di far
breccia tra i suoni e consegnare
il messaggio. Music is the weapon cantava Fela, e l’afrobeat,
vecchio e nuovo, certo non può
prescindere da quel suo crisma
profondamente ribelle. Testi che
affrontano in maniera diretta temi
di strettissima attualità politica,
indirizzati tanto all’amata/odiata
Lagos che all’Africa in generale.
Pamphlet rabbiosi e maturi che
parlano di corruzione, sensualità
africana, educazione alla salute,
brutalità e lassismo al potere. In
una recente intervista, Seun ha
dichiarato che, più che combattere l’afrobeat del suo tempo deve riuscire a far pensare.
Perché – sostiene – la sua generazione non lo fa più da troppo
tempo: il nichilismo che la contraddistingue sembra aver svuotato di significato ogni cosa, lotta
e resistenza incluse. L’inizio del
disco, in tal senso, pone inequivocabilmente il mood sulla giusta lunghezza d’onda: Think Africa. Seun parla di sperequazioni
tici [quella che lui definisce politricks, il gioco sporco della politica]. Ma anche della prevenzione contro la malaria [Mosquito
song], malattia che con piccoli
investimenti [una zanzariera da
cinque dollari] e maggiore sensibilità da parte delle multinazionali
farmaceutiche [il prodotto oggi in
commercio è fuori dalla portata
economica di gran parte degli
africani], potrebbe abbandonare quel triste primato che oggi
invece la vede protagonista tra
i casi di mortalità nel continente
[alcune stime parlano addirittura
di 3000 decessi al giorno].
Una canzone che sta molto a
cuore a Seun, originariamente
scritta nel 2005 per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale
in occasione del festival Africa Live organizzato dall’amico
Youssou N’Dour. Uno sguardo
internazionale che, del resto,
sembra accompagnare ogni
singolo aspetto di questo artista giovane ma già maturo. Nelle note interne del suo disco si
ritrova per esempio un curioso
ringraziamento a Barack Obama; in un’intervista realizzata
dall’edizione francese di Mondomix ha recentemente dichiarato
che, se il senatore nero venisse
eletto Presidente degli Stati Uniti,
è convinto che il mondo e l’Africa possano diventare un posto
things”, Tôt ou Tard] è soprattutto il muro di suono, un’autentica
macchina da groove capace di
fezione finale appare, oltre che
sincera, decisamente personale.
Seun ha capito un paio di cose
sociali, multinazionali dell’affare,
diritti negati in Tibet, totalitarismi
mascherati da regimi democra-
migliore. Una corrispondenza
d’amorosi sensi che nacque lo
scorso anno, allorquando il se-
Foto di Youri Lenquette
natore di origine keniota, senza
neanche conoscerlo, in virtù forse dell’enorme simbologia rappresentata dal padre, si adoperò
per fargli ottenere il visto che gli
avrebbe consentito di suonare
in USA e che l’ambasciata stentava invece a concedergli. Con
malcelato romanticismo ci piace
cogliere in quel nobile gesto, animato solo dal profondo rispetto
per un totem della musica e cultura africana, il segno di un’antica profezia di Fela: «La musica
africana conquisterà il mondo,
ma avrà bisogno dei suoi tempi.
Gli dei d’altronde non vogliono
che si imponga come una moda,
ma come un serio accadimento
culturale». I tempi sembrano finalmente maturi: lunga vita alla
stirpe guerriera dei Kuti, music is
still the weapon!
ASCOLTARE “Many things” [Tôt ou Tard]
SITO www.myspace.com/seunkuti
10 - mondomix.com america
Caetano Cê
Federico Scoppio
Trattato e reso sempre più affascinante dalle stagioni che avanzano inesorabili, poco avvezzo alle chiacchiere superflue, è capace di dialogare
in musica con ogni realtà del suo Brasile. E di galleggiare con fortuna
e fama nei colori vistosi del tropicalismo che per lui ha rappresentato
la celebrazione dell’esserci lì, nel Brasile, e allora, alla fine degli
anni ’60, divenendo alla fine uno dei simboli del Brasile pop
e glamour. Irriverente, provocante, un po’ diavolo. Timido,
riservato, gentile, quasi angelo. Caetano Veloso è un po’
tutt’e due. è il giovane che si presenta al carnevale più
bello del mondo fasciato soltanto da un bikini. è il maniaco
che la sera, e i pomeriggi ancora prima nel piccolo cinema
di Santo Amaro, consuma in videocassetta i film
di Antonioni e Fellini. Voce di velluto, morbida,
efebica e spirito hippy. Bello. Nonostante le
stagioni avanzano crudeli.
Del tropicalismo è stato uno
dei procreatori e certamente
l’icona più trasgressiva. Nell’epopea culturale e lisergica
di quegli anni i vestiti cangianti
rappresentavano il prisma di un
uomo capace di rinnovarsi. Al di
là dell’ovvio. Attratto dal teatro, la
poesia concreta, il cinema novo, la
filosofia. Uno dei suoi più bei dischi,
“Uns”, è dedicato a Nietzsche [negli
stessi anni Gilberto Gil compone “Superhomen”] che, come confesserà Caetano stesso, apprese attraverso le poesie di Fernando Pessoa. L’ultimo progetto è “Cê”, anche in versione live:
una nuova cotta per le asperità del rock, pronunciate
in lingua portoghese. Percorso che a tratti è comparso
anche in passato, per presto sbiadire nel suo enorme
repertorio popolare-autorale. E poi tanto altro, compresa una stranissima collaborazione con Stefano Bollani,
che proprio in estate vedrà la luce.
“Quando avevo diciassette, diciotto anni non pensavo
certo di diventare un cantante o compositore, ascoltavo la musica di Miles Davis, Thelonious Monk, Gil
Evans, Chet Baker, il quale mi colpiva profondamente perché, soprattutto quando cantava, teneva una
nota e riusciva a rendere il tempo sospeso, e João
Gilberto per la capacità di economizzare la propria
musica, renderla minimale ma mai scarna, anzi essenziale. In conclusione, nutrivo grande stima per
questi mostri sacri, e ogni tanto mi divertivo a cantare, però desideravo soltanto studiare filosofia e
dirigere dei film”.
6° continente mondomix.com - 11
Un film lo ha diretto, Cinema falado, le piacerebbe riprendere la sua
esperienza nel mondo del cinema?
Mi piacerebbe ma è molto complicato, non è certo come fare musica.
Bisogna per forza occuparsi di un’infinità di dettagli e poi paragonerei i miei
film a quelli di Fellini, per cui non sarei mai soddisfatto, lui è stato uno dei
grandi maestri del cinema e dell’arte. Ogni tanto scopro che alcuni miei
dettagli musicali provengono proprio dalla poetica di quel tipo di cinema.
è stato uno dei più grandi registi.
Tanto cinema nella sua vita. Quelle indimenticabili colonne sonore
dei film di Fellini furono composte da Nino Rota, tuttavia c’è un altro
grande maestro indiscusso di musiche per film in Italia, Ennio Morricone. So che c’è una collaborazione in allestimento…
Mi ha chiamato per un suo progetto nuovo, è una persona speciale
che apprezzo come artista e spero di approfondire personalmente,
desiderava un testo portoghese per una sua canzone e per me è
stato un onore accontentarlo.
Com’è stato il suo riavvicinamento al mondo del rock?
La musica rimane la cosa migliore che gli americani abbiano
consegnato al mondo. Inoltre il rock resta la forma musicale di più facile contagio mai inventata, un fenomeno
sociale e mediatico dalla gittata incredibile, che solo
con artisti assai intelligenti come i Beatles ha
acquisito quel deflagrante
substrato culturale. Di lì in
poi c’è stato tutto un mondo, un’infinità di altre svolte stilistiche ed espressive,
come la musica di Jimi Hendrix,
quella di Frank Zappa, maestro nella commistione di linguaggi, fino ad arrivare al punk che negando il rock in qualche modo lo rendeva esaltante.
“Cê” ha qualcosa di rock, soprattutto perché siamo un
rock band. Ho lavorato a lungo con Pedro Sá già in “Noites do norte” e “A foreign sound”. Comunque il gruppo è
cresciuto in casa mia, sono tutti quanti amici di Moreno.
L’avevamo lasciata nelle vesti di crooner in “A foreign
sound” e la ritroviamo proiettata in una nuova dimesione…
A Foreign Sound è un omaggio personale, una mia
compilation ideale di celebri brani americani, da Irvin
Berlin ai Nirvana. Come as you are dei Nirvana e
Nature boy in qualche modo potrebbero appartenere all’estetica di “Cê”. Anche in “Rock ‘n’
Raul” pubblicata su “Noites do norte” si può
trovare una continuità con questo nuovo
lavoro: una band ridotta, la strumentazione
rock, l’approccio aggressivo.
SITO www.caetanoveloso.com
date
07/7 Ferrara sotto le stelle, Ferrara
12/7 Umbria Jazz, Perugia [Bollani]
15/7 Anfiteatro Romano, Cagliari [Bollani]
17/7 Luglio suona bene, Auditorium Parco della Musica, Roma
Balkan Beat
Andrea Scaccia
Dopo il gran successo di “New med” come mai la voglia di realizzare una versione remix di questo lavoro?
Tutto nasce da una serie di contest per dj fatti in giro per il mondo,
alcune cose erano molto interessanti e le abbiamo unite ai remix di
amici con cui collaboravamo, ricavando undici brani pronti per essere
suonati nelle dance hall di tutto il mondo. Ci piace molto il risultato, sia
per la passione che abbiamo per il mondo dei club, sia perché è molto
stimolante riproporre la nostra musica in versione dance floor, ci interessa vedere la reazione della gente a queste nuove versioni.
Nel disco c’è anche un inedito.
C’è una nuova traccia, Ramallah-Tel Aviv, l’unico brano non remixato.
Parla della speranza dei bambini di queste due città, loro non c’entrano
molto con tutta la faccenda.
Tante storie che s’intrecciano con quelle dei BBB. Come siete arrivati alla formazione attuale?
Alcuni anni fa tra le tante collaborazioni avevamo messo su i Firewater:
molte date, un album per la Knitting Factory. Poi sono stato in giro con
Gogol Bordello per tre anni, ma prima ancora insieme a Tamir Muskat
ed Eugene Hutz avevamo dato vita ad un progetto che si chiamava
Juf; era prima che cominciasse ad esserci una risposta importante a
questo genere di musica, avevamo registrato anche un album molto
underground. Dentro c’era punk, elettronica, musica da club. Ci divertivamo, senza piani o progetti precisi. Quando con Tamir abbiamo
capito che c’era qualcosa di buono su cui lavorare abbiamo tirato nel
progetto Mc Tomer Yosef, che reputavamo funzionale alla dimensione
del live. Poi sono arrivati gli altri musicisti che ci sembravano giusti per
realizzare la musica dei BBB.
ovvero ciò che succede
quando ad una sezione
d’ottoni balcanica si
unisce un Mc israeliano,
qualche computer e si
aprono i microfoni in un
club della downtown
newyorkese. Balkan
beat box è un ritratto
apolide di un gruppo che
si muove tra gipsy rock,
elettronica, reggae e
fanfare, per creare quella
babele musicale che sta
infiammando le platee di
mezzo mondo. Ori Kaplan,
sassofonista e co-fondatore
del gruppo, racconta i BBB
ed il loro ultimo lavoro“Nu
Made” [Crammed Discs,
ditribuito Materiali Sonori]
Rileggere la tradizione attraverso la commistione di generi è senza dubbio un mezzo per avvicinare quante più persone ad un certo tipo di musica.
Creare musica nuova e mischiare le fonti può essere un’ottima strada.
Noi siamo emigrati da Israele e siamo finiti a fare musica a New York
trovandoci a suonare con musicisti d’estrazione più diversa. Racconta
storie di migrazione, il senso più profondo dei Balkan Beat Box. Siamo
attenti a tutto quello che accade intorno a noi che sia hip hop, musica
mediterranea, africana o eschimese. Mettere tutto queste cose insieme ci aiuta a tovare nuove vie per la nostra musica.
La forza dirompente dei BBB si percepisce soprattutto nei live.
Nel disco c’è anche il video del vostro concerto a Tel Aviv.
È stato incredibile esibirci nella nostra città. Volevamo fare qualcosa di
grande suonando anche con gente del posto; c’erano artisti palestinesi ed un sacco di musicisti di gran talento provenienti da diversi paesi.
Abbiamo creato una specie di circo, uno show rotante dove la gente
andava e veniva da differenti stages.
Tra poco il vostro tour toccherà anche l’Italia.
Sai che sono molto eccitato all’idea di suonare al festival di Ariano? Mi
piace moltissimo il feeling che si crea con la gente dell’area mediterranea, spero che questo concerto possa essere l’inizio delle frequentazioni tra l’Italia ed i Balkan Beat Box. Ho molte aspettative e mi auguro
di riuscire a suonare con un po’ di gente del posto.
da ascoltare “Nu Med” [Crammed Discs/Materiali sonori]
SITO www.balkanbeatbox.com
Per l’Italia www.musicballkan.com
12 - mondomix.com America
Il tango secondo
Melingo
Andrea Morandi
Non ha il completo e il cappello di Carlos Gardel e nemmeno la sua
passione per le corse di cavalli, ma a settantatre anni di distanza
dalla morte dell’icona del tango, avvenuta nel 1935, Daniel Melingo ne sembra la perfetta reincarnazione, bizzarra quanto imprevista;
sguardo di traverso e corde vocali dolenti, petto gonfio a prendere la
rincorsa prima di cantare pezzi in lunfardo, lo slang di Buenos Aires e
dei suoi porteñi. Eppure Melingo, classe 1957, al tango ci è arrivato
quasi per caso, deviazione non voluta dopo due decenni passati da
chitarrista nelle retrovie del gruppo rockabilly Los Twist.
Oggi sembra non abbia mai fatto altro che il tanguero errante e che,
in fondo, il destino volesse che la sua voce prima o dopo incrociasse
un bandoneón proprio come fa nel nuovo disco, “Maldito tango”, che
arriva ora a due anni di distanza da quel piccolo grande miracolo di
nostalgia cantata che fu “Santa milonga” del 2005, quattordici canzoni per un viaggio nel tempo nell’Argentina e nella sua immigrazione
biancazzurra di inizio secolo. Con grande intelligenza Melingo non ha
però riproposto filologicamente il tango del passato, ma ha saputo
unire fisarmonica e il digitale, la voce de El Zorzal Gardel e le intuizioni
di un socio come Eduardo Makaroff, una delle menti dietro il progetto
con cui i Gotan Project portarono il tango in classifica nel 2002.
Ma se in quel caso nel tango furono iniettate dosi abbondanti di elettronica, Melingo ha invece voluto il vestito della tradizione, gli stilemi
sonori e vocali degli inizi, che ha poi unito a un’ironia feroce e a una
coloritura verbale squisitamente contemporanea spolverandone così
anche l’aspetto musicale.
Figlio malvoluto del barrio del Abasto, delle case rotte dello stesso
quartiere che diede i natali a Gardel, al “Bandoneón mayor” Aníbal
Troilo e a “El polaco” Roberto Goyeneche, delle bettole fumose piene
di sogni finiti in un bicchiere di amori perduti, Melingo quando canta
sembra farlo malvolentieri, quasi costretto, con la voce strascicata
quasi avesse altro da fare appena sotto il palco, quasi lo aspettassero
altre vite o, più semplicemente, un’altra mano di carte. E allora, se
come diceva Paolo Conte, il tango è il riassunto di una vita allo stesso
modo in cui una lucertola lo è di un coccodrillo, Daniel Melingo è oggi
la sintesi della Buenos Aires contemporanea, capitale passionale e
indifferente, stretta tra l’oggi e il domani, sempre sul baratro di una
malinconia eterna.
da ascoltare “Maldito tango” [Mañana/Self]
SITO www.danielmelingo.com
PAESE Argentina
CITTà Buenos Aires, quartiere Abasto
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Arriva da Bamako - capitale del Mali - la meravigliosa arte di Toumani
Diabaté. Che è l’espressione purissima di una cultura secolare di cui lui
è al momento il maggiore esponente. Sono infatti settantuno le generazioni che lo precedono, ed egli esattamente come i propri avi, porta
avanti la tradizione antica del djeli che attraverso la kora esprime la propria storia. Lo afferma con il consueto tono di voce pacato, all’uscita di
“The Mandé variations” [Word Circuit/Ird]: “Ai suoi tempi lo chiamavano
il Re della Kora. Lui è stato il mio maestro: mio padre Sidiki Diabaté.
Ed ha lottato con la sua musica per l’indipendenza della nostra terra,
del Mali”. Storia che nel West Africa, difficilmente segue una narrazione
scritta. Che si manifesta quindi per il popolo - e per i suoi cantori, i djeli come tradizione orale e linguaggio musicale. E ciò da orgoglio e senso di
appartenenza, divenendo inoltre modalità espressiva del passato, della
contemporaneità, nonché elemento fondante del proprio futuro .
“Djeli in malinke vuol dire il sangue che scorre nelle vene. Se l’Africa
Mandéngue fosse una persona noi saremmo il sangue di questa persona. Noi siamo gli ambasciatori della nostra cultura, siamo i guardiani
della tradizione e della storia. Djeli si nasce, non lo si può diventare. Puoi
essere un buon musicista, ma essere un djeli è un’altra cosa, è una
questione legata alla famiglia e alla storia del mio popolo”.
La kora - il mezzo espressivo di cui Diabaté è maestro riconosciuto - da
alcuni ribattezzata “l’arpa africana”, implementa una quantità di variabili
sonore davvero elevata, caratteristica permessa dalle ventuno corde di
cui si compone. Ad aggiungere ulteriori orizzonti sonori allo strumento
ha concorso proprio Diabaté che all’interno del suo ultimo lavoro “The
Mandé variations” - edito nel gennaio di quest’anno dalla sempre ottima
Word Circuit - ha sperimentato con successo alcuni elementi innovativi.
Tre le istanze portate avanti dal maliano: una nuova accordatura dalle spiccate sonorità arabe, chiamata Egyptian Tuning; l’uso di chiavi in
legno, che vanno a sostituire per la tensione delle corde gli usuali anelli
in pelle; l’innesto di tematiche di pura improvvisazione, oltre il consueto
repertorio tradizionale. Tutto ciò ha permesso al nostro di ottenere un
risultato che dal punto di vista discografico e d’impatto nei live, non mostra incrinature. Da un lato infatti si colloca non soltanto come “un”, ma
come “il” disco che esula dalla semplice ed a volte riduttiva definizione
di world music e che sposta un metro avanti oltre la concezione della
stessa e anche la miope visione terzomondista di parte dell’industria
musicale. Dall’altro durante le performance dal vivo, Toumani Diabaté
dimostra che lo studio svolto sullo strumento, gli ha permesso realmente
di affabulare ulteriormente il pubblico. Dimostrazione perfetta ne è stato
il concerto - in esclusiva italiana - svoltosi lo scorso 23 maggio presso
la fantastica cornice del Castello Caetani di Sermoneta [Lt]. In quella
occasione il maliano ha dispiegato le vele della sua capacità espressiva oltre ogni limite: in un costante e perfettamente riuscito equilibrio tra
tecnica e pathos, tra consapevolezza strumentale ed abilità comunicativa, si è assistito ad un concerto davvero mirabile. Cento minuti di pura
poesia, in cui un uomo seduto in terra, con il solo ausilio della kora, è
riuscito non solo ad avvicinare la sua terra al pubblico presente, ma a
far comprendere agli astanti il senso di un’altra cultura, del valore della
rimembranza del proprio passato, della futuribilità della musica come
portatrice di messaggi intensi e profondi. “La mia musica è più antica
della classica, ed è nata prima di Mozart”, dice Toumani. Brani introdotti
e spiegati al pubblico e poi via, le dita ad inanellare melodie ed assoli. Il
concerto si è dipanato lungo temi di qualche disco fa come Kaira [dall’omonimo album del 1988], e numerosi estratti dall’ultimo lavoro, tra cui
su tutti citiamo la trasognata Elyne road, la evocativa Djourou kara nany,
e l’arabeggiante El Nabyouna. Ulteriore spessore è giunto poi da una
meravigliosa improvvisazione, nella quale emergevano senza posa tanto
le sonorità jazzate, quanto evocazioni filmiche di morriconiana memoria.
Il finale di concerto è stato poi ulteriormente sorprendente, grazie alla
inaspettata presenza del guest Madya Diabaté, ottimo accompagnatore
alla kora, ma ancor più incisivo alla voce, nei due brani finali. Come se
non bastasse già la sola espressione di Toumani Diabaté.
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ti, la libertà di espressione di ognuno di noi”, analizza Bijan Chemirani
da Marsiglia. Il percussionista, quando non suona con il trio familiare,
composto da suo padre [Djamchid] e da suo fratello [Keyvan], propone
all’interno del suo gruppo [Oneira] incursioni nel cuore delle musiche
tradizionali greche e iraniane. “Sono una spugna. Questi momenti di
incontro, questi istanti unici mi nutrono”, prosegue Bijan, esperto di percussioni persiane [daf, zarb e altro] e invitato a collaborare dai più grandi
musicisti. “È a contatto con gli altri che progrediamo. Anche se, in assoluto, le figurazioni o i ritmi di un suonatore di djembé non hanno niente a
che vedere con quello che faccio, posso imparare molto da lui. Durante
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[didY^H^ak^ZAZEVgX
questo lavoro, Pierrick, che nell’album suona anche il clarinetto, mi ha
aiutato a ripensare lo spazio musicale”. Registrati in studio prima che si
esibissero dal vivo, questi dieci brani dal suono limpido, senza effetti,
continuano ad evolversi ad ognuno dei loro incontri sul palco. Tanto da
giustificare, da qui a qualche mese, una registrazione live per completare
questa fraterna e toccante testimonianza.
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Arricchito dai contributi di musicisti provenienti da diversi orizzonti [Olivier Ker-Ourio, Bijan Chemirani, Pierrick Hardy], il nuovo album di Annie
Ebrel è un simbolo di apertura. Ma “Roudennoù”, che significa “impronte”, “tracce”, è anche fortemente radicato nelle tradizioni bretoni. “Avevo
voglia ci fosse l’armonica in questo album”, ricorda Annie Ebrel, che
naturalmente pensa subito a Olivier Ker-Ourio, un armonicista di origine
bretone che ha lavorato con Jacques Pellen, Danyel Waro, Michel Petrucciani e Didier Lockwood. “È lui che mi ha parlato di Pierrick Hardy”,
aggiunge la cantante scoperta grazie alla sua voce e al gusto per le
collaborazioni [con il contrabbassista Ricardo del Fra, tra gli altri]. Chitarrista, nato a Dinan, Pierrick è anche compositore e arrangiatore. “Si è occupato di garantire coerenza al progetto, armonizzando i nostri desideri
e le nostre idee”. Quanto alla scelta del percussionista, si è imposto il
nome di Bijan Chemirani, figlio minore di un’illustre famiglia di percussionisti iraniani. “Eravamo tutti entusiasti all’idea di lavorare con lui”.
Così formato, il piccolo gruppo si è messo a lavoro. “A tappe e in più incontri, abbiamo dato forma al nostro repertorio. Non avevo idee precise
sul cammino che avremmo intrapreso insieme. Ci siamo concessi del
tempo per cercare e sperimentare, dando vita, a volte, a più versioni di
uno stesso brano”. Ad ascoltare il risultato, non c’è dubbio che questa
avventura sia stata molto prolifica: canti tradizionali da ballare [Kan ha
diskan] o da ascoltare [Gwerzioù e Sonioù], oltre ad alcune recenti composizioni, frutto di questi incontri tanto felici quanto inaspettati. In An
teod miliget il soffio profondo dell’armonica blues di Oliveir Ker-Ourio si
lega con estrema delicatezza alla voce di Annie. Sia che duettino, come
in questo pezzo, sia che il dialogo si allarghi a tre o quattro musicisti come in Perak ma zimeer ma mamm, un brano dove il canto vibrante di
Annie si appoggia alla battuta nervosa e leggera di Bijan [sostenuto dalla
chitarra di Pierrick e prolungato dal soffio di Olivier] -, il quartetto non si
perde mai in preziosismi.
“Pierrick, che ha ricoperto il ruolo di produttore, ha saputo stimolare,
durante le sedute di lavoro, la registrazione, e adesso nei nostri concer-
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H8DEG>6cc^Z:WgZahjacdhigdh^idlll#bdcYdb^m#Xdb
Ballkan
World Music Management
Roy Paci, Frank London &
Boban Markovic + Orkestar
Klezmatics
Fanfara Tirana
Baba Zula
Bollywood Brass Band
Fanfare Ciocarlia
Magnifico
Balkan Beat Box
e tanti altri gruppi ancora
www.musicballkan.com
0721.374281
337.657870
16 - mondomix.com EUROPa
Torino
TWMM
Ripartono in tour
dopo la pubblicazione
di “Dammene ancora”
World Music Meeting 2 luglio - 1 agosto 2008
02/07 ROKIA TRAORE
17/07 OSCAR D’LEON
24/07 ESMA REDZEPOVA
29/07 EMIR KUSTURICA
IN VIAGGIO CON…
Sud Sound System
Pronti via, si parte. L’appuntamento è a San Donato di Lecce. Terron Fabio e Don Rico vivono da quelle parti: lì c’è anche lo studio dei Sud Sound
System, in Via Corsica 1. Nandu Popu viene invece da Trepuzzi, a Nord
di Lecce. Con lui ci sono Papa Leu [chitarre] e Fossa [batteria]; ecco che
arrivano anche i due siculi, il Maestro [tastiere] e Ficupala [basso]. E si
compone quella Bag A Riddim Band che accompagna le voci più genuine
del reggae italiano. Personaggi non conformi alle prescrizioni: Ficupala, ad
esempio, è spesso il protagonista di aneddoti dionisiaci legati a grappe e
liquori. Che spasso.
La casa dei Sud Sound System è il Salento, una terra di passaggio per le
popolazioni che viaggiavano dal vicino Oriente e dai Balcani. Oggi il passaggio è quello dei milioni di turisti. “Ma dietro al boom turistico c’è molta
speculazione - avverte Nandu Popu - perché non tutti i salentini ne traggono benefici e in tanti sono ancora costretti ad emigrare verso il nord”.
I viaggi dei SSS hanno invece una connotazione antropologica, anche
quando si tratta di andare a suonare. Di questi tempi sono in giro con
il tour europeo per presentare “Dammene ancora”. Il nuovo album, che
spazia tra brani lovers, dancehall, roots e new reggae, conferma la ricerca
di sonorità eterogenee e l’attenzione alle liriche, ai temi più cari per loro:
la tolleranza, il rispetto, le tradizioni. A colorare quest’ultimo disco ci sono
le collaborazioni di Morgan Heritage, Jah Mason, Kiprich, Daddy Freddy,
Neffa e dei giovani Marina e Laza. Un disco che viaggia con i Sud Sound
System. Del resto, anche quando sono in giro, loro ascoltano reggae:
sempre e soltanto reggae, in tutte le sue varianti.
Sono passati vent’anni dai loro primi viaggi e il più assiduo alla guida è
l’instancabile Don Rico, sempre lui. Migliaia di chilometri sulle strade del
continente, come quella volta in cui i SSS hanno guidato il furgone fino
in Portogallo, ma in quell’occasione si trattava di vacanze... In tutto questo tempo la posse salentina ha portato con sé le tradizioni della propria
terra, diffondendo valori di appartenenza e consapevolezza: “La musica
è continuità, e per creare qualcosa di nuovo è importante tener conto
delle proprie radici”, è un concetto peculiare della band e Nandu ci tiene
a sottolinearlo.
Quando arrivano nel backstage, i loro tecnici sono già al lavoro da qualche
ora per allestire lo show. Poi si sale sul palco per il sound check e nascono
le spassose jam sessions dove capita che Fabio si accomodi alla batteria,
Papa Leu lasci la chitarra e si diletti alle tastiere, mentre Nandu li accompagna con l’armonica. D’altronde oramai si conoscono alla perfezione.
Così, d’incanto, tra scherzi e discorso impegnati, arriva il momento del
concerto: la Bag a Riddim introduce una carrellata di riddim, i giri di basso
spesso utilizzati nel live. Dietro al palco si accendono i microfoni e si riconoscono le voci fuori campo di Nandu Popu, Terron Fabio e Don Rico che
intonano le prime battute. Si parte di nuovo. Tutto ricomincia, gli aneddoti,
le storie, le discussioni. Eccoli ancora, corrono sul palco e s’illumina la
festa.
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07 AF
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da ACOLTARE “Dammene ancora” [Universal]
SITO www.sudsoundsystem.eu
ALCUNE DATE
03/07 Rototom sunsplash, Osoppo [Ud]
04/07 Nuvolari, Cuneo
12/07 Stadio Comunale, Cargeghe [Ss]
18/07 Italia Wave, Livorno
19/07 Libra Festival, Sordevolo [Bi]
22/07 Idroscalo, Milano
23/07 Forte Marghera, Mestre [Ve]
24/07 Reggia di Venaria Reale, Torino
26/07 Onde Sonore, Fossacesia [Ch]
31/07 Villa Ada, Roma
14/08 Gusto Dopa, Monteroni [Le]
28/08 Summer End, Cimolais [Pn]
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03 - 15 - 22 luglio / 01 agosto VITO MICCOLIS OSSIGENO BAND
www.forimage.it
Alessio Biancucci
+ GUESTS
OSSIGENO ESTATE
Parco Stura - C.so Giulio Cesare 338/34, Torino
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18 - mondomix.com EUROPa
europa mondomix.com - 19
Da sinistra a destra:
Mariza, Dulce Pontes,
Joana Amendoira,
Mafalda Arnauth
Sulle strade del Fado
Federico Scoppio
Landum, modinha, fofa. Le scuole, gli stili, le epoche, le declinazioni.
Trattare il fado secondo questi criteri vorrebbe dire rinchiuderlo oggi in
un museo. Per carità, un po’ di storia fa sempre comodo. Nella misura
in cui questa venga poi interiorizzata, nei suoi atomi più importanti,
per costruire così la propria strada, la propria espressione artistica. Di
tale sensibilità è certamente dotata Mariza. Proviene dal Mozambico,
è però cresciuta in Portogallo, con il fado nel cuore. Almeno quanto
il gospel. Il suo primo disco di inizio secolo, “Fado em mim” è stato
distribuito in ben trentadue paesi. In poco tempo ha conquistato un
po’ tutti. Una carrellata di premi e qualche disco – in mezzo anche tanti
live, come quello recentemente pubblicato in cd e dvd “Concerto em
Lisboa” - l’hanno portata in giro per il mondo. Ora torna con questo
“Terra”, ancora per la Emi. “Negli ultimi sette anni ho viaggiato molto,
ed ho avuto l’opportunità di incontrare gente e culture differenti. Ho
guardato e ascoltato, così ho imparato molto. Questo è il mio momento, per dimostrare i miei progressi come cantante e come essere
umano. “Terra” proviene dalla sensazione di stare con i piedi a terra, ma
anche di registrare qualcosa come fosse un lungo viaggio”. Alle chitarre c’è Dominic Miller, fido collaboratore di Sting, al pianoforte si sono
alternati tre brasiliani: Ivan Lins, Chucho Valdês e Ivan Melon Lewis e
poi il percussionista, molto caro a Paco De Lucia, Piraña. Echi di morna
e flamenco, nell’interpretazione del nuovo fado. Disco a parte, Mariza
può raccontare il suo tragitto, fatto di culto del passato e rinnovamento
estetico. I suoi fuochi e gli incroci del canto portoghese.
Facciamo un salto nel passato. Ricorda quando ha incontrato il
fado?
Sono nata in Mozambico ma vivo in Portogallo fin da quando ero bambina. Ho passato i primi anni a Lisbona nel quartiere di Mouraria, una
zona ricca di echi tradizionali nella quale secondo alcune tesi di musicologia sembra abbia preso piede il fado nel diciannovesimo secolo.
Ho iniziato a cantare a cinque anni, naturalmente mi esprimevo con
una calligrafia molto vicina al fado. In seguito ho avuto anche esperienze nel soul e nel jazz. Per un periodo sono impazzita di amore per
la bossa nova, ho viaggiato per andare in Brasile e studiarne l’estetica
nella terra dove si è sviluppata.
La sua è una particolare declinazione del fado. Può spiegarla
meglio?
Vorrei dimostrare che il fado può avere un’evoluzione, proprio come
ogni altra cosa, lo considero una forma di espressione dinamica. Bisogna creare un processo che sia in grado di combinare il tradizionale e il
moderno. Ad esempio non mi interessa recuperare gli abiti tradizionali,
nessuno ha mai detto che bisogna indossare abiti scuri e portarsi dentro una tristezza ereditata da non si sa bene chi. Sarebbe il modo migliore per allontanare le giovani generazioni e dunque un procedimento
per affossare un tale patrimonio culturale. Detto ciò capisco che per
interpretare per bene il fado bisogna pur toccare delle corde di malinconia, ma non di tristezza, il concetto è molto differente.
La ricerca musicale va di pari passo con quella dei testi. Quanto è
importante ricercare il giusto linguaggio?
In prima battuta rispetto la lingua portoghese, poiché la sento familiare
e piena di emozioni. Parlare e cantare in portoghese dà emozioni diverse rispetto a un’altra lingua. E poi sono sempre stata più preoccupata
della cultura del mio paese, dei suoi poeti e delle sue tradizioni di quello
che potrebbe apparire ascoltando la musica che interpreto. La mia lingua è poetica, mi piace perché razionale.
Che ruolo ha svolto Amália Rodrigues nella sua crescita culturale?
Fa parte della storia, è stata la diva. è l’immagine più precisa e colorata per descrivere il fado: aveva un modo di cantare, di interpretare i
versi molto personale e molto vario, così come la maniera di affrontare
il palco cambiava a seconda degli umori che la situazione evocava.
Bisogna capire che quando si parla del fado si parla del cuore di un
popolo, della sua anima.
Altre facce
Al contrario, Mafalda Arnauth, considerata la diva del futuro, è più rude.
Quando la felicità continua a non essere cercata secondo modelli social- “Diario” [Magic music] è il suo quinto album, in lei quella gran tristezza
mente condivisi di bellezza e di accettabilità. Quando si va dal malinco- che già si percepisce dalla prima intonazione di ugola delle altre colleghe
nico all’accorato, ispirandosi ai temi della nostalgia, della disperazione,
rimane un’ombra che sempre segnerà i suoi occhi. Chitarra classica,
di amore e morte. E si polarizzano le platee di mezzo mondo, soli della chitarra portoghese e basso acustico, il baixo, la accompagnano. Non
propria voce e dell’accompagnamento semplice di pochi strumenti a
veste gli abiti della tradizione, mischia folclore e poesia, adopera i classici
corda. Allora si, è fado. Amália Rodrigues, che del canto portoghese è tempi binari ma si lascia convincere anche da quelli dispari. D’altronstata la sovrana, tracciava di sé un autoritratto da antidiva: “Sono nata
de nessuno ha mai detto che bisogna indossare abiti scuri e portarsi
così, alta un metro e cinquantotto, né brutta né bella, un tipo così così, dentro una tristezza ereditata. Sarebbe il modo migliore per allontanare
con questo modo di essere triste, senza speranza e solitaria, come il
le giovani generazioni e dunque un procedimento per affossare un tale
fado”. Partorito nella delinquenza dei porti e nei vicoli di Lisbona, tra patrimonio culturale, e la Arnauth ne è pienamente consapevole. Ogni
prostituzione e marinai all’inizio dell’800, il fado,
singolo pezzo diventa, per la storia che raccondeclinato in procedimenti interculturali, ha ragta, un piccolo mondo di simboli e significati.
giunto il massimo splendore sotto la dittatura
Inventa geometrie e progetta labirinti fiabeschi,
di Salazar, non a caso. E, sempre non a caso,
certo le influenze del pop si sentono, ma non
da qualche anno è tornato a risplendere. Dai
Strano ma vero, il mudisturbano affatto. Dal vivo balla flessuosa nei
Madredeus a Mísia, da Cristina Branco a Joasicista di origini libanesi
suoi abiti succinti. Movenze arcaiche, automana Amendoeira. In mezzo c’è Dulce Pontes, in
Rabih Abou-Khalil uscitismi da stella del rock. Vuole che il pubblico la
Italia tutti la conoscono per le partecipazioni ai
rà a breve, sempre per Enja, con un diricordi. Che percepisca e riconosca il suo canto
progetti di Ennio Morricone. Ma lei è un’intersco sulla canzone portoghese, “Em pormelodioso e nervoso.
prete della tradizione fadista, pur non essentoguês”. Al suo fianco ci sarà Luciano
Radici nella tradizione e sguardo volto al futuro
do mai pienamente stata riconosciuta come
Biondini all’accordéon, Michel Godard
anche il nuovo astro emergente Joana Amenl’icona del fado più ortodosso. Al punto da
alla tuba, Jarrod Cagwin alla batteria,
doeira, classe ’82, talento cristallino, storia artiincidere ancora per la piccola etichetta Ondeia
ma soprattutto il giovane interprete di
stica di quelle che pesano. Amata tanto dai fadiin ultimo un doppio cd con dvd che solo da
fado, proveniente da Lisbona, Ricardo
sti puri che dal grande pubblico la ventiseienne
poco è distribuito in Italia, “El corazón tiene tres
Ribeiro. “Quando arrivai in Germania
lusitana incanta: voce lavata, musica materiale,
puertas”. Tutto dal vivo, non c’è una canzone
avevo un’impostazione molto vicina alle
che vive di presenza, odi e affetti concreti, immesuperflua, per non dire trascurata. Non una
mie tradizione, specie nel suonare l’oud
diati. I suoi lunghi tour, la partecipazione ai più
nota fuori posto, un’intonazione scomposta,
- ha dichiarato l’oudista - così decisi
importanti festival internazionali l’hanno resa una
una sillaba immotivata. Così bello da sembrare
di cercare un’intersezione”. La ricerca
celebrità oltre i confini della sua terra. La nuova
artefatto, così soave - vedere il dvd per credere
continua…
stagione del fado è aperta, ed il testamento di
- da parere posticcio.
Amlia Rodrigues è in buone mani.
rabih Abou-Khalil
Em portoguês
20
La bustina di Cachaça
di
europa mondomix.com - 21
alberto riva da rio de janeiro
BOLLANI
CARIOCA
Il pernambucano Nelson Rodrigues, uno dei
maggiori scrittori brasiliani, anzi: forse il
più grande insieme al baiano Jorge Amado e
al gaucho érico VerÍssimo, diede il meglio di
sé nelle cronache calcistiche. Esagero: ci
sono pagine di commovente bellezza anche
nei racconti, nel teatro e pure nei
taccuini autobiografici.
Voi vi chiederete: perché questo
qui inizia a parlare di Stefano Bollani partendo da un [per altro da
noi ignoto] scrittore brasiliano?
Domanda legittima, e spiego: per il
semplice fatto che leggendo alcune pagine straordinarie di Nelson
Rodrigues il pensiero è andato
dritto a Bollani. Meglio: una pagina
precisa. Quella in cui Rodrigues
dipinge, come fosse Goya di fronte a una battaglia, il confronto tra
Russia e Brasile nel mondiale del
1958.
In poche parole Rodrigues registrava lo stupore, la sorpresa ai
limiti dell’incredulità della difesa
russa davanti ai dribbling di Garrincha. Scriveva Nelson: “Non si è
mai vista una cosa del genere, una
partita di questo livello cominciare
con una danza: sì, una danza!”.
Bene: arriviamo a Bollani. La scena si svolge dentro uno dei più
moderni studi di registrazione di
Rio de Janeiro verso la fine dell’ottobre 2006.
I musicisti brasiliani invitati a registrare il suo “Carioca” devono aver
pensato la stessa cosa dei russi:
“Non si è mai vista una cosa del
genere!”.
E in effetti, nello studio, Bollani danzava. Tutte le volte che un
pezzo veniva inciso e i musicisti
tornavano dietro la consolle per
riascoltarlo, invece della consueta atmosfera di religioso silenzio,
Marco Pereira, Jorge Helder,
Marçalzinho, Jurim Moreira e Zé
Nogueira si trovavano di fronte a
questo italiano che si metteva a
danzare, e ripeto: a danzare!
La memoria forse m’inganna, ma
durante il riascolto di Tico Tico
no Fubà, celebre “choro” firmato da Zequinha de Abreu, Jorge
Helder non ha resistito, ha preso
il cellulare e ha fatto il numero di
Jaques Morelenbaum. Quando il
famoso violoncellista ha risposto,
il bassista - che normalmente si
distingue per la pacatezza - ha
urlato: “Jaquinho! [diminutivo è
d’obbligo], ascolta qua, ascolta
qua, non è possibile! Questo tizio
è italiano!”.
Bollani aveva insistito per incidere
Tico Tico, che l’immaginario musicale dei jazzofili associa ai Caraibi,
a Chano Pozo e a Charlie Parker.
La verità è più cruda: si tratta di
uno choro, la musica strumentale
di Rio, nata nell’Ottocento dal matrimonio tra danze e ritmi africani
e musiche coloniali, importate,
come polka e valzer. Lo choro è
uno dei parenti più prossimi del
samba: entrambe sono la spina
dorsale sonora di Rio de Janeiro.
Zé Nogueira e io abbiamo fatto
uno smorfia davanti a quell’unica
richiesta di Bollani: ”Ma come, ancora Tico Tico?”. Stefano non ha
perso l’aplomb: “Ma io avrei un
arrangiamento...”.
E a essere onesti, quella era l’unica partitura con la quale Bollani era
atterrato a Rio, un sabato all’alba,
insieme a Nico Gori e Mirko Guerrini. Durante il fine settimana, con
l’ausilio di una tastiera casalinga,
ha scelto la scaletta e assaggiato
alcune musiche. Marco Pereira si
è unito nel pomeriggio, accompa-
gnato dalla sua superba chitarra.
A lui si deve, per esempio, la scelta di Luz negra, vecchio “sambacançao” di Nelson Cavaquinho,
che poi ha aperto il cd. La domenica il programma è stato definito:
sul tavolo dove avevamo bevuto
il caffé Stefano e Mirko [Nico si è
aggiunto più tardi, ma sul divano]
hanno scritto le parti per i brasiliani. Il tempo sembrava poco: lunedì
cominciava l’incisione.
Fatte le presentazioni, fotocopiate
le parti, al mixer Duda Mello era
pronto a registrare. Non ricordo
se Tico Tico è stata la prima, in
ogni caso per tutti rappresentava
un’incognita: l’attesa era come un
enorme respiro trattenuto. Quando Bollani ha attaccato con l’introduzione [la sentite nella traccia
12] abbiamo capito: e mi spingo
più in là, io ho capito che c’era un
universo di Bollani al quale nessuno aveva accesso. Il suo modo di
organizzare la musica. Dentro, e
fuori di sé.
Il ghiaccio era rotto: i brasiliani,
ognuno un fuoriclasse del suo
strumento, lo hanno seguito e lo
hanno stimolato lungo il repertorio,
bellissimi choros e samba vecchi e
nuovi, da Pixinguinha a Jocob do
Bandolim, da Zé Keti a Batatinha,
da Chico Buarque a Edu Lobo.
Nell’insieme un’opera collettiva,
fatta di invenzioni e scelte estemporanee. Spesso dettate dal momento. Una cosa però era chiara
a tutti: Bollani danzava. Gli altri, noi
tutti, seduti: e lui sempre in piedi,
danzando.
da ASCOLTARE “Bollani Carioca” [Universal]
SITO www.stefanobollani.com
ALCUNE DATE
12/7 Bollani Carioca + Caetano Veloso - Umbria Jazz, Perugia
15/7 Bollani Carioca + Caetano Veloso - Anfiteatro Romano, Cagliari
16/7 Reggia di Venaria Reale, Torino
17/7 Scuderie di Villa Spalletti, Casalgrande [Re]
18/7 Villa Celimontana, Roma
19/7 Castelbasso [Te]
28/7 Fano Jazz by the sea
29/7 Udine Jazz
Acquaragia
espresso
Guido Gaito
Ancora sangue zingaro nelle loro vene. Sono giunti al terzo album
gli Acquaragia Drom, una delle maggiori formazioni di riferimento
della musica popolare italiana. “Rom Caffè” si riannoda come sempre
alla tradizione musicale rom italiana e scava nell’Europa dell’est. Però
questa volta c’è una grande novità: la partecipazione di Eugene Hutz,
bizzarro e stravagante leader dei Gogol Bordello. Lavoro complesso
e variegato, qui raccontato da Erasmo Treglia.
Si dice che il terzo album sia quello della maturità. Sono passati
tredici anni dal vostro primo lavoro, come vi sentite?
Ogni disco è quello della maturità. Siamo un gruppo che arriva a produrre dopo tanti percorsi, il repertorio è effettivamente il frutto di sei,
sette anni di concerti, viaggi e incontri vari. “Rom Caffè” esce in un
periodo molto particolare perché le scelte fatte rappresentano un po’
tutte le riflessioni sul nostro stile di questi ultimi anni.
Negli spettacoli date molta importanza all’improvvisazione, sia
musicale che scenica. In studio di registrazione avete seguito la
stessa filosofia?
Certamente, sì. Anche se un’idea del repertorio che va sul disco ovviamente già c’è; poi lo studio diventa un ulteriore luogo dove costruire, creare. Abbiamo registrato dodici brani e poi, dopo qualche mese,
abbiamo sostituito sei brani con dei nuovi composti in studio. È stata
sempre la caratteristica dei nostri lavori.
Parliamo dell’intervento di Eugene Hutz. Ci racconta com’è nata
questa collaborazione?
Ci conosciamo da diversi anni e abbiamo fatto vari concerti insieme ai
Gogol Bordello. Un giorno ha espresso il desiderio di voler cantare dei
brani in un nostro disco. Uno c’era già in testa ed era Mafia, scritto
appositamente per lui e che canta in duetto con il nostro Elia Ciricillo.
Gli altri due, 24.000 baci e Amare Give sono stati scelti nei giorni romani che abbiamo passato con lui in studio. Può sembrare strano ma
pur conoscendo a memoria tutto il repertorio di Celentano, Eugene
non conosceva 24.000 baci! Adesso se ne è innamorato e ha deciso
di inserirlo nei suoi concerti.
Ci sono inoltre i lautari del Taraf da Metropolitana, che sono considerati da molti come dei musicisti superiori per tecnica e sensibilità musicale. Lei è della stessa opinione?
Non è che tutti i neri sappiano cantare il blues e che tutti gli zingari
siano bravi musicisti. Più che una qualità innata in alcuni di questi musicisti c’è una grandissima pratica grazie alla quale si riesce a suonare
generi diversi, a conoscere a menadito i repertori, ad improvvisare
melodie e a seguire armonie con una tecnica e una capacità di improvvisazione molto elevata.
Tre album, centinaia di spettacoli in Italia e all’estero, lei cura
anche un’etichetta discografica, Finisterre. Come riesce a conciliare tutti questi impegni?
Facendo un po’ di salti mortali e avvalendomi di vari collaboratori; non
è che tutto deve necessariamente passare attraverso il mio filtro. è
difficile seguire tante cose, ma allo stesso tempo ti permette anche di
fare delle sintesi che poi diventano dei progetti interessanti.
Da anni siete tra gli ospiti più frequenti nei principali festival nazionali e internazionali. Avverte una differenza tra il pubblico italiano e quello straniero che viene a seguire i vostri concerti?
C’è anche una differenza tra il pubblico di città e quello di provincia.
La città fa più selezione mentre la provincia mette insieme sulle stesse
sedie le famiglie, i ragazzi e i curiosi che si avvicinano a un concerto.
Il nostro stile è abbastanza alla portata di tutti. C’è sempre un’interazione con il pubblico. In qualche maniera siamo noi a governare la
piazza, cerchiamo sempre di portare quel tocco ironico che favorisce
la partecipazione del pubblico. All’estero, per esempio, restano molto
colpiti dal nostro vocabolario astruso. Dal palco, infatti, parliamo volutamente un inglese imperfetto, maccheronico.
Questo ultimo disco esce in un periodo in cui i rom sono su tutti
i giornali e non certo per la loro musica. Gli Acquaragia Drom
sono anche dei portavoce di questa cultura. A questo interesse
artistico corrisponde nella vita anche un impegno sociale?
Nel nostro piccolo continuiamo nella promozione di queste realtà.
Quello che cerchiamo di fare è informazione per quello che ci è possibile, da un palco o da un’intervista, crediamo fortemente che soltanto una maggiore conoscenza permette di trovare soluzioni ad alcuni
problemi che ci sono e ad altri che invece non sono reali.
da ASCOLTARE “Rom Cafè” [Finisterre/Felmay]
SITO www.acquaragiadrom.it
ALCUNE DATE
2-3-4-5-6/7 Antwerpen Music on Squares, Anversa [Belgio]
08/7 Capodistria [Slovenia]
09/7 Folkest. Tarvesio [Pn]
10/7 Muggiò [Mi]
12/7 Raanana [Israele]
17/7 Lajes do Pico [Azzorre-Portogallo]
19/7 Cadiz [Spagna]
08/8 Rovereto [Tn]
16/8 Sziget Festival, Budapest [Ungheria]
22 - mondomix.com EUROPa
normale che ci si metta insieme. È il riflesso della società, perché i migranti
Il mondo
intero
di Daniele Sepe
Andrea Scaccia
I dischi di Daniele Sepe sono come il gioco delle tre carte, sotto non c’è
mai quello che uno si aspetta. Ma senza trucco o inganno, perché dietro
la forma che cambia c’è sempre lui, libero e rivoluzionario come pochi altri.
Dopo “Kronomakia” torna con “Nostra patria mundo intero” [Edel] in cui il
sassofonista partenopeo incrocia i suoi suoni con un organico di diciotto
elementi [più o meno] provenienti da ogni angolo del mondo.
Come nasce Brigada Internazionale?
Lo scopo è quello d’essere felice facendo musica, come al solito. Qualche
tempo fa il teatro Trianon aveva presentato un progetto alla regione per un
laboratorio di musicisti migranti chiamando me ad organizzarlo. Abbiamo
fatto delle audizioni, ma in realtà moltissimi di quei musicisti già li conoscevo. Dopo questo laboratorio di un mese, finalizzato ad un concerto che è
stato fatto, abbiamo deciso di andare avanti autonomamente, ed abbiamo allargato l’organico, fatto un po’ di concerti e, convinti che il materiale
fosse interessante, abbiamo registrato il disco. Ora siamo tra i sedici e i
diciotto musicisti, dipende.
Stiamo assistendo alla nascita di molte orchestre multietniche. Alcuni associano il fenomeno ad una moda passeggera; più oggettivamente non ritiene che sia lo specchio di una società che sta cambiando?
Gente come me, Riccardo Tesi o Luigi Cinque, ha sempre cercato di unire
la tradizione a cose che venivano da molto lontano. Credo che la differenza da quando ero giovane è che qui a Napoli non c’era nessuno che
suonava la tarabuka, o la kena. Oggi qui vive gente di tutto il mondo, ed è
sono una parte importante proporzionalmente alla nostra popolazione.
Con un organico così ampio è complicato organizzare la musica?
Un po’ faccio io da comandante: ad un certo punto mi tocca fare il commissario politico e decidere come si deve fare, perchè altrimenti non se
ne esce. È chiaro però che ognuno di loro ha una cultura e una sapienza
che io non conosco. Se bisogna fare una ritmica brasiliana ovviamente
ci sono tre musicisti, tra cui un maestro di capoeira, che sanno meglio di
me cosa fare, quali strumenti usare e come farlo. Io semplicemente cerco
di organizzare l’apporto di noi italiani per evitare di formulare musica da
cartolina.
Con la Brigada Internazionale ha risolto un problema di cui spesso
parla, quello di essere chiamato nei festival di world dove la sua musica c’entra ben poco.
Ma speriamo prima di tutto che ci chiamino! Mi trovo comunque sempre
un po’ fuori posto. Qualche settimana fa siamo stati in Egitto e ci hanno
presentato come gruppo folk: abbiamo aperto con Campagna di James
Senese e degli Area; e poi quando ci chiamano ai festival jazz e gli facciamo la tammuriata c’è da ridere. In realtà il problema è che io non lo so
che genere faccio, non ho un linguaggio preciso e quindi sto sempre fuori
posto. Il luogo migliore da questo punto di vista è la piazza, dove la gente
che viene non sa neanche chi suona: se gli piace, si diverte.
Attraverso la musica si fa sempre portatore di un messaggio. Crede
che la musica da sola possa condizionare l’animo umano o siano le
azioni e la coerenza che in qualche modo riescano ad influenzare gli
individui?
No, io penso che siano le azioni. È la coerenza di un individuo che può
dare risultati di questo tipo. Il testo di una canzone può far riflettere o far
sorgere delle domande, ma di sicuro non smuove le masse. Nessuna rivoluzione si è mai fatta perché uno ha scritto una bella canzone e nessuna
guerra è stata fermata perché qualcuno ha cantato una canzone per la
pace.
Sa che è veramente fortunato? Ha un pubblico molto ricettivo e, nonostante lei li spiazzi continuamente, sempre pronto a seguire ogni
suo nuovo percorso.
Sì, è un pubblico militante, ma credo di essermi sempre comportato molto
onestamente con loro. In genere faccio i dischi come quando viene un
amico a trovarmi. Io ho qualcosa come quattordici mila dischi, quindi mi
metto lì e gli faccio ascoltare cose che non potrebbero mai sentire perché non si trovano nei negozi o semplicemente perché non hanno avuto
l’occasione di scoprire. Quando faccio un nuovo lavoro è come se aprissi
casa mia.
Domanda a margine. All’iconografia di Daniele Sepe si lega sempre
una vecchia moto yamaha xt 50 con accensione a pedale. C’e l’ha
ancora?
‘A tengo ancora! Ho una 500 ed ho preso anche la 600, perché pur avendo sempre vent’anni almeno ha il freno a disco! Sempre scassone è!
da ascoltare “Nostra patria mundo intero” [Edel]
Sito www.myspace.com/brigadainternazionale
alcune date
05/08/07 Villa Ada, Roma
14/08/07 Piazza Maggiore, Bologna
24 - mondomix.com asia
asia mondomix.com - 25
Città sonanti
AVVISTAMENTI
Crossing the Turkey
Istanbul
Novità musicali
dalla Turchia
Il trio dell’originale jazzista turca Ayse Tutuncu,
che suonerà al Padova Jazz festival in Novembre,
colto in uno dei locali vicino a Istiklal
testo e foto di Francesco Martinelli da Istanbul
“Ascolto Istanbul, ad occhi chiusi
Un vecchio mondo dalla testa ubriaca
Un palazzo sul mare con una buia entrata per le barche
Dove cessa il mormorio del vento del Sud
Ascolto Istanbul, ad occhi chiusi”
Così scriveva il grande poeta e famoso bevitore Orhan Veli pensando
alle onde e ai gabbiani del ponte di Galata. Oggi allo stesso punto
sentirebbe il rombo del traffico e l’urlo delle sirene. Il luogo comune
vuole che Istanbul sia una città senza tempo, e come tutti i luoghi comuni contiene una verità: la città è però anche teatro di drammatici,
epocali cambiamenti. Negli ultimi cinque decenni la sua popolazione
si è decuplicata; l’immigrazione dall’Anatolia e l’esodo delle minoranze
hanno trasformato la straordinaria metropoli cosmopolita che Napoleone pensava capitale del mondo in una città quasi totalmente turca.
La presenza delle tradizioni musicali, linguistiche e materiali delle comunità greca, armena ed ebrea è ridotta al minimo, e il “risanamento”
di Sulukule, il più antico insediamento Rom al mondo, interromperà la
continuità di una tradizione che ha segnato la vita musicale cittadina
dai tempi di Bisanzio.
Uno dei fascini più profondi della città resta la possibilità di girare un
angolo, entrare in un cortile e trovarsi in una chiesa in cui si celebra in
aramaico, in una moschea in cui la tradizione mistica non si è mai interrotta, o in un club dove giovani musicisti sperimentano con l’elettronica
come i loro coetanei di Londra e Rio incorporando materiali antichi, ma
bisogna scavare sotto lo spesso strato di attrazioni turistiche, di emozioni a basso costo e di locali in cui una club culture omogeneizzata è
venduta come a Ibiza o Mykonos.
Alla prima visita bisogna confrontarsi con i monumenti di Sultanahmet:
Santa Sofia e la Moschea Blu, la bellezza mozzafiato dei giardini del
Topkapi che si protendono verso il Bosforo sulla Punta del Serraglio,
lo sguardo d’insieme che si gode dalla Torre di Galata, la teoria infinita
di negozi del “Gran Bazaar” [che gli istanbulioti chiamano più elegantemente “mercato coperto”] ahimè sempre più pieni di “souvenir”: Istanbul riceve ancora pochi turisti rispetto all’importanza dei suoi monumenti, ma il modo in cui far crescere questa attività senza trasformare
la città in una disneyland orientalista è ancora tutto da trovare.
Il visitatore curioso può oggi avvicinare la cultura turca per capirne la
complessa miscela di antiche radici e proiezioni futuriste grazie all’apertura di tre strutture che permettono di visitare aree fuori dal circuito
turistico: Istanbul Modern a Karaköy, il Museo Sabanci a Emirgan, e il
Museo di Pera. Il primo ha una straordinaria collezione di arte moderna turca, una grande biblioteca, interessanti mostre fotografiche e un
frequentatissimo caffè da cui si gode la vista del Topkapi e della parte
asiatica della città. Il secondo, che si visita con una escursione in bus di
un’oretta lungo il Bosforo, affianca la più grande collezione di calligrafia
islamica ottomana a esposizioni monografiche; l’ultimo, a Tepebaşi, a
due passi dall’arteria che fu la Grande Rue de Pera in cui si trovavano
le ambasciate degli ultimi decenni dell’impero, contiene una galleria di
ritratti ottomani tra cui il celeberrimo Ammaestratore di Tartarughe di
Hamdi Osman Bey, e ospita mostre di arte contemporanea.
Nella parte monumentale della città avvengono con regolarità pochi
eventi di interesse musicale: qualche concerto nell’acustica risonante
della Basilica Sotterranea [Yerebatan Sarnici] e l’esibizione dei Dervisci
Rotanti nella stazione ferroviaria di Sirkeci, il terminal dell’Orient Express.
Gruppi di “dervisci” sono spuntati in tutta Istanbul a causa anche delle
celebrazioni dell’800mo anniversario della nascita di Rumi, il mistico fondatore dei Mevlevi; i conventi sono stati chiusi circa ottanta anni fa, e i
“dervisci” sono in genere dei giovani atleti accompagnati da gruppi musicali che eseguono le composizioni del repertorio mevlevi, spesso la parte
più interessante di uno spettacolo i cui collegamenti
con una reale tradizione sono assai tenui.
Per trovare musica bisogna esplorare Beyoğlu,
l’area a nord del Corno d’Oro, che va dalla piazzetta del Tunel, in cui sbocca la cremagliera che
sale da Galata, attraverso il boulevard pedonale
Istiklal Caddesi fino alla spianata di Taksim con la
fermata della metro e la stazione degli autobus.
Intorno a Taksim ci sono tre sale da concerto i
cui programmi val la pena di controllare: il Centro
Culturale Ataturk o AKM, l’auditorium Cemal Resit
Rey o CRR e il Lutfi Kirdar. Nel quartiere ci sono
anche centinaia di club in cui spesso si esegue il
folk con strumenti elettrificati: sono i turku bar. Il Jazz Café è uno dei
locali più interessanti, ma se uno è fortunato può trovare nel bar di
fronte la magnetica voce folk di Gulay. Sulla piazzetta del Tunel c’è uno
dei negozi di dischi più informati e forniti della città, il Lale Plak, ottimo
per i cd della Kalan, etichetta pioneristica le cui produzioni sia contemporanee sia d’archivio raramente deludono. Di fronte, al Badehane, un
bar che estende all’aperto i suoi piccoli tavoli e le sue sedie scompagnate, suona una volta la settimana lo straordinario clarinettista Selim
Sesler, da vedere in Crossing the Bridge, il documentario sulla musica
a Istanbul. Il Babylon su Asmali Mescit, a pochi passi, ha impresso
una svolta alla vita dell’area, oggi sempre più elegante; il programma
è ricco di nomi internazionali da Talvin Singh a Dhafer Youssef insieme
ai progetti dei musicisti Doublemoon, da Burhan Oçal al Taksim trio. Ai
piedi della torre di Galata c’è il jazz club Nardis, gradevole al di fuori dei
weekend, in cui si possono ascoltare Onder Focan con il suo jazz dalle
inflessioni turche e Okay Temiz, che suonava world music prima che il
genere avesse un nome commerciale.
Il lato asiatico di Istanbul ha alcune delle più belle moschee imperiali
Dem Trio “The Fountain” Felmay. Tre grandi
personalità alle prese con un sincretismo
mistico tra la musica di origine tradizionale
dell’Anatolia e la scena colta ottomana.
Taksim Trio “Taksim Trio” Doublemoon.
Düdük armeno, kanun e bağlama impegnati a descrivere la trasformazione del
gusto. La ricchezza delle proprie origini e
il trionfo dell’interplay cosmico.
BaBa ZuLa “Roots” Doublemoon. Fusione creativa di ritmi e sonorità reggae e
tradizione orientale. Oriental dub di primo
livello.
Mercan Dede “800” Doublemoon. Linguaggio trans-generale, troppo spesso
superficialmente assemblato. Stile techno-sufi in onore del cantore sufi Mevlana
Jalaluddin Rumi.
Federico Scoppio
nei più tranquilli sobborghi, ed è ideale per
una visita breve ma assai ricca. Un “autobus
del mare” da Eminonu o da Karaköy porta a
Kadiköy. Dopo aver ammirato l’esterno della stazione ferroviaria di Haydar Paşa, luogo
topico dell’arrivo degli immigranti e quindi
di molti video musicali di arabesk, il genere
orientaleggiante ricco di archi, synth e testi
lacrimosi che ha fatto furore negli anni Ottanta grazie a Orhan Gencebay,
Müslüm Gurses e al controverso Ibrahim Tatlises, si arriva a Kadiköy
dove c’è un bel mercato all’aperto con molti negozi di dischi e libri vecchi
in cui rovistare, e un ristorante come Ciya con una sorta di slow food
anatolico. Per chiudere c’è un posto ancora da scoprire come il Gitar
Café, in cui suonano gruppi folk del Mar Nero e i gruppi del percussionista israeliano Yinon Muallem, ormai istanbuliota. L’ultimo ferry è alle
undici, ma se tirate tardi l’onnipresente dolmuş o taxi collettivo è lì per
tornare a Taksim attraversando il primo ponte sul Bosforo con la sua
illuminazione un po’ dozzinale.
I festival musicali estivi spesso presentano concerti a S. Irene all’interno
del Topkapi: è l’unica possibilità di visitare la più antica chiesa della città,
magari ascoltando l’ultimo progetto di Kudsi Erguner. Popolari gruppi
folk e le stelle del pop turco si esibiscono nei teatri all’aperto ad Harbiye,
Kuruçesme, Rumeli Hisar: cercate Erkan Oğur, Arif Sağ, Kardeş Türküler, e i nuovi Gayda Istanbul. Un loro concerto, come uno di di Sertab
Erener, Candan Erçetin e soprattutto Sezen Aksu nella notte di Istanbul,
trasportati da migliaia di voci all’unisono, è un’esperienza memorabile.
FELMAYTRADIZIONE&INNOVAZIONE
26 - mondomix.com asia
La voce
del Tibet
Yunghchen Lhamo confida nel ruolo
sociale della cultura musicale
Silvia Calamandrei analizza
una complessa situazione diplomatica
Alessio Biancucci
Mentre scappava a piedi dal Tibet per sottrarsi alla repressione del
regime cinese, Yungchen Lhamo non sapeva che qualche anno dopo
avrebbe collaborato con artisti come Peter Gabriel, Michael Stipe, Annie Lannox. Dalla fabbrica tessile dove cuciva tappeti all’età di cinque
anni, alla benedizione del Dalai Lama che la esortò a portare in Occidente la cultura musicale tibetana. Ecco che la fuga di un’esule diventa
il viaggio di un’artista. Le sue esibizioni a cappella hanno toccato finora
settanta paesi in tutto il mondo, mentre album come “Tibet, Tibet” e
“Coming Home” hanno ottenuto l’encomio della critica internazionale.
Songlines, ad esempio, ha acclamato “la bellezza e la potenza comunicativa di una voce sublime”. Per chi crede che nel nome ci sia il
destino, sarà interessante sapere che Yungchen significa “divinità della
melodia e del canto”.
www.felmay.it
FELMAY
Ora la Lhamo vive a New York, dove sta lavorando al suo quarto disco.
Ma dal suo osservatorio privilegiato sta ovviamente seguendo anche
le vicende dolorose che hanno nuovamente infiammato le tensioni in
Tibet.
“I tibetani - dichiara Yungchen Lhamo a Mondomix - non hanno nulla contro il popolo cinese o contro le Olimpiadi di Pechino: le nostre
proteste, siano esse in Tibet o nel resto del mondo, sono contro
le repressioni militari che il governo cinese perpetra ai danni dei
tibetani da ormai mezzo secolo”. Ricorda che la fiaccola olimpica
rappresenta nel mondo la pace, la libertà e l’armonia, ma evidenzia
come la leadership cinese abbia tradito questi valori sia in Tibet, sia
nella stessa Cina.
“La Cina si sta comportando proprio come Hitler che nel 1936 utilizzò
la fiaccola olimpica per scopi propagandistici: i cittadini cinesi meritano i giochi olimpici, ma non il loro governo che ha sparato ai tibetani
innocenti a Lhasa”. La determinazione dell’invettiva non scompone la
sensibilità spirituale: “Il popolo cinese dovrebbe sostenere la causa
tibetana, opporsi al governo di Pechino e spingere affinché si possano risolvere pacificamente le tensioni sino-tibetane: se si avvicina il
dialogo con il Dalai Lama possiamo goderci tutti insieme le Olimpiadi,
nell’amicizia tra cinesi e tibetani”.
Yungchen è convinta che la musica sia uno dei mezzi più vigorosi per
ispirare e promuovere la giustizia, la pace e l’amicizia nel mondo: “I
musicisti non sono politici ma possono unire popoli diversi attorno
ad una buona causa”. Del resto, con la sua placida voce, sottolinea
come si possano trovare temi comuni nei linguaggi musicali di Cina
e Tibet: l’amore per il proprio paese, la propria gente, il proprio stile
di vita, ad esempio. “Detto questo - conclude - credo che la musica
tibetana sia decisamente molto spirituale e pacifista”.
Parte da questo aspetto anche l’analisi della sinologa Silvia Calamandrei: “I cinesi non si capacitano della popolarità new age che
accompagna il messaggio spirituale del Tibet. Forse, sulle proposte
del Dalai Lama, il dialogo sarebbe possibile, ma non va sottovalutato
il consenso nazionalistico che si è alimentato in Cina di fronte alle
contestazioni lungo il percorso della fiaccola, avvertite come insulti
alla nazione”.
Avendo lavorato per l’Unione europea, la Calamandrei conosce le
tecniche diplomatiche e non elude il ruolo del Vaticano: “Pechino
preferisce riavvicinarsi al papa piuttosto che al Dalai Lama perché
il regime cinese è attento al ruolo stabilizzatore che può esercitare la religione nella costruzione della società dell’armonia: ciò che
lo preoccupa è la valenza indipendentista e disgregatrice dell’unità
nazionale che può assumere nella situazione tibetana”.
In una vicenda così drammatica che si trascina dal 1959, è fondamentale il confronto culturale, sia tra tibetani e cinesi, sia tra cinesi e
resto del mondo. “Bisognerebbe però cercare di entrare nella testa
dell’altro”, suggerisce la Calamandrei, citando il recente libro inglese
Che cosa pensa la Cina? che invita gli occidentali a confrontarsi con
le correnti del pensiero cinese. “Noi crediamo che sviluppandosi la
Cina debba avvicinarsi alla visione occidentale, mentre loro si stanno
preparando a gestire il declino dell’occidente: l’agenda della globalizzazione comincia ad essere dettata anche da questa terza grande
potenza, mentre Europa ed America credevano di poter proiettare il
proprio film su uno schermo bianco”.
Faraualla
Sospiro
Acquaragia Drom
Rom Kaffe
Il nuovo CD del bravissimo
gruppo vocale pugliese.
Leggero come un sospiro.
Musica rom, sinti e
manouche all’italiana!
Gli irresistibili Acquaragia,
con Eugene Hutz dei Gogol
Bordello, il Taraf da
Metropulitana e altri amici.
Ipercussonici
Tuttipari
Pablo Ziegler,
Quique Sinesi,
Walter Castro
Buenos Aires Report
Bordoni, poliritmie africane
e marranzano elettrico
dalla Sicilia.
Canzoni che si fanno
ascoltare, musica che
impatta sul corpo e lo fa
ballare.
Mamadou Diabate
Shujaat Husain Khan
Lalgudi GJR Krishnan
Strings Tradition
Il magico incontro
fra la cultura Griot
(Mali), Hindustani
(Nord India) e
Carnatica (Sud India)
felmay
EGEA
distributore esclusivo
per l’Italia
La stagione più creativa
e rivoluzionaria di Piazzolla
rivive nel gruppo del
suo pianista
DEM Trio
The Fountain
Fra tradizione
classica
e musica popolare,
sofisticato e
affascinante
Tango Negro Trio
La Vuelta del Malon
Flavio Sala / Juan Lorenzo
Encuentro
Il nuovo capitolo della storia
del tango scritta da questo
importante trio
Un atipico incontro fra la
tradizione chitarristica classica
e quella flamenca
Gruppo Spontaneo
Trallalero
Vagabondo
Napoli MandolinOrchestra
Mandolini all’Opera
Un nuovo repertorio per il
trallalero genovese.
Tra Gorni Kramer e
Celentano.
Un dovuto omaggio ad
alcune arie dell’Opera
italiana dell’800 riscritte per
orchestra di mandolini.
Sorprendente
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Sospiri
Faraualla
Federico Scoppio
Le quote d’azione sono multiformi e non tutte facili da penetrare; le zone
d’ombra potrebbero nascondere altre storie. è questa l’anima del terzo
lavoro delle Faraualla, gruppo vocale in piedi dal 1995 , “Sospiro” per
la Felmay. Quando si seziona la voce, affiancandone ben quattro dalla
grana differente, si dimostra d’essere artiste fuori dai tempi e dagli schemi. “Il nostro è un lavoro di ricerca sulle possibilità espressive delle voci
e delle percussioni, unito a quello sulle tradizioni popolari. Lo spirito è
quello dell’approfondimento. La curiosità come spinta fondamentale per
la conoscenza e poi lo studio, la pratica musicale e la lettura”. Poche le
tappe discografiche delle Faraualla, ma ognuna ha una propria storia,
con una propria unicità: “a differenza dei precedenti lavori qui le voci rappresentano un corpo unico, viaggiando spesso omoritmiche e puntando
su una grande forza di impatto”.
28 - mondomix.com EUROPa
Un iperboreo paesaggio dell’anima, questa terza produzione in tredici
anni di vita, l’ennesima osservazione sulle possibili applicazioni del canto; qui inteso come mezzo ideale per giungere ad una probabile riflessione sul corpo e sull’anima. Una sorta di teatro, danza, dove gli elementi
su cui si costruisce la performance appartengono all’espressione musicale. “Il nostro rapporto con la tradizione non è di pura riproposizione.
Il nostro lavoro, unitamente ad una ricerca puramente vocale, consiste
nel cercare di darle nuova vita attraverso la nostra sensibilità”. Alcuni dei
brani sono cantati in dialetto pugliese e portano per testo le formule di
guarigione delle donne che esercitavano la cosiddetta medicina popolare. Non è un caso che “Sospiro” si apra con Ci lu patiscisti, in cui si
rievoca l’esorcismo legato al morso della taranta salentina e si declina
attraverso momenti di sperimentazione totale, tra polifonie rinascimentali
e avanguardie. Un tragitto fluttuante, percorso utilizzando una vocalità
femminile fatta di risonanze interiori, di echi melodiosi, di dissonanze,
fonemi, respiri e giochi prevocali. Ma anche un sistema per mettere in
scena una narrazione del mondo bucolico. Alla prosa spicciola del canto
conosciuto oppongono un’improvvisazione a tutto campo basata sulle
infinite possibilità di intersezione tra la voce e il ritmo, qui in rilievo per la
presenza anche di due polistrumentisti che si sovrappongono e alternano [Pippo Ark D’Ambrosio e Cesare Pastanella]. Ma c’è anche un ospite
speciale. “Caparezza, una delle voci più interessanti del panorama attuale italiano. La sua denuncia è di grande ironia e intelligenza. Il suo lavoro
sul suono è sopraffino e lo rende assolutamente inconfondibile. Siamo
sue fan accanite e l’intervento nel nostro disco è strepitoso”.
Recensioni
31
mosi in mezzo mondo, era
malinconiche eppure serene
di una pulizia straordinaria, è
un rinascimento che doveva
chiaro che il collettivo inglese
intonate da Huong Thanh.
incastonata in un tessuto mu-
affrancare i popoli africani dal
sicale acustico, tra le corde di
loro passato coloniale, un so-
nomeno da classifica. Con
chitarra, quelle di violoncello, e
gno oramai malconcio, ma
“The boy bands have won”
i tasti del pianoforte. Canzoni
che ancora non si è spento.
la conferma arriva a carte mi-
ora dolci, ora malinconiche,
schiate. Via la corrente, nien-
per un repertorio quanto mai
ALINE DE LIMA
te elettronica da rave party:
variegato, che spazia da poe-
Açaí
chitarre acustiche, strumenti
sie in musica a temi religiosi,
[Naive/Self]
della tradizione old England
da canti sull’emigrazione a
Nata nel 1978 a Caxias, citta-
e ricercate armonizzazioni
dina sul Rio Itapicuru nel Nord
delle voci. Del trascorso negli
El Hadj N’Diaye
pre dominato dalla sua voce
del Brasile, Aline de Lima oggi
squat di Leeds restano i temi
Géej
profonda, colta nel pieno della
vive a Parigi dopo un periodo
di denuncia sociale, le ta-
[Marabi/Egea]
maturità.
trascorso a Stoccolma, ma ci
glienti riflessioni su temi come
In questo suo terzo lavo-
Toumast
Voix du monde
presenta
fosse tutt’altro che un fe-
“Voix du monde” è una
raccolta di biografie
dedicate alle grandi
S
AGRICANTU
voci della musica world.
Presentazione, attraverso le testimonianze degli
autori dei primi quattro
volumi dedicati a Caetano Veloso, Youssou
N’dour, Cesaria Evora e
Nusrat Fateh Ali Khan
AMSTERDAM
ND
KLEZMER BA
SHANTEL RKESTAR
CLUB O
& BUCOVINA
KOHJrLBaEndRa Osiris
KING
rlone
Ca
of
feat Pr
LENINEm e tour europeo marzo 2009
nuovo albu
A PLANA
LO COR DE L
Andrea Bruno
Giuliomario Rampelli
dolenti storie d’amore, sem-
[A.B.]
Benjamin MiNiMu
difficile da incontrare, ma l’ex redattore
tiene a affermare le proprie ra-
la pena di morte e un’inossi-
ro, il cantante/chitarrista di
Ishumar
traduzione dal francese di Olivia Tanini
capo di Jazz Hot, Gérald Arnaud, ha
dici: per questo il suo secon-
dabile passione per le forme
Casamance,
[Real World Records/Egea]
frequentato l’artista fin dai suoi inizi.
do disco dopo “Arrebol” del
temporalmente succinte del
proccia con compostezza e
Non c’è dubbio che ad un pri-
Nel 2005, ispirandosi al progetto avvia-
“Lo incontrai per caso nel 1984. Nel
2006 prende il nome, “Açaí”,
punk. “The boy bands have
sobrietà i tanti problemi del
mo ascolto di “Ishumar” il pen-
to dalla casa editrice e dalla traduzione
1994, durante un servizio su di lui a
da una palma dell’Amazzonia
won”, un’inaspettata quanto
continente africano, dalla po-
siero corra veloce alla musica
francese dell’enciclopedia “Le Son du
Dakar, scoprii la generosità, l’ospitali-
che produce le tipiche bacche
gradita sorpresa.
vertà alle tensioni sociali, dalla
dei Tinariwen, ed il fatto che
Brésil” [Edizioni Lusophone], il tradutto-
tà e l’umiltà di questa persona che mi
viola, frutto molto consumato
re e musicista Emmanuel De Baecque
presentò la sua famiglia e mi fece vi-
dai brasiliani. Nel disco, pro-
zione, guidato dal pensiero di
cerca di lanciare per l’anno del Brasile
sitare la Medina, il quartiere della sua
dotto assieme al trombettista
una serie di libri sugli artisti di questo
infanzia, senza parlare delle favolose
paese. Non trovando finanziatori, met-
Andrea Scaccia
Senegal,
ap-
fame ai drammi dell’emigra-
Moussa Ag Kenia sia stato
uno dei membri della più ce-
figure come Cheikh Anta Diop
Balla et ses
Balladins
e compositore giapponese
e Thomas Sankara. L’album è
The Syliphone Years
al peccaminoso paragone, ma
notti musicali…”.
Jun Miyake, già discepolo
una raccolta di ballate dolenti,
[Stern]
nel nuovo disco dei Toumast
te da parte i manoscritti fino all’incontro
Per raccontare Cesaria Evora, la gior-
di Arto Lindsay, infila dodici
impreziosite dalla kora, dallo
Subito dopo l’indipendenza, il
- band formata nel 1990 -
nel 2007 con l’editore Demi Lune, che
nalista Sandrine Teixido si è dovuta
pezzi addobbati con un ve-
n’goni e occasionalmente da
primo presidente della Guinea
c’è tanto altro. Il discorso è
gli propone di allargare il progetto alle
confrontare con un altro problema:
stito sonoro leggero, tessuto
violoncello e sax, in cui la voce
Conakry Sekou Toure istituì il
contiguo, i suoni del deserto
grandi figure della musica world.
“Cesaria non è il tipo che parla della
di bossanova e poc’altro,
di El Hadj N’Diaye, come quel-
programma Authenticité, con
incontrano il blues, le chitarre
Queste biografie che ricostruiscono
sua carriera o della sua arte. La difficol-
con una cover d’eccezione
la di un antico bardo, intona in
lo scopo di rafforzare il senso
elettriche si mescolano con
l’artista, tenendo conto delle caratteri-
tà è stata illustrarne la personalità e la
come Ladeira de Preguiça di
Huong Thanh
& Nguyên Lê
Wolof le sue denunce e le sue
di identità africana attraverso
la darbuka ed i testi del duo
stiche culturali e politiche del suo pae-
vita attraverso i comportamenti e il re-
Gilberto Gil [già cantata an-
Fragile Beauty
riflessioni, controllate e pacate,
la promozione delle arti e della
di ex combattenti del fronte
se, sono anche delle guide all’ascolto
pertorio, più che tramite le sue stesse
che dalla divina Elis Regina]
[Act/Egea]
ma che nascondono rabbia e
musica. Balla et ses Balladins
clandestino raccontano storie
TE
MORY KAN
tour
anniversary
che permettono di orientarsi nelle di-
parole”. La missione è stata comunque
e il riuscito inserimento di una
La convergenza tra culture
indignazione mai sopite. [A.B.]
fu una delle prime orchestre
legate alla lotta anti colonialista
scografie ricche e non sempre lineari
portata a termine con vivacità.
kora in Quem sou. Un disco
lontane, la fusione tra pulsioni
nazionali incaricate di restitui-
e alle suggestioni del Sahara
dei personaggi analizzati.
Per Pierre-Alain Baud, che ha accom-
lieve nel senso migliore del
tradizionali e spinte verso il fu-
re ai guineiani la musica della
centrale. Ma se c’è una cosa
O
OGROSS
tobre 2008
NEY MATtour
ot
e
europeo fin
Per realizzare i ritratti di questi grandi
pagnato Nusrat Fateh Ali Khan duran-
termine. Se state guidando
turo, sono il punto di parten-
tradizione. Nel corso di oltre
che accomuna i Toumant ai
nomi della musica, Emmanuel si è affi-
te gli ultimi dieci anni della sua vita, il
verso il mare sognando di vo-
za per questo nuovo lavoro
vent’anni il loro sound passò
più famosi cugini è la qualità di
dato ad autori che hanno conosciuto da
problema è stato, al contrario, sele-
lare verso il Brasile, infilatelo in
di perfetta partnership tra la
dalle atmosfere marcatamente
un disco che merita di essere
QUESTRA
R
O
O
V
E
R
F
K
SPO
e 2008
vicino i diversi mondi degli artisti. Si ri-
zionare l’abbondanza di informazioni
valigia. Vi aiuterà.
voce delicata e lieve di Huong
cubane dei primi anni ad at-
ascoltato e riascoltato. [A.S.]
volge naturalmente a Ricardo Pessanha
di cui è stato testimone: “Ho vissuto
Thanh e le chitarre di Nguyên
mosfere sempre più originali,
per lanciare la serie. Co-autore di “Le
mille e uno aneddoti che fanno luce
Lê, che ha anche prodotto la
Son du Brésil”, ha lavorato alla biografia
sulla sua personalità, come quando
seduta ed arrangiato i brani.
Marina Rossell
lodie e dei ritmi tradizionali si
di Caetano Veloso in collaborazione con
mi piantò in asso a metà di una frase
Entrambi vietnamiti, entrambi
Classics Catalans
fondeva con il jazz, il rock e la
Carla Cintia Conteiro. Per Carla la scel-
per mettersi a canticchiare un motivo
stabilitisi in Europa ormai da
[World Village/Egea]
black music.
ta di Veloso si impone, poiché “scrivere
che stava nascendo nella sua testa, o
molti anni, intrecciano armo-
La regina della canzone ca-
“The
la sua biografia equivale a descrivere la
quando, disteso, veniva massaggiato
nie jazzistiche a passaggi di
talana ritorna con una produ-
un’antologia che documenta
storia della musica brasiliana degli ultimi
sulla schiena”.
soffusa, impalpabile ritualità
zione sontuosa, che raccoglie
in modo esaustivo il loro per-
quarant’anni”, e Ricardo aggiunge: “il
Ritratti intimi e ricostruzione storiche,
orientale, inserti elettronici
19 interpretazioni di classici
corso artistico. Il risultato è un
suo percorso artistico ha permesso a
questi racconti delicati, documentati e
Chumbawamba
quanto mai discreti a svisa-
della sua terra e di sue proprie
disco che fa suonare molte
Piccola Banda
Ikona
chi è venuto dopo di esprimere la pro-
particolarmente piacevoli da leggere, ci
The boy bands
te solistiche di ospiti come
composizioni, oltre ad un DVD
corde: intenso, romantico, no-
Marea cu sarea
pria creatività liberamente”.
immergono nel cuore della vita e del-
have won
un concentratisssimo Paolo
con immortalata una perfor-
stalgico, dal groove irresistibi-
[Finis Terre/Self]
musicista
l’opera di artisti d’eccezione, testimo-
[Westpark/Felmay]
Fresu. Il tutto volto ad av-
mance al Palau de la Musica
le, a volte un tantino retorico,
Argonauti del mare nostrum
africano a cui è stata dedicata una
niando la formidabile diversità dei loro
Già dai tempi di Tubthumping,
volgere di un’aura di fragile
di Barcellona. La sua voce,
ma che fa vibrare ancora quel
Piccola Banda Ikona. Non più
copertina di Time Magazine, è ormai
percorsi.
il tormentone che li rese fa-
bellezza le melodie stranianti,
sobria, mai troppo enfatica,
sogno postindipendentista di
sulle tracce del mitico vello
LOU DesAclLa FinIN
bre
uscita a otto
album Rem
UND
MASSILIA SO
SYSTEM
MOMO
20th
Yeke Yeke’s
e
Nuovo album
/
Fine ottobre
novembr
MATA
VANESSA DA
2008
Fine ottobre
URA
VENT
YURI BU09ENA
Primavera 20
DISPONIBILI SU RICHIESTA: Senor Coconut, Moussu T e
Lei Jovents, Aline de Lima, Casuarina, Amparanoia, Spanish
Harlem Orchestra, Unnaddarè, Torino Multi Kulti Orchestra
AGENZIA DI BOOKING, MANAGEMENT E LOCAL PROMOTER
Tel. +390115533624/625
www.musicalista.it | [email protected]
Youssou
N’Dour,
unico
Andrea Morandi
lebre band Touareg concorre
in cui la dominante delle me-
Syliphone
Years”
è
32
Mojo Station
di
33
Gianluca Diana
/ d’oro, ma esploratori alla ricer-
che arriva a cinque anni dal-
arrivare ai sons di Félix Baloy e di altri
ca di culture, suoni e rumori.
l’ultimo “Bowmboï” e dopo la
celebri musicisti della tradizione pana-
Bacino infinito il Mediterraneo,
collaborazione con Peter Sel-
mericana. Da ascoltare.
ispirazione costante per chi
lars a Vienna, alza ancora più
Afrissippi
sa cosa cercare. Inebriante
il tiro, arrivando a un disco e
[Hill Country Records]
peregrinaggio quello della ban-
a dieci canzoni prodotte ma-
da, da costa a costa, paese
gistralmente che, incredibile
Don’t Start To Me Talkin
John Sinclair & His Blues Scholars
Alliance
$
[A.S.]
+,, . In poco meno di trenta mi-
a paese, attraverso il comune
SEU JORGE
a dirsi, suonano già come un
STRINGS TRADITION
nuti ci si lascia Memphis
denominatore del Sabir, la lin-
América Brasil o Disco
classico mescolando stilemi
Strings tradition
alle spalle, si valica il con-
gua franca di chi andava per
[Self]
etnici a un’anima soul che col-
[Felmay]
fine tra Tennessee e Mis-
mare. “Marea cu sarea” è il
Dopo essere stato sulla nave
loca la Traoré in una classifica
sissippi attraversando uno
nuovo viaggio di un gruppo
di Wes Anderson a canta-
a sé stante. Non arriverà prima
Susana Baca
facoltà cognitiva o come una tecnica
dei due ponti che sovra-
che riunisce alcuni dei più im-
re canzoni di David Bowie in
in classifica, non riempirà le
Vestita de vida
di comunicazione e di formazione del
stano il fiume omonimo, e
portanti musicisti della world
portoghese in Le avventure
pagine dei rotocalchi, ma tra
[Harmonia mundi/Egea]
mondo e lo inserisce in un processo
quindi via, verso le terre del
italiana, un affascinante appro-
acquatiche di Steve Zissou e
cinquant’anni la Traoré e il suo
Non si può guardare al futuro senza es-
osmotico composto da suoni e gesti.
blues. Non quelle consuete
do che come tale rappresenta
aver avuto un grosso successo
“Tchamantché” saranno ancora
sere ben radicati nel passato sembra
A questa pratica va fatto riferimento per
del Delta, quelle per inten-
contemporaneamente meta e
col precedente e ottimo “Cru”,
oggetto di studio. Non sono in
dire Susana Baca con la sua musica.
comprendere la profondità dell’incon-
derci del pre-war sound e
punto di partenza.
*
C’è chi descrive il linguaggio come una
Jorge Mario da Silva nato nel
molti a poterselo permettere.
L’artista andina per antonomasia è tor-
tro musicale tra Mamadou Diabate alla
delle leggende di Robert
1970 come figlio delle favelas
Il Mali maggiore.
nata con “Vestida de vida”, a cantare la
kora, Ustad Shujaat Husain Khan al sitar
e Tommy Johnson, delle
di Rio e rinato sotto le vesti di
tradizione, ma come sempre a modo
e Lalgudi Gjr Krishnan al violino, coadiu-
storie di Jack Owens o di
Seu Jorge ritorna con questo
suo. Anche in questo ultimo lavoro
vati da tabla e ghatam. La celebrazione
Honeyboy Edwards. Bensì
“América Brasil o disco” che lo
l’angelo nero della musica afro peruvia-
dell’incontro tra le tradizioni classiche
verso le misconosciute Hil-
conferma [se davvero serviva]
na, unisce la tradizione della sua terra
dell’Africa occidentale, del nord e del
ls, una striscia di terra che
come uno dei nomi migliori del-
ai ritmi africani, passando per le armo-
sud dell’India, in quattro lunghe, avven-
precede la grande piana del sud dello stato. E che deve
la scena brasiliana almeno alla
nie caraibiche senza disdegnare una
turose composizioni.
alla particolare morfologia collinare che le dà il nome, la
pari con il genialoide Carlinhos
versione di Summertime di quelle che
[A.S.]
[A.M.]
[F.S.]
* ! ! "
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ragione della sua identità. Che affascinò tanto Alan Lomax
Bako Dagnon
Brown. Una riflessione sulle
quanto George Mitchell, che si spinsero fin quassù per
Titati
Americhe, nord e sud, e le loro
African dreamland
gia un mistero, l’unica certezza è che la
Abdul Rahim Ibrahim Al Rahman:
carpire i suoni raw ‘n’dirty della gente delle colline. Strani,
[Syllart/Self]
contraddizioni, su un tessuto
African Party
forza della sua voce, disinteressandosi
cry of the floridan tropic son Heavenly
(()($
inconsueti, platealmente diversi rispetto al Delta Acustico.
In una cultura orale come
musicale cucito con bossa,
Café Cubano
del tempo, continua a magnificare ogni
sweetness
Ed incontrarono il chitarrista Mississippi Fred McDowell
quella mandinga gran parte
rock, samba, funk e reggae su
[Putumayo/Venus]
pezzo che le passa tra le mani. [A.S.]
Alta Madera & Gabriele Mirabassi En
ed i polistrumentisti Young, Hemphill e Strickland e mol-
della conoscenza è affidata
cui la voce di Jorge viene mar-
Tre nuove uscite in casa Pu-
vivo Materiali sonori
ti altri ancora. Un suono “altro” dannatamente ipnotico
alla memoria dei griot, i djeli, e
chiata a fuoco. Da Trabalhador
tumayo nel quindicesimo an-
Armonia ensemble Dieci danze eroti-
e concentrico da rammentare un’antica nenia africana.
alla loro capacità di raccontar-
a América do norte, un lavoro
niversario della
che eretiche Materiali Sonori
Otha Turner, R.L. Burnside e Junior Kimbrough diedero
la. Un djeli, è un libro che parla
compatto e riuscito, come sen-
“African Dreamland” è il quarto
Gabi Luncă Sounds form a bygone
elettricità al tutto, e gente come Iggy Pop e Jon Spencer
dell’Africa, è l’Africa che parla.
tire la grazia di Caetano Veloso
volume dedicato alla musica
age Vol 5 Asphalt tango
andarono a cercare da loro una linfa vitale oramai smarrita.
Ciò è particolarmente vero per
sposata alla ruvidezza della fa-
per bambini, ninnananne del
Marcos Valle The best of Farout
It’s the same old story, baby...
la maliana Bako Dagnon, pro-
vela. Consigliato.
continente africano interpretate
Music Rough Guide Arabic café Wor-
Ed oggi, anzi domani, tutto prosegue: chiedere ad Afris-
babilmente la griot più venera-
da grandi nomi come Ladysmi-
sippi e John Sinclair, per esempio. Oppure al loro bassista
ta e rispettata del suo paese.
th Black Mambazo, Toumani
Justin Showah, talentuoso strumentista nonchè titolare
Eppure “Titati” è solo il suo
della Hill Country Records, label di stanza ad Oxford, nelle
[A.M.]
non ti aspetti. Sull’età della Baca aleg-
fondazione.
Da ascoltare anche
Music Rough Guide Australian abori-
Diabaté e Samite, una nuova
primo album per il mercato in-
interessante via per avvicinare
Omara Portuondo - Maria
Music Rough Guide Brazialian street
Hills. Attorno alla sua figura ruota la giovane ed agguerrita
ternazionale, in qualche modo
i più piccoli ai suoni del mon-
Bethânia
party World Music Network
etichetta, che già ha pubblicato altri lavori, tra cui il meravi-
il debutto di una leggenda.
do. Ancora dall’Africa“African
[Biscoito fino/Family Affair]
Orquestra imperial Carnaval só ano
glioso esordio solista del chitarrista Eric Deaton. E che ora
“Titati” ricalca le atmosfere in-
Party” una compilation che
Se le due si dimostrano icone assolute
que vem P&C Totolo Ltd
da alle stampe il secondo di Afrissippi “Alliance”, splen-
time e acustiche della musica
raccoglie una selezione di mu-
dei propri rispettivi generi, l’accosta-
Sabrina Malheros New morning Farout
dido esempio di come tra il West-Africa e il Mississippi vi
maliana tradizionale quando
ROKIA TRAORÉ
sicisti che hanno contribuito a
mento di due grandi caratteri riconduce
Zezé Gonzaga Entre cordas Discmedi
siano più desinenze di quanto si immagini.
viene suonata nelle occasioni
Tchamantché
rendere la lable olandese una
spesso l’incontro a momenti di pausa e
Altro lavoro pubblicato è “Don’t start to me talkin” di John
private e nelle case, accom-
[Ponderosa]
tra le più famose al mondo: dai
di poco interplay. Non è tanto una que-
Arriva in Italia la Cumbancha [Family Af-
Sinclair & His Blues Scholars. Spoken word d’autore quel-
pagnata dalle chitarre acusti-
Vive in Francia, ma è nata in
Kotoja ad Oliver Mtukudzi pas-
stione di Cuba e Brasile a confronto,
faire]. Tra le ultime uscite va segnalato
lo del poeta della controcultura statunitense, che trova
che e poco altro. La giusta at-
Mali, Rokia Traoré, trentaquat-
sando per lo Zimbabwe con la
quanto quella di due espressioni che si
l’esordio di Rupa & the April Fishes
una spettacolare chiave narrativa nelle sonorità hill-country
mosfera per la voce intensa e
trenne cantante che in dieci
nuova scoperta dei Chiwoniso.
muovono secondo emozioni differenti.
[Extraordinary rendition], un mix di mu-
blues, di cui è pervaso anche il suo disco.
profonda da contralto di Bako
anni di carriera - nel 1997 ven-
Oltreppassando
si
E per questo solo in alcuni passaggi
sica gipsy, folksong nordamericano
Niente da dire: lungo la Highway 7 tra Senatobia ed Holly
Dagnon, che commuove e
ne presa sotto l’ala protettiva
approda alla volta di Cuba per
riescono a sostenersi a vicenda, in-
combinato con il tango argentino e la
Springs, tra il bianco vivido del cotone ed il verde smeraldo
sorprende grazie al modo in
di Ali Farka Touré - si è rivelata
scoprire con “Cafè Cubano”
contrandosi meravigliosamente. Di-
chanson francese. Da non perdere The
del kadzoo, scorrono storie che divengono melodie e che
cui riesce a trasmettere l’ani-
una delle maggiori esponen-
alcune delle voci più importanti
sponibile anche in edizione con dvd del
Garifuna Women’s Project, un affasci-
somatizzano la dignità di una terra meravigliosa.
ma di un popolo, con sempli-
ti della musica africana. Con
dell’isola caraibica. Dalla nueva
making off dell’album.
nante viaggio alla scoperta delle voci
cità e immediatezza.
questo nuovo “Tchamantché”,
trova ai ritmi del guajiras per
[G. R.]
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ld Music Network
OMARA PORTUONDO
MARIA BETHÂNIA
l’oceano
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) & * Federico Scoppio
ginal music World Music Network
femminili della regione garifun.
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Spiaggia Amanusa | Lungomare Amerigo Vespucci 144 OSTIA (RM) | Free entry
“Ritmi e colori d’Africa dal tramonto all’alba”
AFRODISIA SUMMEr 08
Dal 27 Giugno, ogni venerdì, all’interno di Cronie - International Music Contest
27/6 Nour-Eddine+Gnawa Bambara
4/7 Daara J
11/7 Pape Kanoute & Mande Sextet
18/7 Konono n°1
25/7 Saba Anglana
1/8 Zoe
8/8 Duba & Arraw Band
15/8 Badara Seck
Afro-Dancehall by Dj Khalab & Sekou Diabate
infoline: 06 997 04 665
afrodisia.it | cronie.org