Lei Tendenze Il futuro

annuncio pubblicitario
Periodico d’informazione - €. 2,50 - Copia omaggio a cura di Primal Company in attesa di registrazione - Agosto 2007
Lei
MADDALENA CORVAGLIA
Tendenze
MANGIARE
BENE IN PUGLIA
Il futuro
BOEING 787
L’AEREO DEI SOGNI
Direzione, redazione ed amministrazione:
PRIMAL COMPANY
[email protected]
Direttore responsabile ed editoriale:
PIETRO ANDREA ANNICELLI
[email protected]
Collaborazioni:
FABIO BIANCO, ANNA RITA CARUCCI,
PIERPAOLO CAZZOLLA, VITO D'APRILE,
PIERLUIGI FRASSANITO, DALMAZIA
FUMAROLA, SANTINO MANDOLLA,
AGOSTINO QUERO, ANNALISA SCIALPI,
LEONARDO SEMERARO
Concept:
www.ilcontrasto.it
Via Ferrara 2, 74016 Massafra (Ta)
Telefax 099 885 1057
e-mail: il [email protected]
ANNO I - n. zero, agosto 2007
COPIA OMAGGIO A CURA DI PRIMAL COMPANY IN ATTESA DI
sommario
2
Grafica e immagine:
RAFFAELLA MARTUCCI
Editore: PRIMAL COMPANY
Via Alessandro Fighera, 107
74015 MARTINA FRANCA (TA)
Tel. +39.080.4838311 - Fax +39.080.4839330 - email: [email protected]
3
NOTORIA (Maddalena Corvaglia), SCUOLA DI
DANZA «ROSSELLA BRESCIA» (Rossella
Brescia),
T&T TARDIA TEXTILE PROJECT (Teresa Tardia,
Collezione Autunno-Inverno 2007),
SUGAR (Negramaro), SQUILIBRI EDITORE
(Antonio Dambrosio Ensemble), A. MELA (Pino
Minafra),
CHICCO SAPONARO (Soft Machine Legacy),
MARTINO SOLITO (Relais Villa San Martino),
ANGELO COSTANTINI (Capocollo di Martina
Franca),
FOSCO MARAINI/COLLEZIONE TONI
MARAINI (Fosco, Toni e la Puglia),
EDIZIONI DEI CORRIERI COSMICI (Marco
Ferrante), WWW.FIAT.IT (Fiat 500),
«TONIO LIUZZI» FANS CLUB (Tonio Liuzzi),
VALERIO ANNICELLI (profilo di Seattle),
FINMECCANICA (fasi di costruzione del Boeing
787 Dreamliner),
ITALGEST (Particolari del progetto della centrale
fotovoltaica di Brindisi),
BLOCK SHAFT (Block Shaft).
Tutte le altre immagini sono state fornite da PRIMAL
COMPANY o realizzate da il contrasto
19
Discografia
20
Fenomeno Zero
si assaggiare
37
L’informazione glocale
4
Loro
di Annalisa Scialpi
di Agostino Quero
5
Primal Vince
belle con l’anima
6
8
Rossella Brescia
In punta di piedi tra
grazia e fatica
10
21
38
Il capocollo
di Martina Franca
39
My Wine:
il vino come tendenza
40
Adotta una vigna
storia e storie
Minafric Orchestra
25
Richard Sinclair:
è tra i trulli la terra
del grigio e del rosa
26
Soft Machine Legacy
27
Per il vostro impianto
(e le vostre orecchie)
Cellulari tra tecnologia
e moda
di Vito D’Aprile
Rocco Scotellaro:
Poesia e musica
23
Maddalena Corvaglia
La cambio io la vita
che non ce la fa a
cambiare me
41
44
45
Suoni e dintorni
si viaggiare
Casa Agnelli:
storia e storie d’Italia
Marco Ferrante
46
Ben tornata, Fiat 500
48
Tonio Liuzzi
il pilota e il suo club
49
Oscurare i vetri
dell’auto
di Santino Mandolla
29
Trully yours:
Fosco, Toni e la Puglia
vrooom!
di Pierpaolo Cazzolla
di Anna Rita Carucci
l’eleganza
Il gusto della Curiosità
di Pierluigi Frassanito
di Pietro Andrea Annicelli
Le immagini e gli articoli pubblicati, salvo accordo
scritto, si considerano utilizzati a titolo gratuito.
Manoscritti, disegni e immagini, anche se non
CREDITI FOTOGRAFICI
(autori e/o proprietà delle immagini)
18
Negroamaro:
una finestra sul successo
di Pino Fumarola
Progetto fotografico
NICOLA AMATI
Art director
RENATO STABILE
L’editore? Proviamoci
la musica che ci
gira intorno
di Leonardo Semeraro
13
Teresa Tardia:
la classe e lo stile
30
Volare low cost
presente e futuro
di Dalmazia Fumarola
14
Il distretto tessile
di Martina Franca
16
Videochiamata?
Si grazie
di Fabio Bianco
32
Orientarsi nel mondo
dei gps
33
Villa San Martino:
chi ama soltanto il meglio
50
Boeing 787:
l’aereo dei sogni
52
Centrale fotovoltaica
di Brindisi
54
Block Shaft:
la sicurezza è di rigore
L’editore?
di Pino Fumarola
Proviamoci
O
oops! Finisco questo lavoro e sono da
voi … Mi chiamo Pino Fumarola. Sono
l’editore di Primal Free Time. Mi avete
beccato mentre sto ricostruendo la
porta di un’automobile predisponendola ad
accogliere un sistema di hi-fi car.
Sono vent’anni che la mia azienda, Primal
Company, fa sistemi e brevetti d’avanguardia
con marchi propri. Ho iniziato non ancora
maggiorenne, sulla scia dell’entusiasmo per
un’attività che mi piaceva. Dopo aver collezionato successi e premi in Puglia, in Italia e in
Europa, Primal Company è oggi un’azienda
leader nella gestione del suono. Al car stereo
si è aggiunta la sonorizzazione di ambienti
pubblici e privati con sistemi di audio-video e
di domotica. Inoltre, la produzione e la distribuzione di diffusori audio made in Italy con
marchio Finauris, la fornitura e l’installazione
di sistemi per la radiolocalizzazione di flotte,
navigazione e di protezione satellitare,
l’oscuramento vetri, la produzione di kit di
lampade allo xenon con marchio Indor. Primal
2
Company si occupa anche di telefonia cellulare. Infine, produce e
commercializza, con marchio Lynda,
salviette monouso per enti e istituzioni pubbliche, per aziende nazionali e internazionali.
Girare l’Italia e il mondo per le mie attività
mi ha portato a riflettere sulla comunicazione.
In questi anni Primal Company è stata il risultato
d’una progressiva organizzazione aziendale
attraverso la passione per il lavoro che diventa,
anche, ricerca dell’eccellenza. È da tempo che
penso a un giornale nel quale esprimere, attraverso un’informazione che ci faccia vedere e
apprezzare le cose magnifiche che ci sono in
Puglia e non solo, la costante volontà di migliorarsi. Insieme ad alcuni amici, abbiamo deciso
di esserci.
Cominciate questo viaggio con noi: ci sarà
da divertirsi. Perché Primal Free Time è un pò
come Primal Company: un luogo dove è piacevole entrarci e farne parte, permeato di musica,
bella gente, novità. E in continuo mutamento.
L’informazione
di Pietro Andrea Annicelli
U
glocale
n’azienda che investe in un giornale,
in una logica di comunicazione aperta
per valorizzare e farsi valorizzare, merita
rispetto e fiducia. Ho accettato di collaborare all’idea di Pino Fumarola perché lo
conosco da tempo e ne stimo la lungimiranza.
Lui è uno che ha l’ambizione di vedere cosa c’è
dietro la montagna, quanto è lontana una stella,
come va a finire una storia. Ha anche la concretezza e il senso del limite che porta a non
deviare verso il romanticismo velleitario,
la prova di forza, l’azzardo fine a se stesso.
È un imprenditore, Pino, consapevole che tutta
la vita è risolvere problemi. Si vince quando
si hanno le soluzioni giuste, che sono anche le
più rapide ed efficienti. Da ciò il migliorarsi
cambiando che è la filosofia aziendale di Primal
Company. L’ultima tappa, per il momento,
è Primal Free Time.
Sono contento di partecipare a questo progetto anche perché mi piace l’idea del giornale
che vuol essere l’esatto contrario dell’house
organ. Non una pubblicazione aziendale e
neppure aziendalista, ma uno
strumento d’informazione che
serve sì a diffondere informazioni utili all’interesse di Primal
Company, ma ponendole in
relazione a un universo di situazioni che, riguardando direttamente o lateralmente la vita di
ognuno, è interessante e a volte importante
conoscere. Su questo universo, Primal Free
Time ha il compito di aprire lo sguardo.
Nel mondo interconnesso dai media, ma
avendo come area di principale diffusione un
territorio, la Puglia e la Calabria, circoscritto,
Primal Free Time è un esercizio d’informazione
glocale. Significa considerare quel che siamo e
ciò che abbiamo ponendolo in relazione, senza
autoreferenzialità né subalternità provinciale,
con la realtà nazionale e internazionale:
da cittadini del mondo.
Non si migliora se non si conosce. A questo
serve la buona informazione. Voi siete, se lo
volete, i nostri graditi compagni di viaggio.
3
di Agostino Quero
Gaspare Cardamone
Nancy Dall’Olio
Roberta Vinci
Guido Bertolaso
Gianni Versace
4
GASPARE CARDAMONE
È il patron di Studio 100. L’ha portata all’eccellenza. Eurispes l’'ha
inserita tra le cento realtà imprenditoriali e istituzionali che si aggiungono a quelle della prima edizione
del Rapporto sulle Eccellenze in
Italia. «Scorrendo le cento esperienze inserite nel Rapporto, è facile
rendersi conto (…) che queste imprese, enti, istituzioni e associazioni
producono una forte spinta psicologica, una energia positiva e una
iniezione di fiducia a beneficio di
tutto il Paese» fanno notare
dall’emittente tarantina che, fra terrestre e satellitare, fa due milioni di
telespettatori (dati Auditel). Cardamone si gode il riconoscimento, che
peraltro «premia il personale amministrativo, i tecnici, i giornalisti e il
personale di segreteria e tutti i collaboratori di Studio100. Un’azienda
del profondo Sud, mettendo assieme
passione, professionalità e impegno,
riesce ad evidenziarsi nel panorama
nazionale: un obbiettivo raggiunto
che ci gratifica e che ci sprona a
continuare».
NANCY DALL’OLIO
C’è anche un’avvocatessa del Sud,
con origini a Bisceglie in particolare,
che ormai è una stella di prima grandezza internazionale e lo è da anni.
Nancy Dall’Olio, famosissima, lo è
soprattutto in Inghilterra. E non
solo per la sua bellezza e la sua love
story con l’ex allenatore della nazionale britannica Sven Goran Eriksson. Ora, l’avvocatessa è diventata
una strettissima collaboratrice di
Tony Blair, ex primo ministro, nella
sua attività di osservatore internazionale. Colui al quale la comunità
mondiale sta per chiedere una sorta
di miracolo laico: fare da pacificatore in Medio Oriente.
ROBERTA VINCI
Dagli studi legali ai campi da tennis:
un’altra donna da urlo. È la tarantina
Roberta Vinci, fra le protagoniste del
successo italiano in Fed Cup,
l’omologa femminile della Coppa Davis. A Castellaneta Marina, è del doppio Schiavone-Vinci l'impresissima
che ha sconfitto le francesi in semifinale. Ora, sotto con la Russia per la
vittoria finale.
GUIDO BERTOLASO
Diventa ostunese ad honorem Guido Bertolaso, il capo della protezione civile. Per quello che fa, ogni
città dovrebbe conferirgli la cittadinanza onoraria. Lo fa la città bianca,
per una vicenda specifica: la rimozione d’una nave arenatasi sulla
costa ostunese più d’un anno fa.
Con l’intervento della protezione
civile, si è risolto tutto e con danni
ambientali molto limitati.
GIANNI VERSACE 1946-1997
La stellissima è indimenticabile nella
nostra memoria. La sua uccisione,
dieci anni fa, è stata ricordata con
una manifestazione. Scenografia di
Maurice Béjart, organizzazione perfetta da parte di Donatella, sorella
che ha raccolto una pesantissima
eredità e che ora sta riportando ai
fasti il marchio nato da un calabrese
rappresentando il meglio del Sud.
Primal
vince
Primal Company rinnova la bacheca
dei trofei. Il 27 maggio, al raduno nazionale di San Benedetto del Tronto, una
motrice realizzata da Primal si è classificata seconda nell'allestimento estetico
dietro alla celebre motrice che si è ispirata
a Tazio Nuvolari. Nel prossimo numero
di Primal Free Time ci sarà un reportage
con le immagini della realizzazione.
5
belle con l’anima
MADDALENA CORVAGLIA
La cambio io la vita
«
che non ce la fa
a cambiare me
Che lavoro faccio? Bella domanda! Non sono ancora
riuscita a dare una risposta». Maddalena Corvaglia è in
un periodo positivo della sua vita. Prima dell’estate,
la sua presenza a Balls of steel, trasmissione televisiva di Rai Due presa dall'emittente inglese
Channel Four e trasferita al pubblico italiano,
era per molti una buona ragione per sopportare pure la petulanza di Marco Mazzocchi. E lei, Maddy, in Rai Due ci crede.
«Non sono in esclusiva, ma non sono
neanche una pallina da ping pong che
rimbalza da una rete all'altra. Voglio
fidarmi di Rai Due».
E la rete cadetta della Rai vuol
fidarsi di lei. Le ha affidato
anche la conduzione di Un
disco per l’estate insieme a
Charlie Gnocchi, fratello
di Gene. Per l’inverno
l’ha invece riconfermata per Balls of steel
e «c’è una cosina
nuova dall’autunno, ma non mi va
di parlarne su
un giornale
perché ne
6
so pochissimo». C’è poi la radio, con il consueto programma su R101 dalle 23 alle due ogni sabato notte per
tutta l’estate. «Prima delle proposte di Rai Due, ho
preferito fare un programma in radio che mi piaceva
piuttosto che un programma in televisione che non mi
piaceva. E il direttore di R101 è una persona fantastica!».
Dicevamo del bel periodo che attraversa la vita di
Maddy. «È un momento bellissimo, perché sono tornata
a essere serena e felice. Mi sveglio bene al mattino:
sorridendo, di buon umore. Nei mesi scorsi sono passata
da una fase di cambiamenti durante la quale non mi
riusciva di essere serena. Ora, invece, va tutto bene».
Agosto nel Salento, insieme alla mamma, al fratello,
agli amici e ai cani. E magari sarà l'occasione per
soffermarsi su qualche lettura propedeutica alla sessione
autunnale d’esami. Si, perché Maddalena Corvaglia è
studentessa a Lecce. Scienze dell’Educazione, con
specializzazione umana e morale. «Posso stare dei mesi
senza toccare un libro, ma quando mi ci metto sono
capace di restare a studiare fino a tardi. Non è una
facoltà che ho scelto per uno sbocco lavorativo, ma
perché era una delle poche che potevo frequentare
lavorando. Gli studi sono lentissimi». E la media dei
voti? «Non la dico, perché altrimenti sembra che mi
autoincenso! Però, è molto buona». Materia preferita:
la filosofia. «Mi piace Schopenauer: l’arte di essere
felici, di aver ragione, d’invecchiare. E poi,
L’interpretazione dei sogni di Freud. È un malloppone,
ma mi è servito tanto a capire certi sogni terribili che
avevo in passato, di quelli che ti lasciano con tanta
paura! Mi piace molto leggere. Cerco di leggere tutto
quello che parla della vita. Forse perché non la capisco
fino in fondo».
Eppure c’è una saggezza istintiva che, sotto pelle,
muove il personaggio pubblico apparentemente estroverso che è Maddalena Corvaglia. «Io voglio crescere
come persona. Le possibilità sono due. Una è la
ricerca, e per molti il bello della vita è proprio nel
cercare piuttosto che nel trovare quello che si cerca.
L’altra è quando raggiungi quel che stai cercando, se
dentro te sai cos’è, Io? Diciamo che ho tanti piccoli
obiettivi».
la ragazza
con la
motocicletta
Maddalena Corvaglia è notoriamente
un’appassionata di motociclette. Nel perio-do
in cui era velina a Striscia la notizia, ne ricevette addirittura una in regalo da un fan di
nome Claudio. Era un regalo piuttosto impegnativo: Maddalena non l’accettò. I versi d’una
canzone di Neil Young, Unknown legend,
disegnano un quadro nel quale ci fa piacere
vedere la ragazza salentina: «Da qualche parte
lungo un’autostrada deserta /lei corre su una
Harley Davidson /con i suoi lunghi capelli
biondi che svolazzano al vento. /È da metà
della sua vita che corre. /L’acciaio cromato su
cui viaggia /si scontra con l’aria pura che
respira, /l’aria che respira».
7
belle con l’anima
ROSSELLA BRESCIA
In punta di piedi
tra grazia e fatica
V
acanze d’agosto tra la Puglia e la Sardegna, accompagnata anche dai suoi
cani Romeo, Sofia e Bartolo. Poi, subito,
il ritorno al lavoro. È la prospettiva di
Rossella Brescia dopo mesi intensi su diversi
fronti: la televisione, la radio, il teatro, la scuola
di danza nella sua Martina Franca.
A luglio, sul palco del Teatro «Verdura» di
Palermo, Rossella ha interpretato da protagonista
la Carmen di Georges Bizét, dramma musicale
con coreografia e regia di Luciano Cannito. «Lui
è una persona straordinaria» dice Rossella. «Ha
saputo mettermi a mio agio, darmi i giusti consigli
per affrontare questa parte affascinante ma anche
difficile. Mi sono allenata molto, e sono soddisfatta del mio lavoro. Credo di essere riuscita a
trovare l’equilibrio fra danza e interpretazione».
Al suo fianco, nel ruolo di Don José, c’era uno
dei ballerini suoi partner abituali: José Perez.
Inoltre, il corpo del Teatro Massimo di Palermo.
8
«È stato molto faticoso, anche come preparazione, riuscire a sostenere un’intera opera, ma
anche molto interessante per la tecnica espressiva
che era richiesta. Tutto è stato molto carino».
In precedenza, Rossella aveva dedicato molta
attenzione alle due trasmissioni televisive Colorado Café e Matinée, rispettivamente su Italia
1 e Rai Due, e a quella radiofonica su Rds di
prima mattina con Max Pagani e Joe Violanti.
«Con Giampiero (Ingrassia, suo partner in Matinée, ndr) ho scoperto di avere un feeling meraviglioso. Non ci conoscevamo, e ci siamo
incontrati per la prima volta ai provini». Colorado Café, invece, con l’ultima puntata
dell’edizione 2007, Colorado revolution, ha
superato in prima serata Rai Uno, che proponeva
Miss Italia nel Mondo. Rossella ha condotto
la trasmissione per sette puntate con Beppe
Braida e Giovanni Cacioppo, manifestando una
volta di più la sua versatilità.
Anche la sua omonima scuola di danza di
Martina Franca va a gonfie vele. Quest’anno ha
ospitato, per gli esami di fine anno, Margherita
Parrilla, direttrice dell’Accademia Nazionale di
Danza di Roma e in precedenza elegante étoile
nei migliori teatri. «Sono stata molto contenta del
suo giudizio sui miei allievi» dice Rossella. «La
mia è una scuola giovane, ma che ha sviluppato
un buon lavoro affinché la danza si esprima su
basi tecniche concrete. Gli allievi sono ancora un
pò giovani per dare un giudizio definitivo, perché
occorrono almeno otto anni di scuola prima di
capire chi ha la volontà e il talento per arrivare
fino in fondo. Ci sono però delle buone
prospettive».
9
I
l primo telefono cellulare risale al
3 aprile 1973, geniale invenzione
del tecnico Martin Cooper, dipendente della Motorola. L’azienda
decise di commercializzare l’invenzione
di Cooper solo dieci anni dopo, con un
prodotto al costo di circa quattromila
dollari. Da allora il settore si è sviluppato
in maniera impressionante, fino ad arrivare a quello che oggi tutti portiamo in
tasca.
Questa ascesa è suddivisibile in tre
generazioni. La prima è quella degli Etacs,
i primi cellulari le cui dimensioni non
erano affatto contenute e dalle funzionalità
minime: chiamate e messaggistica di
base. La seconda generazione, quella dei
Gsm, ha portato sul mercato mondiale
apparecchi dalle dimensioni assai più
ridotte e dalle caratteristiche più evolute
come i display a colori e gli mms, messaggi con immagini o suonerie incluse,
offrendo inoltre la possibilità di collegarsi
ad internet tramite la tecnologia wap.
Cellulari
I prodotti attualmente sul mercato
sono quelli di terza
generazione, con
standard qualitativi elevatissimi.
Sono telefoni celdi Vito D'Aprile
lulari con funzionalità Pda: consentono di effettuare videochiamate, di
un determinato numero di ore di chiamate,
collegarsi a internet in alta velocità, di
messaggi e svariate altre opzioni. Spesso
controllare e scaricare e-mail, fare foto
i gestori associano ai piani tariffari flat
e video, addirittura di essere utilizzati
la possibilità per il cliente di portare a
come veri e propri lettori mp3. Offrono, casa un telefono cellulare versando solo
inoltre, la possibilità di scambiare dati
una piccola somma di upfront.
con altri cellulari o con il personal comIn Italia il fenomeno della telefonia
puter tramite la tecnologia Bluetooth,
cellulare ha raggiunto livelli da primato
senza alcun costo.
mondiale, determinando una sorta di gaMa cosa costa tutta questa tecnologia? lateo che prevede regole sull’uso. Ad
I vari gestori telefonici offrono piani
esempio, evitare suonerie dal volume
tariffari sia a consumo su sim prepagate, eccessivo, o l’utilizzo nei luoghi pubblici
oppure piani tariffari di tipo flat che
in cui potrebbe arrecare disturbo ai preprevedono una somma forfettaria che il
senti: cinema, teatri, luoghi di culto. In
cliente versa alla compagnia, ricevendo
questi ultimi anni, da status symbol il
cellulare ha quindi assunto un ruolo quasi
da bene di primo consumo. Non ci meraviglieremmo affatto se dovessimo ritrovarlo nel famoso paniere Istat.
La larga diffusione ha fatto nascere
un vero e proprio mercato parallelo alla
telefonia mobile con la nascita di svariati
siti internet per personalizzare il proprio
cellulare con suonerie, sfondi e loghi.
Non sono da meno le aziende che offrono
sul mercato infiniti gadget come custodie
e cover coloratissime, ciondoli e squillabrilla di diverse forme e fatture. Le case
produttrici, a loro volta, continuano a
sfornare prodotti non solo di altissima
tecnologia, ma curatissimi nelle linee
estetiche, arrivando addirittura ai cellulari
griffati da noti stilisti o case di design.
l’eleganza
Teresa Tardia
la classe e lo stile
«
A detta di alcuni clienti, quest’anno la nostra produzione
ha fatto riscontrare un salto significativo di qualità».
Igino Tardia, amministratore del Gruppo Tardia, non
nasconde la sua soddisfazione. La collezione firmata Teresa
Tardia di capi d’abbigliamento maschili e femminili per
l'autunno e per l’inverno prossimi dimostra che anche l’alta
moda è accessibile in maniera non occasionale, ma programmata, alle aziende del distretto tessile di Martina Franca in
possesso d’un know-how che si è via via arricchito e consolidato di generazione in generazione.
«Puntiamo molto sulla qualità del prodotto» conferma
Igino Tardia. «L’obiettivo è interessare una fascia di
clientela che si rivolge alla qualità medio alta. Il nostro
mercato è soprattutto estero: in Italia, dove
l’attenzione della clientela è concentrata
molto sulle firme e relativamente sulla
qualità dei capi, probabilmente
sono ancora pochi quelli che
possono apprezzare i nostri
vestiti nella giusta maniera».
Tra tessuti e rifiniture di pregio,
tutte studiate dall’azienda martinese, quel
che risalta dalla collezione Teresa Tardia autunnoinverno anticipata dai cataloghi è la valorizzazione
del made in Italy. Anzi, del made in Puglia. «Tutti
gli abiti sono realizzati nella zona, tra la Valle d’Itria
e i territori vicini» conferma Igino Tardia. Poi i capi
prendono altre direzioni. Il nord Europa: Finlandia,
Norvegia, Svezia. Qualcuno però arriva anche nei
negozi d’alta moda greci e spagnoli. C’è poi la Russia,
che per l’azienda è un mercato primario. La globalizzazione si cavalca anche così: puntando alla qualità
senza compromessi e senza timori reverenziali. È
necessario il prodotto, che c’è: «Nonostante le temperature alte di questo inverno non siano state favorevoli
a valorizzare capi come i nostri, siamo stati premiati sul
mercato estero da un 20% di export in più»
13
l’eleganza
L’azienda è stata costituita nel 2002, ma i Tardia
venivano da precedenti esperienze nell’abbigliamento.
Il capostipite, Antonio Tardia, ha iniziato come ambulante nei furgoni ad appena otto anni. Nella seconda
metà del Novecento, con l’aiuto dei figli e dei parenti,
ha sviluppato aziende a conduzione familiare che sono
arrivate a rappresentare un segmento significativo
dell’imprenditoria tessile di Martina Franca. L’azienda
della quale Igino è amministratore unico ha fatturato
lo scorso anno circa cinque milioni di euro. L’ultima
generazione beneficia dell’internazionalizzazione dei
mercati. «Il nostro gruppo partecipa a cinque fiere
internazionali: Düsseldorf, Madrid, Milano, Parigi,
Mosca. Ci sono poi, di anno in anno, fiere nazionali e
internazionali alle quali partecipiamo attraverso i nostri
rappresentanti».
La rete vendita è fondamentale: consente di testare
la richiesta del mercato. «Il nostro progetto è ampliare
la fascia medio alta, facendoci maggiormente conoscere
raggiungendo il cliente attraverso forme pubblicitarie
alternative, e pubblicità internazionali avvalendoci dei
nostri stessi clienti di prestigio». La collezione di tailleur
firmata Teresa Tardia sembra già aver colto nel segno.
Non stupitevi, quindi, di vederne uno addosso a qualcuna delle bellissime: quelle che lo sono davvero nella
vita reale e nei luoghi che contano.
Il distretto tessile
di Martina Franca
La legge sui distretti di prossima approvazione da parte
della Regione Puglia renderà ufficiale quello che a Martina
Franca è un dato di fatto che si è costituito in oltre cent'anni:
un polo dell’abbigliamento tra i più importanti in Italia per la
produzione di capispalla. Dai capén e le capputtelle fabbricati
nella seconda metà dell’Ottocento in laboratori casalinghi e
venduti nelle piazze dei paesi vicini durante le fiere stagionali,
ai cappotti e alle stoffe esportate negli anni Venti anche in
Inghilterra, agli anni Novanta quando i capispalla (cappotti e
giacconi) fabbricati a Martina arrivano a valere il 40% del
prodotto interno lordo italiano per quanto riguarda la loro
commercializzazione, il polo dell’abbigliamento martinese ha
rappresentato un riferimento via via ben definito per la qualità
delle lavorazioni e l’organizzazione imprenditoriale. Ora c’è
la nuova frontiera: internazionalizzazione dei prodotti e incremento della qualtà. Fino all’alta moda.
14
foto
Videochiamata?
Si, grazie
«Benvenuti nel futuro». Questo messaggio
compariva qualche anno fa nelle presentazioni
dell’Umts, la terza generazione della comunicazione mobile. Non solo telefonate e sms, ma
videomessaggi, internet, mp3. Gli utenti del
telefonino più esigenti chiedevano novità sempre più vantaggiose e innovative: beh, serviti!
Videochiamata: il boom della telefonia si
chiama proprio così. Permette non solo
l’ascolto, ma anche la visualizzazione
dell’interlocutore. Ormai è una vera antagonista
della classica telefonata anche in termini di
costi. I numeri lo dimostrano: ben il 40% degli
utenti utilizza regolarmente questa forma di
comunicazione per il tempo libero e il lavoro.
di Fabio Bianco
Il fenomeno è ancora più importante se si
considera che gli over cinquanta, generalmente
restii alle novità, utilizzano la videochiamata
come utilissimo strumento di comunicazione,
grazie anche alla facilità di utilizzo e ai costi
non proibitivi dei videofonini.
In Italia, leader della videocomunicazione
mobile è H3G con oltre sei milioni e mezzo
di utenti. Una capillare diffusione del prodotto,
la qualità dei servizi e le continue offerte rivolte
a nuovi e vecchi utenti sono la ricetta d’un
successo. Provare per credere
la musica che ci gira intorno
Negramaro
una finestra sul successo
I
18
l nome degli studi di registrazione, a San Francisco,
dove è stato registrato La finestra, è una garanzia:
Plant Studios. La prosaica traduzione è: Studi Pianta.
L’inglese rimanda però a Robert Plant, il mitico
cantante dei Led Zeppelin. E forse la suggestione finisce
per avere un pò d’inconscio e intrinseco significato
rispetto a un disco che è ritenuto parecchio rock.
Supervisionato da Corrado Rustici, il nuovo album
dei Negramaro è stato pubblicato l’8 giugno scorso
anticipato sui circuiti radiofonici dal singolo Parlami
d’amore l’11 maggio. La finestra trasmette un senso
d’immediatezza calibrato sulla voce di Giuliano San-
Ermanno Carlà (Veglie, 17 febbraio 1977: basso), Danilo
Tasco (Salve, 26 marzo 1979: batteria), Andrea Mariano
(Copertino, 26 marzo 1978: pianoforte e sintetizzatori),
Andrea Pupillo De Rocco (Casarano, 30 settembre 1973:
campionatore) comincia otto anni fa nel Salento. Crescono con i concerti dal vivo, fino a interessare Caterina
Caselli, la grande cantante degli anni Sessanta oggi
produttrice con la Sugar. Nel 2001 i Negramaro vincono
il Tim Tour e sono tra i finalisti all’Mtv Brand New
Talent. Il primo album, Negramaro, è un disco rock. Il
loro primo successo è il singolo Come sempre, scelto
dalla Rai per la pubblicità celebrativa dei suoi
giorgi, che si amalgama al suono diretto del gruppo che
in sei delle quattordici canzoni si avvale anche dei Solis
String Quartet, formazione jazz napoletana. E ruberò
per te la luna è arricchita dagli inserti operistici del
Coro dell’Accademia di Santa Cecilia, mentre Cade la
pioggia ospita il rap tagliente di Jovanotti. Chiusura
con i quasi quindici minuti di È così, con acida conclusione.
L’avventura di Giuliano Sangiorgi (Copertino, 24
gennaio 1979: voce, chitarra e pianoforte), Emanuele
Lele Spedicato (Veglie, 26 ottobre 1980: chitarra),
cinquant’anni. Poi, dal disco successivo, la collaborazione con Corrado Rustici, il debutto a Sanremo con
Mentre tutto scorre che è scelta come canzone iniziale
del film La febbre di Alessandro D’Alatri con Fabio
Volo, infine il premio come Rivelazione dell’anno al
Festivalbar, porta d'accesso per le classifiche. Il grande
successo del tour italiano del 2005 induce i Negramaro
a pubblicare il dvd Mtv Live Negramaro. Un anno fa
ricevono il premio Best performance nelle finali del
Festivalbar a Verona.
Come il vitigno della loro terra dal quale prendono
il nome, i ragazzi salentini si rivelano sempre più un
gruppo capace di coinvolgere, talvolta di emozionare.
«Sembrerà strano, ma abbiamo trovato molto del nostro
Salento in California, a partire dai vini corposi come il
Negroamaro» hanno dichiarato al settimanale Sorrisi
e canzoni Tv. «Persino la mitica Cupertino, città della
Apple, è gemellata con la nostra Copertino...». E poi:
« Crediamo nell’emozione pura, nel sentire tremare le
gambe: i numeri li lasciamo agli altri, agli addetti ai
lavori. Io m’inginocchierei davanti al pubblico che grida
le nostre canzoni, perché è poi la gente che decide,
mentre qui in Italia c’è troppo poco rispetto verso il
pubblico. Ti giuro che noi ogni volta lottiamo per tenere
bassi i prezzi dei nostri biglietti e magari ci guadagniamo
venti volte meno. Ma abbiamo chiaro che è il pubblico
quello che fa la nostra storia e se siamo primi non è per
strategie di marketing, ma perché lo decidono i ragazzi».
Disco
grafia
La finestra è il quarto album dei Negramaro. L’esordio
è nel 2003 con il disco omonimo. Dell’anno dopo è 000577,
e del ‘05 Mentre tutto scorre. Il primo singolo, nel ‘03, è
Come sempre, seguito due anni dopo da Mentre tutto
scorre, Estate, Solo 3 min. e, nel ‘06, da Nuvole e lenzuola.
Dall’album di quest'anno è tratto Parlami d’amore. Nelle
classifiche, La finestra è arrivato al primo posto, Mentre
tutto scorre si è fermato al terzo.
Fenomeno
Zero
di Annalisa Scialpi
Sabato pomeriggio. L’auto sfreccia
sicura, poi sempre più impaziente.
La méta, lo stadio Arena della
Vittoria di Bari, si fa sempre più
vicina. La strada è attraversata da
pullman straripanti di zerofolli,
incuranti della calura. Il lungomare,
però, è una poesia di vele, bagnanti e immensità sconfinata
che promette l’azzurro d’una serata che veste con i profumi e
i paesaggi della terra di Puglia la magia dell’arte e della musica
di Renato Zero.
L’ingresso allo stadio è reso vario dal mercatino di fasce,
magliette, foto storiche dell’artista, cuoricini luminosi, fino alla
… biancheria intima! Finalmente siamo nello stadio. Troppo
tardi per la prima fila, ma comunque in buona posizione. L’attesa
si fa sempre più trepidante. Dagli spalti gremiti e spennellati
di tinte cangianti si lévano cori d’incitamento per il Re dei
Sorcini dopo la breve esibizione di Mariella Nava. Alcuni
intravedono i primi movimenti dietro il pannello semitrasparente
del palcoscenico. Aumenta l’entusiasmo, l’adrenalina, fino al
mitico conto alla rovescia.
Ci siamo, puntualissimi. Alle nove si spengono le luci. Il
nome di Renato, urlato, rimbalza nei cuori, nell'aria, nelle mani
sollevate quasi ad acchiappare un sogno vivente. Dopo il breve
balletto d’apertura, eccolo finalmente, con la sua voce, a vincere
la fatica di tanta attesa. Identikit, Svegliatevi poeti, Sosia,
Spiagge, Cercami, Baratto, Il triangolo, Vivere, L’ambulanza,
Il Maestro, D’aria e di musica, Magari, Sesso o esse, Il Cielo,
sono le canzoni, intervallate da monologhi ricchi di messaggi
edificanti, realistici eppure intrisi d’una grandissima umanità:
quella di un artista la cui creatività ed energia straripante si
unisce a una grande intelligenza e solida cultura.
Perché il sogno si nutre non solo di entusiasmo e di slancio,
ma di lavoro, fatica, impegno a migliorarsi in continuazione.
Per non dimenticare che il successo non è la fiamma dell’attimo
destinata a esplodere senza lasciare traccia, ma la fiaccola che,
nel suo corso verso l'eternità, si alimenta con l’olio della serietà
e della competenza, per mantenere accesa la luce della passione.
Ecco il messaggio che mi è sembrato di cogliere negli interventi,
nella fedeltà del pubblico, nell’evoluzione della sua esperienza
artistica (che seguo con grande interesse!), nella stessa puntualità
di questo straordinario artista che ha ricordato il «ricordati che
devi morire» come saluto dei frati e appello, per i politici
soprattutto, e per tutti noi, a costruire sui valori della cultura
e dell’umanità in un sistema «che considera gli uomini dei
numeri».
Renato Zero, con la sua testimonianza artistica e soprattutto
umana, mi ha insegnato che si può vincere, e che la vittoria più
grande è riuscire a essere se stessi fino in fondo, ed esserlo nel
miglior modo possibile vivendo, lottando, credendo per un
sogno e, naturalmente: «Amando/ amando» per «Vivere/ vivere/
una vita che so che c'è».
la musica che ci gira intorno
Antonio Dambrosio Ensemble
Rocco Scotellaro
S
poesia & musica
empre nuova è l’alba è il nuovo album
dell’Antonio Dambrosio Ensemble.
Sottintende fin dal sottotitolo, Omaggio
in musica a Rocco Scotellaro, l’idea
di riappropriazione dell’emozione ricavata dalla
propria storia culturale che è a fondamento di
un’operazione non solo musicale. Squilibri
Editore, che diffonde il lavoro, ne ha infatti
ricavato una pubblicazione. Per la musica e la
cultura tra la Puglia e la Lucania, ma in stretta
relazione al Mezzogiorno e al Mediterraneo, è
un evento.
L’Ensemble è composto, oltre che dal batterista e percussionista lucano Antonio Dambrosio, da Matilde Bonaccia e Francesco Tammacco (voci recitanti), Achille Succi (clarinetto e
sax alto), Vittorino Curci (sax alto), Nicola
Pisani (sax soprano e baritono), Giuseppe Amatulli (violino), Vanessa Castellano (violino),
Domenico Mastro (viola), Vito Amatulli (violoncello), Camillo Pace (contrabbasso), Pasquale
Mega (pianoforte), Pino Basile (tamburi a cornice, cupa cupa). A essi si aggiunge, nell’album
e spesso nelle performance pubbliche, il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola.
Riconosciuto poeta, Vendola si confronta
con la grande poesia di Scotellaro, il poeta
sindaco di Tricarico scoperto negli anni Cinquanta da Primo Levi, esaltata dalla musica
dell’Antonio Dambrosio Ensemble. «Nichi Vendola come Kerouac e Ginsberg. Nella mente i
reading della beat generation, ma nel cuore i
versi di Rocco Scotellaro, consegnati al jazz
identitario del percussionista e compositore di
Altamura Antonio Dambrosio (...) pezzi di un
puzzle della memoria che riconsegna
all’ascoltatore il mondo contadino di un protagonista assoluto della cultura e della tradizione
meridionale» ha scritto Francesco Mazzotta sul
Corriere del Mezzogiorno. Per archi, fiati, percussioni, piano e voci, Sempre nuova è l’alba
si rivela una coinvolgente partitura musicale
dove i suoni del jazz si mescolano al senso,
anche sonoro, della civiltà contadina, che era
anche senso di riscatto collettivo del Mezzogiorno.
Dambrosio ha scritto tutte le composizioni
del disco, tranne una melodia popolare lucana
riarrangiata. Vendola che legge Scotellaro rimanda un senso di sofferenza antica e di triste
forza: «Ma nei sentieri non si torna più indietro.
/Altre ali fuggiranno /dalle paglie della cova,
/perchè lungo il perire dei tempi /l’alba è nuova,
è nuova».
Antonio Dambrosio
in basso: L’Ensemble
21
la musica che ci gira intorno
MinAfric
Orchestra
È la nuova formazione di Pino Minafra, naturale
prosecuzione della Sud Ensemble. Ha debuttato il 28
giugno al Festival Bari’n Jazz e partecipa al Festival
Imaxina Sons di Vigo. «La MinAfric Orchestra, formata
da alcuni tra i più importanti musicisti italiani, nasce per
dare forza espressiva all’urgente pensiero compositivo di
Pino e Livio Minafra, musicisti (padre e figlio) nati in
Puglia e affermati nel panorama internazionale, che operano
e si ispirano alla loro madre terra: il Sud» si legge nel
comunicato di presentazione.
La formazione che ha esordito a Bari ha compreso: alle
trombe Pino Minafra, Marco Sannini, Vito Mitoli. Al sax:
Roberto Ottaviano, Gaetano Partipilo, Rossano Emili, Carlo
Actis Dato. Ai tromboni e alla tuba: Lauro Rossi, Giampiero
Malfatto. Alla chitarra elettrica: Domenico Caliri. Al pianoforte, alle tastiere e alla fisarmonica: Livio Minafra. Al
contrabbasso: Giovanni Maier. Alla batteria, ai timpani e
alle percussioni: Vincenzo Mazzone. Ospita Nabil Salameh,
voce dei Radiodervish.
«Intenzione primaria della MinAfric è quella di dare
Pino Minafra
voce e suono alle musiche del nostro tempo travagliato e
inquieto, volgendo lo sguardo su tutto l’orizzonte geografico,
musicale e culturale del Sud» si legge ancora. «Un progetto
intenso e articolato, che unisce con la musica le complesse
diversità musicali e culturali che circondano la nostra Puglia,
terra di approdo di tragedie umane ma anche di speranze e
culture. Una terra che per sua vocazione e posizione geografica è stata naturale ponte e porta nei secoli verso:
l’Oriente, il Mediterraneo, l’Africa, i Balcani e oggi verso
la nuova Europa».
23
la musica che ci gira intorno
Richard Sinclair
è tra i trulli la terra del grigio e del rosa
«
C’è un luogo dove posso
andare, /dove ascolto il
vento cantare. /Ci sono alcune persone che conosco /e tutto
mi ritorna». Richard Sinclair, mitico
bassista e cantante dei Caravan e
degli Hatfield & The North, ha ritrovato nei trulli della campagna
murgese la terra del grigio e del rosa
celebrata nel disco più bello dei Caravan, In the land of grey and pink
appunto, 1972.
Cinquantanove anni, gli ultimi
quaranta trascorsi suonando tra
l’Inghilterra, il nord Europa, gli Stati
Uniti e il Giappone e cantando con
la voce forse più caratteristica del
pop inglese, Sinclair è venuto a vivere in Puglia l’inverno scorso. Ha
lasciato la natìa Canterbury, dove il
padre era ebanista nella cattedrale
e lui aveva iniziato negli anni Sessanta in quella che si sarebbe rivelata
la fucina forse più creativa di talenti
della scena musicale inglese dei primi anni Settanta, per acquistare un
trullo nella campagna della Murgia
dove vive con la moglie Heather.
Terminata definitivamente la reunion degli Hatfield & The North
iniziata nel 2005 a Fasano Jazz e
proseguita, tra concerti in Europa,
in Giappone e negli Stati Uniti, fino
alla morte del batterista Pip Pyle
l’estate scorsa, Sinclair ha scelto
d'invecchiare in Puglia. L’aveva scoperta negli anni scorsi suonando nel
Salento, a Fasano, a Taranto, e formando addirittura un gruppo, la
Taranterbury Band of Dreams, con
musicisti pugliesi e l’amico chitarrista
Phil Miller, anch’egli negli Hatfield
& The North, per suonare tre anni
fa alla Festa de l’Unità a Taranto.
Oggi il quartetto, con Angelo Lo
Sasso alla batteria, Antonio Cascarano al basso e Gianluca Milanese
al flauto, ha esordito all’Università
di Lecce a maggio come Richard
Sinclair Band, e prevede un’attività
regolare dall’estate in poi.
Un sogno di Richard sarebbe invitare in Puglia l’amico Robert Wyatt.
Il grande cantante ed ex batterista
dei Soft Machine, il gruppo più sperimentale, visionario e celebrato di
The rotters’ club,
1975, e il primo
omonimo disco degli
Hatfield
& The North, 1973,
in primo piano,
restano esempi
di grande musica
creativa degli
anni Settanta.
Canterbury, su una sedia a rotelle
dal 1973, quando cadde lesionandosi
in permanenza la spina dorsale, pubblicherà in autunno il suo nuovo
disco, realizzato con Brian Eno e
Paul Weller. Il suo capolavoro è
Rock bottom, uno dei dischi migliori
degli anni Settanta, dove Richard
suona. «Potrei ospitare Robert a casa
mia il prossimo anno. E se qualcuno
gli organizzasse delle conferenze
nelle università e nei conservatori,
potrebbe parlare della sua musica».
27
Soft Machine Legacy
John Etheridge (chitarra), Theo Travis (fiati), John Marshall (batteria
e percussioni), Hugh Hopper (basso): sono i Soft Machine Legacy, ultima
reincarnazione d’uno dei gruppi più leggendari di quella musica totale tra
pop, jazz, folk, sperimentalismo e avanguardia che costituisce l’aspetto più
visionario del Canterbury sound. I Soft Machine hanno all’attivo almeno
un album, Third, del 1970, che è tra i capolavori della musica. Di quel
leggendario quartetto faceva parte Hopper (con Mike Ratledge, Robert
Wyatt ed Elton Dean). John Etheridge ha fatto brevemente parte d’una
versione tarda del gruppo, mentre John Marshall sostituì Robert Wyatt nel
1972 provenendo dai Nucleus. Theo Travis, invece, non ha mai fatto parte
di precedenti formazioni dei Soft Machine. Ha sostituito Dean, grande
sassofonista scomparso un anno fa, che con Hopper aveva rifondato il
gruppo. Due anni fa Travis era a Fasano Jazz con Richard Sinclair e gli
Hatfield & The North. Quest'anno ci è tornato con i Legacy.
la musica che ci gira intorno
Per il vostro impianto
di Santino Mandolla
(e le vostre orecchie)
C
omincio con un chitarrista di Dallas
da noi sconosciuto, ma dalle sue
parti apprezzato per le doti nel jazz
blues. È Chris Cortez con il suo album
Mum is the world. Per me è stata una piacevole
sorpresa: uno che vive di musica a tempo pieno
e si occupa di arrangiamenti, di produzione
(l’etichetta discografica del disco è di sua proprietà), di registrazioni, oltre a suonare nei locali
notturni.
dal blues più tipico, ma molto moderno nell’uso
dello strumento, al jazz più blasonato ricordando
l’old jazz, facendo ampio uso della tecnica
fingerstyle che consiste nell’utilizzo
dell'alternanza tra il correre sulle corde basse
della chitarra e l’uso degli accordi su tutta la
tastiera: un pò come sul pianoforte. Il disco è
bello e si lascia ascoltare senza stancare. Tutte le tredici
composizioni sono registrate davvero bene, con buona
evidenza dei dettagli d’ogni singolo strumento e anche
della voce, calda e tipicamente blues.
L’altro album che propongo è l'ultimo lavoro di Pat
Metheny e Brad Mehldau, il secondo insieme. I due
sembra che si conoscano a memoria. Non risultano mai
banali, anche se il modo di suonare di Metheny ormai
lo riconoscerei fra un milione di chitarristi. Sono tutte
belle le tracce dell'album. A differenza del primo, un
pò più tecnico e oserei dire sperimentale, questo risulta
emotivo, morbido, con la ritmica che si adegua e si
fonde al gioco delle parti. Il suono è ben dettagliato e
coinvolgente, senza chiariscuri. La musica scivola come
un buon distillato, pronta a entrare nel cuore e nella
mente.
E veniamo alla musica da ascoltare e da vedere. Vi
propongo due concerti in dvd davvero strabilianti, di
quelli che ti fanno venire la pelle d’oca al primo ascolto
e che poi diventano una chicca nella vostra discoteca,
27
e che poi diventano una chicca nella vostra
discoteca, magari da presentare agli amici in
qualche pomeriggio d’inverno o in una notte
insonne d’estate.
Il primo è un concerto della poderosa Dee
Dee Bridgewater del luglio 2005 e dedicato alla
musica francese. Qualcuno potrà obiettare: «Ah,
la musica francese: dù palle...». Vi assicuro
invece che lo show è così vario, intenso, con
musicisti dal grande valore creativo, ritmico, e
con una interpretazione magica della cantante,
che modernizza le classiche chançons in piccole
perle di nuova concezione musicale pur senza
stravolgerle, donando nuove emozioni e piacevoli sensazioni, con arrangiamenti di buona
fattura e una vitalità ed energia che solo i grandi
professionisti possono vantare. In particolare
il signor Marc Berthoumieux all’accordion
(fisarmonica con i bottoni) e il chitarrista Louis
Winsberg, grande conoscitore dello strumento.
Basti pensare che spazia abilmente dal flamenco
al jazz, dal blues all’etnica. In bella evidenza
anche il percussionista Minino Garay. Qualità
sonora eccellente, quella video buona.
Il secondo concerto che
vi segnalo è un doppio
dvd che ritrae un importante appuntamento
per la raccolta di fondi a
sostegno della lotta al
diffondersi delle droghe
e dell’alcol promossa da
Eric Clapton. L’evento,
tanto per cambiare, si
chiama Crossroads e si è
svolto a Dallas il 4 giugno
2004. In buona sostanza
è un guitar festival in cui
si alternano musicisti di estrazione prevalentemente blues. Ne cito solo alcuni perchè sono
davvero tanti: Joe Walsh, B.B. King, Larry Charlton, John Mc Laughlin, John Mayer, Buddy
Guy, Jimmie Vaughan … Anche questo filmato
lo consiglio non solo agli amanti del blues, ma
anche a tutti quelli della buona musica. Prima
o poi, qualche amico ritornerà a casa vostra e
vi chiederà: «Mi fai risentire quel concerto che
mi è rimasto qui?».
Eric Clapton
Suoni e dintorni
di Anna Rita Carucci
La fonte d’ispirazione e l’obiettivo primario di Primal Company è il suono.
Partiremo dai concetti base, che ci permetteranno di conoscere
meglio questo fenomeno in tutte le sue forme e i suoi aspetti.
Il suono è distinto da tre caratteristiche fondamentali: intensità,
altezza e timbro.
L’intensità misura l’energia convogliata dall’onda sonora
nell'unità di tempo sulla membrana del timpano. Ne deriva che
un suono è percepito più o meno intenso.
L’altezza del suono è determinata dalla sua frequenza. Se la
frequenza è alta il suono si definisce acuto. Se invece è bassa,
il suono si definisce grave.
Il timbro è la qualità che, a parità di frequenza, distingue un
suono da un altro. È determinato dalla natura, forma e composizione della sorgente sonora e dalla maniera in cui essa è posta
in oscillazione. Questa proprietà del suono ci permette di distinguere una sorgente sonora dall’altra.
La sensibilità dell’orecchio umano al suono varia a seconda
degli individui e dell'età. Affinché un suono sia percepito non
basta che sia compreso in un range di frequenza, ma è necessario
che esso abbia anche una sufficiente intensità. Il valore minimo
dell’intensità d’una determinata frequenza stabilisce la soglia di
udibilità d’un suono. Sotto tale valore, il suono non sarà più
percettibile. Se l'intensità è invece troppo alta, il suono darà
luogo ad una sensazione sgradevole definita soglia del dolore.
L’unita di misura del suono è il decibel (db). L’orecchio
umano può percepire da quasi 0db a circa 100db. A partire dai
120db si comincia ad avvertire una sensazione dolorosa.
Il campo sonoro è la piena immagine sonora riprodotta. È
composto dal suono diretto, dai primi suoni riflessi e dalle
riverberazioni. Il suono diretto è quello riprodotto direttamente
dalla sorgente sonora. I primi suoni riflessi sono quelli che
raggiungono l’orecchio umano dopo essere rimbalzati contro le
pareti e il soffitto. Le riverberazioni si originano in seguito alle
successive riflessioni del suono su differenti superfici.
La domotica è il sistema che, sfruttando la scomposizione
del suono in suono diretto e primo suono riflesso, cerca di ricreare
nell’ambiente un effetto realistico pari a quello di un’esecuzione
dal vivo mediante l’utilizzo di due o più diffusori, dislocati
tenendo conto delle caratteristiche dell’ambiente.
si, viaggiare
Volare
low cost
H
o scoperto le compagne low cost nel 2001.
Ero completamente al verde, ma volevo
andare in Francia. Una mia amica francese
mi parlò d’una compagnia chiamata
Easyjet. Nonostante la mia avversione per il
tecnologico, visitai il sito e un mese dopo ero
a Parigi con un biglietto di andata e ritorno
pagato ottantamila lire.
Non c’è nulla di strano dietro i prezzi delle
compagnie low cost. Il sistema è molto semplice:
non si appoggiano ad agenzie, il biglietto si
compra solo on line, non c’è emissione cartacea
del biglietto ma solo una e-mail di conferma
con un numero di riferimento da fornire al
momento dell’imbarco, non sono serviti pasti
gratuiti a bordo. Nella maggior parte dei casi,
in volo si può acquistare di tutto: dal cibo (da
non perdere i muffin in vendita da Ryanair) ai
gratta e vinci. Si possono anche noleggiare film.
Le norme sui bagagli sono severe: se si eccede
il peso indicato dalla compagnia, si pagano
penali molto alte per ogni chilogrammo in
eccesso.
Dal 2001 ho visitato circa quindici destinazioni europee. Il prezzo maggiore è stato di
settantacinque euro andata e ritorno. In media
il costo di cinquanta euro andata e ritorno. Poi
c’è Londra, che adoro e dove torno anche più
volte l’anno. Il biglietto lo acquisto sempre con
30
di Dalmazia Fumarola
largo anticipo, così riesco a pagare tra i trentasei
e i quarantaquattro euro andata e ritorno.
Viaggiare low cost richiede un cambio radicale di abitudini. Occorre pensare in termini di
piccole vacanze di tre, quattro giorni, poi ridurre
al massimo il bagaglio e andare dove il low cost
ti porta. Finalmente anche in Puglia da un paio
d’anni è possibile viaggiare low cost. Ho dato
per voi un occhiata alle offerte e sono davvero
interessanti. Da Bari, con Ryanair potete raggiungere Londra e Francoforte. Con Tuifly,
Colonia, Monaco e Stoccarda. Con Blu Express,
Bologna e Roma. Infine, con Myair, Bucarest,
Genova, Ibiza, Milano e Parigi. Non male, anche
se molti voli sono solo stagionali.
Ho elencato solo queste compagnie perché
ho già avuto modo di sperimentarle personalmente. Tranne qualche piccolo ritardo, non ho
avuto mai alcun problema. Se non volete usare
la vostra carta di credito, potete sempre affidarvi
a una carta prepagata sulla quale avrete versato
solo l'importo per acquistare il vostro biglietto.
Se avete deciso di viaggiare low cost, non affidatevi a siti internet che propongono il prezzo
migliore tra diverse compagnie, perché dovrete
poi pagare un sovraprezzo per il servizio. Il
primo passo è registrarvi presso i siti delle
compagnie. In questo modo vi arriveranno
sempre le migliori offerte. Poiché i posti a prezzo
ridotto sono piuttosto limitati, la velocità è
tutto. Se trovate un volo andata e ritorno a
cinquanta euro, non dovete pensarci su: anche
solo un paio d’ore potrebbero far variare il
prezzo.
I viaggi low cost non sono solo per studenti
squattrinati: approfittate per iniziare a viaggiare
quando i vostri figli hanno meno di due anni.
Non solo viaggeranno gratis, ma inizieranno
da subito ad adattarsi a situazioni diverse da
quella della casa dei nonni. Mio figlio, che ha
quasi tre anni, ha fatto il suo primo viaggio a
dieci mesi. Nonostante sia figlio di madre martinese e padre tarantino, e che sia cresciuto a
Roma, i suoi piatti preferiti sono lo stinco di
maiale arrosto e il gulasch.
LAVAGGIO DI TAPPETI PERSIANI
PULITURA DI RENNA E SCAMOSCIATI
TINTURA DI PELLI LISCE
RISTRUTTURAZIONI DI DIVANI IN PELLE
LAVAGGIO DI LANA PER MATERASSI E CUSCINI
RIPARAZIONI DI SARTORIA
Viaggiare è bellissimo ed economico sia in Italia
che all’estero. L’unica accortezza dev’essere
sempre di partire con una buona guida (personalmente consiglio Routard e Lonely Planet).
Mi piacerebbe darvi altri consigli su come convincere i vostri genitori o i vostri compagni,
come viaggiare senza stress con bimbi piccoli,
come ottimizzare i bagagli e trovare sistemazioni
economiche o addirittura gratis. Magari potreste
farmi voi delle domande, oppure partendo dalle
destinazioni raggiungibili da Bari e Brindisi, e
dalle mie esperienze, potrò darvi delle indicazioni su come spostarvi, dove dormire e mangiare.
Inviate la vostra e-mail a :
[email protected]
Via Paolotti, 66
Martina Franca (Ta)
cell. 320.2581966341
Orientarsi nel mondo dei gps
Gps (Global planning system) è la sigla che identifica un programma
in grado di localizzare una sorgente satellitare in un punto qualsiasi del
globo terrestre utilizzando uno o più satelliti. Esso la riporta su una
mappa per consentire a chi lo utilizza di conoscere costantemente la sua
posizione, e pianificare un percorso per raggiungere una qualsiasi meta:
un ristorante, un albergo, una stazione di servizio, un parcheggio.
Questo sistema, nato inizialmente per scopi militari, è una delle
nuove frontiere del car navigation. Se fino a qualche anno fa era un
accessorio di lusso su auto di case prestigiose, con prezzi a dir poco
proibitivi, oggi anche case costruttrici di fascia inferiore montano come
optional sistemi di navigazione con prezzi intorno ai duemila euro.
Questo calo dei costi e una conseguente maggiore diffusione del sistema
indicano un settore in continuo sviluppo e con delle potenzialità ancora
molto elevate.
Aziende leader nel settore come TeleAtlas parlano già di sistemi di car
navigation che rileveranno automaticamente il limite di velocità della
strada che stiamo percorrendo impedendoci di superarlo, e le cartografie
ci segnaleranno l’avvicinarsi d’una curva pericolosa o un’interruzione
del traffico facendo rallentare la nostra auto. Anche il sistema
d’informazioni sul traffico, Tmc Rds, ci aiuterà a evitare ingorghi e code
scegliendo per noi un percorso alternativo. Potremo inoltre interfacciare
questi dispositivi con il cellulare per contattare l’albergo o il ristorante
segnalato sulla mappa e prenotare.
Il settore non si limita all’utilizzo da parte dei soli automobilisti, ma
si sta evolvendo per accogliere le esigenze dell’utente su qualsiasi mezzo,
senza escludere l’uso a piedi. Grande attenzione stanno suscitando i
navigatori cosiddetti portatili, realizzati in materiali ergonomici e
tecnologia touch screen, dalle dimensioni assai ridotte per essere utilizzati
ovunque.
Crediamo che questa tecnologia abbia già raggiunto un livello di
utilità elevato, ad la esempio la possibilità di rilevare la presenza di
autovelox, opzione richiesta da chi viaggia molto. L'aumento della
domanda sugli apparati per lo spostamento e la navigazione fa presagire
l’arrivo di apparecchiature che incrementeranno le attuali funzioni.
si, viaggiare
Villa San Martino
chi ama soltanto il meglio
U
na scommessa vinta. È Villa San Martino, relais cinque stelle tra Martina
Franca e Taranto dove l’armonia, il
benessere, la ricerca del bello trovano
soluzioni d’incontro sia all’esterno che
all’interno della struttura.
Sembra echeggiare uno dei celebri aforismi
di Oscar Wilde: «Sono di gusti semplici: mi
piace soltanto il meglio». Le stampa e i dipinti
antichi, i tessuti ricercati e i mobili
d’antiquariato, così come la funzionalità tranquilla e riservata degli ambienti e del centro
benessere, danno la sensazione d’un porto
d’arrivo. «Era una scommessa fare da queste
parti un cinque stelle di lusso rivolto a un
pubblico medio alto, colto, disposto anche al
turismo culturale rispetto al quale Martina, con
il suo centro storico, ben si presta» dice Martino
Solito, titolare d’una importante impresa di
restauri e restauratore egli stesso, proprietario
di Villa San Martino.
Tra gli ospiti di riguardo, spesso in incognito
perché alla ricerca di tranquillità, c’è Vittorio
Sgarbi, che considera Villa San Martino l’unica
struttura pugliese in grado di stare alla pari con
la sua preferita, Masseria San Domenico, lungo
la marina di Fasano. «Ci riteniamo abbastanza
soddisfatti di questi primi due anni» dice Solito.
«Quello che più ci fa piacere è l’apprezzamento
dei clienti per la ristorazione, in particolare per
la cucina mediterranea». La clientela, che accede
al relais attraverso la promozione dei tour
operator, è in prevalenza internazionale: americani, polacchi, messicani, russi, giapponesi,
tedeschi. Solo ad agosto è esclusivamente italiana. Benché la struttura sia nuova, i clienti si
stanno fidelizzando. «Abbiamo prenotazioni di
clienti americani per tutto il 2008 e il 2009»
spiega Solito.
Il successo dell'ambiente porterà a un ampliamento degli edifici di Villa San Martino. Tra
breve cominceranno i lavori, che dovrebbero
33
essere terminati, secondo il programma , entro un anno.
Molto influisce la destagionalizzazione del turismo.
Servirebbe però una politica turistica da parte delle
autorità pubbliche che invece manca. «Non è una
fantasia che questo territorio abbia delle enormi potenzialità» riflette Solito. «La gente non lo conosce abbastanza, e quando ci viene ne rimane entusiasta. I visitatori
apprezzano tutta questa parte della Puglia, dove Martina
Franca è al centro non solo della regione ma anche
delle tre località che ospitano patrimoni dell’Unesco:
Matera con i Sassi, Alberobello, Castel del Monte.
Inoltre, è ancora una volta centrale al romanico pugliese
e al barocco leccese». Occorre però migliorare
Sicurezza Informatica e Privacy
per Aziende e
Pubbliche Amministrazioni
info: 3933364920
w w w. s e c u r i t y 4 n e t w o r k . i t
34
l’accoglienza. «C’è molto lavoro da fare in questo senso»
evidenzia il proprietario di Villa San Martino. «Dallo
stato di conservazione delle strade al decoro e
all’accoglienza generale, dovremmo lavorare in sinergia
per poi offrire dei pacchetti turistici integrati rispetto
alle diverse risorse del territorio. Se ci riusciremo, la
Puglia potrà essere quello che è stata la Toscana a partire
dagli anni Ottanta, come del resto conferma il mercato
immobiliare che attrae acquirenti stranieri, soprattutto
gli inglesi per i trulli».
La questione è complessa, e può essere risolta solo
attraverso la collaborazione tra pubblico e privato.
40
si, assaggiare
di Pierluigi Frassanito
Il gusto
della curiosità
N
on tutti si accontentano di
dare un’occhiata ai posti, per
segnare la tacca sulla loro
lista personale e poter dire di
essere stati in un luogo. Chi
vuole conoscere davvero, in primo
luogo mangia. E non solo: prima
cerca, poi cammina, osserva, annusa,
ma alla fine soprattutto assaggia.
Il viaggiatore curioso della Puglia,
per esempio, certe sere d'estate si fa
una passeggiata per i vicoli di Cisternino, ancor prima che faccia buio.
Lo fa per godersi il borgo bianchissimo un pò prima che sia affollato
dalla vita della sera, finchè è ancora
solo abitato da qualche anziana signora seduta sulla porta di casa. E
poi si fa venire fame: un pò perchè
ha camminato apposta, un pò perchè
aprono le rosticcerie e iniziano a
cuocere la carne sotto al naso di chi,
senza nemmeno saperlo, non aspettava altro che quell’odore.
Le rosticcerie di Cisternino sono
nascoste sotto archi minuscoli e dietro angoli insospettabili. Di giorno
sono comuni negozi di macellaio,
ma al tramonto dimenticano di chiudere. Il curioso che si è fatto venir
fame può sedersi ai tavolini sparsi
fra i vicoli e ordinare, ma meglio
ancora può alzarsi subito dopo, andare al banco del macellaio e scegliere attraverso il vetro cosa mangerà, puntando le salsicce con il dito.
Quello stesso viaggiatore durante
il giorno si concede il lusso di guadagnarsi il pane sul serio. Stanco
dei pani leggeri e senza personalità
che ha dovuto sorbirsi altrove, pani
del supermercato che fingono di
essere caldi di forno e invece sono
stati fatti un altro giorno ed erano
surgelati poco prima, va a cercare
qualche fornaio delle Murge. Ad
Altamura i forni a legna sono un
pezzo del paese: piccole strutture
architettoniche con cappe gigantesche frequentate da fornai silenziosi,
armati di pale lunghissime per mantenere le distanze dall’inferno dove
cuoce il pane. Un pane ricco e pesante, che invece di accompagnare
nutre, fatto con la farina di semola
dell’Alta Murgia e il lievito madre,
che in ogni forma lascia la traccia
di tutti quelli precedenti perchè ottenuto dalla fermentazione della
pasta del giorno prima. E dall’inferno
escono grandi cappelli dorati, che
il curioso spezza infilando le mani
nell’involucro di carta, perchè il pane
buono è buono anche da solo. Non
può aspettare pomodori e salumi:
s’inizia a mangiarlo per la strada.
Non ancora sazio, il viaggiatore
cerca infine i latticini, per i quali
non c’è terra in cui la produzione
sia più vicina al consumo della Puglia. In special modo ogni paese a
sud di Bari e a nord di Brindisi è
affollato di caseifici. I negozi non
sono che la parte visibile dell’iceberg
di chi fa il formaggio nel retro, in
stanze rumorose e piene di vapore
dove persone vestite di bianco sfidano l’acqua bollente per lavorare e
spezzare a mano la pasta filata. O
per ricavarne un palloncino che conterrà panna fresca, e ancora pezzi
di pasta e dargli il nome promettente
di burrata. O, ancora, per dare vita
al campionario dei formaggi che più
freschi non si può, che proprio per
questo meritano di essere mangiati
il più vicino possibile a casa loro.
La filiera non potrebbe essere più
corta, il ciclo più continuo: i prodotti
arrivano in esposizione dopo un
viaggio di cinque metri. Mordendo
felice una mozzarella fatta l'attimo
prima, dopo averla cercata, camminata, guardata e annusata, probabilmente il viaggiatore curioso non ha
più voglia di pensare. Al limite, a
fine pasto, avrà trovato una nuova,
intrigante definizione di buono:
qualcosa che, quella stessa mattina
e a una piccola distanza, era ancora
dentro a una mucca.
37
È un salume di riferimento nel panorama
dell'alimentazione in Italia, in particolare per quanto
riguarda lo slow food. Da qualche tempo dispone anche
d’un disciplinare di produzione che è considerato un
esempio rispetto alla più generale organizzazione della
filiera dei salumi. Il capocollo di Martina Franca, da
prodotto artigianale di nicchia, sta sistematicamente
valorizzando le sue qualità.
Merito di Angelo Costantini, presidente
dell’Associazione produttori del capocollo di Martina
Franca che riunisce allevatori, produttori, tecnici e
ristoratori che costituiscono l’intera filiera del prezioso
salume. Un protocollo d'intesa, sottoscritto con la
Coldiretti e gli enti locali, consentirà, attraverso la
collaborazione con l’Università di Bari, di recuperare
il patrimonio generico degli antichi allevamenti tradizionali, migliorando sempre più gli standard di sicurezza
alimentare e di qualità.
42
si, assaggiare
È,
My Wine
il vino come tendenza
quello pugliese, sempre
più un vino di qualità?
Secondo Unioncamere, si.
Ed è proprio questa la soluzione vincente sul mercato mondiale. Con una
produzione di 376mila ettolitri di
vino doc (denominazione di origine
controllata) e 1,3 milioni di ettolitri
di vino igt (indicazione geografica
tipica) realizzata da circa trentacinquemila aziende viticole, il vino pugliese si caratterizza come una realtà
in espansione.
Ciò avviene anche perché, a differenza di qualche anno fa, si è puntato in termini d’immagine al vino
come tendenza. «Grazie a marketing,
controllo delle reti distributive e ai
vini di pregio a doc e igt, si prevede
una crescita del fatturato e delle
esportazioni» dichiara Antonio Bari-
le, presidente della Cia (Confederazione italiana agricoltori) Puglia. Un
evento utile a questa soluzione è
stato, a luglio, la terza edizione di
My wyne.
Organizzato dalla stessa Cia e
dall’associazione «Mare di … vino»,
il My wyne è, dice il presidente degli
agricoltori pugliesi, «un evento ambizioso, destinato a diventare un momento clou dell’estate 2007, che punta alla valorizzazione delle aziende
vitivinicole pugliesi con la partecipazione di ospiti di eccezione, esperti
del settore, in un connubio tra musica
e palato, e con un unico obiettivo:
promuovere e dare visibilità all’estero
alla terra di Puglia, su quanto essa
riesce a creare e a trasformare».
Nel 2006, My wyne
ospitò dieci operatori internazionali e importatori
di vino, otre a giornalisti e a dieci
aziende
vitivinicole selezionate,
secondo un
programma che
ha previsto itinerari culturali e visite
guidate nelle aziende.
L’evento ha prodotto
quattro trattative commerciali, oltre a un significativo ritorno d'immagine. Quest’anno invece, a luglio, My wyne si è svolto
nella location di Villa Pantaleo, set-
tecentesca dimora storica a Taranto,
dove le aziende vinicole hanno allestito uno spazio per la degustazione
e la promozione dei vini, accompagnata da prodotti tipici pugliesi. La
degustazione è stata tenuta da un
accademico dell’Università di Pisa,
e ha riguardat cinque etichette di
vitigni autoctoni e caratteristici, di
annate differenti. La manifestazione
ha inoltre incluso un percorso apposito per gli operatori del vino, che
nei tre giorni di permanenza
hanno potuto visitare le
principali aree viticole
del territorio
gliese con le risorse naturali e le testimonianze storiche che lo caratterizzano.
Salvaguardia dell’ambiente, sicurezza alimentare, promozione delle
opportunità di sviluppo delle imprese
e di diffusione delle innovazioni,
organizzazione di attività culturali
per esaltare i valori del mondo rurale:
questo è stato, anche, My wyne. Il
senso finale dell’evento è stato conccretizzare un patto tra agricoltura e
società che spiega, per certi aspetti,
perché la Puglia registra, con il 10,2%,
l’incidenza più elevata del settore
vitivinicolo sul totale dei settori produttivi agricoli.
39
Adotta una vigna
Atelier del Vino: è l’iniziativa della Coldiretti che consente
di … adottare una vigna e farsi da sé il proprio vino. I costi:
480 euro per circa centoventi metri quadri di vigna, dai quali
ricavare altrettante bottiglie di vino.
È possibile visitare la vigna adottata quando si vuole, e seguire
le fasi della produzione: dalla vendemmia all’imbottigliamento.
Diversi vip hanno scelto il vino fai da te: da Gerard Depardieu,
il cui Zibibbo è molto richiesto nel suo ristorante di Parigi, a
Jarno Trulli. Anche un pugliese onorario, Lucio Dalla, che incide
i suoi dischi alle isole Tremiti, ha scelto di farsi il vino. Alla
Puglia ha però preferito la Sicilia, dando al vino un nome
opinabile ma accattivante: Stronzetto dell’Etna.
40
storia e storie
Fosco Marini
dipinto da Topazia Alliata
Trully yours
Fosco,
Fosco,Toni
Toni ee la
la Puglia
Puglia
«
Il rapporto con la Puglia, anzi le Puglie,
come avevo sentito un tempo dire,
risale al mio lontano passato d’infanzia.
Nel 1947, o forse era fine ‘48, dopo che era
tornato dal suo viaggio in Tibet, mio padre,
recatosi dalla Sicilia in Sila con mia madre
per sciare, conobbe Diego De Donato».
È antico il legame di Fosco e Toni Maraini
con la Puglia. Scrittrice, poeta, storica dell’arte
e studiosa del Maghreb, Toni è la più cosmopolita delle sorelle Maraini: oltre a lei Yuki,
cantante, musicista e musicologa, scomparsa
alcuni anni fa, e la primogenita Dacia, celebre
scrittrice. Nata in Giappone, ha vissuto in
Italia, in Inghilterra, in Francia, negli Stati
Uniti, in Marocco, dove ha insegnato storia
dell’Arte all’Università di Rabat, prima di
tornare a Roma dove vive e lavora. «Ho calcolato che dalla mia nascita in Giappone ad
oggi ho cambiato 27 volte casa, e 6 volte
nazione di residenza» ha scritto in La lettera
da Benares, splendido dialogo immaginario
con il padre Fosco pubblicato dall’editore
palermitano Sellerio. Prende spunto da una
lettera a lei scritta nei primi anni Sessanta ma
mai inviata, e ritrovata riordinando i carteggi
di Fosco nello studio fiorentino dopo la sua
morte, tre anni fa.
La Puglia vi ricorre spesso. «Oggi, ti scrivo
da Alberobello. Ho amici in Puglia che da
Santa Cesarea, Otranto e Lecce ad Alberobello
e Martina Franca mi hanno offerto una patria
al Sud. Mi permetto di ribadire l’appartenenza
al Mediterraneo, mio punto di osservazione
ed esistenza. Pensiero meridiano, dice Cassano. Il Giappone resta iscritto nei miei documenti: Antonella Maraini, italiana, nata a
Tokio. Ho anche qualche persona amica in
Calabria e in Sicilia, e le amicizie, nel Sud,
sono qualcosa di prezioso». Dell’amicizia tra
Toni e Fosco Maraini,
Roma, 1959 (particolare)
41
Fosco e Diego De Donato dice: «Erano molto
diversi, ma li accomunavano entusiasmi e
interessi: per il Sud come per la natura, per la
scrittura come per la fotografia, e anche animate discussioni sul mondo e la politica analizzati da punti di vista talvolta diversissimi».
Ne scaturì un libro cult sull’Oriente, edito nel
1951 da De Donato con le allora Edizioni
Leonardo Da Vinci e tradotto in tutto il mondo: Segreto Tibet. Fosco Maraini attingeva
alla seconda spedizione nella remota regione
dell’Asia con l’orientalista maceratese Giuseppe Tucci. La prima, del 1938, aveva trovato
spazio, con le prime foto scattate da Maraini
in quella parte del mondo, nel libro edito
l'anno dopo da Vallecchi, Dren Giong, esordio
letterario d'uno dei più grandi viaggiatori del
Novecento.
«Mio padre, a Bagheria, nel piccolo appartamento di servizio in cui vivevamo, s’immerse
nella redazione di Segreto Tibet» ricorda Toni.
«Io ero piccola, ma tra ricordi mirabolanti e
lontani sentivo parlare d’un amico, Diego, col
quale mio padre corrispondeva inviando lettere
alla lontana Bari. Dove fosse la Puglia mi era
poco chiaro. Nel continente, si diceva in
Sicilia d’ogni cosa situata oltre lo Stretto. Poi,
attorno al 1960, quando già ci eravamo spostati
a vivere nel continente e io avevo lasciato
polemicamente e per sempre dietro di me la
Sicilia, mio padre decise che era ora per me
di conoscere meglio il Sud e di fare un viaggio
in Grecia. Partimmo, con altre due persone,
da Roma in direzione di Otranto su una vecchia auto, e la strada sembrava interminabile
e stretta. Avvicinandoci alla regione dei trulli,
mio padre si animò come se dovesse farmi
scoprire una meravigliosa cosa recondita e
misconosciuta. Ci fermammo a lungo ad Alberobello, poi visitammo Martina Franca e
altri luoghi che non ricordo. Mi ricordo però
con quanta solerzia mio padre parlava dei
trulli, di somiglianze con forme architetturali
asiatiche, di barocco, e poi di ulivi, sassi e
natura e Mediterraneo. Raggiungemmo Otranto e la Puglia divenne le Puglie, cioé una terra
con molteplice genus loci o identità».
Diego De Donato pubblica i libri di Fosco
Maraini fino agli anni Settanta. La Puglia
aggiunge una dimensione nuova al Mezzogiorno che lui aveva scoperto attraverso la Sicilia
42
della moglie Topazia e che, dice Toni, «gli
aveva insegnato molte cose: un rinnovato
contatto con la natura, un certo pathos romantico, delle verità che l’antropologia culturale stava cercando di capire e far valere,
l'audacia della differenza». L’incontro con la
Puglia «aggiunse una dimensione importante:
gli permise di approfondire e allargare il concetto di Mezzogiorno, visto però più con moto
romantico, cioè il Sud come area
d’incontaminati aspetti, o reperti, naturali e
culturali, che socio politico». Fosco partecipa
al progetto Nostro Sud «al quale molto teneva
Diego De Donato e che vide anche la collaborazione di Rocco Scotellaro». Lo studioso
fiorentino e l’editore barese esplorano il Mezzogiorno raccogliendo del materiale fotografico
eccellente. Il progetto si realizza in parte. «Il
richiamo dell’Asia e del Giappone fu per mio
padre più forte di quello del Sud». Per conto
di De Donato, Fosco Maraini compie allora
un lungo viaggio attraverso l'Asia in India, in
Nepal, in Thailandia, in Cambogia, in Corea,
in Giappone.
Anche i suoi celebri e curiosi giochi di
parole trovano espressione nei libri pubblicati
dall’editore barese. Scrive Toni in La lettera
da Benares: «Il termine ‘fànfole’ lo hai poi
usato nella prima edizione uscita a Bari nel
1966 presso la casa editrice del tuo amico
Diego De Donato (lito stampa Dedalo). La
copia in mio possesso di quella prima edizione
mi fu data da Rosina. All’interno, tracciata a
mano, la tua dedica a Rosina è fànfolicamente
affettuosa: «A’ Sciapaccherona!». Il periodo
di Rosina fu quello in cui l’allegro fànfolismo
inter-amici e inter-famiglia aveva raggiunto un
acme a tutto tondo. Parlavamo in metaitaliano. La cosa andò avanti per anni. Mi
mandavi delle foto dei trulli di Alberobello?
Allora firmavi la lettera con Trully Yours,
giocando sull'assonanza tra l’inglese truly
yours (sinceramente tuo) e trulli. E così via.
Era tutto un trullìo».
Nel 1976 Toni scrive Anno 1424 edito da
Marsilio e tradotto negli Stati Uniti nel 2002
dalla prestigiosa casa editrice City Lights del
poeta Lawrence Ferlinghetti. Anticipava la
tendenza del romanzo storico italiano e fu
finalista al Premio Strega. importanti lavori di
Toni sono Ultimo té a Marrakesh (Racconti,
Fosco Maraini
alpinista
1994), Poema d’Oriente (Poesia, 2000,
Premio Donna Città di Roma e Premio
Sabaudia), Ricordi d’arte e di prigionia
di Topazia Alliata (Sellerio, 2003) sui
diari della madre nel campo di concentramento in Giappone dove i Maraini
furono reclusi nel 1943 con le tre figlie
piccole perché non aderirono alla Repubblica
di Salò. Toni ha due
figlie con nomi
arabi: Muja (Onda)
e Nour Shems
(Luce del sole).
Dagli anni Novanta,
collaborando alle
attività del Laboratorio Poiesis di
Giuseppe Goffredo,
trova ancora una volta nella Puglia «un
punto di riferimento concreto, Alberobello, e ideale, che mi aiuta a mantenere
la rotta meridiana in questo mare burrascoso odierno»
(Pietro Andrea Annicelli).
Topazia Alliata e Fosco Maraini
con le tre figlie, da sinistra, Yuki, Dacia e Toni
al termine della prigionia in Giappone, 1945
43
storia e storie
Casa Agnelli
storia e storie d’Italia
U
n lavoro che interessa per il
taglio originale, oltre un
centinaio di microritratti, e
per la documentazione che
sottintende rispetto a una grande
famiglia solo in apparenza trattata
nella pubblicistica italiana. È Casa
Agnelli, sottotitolo Storie e personaggi dell’ultima dinastia italiana,
edito da Mondadori e scritto da Marco Ferrante. «In fondo questa è una
storia di nonni facoltosi, vecchie zie,
nipoti un pò scapestrati, con le loro
simpatie, antipatie, idiosincrasie per
un fratello o per una cognata, con i
loro tic e i loro snobismi. Ma tutto
ciò è amplificato dal peso
dell’istituzione (la Fiat),
dall’intrecciarsi delle vicende degli
Agnelli al costume nazionale, e dalla
precondizione del denaro, un’entità
che tutti li precede» scrive Ferrante
nella nota iniziale, dove precisa anche
che «questo non è un libro sulla Fiat,
né una biografia di Gianni Agnelli.
È lo sviluppo di un lungo articolo
pubblicato
sul Foglio
nel luglio del 2005 da un'idea di Giuliano Ferrara: l’invito a raccontare
uno per uno gli eredi del senatore
Giovanni Agnelli, il fondatore della
Fiat».
Casa Agnelli la si apprezza anche
perché la qualità giornalistica del
lavoro è trasmessa attraverso una
qualità letteraria che Ferrante aveva
già avuto l’opportunità di dimostrare
in un precedente romanzo, e che ne
Marella Caracciolo e Gianni Agnelli
dipinti da Andy Warhol nei primi anni Settanta
44
marco ferrante
Marco Ferrante, quarantadue anni,
è di Martina Franca. Ha iniziato la sua
carriera giornalistica a Roma presso
l’Opinione, diretto da Arturo Diaconale.
Si è poi occupato di economia al Tg5
diretto da Enrico Mentana. Nel 1998
si è fatto conoscere come talento letterario con il romanzo, edito da Fazi,
Mai alle quattro e mezzo, finalista al
Premio Strega. Attualmente è caposervizio economia al Foglio diretto da
Giuliano Ferrara, e collabora alla trasmissione Matrix di Canale 5.
valorizza le pregevoli ricerche. «Il
mio è il tentativo di circoscrivere lo
spazio degli Agnelli nell’immaginario
del Paese», dice. «È anche, dal mio
punto di vista, un libro di psicologia
familiare abbastanza insolito rispetto
alla bigliografia che riguarda questa
famiglia, prevalentemente fatta di
libri sulla Fiat o di biografie su Gianni
Agnelli più o meno scontate, più o
meno generose».
La narrazione si articola rispetto
alla storia di cinque persone che non
ci sono più: Virginia Bourbon, madre
dei sette eredi Agnelli, i suoi tre figli
maschi Gianni, Umberto e Giorgio,
che Ferrante ritrae per la prima volta,
ed Edoardo, figlio di Gianni. Sono
però tratteggiati tutti i rami che, in
un secolo e mezzo, estendono in
senso intercontinentale una famiglia
che oggi ha rappresentanti a Mosca,
a Londra, a New York, in Sudamerica. E se il lavoro di Ferrante fosse
una traccia per libri futuri sul tema,
magari scegliendo qualche figura significativa e non abbastanza trattata,
lui non avrebbe dubbi: «Virginia
Bourbon è un grande personaggio
femminile italiano: funzionerebbe
anche per una produzione televisiva.
La considero importante per capire
meglio il costume sociale nell’Italia
fascista. Edoardo e Virginia Agnelli
sono una coppia interessante da analizzare perché contribuì alla vernice
di modernità che il fascismo provava
a darsi: bellissimi, ricchissimi, un pò
laterali, però molto vivi. Sembrano
più personaggi di Fitzgerald che di
D’annunzio: questo è l’elemento interessante».
45
vrooom!
Ben tornata
E
Fiat 500
ccola! È finalmente diventata splendida realtà
la nuova Fiat 500, figlia
del concept «Trepiùno» che
nel 2004 al Salone di Ginevra pareva
soltanto un esercizio di stile. È
l’erede di un mito, questa citycar la
cui missione è fare tendenza. Interpreta in chiave moderna l’icona Fiat
degli anni Sessanta che mise in macchina l’Italia della rinascita.
Ha debuttato il 4 luglio a Torino,
esattamente cinquant’anni dopo e
nello stesso scenario di quella storica
utilitaria prodotta in quasi quattro
milioni di unità (un quarto circolano
ancora). È in vendita subito dopo il
lancio internazionale. La costruiscono nello stabilimento polacco di
Tychy al ritmo di centoventimila
esemplari l’ anno. I prezzi sono compresi tra i diecimila e i quindicimila
euro a seconda delle motorizzazioni
e degli allestimenti. La sua collocazione di mercato è tra la Panda e la
Grande Punto.
La nuova Fiat 500 non sarà
46
un’utilitaria, ma una cittadina di
charme, un antidoto molto modaiolo al traffico metropolitano. Anche
uno status symbol, come quelle piccole civettuole che, specialmente in
Italia, hanno avuto fortuna per la
loro compattezza e per la formula
sbarazzina. Un pò Smart e un pò
Mini insomma, con in più il dna
esclusivo dell’italianità.
Hanno lavorato bene i designer
del Centro Stile Fiat, trasformando
il sogno «Trepiùno» in prodotto industriale senza snaturarne il fascino,
esaltando la tradizione che ha sempre visto il Lingotto all’avanguardia
in questo segmento di compatte. Del
nuovo modello conosciamo già tutti
i segreti. Le dimensioni, intanto, che
sono ovviamente maggiori rispetto
alla prima 500. Oggi vanno soddisfatte norme, una volta inesistenti,
nel campo della sicurezza, e sono
cresciute le esigenze di abitabilità e
di Pierpaolo Cazzolla
comfort interno.
La nuova 500 è lunga 3,55
metri (58 centimetri più
dell’antenata), larga 1,65 (più 33
centimetri), alta 1,49 (più 16,5 centimetri). Il passo è di 2,30 metri (più
46 centimetri) a garanzia d’uno spazio soddisfacente anche per i passeggeri posteriori, mentre i sedili
anteriori sono ribaltabili e gli interni
modulari. Immutata la formula di
tre porte e quattro posti, è comparso
un comodo portellone per il carico.
Motore anteriore, come la trazione: non è più tempo del bicilindrico
raffreddato ad aria che, compagno
di mille avventure, ormai sarebbe
improponibile. Il nuovo modello
adotterà propulsori modernissimi,
già predisposti per lo sviluppo Euro5
(richiesto soltanto dal 2010). Due a
benzina, 1.2 8 valvole da 69 Cv e
1.4 16 valvole da 100 Cv, più il brillante turbodiesel 1.3 Multijet da 75
Cv. Cambi meccanici a cinque o sei
marce. Avrà, dunque, prestazioni
adeguate alle nuove esigenze. Sarà
una citycar agile e altrettanto valida in autostrada. Un
modello strategicamente fondamentale, grazie al quale i
vertici Fiat sperano di riuscire a superare la soglia del 10%
della quota di mercato in Europa.
L’anno prossimo dovrebbe arrivare una versione Abarth
da 130/150 Cv, in grado di risvegliare lo spirito sportivo
del marchio. Nel 2009 ci sarà il debutto della Convertibile,
la versione cabrio con tetto in alluminio rientrante nella
carrozzeria, caratteristica che sembra ormai imprescindibile
per le piccole scoperte. La cabrio e la Abarth avranno
prezzi che oscilleranno tra i diciassette e i diciannovemila
euro.
Gli interni richiamano, proiettandole nel futuro, le
caratteristiche del modello storico. Volante bianco (come
l’originale), ma rivestito in pelle e con comandi sulle razze
per i sistemi d’intrattenimento e infomobilità. È rimasto
anche il contachilometri circolare, chiaramente arricchito
da numerosi indicatori digitali. Il cambio è corto, sotto il
cruscotto per aumentare lo spazio tra i sedili anteriori.
Colori vivaci per i rivestimenti, e tutto il meglio
dell’hi-tech.
Lo stile esterno presenta, nel frontale, i caratteristici
baffetti che incorniciano il logo Fiat, due grandi proiettori
circolari e due più piccoli per gli indicatori di direzione.
Il paraurti maschera le prese d’aria e ingloba gli antinebbia.
Ampio il parabrezza, e un cristallo apribile nella parte
iniziale del tetto ha sostituito il vecchio tettuccio in tela.
Altra carta vincente sono le molte possibilità di personalizzazione sia degli esterni che degli interni, permettendo
così a chiunque di ritagliare la propria auto su misura,
quasi fosse un abito di sartoria da indossare.
Bella davvero, la nuova Fiat 500. Ora non resta che
aspettare di vederla per le nostre strade per verificarne la
sostanza e le qualità reali. Solo allora potremo davvero
parlare di rinascita d’un mito.
47
vrooom!
Tonio Liuzzi
il pilota e il suo club
A
Martina Franca, in Via Giolitti, c’è il
primo Fans Club di Tonio Liuzzi, il
pilota della scuderia Toro Rosso. Sebbene pescarese di adozione, Tonio è di
fatto il primo pugliese in Formula 1. «Lo scopo
sociale del club è coinvolgere gli amatori dello
sport in genere, e dell’automobilismo in particolare, verso questo pilota italiano che, secondo
noi, sta facendo e farà parlare molto bene di
sé» dicono al Fans Club.
Nato al Locorotondo nel 1981, Liuzzi diventa nel 2004 campione di Formula 3000. L’anno
dopo si alterna con Christian Klein alla guida
d’una monoposto di Formula 1 per la scuderia
Red Bull Racing, esordendo con un eccellente
ottavo posto al Gran Premio di San Marino.
Nel 2006 è pilota ufficiale della Toro Rosso.
Termina il campionato, con un punto, in diciannovesima posizione. È riconfermato per questa
stagione.
Sei gare consecutive del campionato Tonio
non le completa per problemi meccanici e incidenti. Nel Gran Premio del Canada fa una gara
stupenda. La sua Str2 era posizionata stabilmente al quinto posto a pochi giri dalla fine, e non
c’erano più pit stop da fare. Mentre era
all'inseguimento della Bmw Sauber di Kubica,
48
a causa d’un tremendo impatto con il muretto,
la vettura si fracassava, e alcuni pezzi colpivano
quella di Tonio che non poteva far altro che
ritirarsi. «Sono situazioni che possono anche
starci» commentano al Club. «In ogni caso, a
noi sembra che la nuvoletta nera che staziona
sulla vettura di Tonio si sposti in altre direzioni.
Tutti i suoi sostenitori sono convinti che lui
abbia un potenziale. Gli servono mezzi adatti
per potersi esprimere. La Toro Rosso si sta
attrezzando per migliorare la macchina in tutte
le sue parti. I risultati arriveranno».
Nel frattempo il Club, che naturalmente
organizza le trasferte per seguire i gran premi
in Europa, continua a crescere. Oltre ad avere
un suo sito, www.liuzzifansclub.it, pubblica
un periodico mensile, Engine, che si occupa di
Formula 1 e altri sport. È in distribuzione gratuita. «Siamo soddisfatti dei risultati, superiori
alle nostre intenzioni perché non siamo giornalisti, anche se all’inizio della nostra avventura
siamo stati seguiti da un decano del giornalismo
sportivo locale». Spiegano al Club « A settembre
bolle una manifestazione molto importante:
seguite gli sviluppi sul sito! E … in bocca al
lupo a Tonio e a tutta la Toro Rosso».
Oscurare i vetri
dell’auto
di Leonardo Semeraro
Si dice che le pellicole fumè un pò si somigliano. Di solito
non si sbaglia. C'è però un’eccezione: quando le pellicole
non sono pensate solo per l’effetto estetico sulla vostra auto,
ma nel rispetto d’una grande tecnologia capace di rendere
vivo anche il classico nero.
I benefici sono molteplici, e vanno ben oltre il look. Infatti,
l’obiettivo è ottenere lo scuro dove serve a tutelare al massimo
la privacy, il medio e il chiaro dove serve la trasparenza. I
raggi ultravioletti, dannosi per la pelle e gli interni dell’auto,
sono sempre tenuti a debita distanza. Oltre a non avere quindi
più problemi d’usura precoce delle parti in pelle, tessuto e
plastica, si abbattono i consumi dell’aria condizionata, quindi
del carburante.
Questo può avvenire perché l’oscuramento è effettuato
con pellicola omologata per uso stradale che allo strato
oscurante e antigraffio fa corrispondere anche due filtri
metallici. Ciò consente di ridurre il calore interno dell’abitacolo
e un minor consumo energetico dell’impianto di raffreddamento.
Particolarmente indicati sono i monovolumi e i fuoristrada,
dove gli spazi da climatizzare sono maggiori. Il comfort del
viaggio aumenterà, perché il metodo utilizzato è lo stesso
usato per le piombature dei vetri isolanti, quindi avrete meno
intrusione di rumori dall’esterno verso l’interno. Anche i
rumori interni saranno attutiti.
49
presente e futuro
Boeing 787
l’aereo dei sogni
È
il programma più avanzato nell’aviazione
civile. Sarà l’aereo di riferimento per lo
sviluppo strategico delle compagnie nella
prima metà del secolo. Ha un mercato
potenziale di almeno duemilacinquecento esemplari per vent’anni. Consumerà fino a un quinto
di carburante in meno rispetto agli aerei suoi
concorrenti, con minore rumore e più comfort.
Invece che l’alluminio utilizza la fibra di carbonio,
molto leggera e resistente, meno costosa.
Il Boeing 787 Dreamliner è questo. Finora ha
ricevuto ordini per circa seicento esemplari da
quarantaquattro compagnie in tutti i continenti,
risultando il più grande successo industriale nella
storia dell'aviazione. È previsto in tre versioni: da
200, 250 e 300 posti. I consumi ridotti consentiranno alle compagnie di ridurre i costi operativi.
Il 14% dell'aereo è made in
Italy. Se ne occupa Alenia
Aeronautica, del gruppo
Finmeccanica, che costruisce lo stabilizzatore orizzontale e le sezioni centrali della
fusoliera avvalendosi d’impianti, macchinari
e un processo produttivo di nuova
concezione. Per il piano di coda,
50
prodotto in un pezzo unico in materiali compositi
(fibra di carbonio), è applicata una tecnologia
speciale della quale Alenia detiene il brevetto.
L’azienda è in joint venture con la statunitense
Vought Aircraft Industries, responsabile delle
sezioni posteriori della fusoliera. Le attività comuni
raggiungono una quota complessiva del 26% della
cellula del Dreamliner: circa il 14% Alenia, il
12% Vought. Complessivamente la joint venture,
denominata Global Aeronautica, si occupa del
60% della fusoliera dell’aereo. Le due aziende
hanno costruito a Charleston, nello stato
del South Carolina degli Stati Uniti,
un impianto per assemblare e
integrare le sezioni di fusoliera realizzate da
Vought negli Stati
Uniti, da Alenia negli stabilimenti di Grottaglie, Foggia e
Pomigliano d’Arco, e da altri produttori internazionali
d’aerostrutture. A Pomigliano c’è il centro dell’ingegneria e
della ricerca di Alenia per il 787. La produzione delle sezioni
di fusoliera avviene nel nuovo impianto di Grottaglie, in
provincia di Taranto, mentre lo stabilimento di Foggia realizza
i piani di coda. La Puglia è la regione di riferimento per
Alenia nella produzione del Dreamliner.
Il nuovo stabilimento di Grottaglie, uno dei siti aeronautici
più avanzati al mondo, impiega per la prima volta i compositi
con la tecnologia one piece barrel per la struttura primaria
dell’aereo: è una rivoluzione nelle tecnologie produttive. Le
prime sezioni di fusoliera sono state consegnate alla Boeing
a marzo. Il cassone dello stabilizzatore prodotto a Foggia è
invece la più grande struttura composita monolitica mai
fabbricata per un aereo commerciale. Si tratta di processi
produttivi innovativi attraverso tecnologie di Alenia che
rendono questo stabilimento uno dei principali al mondo
per le lavorazioni del materiale composito.
Gli investimenti fissi nonché per la ricerca e lo sviluppo
previsti in Italia dal programma per il Dreamliner sono di
circa un miliardo di euro. Produrranno rilevanti benefici
occupazionali a lungo termine in Campania e Puglia, per un
totale di oltre un migliaio di posti di lavoro. Circa l'80%
dell’indotto è destinato a piccole e medie imprese meridionali.
51
presente e futuro
52
LA CENTRALE FOTOVOLTAICA PIÚ GRANDE D’EUROPA
A Brindisi l’energia del sole
«
Vogliamo un futuro in cui sia possibile
un’industria fondata sulla forza benefica
del sole. Per fare questo, partiamo da una
chitarra». Nel 1979 l’utopia del grande
chitarrista americano Stephen Stills, al concerto
No nukes a New York contro il rischio del
nucleare, dava speranza all’idea d’un mondo
fondato sulle energie alternative. In Puglia ci si
prova attraverso la centrale fotovoltaica più
grande d'Europa, che sorgerà a Brindisi nell'area
dell’ex Petrolchimico.
È stato questo l’esito, nelle scorse settimane,
d'una conferenza di servizi presso l'assessorato
regionale allo Sviluppo economico della Puglia
che ha determinato la realizzazione d’una centrale da 11 megawatt per la quale saranno investiti settanta milioni di euro. Altre risorse serviranno per bonificare la zona, dove storicamente
si concentra un forte inquinamento.
La centrale fotovoltaica di Brindisi sarà
realizzata dal gruppo salentino Italgest,
all’avanguardia nella diversificazione della produzione di energia da fonti rinnovabili. Essa
occuperà con le celle in silicio una superficie
captante di 84.343 metri quadri, producendo
annualmente 15,12 gigawatt. Delle iniziative
collaterali all’opera previste nell’ambito della
conferenza di servizio riguarderanno l’istituzione
d’una scuola di formazione sulle energie rinnovabili rivolta alle pubbliche amministrazioni; la
realizzazione d’un polo di eccellenza per la
ricerca e lo sviluppo dello sfruttamento
dell’energia solare sia per la produzione elettrica
che per gli usi civili in collaborazione con
l’Università di Lecce e il Politecnico di Bari;
l'organizzazione d’un centro di formazione per
promotori, progettisti, installatori e manutentori
d'impianti solari (termici e fotovoltaici); la
predisposizione di azioni di marketing per
promuovere la produzione di componenti fotovoltaici in Italia; l’attuazione di convenzioni
con università ed enti di ricerca per potenziare
le capacità tecnologiche della Puglia.
Si tratta d'una vera rivoluzione culturale
in Puglia rispetto alle opportunità di crescita
tecnologica. La costruzione e la gestione della
centrale fotovoltaica più grande d’Europa,
l’istituzione del polo di ricerca, l’avvio della
scuola di formazione per le pubbliche amministrazioni e l’operatività del centro di formazione
rappresentano infatti i presupposti per la crescita
d’una cultura delle energie rinnovabili e per lo
sviluppo del fotovoltaico, con un ritorno occupazionale ad alto contenuto tecnologico.
presente e futuro
GATELOCK IV
GATELOCK I
Block Shaft
la sicurezza è di rigore
I
l nome è una garanzia di sicurezza, al punto
che alcune compagnie assicuratrici offrono
uno sconto sulla polizza furto se l’auto è
provvista d’un dispositivo di sua produzione.
La Block Shaft, uno stabilimento nella zona
industriale di Monopoli di oltre trentamila metri
quadri, circa centottanta addetti tra personale
di fabbrica e venditori, sette milioni di euro
circa di fatturato, azienda certificata Iso 9002,
è una delle belle realtà del Mezzogiorno che
cambia, che produce, che lavora.
«Il primo brevetto è del 1994. La società
nasce l’anno dopo. Io sono un ex carrozziere
figlio di minatori emigrati in Belgio, dove ho
studiato» racconta Emilio Lacirignola, cinquantatre anni, amministratore unico della Block
Shaft che dirige avendo tra i principali collaboratori i suoi figli. «Sono ritornato in Puglia a
diciannove anni, diplomandomi in elettromeccanica. Per vent’anni ho vissuto frustrato in un
ambiente che non capivo e che non mi capiva,
fino a quando non ho deciso di rimettere tutto
in discussione. È nata così la Block Shaft.
Ancora oggi sono una pecora strana, ma forse
è proprio questa una delle ragioni del successo
di questa azienda. Una delle mie soddisfazioni
è il rapporto con i dipendenti, fondato su una
logica di relazioni quasi familiare. È difficile da
gestire, ma costruttivo».
Sono tanti gli imitatori della Block Shaft,
ma nessuno che neppure le si avvicini per standard di qualità e di sicurezza. «Mentre tutte le
aziende delocalizzavano la ricerca, io ho investito nella ricerca» dice con orgoglio Lacirignola.
54
«Block Shaft dispone d’un ufficio tecnico con
tre ingegneri. C’è poi un creativo che realizza
dei sistemi antifurto semplici e formidabili:
Vito Bafaro».
La storia di Bafaro, oggi socio d’una delle
società del gruppo Block Shaft e consulente
anche all’estero, è unica. Nel 1998 si era sparsa
la voce che la Block Shaft avrebbe premiato
con dieci milioni di lire chi riusciva a violare
l’ultimo antifurto di sua produzione. Bafaro
scrisse per e-mail dicendosi disponibile a tentare, Lacirignola rispose che il premio era a
disposizione. «Vito veniva da Bari vecchia, ed
era molto diffidente. Una sera si presenta. Lo
faccio accomodare. Tirò fuori da uno zainetto
una fresa con la misura perfetta della serratura.
Gli chiesi: come hai fatto? E lui: quando ero
piccolo, mio padre metteva una serratura al
telefono. Da allora, ho imparato a violare ogni
tipo di serratura. Gli diedi i dieci milioni, ma
rilanciai: preferisci il premio oppure un posto
di lavoro? Mi ridiede i dieci milioni: un posto
di lavoro. Da allora, Vito è il nostro punto di
riferimento».
Il grande successo della Block Shaft arriva
nel 2001, con il trasferimento da Fasano a
Monopoli. I suoi modelli di antifurto sono unici
sul mercato per qualità e affidabilità. «Stiamo
molto attenti alla sicurezza» rileva Lacirignola.
«Chi conosce il mondo delle serrature, sa che
quelle nostre sono diaboliche. La differenza
rispetto ai nostri imitatori è che dieci anni di
esperienza non si possono inventare». Oggi la
nuova frontiera è il mercato dell’est. Block Shaft
GATELOCK II
GATELOCK V
GATELOCK III
si sta infatti orientando verso l’Ucraina, con
una partnership che la porterà a realizzare
un’azienda a Kiev.
L’inserimento e il disinserimento d’un sistema d’antifurto Block Shaft, dopo un pò di
pratica, risulta molto semplice e veloce. È possibile controllarne visivamente lo stato (chiave
assente o presente). Qualcuno, di fronte alla
sua semplicità, pensa che siano un duplicato
del bloccasterzo di serie su tutte le vetture. Si
sbaglia. È invece un corpo d’acciaio inox che
va a inserirsi in un altro corpo di acciao inox:
praticamente indistruttibile.
Il lato negativo di questo dispositivo è invece
che non è possibile montarlo da soli. Esso è
distribuito esclusivamente attraverso una rete
d’installatori autorizzati dislocati in tutto il
territorio nazionale. La vettura va lasciata
all’installatore, in genere per non più di
ventiquattr’ore, per consentirgli lo smontaggio, la spedizione a mezzo corriere espresso
della canna di sterzo all’azienda di
Bari, il ricevimento del blocco opportunamente modificato per rimontarlo
sull’automobile.
Sui vetri, l’istallatore provvede anche ad
applicare degli adesivi che, a scopo deterrente,
informano i malintenzionati che la vettura è
equipaggiata con un sistema Block Shaft.
I prezzi oscillano da vettura a vettura e da
città a città: la modifica è sempre la stessa, ma
variano i tempi d’installazione. Mediamente, la
spesa è tra i 250 e i 300 euro.
sing a song
il piacere della lettura
Camillo Pace
Luciano Canfora
Introspezione d’un viaggio
La marcia su Roma
Edizioni dei Corrieri Cosmici
Editori Laterza
È l’esordio di Camillo Pace, giovane contrabbassista di talento, tra romanticismo
jazz e ruvida batteria elettronica. Formidabile il pittorico solo all’inizio.
Il 19 agosto dell’anno 43 a.C.
Gaio Giulio Cesare Ottaviano, figlio adottivo di Cesare, futuro Augusto, prende il
potere a Roma. «Mai
la Repubblica aveva visto qualcosa
di simile» scrive Canfora.
The Strange Flowers
The imaginary space travel
of the naked monkeys
Beyond your Minds Records
Jean Paul Besset
La scelta difficile
Edizioni Dedalo
Prosegue il viaggio dopo il ritorno nel 2004.
È l’ultimo lavoro della vecchia line up, tra
nostalgie underground
e gli echi alla Lennon nella voce
di Michele Marinò.
Keith Tippett, Julie Tippetts,
Louis Moholo-Moholo & Canto General
Viva la black - Live in Ruvo
Ogun
Entusiasmante incontro, tre anni fa
al Festival di Ruvo, tra realtà di diversa
provenienza geografica unite dal carisma
della musica.
Lucio Dalla
Il contrario di me
Sony/Bmg
Contemporaneamente nei negozi e in edicola con Repubblica e l’Espresso, ribadisce
l’umanità ispirata e intensa d’un grande
classico della canzone italiana.
Come salvarsi dal progresso senza essere
reazionari: il giornalista di
Le Monde prova a spiegare come non andare né indietro né avanti, ma in una direzione diversa. Domanda: faremo
in tempo?
Normanna Albertini
Isabella
Chimienti Editore
Tra l’Ottocento e il Novecento, una donna
simbolo d’una società in transizione tra
sogni e aspettative nell’Italia post unitaria,
che sente di contenere
il senso d’un orizzonte democratico.
Giuseppe Goffredo
Contrade madri di aprile
Lieto Colle
Il silenzio accanto a un croco giallo
è un componimento paradigmatico sul senso delle cose dopo l’11 settembre. Goffredo
lo ripropone insieme alle sue liriche più
recenti, tra senso delle radici e coscienza
del proprio tempo.
49
Scarica