musicaround.net giugno 08 distribuzione gratuita www.fotografibevilacqua.it rivista di cultura musicale e musicologia Anno 3 n. 19 In questo numero: CAPAREZZA_Il caos, la cosa e il caso [intervista] (M. Leopizzi) SOUND RES 2008_Terry Riley, E. Ziporyn, R. Black [interviste] (Leopizzi, Cacciatore) GIROLAMO DE SIMONE_La Border Music made in Italy (O. Cacciatore) WEB RADIO ONLY_Il mondo delle radio su Internet (A. Marchello) DINO RISI_L’ultimo sorpasso (V. Lomartire) AVLEDDHA_intervista a Rocco De Santis (V. Leo) GIACOMO PUCCINI_Madame Butterfl fly y (B. Birardi) ORGANO PARIE_L’unico vero concorrente dell’Hammond (E. Raganato) FASANO JAZZ 2008 (M. Carella) a Musicaround.net Edizioni - Anno 3 – n. 19/08 – giugno 2008 musicaround.net www.musicaround.net www.myspace.com/musicaround_net Anno 3 Numero 19/08 Mensile Editore Ass. Cult. Musicaround.net Direttore Editoriale Antonio Marchello Direttore Responsabile Francesco Rampi Caporedattore Marco Leopizzi Redazione Beatrice Birardi (classica) Marco Leopizzi (popular music e jazz_black music) Vito Lomartire (cinema) Viviana Leo (etnica_world music) Emanuele Raganato (organologia) ________________ Chiuso in redazione il 20.06.2008 ________________ musicaround.net Via Isonzo nr. 7 73029 Vernole (LE) tel. 329.5730967 per info e collaborazioni [email protected] Iscrizione al Tribunale di Lecce n°944 Servizi pag.03 pag.09 pag.10 pag.12 pag.14 pag.17 pag.19 pag.21 pag.23 pag.27 pag.28 pag.31 pag.33 pag.35 pag.36 pag.39 pag.43 pag.48 pag.50 Rubriche pag.34 Recensioni pag.08 pag.26 pag.47 pag.51 pag.52 Caparezza_Il Caos, la Cosa e il Caso [intervista] (M. Leopizzi) Web Radio Only_Il Mondo delle Radio su Internet (A. Marchello) Fabrizio Mondo_Radio Giovane Sicilia [intervista] (A. Marchello) Viaggio nella Musica di Second Life (A. Marchello) Sound Res 2008_un Ponte tra New York e Lecce (M. Leopizzi) Terry Riley_Il Guru del Minimalismo [intervista] (M. Leopizzi) Evan Ziporyn_dagli USA a Bali e Ritorno [intervista] (O. Cacciatore) Robert Black_Il Principe del Contrabbasso [intervista] (O.Cacciatore) Girolamo De Simone_Border Music made in Italy [interv.] (O.Cacciatore) Festival della Valle d’Itria 2008 (B. Birardi) Fasano Jazz 2008 (M. Carella) Spaziale Festival 2008 (V. Leo) Jazz in Veglie 2008 (E. Raganato) Dino Risi_L’ultimo Sorpasso (V. Lomartire) Giacomo Puccini_Madame Butterfl fly y e un Nuovo Teatro(B. Birardi) Richard Wagner e la Scenografi fiaa Romantica III (N. Costantino) Avleddha_Intervista a Rocco De Santis (V. Leo) Organo Parie_L’unico concorrente dell’Hammond (E. Raganato) VST_Benvenuti nell’era dell’Orchestra Virtuale (A. Marchello) Strumento del mese: Il Corno Caparezza: Le dimensioni del mio caos Girolamo De Simone: Shama Avleddha: Ofi fid dea Michelle Mercer: Wayne Shorter. Il Filosofo con Sax [libro] Luca Aquino: Sopra le Nuvole Editoriale di Marco Leopizzi Sin dai primi vagiti Musicaround.net si è proposta come rivista antiaccademica, ma al contempo si è sempre rifiutata di celebrare i prodotti belli e confezionati dell’industria musicale, convinti che qualsiasi tentativo di ingabbiare ed includere/escludere le espressioni artistiche sia errato in partenza e, anzi, costituisca un irreparabile difetto di metodo. Ciò che si critica non è, of course, la musica legata agli ambienti accademici e pop in sé, bensì i metodi di promozione, studio ed analisi. Il nostro approccio a ventaglio, aperto su ogni maniera di esprimersi coi suoni, del resto lo dimostra e ci aiuta ad acquisire una prospettiva quanto mai ampia sulla musica. In principio sembrava una velleità quella di poter trattare sulle stesse pagine di jazz come di opera, di rock come di musica etnica, etc. Ad alcuni sarà forse parsa operazione poco seria, ma credo si siano sbagliati se anche il Giornale della Musica (storico mensile edito da EDT) si è aperto da maggio alla popular music, alla world music e al jazz, fondendosi con World Music Magazine. In omaggio a questa convinzione pubblichiamo uno dei nostri numeri più ricchi ed intensi, in cui al servizio su Caparezza, fra i più vivaci geni creativi italiani, con intervista succosa e recensione, affianchiamo un corposo reportage da Sound Res, con intervista al padre del Minimalismo Terry Riley e a Evan Ziporyn e Robert Black. A proposito di superamento delle barriere musicali, Oscar Cacciatore ha intervistato e recensito il compositore/musicologo Girolamo De Simone, che ha spiegato molti dei suoi concetti base. Ed ancora un interessantissimo viaggio nella dimensione musicale internettiana con un articolo sulle Web Radio ed uno su Second Life, firmati dal nostro indefesso direttore editoriale Antonio Marchello. Buon appetito... IL CAOS, musicaround.net INTERVISTA A LA E IL CAPAREZZA Nei momenti di crisi e declino di una società si assiste spesso a due fenomeni apparen- COSA CASO di Marco Leopizzi morti bianche, revisionismo storico. In Rete si è presto diffuso l’appellativo, non del tutto inappropriato, di «Beppe Grillo della musica». Oggi CapaRezza è l’artista impegnato di Gramsci, al suo apice artistico, ispirato e incisivo come non mai. Lo abbiamo intervistato in occasione della pubblicazione del nuovo disco “Le Dimensioni Del Mio Caos” e del libro “Saghe Mentali”. Un’intervista degna del miglior Capa, profonda ed esilarante. Marco Leopizzi: Partiamo dalla tua vita passata: qual è stato il momento e quale l’episodio che ti ha fatto capire di dover cambiare direzione, da Mikimix a CapaRezza? temente contraddittori. Mentre il Paese, e con esso la gente incapace di affrancarsi dal pensiero dominante dell’establishment, va a picco e le idee medie si livellano verso il basso, le menti più fini e geniali schizzano in alto, eccitate forse dalla sfida e dall’ineludibile desiderio di riemergere. È quello che sta accadendo in Italia, tra gli altri, al trentacinquenne rapper pugliese. Dopo la conversione, con tanto di Mea Culpa, da Mikimix a CapaRezza (i due moniker di Michele Salvemini) il cantante molfettese ha intrapreso un’evoluzione che riguarda i temi delle canzoni quanto il suo stile musicale. I giorni frivoli milanesi di E La Notte Se Ne Va e La Mia Buona Stella sono superati e deprecati dallo stesso artista, che dal nuovo esordio di “Caparezza ?!” (2000), e attraverso il salto in alto di “Verità Supposte” (2003) e “Habemus Capa” (2006), ha cominciato a trattare in modo sempre più personale, irriverente e lucido (un po’ sullo stile del message rap americano) temi sociali impegnati, dalla violenza alla critica satirica e tagliente della società della Tv, o a quella del divertentismo insulso e inconsapevole; e ancora consumismo, razzismo, politica marcia, ambiente, CapaRezza: Non c’è stato un episodio particolare, diciamo che sapevo che quella strada avrebbe portato alla frustrazione eterna. Non ricordo nemmeno come abbia fatto nel giro di dieci minuti a raccogliere il coraggio necessario per fare il giro di chiamate di congedo: addio discografica, addio produttore, addio Milano. Ero davvero esasperato, non c’è altra spiegazione. CapaRezza invece è nato quando lavoravo in un villaggio sulla Murgia. Un ragazzo che ascoltava Punk mi convinse a riprovarci col Rap. Beh! è andata bene, avrei potuto incontrare un ragazzo che ascoltava New Age… a quest’ora sarei un divo del Country. M. L.: La Popular Music è da sempre attraversata da un enorme paradosso: l’apparente contraddizione nell’atto creativo tra autenticità (e libertà) espressiva del musicista e il controllo della casa discografica. Adorno parlava addirittura di massificazione dei generi musicali, imposti dall’industria culturale. Contraddizione non ancora sciolta del tutto, sebbene oggi si -3- musicaround.net tenda a pensare ad una negoziazione stilistica tra i discografici e gli autori più intelligenti e consapevoli. Anche tu, tutto sommato, pubblichi per una major, la EMI. Come risolvi questo conflitto, se c’è, e quali sono i tuoi rapporti con la casa discografica? schizofrenico, zappiano per l’approccio poliedrico e gli accostamenti irriverenti. Come procedi in fase di arrangiamento? Sei solo o lavori con la tua band? CR: Diciamo innanzitutto che Frank Zappa lo lasciamo dov’é perché a parte qualche accostamento baffoso non ci sono altri punti in comune tra me e lui (forse solo l’irriverenza di fondo), dato che la sua CR: I miei quattro dischi sono stati consegnati nelle mani dei discografici così come sono stati pubblicati, senza alcun margine di intervento. Non tollero che qualcuno mi dica: «Taglia qua, aggiungi là, parla di questo, non dire quest’altro, fai un arrangiamento più pop, fai un arrangiamento più gangsta». Io quando scrivo ho me come punto di riferimento, è a me che deve piacere la ‘mia’ musica, poi se vogliono pubblicarmi il disco o vogliono comprarmelo, beh, quelle sono soddisfazioni ulteriori. So che esistono cantanti che sono succubi di imposizioni discografiche ma o sono loro che lo permettono (e chi è causa del suo mal pianga se stesso), o semplicemente fanno questo ‘mestiere’ sviscerandone la natura artistica, diventando macchine da business che compongono ciò che la gente vuole (o vorrebbe) sentire. Va detto, infatti, che i giudizi del pubblico non sono meno condizionanti di quelli di una casa discografica. A volte l’artista tende (per paura o vuoto creativo) a comporre con i canoni di chi lo ascolta. Questa è la forma più subdola di condizionamento. La libertà artistica, per me, consiste non tanto nel liberarsi dalle discografiche quanto nel liberarsi dai fans (nel senso di fanatici). Meglio gli estimatori o i simpatizzanti. preparazione musicale e la sua capacità di innovazione sono e rimarranno ineguagliabili nel tempo. Ovviamente dovendo maneggiare con cautela il mio immaginario non posso darlo nelle mani di altre persone perché così lo violenterei. Lavoro essenzialmente da solo nell’edificazione delle idee ma quando devo concretizzarle mi avvalgo ovviamente anche dei musicisti, soprattutto perché io non so suonare tutti gli strumenti. I miei sono ‘fidati’, suonano da anni con me e sanno già di che tipo di approccio necessito. Nessuno se ne verrebbe mai fuori con parti fusion o suoni di venti anni fa. La difficoltà, in questo senso, sta nel far capire quello di cui hai bisogno, a volte accennando una parte a voce, a volte componendola midi, altre semplicemente chiacchierando per ore, in attesa che qualcosa di decente venga partorito. Poi c’è tutta la parte di registrazione e di mixaggio in cui mi viene sempre l’ansia, a prescindere. M. L.: Nella tua musica il testo ha una parte centrale. L’abilità metrica e l’uso di rime, assonanze e allitterazioni migliorano di album in album. Ti appassiona più la poesia o la narrativa? Cosa leggi? CR: In realtà mi appassiona la lingua. La lingua italiana permette di costruire un immaginario anche attraverso le assonanze e poi abbiamo un vocabolario talmente zeppo di termini che è da spreconi usarne solo una cinquantina. Io sono di Molfetta. Dalle mie parti non si butta via niente, sappilo. Per quanto riguarda la centralità del testo credo che questo dipenda dalla mia formazione prettamente cantautoriale. Più che i poeti o gli scrittori sono stati i cantautori ad affascinarmi, da Rino Gaetano a Capossela passando per Mirko dei Bee Hive. M. L.: Infatti, il lavoro di post-produzione sui tuoi dischi dev’essere molto complesso, tra effetti speciali, parti recitate, missaggio, etc. Immagino che tu lo segua direttamente. Che M. L.: Il tuo stile è estremamente eclettico e -4- musicaround.net valore ha la presenza del noto produttore Carlo Ubaldo Rossi, e in che modo è cambiato il sound dei tuoi album da quando è arrivato lui (su “Verità Supposte”)? un vero e proprio concept, o fonoromanzo come lo definisci tu. Una concezione strutturale che dimostra una maggiore maturità. Com’è nata l’idea del disco ed il collegamento con il libro “Saghe Mentali”? CR: In generale Carlo è l’unico produttore di cui mi sono fidato perché non impone la sua idea ma valorizza ed amplifica quella dell’artista con cui lavora. Nell’ultimo disco gli ho chiesto di essere ancora più incisivo nell’impronta live dei pezzi e allora abbiamo organizzato una piccola saletta in cui abbiamo suonato come si fa in cantina quando metti su il tuo primo gruppo. È stato divertente. Sono molto soddisfatto dei pezzi più rock del mio ultimo cd. Ho cominciato a lavorare con lui su “Verità Supposte”, album in cui ho intrapreso una strada personale, mischiando generi e stili. Sentivo che da solo non ce l’avrei fatta perché come produttore ero ancora abbastanza acerbo. Sapevo usare il campionatore e le tastiere, ma non mi bastava, temevo di fossilizzarmi. Volevo creare un genere che fosse solo mio e che non fosse accostabile ad altri e sto ancora lavorando duro per poter raggiungere questo obiettivo (e ci riuscirò quando «caparezziano» diventerà un aggettivo). Sono andato da Carlo con una nebulosa di idee e di suoni e lui ha tentato di renderla meno nebulosa e più tangibile. E così la nostra intesa è durata per tre dischi (ma è stata solo professionale perché lui è sposato ed entrambi siamo etero). CR: Il cd, come supporto fisico, sta per scomparire dalla faccia della terra. Volevo dargli un valore aggiunto letterario per rendergli onore e allora mi sono inventato questa sorta di colonna sonora di un racconto che ho poi pubblicato in “Saghe Mentali”. I due progetti sono nati parallelamente. La vera novità di questa storia in 14 audio-capitoli è che ho deciso di far interpretare i personaggi a doppiatori professionisti. È stato divertente vederli al lavoro mentre davano personalità a soggetti che non esistono se non nella mia testa (CapaRezza compreso). Poi nel libro, a parte tutti i testi dei miei quattro album, ci sono un sacco di trovate che poggiano su un unico elemento: la fantasia, la mia e quella di Stefano Ciannamea (grafico) e di Laura Spianelli (illustratrice). M. L.: A proposito del libro, il mancato lieto fine delle fiabe rappresenta la tua aderenza alla realtà o è solo un espediente narrativo? E cosa raffigura per te invece l’Inferno dantesco? CR: Diciamo che quando sono al cinema rimango prontamente deluso dal fatto che il protagonista rimane in vita per tutta la durata del film. È seccante sapere che a lui non accadrà nulla di veramente grave e che qualsiasi incidente di percorso si risolverà nel giro di un paio d’ore. Avrei voluto che Rambo crepasse dopo dieci minuti di pellicola o che Rocky perdesse tutti gli incontri, o che l’Uomo Ragno pensasse a pagarsi l’affitto di casa invece di gironzo- M. L.: Dall’album a tema di “Habemus Capa” ad -5- musicaround.net lare per la città in cerca di cattivi in calzamaglia. Volevo che le mie fiabe fossero diverse da queste storie pallosissime. L’inferno dantesco invece per me rappresenta tutto ciò che un uomo è disposto ad affrontare per un amore che conosce solo in maniera superficiale e che, soprattutto, non ha sposato. scano i politici più conservatori ed intransigenti, quelli per esempio che tornerebbero volentieri a settanta anni fa. Io invece vorrei tornare a quaranta anni fa, quando i conservatori presero calci nel didietro dalla rivoluzione culturale del ’68. Altri tempi, altre chiappe. Se non ritorna il sessantotto spero che ritorni Mazinga. M. L.: Il tema centrale (tra i tanti) del fonoromanzo sembra essere la «modifica del passato che stravolge il presente». Vuoi parlarci del pericolo revisionista oggi e, in particolare, di come vedi l’esperienza sessantottina rapportata alla nostra attualità? M. L.: L’esplosiva Vieni A Ballare In Puglia tocca due temi delicatissimi della nostra regione, che in periodo turistico qualcuno vorrebbe scordare: l’insicurezza sul lavoro e l’inquinamento ambientale. Perché una terra ricchissima di artisti (scrittori, attori, registi, musicisti, etc.) e con un fervore creativo paragonabile a quello campano è sempre preda di problemi distruttivi come questi? CR: Da quando è stato permesso alle tv commerciali di competere con quelle statali la qualità dei programmi è precipitata nel baratro. Io mi sono rivisto alcuni programmi della “TV dei ragazzi” degli anni ’70. C’è un abisso culturale con ciò che mandano oggi in televisione sia in termini di linguaggio che di contenuti. Ora si propina molta sottocultura, che è poi la base dell’ignoranza, che a sua volta non è la mancanza di cultura ma il cattivo utilizzo della stessa. Ecco perché oggi tutti schiamazzano le loro idee pressapochiste su qualsiasi argomento e cominciano a disegnare la storia a modo loro. Il revisionismo è pericoloso perché riporta alla luce situazioni che dovrebbero essere sepolte dalla storia. In un clima del genere è ovvio che attecchi- CR: Credo che la situazione artistica e quella ambientale e sociale della mia regione siano due cose diverse. In Puglia il fermento creativo dipende secondo me dagli input continui che la nostra regione ha ricevuto dalle molteplici dominazioni storiche del passato e dalle continue migrazioni/immigrazioni del nostro presente. Il confronto con realtà diverse dalla propria produce stimoli che sono alla base di un processo artistico e questo fa della nostra ‘penisola nella penisola’ una regione culturalmente valida. Il resto è mero mercato. Che si tratti di imprenditori che tollerano la roulette russa delle morti bianche pur di non veder toccata la loro produzione o che si tratti di malavitosi che speculano sugli incendi nonostante deturpino la loro stessa regione, alla base c’è il soldo. Altra storia. Tutto ciò che può fare l’arte (anche se non è necessario, è puramente una scelta individuale) è accendere i riflettori sul degrado. È quello che tento di fare con Vieni A Ballare In Puglia, consapevole del fatto che in molti si sofferme-6- musicaround.net persone partecipano ai V-Day. Pensi che stia veramente cambiando qualcosa nel nostro Paese o siamo ancora i soliti italiani, sempre inclini alla lamentazione ma mai pronti a rinunciare al nostro piccolo orticello? ranno solo sul ritornello e si metteranno a ballare allegramente senza capire il senso di tutto il resto. Sono rischi che corro dai tempi di Fuori Dal Tunnel, d'altronde. Amo il rischio. M. L.: Questione download libero e diritti d’autore. Ti senti danneggiato dalla libertà di scaricare gratuitamente la tua musica? Se fossi il legislatore cosa proporresti per regolamentare la faccenda? CR: Spero che tutti gli acquirenti del libro “La Casta” l’abbiano letto ma non sono così ottimista dati i risultati delle ultime politiche. E comunque è vero, gli italiani si lamentano di tutto ma sanno agire (e anche violentemente), basta toccare la loro squadra del cuore. CR: All’inizio pensavo che tutti facessero come me, che scaricavo tanto e compravo solo ciò che mi piaceva. Poi ho scoperto che il prezzo del cd era diventato un alibi, nel senso che i ragazzi scaricavano anche cd che costavano meno di dieci euro ma continuavano a comprare scarpe che superavano i cento o ad entrare in locali con ingresso a venticinque, guardaroba a dieci e cocktail a quindici. Il massimo del paradosso l’ho visto con l’operazione dei Radiohead che hanno messo in rete il loro ultimo album ad offerta libera e molti loro fans lo hanno scaricato da e-mule perché zero centesimi è sempre meglio di un euro. La cosa più divertente è che tutti i gruppi e i cantanti che conosco, anche i più alternativi, scaricano a bestia ma vogliono pubblicare un cd fisico con una qualsiasi etichetta. Per come stanno messe le cose oggi, è inutile nascondersi dietro un dito, più compri il cd legale di un artista e più gli dai la possibilità di farne un altro. Se fossi legislatore renderei masterizzabile il lavoro del mio idraulico. M. L.: Per finire, dopo averci atterrato facendoci ricordare le disgrazie italiane, lasciaci un messaggio di speranza… CR: Mmmh.. Tranquilli, stiamo meglio ora che nella preistoria (almeno credo, non essendoci documenti storici che possano verificare l’attendibilità di questa affermazione). M. L.: Com’è il tuo rapporto con la SIAE? Se tu dovessi intervistarne il direttore qual è la prima domanda che gli faresti? CR: Gli chiederei: signor direttore, come mai la SIAE considera le suonerie al pari delle vendite on line? Perché non posso vietare alle aziende di vendere la suoneria dei miei pezzi? Perché nel 2008 non siete riusciti a trovare un sistema più efficace e meno macchinoso e falsificabile del bordereau scritto a penna? Perché vendete i pacchetti degli sfruttamenti televisivi senza contattare personalmente gli autori? Ho un centinaio di altre domande… ma ci metterei una vita a scriverle. M. L.: Viviamo un momento storico, in cui molti nodi sembrano venire al pettine, in cui il best seller del 2007 è stato “La Casta” e milioni di www.caparezza.com www.myspace.com/caparezza -7- musicaround.net CAPAREZZA LE DIMENSIONI DEL MIO CAOS di Marco Leopizzi 01. La rivoluzione del sessintutto 02. Ulisse (you listen) 03. Non mettere le mani in tasca 04. Pimpami la storia 05. Ilaria condizionata 06. La grande opera 07. Vieni a ballare in Puglia 08. Abiura di me 09. Cacca nello spazio 10. Il circo delle pantegane 11. Un vero uomo dovrebbe lavare i piatti 12. Io diventerò qualcuno 13. Eroe (storia di Luigi delle Bicocche) s14. Bonobo Power Caparezza_voce; composiz; Gaetano Camporeale_tast, fisarm; Alfredo Ferrero_ch, banjo; Giovanni Astorino_bs; vlc; Rino Corrieri_bt; Diego Perrone_vc (8); Eugenio Manassero_p (6;) Saverio Squeo_tb (13;) Ministri_ospiti in 2; I Cantori Nesi_cori; Mihele di Lernia_iettatore in 11; Stuzzy_vc femm. in 1; personaggi: Cinzia Fiorato_cond. TG; Michele Kalamera_narratore; Melissa Maccari_Ilaria; Franco Zucca_carcerato saggio; Dario Penne_giudice; Pasquale Anselmo_Luigi delle Bicocche; Christhian Lansante_Amico del circo; Davide Lepore_speaker radiofon.; Michele Salvemini_Caparezza [EMI, 2008] Capita a volte di ascoltare un disco poco prima di andare a dormire. Assolutamente sconsigliato con l’ultimo di CapaRezza, l’eccitazione scatenata rischia di tener svegli tutta la notte a rincorrere emozioni, ispirazioni, idee ed incazzature varie invece che le solite zanzare estive. “Le Dimensioni Del Mio Caos” è certo la sua opera più riuscita, lucidissimo eppure fremente concept (fonoromanzo come lui stesso lo chiama), il cui nucleo narrativo è la vicenda di Ilaria, giovane hippie protagonista del movimento sessantottino riportata nel presente da uno «spazio varco temporale», generato dalla «scarica dell’amplificatore» dopo che CapaRezza (coprotagonista del racconto) ha fracassato la sua chitarra per celebrare il 40° anniversario dello storico concerto romano, nel giugno del ’68 al Brancaccio, di Jimi Hendrix, che aveva inaugurato la stagione del grande rock in Italia. La ragazza, dopo aver fatto invaghire il riccioluto per la sua anticonvenzionalità, si adegua però alle comodità ed illusioni della modernità, finendo per sposare un meschino politico impegnato a costruire lo Spazio Porto Pugliese, una delle tante grandi opere inutili (La Grande Opera), con il solo scopo di fare incetta di voti. CapaRezza decide di cantare i mali della sua terra (morti sul lavoro, disastri ambientali) nella devastante ed esaltante Vieni A Ballare In Puglia, abilissima sintesi quasi deandreiana tra musica d’autore e ritmo di tarantella, per la quale viene condannato per «vilipendio al turismo di massa». Al lavoro per costruire l’opera c’è Luigi delle Bicocche, un muratore che dopo aver cantato la sua storia in Eroe, ed esser diventato una rock star, salverà l’umanità con la sua nuova arma, la chitarra elettrica, che introdurrà l’ultimo protagonista: il bonobo, una scimmia intelligente che... ah, già! è un romanzo, non posso dirvi la fine. Accanto a questo filo conduttore una serie di satelliti e temi collegati su cui il rapper riflette. Dalla erotomania dell’apertura, a tempo di energico rock pentatonico, alla repressione delle libertà dell’ottima Non Mettere Le Mani In Tasca, in cui CapaRezza dà prova del suo ormai maturo stile rap sprigionando una forza comunicativa a là Eminem, grazie alla metrica vorticosa ed al ritmo martellante dei versi. Ed ancora, il rap secco di Pimpami La Storia incarna il pericoloso fenomeno del revisionismo storico, il rock scarno Ilaria Condizionata le contraddizioni dei finti giovani del 2000. Eroe, invece, è il momento lirico, introdotto da una malinconica melodia di tromba che sublima la disperazione dell’operaio italiano. Il linguaggio caparezziano è infernale, nel senso dantesco. Il lessico è infatti volutamente colorito e sguaiato (il che è anche cifra del Rap), calibrato sui temi cantati (rifiuta i patetici amoreggiamenti sanremesi) e disegnato con particolare attenzione all’aspetto fonetico e ritmico delle parole. Ha inoltre il coraggio di De André di trattare argomenti urticanti e la forza dirompente di Beppe Grillo nel comunicarli. Nei live è difatti presente anche una forte componente teatrale e satirica. Il suo stile musicale si evolve di pari passo. Con maturità affianca Rock, Rap e Funk. Il disco, dunque, è deflagrante e la musica ha la forza delle rivoluzioni pacifiche giovanili... e cosa diavolo devono fare i giovani se non le rivoluzioni? -8- musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ Radio su internet V Il mondo delle web radio only di Antonio Marchello mondiale. Ci entra dunque più come una necessità che come una fonte di intrattenimento. La gente aspettava con trepidazione il radio giornale per sapere la situazione della guerra in Italia e nelle altre zone del mondo e sarà proprio la radio a dare la notizia ufficiale della fine della guerra. Oggi molte di quelle voci sono contenute nella Discoteca di Stato italiana a Roma, ma possiamo dire, con non poco rammarico, che quelle testimonianze sono spesso materiale inerte per gli storici e i sociologi che da sempre hanno trascurato, non tanto la radio in sé per sé, ma più in generale il ruolo sociologico della musica. Oggi la radio, come ci dimostrerà Fabrizio Mondo, ha cambiato strada e allo stesso modo delle tante etichette indipendenti, se non addirittura degli artisti che si autoproducono, può essere fatto in casa. Un ennesimo regalo della democrazia insomma che per quanto possa essere definito una fonte di libera espressione rimane comunque vincolato al rispetto delle leggi, dal diritto d’autore, alla trasmissione del servizio pubblicitario, nonchè alla registrazione all’S.C.F. (società consortile fonografici). Oggi il numero delle web radio è aumentato in modo esponenziale e sono aumentati anche i siti che si occupano di suddividerle in generi e modalità di trasmissione, come nel caso di http://www.wrlspace.it che trasmette on web direttamente dalla home page del sito 271 radio tra cui radio gemelle delle già esistenti in FM e radio web only come Radio Giovane Sicilia, della quale lo stesso Fabrizio è ideatore e direttore, o come Radio Padania Libera (e che ci vogliamo fare, anche i figli della democrazia non sono poi così perfetti). Un nuovo modo insomma di fare musica e di approcciare con il mercato dell’arte… Ve lo ricordate quando per fare la radio serviva almeno uno spazio attrezzato di 300mq? E quando Peppino Impastato poggiava la cornetta del telefono sul microfono per far sentire le telefonate in diretta? E ve lo ricordate quando lo speaker guardava la regia al di là del vetro per farsi passare le telefonate o per mandare un disco? Chi lo avrebbe immaginato che dopo un secolo di storia per fare la radio sarebbe bastato un portatile collegato in rete…quale rete avrebbe subito domandato Marconi? Ma la ragnatela di internet, risponderebbe stupito il caro Bill Gates. Nella intervista che abbiamo pubblicato in questo numero abbiamo proprio deciso di incontrare uno dei precursori di questa rivoluzione, Fabrizio Mondo. Fabrizio si occupa di web radio dall’età di quattordici anni e a lui abbiamo chiesto cosa vuol dire oggi fare la radio su web, cosa serve per farla, ma anche quali vincoli legali è tenuto a rispettare chi fa radio su internet. Le prime web radio nascono circa 13 anni fa, nel 1995 con la prima release del software RealAudio di Rob Glaser. Dal 1995 ad oggi possiamo dire che tutte le Radio che trasmettono tradizionalmente in FM ne hanno un’analoga gemella sul web, ma il fenomeno interessante è proprio quello delle web radio only, ovvero radio sconosciute alle frequenze in FM, che trasmettono solo su internet. Si sente spesso dire che la musica di oggi è profondamente cambiata anche se, e questo non lo si può negare, non crediamo realmente che sia la musica in sé ad essere cambiata, ma il modo di fruirla piuttosto. La radio nasce nel 1895, ma entra nelle case negli anni della seconda guerra _________________________________________________________________________________________________________________________ -9- musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ Incontro con Fabrizio Mondo Ideatore e Direttore di Radio Giovane Sicilia A di Antonio Marchello Abbiamo sempre sostenuto che la Sicilia si è rivelata negli ultimi anni una delle regioni più attente in Italia alla musica e alla sua sperimentazione. Fabrizio Mondo, studente di Ingegneria Informatica, incubatore di web radio, ideatore e direttore in Radio Giovane Sicilia, consulente informatico e progettista di radio su web ci dimostra come anche sotto il profilo tecnico la regione più a sud d’Italia, in quanto a musica, rimane una motrice. E’ interessante capire dalle parole di Fabrizio come nasce una Web Radio e come questo prodotto può trasformare una passione in un lavoro. Antonio Marchello – Fabrizio da quanto tempo ti occupi di web radio e come hai scoperto questa potenzialità della rete? Fabrizio Mondo – Antonio io sono uno studente universitario iscritto alla Facoltà di Ingegneria Informatica di Palermo, che dall'età di 14 anni ha sempre avuto una passione (ereditaria peraltro) per la radio. Nel periodo 15/19 anni, ho provato a fare diversi provini per radio in FM locali, che purtroppo non sono andati come speravo, al che decisi che se le altre radio non mi accettavano dovevo costruirmi da solo la via d'ascolto. Cominciai a studiare le radio su internet, e nel biennio 2005/2006 passai il mio tempo a progettare e potenziare la mia prima creatura, si trattava di Radio Ingegnosa (http://fabrymondo.wordpress.com/2006/12/26/stori a-di-una-radio-amatoriale/). Mi accorsi subito che un bel pò di gente mi seguiva, quindi cominciai a “fare un pò di scuola”, nel mio piccolo. Dopo l’esperienza di Radio Ingegnosa, mi offrirono la possibilità di fare radio in fm, perchè qualcuno finalmente ebbe modo di sentirmi al lavoro. Collaborai in alcune radio locali, e in una radio pluriregionale e contemporaneamente, decisi di aprire il mio blog su wordpress, e a spiegare un pò la mia storia, quello che mi successe in questo campo e a fare anche delle guide. Le mie guide nel campo web radio, pur essendo un campo super inflazionato, stavano andando bene quindi decisi di dedicarmi principalmente all'attività incubatore di web radio ovvero di consulente e progettista di radio su web trasformando una necessità (dovere fare radio su internet per farmi ascoltare) prima in passione, poi anche in un lavoro. Adesso faccio saltuariamente il consulente per enti, associazioni e persone fisiche che vogliono creare radio su internet continuando comunque le mie attività studentesche, ma la mia intenzione è farla diventare una professione Attualmente dirigo una web radio a Palermo, chiamata Radio Giovane Sicilia, attualmente in pausa estiva. A.M. – Credo che negli ultimi anni sia cambiato tantissimo il suo modo di fruire la musica. La radio diventa popolare negli anni della guerra...perché? Perchè la gente voleva capire come mutava la situazione nel mondo e perchè voleva sapere se la guerra stava davvero per finire davvero o no… Poi nel dopoguerra diventa uno strumento legato al passatempo e fino a qualche hanno fà era lo strumento più usato nelle botteghe artigiane che durante il lavoro ascoltavano la radio (così come pure nelle grandi fabbriche tedesche). Oggi la gente passa più tempo davanti ad un PC che intorno ad un tavolo a parlare quindi la volgia di alzarsi, accendere la radio, cambiare stazione gli torna ddirittura impegnativa quindi direttamente dal PC accede ad una radio su WEB. Questo sarebbe un cambiamento sociologicamente parlando davvero di notevole importanza. Qual è la risposta del pubblico di fronte a questa possibilità? _________________________________________________________________________________________________________________________ - 10 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ F.M. – Innanzitutto ti dico che è cambiato notevolmente, a mio parere, l'approccio con i media, adesso non si ha più la modalità uno a molti.. ovvero io trasmetto e tu vedi/senti/leggi quello che dico io, ma una modalità molti a molti, con ampia libertà di scelta. Dal 2005 ad adesso, è cresciuto il numero di ascoltatori, che selezionano la stazione in base ai contenuti proposti, sono aumentate esponenzialmente le web radio e i siti che si occupano di catalogarle e raccoglierle (ad esempio www.wrlspace.it). L'iniziativa web radio piace, perchè viene vista come un attacco economico a qualcosa che vedono come lontano e irraggiungibile (la partecipazione continuativa ad un palinsesto di radio in FM) radio, ma hai un jukebox. Con soli questi tre strumenti, puoi decidere al massimo l'ordine delle canzoni, ma non puoi parlare. Per parlare è necessario ALMENO un microfono, ma spesso non basta neanche quello, specialmente se si vuole parlare in due. A.M. - Parliamo un attimo della normativa per le web radio. Mettiamo il caso che domattina inizio a trasmettere musica dal mio PC a tutto il mondo utilizzando i tre strumenti base di cui parlavi...Ovviamente non ho chiesto alcun permesso…In cosa incorro? F.M. - Facciamo un attimo una precisazione. Creare una web radio non ha nessun vincolo legale in se e per se. I vincoli nascono se si trasmette musica coperta da diritto d'autore. Supposta questa trasmissione occorre definire lo status della web radio, ovvero bisogna porsi delle domande: la mia web radio, trasmette pubblicità? E' di una persona fisica, di una società? di un associazione? quanto tempo trasmette? Sono una parte delle biforcazioni necessarie all'identificazione della TIPOLOGIA di web radio, necessaria per capire, quali siano i costi necessari per ottenere una licenza alla S.C.F. (ovvero una società che ogni web radio deve pagare in quanto tutela, sempre basandosi sulla legge del diritto d'autore, non gli autori di un opera, ma chi ha permesso la sua realizzazione. A.M. – Cosa differenzia la programmazione di una radio tradizionale da una web radio? F.M. - : in teoria, l'unica differenza tra una web radio e una radio analogica (fm/am) è il mezzo di trasmissione, nel primo caso è la rete internet, nel secondo caso l'aria. In pratica, le web radio sono molto più amatoriali, create quindi da chi ha meno soldi e meno esperienza di una società. Si denota in una resa audio peggiore, in una peggiore tempistica, dialettica, registro e tanti altri particolari; ad esempio, una delle "regole" che ho dato agli speaker di Radio Giovane Sicilia è quella di non utilizzare per fini personali il canale trasmissivo, il chè significa che gli speaker non devono MAI usare la radio, rivolgendosi ad una singola person il che non implica mancanza di interazione. Per esempio, noi utilizziamo diversi contatti MSN, SKYPE e telefonici per l'interazione mandando anche in diretta chi ci contatta. A.M. - In una radio tradizionale locale lo spazio pubblicitario ha un costo che, per quanto contenuto rispetto alle radio a tiratura nazionale, è cmq alticcio. La pubblicità nella web radio riesce a trovare spazi commerciali ugualmente redditizi? F.M. - Dipende tutto dalla bravura del gruppo che realizza la web radio. Ti spiego: La web radio è in grado di monitorare l'ascolto in modo più preciso rispetto ad una radio in FM, quindi presentando un analisi dei grafici d'ascolto, le previsioni per il periodo del contratto, un prezzo competitivo, e muovendosi più in locale, una web radio potrebbe avere sponsor pubblicitari. Non esiste difatti un mercato per la pubblicità per radio web only. Posso dire che finora, non ho trovato web radio con pubblicità costante nel flusso audio, ma non significa che non si possa fare. A settembre noi cominceremo ad attuare questa linea, forse siamo dei precursori…o forse no. Diciamo comunque che per convincere è più opportuno mostrare i dati di ascolto, e dire che il programma ha un determinato target di ascoltatori, offrire anche il servizio di realizzazione del jingle, che è importante… A.M. – Immagina adesso di dover fare uno schemino semplificaro nel quale mi dici cosa serve per fare una web radio: strumenti essenziali… F.M. – Non è una domanda semplice, perchè il concetto di “essenziale” è ambiguo, tutto dipende dal grado di "qualità minima" che per noi è sufficiente. Per creare una web radio servono tre punti: 1) Sorgente 2) Codificatore 3) Server. Nelle web radio più amatoriali, essi sono racchiusi in un unico computer ma non è sempre cosi. Questi tre punti, che sono tre software, sono sufficienti a trasmettere musica nel mondo, avendo chiaramente una connessione ad internet. Nella concezione più basilare e semplicistica i tre punti hanno i seguenti nomi: 1) Winamp 2)Plugin DSP (digital signal processor) per winamp 3)Server shoutcast/icecast. Questi tre programmi sono sufficienti a trasmettere musica, ma in questa situazione, non hai una web http://fabrymondo.wordpress.com/ _________________________________________________________________________________________________________________________ - 11 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ Musica nella mia seconda vita Viaggio nella musica di Second Life F di Antonio Marchello mie credenziali e mi sono catapultato nella mia seconda vita. Ero in un mondo per me sconosciuto fatto di “avatar”, ovvero automi comandati da esseri umani. Le funzionalità di questo software mi hanno lasciato senza parole, potevo modificare il mio avatar in modo così dettagliato da poterlo riprodurre a mia immagine e somiglianza e potevo parlare con gli altri avatar in modalità classica “chat” o in “real voice” semplicemente abilitando il mio microfono. La fortuna ha voluto che incontrassi un’italiana alla quale mi sono aggrappato per chiedere spiegazioni. Io ero lì per assistere, il giorno dopo, ad un concerto. Ma come si fa un concerto in un’altra vita? Ovviamente il mio primo pensiero è stato quello di capire se il concerto si sarebbe concretizzato in diretta o se sarebbe andata in onda (diciamo così) una registrazione. Va da se che la seconda opzione era quella meno interessante. La mia doppia fortuna è stata che la nostra amica era anche una “referente di land” che peraltro organizzava abitualmente concerti e manifestazioni di ogni genere. Probabilmente adesso vi sto realmente confondendo le idee ma ho preferito presentarvi il mio primo approccio con Second Life così come l’ho vissuto in prima persona. Cerchiamo ora di riordinare il tutto e di capire com’è strutturato Second Life. Second Life è un mondo virtuale completamente slegato dalla vita reale. Il mondo di SL è suddiviso in “land” ovvero delle terre di proprietà privata sulla quali si può Friederich Nietzsche diceva che «il futuro influenza il presente tanto quanto il passato» ma mi chiedo cosa direbbe del nostro futuro oggi in caro Nietzsche, qualora gli venisse offerta la possibilità di viversi la sua…seconda vita. La storia della mia 'seconda vita' inizia non meno di tre settimane fa. Non avete capito male ho proprio detto 'seconda vita'. Inizialmente pensavo ad un banale gioco, una sorta di TheSims della rete (per chi conoscesse questo simpatico gioco) ma più mi sono addentrato in questo nuovo mondo più ho capito che la faccenda si faceva seria, nonché interessante. Facciamo un passo indietro nel tempo. Tre settimane fa circa il caro amico Walter Savelli, impegnato da quarant’anni nel campo della didattica pianistica, mi ha inviato una mail invitandomi al suo primo concerto su Second Life. Dopo l’intervista a Walter, pubblicata nel nostro numero di Aprile, mi sono molto legato al suo progetto di musicista ed esperto della rete così non volevo mancare a questa sua ennesima sfida. Ora però c’era da capire cosa fosse Second Life. Inizialmente ho pensato ad una web TV (Walter non è nuovo a queste esperienze visto che da poco ne ha aperta una tutta sua) ma da una semplice ricerca su Google ho capito subito che avevo imbroccato la strada sbagliata, così, visitando il blog di Walter ho trovato le istruzioni per il primo accesso in Second. Ho seguito alla lettera le istruzioni che Giulia Bigi (riferimento tecnico) aveva pubblicato sul blog di Walter ottenendo un nome utente e una password. Dove dovevo inserire le credenziali del mio profilo? Ho scaricato la versione gratuita del software di Second Life e al termine del download ho istallato e lanciato il programma, ho inserito le _________________________________________________________________________________________________________________________ - 12 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ Visto che ritenevo fondamentale questa premessa per quanti non conoscessero SL ora posso tornare al punto di partenza ovvero il nostro primo concerto in SL. La mia preoccupazione era quella di capire se il concerto sarebbe stato un live o piuttosto una registrazione mandata attraverso i canali di SL e la nostra amica mi ha spiegato che il concerto sarebbe stato live. Il musicista ha semplicemente bisogno di una postazione informatica alla quale collegare il suo strumento o l’uscita del suo mixer, corredata da un appropriato software per lo streaming audio, poi sarà cura dell’owner della land offrigli un canale per trasmettere la sua musica in modalità live. La nostra amica ha provveduto poi a curare almeno un po’ l’aspetto estetico del mio avatar perché, è vero che siamo in un mondo virtuale, ma anche qui le consuetudini della vita reale non sfuggono e non ci si può presentare ad un concerto per pianoforte in jeans e canottiera. Il concerto di Walter Savelli era promosso dalla land NUOVA SICILIA che ha voluto ospitare Walter in una cornice stupenda, un palco sul mare con il pubblico piazzato su piattaforme cilindriche nel mare. Quello che vi assicuro è che la sensazione è stata davvero molto 'nuova'. Oggi più che mai la musica si può ascoltare in migliaia di modi ma credetemi che assistere al mio primo concerto su SL, vedere un avatar suonare su un palco sapendo che la cosa stava succedendo davvero, e il tutto con una qualità audio ottima…mi ha fatto anche un certa impressione. Mi sono ritornate alle mente le nozioni di discografia musicale. Mi sono un po’ sentito come di fronte ad un nuovo supporto musicale, non più tangibile come il compact disc o la “chiavetta USB” ma un supporto che sa tanto di ritorno alla origini, cioè la musica nei concerti dal vivo, proiettata in una nuova dimensione. girovagare in piena libertà. La registrazione che ho effettuato per accedere a SL è stata gratuita perché prevedeva il “pacchetto base”, ovvero la creazione di un unico avatar. Se avessi voluto creare una mia “land” avrei dovuto usufruire di un pacchetto superiore a quello base che prevede un pagamento in denaro, siamo nell’ordine dei 1.500€ per l’acquisto di una land più 350€ al mese per mantenerne la proprietà. Chi è proprietario di una land ne dispone a suo piacimento e potrebbe anche decidere di venderne anche solo una parte, definita in gergo di SL “parcel”. Sarebbe ora importante capire quali sono le potenzialità di una land (o di una parcel)? O meglio: perché dovrei spendere tanti soldini per avere una mia land? Nel momento in cui divento proprietario di una land potrò organizzare concerti, giochi, manifestazioni, promuovere libri, e fare attività pubblicitaria, quindi, se sono un bravo OWNER (si chiamano così i proprietari di una land) potrò anche trarre profitto da questo mio lavoro. In che modo? Come ogni vita che si rispetti anche SL ha una sua moneta: le “linden” L$. Qual è la particolarità delle linden? Che da denaro virtuale si possono trasformare in moneta reale. Per effettuare la trasformazione basta essere forniti di un sistema di pagamento paypal che nella sua forma più semplice si traduce in PostePay. 1.000 L$, ad esempio valgono 4,09 Dollari che in euro vuol dire 2,7€. Quando la mia attività raggiunge un numero di L$ cospicuo posso effettuare la trasformazione delle L$ in euro versando il denaro sul mio postepay. Una delle attività di maggior profitto in SL, a detta degli owner che ho intervistato nei giorni precedenti al concerto, deriva proprio dall’organizzazione di eventi musicali come quello al quale ho assistito in prima persona il 22 Maggio. www.secondlifeitalia.com _________________________________________________________________________________________________________________________ - 13 - Sound Res musicaround.net 2008 Un ponte tra New York e Lecce di Marco Leopizzi foto_Carlo Elmiro Bevilacqua Chi ha detto che la cornice ideale per il Minimalismo musicale è la metropoli americana? Sound Res dimostra ogni anno di più che il Barocco leccese è assai accogliente, non solo per i musicisti ma anche per la loro musica. Nella regione salentina si sta sviluppando anche una cultura ‘contemporanea’ che fa il paio con il revival popolare, il quale pur con tutte le contraddizioni che lo distinguono ha fatto conoscere la musica popolare (o quello che ne rimane) al mondo intero. Due fenomeni socio-musicali apparentemente contrapposti ma che invece si muovono nella medesima direzione: la riconquista della giusta centralità della musica in Terra d’Otranto, recuperando le proprie radici da un lato, assorbendo un’esperienza avanguardista d’oltreoceano dall’altro. Nell’ultimo caso siamo in presenza di un potenziale processo di acculturazione musicale [integrazione della propria cultura con un’altra, nda], fenomeno ben conosciuto dagli antropologi e che nella storia della musica ha spesso dato vita ad importantissime trasformazioni, basti pensare alla diffusione del Jazz in tutto il mondo, dalla Scandinavia al Giappone, dall’Africa alla Russia. Certo, è presto per dire se la presenza annuale di musicisti del- l’avanguardia statunitense produrrà effettivamente un tale risultato nel Salento. Un festival non basta, anche se ospita Terry Riley e i Bang On A Can All Stars. C’è bisogno della partecipazione attiva delle istituzioni, prime fra tutte il Conservatorio e l’Università. Ruolo non meno importante devono assumere le realtà culturali che a vario titolo operano in loco. Una delle maggiori novità dell’edizione 2008 di Sound Res (che non è un semplice festival ma un programma di residenze artistiche e summer school) è proprio questa, il lavoro di rete e networking, che coinvolge le realtà locali più interessanti, mettendole in connessione con quelle nazionali ed internazionali. Anche per questo il programma di residenze è stato scelto dagli osservatori del Sole 24 Ore e di Nova Magazine come proposta di innovazione e di eccellenza all’interno del progetto Lecce Città Illuminata. Così, l’etichetta 11/8 Records è stata coinvolta in un progetto discografico riguardante i concerti del 2008 ed il materiale migliore delle cinque edizioni del festival, a cui Cesare Dell’Anna, fondatore dell’etichetta, ha spesso preso parte come musicista - 14 - musicaround.net mente giunta alla stesura definitiva. Riley e i Bang On A Can, infatti, vi hanno lavorato assieme durante la residenza di Sound Res, e la composizione verrà presentata il prossimo novembre a New York, dove sarà registrata dall’etichetta discografica Cantaloupe Music, per la coproduzione Sound Res e Bang On A Can. Il livello discorsivo dei testi non si amalgama ancora alla perfezione con la parte musicale che è invece d’impatto e spesso raffinatissima, e in cui l’estetica rileyana si fonde con quella del sestetto americano. Così la ripetitività di alcuni frammenti melodici, l’amore per la musica indiana, le caratteristiche esecutive vocali del raga sono riPalazzo Ducale, S. Cesario di Lecce, 07 giugno 2008 ospite. Il regista Mattia Epifani sta invece lavorando ad un film documentario che, a partire dalle riprese delle edizioni 2007 e 2008 nel Salento, lo ha portato a New York dove ha seguito il direttore artistico David Cossin e con lui ha incontrato i luoghi e i protagonisti della musica contemporanea. Il film, di cui si prevede l’uscita nel prossimo autunno, è una collaborazione Sound Res, Centro Studi Nuovi Media e Verdeoro Production. Radio Popolare Salento ha seguito tutta la manifestazione raccontando giorno per giorno gli eventi, e trasmettendo le originali cartoline sonore realizzate dalla giornalista radiofonica Anna Raimondo (ascoltabili su www.radiopopolaresalento.it/?p=299) e diffuse anche da Radio Circulo di Madrid. SalentoWeb Tv ha prodotto un video del concerto del 12 giugno (www.salentoweb.tv/Internet/categoria.asp?idC=50) in occasione della prima mondiale di “Autodreamographical Tales”, l’opera di Terry Riley realizzata durante la residenza e arrangiata per l’irrequieto ensemble newyorkese Bang On A Can All Stars. La composizione è una trasposizione in musica di alcuni sogni di Riley, nata dalla richiesta di una radio californiana di documentarli. I suoi viaggi onirici rappresentano ora la traccia narrativa attraverso cui si dipana una matassa sonora complessa e magmatica: flussi continui a tratti irrazionali e intensissimi, altri delicatissimi e in forma canzone, che dimostrano oltre alla matrice onirica l’altissimo livello esecutivo dell’ensemble, capace di ampi scarti dinamici e di un espressionismo toccante. Una decina di racconti, alcuni dei quali letti in italiano, in forma discorsiva. È forse questa, ancora, l’unica pecca dell’opera che però non è probabil- disegnati all’interno di arrangiamenti costantemente in equilibrio tra musica classica (dinamiche, tecniche strumentali e timbri), Jazz (improvvisazione e swing del ritmo) e Popular Music (tecniche e gusto Rock della chitarra di Mark Stewart, forme canzone che ricordano le song americane). Molto apprezzato anche il concerto del 7 giugno, all’interno del chiostro del Palazzo Ducale di San Cesario di Lecce. I Bang On A Can hanno eseguito nella prima parte un repertorio di grande presa sul pubblico, con brani dei compositori contemporanei Tan Dun (“Concerto For Six”), Colon Nancarrow (“4 Studies For Player Piano”) ed Hermeto Pascoal (“Arapua”), dal ritmo intenso e travolgente, spesso carichi di feeling afroamericano. Alla band si sono aggiunti poi per l’esecuzione di “In C”, l’opera di Riley manifesto del Minimalismo, lo stesso compositore californiano e i musicisti leccesi Cesare Dell’Anna e Mauro Tre. Non meno ricca è stata la Summer School, caratterizzata da tre seminari/performance. Nel primo Robert Black, contrabbassista dei Bang On A Can, ha analizzato, in un percorso d'ascolto guidato sul repertorio (e sulla tecnica) per contrabbasso nel corso del XX sec., brani di compositori come - 15 - musicaround.net Puglia e dall’Italia, brindisino d’origine, da anni vive e lavora ad Amsterdam) che oltre ai dialoghi sul nomadismo, terrà il 2 e 3 agosto un workshop pratico per danzatori professionisti e non, un’occasione unica e quanto mai rara per lavorare con uno dei più grandi e riconosciuti maestri della danza contemporanea. Il cartellone di Sound Res si fa dunque sempre più prezioso e stimolante per il territorio; bisogna sperare ora che artisti, musicisti, operatori culturali e pubblico sappiano far tesoro del confronto con i grandi compositori ed artisti, rielaborando la loro lezione per integrarla al proprio sentire artistico e, magari, sviluppare un peculiare movimento che abbia come nuovo punto focale la città pugliese. www.soundres.org www.radiopopolaresalento.it www.salentoweb.tv www.terryriley.com www.bangonacan.org Castello Carlo V, Lecce, seminario Terry Riley, 11 giugno 2008 Palazzo dei Celestini, Lecce, prima mondiale di “Autodreamographical Tales”,12 giugno 2008 James Tenney, Iannis Xenakis e Giacinto Scelsi. Evan Ziporyn, invece, per il clarinetto, si è concentrato sui suoni ‘nascosti’ e sulle possibilità multifoniche del suo strumento, mentre Terry Riley ha dato diretta dimostrazione del suo percorso musicale eseguendo un raga indiano (con impeccabile tecnica vocale) ed una nuova composizione per piano solo, e rispondendo alle domande dei partecipanti. Tra luglio e settembre, la seconda parte della manifestazione diventerà multidisciplinare e si concentrerà sul progetto Nomadi in Residenza, intorno al tema delle «pratiche culturali nomadiche, della trasformazione delle identità attraverso l'arte e della dimensione glocale delle idee e dei sistemi». Questioni che saranno sviscerate in una serie di conversazioni pubbliche durante la residenza dell’artista albanese Adrian Paci, della curatrice rumena Katia Anguelova, del direttore di progetti di residenze e curatore Gordon Knox, del coreografo e danzatore Emio Greco (tra i grandi ‘esiliati’ dalla - 16 - Il Guru del Minimalismo musicaround.net intervista a Terry Riley di Marco Leopizzi foto_Carlo Elmiro Bevilacqua Celebre e celebrato per l’opera manifesto del Minimalismo musicale, “In C” (1964), Terry Riley è in realtà una personalità musicale assai ricca e sfaccettata, spregiudicatamente californiano. Dopo gli studi e le prime opere sotto l’influsso di Stockhausen incontra, già nel ’59, il compositore La Monte Young, da cui assorbe la lezione, e comincia a sviluppare la tecnica delle piccole frasi ripetute (“String Trio”, 1961). Entra poi a far parte del San Francisco Tape Music Center, cominciando a sperimentare con i loop su nastro, e contemporaneamente compone la musica per i balletti della coreografa Ann Halprin (“The Three-Legged Stool” che più tardi diventa un pezzo da concerto, “Mescalin Mix”, tra le sue pagine più famose). Giunto in Europa si sposta tra Spagna, Francia, Germania e Finlandia, finendo per scrivere la musica per l’opera drammatica “The Gift” (‘63) di Ken Dewey, prima composizione ad utilizzare il Time Lag Accumulator (un sistema con due tape recorder Revox per il delay e il feedback) e basata sulla registrazione di un’esecuzione di Chet Baker del famoso brano modale di Miles Davis, So What. Sono queste le esperienze che gli permettono di elaborare il concetto di ‘ripetizione’ sublimato l’anno successivo in “In C”, in cui 53 brevi frasi melodiche sono ripetute ad libitum da ogni strumento, generando così sempre nuove sovrapposizioni melodiche, armoniche e ritmiche. “In C” definisce i canoni del Minimalismo e allo stesso tempo lo fa conoscere al grande pubblico. Ritornato negli USA, Riley comincia ad introdurre parti improvvisate nelle sue composizioni (“A Rainbow In The Curved Air”, da cui trae il nome la band rock Curved Air e che ha ispirato gli Who nei brani Won't Get Fooled Again e Baba O'Riley, e “Poppy Nogood And The Phantom Band”). All’inizio dei ’70, invece, Riley, grazie al suo maestro Pandit Pran Nath, trova nella musica indiana la sua strada e vi si immerge per un decennio, studiandone profondamente la tradizione, tanto che ancora oggi le sue opere ne sono largamente segnate. Successivamente lavora a lungo con il Kronos Quartet, scri- 17 - vendo diversi quartetti per archi tra cui il famoso “Sun Rings” del 2002. Tra i lavori drammatici particolare spessore assume “The Saint Adolf Ring”, un’opera multimediale del ’92 ispirata alla figura del poeta schizofrenico svizzero Adolf Woelfli. Il prolifico compositore americano (proprio mentre scrivo compie 73 anni), dopo aver influenzato flotte di musicisti, dai colleghi minimalisti fino a gruppi rock, è ora al lavoro con la sua nuova opera “Autodreamographical Tales”, generata dai propri sogni e presentata in prima mondiale il 12 giugno al pubblico salentino, durante la quinta edizione di Sound Res. musicaround.net sica fosse simile alla combinazione di orbite diverse. Marco Leopizzi: Per cominciare, ci parla della sua esperienza con il San Francisco Tape Music Center e con la Tape Music in generale? M. L.: Come si è avvicinato, invece, alla musica indiana e come ha influito sulla sua arte? Terry Riley: Il San Francisco Tape Music Center fu fondato [nel 1962, ndr] da Morton Subotnick, Ramon Sender e Pauline Oliveros, e la mia esperienza con i tape loop fu quella di comporre assieme a La Monte Young le musiche per i balletti della coreografa Ann Halprin. Ho trovato me stesso. A quei tempi il nastro era l’estensione della musica suonata, ed erano tempi molto eccitanti perché non c’erano ancora i sintetizzatori e i computer ma solo un nastro. T. R.: La musica indiana è arrivata nella mia vita grazie a Pandit Pran Nath, un grandissimo cantante indiano che incontrai nel 1970. Era un fantastico performer e compositore e portava con sé la più profonda ed antica tradizione della musica classica indiana, e questa tradizione aveva idee molto simili alle mie sulla mia musica. La musica indiana è molto legata al mood, agli umori, a loro volta relativi ai differenti momenti del giorno, per i quali infatti ci sono rāga diversi. È molto importante tener conto degli stati psicologici. M. L.: Fu questa esperienza ad ispirarle il concetto della ‘ripetizione’ che la portò a comporre il capolavoro “In C”? E cosa rappresenta per lei questo concetto? M. L.: Con i Kronos Quartet è invece ritornato alla dimensione ‘occidentale’ della musica. Come ha adattato ciò che aveva acquisito dalla musica indiana alle composizioni per i Kronos? T. R.: È vero, fu il lavoro con i loop a portarmi a scrivere musica basata sulla ripetizione. Cominciai a sviluppare diverse tecniche usando nastri di lunghezze differenti che giravano contemporaneamente. Ma iniziai anche a pensare alla somiglianza con il modo in cui i pianeti ruotano attorno al sole su diverse orbite. Cominciai a pensare che la mu- T. R.: Quando li incontrai i musicisti del Kronos Quartet erano molto giovani e stimolanti, e io non scrivevo più musica da dieci anni, dai ’70. Mi ero dedicato soprattutto alla musica indiana ed alle improvvisazioni per piano. Ciò che è accaduto con i Kronos è stato probabilmente un ritorno alla notazione, e un ripensamento della combinazione tra musica occidentale e musica orientale, trovando le similitudini e le divergenze. M. L.: Infine, “Autodreamographical Tales”. Ci racconti la sua nuova opera e l’esperienza di Sound Res. T. R.: “Autodreamographical Tales” è nata per la commissione di una radio californiana, che mi chiese di scrivere un pezzo di mezzora che integrasse musica e parole. A quell’epoca tenevo un diario dei sogni su cui ogni giorno annotavo ciò che avevo sognato, ho usato questa base per l’opera aggiungendoci dei suoni. Quando l’anno scorso feci ascoltare la musica ad Evan Ziporyn, [dei Bang On A Can All Stars, ndr] lui mi chiese di scrivere un pezzo intero per eseguirlo dal vivo con il sestetto. Abbiamo cercato a lungo un luogo in cui lavorare assieme e quando ho saputo da David Cossin che c’era la possibilità di venir qui nel Salento ho accettato molto volentieri. - 18 - www.terryriley.com www.myspace.com/terryriley1935 Dagli USA a Bali e ritorno musicaround.net intervista a Evan Ziporyn di Oscar Cacciatore Dal 1992 è il clarinettista dei Bang On Can All Stars, con loro ha compiuto tournée in tutto il mondo ed oggi è arrangiatore e compositore dell’ensemble. Ma Evan Ziporyn è anche insegnante del Massachusetts Institute of Technology dal 1990, e nel 1993 ha fondato il Gamelan Galak Tika, un gruppo di danza e musica balinese, di stanza a Boston, che interpreta le nuove composizioni di artisti americani e balinesi. Ha scritto, inoltre, per il Kronos Quartet, il Boston Modern Orchestra Project, il Gamelan Sekar Jaya e molti altri musicisti, lavorato con Philip Glass, Meredith Monk, Terry Riley, Tan Dun, Ornette Coleman, Don Byron, Cecil Taylor, Henry Threadgill, Steve Reich, arrangiato le opere di Brian Eno, Conlon Nancarrow, Hermeto Pascoal e, addirittura, Kurt Cobain. Sperimenta regolarmente sul suo strumento nuove tecniche, di cui ha parlato durante il seminario Il Mondo Respirato Coi Clarinetti per Sound Res 2008. Oscar Cacciatore: Quest’anno sei stato premiato con l’USA Artists Award: di che si tratta? foto_Christine Southworth Evan Ziporyn: È solo il secondo anno che esiste questo premio; ne conferiscono uno a cinquanta artisti l’anno ed io sono stato il secondo nell’ultima turnazione a riceverlo: si è trattato, in sostanza, di una somma in denaro che, sinceramente, mi ha aiutato moltissimo permettendomi, fra le altre cose, di saldare alcuni dei miei debiti [ride di gusto]; poi, ho finanziato delle produzioni teatrali e ho comprato della nuova strumentazione. Dovrebbe es- sermi rimasto ancora qualcosa in tasca [a questo punto, ridiamo entrambi]... O. C.: Ne parlavamo anche ieri con Robert: quale pensi sia lo scopo principale delle avanguardie musicali oggi? Come trovi, in particolare, la situazione italiana? - 19 - musicaround.net E. Z.: Sinceramente, non conosco nel dettaglio la ‘situazione’ italiana ma credo che, in generale, oggi l’avanguardia stia attraversando una fase di ‘crisi’, ma si tratta di una crisi davvero affascinante! O. C. E ritieni che questo possa esser fatto anche attraverso la ‘categoria’ tempo? E. Z.: Certamente sì! Per esempio, i pezzi per piano player di Nancarrow [Samuel Conlon Nancarrow, compositore americano (1912-1997), nda] che abbiamo eseguito l’altra sera, composti fra gli anni ’30 e ’40, sono stati prima da noi arrangiati in modo da poterne trasmettere più o meno fedelmente il messaggio musicale originario. È un po’ quello che accade oggi quando si legge o si interpreta un passo di Shakespeare: non abbiamo più a che fare con la situazione storica dell’autore ma operiamo in un ‘ambiente’ di fruizione più ampio, ricostruito appositamente per svolgere una funzione esegeticocomunicativa più efficace. O. C.: Spiegati meglio. E. Z.: Beh, venticinque anni fa c’era un’idea di avanguardia, per diverse ragioni culturali. Oggi, in qualche modo, i risultati della sperimentazione e della ricerca sono stati messi in crisi perché, essenzialmente, viviamo in un contesto sociale in cui assume valore ai massimi livelli ciò che fa muovere l’economia e che produce guadagni. Oramai ci siamo abitutati, dato che tale è la situazione vigente negli Stati Uniti da svariati anni a questa parte. O. C.: Sembra uno scenario realmente drammatico... E l’elemento ‘affascinante’ al quale accennavi? O. C.: Mi preme un’ultima curiosità: per il tuo lavoro utilizzi le nuovissime tecnologie oppure prediligi una scrittura di tipo tradizionale? E. Z.: Nello stesso tempo, però, c’è un altro aspetto molto importante della vicenda: il crollo delle grandi case discografiche. Questa ‘svolta’ ha permesso agli artefici di musica meno commerciale di potersi costruire una propria audience. Certo, resta sempre abbastanza difficoltoso catturare l’attenzione della gente ma il pubblico di oggi è in ogni caso più aperto rispetto a quello degli anni Ottanta. E. Z.: No, utilizzo il computer. Devo dire, però, che lo trovo comodo soprattutto quando compongo musica per apparecchiature elettroniche e per robot, della cui costruzione si occupa solitamente la mia compagna Cristine. Ho anche scritto un articolo in cui indagavo i rapporti col PC da parte di altri compositori, ovviamente appartenenenti alla mia stessa generazione, l’ultima ad apprendere la modalità di scrittura tradizionale e la prima ad utilizzare il computer. Cerco comunque di non commettere mai l’errore di credere che il risultato restituito dalla macchina sarà poi anche lontanamente simile ad una stesura finale; è un po’ come scrivere la musica per un film: non sarà mai assolutamente come avere il film già realizzato in testa. Per questo motivo, penso che l’uomo non potrà mai essere sostituito dalle macchine! O. C.: Quale posizione assume, nella tua opera, la ‘trasfigurazione’ del repertorio? E. Z.: Ho trascorso molto tempo studiando sul posto il ‘bagaglio’ musicale di altre culture, come ad esempio quella balinese ed africana, osservando l’effetto prodotto dopo averne estrapolato dal contesto di formazione originario e trasportato in altri ‘luoghi’ i caratteristici elementi configurativi: con il progetto BOACAS ci occupiamo regolarmente di questa pratica. www.ziporyn.com www.myspace.com/evanziporyn - 20 - Il principe del contrabbasso musicaround.net intervista a ROBERT BLACK di Oscar Cacciatore trad. Alessandra Pomarico Musica classica orchestrale e da camera o per computer, esibizioni soliste con attori o balletti, estemporanee di pittura o ensemble d’avanguardia è sempre lui, Robert Black, impeccabile contrabbassista dei Bang On A Can All Stars (d’ora in avanti BOACAS). Tecnica raffinata e moderna, preparazione musicale profonda Black ha lavorato, tra i tanti, con John Cage, D.J. Spooky, Elliott Carter, Terry Riley, Meredith Monk e Cecil Taylor, con gli ensemble da camera Ciompi e Miami String Quartets, l’attrice Kathryn Walker e il pittore brasiliano Ige D'Aquino. Svolge intensa attività didattica in diverse scuole americane tra cui la Manhattan School of Music. Nella V edizione di Sound Res ha tenuto un seminario sul repertorio e sulla tecnica per contrabbasso del XX sec., dal titolo esplicito The Unknown Doublebass. Oscar Cacciatore: Tu vanti, come del resto tutti i membri del BOACAS numerose collaborazioni ed esperienze musicali al di fuori dei confini prestabiliti ‘di genere’. Cosa ti guida, solitamente, nelle scelte artistiche? Robert Black: Quello che facciamo con i BOACAS è cercare persone che producano un lavoro molto interessante nel loro genere: in questo modo capiamo se loro, eventualmente, potrebbero essere poi interessati a collaborare con noi. Chi sa cosa può succedere quando si combina l’ensemble del BOACAS con, ad esempio, un percussionista birmano oppure, come in questo caso, un compositore del calibro di Terry Riley? Nessuno. Ed è proprio questo il bello... O. C.: Allora da qui parte la vostra personalissima ‘ricerca’… R. B.: Certamente! Devi sapere che tutti i componenti del nostro gruppo hanno interessi in molteplici campi, tutti noi amiamo la musica d’avanguardia, la musica classica, il jazz, le produzioni di famosi dj; perché, allora, non collegare fra loro tutte queste influenze e scoprire ciò che ne potrebbe venir fuori? foto_Kevin Wilkes - 21 - musicaround.net O. C.: L’ironia mi è sembrata una costante imprescindibile nelle vostre esibizioni: mi riferisco soprattutto a quando, durante il concerto, hai finto che il contrabbasso ti scivolasse dalle mani... [l’ultima è avvenuta il 3 giugno di quest’anno al Winter Garden, ndt]! Queste sono tutte eccezionali strategie di avvicinamento al pubblico che, noi organizzatori [di Sound Res, nda], abbiamo preso in parte come modello! R. B.: Ah, già, certamente...[ride di gusto, nda]. Vedi, nei BOACAS siamo tutti molto seri nei riguardi del nostro lavoro, però allo stesso tempo non vogliamo essere autoreferenziali. In ogni caso, ci piace comunque divertirci: credo sia molto importante questa ‘dimensione del piacevole’, questa nostra interfaccia ‘ludica’. R. B.: D’altra parte, visto soprattutto che i canali ‘ufficiali’ non intendevano darci alcuno spazio, abbiam dovuto fare tutto da soli! Ci siamo detti «inventiamo noi dei sistemi adatti per raccogliere fondi ed essere così in grado di commissionare dei nuovi brani». Lo stesso discorso è valso per le etichette discografiche, non interessate al nostro lavoro: abbiamo perciò creato appositamente una nostra etichetta [la Cantaloupe Music, nda]. In pratica, ogni ostacolo che sorgeva lungo il cammino diveniva un incentivo a proseguire con sempre maggiore determinazione! O. C.: Immagino che questi elementi favoriscano anche la comprensione del ‘nuovo’ da parte del pubblico. R. B.: Sono d’accordo. Considera, inoltre, che sia la didattica tradizionalista sia l’approccio di tipo ‘storico’ tramandano questa ‘leggenda’ che la gente non ami la musica contemporanea: niente di più falso! Esiste eccome questo tipo di pubblico... L’unico ostacolo alla fruizione è costituito dalle difficoltà d’accesso, dal ricreare le giuste situazioni ed opportunità. Credo che questo sia stato uno degli scopi raggiunti dal BOACAS. Quando ventidue anni fa è comiciato il lavoro con l’ensemble a New York, ci si è resi subito conto che il grande assente era proprio il pubblico della musica contemporanea, mentre tutti gli altri tipi di spettacolo d’’avanguardia’ come balletti, performance teatrali e mostre d’arte erano frequentatissimi. Abbiamo cercato perciò, fin da allora, di ricreare dei contesti e degli spazi adatti a questo scopo. Alessandra Pomarico (direttrice artistica di Sound Res e traduttrice di questo servizio): A tal proposito, vorrei ricordare che i BOACAS hanno attivato delle nuove ed efficacissime modalità di fruizione. Ad esempio, hanno istituito un fondo per commissionare nuovi lavori ai giovani compositori: le migliori opere poi, scritte per il BOACAS, saranno eseguite dallo stesso ensemble nel corso di un festival creato appositamente per l’occasione. In questo modo moltissimi famosi musicisti hanno composto per loro come Dj Spooky e Sonic Youth, giusto per citarne alcuni. Il gruppo ha poi realizzato anche una “Summer Institute School” che, sviluppata lungo tre settimane di seminari intensivi con partecipanti da tutto il mondo, ospiterà volta per volta in residenza un artista particolarmente ‘illuminante’ e tutti quanti, ‘studenti’ e musicisti, si lavorerà direttamente in una maratona annuale di musica non stop 24 ore su 24 O. C.: Non mi resta quindi che augurarvi un grande ‘in bocca al lupo’ per i vostri progetti futuri, Robert! Grazie mille per quest’intervista! R. B.: ‘Crepi il lupo’ e alla prossima! www.robertblack.org - 22 - La Border Music made in Italy musicaround.net GIROLAMO DE SIMONE intervista a di Oscar Cacciatore Girolamo De Simone è un musicista e compositore di rilevanza fondamentale per la nostra penisola. Nato a Napoli nel 1964, ha avuto negli anni Ottanta incontri determinanti con figure del calibro di Luciano Cilio e John Cage, e ha suonato per i principali festival di musica contemporanea, raccogliendo consensi per le ricerche sui nuovi linguaggi e per la riscoperta di repertori inediti o rari. Come compositore ha ricevuto esecuzioni in Europa (per l’UNESCO a Parigi, per la CEE a Bruxelles, per la Radio-televisione Svizzera) e in Italia (Rai Due, Rai Tre, Radio Rai Due, Radio Rai Tre); ha inciso molti dischi: per Ars Publica (Pisa), Die Schachtel (Milano), Curci (Milano), Konsequenz (Napoli), Nardini (Firenze). In qualità di teorico delle musiche di frontiera ha pubblicato libri, saggi articoli e recensioni anticipando le tematiche della contaminazione tra generi musicali, della critica allo sperimentalismo e delle nuove estetiche mass-mediali. Nel 1985 fonda a Napoli l’Associazione Ferenc Liszt, poi Ente di rilievo. Dal 1994 è Direttore responsabile della rivista di musiche contemporanee KonSequenz (Liguori Editori), più volte premiata dal Ministero per i Beni Culturali come periodico di elevato valore. Scrive per varie testate e, segnatamente, dal 1994, per il quotidiano Il Manifesto, anche con una rubrica intitolata che focalizza l’attenzione italiana sulle musiche di frontiera. Lo abbiamo incontrato in occasione della pubblicazione del suo nuovo album “Shama” e, disponibilissimo, ci ha rilasciato un’intevista illuminante. Oscar Cacciatore: Sei uno dei teorizzatori della border music: abbattimento semi totale delle ‘frontiere’ che vincolano il libero scorrimento della Musica. Siamo in presenza di una piccola rivoluzione o in realtà questo ‘sovvertimento’ è già avvenuto e ne stiamo appena ‘vivendo’ l’eredità? Girolamo De Simone: È appena avvenuto. Ma quando si è cominciato a parlare di ‘plurali’, qui in Italia eravamo davvero in pochi; in piena èra ‘pestalozziana’, di rigorismo algido e oserei dire un tantino autoritario. KonSequenz, la rivista nata nel 1994, si pose subito come antagonista di Musica Realtà [altra storica rivista diretta da Luigi Pestalozza e da lui stesso fondata nel 1980, ndr]. Poi pian piano tutti hanno preso a cuore le contaminazioni, anche world. Per arrivare a teorizzare questa apertura era necessario esporre a critica serrata i libri e le teorie di Adorno. Anche in area anglosassone si stava facendo la stessa cosa, ma i testi che lo facevano avrebbero avuto seguito, e traduzione italiana, solo in un secondo momento. Avvertii l’esigenza di partire con una critica allo sperimentalismo (che è cosa diversa dalla sperimentazione...) perché un Maestro e amico si era suicidato per aver incontrato l’Accademia, quella dotata di paraocchi. Sto parlando di Luciano Cilio. - 23 - musicaround.net O. C.: Che ruolo hanno (se ve n’è uno) nella border music la trasformazione e la trasfigurazione del materiale sonoro preesistente? fanno altro che usare il computer come se stessero lavorando con uno strumento tradizionale. «Si fa così, cosà e non in altro modo». Trovo questa cosa molto irritante, mentre ritengo che l’atteggiamento G. D. S.: Questa è stata una intuizione successiva, ‘fluxus’ dei giovani che piegano anche un hit fache ho perfezionato coniando la cosiddetta ‘estemoso alle proprie voglie del momento, anche solo tica del plagio’. Anche lì mi muovevo molto prima di con gli editor dei loro cellulari, sia il vero atteggiaStriscia e dei dossier sui plagi del Festival di Sanmento foriero di novità. Una novità che dovrebbe remo (per uno di questi, TG2 Dossier, fui poi condeclinarsi così: musica funzionale, ovvero musica tattato dalla Rai). Anche qui c’era stato un semplice o difficile, alta o bassa, ma sempre muantesignano, Aprea, che si era occupato delle trasica. Una difficoltà, nel mondo tradizionale della sformazioni ‘infrageneriche’, per così dire. composizione e dell’esecuzione, ad accettare Da lì alla teorizzazione di contaminazioni queste innovazioni risiede nel pregiudizio posto infrageneriche ed infrastilistiche il passo è alcuni numeri di da categorie estetiche che fanno riferimento stato breve. In realtà, non si tratta che di alla ‘qualità’. Ma in arte, e in generale nelle KonSequenz ampliare una consapevolezza maturata cose che riguardano l’uomo, si tratta di aggrecon l’avvento della musica concreta. gati di complessità, non di qualità. E di collocazione di funzioni. Una musica per ogni esigenza. Persino quella accadeO. C.: Un nome su tutti? mica esiste e sopravvive, quindi... G. D. S.: Qui in Italia, credo che un antesignano eccezioO. C.: A proposito di nale sia stato Pietro ‘accademia’, quanto ha Grossi: consiglio a tutti pesato, invece, la tradidi ascoltare la sua muzione nella tua formazione sica, con frammenti di di musicista? sketch pubblicitari... Un ampliamento, dunque, della tavolozza dei maG. D. S.: Molto. Da lì sono partito. teriali. Ma l’operazione Ovvero da lunghe ore al pianodifficile sarebbe stato, forte, e da studi di composizione ed è ancora così, asseufficiali. Poi conobbi Eugenio Fels, gnare piena dignità Luciano Cilio ed altri musicisti antiestetica a questa tavoconvenzionali (mi ricordo come lozza ricca di suoni e rumori. Esiuno shock l’incontro con Cage stono ancora molte resistenze nel negli anni Ottanta). Insieme ai mondo della composizione. Posizioni ‘carbograndi vecchi (Grossi, Chiari, nare’, per così dire. Chailly, Sollima, Carter, Rieti) che ho avuto la fortuna di incontrare si è creato presto un mix quasi ‘everO. C.: Nei tuoi lavori adoperi spesso le più mosivo’, ed ho sterzato fortemente. derne tecnologie. In che misura trovi l’uomo (ed Tuttavia se la tua domanda sottintende un altro il compositore) odierno dipendere dalla Tecquesito, ovvero se io conferisco o meno valore alla nica? Quali scopi pensi che essa debba ragmemoria ed alla storia, allora il discorso si fa molto giungere? più complesso, e per rispondere dovrei parlare di sviluppo lineare o rizomatico, e di come questi conG. D. S.: Credo che la tecnica dipenda da noi. cetti, usati dalla corrente degli (ex) nuovi filosofi Tutto è tecnologia, esiste una tecnologia del linfrancesi, siano però da intendersi prospetticaguaggio, delle prassi, delle pratiche dell’agire. mente, a seconda se si parli di dieci, cento o mille Siamo sempre stati circondati da elettrodomestici. anni fa. Esiste un rapporto inversamente proporzioAnche la ruota è stata un’invenzione con una funnale tra i metodi di analisi e la necessità della mezione di ‘alleggerimento’ del nostro fare. Pietro moria. Più essa è lontana, più diffido del metodo Grossi si firmava PIGRO perché aveva venduto il rizomatico. Più essa è vicina, più diffido di quello lisuo violoncello, ritenendo che il tempo impiegato neare. Di fatto, ho dedicato gran parte della mia per esercitarsi fosse inutile, e potesse più proficuavita a perpetuare il ricordo di grandi musicisti ‘rimente essere rivolto alla creazione, ovvero ad un mossi’, ed alla creazione di un archivio, in parte inatteggiamento interiore realmente progressista. Ma formatico [piccola parte è su www.konsequenz.it, quanti hanno questo coraggio? Molti musicisti non - 24 - musicaround.net nda] in parte cartaceo, che occupa parecchie stanze di casa mia e della mia testa. gate, rivolte a creare una tessitura comune fra le diverse track, a dispetto del loro ‘suono’ differente, o della loro vicinanza a questo o quel genere. Ciò crea un sostrato che genera continuità, e consente al cd di suonare in modo uniforme. Considero ogni cd come un’opera in sé, prescindendo dalla somma dei brani che lo compongono. È una cosa che mi è riuscita raramente, credo in due o tre dischi (forse anche in “Ice-tract”). Ora preferisco, naturalmente, l’ultimo [“Scarl/act”, rappresentato al Palazzo delle Arti di Napoli nel dicembre 2007, ancora inedito, nda]. O. C.: Oltre che compositore, pianista e musicologo, sei anche un attivista ed un agitatore culturale. Ne deduco che per te, oggi, l’inerzia di un artista sarebbe la sua fine… G. D. S.: Credo che in generale l’inerzia sia la fine di tutto. Ma il mio motto è «in tutte le opere mantieni il distacco». È un po’ contraddittorio, ma dalla riflessione solitaria e, se vuoi, ‘statica’ procedo ad una ricarica dalla quale poi ripartire. Devi convenire del fatto che, per forza di cose, chi si muove nel mondo delle avanguardie deve mettere in conto lo scontro. Lo scontro è molto molesto, nella mia vita. Così, alterno riflessione in alcuni momenti della giornata a scontri e tensioni in altri istanti del fare. Ne farei volentieri a meno, ma senza vortici non c’è cultura. E la musica, purtroppo, sconta sempre un arretrato fisiologico verso arte e cultura. Non dovrebbe essere così, ed il futuro certamente ci porterà ad una maggiore complessità di riflessione, ma per ora, in Italia, scontiamo ere di fondazioni, teatri d’opera, consorterie concertistiche. Domani il musicista non potrà più essere l’imbecille di talento, spesso reazionario, così come accade oggi. O. C.: Nel titolo stesso del disco credo sia insita una primissima chiave di lettura; ho notato che non hai voluto fornire un approccio all’ascolto ‘difficile’ ma hai cercato ugualmente di insistere sul piano selettivo, quello della percezione. Immagino che questo aiuti anche la fruizione. O no? G. D. S.: Hai colto meravigliosamente bene. Ma ti assicuro che non ho adottato ‘censure’ preventive o facilitazioni del linguaggio. Ho davvero ricercato autenticità, e cercato (sottolineo il ‘cercato’) di evitare ridondanza e retorica. Questo, forse, lo devo a Brian Eno. O. C.: Parlando di ‘complessità della riflessione’, ci fornisci un quadro sul lavoro svolto attraverso la rivista KonSequenz? O. C.: Durante l’ascolto, mi è sembrato di cogliere una certa malinconia di fondo. È così? G. D. S.: Sì, hai ragione: parte del lavoro è profondamente malinconica. Alcune tracce sono dedicate a Luciano, a Chiari, a Grossi, a Cage: sono tutti scomparsi. Ma anche il mio temperamento più autentico è combattivo ma malinconico. Molto. G. D. S.: Su questo ti rimanderei ad una ‘compilazione’ poderosa, presente sul sito della rivista: centinaia di musicisti hanno suonato nelle stagioni a noi collegate, e scorrendo i sommari si può vedere che tanti intellettuali hanno scritto per noi. Persino Veltroni, ma allora non potevo immaginare che avrebbe preso la piega che ha poi preso. Per questo ho demolito il suo ultimo libretto (ammesso che non sia opera anche quello del suo ghost writer...). alcuni dischi di Girolamo De Simone O. C.: Passiamo quindi alla tua ultimissima fatica: “Shama”. Trovo il suo ‘concept’ veramente accattivante. Ti andrebbe di illustrarcene l’ideazione? G. D. S.: Non parlo volentieri dei miei lavori, anche perché spesso mi annoiano subito dopo averli terminati... tralasciando il fatto che, occupandomi anche di critica e musicologia, solo di recente ho trovato persone che si confrontano con me con la completezza e la passione che mi piacciono. Posso però dirti che è il mio penultimo ‘allestimento’, quindi quello che trovo più autentico. Ho pensato a “Shama” come un prodotto ‘integrato’, anzi fortemente integrato. Le trame compositive sono colle- www.girolamodesimone.com www.konsequenz.it - 25 - musicaround.net GIROLAMO DE SIMONE SHAMA di Oscar Cacciatore 01. Luciano 02. Vinile 03. Distrazione 04. Ribattuto 05. In Albis 06. Campane o della Solitudine 07. Zi’ Giannino 08. Sogni, Esorcismi # 1 09. Sogni, Esorcismi # 2 10. Sogni, Esorcismi # 4 11. Sogni, Esorcismi # 8 12. Chiari 13. Vinile # 2 14. Sketch 15. Questa Terra 16. Improvvisa! 17. Aure 18. Organza Girolamo de Simone_musiche e pianoforte [Die Schachtel, 2008] «Ascoltare [shama] è una parola equivoca. Ha il significato di udire ed ha anche il significato di accettare; nel senso della scienza e della conoscenza». Con questa citazione dalla “Guida Dei Perplessi” di Maimonide, riportata all’interno della copertina, comincia l’ascolto di “Shama”, uniforme affresco sonoro di Girolamo De Simone, in diciotto pezzi efficacemente articolati. L’introduzione spetta a Luciano, brano per solo piano dal tono morbido ed introspettivo. Con i successivi Vinile e Distrazione De Simone opera invece dei collage di spezzoni sonori preesistenti (da materiale radiofonico o cinematografico) con un chiaro effetto retrò, inserendo anche propri spunti elettronici: ne consegue un certo straniamento in cui si riesce comunque a trovare un senso di orientamento. Imboccata la ‘strada giusta’ con la dolcissima Ribattuto, frammento pianistico in cui alla prima melodia (effettata ed in panning) si accosta l’inciso motivico portante, con le seguenti In Albis, Campane O Della Solitudine e Zi’ Giannino, l’ascoltatore ritrova delle coordinate spazio-temporali ben precise: un paesino con le sue voci ed i suoi caratteristici rumori; il suono sordo e rassegnato delle campane (sfumato poi con sintetizzatori a rimarcare il diffuso senso di solitudine); il canto melismatico (ed effettato) di un uomo ‘del popolo’ completa questa parentesi descrittiva. Andando avanti, le quattro tracce Sogni, Esorcismi #1, #2, #4, #8 sono accomunate dal medesimo senso di ‘sospensione metafisica’ in cui suoni sintetizzati tratteggiano un ‘paesaggio’ onirico e lontano. La successiva Chiari è il pezzo più lungo del disco (oltre otto minuti): una sequenza di accordi aperti e dispiegati ‘comodamente’, visualizzabili come squarci luminosi in un torbido cielo grigio. Dopo Vinile #2, che riprende il discorso già cominciato con Vinile, si può passare alla stupenda Sketch, dove si fondono insieme motivi pianistici ‘cristallini’, ripresi e sviluppati ‘a cascata’ nella parte intermedia del brano che termina, poi, sui temi iniziali. Man mano che si procede nell’ascolto si acquisisce una sempre maggiore familiarità con le modalità espressive di De Simone: su questa falsariga l’approccio forse più ‘tradizionale’ si ha con Questa Terra e Improvvisa!, in cui il pianoforte sviluppa tematiche cupe ma sempre profondamente consapevoli. Concludono questo ‘tracciato di acquisizione’ le riflessive Aure e Organza, sublimando un certo distacco contemplativo dal materiale motivico sinora affrontato e riportando il discorso musicale sui binari della stazione di partenza. D’ora in poi la nostra capacità percettiva non sarà più la stessa. - 26 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ 34° FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA di Beatrice Birardi Nella densa stagione estiva dei festival musicali italiani, il Festival della Valle D’Itria continua ad occupare un posto di grande prestigio, conquistato negli anni grazie ad una costante attività di ricerca e a programmi sempre più accattivanti. L'edizione di quest'anno esibisce un cartellone davvero attraente che traccia un percorso tutto italiano attraverso la storia del melodramma fra Settecento e Ottocento. Il Festival si svolgerà dal 17 luglio al 6 agosto a Martina Franca e in altre città pugliesi quali Noci, Bitonto e San Marco in Lamis e vedrà tre nuove produzioni operistiche e cinque concerti, di cui uno di musica sacra. Protagonisti del ricco programma due grandi compositori pugliesi, Niccolò Piccinni e Saverio Mercadante. Del primo sarà rappresentata, in prima esecuzione assoluta in tempi moderni, l'opera seria “Il Re Pastore” (1760), scritta su libretto di Metastasio, il quale trasse la storia dalla favola pastorale “Aminta” di Torquato Tasso. A dirigere l'Orchestra Internazionale d’Italia ci sarà Giovanni Battista Rigon, mentre la regia sarà affidata ad Alessio Pizzech. Di Mercadante una prima rappresentazione scenica in tempi moderni, l'opera seria “Pelagio”(1857), su libretto di Marco D’Arienza, con la quale il compositore pose fine alla sua carriera operistica. Sul podio salirà Mariano Rivas, con la regia di Jean-Louis Pichon. La terza opera in programma è un'ulteriore conferma della vocazione sperimentale del Festival, che pone sempre grande attenzione alla riscoperta e rivalutazione di opere ingiustamente trascurate. “Don Bucefalo”, del pavese Antonio Cagnoni, è una delle opere buffe più esilaranti di metà Ottocento, una satira colorita sul teatro in musica, ricca di trovate divertenti e gags musicali. L'opera sarà diretta da Massimiliano Caldi, con la regia di Marco Gandini. Le opere vedranno impegnati l'Orchestra Internazionale d’Italia, il Coro Slovacco di Bratislava e dei cast di tutto rispetto. La parte concertistica sarà dedicata, in larga misura, a Giacomo Puccini, di cui quest'anno si celebrano i 150 anni dalla nascita. Di Puccini, il Festival proporrà un concerto vocale, Canzoni e arie d'opera, comprendente brani di raro ascolto della produzione del compositore, un concerto sinfonico dal titolo Puccini e dintorni e, a chiusura del Festival, nel tradizionale appuntamento con la musica sacra, la giovanile “Messa di Gloria”. La serata Il Re Pastore di Mozart e il mondo campestre del '700 vedrà l'esecuzione di musiche del genio salisburghese. Infine un appuntamento che avrà ancora come protagonista Mercadante, una serata di confronto tra il compositore e altri musicisti a lui contemporanei, tra cui Gaspare Spontini, intitolata Mercadante e i suoi illustri rivali (per parafrasare il titolo di una delle opere di successo del compositore altamurano) con arie tratte da “Caritea Regina di Spagna”, “Il Giuramento”, “I due illustri rivali”, “Il Bravo”, “I Normanni a Parigi”. PROGRAMMA del FESTIVAL Opere “Il Re Pastore” Martina Franca, Palazzo Ducale, 17 e 19 luglio 2008, ore 21 “Don Bucefalo” Martina Franca, Palazzo Ducale, 20 e 22 luglio 2008, ore 21 “Pelagio” Martina Franca, Palazzo Ducale, 2 e 4 agosto, ore 21 Concerti “Il Re Pastore di mozart e il mondo campestre del '700” musiche di W. A. Mozart Martina Franca, Chiostro del Carmine, 18 luglio, ore 21 “Canzoni e Arie d'opera” - musiche di Giacomo Puccini Martina Franca, Chiostro del Carmine, 25 luglio, ore 21 Noci, Chiostro di San Domenico, 26 luglio, ore 21 “Puccini e dintorni” - musiche di Giacomo Puccini, Pietro Mascagni Martina Franca, Palazzo Ducale, 27 luglio, ore 21 “Mercadante e i suoi illustri rivali” - musiche da Saverio Mercadante a Gaspare Spontini Martina Franca, Chiostro del Carmine, 30 luglio, ore 21 Sede da definire, 31 luglio, ore 21 “Messa di gloria” - musica di Giacomo Puccini Martina Franca, Basilica di S. Martino, 1 agosto, ore 21 Bitonto, Cattedrale, 3 agosto, ore 21 Sede da definire, 5 agosto, ore 21 San Marco in Lamis, Cattedrale, 6 agosto, ore 21 _________________________________________________________________________________________________________________________ - 27 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ Fasano Jazz 2008 XI Edizione - 3-4-6-8 giugno di Michele Carella L'undicesimo compleanno del festival di Fasano jazz è stato festeggiato nel migliore dei modi. Come da cartellone la manifestazione si è aperta con un pilastro della batteria moderna, il batterista britannico Bill Bruford, accompagnato dal pianista olandese Michiel Borstlap. Difficile nascondere che buona parte dell’attenzione era rivolta su Bruford, un artista trasversale che partito da gruppi che ormai hanno fatto storia (Yes e successivamente King Crimson) ha proseguito il suo percorso artistico attraverso collaborazioni con vari musicisti di fama internazionale (Kazumi Watanabe, David Torn, Patrick Clahar…). La disposizione della batteria con cui Bruford si presenta sul palco del teatro collegata ad un sampler che diventa fonte di sonorità fortemente espressive. Le composizioni presentate nella serata del 3 giugno sono tutte firmate dal pianista, in alcuni casi in connubio con lo stesso Bruford. Il concerto si apre con un paio di improvvisazioni che avevano solamente la funzione di settare meglio i volumi, dopo questi è iniziato il vero concerto dove si è potuto godere al meglio della sintonia che c’era tra i due musicisti: negli intrecci tra il pianoforte e la batteria sempre coinvolgenti si notava l’uso raffinato da parte dei due compositori delle dinamiche. Un occhio di riguardo era d’obbligo per lo stile molto personale di Bruford riconoscibile dall’uso Michiel Bortlap e Bill Bruford – foto di Mimmo Ferri minimo della cassa utilizzata nell’accentuare solo certi passaggi, il fraseggio era affidato agli arti superiori e al charleston attraverso un uso delle poliritmie coniugate ad un range di dinamiche sorprendente, che ha dimostrato un controllo eccellente delle bacchette in favore ad un marcato uso dei polsi. All’interno del concerto c’è stato naturalmente spazio per un solo in cui al susseguirsi di un motivo che si ripeteva per tutto il “pezzo”, Bill Bruford dava sfoggio della sua tecnica non trascurando l’espressività. Kennedy lo contraddistingue da ogni altro batterista per la posizione dei tamburi e del rullante posti tutti alla stessa altezza, quasi fossero delle tele da dipingere di note attraverso le sue bacchette; non a caso il suo stile venne definito percussivo-pittorico, anche grazie all’abilità nei tempi dispari, virtuosismi e notevole tecnica del rullante. Michiel Borstlap: degno di grande rispetto, dotato di una visione ampia che ben si sposa con le intenzioni del più celebre partner. Oltre al pianoforte acustico, utilizza una tastiera elettronica _________________________________________________________________________________________________________________________ - 28 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ Il giorno di apertura è stato senz’altro di altissimo Diversamente da quanto offerto dal gruppo di Brian livello soprattutto per chi ha seguito la storia di Auger, la terza sera è stata presieduta da un più questo grande artista e per chi ne trae spunto. formale Allan Holdsworth, un virtuoso della Il secondo giorno della rassegna è stato “colorato” chitarra, unanimemente riconosciuto dai fan e dai dalle note di un quartetto storico, il “Brian Auger’s musicisti contemporanei come uno dei più Oblivion Express”. Proprio Auger, negli anni ’60 in importanti chitarristi in circolazione, a metà strada Inghilterra, intuì l’enorme potenzialità di miscelare fra il mondo del jazz e quello del rock. Molti lo jazz, funky e rhythm’n’blues in un nuovo ibrido considerano una leggenda vivente, che continua a musicale. Il suo strumento favorito resta ancora spingere al limite estremo la tecnica strumentale. Al oggi l’organo Hammond fianco di questo grande B3, dal suono caldo, artista c’era un altro attraverso il quale grande musicista, Chad l’artista ha forgiato uno Wackerman, batterista stile unico, rimasto jazz rock, che annovera intatto nel tempo. tra le tante La formazione collaborazioni quella presentata sul palco con Frank Zappa che lo del teatro Kennedy era ha portato per diversi a “conduzione anni in tour per il familiare”: oltre a Brian mondo. Auger, alla batteria e E’ proprio il batterista ad alla voce c’erano i suoi essere l’elemento più figli, Karma e espressivo del gruppo, Savannah Auger. La rubando la scena al posizione degli stessi resto dei musicisti e allo strumenti era molto stesso Holdsworth Brian Auger's Oblivion Express raccolta tanto che attento solamente ai foto di Mimmo Ferri veniva sfruttato in suoi infiniti assoli senza minima parte lo spazio dinamiche che hanno offerto dal palco. fatto la felicità dei numerosi giovani chitarristi A parte i soliti problemi dovuti ai volumi fra i vari presenti nella sala. strumenti subito settati, il gruppo è partito La manifestazione si è conclusa al Teatro sociale fortissimo, era chiaro che quello a cui si stava con l’ensemble guidato dalla vocalist Gianna assistendo era uno spettacolo perfezionato durante Montecalvo, ed il suo progetto musicale ”Steve’s l’interminabile attività live in tutto il mondo; Mirror” coadiuvata da musicisti pugliesi di rilievo lo stesso rapporto con il pubblico ne era conferma, (Ottaviano, Lenoci, Vendola e Magliocchi). Il Brian ad ogni canzone non disdegnava di dare festival si chiude con il gruppo più jazz, rispetto alle spiegazioni sui pezzi appena eseguiti, precedenti tre serate. All’interno della esibizione del presentazioni delle canzoni da eseguire in forma gruppo è stato presentato il loro primo lavoro più o meno ironica che denotava l’impostazione (Steve’s Mirror) edito dalla Soul Note e interamente diretta col pubblico. A fronte di quanto visto si può dedicato alle musiche di Steve Lacy. Questo dire che questo secondo concerto avrebbe dovuto progetto, che ha riscosso vari consensi dalla critica avere una collocazione diversa di quella di un specializzata, speriamo abbia un seguito, magari teatro in cui si era costretti a stare seduti. con qualche altro lavoro. Mediapartners: JAM: www.jamonline.it Chitarre: www.chitarre.com MusicalNews: www.musicalnews.com Musicaround.net: www.musicaround.net Percussioni: www.chitarre.com/percussioni/home.htm Jazzit: www.jazzit.it Jazzitalia: www.jazzitalia.net Wonderous Stories: www.wonderoustories.it _________________________________________________________________________________________________________________________ - 29 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ Spaziale festival 2008 2008 Tutti a torino di Viviana Leo I The Raconteursrs porteranno in scena il loro nuovo album “Consolers Of The Lonely”, uscito il 25 marzo scorso su etichetta Third Man Records/XL Recordings, la cui ossatura è rock puro senza escludere le sue diverse sfumature. Insieme a questi colossi, in esclusiva per Spaziale Festival, i Vampire Weekend, studenti della Columbia University che hanno dato vita, con il loro lavoro, ad una sperimentazione composta dal vissuto artistico di ciascun musicista: dalla musica africana, all’indie americano, al raggaeton. Sarà poi la volta dei dEUS il 14 luglio, band nata nel 1994 che si è lanciata dal suo paese d’origine, una cittadina del Belgio, al resto d’Europa, con il loro album d’esordio “Worst Case Scenario”. Vantano ad oggi ben cinque album, il cui ultimo Vantage Point , ha ritagliato per loro una dimensione pop-rock. Il giorno successivo, il 15 luglio, torna, dopo anni di assenza in Italia, Siouxsie, indiscussa regina del punk rock britannico, leader storica dei Siouxsie and Banshees. Lei che, con il primo album di questa band ha aperto le porte a quel movimento dark che, negli anni ’80, avrebbe spalancato la strada a gruppi come Joy Division, Cure, Bauhaus, Killing Joke, Sister of Mercy. Continuano i concerti: il 16 luglio tornano, dopo 6 anni, i The Notwist con un nuovo disco, “The Devil, You + Me”. Un orecchio stanco di ascoltare musica già sentita e che vuole estendere la sua percezione a tutto ciò che convenzionale non è. È la necessita che dall’8 al 28 luglio Spaziale/Emersione festival si propongono di soddisfare. Siamo a Torino, Spazio 211, luogo che per dieci giorni diventerà l’isola felice per la diffusione e valorizzazione dell’innovazione musicale. Molteplici i nomi della scena rock e non solo, italiana ed internazionale, che calcheranno il palco torinese. Uno spazio parallelo in cui il rock indipendente affermerà la sua forza lontano dai dettami, vincoli ed, a volte, obblighi del mainstream e dei luoghi commerciali. Obiettivo fondamentale del progetto è esplorare ciò che sarà, piuttosto che limitarsi a constatare ciò che è già stato. Sesta edizione per Spaziale, quarta per Emersione, il programma vanta un cartellone ricco di date uniche, non solo in Piemonte, ma su tutto il territorio nazionale. Ad inaugurare la serie di serate saranno, l’8 luglio, i The Raconteurs e i Vampire Weekend, preannunciando un live che si candida ad essere come l’evento dell’estate italiana 2008. _________________________________________________________________________________________________________________________ - 31 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ luglio, gli Happy Flu: proprio nel 2008 esce l’album “Fragile Forest” disco che, in accordo tra l’etichetta ed il gruppo, decide di adeguarsi a ciò che diventato il mondo musicale oggi: è possibile infatti, trovare l’album sul sito del gruppo. Il pubblico può cosi decidere il costo dell’album che, potenzialmente, potrebbe anche essere gratuito; nonostante ciò è comunque disponibile, in vendita, la versione in edizione speciale deluxe. A chiudere il festival saranno i The Mars Volta che ritornano in Italia dopo il successo dell’unica data in Italia di febbraio. Il concerto sarà un concentrato attivo di musica che andrà avanti per tre ore nutrendosi di rock, metal e psichedelica. L’ultimo album, “The Beslam in Goliath” ha fatto ingresso nella classifica di Usa Billboard direttamente al numero 3. Ed ora non resta altro che iniziare il conto alla rovescia per l’8 luglio. Per info su costi e orari è possibile trovare esaurienti notizie su www.myspace.com/spazialefestival. Nati più di 20 anni fa, non hanno perso il loro passato hard , ma lo farciscono con nuovi elementi maturati lungo il percorso. Si esibiranno insieme alla band rivelazione italiana Le luci della centrale elettrica, con Giorgio Canali. Il 17 sarà il momento del Teatro degli Orrori, quartetto nato agli inizi del 2005 che, dopo due anni, mette in cantiere il il primo album “Dell’Impero Delle Tenebre”, un lavoro che si plasma su elementi di rock moderno e alternativo che non perde di vista gli amori di sempre Jesus Lizard e Scratch Acid da un lato e la tradizione cantautorale dall’altro. Il weekend dal 18 luglio, si apre con Offlaga Disco Pax, miglior gruppo indipendente per il MEI 2005, Premio Ciampi e Premio Fuori dal Mucchio per il miglior disco d’esordio, che con il lavoro “Socialismo tascabile”, ha venduto 8000 copie, aprendo un vero e proprio casonel mercato delle etichette indipendenti. Sul palco dello Spazio 211 anche i The Hives, band svedese che, dopo il successo dei primi 3 album ha pubblicato, nel 2007, “The Black And White Album”. Alla vigilia della chiusura del festival, il 27 _________________________________________________________________________________________________________________________ - 32 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ Jazz in Veglie 2008 Ritorna la prima rassegna Jazz salentina di Emanuele Raganato Con ormai già due altre edizioni di successo alle spalle, Jazz in Veglie apre le danze delle rassegne estive locali di jazz, per un’estate di grande musica. Quest’anno spicca tra tutte le partnership proprio quella con Musicaround.net che già nelle altre edizioni aveva dato il suo contributo. Sono previste tre serate all’insegna di temi specifici affrontati con brevi conferenze di presentazione a partire dal 27 Giugno, dalle ore 21, del chiostro dell’ex Convento Francescano a Veglie (Le). La contaminazione fra Jazz e musica etnica è il primo dei temi conduttori della rassegna vegliese e non poteva mancare in questo contesto l’esibizione della “BandaAdriatica”. L’ensemble guidato da Claudio Prima, eclettico organettista salentino è un incontro di culture e provenienze sotto il segno del Mar Adriatico. “Contagio”, il primo lavoro discografico della BandAdriatica, è la sintesi di un lungo percorso di ricerca e sperimentazione sul rapporto fra le musiche del Sud Italia, dell’Albania, della Grecia e di tutto il versante Nord-Est adriatico, reinterpretato con lo spirito di una banda moderna in bilico fra le lente marce delle processioni a mare e le rumbe e i cocek delle feste di crociera. Per la serata dedicata alle “Origini del jazz – The Big Band Era”, la rassegna propone il repertorio classico degli anni dello swing ospitando la “Swing Big Band” del maestro Luigi Bubbico. La potenza del suono, la carica emotiva dei 20 musicisti uniti nella condivisione di un ritmo incalzante come lo Swing alla maniera delle orchestre americane, fanno di questa formazione una vera occasione di gioia e festosa atmosfera alla portata di tutti. Nata principalmente dagli incontri e seminari tenuti presso il Conservatorio “T. Schipa” di Lecce, il suo organico è costituito da tre distinte sezioni di fiati: trombe, tromboni e sassofoni composte da tre a cinque strumenti per sezione, e da una sezione ritmica formata da pianoforte, chitarra, contrabbasso, batteria e percussioni. Nel repertorio della band spiccano le migliori pagine di Glenn Miller, Benny Goodman, Duke Ellington, Count Basie. La rassegna “Jazz in Veglie” si concluderà poi il 29 Giugno, con una serata di grande musica e improvvisazione, con il concerto dello “SPECIAL QUARTET” formato da Nicola Andrioli piano, Fabrizio Scarafile sax, Alex Semprevivo batteria, Michele Colaci contrabbasso. Sarà una serata da non perdere per gli appassionati del jazz che avranno l’occasione di ascoltare un quartetto d’eccezione formato da musicisti considerati tra i migliori nel panorama jazz italiano. _________________________________________________________________________________________________________________________ - 33 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ nell'orchestra, l'estensione del corno può raggiungere quasi le 5 ottave. In orchestra viene utilizzato come strumento armonico e solistico. Molti compositori dei periodi barocco, classico e romantico hanno dato importanti ruoli a questo strumento dal suono evocativo sia in campo sinfonico cameristico che in quello operistico. I musicisti che suonano il corno sono chiamati usualmente cornisti. Fin dai tempi antichi i corni attirarono l'interesse dei compositori e furono usati per evocare atmosfere campestri ed immagini di caccia. Ed era così anche al tempo di Wolfgang Amadeus Mozart. Ma in quel periodo, il suonatore di corno (ormai parte integrante dell'orchestra), si serviva di uno strumento diverso dall'attuale. Si trattava ancora di un corno naturale (che produceva solo i suoni cosiddetti armonici), tanto che era costretto a possederne più d'uno, dotati spesso anche di ritorte, cioè di porzioni di tubo che potevano essere aggiunte per variare la lunghezza del canneggio e, di conseguenza, sia il suono base che tutta la serie degli armonici. Mentre la mano sinistra teneva la parte iniziale dello strumento, vicino al bocchino, la mano destra del cornista aveva già assunto la posizione attuale, infilata nella campana dello strumento; attraverso l'azione della mano nella campana, potevano essere ottenuti altri suoni, calanti o crescenti, dei quali i compositori si servirono largamente malgrado l'evidente differenza timbrica con i suoni naturali. Solo nell’800 si arrivò a dotare il corno, così come tutti gli altri ottoni, della cosiddetta macchina, ossia la meccanica che consente i passaggi cromatici tra le note. In particolare, Nicola Andrioli e Fabrizio Scarafile, che attualmente vivono tra l’Italia e Parigi, e che sono da tutti unanimemente riconosciuti fra i più talentuosi jazzisti pugliesi. Lo Special Quartett ha eletto Parigi come sua seconda patria ma ritorna nel Salento, terra natale dei magnifici quattro, appositamente per chiudere in bellezza la terza edizione della rassegna vegliese. Nel caso l'Italia dovesse disputare la finale del Campionato Europeo, prima del concerto verrà proiettata la partita sul maxischermo per tutto il pubblico. Il Corno di Emanuele Raganato Il corno è uno strumento musicale a fiato antichissimo, che fa parte della famiglia degli aerofoni con bocchino a tazza, o, più semplicemente, degli ottoni, in virtù del materiale moderno di cui è costruito. Viene anche chiamato Corno Francese per essere distinto da quello inglese che fa parte della famiglia dei legni. Il corpo dello strumento è costituito da un tubo conico più volte arrotolato su se stesso, che termina con un padiglione svasato molto grande, che è la cosiddetta campana. Il corno moderno possiede una macchina composta da cilindri, il cui numero può variare da 3 per il corno semplice, a 4 per quello doppio, fino a 5 per quello triplo. Il timbro è soffice e profondo. Rispetto agli altri ottoni presenti _________________________________________________________________________________________________________________________ - 34 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ L’ultimo L’ultimo Sorpasso Di Di Dino Risi di Vito Lomartire Il cinema italiano è in lutto. È scomparso il 7 giugno 2008 il regista Dino Risi, altra grande firma della commedia all’italiana. Regista e sceneggiatore tra i più amati nel Bel Paese, ci ha lasciato alla veneranda età di 92 anni, nel suo appartamento a Roma, quartiere Parioli, in cui viveva ormai da trent’anni. Dopo aver mosso i primi passi nel mondo cinematografico con Soldati e Lattuada, la sua carriera di regista inizia con dei cortometraggi, di ispirazione neorealista, girati in una Milano ancora alle prese con le fatiche del dopoguerra. Dopo il trasferimento a Roma, comincerà anche la sua attività di sceneggiatore. Girerà il suo primo lungometraggio nel 1951, “Vacanze Col Gangster” con un giovanissimo Mario Girotti (meglio conosciuto come Terence Hill). Il successo arriverà con la terza parte di un trittico, “Pane, Amore e …”, i cui primi due film erano stati diretti da Mario Monicelli. Risi dirigerà due grandi attori italiani, Vittorio De Sica e Sofia Loren, consacrandolo tra gli astri nascenti della cinepresa in Italia. Anche Dino Risi avrà i suoi attori ‘prediletti’ che dirigerà in più di una pellicola: Alberto Sordi, Nino Manfredi e Vittorio Gassman (“Il Vedovo”, “Il mattatore”, “Una vita difficile”). Ma sarà “Il Sorpasso”, con un grandissimo Vittorio Gassman e un giovane Jean-Louis Trintignant a consacrare Dino Risi tra i migliori cineasti che il cinema italiano abbia avuto: siamo agli inizi del boom economico italiano, i personaggi sono psicologicamente ben definiti, a indicare l’attenzione di Risi verso un cinema di commedia ma certamente impegnato. È chiaro che il film ispirò quel filone che verrà poi chiamato road-movie. Gassman sarà poi protagonista anche delle sue pellicole “Il Tigre” (1967) e “Il Profeta” (1968), mentre Tognazzi reciterà per un altro capolavoro di Risi “Straziami, Ma Di Baci Saziami”. Risi non rimarrà indifferente al tema della sessualità che incomincia a imperversare nel cinema italiano dei primi anni ’70, con i film “Vedo Nudo”, “Sesso Matto” e “Sesso E Volentieri”. Emozionante e profndo “Profumo Di Donna” con un grandissimo Vittorio Gassman: il film sarà poi interpretato dal premio Oscar Al Pacino in un remake hollywoodiano, “Scent Of Woman”. Ngli anni’ 80 Risi dirigerà attori come Renato Pozzetto, Lino Banfi, Beppe Grillo (“Il Commissario Lo Gatto”, “Sono Fotogenico”) in pellicole che non possono certamente essere considerate all’altezza dei lavori precedenti, tanto che l’attività di Risi verrà diminuendo sempre più fino all’ultimo film anno 1996 “Giovani E Belli”. Nel 2002 riceverà meritatamente il Leone D’oro alla carriera. _________________________________________________________________________________________________________________________ - 35 - Anno Pucciniano musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ G IACOMO P UCCINI IV A TTO L’apertura del nuovo teatro e la fase finale delle celebrazioni di Beatrice Birardi Dopo quattro anni di concerti, iniziative, occasioni di incontro sulla figura di Giacomo Puccini, coordinate e organizzate dal Comitato Nazionale Celebrazioni Pucciniane nato a Lucca nel 2005, i festeggiamenti per i 150 anni della nascita del compositore raggiungono quest'anno il loro culmine con il progetto conclusivo di questo lungo ed elaborato percorso. Un doppio appuntamento che ha aperto la fase finale delle celebrazioni con l'esecuzione del IV concerto organizzato dal Comitato Nazionale: Torre del Lago 15 giugno e Roma 18 giugno. L'appuntamento del 15 giugno ha visto il taglio del nastro per il Nuovo Gran Teatro all'Aperto di Torre del Lago. Un Teatro, in riva al Lago che ispirò il Maestro, che potrà ospitare più di tremila persone all'aperto e altre 500 nell'auditorium coperto. Un grande investimento, da oltre 17 milioni di Euro, con il quale la terra di Puccini ha voluto amplificare ogni sforzo per celebrare al meglio il Maestro. A seguire l'inaugurazione del Teatro pucciniano, l'omaggio romano del 18 giugno, che ha visto lo stesso progetto musicale eseguito presso l'Auditorium Parco della Musica Sala Santa Cecilia. Il IV atto della tetralogia pucciniana organizzata dal Comitato è un concerto entusiasmante che ripercorre le tappe più suggestive del percorso artistico di Puccini: dalla giovanile “Edgar” (Preludio Atto IV) fino alla conquista dello stile di “Manon Lescaut” (Intermezzo Atto III), dal genio de “La Bohème” (Finale Atto I) fino all'inquieto modernismo del “Trittico” (“Suor Angelica” Finale) e di “Turandot” (Atto II Finale - Atto III Finale). Ad eseguire il IV atto la Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Chailly e il Coro Filarmonico della Scala, diretto da Bruno Casoni. Il tema della modernità di Puccini è stato più volte affrontato dallo stesso Chailly, che in questi concerti ha mostrato la sua continua ricerca nel cogliere il vero spirito del compositore. Secondo il direttore, Puccini è ancora troppo spesso interpretato in chiave popolare e perfino provinciale, senza tener conto del ruolo fondamentale della sua opera nel favorire l'apertura della cultura musicale italiana alle esperienze del Novecento europeo. Il progetto del IV atto ha visto il coinvolgimento di un ricco cast: il soprano Svetla Vassileva (premio Abbiati 2007 come miglior cantante) nei panni di Mimì (“La Bohème”), di Suor Angelica (“Suor Angelica”) e di Liù (“Turandot”); il soprano Martina Serafin nei panni di Turandot (“Turandot”); il tenore Massimiliano Pisapia nei panni di Rodolfo (“La Bohème”); il tenore Antonello Palombi nei panni di Calaf (“Turandot”); il baritono Carlo Bosi nei panni di Altoum (“Turandot”) ed il baritono Ernesto Panariello nei panni di un Mandarino (“Turandot”). Il Nuovo Gran Teatro all'Aperto di Torre del Lago Puccini Il nuovo teatro pucciniano costituisce il primo passo per la realizzazione del Parco della Musica dedicato a Giacomo Puccini. Il teatro è stato collocato in uno dei luoghi di maggior ispirazione per il compositore, grazie ad un progetto di riqualificazione e di recupero di aree ed impianti di archeologia industriale da trasformare e rendere vivi attraverso la musica e l'arte. Parallelamente tale progetto ha lo scopo di salvaguardare e valorizzare alcuni dei luoghi di vita di uno dei più grandi musicisti della storia della musica. Il cantiere ha preso avvio lo scorso 1 febbraio 2006. Dopo circa due anni ecco già pronta la struttura, realizzata in cemento, legno e cristallo, dotata di sofisticati impianti tecnologici e acustici. Il Teatro è immerso in un parco di oltre 41.500 mq, attrezzato come foyer all'aperto, e può ospitare 3.200 persone sotto le stelle e altre 500 nell'auditorium coperto con ampi spazi dedicati sia agli artisti che al pubblico. _________________________________________________________________________________________________________________________ - 36 - Anno Pucciniano musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° L’OPERA OPERA DEL MESE : “MADAME BUTTERFLY (1904) di Beatrice Birardi Nell'estate del 1900, mentre era a Londra per curare la prima rappresentazione in inglese di “Tosca”, Puccini assistette alla rappresentazione del dramma “Madame Butterfly” di David Belasco tratto dal racconto dell'americano John Luther Long. Pur non conoscendo una parola d'inglese, Puccini fu fortemente attratto dal pathos del dramma di amore e morte e dall'atmosfera orientale. Rientrato a Milano decise di mettersi subito al lavoro, ne parlò con Giulio Ricordi, e nell'aprile 1901 ottenne da Belasco il diritto a musicare la sua rappresentazione. Puccini affidò l'elaborazione del libretto a Illica e a Giacosa, che avrebbero basato il loro lavoro sul romanzo popolare “Madame Chrysanthème” (1887) di Pierre Loti. L'opera fu ultimata nel dicembre 1903, dopo una lunga pausa a cui fu costretto lo stesso Puccini a causa di un grave incidente automobilistico (febbraio 1903) che lo vide costretto a una lunga convalescenza a causa del diabete. La prima rappresentazione, nella versione originale in due atti, andò in scena al Teatro La Scala il 17 febbraio 1904 con un cast artistico d'eccezione. Le enormi aspettative furono tradite da un immenso insuccesso, un vero e proprio disastro di critica e di pubblico, il primo grande fiasco di Puccini. Forse tra i motivi dell'insuccesso, la divisione dell'opera in due soli atti, il secondo dei quali, comprendendo gli attuali secondo e terzo atto, dovette risultare eccessivamente lungo. Solo tre mesi dopo, l'opera, con lo stesso cast, fu rappresentata al Teatro di Brescia (28 maggio 1904) ottenendo un enorme successo, il primo di una lunga serie che porterà “Madame Butterfly” nei più grandi teatri europei. La Butterfly è «l'opera più sentita e più suggestiva ch'io abbia concepito», affermò Puccini. Ma è anche la più moderna grazie al vocabolario musicale arricchito (Puccini introduce le scale pentatoniche giapponesi e l'armonia per toni interi) e a una nuova flessibilità dovuta alla scelta di non persistere nell'associazione fissa dei temi centrali, tipica, invece, delle opere precedenti. L'opera è essenzialmente incentrata sul personaggio di Butterfly, all'ombra della quale si muove l'ancella Suzuki. Tutti gli altri personaggi sono pallide figure o macchiette, in contrasto con la personalità della protagonista, finemente ritratta dalla musica in tutto il suo sviluppo, dall'ingenuità iniziale fino all'accettazione del proprio destino di morte. L'atmosfera esotica è ottenuta anche attraverso il ricorso a ritmi e motivi giapponesi liberamente reinventati. “MADAME BUTTERFLY” (1904) Tragedia giapponese in due atti (tre atti nella versione corrente) libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa Fonte: racconto Madame Butterfly di John Luter Long (1898) poi messo in scena nel 1900 al Duke of York di Londra da David Belasco con il dramma omonimo ridotto ad un atto unico. Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 17 febbraio 1904 Madama Butterfly (II versione: in tre atti) Prima rappresentazione: Brescia, Teatro Grande, 28 maggio 1904 Madama Butterfly (rivisitazione della versione in tre atti) Prima rappresentazione: Londra, Royal Opera House Covent Garden, 10 luglio 1905. . _________________________________________________________________________________________________________________________ - 37 - Anno Pucciniano musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ TRAMA ATTO I Giardino di una casa a Nagasaki. Pinkerton, tenente della marina degli Stati Uniti, sta per sposare una giovanissima geisha, Cio-Cio-San detta madama Butterfly, procuratagli da Goro, sensale di matrimoni. Giunge Sharpless, console americano, al quale Pinkerton espone la sua cinica filosofia di "yankee" che vuol godersi la vita, sposerà Butterfly secondo la legge giapponese non riconosciuta in America, brindando al giorno in cui avrà una vera sposa americana. Sharpless gli fa un garbato rimprovero, facendogli notare che per Butterfly è una cosa seria. Intanto giunge il corteo nuziale con Cio-Cio-San che racconta della sua vita, della povertà della sua famiglia che l'ha costretta a diventare geisha. La cerimonia prosegue con la presentazione dello sposo ai parenti e Butterfly, profondamente devota al suo sposo, confessa a Pinkerton di essere diventata cristiana. Giunge lo zio di Butterfly, Bonzo, che la maledice per aver rinnegato la religione degli avi. Pinkerton lo scaccia e rimane finalmente solo con Butterfly, con la quale può godersi la notte. ATTO II Interno della casa di Butterfly. La fedele ancella di Butterfly, Suzuki, prega affinché Cio-Cio-San non pianga più. Da tre anni Pinkerton è partito per gli Stati Uniti senza dare più notizie di sé. Butterfly, che nel frattempo ha avuto un bambino dal matrimonio, è convinta che prima o poi tornerà. Giunge Goro con Sharpless, il quale ha ricevuto una lettera da Pinkerton con un messaggio per Cio-Cio-San. Ella è raggiante di gioia, ma Sharpless non ha il coraggio di comunicarle che Pinkerton si è risposato in America e che verrà presto a Nagasaki con la sua nuova sposa. Goro ricorda a Butterfly che ormai per la legge giapponese deve ritenersi libera e le propone dei nuovi pretendenti, fra cui il nobile e ricco Yamadori. Ma Cio-Cio-San non vuole saperne e rimane nella sua tenace convinzione di essere ancora sposata con Pinkerton, anche secondo la legge americana. Uscito Yamadori, Sharpless comincia con imbarazzo a leggere la lettera di Pinkerton, continuamente interrotto da Butterfly che interpreta ogni parola alla luce della sua illusione. Sharpless la esorta a pensare a se stessa, al suo futuro, ma Butterfly è irremovibile e ad un certi punto va nella stanza accanto e torna col bambino in braccio. Sharpless, che ignorava l'esistenza del figlio di Pinkerton, resta profondamente turbato e promette che informerà Pinkerton dell'esistenza del bambino. Allontanatosi il console, giunge un colpo di cannone che annuncia l'arrivo della nave dall'America. La gioia di Butterfly è immensa, è certa che l'amore trionferà e ordina a Suzuki di cogliere tutti i fiori del giardino per adornare la casa e ricevere degnamente lo sposo. Dopo aver indossato l'abito da sposa, Cio-Cio-San si accoccola con Suzuki e il bambino davanti allo shosi in attesa dell'arrivo di Pinkerton. ATTO III La notte si dilegua, giunge l'alba, s'odono di lontano voci di pescatori. Butterfly, che ha vegliato tutta la notte, si lascia convincere da Suzuki ad andare a riposare un poco, col bambino. Poco dopo, con la moglie Kate e Sharpless, giunge Pinkerton con l'intenzione di convincere Butterfly ad affidargli il bambino. Quando apprende da Suzuki come Butterfly lo abbia atteso in quei tre anni, si allontana col cuore gonfio di rimorso, mentre Kate e il console attendono nel giardino che Cio-Cio-San si svegli e che Suzuki la prepari alla tragica verità. Butterfly si desta, ma Pinkerton ha deciso di andar via non avendo il coraggio di affrontarla. La donna scorge Kate, la quale le si avvicina chiedendole perdono per il male che inconsapevolmente le ha fatto, mostrandosi amorevolmente disposta ad avere cura del bambino e a provvedere al suo avvenire. Butterfly risponde che consegnerà il piccolo soltanto a "lui", se avrà il coraggio di presentarsi mezz'ora dopo. Poi torna nella sua casa. Qui ordina a Suzuki di chiudere le imposte e di ritirarsi nell'altra stanza col bambino. Suzuki, che ha capito le intenzioni della padrona, vorrebbe restare, ma Cio-Cio-San la spinge fuori. Rimasta sola, indossa la sciarpa bianca del cerimoniale e prende il coltello di suo padre sulla cui lama si legge: «Con onor muore chi non può serbar vita con onore». Sta per compiere harakiri, quando all'improvviso Suzuki spinge nella stanza il bambino. Butterfly lascia cadere il coltello, si precipita verso il piccolo, lo abbraccia soffocandolo di baci e, dopo avergli rivolto uno straziante addio, gli benda gli occhi e lo fa sedere, mettendogli in mano una bandierina americana. Quindi raccoglie il coltello, si ritira dietro il paravento e si uccide. Nello stesso istante, invocandola da lontano, accorre nella stanza Pinkerton, che s'inginocchia singhiozzante sul suo corpo. _________________________________________________________________________________________________________________________ - 38 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ Wagner e la Scenografia Romantica (pt.III (pt.III) di Nice Costantino indifferentemente alla realizzazione di spettacoli ottici (diorama, panorama) e di scenografie nei teatri d’opera e in quelli di boulevard, nei quali imperava il mélodrame à grand spectacle, determinando osmosi e influenze molto strette fra i vari stili realizzativi; essi erano anche attivi come pittori, vedutisti, decoratori, illustratori e perfino, in qualche caso, coreografi, cosa perfettamente plausibile in un’epoca in cui le varie specializzazioni nei ruoli professionali del teatro erano appena in via di definizione e separazione. Altrettanto radicata nella tradizione teatrale era la prassi del riutilizzo delle scene “di genere” per la messa in scena di pièces diverse: la creazione di scene nuove per una prima era un’operazione costosa, anche in considerazione del fatto che, contrariamente all’uso odierno, in ogni stagione teatrale il rapporto numerico tra le prime e le riprese era molto sbilanciato in favore delle novità, e la realizzazione di nuove scenografie per ogni nuova opera da rappresentare avrebbe costituito una spesa insostenibile. In questa parte conclusiva ci occuperemo dell’influenza della messa in scena parigina sulle concezioni wagneriane. Parigi fu, nel primo quarantennio dell’Ottocento, capitale artistica assoluta, sia per le arti visive che per quelle musicali e teatrali; vi convergevano talenti affermati e alla ricerca della definitiva consacrazione internazionale e l’attività artistica godeva di spazi adeguati, dell’interesse e del favore entusiastico di un vasto ed eterogeneo pubblico. Proprio alle esigenze crescenti di questo pubblico da catturare ogni sera si deve lo sviluppo notevole e rapido dell’arte della mise en scène nei numerosi teatri e luoghi di spettacolo parigini. Ognuno di questi luoghi, infatti, era fucina sperimentale per i maghi della scenografia e dell’ottica, i cui talenti erano praticamente al servizio di tutti i luoghi deputati nello stesso tempo. Se si esaminano le carriere e i curricula dei nomi più prestigiosi degli scenografi-decoratori dell’epoca,1 infatti, si nota come essi lavorassero Marie Bouton, aprendo poi nel ’23 una sala uguale a Londra. Si trattava di una sala rotonda con 350 posti mobili, nella quale venivano mostrati panorami di Roma, Napoli, Londra, Atene, Gerusalemme; i due soci si separarono nel 1830 e Daguerre rimase solo a Parigi, subendo l’incendio del suo Diorama nel 1839. Nello stesso anno presentò all’Académie des Sciences il dagherrotipo. Partecipò anche lui ai Voyages Pittoresques del barone Taylor. Jules-Pierre-Michel Diéterle (Parigi 5 febbraio 1811 – ivi 22 aprile 1889) allievo della scuola di David, entrò in società con Séchan, conosciuto nell’atelier di Cicéri; dal 1840 al ’52 fu “artiste en chef” e dal ’52 al ’55 “chef de travaux d’art” alla manifattura di Sèvres, occupandosi di modelli di arazzi e tappezzerie e dell’organizzazione di sontuose feste pubbliche. 1 Pierre-Louis-Charles Cicéri (Saint-Cloud 17 agosto 1782 – Saint-Chéron 22 agosto 1866) dopo una iniziale attività negli USA, rientrò a Parigi, dove fu “peintre en chef” all’Opéra nel 1815 e, dal 1826, al Théâtre Italien; viaggiò moltissimo, pubblicando vedute (Svizzera e Italia), anche come accompagnatore del barone Taylor (Voyages Pittoresques). Charles-Polycarpe Séchan (Parigi 29 giugno 1803 – ivi 14 settembre 1874), dopo aver lasciato l’atelier di Cicéri, fondò successivamente due società: con Feuchère, Despléchin, Diéterle (alla fine del 1831-inizio del ’32) e poi con gli ultimi due (nel 1841). Dal 1833 al ’54 realizzò molte decorazioni per l’Opéra e altri teatri parigini. Partecipò alla rivoluzione del ’48, organizzando in quell’ambito le feste pubbliche; rifiutò poi di ricoprire incari- chi sotto il Secondo Impero e si ritirò a vita privata. Louis-Jacques-Mande Daguerre (Cormeilles-en-Parisis 1789 – Bry-sur-Marne 1851), inventore della fotografia, fu pittore e decoratore teatrale: “peintre en chef” all’Opéra dal 1819 al 1822, l’11 luglio 1822 fondò il Diorama con il pittore Charles- _________________________________________________________________________________________________________________________ - 39 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ L’aumento nella realizzazione di scenografie ad hoc fu tuttavia influenzato dal crescente peso che la figura del compositore e quella dello scenografo andavano assumendo nel corso della prima metà dell’Ottocento, acquistando lo status di artefici assoluti dello spettacolo e di artisti le cui esigenze andavano rispettate. Basti pensare alla nascita e alla diffusione, a partire dal 1829-30, dei cosiddetti livrets de mise en scène (sia manoscritti che a stampa), nei quali si descrivevano e si fissavano le realizzazioni canoniche “secondo il pensiero dell’autore” (drammatico), cosa che ad esempio in Italia fu impossibile mettere in atto fino a Verdi e alle sue importanti “Disposizioni sceniche”. Inoltre, la gara dei teatri per acquisire fama e per fidelizzare il pubblico comportò necessariamente la crescita degli investimenti per la magnificenza delle realizzazioni sceniche, visto che i favori del pubblico erano notoriamente molto mutevoli e si esaurivano presto in mancanza di novità, varietà e splendore che facessero discutere. In questa realtà teatrale di altissimo livello, ricca di stimoli e in rapido sviluppo approdò nel 1839 Richard Wagner, alla ricerca di appoggi per potervisi inserire e di guadagni per sopravvivere. In tali condizioni, produsse una serie di resoconti ai quali è meglio prestar fede solo parzialmente. E’ necessario infatti separare il personaggio letterario impersonato da Wagner negli scritti che si riferiscono al soggiorno nella capitale francese dalla sua persona reale. Se negli articoli e nelle novelle usciti sulla stampa francese e più tardi tedesca egli amò impersonare, con forzature ideologiche, il perseguitato, misconosciuto, povero in canna adoratore di Beethoven, dal quale venne investito di una sacra missione riformatrice, la sua situazione reale, per quanto indubbiamente difficile, frustrante e anche velleitaria, gli permise comunque di ricevere alcune importanti esperienze fortemente formative, la cui influenza, a nostro parere, non è ancora stata sufficientemente riconosciuta. Come sottolinea Oswald Georg Bauer nel suo libro “Richard Wagner geht ins Theater”, non è ragionevole basarsi esclusivamente sulle affermazioni di Wagner, che nel “Mein Leben” asserisce di essere andato all’Opéra non più di quattro volte perché non era in grado di pagarsi il biglietto e non aveva vestiti adeguati; sicuramente la conoscenza della cantante Pauline Viardot, che aveva un ingaggio per il Théâtre Italien, del direttore Habeneck, dei musicisti Berlioz e Halévy sarà stata più che sufficiente a fargli avere dei biglietti gratuiti, e inoltre egli era il corrispondente dell’“Abendzeitung” di Dresda. In realtà si possono contare una decina di opere cui sicuramente egli assistette: il “Freischütz” di Weber (nel 1841), la “Favorita” di Donizetti, “La Juive” di Halévy, “Robert le Diable”di Meyerbeer e “La Muette” di Auber nella ripresa dell’allestimento del 1837, “Don Giovanni” di Mozart, “La Reine de Chypre” di Halévy (della quale produsse su commissione la riduzione pianistica, come aveva già dovuto fare per la Favorita), il “Guillaume Tell” di Rossini, il balletto “Giselle” e soprattutto, per la prima volta, “Les Huguenots”, le cui scene furono realizzate dall’atelier di Séchan, Feuchère e collaboratori. Lo spettacolo lo aveva “sehr geblendet” perché la “schöne Orchester, die auβerordentlich sorgsame und wirkungsreiche Scenirung” gli fornirono un “überraschenden Vorgeschmack der bedeutenden Möglichkeiten, zu denen so sicher ausgebildete Kunstmittel verwendet werden könnten.”2 (come dice nell’autobiografia). Altrettanto importante e caratteristica è l’affermazione di non aver sentito il bisogno di assistere alle rappresentazioni per più di una volta perché trovava nella “Manier der Sänger bald die Caricatur” (“quasi la caricatura nella maniera degli artisti”), caricatura che era a sua volta capace di parodiare per il divertimento degli amici. 2 La rappresentazione degli Ugonotti, alla quale assistetti per la prima volta, m’incantò ancora: la buona orchestra, la messa in scena accurata e piena d’effetto, mi permisero di pregustare le grandi possibilità che si sarebbero potute trarre da mezzi artistici così perfezionati. (Richard Wagner, Autobiografia, trad. it. di Sergio Varini, dall’Oglio, Milano 1983, p. 204). _________________________________________________________________________________________________________________________ - 40 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ pas cessé de frapper l’imagination des spectateurs jusqu’à la fin du siècle. Questi particolari definiscono con molta precisione le impressioni che ricevette dalle rappresentazioni cui assistette all’Opéra, e ci forniscono indizi determinanti per valutare le componenti sulle quali si formarono il suo gusto scenico e le concezioni operistiche che lo guidarono nella composizione del “Rienzi”, momento della sua adesione all’estetica spettacolare del grand-opéra. Le scenografie e la messa in scena dei melodrammi musicali all’Opéra erano, infatti, in quel periodo, particolarmente sontuosi. Come già ricordato precedentemente, gli scenografi e i decoratori erano tutti attivi su diversi fronti, collaborando non solo agli allestimenti del teatro principale, ma anche a quello dei boulevard, e all’organizzazione degli spettacoli ottici che in quel periodo costituivano la grande passione del pubblico popolare: il diorama, il panorama, la nascente fotografia. Quasi tutti, inoltre, avevano avuto varie esperienze come vedutisti e perfino come decoratori di manifatture artistiche. La loro professionalità spaziava quindi in ogni campo del ‘visuale’, come diremmo noi adesso, e le conquiste luministiche, ottiche e tecniche confluivano nella creazione di spettacoli estremamente sontuosi, studiati per stupire il pubblico con la capacità di creare forti atmosfere e suggestioni emotive unite ad una crescente verosimiglianza nella ricostruzione storica. Da queste premesse sceniche trasse la propria spettacolarità il grand-opéra, che si basava essenzialmente sul contrasto tra le vicende private dei protagonisti e lo sfondo storico-sociale nel quale essi si trovavano ad agire, sfruttando abilmente scene di massa, colore locale delle ambientazioni e atmosfere fortemente drammatiche ed evocative. Uno dei primi spettacoli di questo tipo, cui arrise un successo unanime e rinnovato nel tempo, fu “Robert le Diable” di Meyerbeer (1831), per il quale Cicéri creò la celebre scenografia per il ballo delle monache nella seconda scena del III atto: un chiostro romanico immerso nel buio della notte, illuminato solo dalla luce della luna a fasci sciabolanti attraverso le arcate, nel quale le suore biancovestite si alzano dalle tombe per danzare, mentre la figura di Robert, sinistro deus ex machina, si intravede appena nel buio. Come osserva Catherine Join-Diéterle nel suo libro “Les décors de scène de l’Opéra de Paris a l’époque romantique” (1988, p. 24) A questo spettacolo, come sappiamo, assistette anche Wagner, e sicuramente l’architettura storica, l’illuminazione fortemente evocativa e l’azione mimica, della quale faceva parte il balletto, ingrediente canonico del grand-opéra, agirono fortemente anche sulla sua immaginazione drammatica, molto esigente e critica ma pronta a riconoscere l’efficacia della realizzazione. Su questi elementi, come pure sulla qualità della recitazione dei cantanti, si fondarono le premesse irrinunciabili della sua concezione della messa in scena. Dès la première, ce décors est devenu pour tous les romantiques, la quintessence de la scénographie moderne : l’émotion suscitée par l’architecture romane, l’éclairage funèbre n’ont _________________________________________________________________________________________________________________________ - 41 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ BIBLIOGRAFIA SEMENZATO, Camillo “La pittura veneta al tempo di Pietro Gonzaga”, in AAVV 1986 AAVV, Omaggio a Pietro Gonzaga, a cura di Carlo Manfio, Comune di Longarone 1986 VIALE FERRERO, Mercedes “Tre ‘maestri’ e un ‘allievo’: i Galliari e Pietro Gonzaga“, in AAVV 1986 AAVV- EDT Storia dell’opera italiana, a cura di Lorenzo Bianconi e Giorgio Pestelli, vol. 5, La spettacolarità, EDT, Torino 1988 VIALE FERRERO, Mercedes “Luogo teatrale e spazio scenico“, in AAVV-EDT 1988 BAUER, Oswald Georg, Richard Wagner. Opéras de la création à nos jours, Office du Livre, Fribourg 1983 WAGNER, Richard, Autobiografia (Mein Leben), trad. di Sergio Varini, dall’Oglio editore, Milano 1983 WAGNER, Richard, Una comunicazione ai miei amici (Eine Mitteilung an meine Freunde), trad. di Francesco Gallia, Ed. Studio Tesi, Pordenone 1985 BAUER, Oswald Georg, Richard Wagner geht ins Theater, Bayreuth Festspiele GmbH, Bayreuth 1996 BRUNETTA, Gian Piero, Il viaggio dell’icononauta – dalla camera oscura di Leonardo alla luce dei Lumière, Marsilio, Venezia 1997 WAGNER, Richard, Scritti scelti, a cura di Dietrich Mach, trad. di Silvano Daniele, Guanda, Parma 1988 WESTERNHAGEN, Curt von Wagner – L’uomo, il creatore, trad. Alfio Cozzi e Vittorio Patané, nota editoriale p.(aolo) i.(sotta), Mondadori, Milano 1983 CALENDOLI, Giovanni, “La formazione artistica di Pietro Gonzaga”, in AAVV 1986 GONZAGA, Pietro, Information a mon chef, ou éclaircissement convenable du décorateurtheatral Pierre Gothard Gonzague, sur l’exercice de sa profession, a Saint-Pétersbourg 1807 JOIN-DIÉTERLE, Catherine Les décors de scène de l’Opéra de Paris a l’époque romantique, Picard Editeur, Paris 1988 MAYER, Hans Richard Wagner a Bayreuth 1876-1976, Einaudi, Torino 1981 MANCINI, Franco Scenografia italiana – Dal Rinascimento all’età romantica, Fabbri, Milano 1966 MANCINI, Franco “Scenografia romantica 1., 2., 3.”, Critica d’arte, n. s., n. 96 (giugno 1968), pp. 45-60; n. 98 (ottobre 1968), pp. 65-80; n. 104 (giugno 1969), pp. 53-66 MANCINI, Franco Scenografia napoletana dell’Ottocento – Antonio Niccolini e il neoclassico, Banca Sannitica, Napoli 1980 MURARO, Maria Teresa (a cura di) Scenografie di Pietro Gonzaga, catalogo della mostra, Neri Pozza, Vicenza 1967 _________________________________________________________________________________________________________________________ - 42 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ Un viaggio intorno ad Avleddha: intervista a Rocco De Santis di Viviana Leo V. L.: L’Esperienza di La Terra, film muto di A. Dovzhenko del 2004, ti ha visto coinvolto in prima persona nella stesura di composizioni originali per la sonorizzazione dell’opera: in che termini questo lavoro ha inciso, a livello musicale, su Ofidea? Avleddha è un progetto che nasce nel 1991 a Sternatia in provincia di Lecce, in una di quelle frange di territorio ellenofono di cui tanto si parla e di cui pochi ne conoscono le radici, da un’idea dei fratelli De Santis, Rocco e Gianni, Mario Spagna, Luigi Gemma e Teodoro Fogetti, con l’obiettivo di recuperare e valorizzare la cultura grica. Avleddha svolge, a latere dell’attività musicale, produzione di opere teatrali che diffonde anche fuori dai confini nazionali. Musicaround.Net ha intervistato Rocco De Santis, che svelerà i segreti del nuovo albub Ofidea e dell’attività di Avleddha. R. D. S.: La Terra, per me è stata una straordinaria esperienza artistica, che mi ha permesso di confrontarmi, per la prima volta, con la poetica dell’immagine ma soprattutto, per la prima volta, con la composizione di un’intera partitura strumentale: fatto eccezionale per uno chansonnier come il sottoscritto. Ho avuto modo di scoprire nuove possibilità, nuove soluzioni che ho potuto poi ulteriormente sviluppare in Ofidèa, scrivendo ogni singola parte, per ogni strumento componente l’ensemble della band, determinando, così, un arrangiamento totalmente differente dai precedenti lavori discografici di Avleddha, laddove la ‘vestizione’ del brano si definiva, in sede di prova, dall’interazione tra i vari strumentisti. Viviana Leo: Avleddha in grico significa “curte”: quanto ritieni sia importante questo luogo e perché? Rocco De Santis: L’avleddha, che è una sorta di cortiletto antistante a una o più abitazioni, è un elemento molto importante, sia dal punto di vista architettonico che funzionale. Architettonico perché caratterizza fortemente i centri storici della Grecìa Salentina; funzionale perché è uno spazio di mediazione fra le attività sociali e la vita privata dei suoi abitatori; un luogo di passaggio, di scambio, di decantazione. Questi elementi, se presi simbolicamente, ritengo che possano rappresentare una importante metafora culturale. V. L.: L’attività di Aveddha è volta anche al recupero delle tradizioni popolari salentine: in che termini vi fate portatori di questa salvaguardia? Per noi tradizione è soprattutto continuità. Una cultura può considerarsi viva finché sia in grado di esprimersi in termini contemporanei. Tradizione vuol dire recuperare le esperienze _________________________________________________________________________________________________________________________ - 43 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ del passato per avere un’identità forte che ti permetta di esistere e di esprimerti, oggi e domani, attraverso le proprie peculiarità, ma senza chiusure e soprattutto senza estremi campanilismi e all’insegna dell’universalità. Questo è il nostro pensiero a riguardo; un pensiero che cerchiamo di esprimere originalmente e soprattutto in termini poeticomusicali. piacioneria, che se eccessiva può diventare dannosa. V. L.: Se dovessi raccontare il vostro viaggio musicale dal primo album “Otranto” e arrivare fino ad “Ofidea”, cosa è cambiato e cosa è rimasto, sia in termini musicali, che in termini di contenuti testuali? R. D. S.: Gli inizi di un viaggio artistico, sono sempre contraddistinti da uno spirito pionieristico, da un giovane entusiasmo e da una poetica freschezza. Questi sono gli elementi che identificano “Otranto”, sia musicalmente che testualmente. A mio avviso, quello che passa, in termini emozionali, dall’ascolto di questo nostro primo cd, rispetto al nostro percorso musicale, è finora insuperato. Le ingenuità date dall’inesperienza passano in secondo ordine, sopravanzate da un bellissimo amalgama di voci e di suoni che in qualche modo sottolineano la fortissima coesione e l’unità d’intenti che regnavano nella band. “Otranto” era il biglietto da visita di un gruppo di persone che affermavano, con i fatti, che tradizione non è solo l’infinito reiterare del solito, se pur nobile, repertorio, ma è anche continuità, contemporaneità e capacità, da parte di una cultura, di uscire fuori dal “museo”. Lasciato alle spalle il ‘museo’, forti di una viva identità, l’esigenza, ora, era quella di sentirsi parte di un progetto dalla connotazione più universale. Con “Senza Frontiere”, si cercava di varcare i confini, fisici e mentali, di una cultura minoritaria, quale quella grecosalentina, il cui rimorso della diversità aveva portato alla quasi estinzione del logos grico. V. L.: In tempi come questi, con operazioni di recupero, si può correre il rischio di restituire l’immagine di un quadretto folklorico all’eventuale fruitore? Come fare per evitare il rischio di banalizzare e ‘turistizzare’ senza scrupoli un patrimonio culturale? R. D. S.: Il folklore, inteso come esposizione e spaccio di usi, costumi e prodotti tipici del luogo, non è mai appartenuto al Salento, a differenza di altre zone d’Italia con una più radicata vocazione turistica incentivata da sempre attraverso lo sventolio di amene tipicità. Ma ora anche il Salento, fortunatamente, è diventato un ambìto approdo di vacanzieri e, di conseguenza, le tipicità vanno rispolverate, magari reinventate attraverso miriadi di sagre. Purtroppo, il processo di banalizzazione è inevitabile nel momento in cui un prodotto viene massificato. Nel nostro caso, l’impetuosa pizzica, è diventata via via sempre più tracotante per un uso che da meritorio spesso diventa sconsiderato ed egemonizzante riguardo ad una visibile eterogeneità culturale che rischia di essere oscurata dai clamori estivi. Bisognerebbe necessariamente dare più spazio e valorizzare le espressioni più autentiche ed alternative di cui una cultura è capace, ridimensionando un po’ di quella _________________________________________________________________________________________________________________________ - 44 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ carattere positivo o negativo? Affermare la propria identità dialogando con stilemi musicali che tradizionalmente non ci appartengono ma che appartengono alla musica pop, che in qualche modo ormai unisce tutte le culture del mondo. “Senza Frontiere” è un viaggio che parte da “Otranto”, e passando da Costantinopoli a Baghdad, porta in America. Poi “Ofidèa”, completamente diverso dai primi due cd. Reduce dall’esperienza cinematografica, ho voluto portare il cinema nell’ambito Avleddha; unica regia identitaria, la mia. E come gli attori nel cinema, gli strumenti seguono una sceneggiatura, un copione; e ognuno dà il meglio di sé nell’interpretare un pensiero “altro”. In “Ofidèa”, la fisionomia musicale che contraddistingue il percorso di Avleddha, si afferma in modo netto e totalizzante. In questo nostro cammino ogni cd è stato sempre diverso dal predente, sia musicalmente che testualmente, relativamente al messaggio che si voleva dare. D’altra parte le esperienze, nel tempo, ti fanno acquisire nuovi modi di interpretare la realtà; e questo succede normalmente anche nella musica e nella poesia. Quello che fortunatamente non è cambiato è la voglia di esprimersi; esprimersi con onestà intellettuale, e senza snaturarsi nel cercare di piacere a tutti, ad ogni costo. R. D. S.: Per l’appunto, la sacara è un serpente molto diffuso nel Salento e, in linea con la tradizione, molto temuto – a torto – e molto perseguitato. Così a un animale del tutto innocuo, la diceria popolare attribuisce, falsamente, un morso terrificante tale da seccare persino gli alberi, e altre malefatte a iosa. La costante e ingiustificata persecuzione ha poi portato alla quasi estinzione del povero rettile. In qualche modo, la cultura grecofona ha subìto la medesima sorte della sacara. La maldicenza, il pregiudizio e la fobia nei confronti di una cultura altra, ha decimato, nel tempo, il numero dei suoi parlanti. “Gente con due lingue” venivano apostrofati con disprezzo, e alla stregua dei serpenti, i griki. Ecco perché bene si identifica la Grecìa Salentina con la sacara, la cui lingua biforcuta può essere una metafora del bilinguismo grico; il cui tormentato destino sintetizza il difficile cammino di questa enclave linguistica. Ma come per la sacara, il mimetismo, la prudenza e la longevità, sono doti che hanno permesso alla cultura grica di esistere fino ai nostri giorni, quindi penso proprio che l’accostamento non può essere altro che positivo. V. L.: Una nota anche alla ricchezza grafica che caratterizza i libretti degli album di Avleddha: è solo un aspetto estetico o vuole essere parte integrante e significativa dell’intera opera che proponete? V. L.: Ofidea è un viaggio, una specie di Odissea, che racconta la storia di Ofis, un serpente. Andando oltre il senso letterale, qual è il messaggio dell’intero viaggio? R. D. S.: Il serpente è forse l’animale più discriminato al mondo. Simbolicamente ha sempre rappresentato il Male, che subdolo si insinua e inietta il veleno della dannazione. In realtà, il serpente non è altro che una creatura di questo mondo che ha la sfortuna di respirare polvere strisciando per terra; che si, a volte può essere velenoso, ma d'altronde chi di noi umani non serba in sé un po’ di quel veleno, pronto ad essere dispensato a danno altrui? Diciamo che l’Ofidèa e un viaggio di redenzione di chi, per vari motivi, è reietto dalla società. R. D. S.: Noi pensiamo che le componenti che costituiscono il contenuto di un cd, debbano essere connesse e in linea con il messaggio che si vuole comunicare. Così come la musica è legata filologicamente al testo, anche la grafica deve sottolinearne i significati. Personalmente credo molto all’interazione tra i diversi linguaggi artistici. In “Senza Frontiere”, ad esempio, il coinvolgimento del pittore Gigi Specchia ha dato vita alla creazione di un libretto dal grande contenuto artistico, in cui le immagini, ispirate dai testi, restituiscono al fruitore un’ulteriore chiave di lettura. Peraltro, “Senza Frontiere” è anche cd rom, per cui le stesse immagini si possono vedere al computer insieme alla traduzione in inglese dei V. L.: Cosa significa identificare la Grecìa con la sacara? E questa associazione ha un _________________________________________________________________________________________________________________________ - 45 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ R. D. S.: Certamente c’è una coerenza musicale, data da un’analogia timbrica che si ripete in ogni brano, in virtù degli strumenti che formano l’ensemble e in virtù di uno stile compositivo. Dal punto di vista testuale, diciamo che il filo principale che identifica Ofidèa è l’alternanza linguistica tra grico e dialetto romanzo, che sta a sottolineare il bilinguismo greco-salentino che in questo disco si vuole evidenziare. Ma, fermo restando che un cd fortunatamente non è un monolite, comunque ci sarebbe anche una connessione di significati fra un brano e l’altro. Si parte dai desideri sognati, in Quiddhu ca volia, per poi passare al desiderio del ritorno in I màghissa. E ancora il desiderio del riscatto, in Ofidèa; e poi la tregua che si cerca nel sonno, in “Inno”. L’amara constatazione dello stato di ingiustizia sociale a cui spesso il popolo è soggetto, di Fuddha, dulìa ce cannò. Ancora il desiderio di comprensione, di redenzione, in “Canzone sporca”; la redenzione che spesso passa dalla ricerca dell’amore, in Travudàci atsilò; e la canzoncina alta diventa canto di protesta, di invettiva, in “Io zappatore sono”. Poi la durezza delle parole lascia strada alla dolcezza di Loja jà sena, in cui il testamento d’amore vuole lasciare un legame indissolubile che vada oltre la morte. E’ sempre il desiderio che porta alla ricerca di una ideale identità, di uno stato di bastevolezza; alla ricerca di Itaca. In questa Odissea, in questa Ofidèa, il desiderio è il filo conduttore, e forse il ritorno a Itaca è presagito in Fiuri de San Martinu, nella nostalgia di un paesaggio governato dal ritmo della natura e nella semplicità di gesti quotidiani. testi; certamente un interessante esperimento da riproporre in futuro. V. L.: Spostando l’attenzione su alcuni dei pezzi di Ofidea, I maghissa è un testo tradizionale greco, presentato nell’album con musiche originali: cosa rappresenta questa maga? R. D. S.: I màghissa, parla di un incantesimo ai danni di uno straniero, causato da una donna che è un po’ maga Circe e un po’ Calipso (giusto per restare nella tradizione greca), che impedisce all’uomo di tornare in patria dalla sua donna, e in qualche modo gli impedisce di recuperare la propria identità. La forza di alcuni testi sta nella possibilità di prestarsi a varie interpretazioni. Io ci vedo dentro l’esilio delle identità culturali, prigioniere dell’effimero richiamo della globalizzazione. Ma come non si potrebbe pensare, ad esempio, ai vincoli della tossicodipendenza? V. L.: Canzone Sporca e Travudàci Atsilò (canzoncina alta), entrambe originali sembrano essere in antitesi, per lo meno basandosi sul titolo. In che rapporto sono le storie che raccontano? R. D. S.: In effetti sono antitetiche. “Travudàci atsilò” è canzoncina alta in quanto leggera; di una leggerezza che serve ad alleviare le pene d’amore di chi la canta. E sebbene l’amore dia spesso dolore, il dolore descritto in “Canzone sporca” è di tuttaltro tenore. In “Canzone sporca” si parla della disperazione di un reietto, a cui la società, ipocrita, non perdona la “maledizione”. Egli troverà un ultimo conforto pregando di fronte a una icona diroccata e dimenticata ai margini della città. Solo chi condivide le stesse miserie può capire. In quella madonnina emarginata troverà un ultimo gesto di pietà e di redenzione. V. L.: Avleddha ha qualcosa di nuovo in cantiere per il prossimo futuro? R. D. S.: Avleddha ha molte cose nuove per il prossimo futuro; qualcosa è già presente, come un recital con musiche composte su testi di Antonio Verri,dal titolo “Il pane sotto la neve”, che stiamo rappresentando in questo periodo. Per il resto sentiamoci l’anno prossimo…. V. L.: I testi dei brani sono tra loro molto differenti, eppure alcuni fraseggi melodici sembrano collegare i pezzi uno con l’altro in una logica non necessariamente consequenziale: qual è il filo che mette in relazione tra loro i brani? www.avleddha.it www.myspace.com/avleddha _________________________________________________________________________________________________________________________ - 46 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ Avleddha Ofidea di Viviana Leo 01. Quiddhu ca volia 02. I maghìssa 03. Ofidèa 04. Inno 05. Fuddha, dulia ce cannò 06. Canzone sporca 07. Travudàci atsilò 08. Io zappatore sono 09. Lòja jà sena 10. Fiuri de San Martino 11. Lòja jà sena (remix di Stefano Miele) [Anima Mundi, 2007] Rocco De Santis Gianni De Santis Nadia Martina_ Giuseppe Giannuzzi Rocco Nigro Stefania Fracasso Pino Basile Giuseppe Ciancia voce, chitarra voce voce violino fisarmonica basso percussioni percussioni Sena. Avleddha, assume la sacara, come metafora della Grecìa, territorio ellenofono della penisola salentina, per la caratteristica del suo popolo di parlare due lingue: l’album infatti si distende su un’alternanza di testi in dialetto grico e dialetto romanzo, proprio a sottolineare questa particolare coesistenza che ha, nel corso dei secoli, innescato dicerie e maldicenze relative ad i possibili inganni e raggiri. La lingua grica, al pari del serpente, si è autopreservata, come afferma lo stesso ideatore dell’opera, attraverso mimetismo, prudenza, capacità di adattamento, longevità che le hanno permesso di resistere fino ai nostri giorni. Questa esperienza musicale nasce dalla penna di Rocco De Santis che, dopo il lavoro di composizione musicale per il film La Terra di A. Dovzhenko, ha voluto creare, sotto un'unica regia, la sua, un percorso raccontato attraverso le immagini di parole e musica, sbrogliato sulla strada, sulla terra, sui sassi e sulle buche dei bisogni umani. Stilisticamente non è semplice dare una catalogazione chiusa e stantia alla musica di Ofidea, così come rigido non è l’album stesso. Avleddha si manifesta con un etnico d’autore: i pezzi, assolutamente originali per testi e musiche, hanno colori e timbri della fisarmonica, del violino, delle pelli delle percussioni. I ritmi mediterranei e latini si plasmano su fraseggi melodici che richiamano elementi etnici e non solo. L’ossessività e la ripetizione di certi arpeggi descrive in modo quasi didascalico lo stato emotivo del pezzo, allo stesso modo della dilatazione melodica e ritmica di altri, che diventa talvolta dolcezza, talvolta nostalgia. E se i serpenti potessero provare emozioni, allora Ofis… «E strisciu ca li peti no’ li tegnu, ca se tenia doi ali pe sostegnu potia volare su’ n’alitu de vientu cu visciu se lu mare è bellu comu sentu» [E striscio perché non ho piedi, perché se avessi due ali per sostegno potrei volare su un alito di vento per vedere se il mare è bello come sento n.d.r.]. A chi, quando si parla di desideri, è venuto mai in mente che anche un serpente potrebbe averne qualcuno? Lui, il simbolo cattolico del peccato, del male, del tentatore che merita la punizione di respirare la polvere… Com’è il mondo dal punto di vista di un serpente? Per scoprirlo non è necessario strisciare per terra… c’è chi, al posto nostro lo ha già immaginato, e lo propone in un nuovo viaggio artistico fatto di immagini così definite che sembrano reali. Ofidea è l’Odissea di Ofis, un serpente, conosciuto nel Salento con il nome autoctono di sacara, che riceve qui, per la prima volta, la possibilità di redimersi. Traslando questa metafora, Ofis diventa il simbolo dei reietti della società, dell’uomo e dei suoi desideri, delle pulsioni, del percorso di riconciliazione di chi è emarginato da se stesso e dal mondo. Ofis si muove sulla terra lentamente e con fare sinuoso, al passo dei sogni e delle aspirazioni di cui si fa bandiera: il desiderio sognato, espresso in Quiddhu Ca Volia, primo pezzo, in ordine di scaletta; il desiderio del ritorno in I Màghissa; il bisogno di riscattarsi che si lascia raccontare in Ofidèa, brano che dà il titolo all’intera opera; l’umano desiderio di comprensione, di redenzione e accettazione che raggiunge livelli di alta poesia in Canzone sporca; la necessità di ricerca dell’amore con Travudàci Atsilò e il forte desiderio che esso valichi anche i confini della morte in Loja Jà _________________________________________________________________________________________________________________________ - 47 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ L’Organo Parie L’unico vero concorrente dell’Hammond di Emanuele Raganato La popolarità che l’organo Hammond riuscì a conquistare in tutto il mondo fu tanta e tale da riuscire ad eclissare in vari modi tutti i tentativi e tutti i progetti di altri strumenti similari che, talvolta, sarebbero stati meritevoli e degni di tutti gli onori e l’accoglienza del caso. Una storia importante, soprattutto in Italia, fu quella dell’organo Parie. Il suo inventore fu l’ingegnere Anton Parie, che tutt’ora vive in Belgio. Iniziò a dedicarsi alla costruzione dei suoi organi tra gli anni '50 e '60. In questo periodo Parie aveva una piccola azienda che produceva antenne per televisori e amplificatori. Nel 1955 acquistò, in uno dei più grandi e famosi negozi di Rotterdam, un pianoforte che sistemò a casa. Furono proprio i titolari di questo negozio che ben conoscevano il background di meccanica ed elettronica di Parie, unitamente alla sua cultura musicale (aveva infatti studiato pianoforte) a suggerirgli Parie XTO di sviluppare un nuovo organo con generatore “tonewheel”. Il mercato degli organi elettromagnetici era all’epoca in forte incremento e a Parie l’idea di aprire un nuovo settore di business nella sua azienda sembrò essere una buona idea. Il primo progetto fu realizzato con un generatore elettrostatico “tonewheel” e nei primi anni Sessanta furono prodotti i modelli “RP”, “RL” e “PROF”. Se ne vendettero tantissimi nel nord Europa e con grande successo tra i musicisti. Nel frattempo, parallelamente iniziò lo studio del generatore magnetico “tonewhell”. L’impresa di Parie è senz’altro degna di lode, considerando a quanti vincoli doveva attenersi il progettista a fronte dei numerosi brevetti di Hammond. Dopo aver aperto un capannone per la produzione esclusiva degli organi, Parie, iniziò a produrre il modello XTO (simile all’M100 Hammond, ma meno costoso all’epoca), facendo uscire dalla produzione i vecchi “RP”,”RL”, e “PROF ”. Il successo fu enorme e l’azienda si trovò a dover soddisfare una domanda alla quale non era preparata. In questo periodo Parie, dopo aver avuto una parentesi negativa con un socio incompetente, decise che era arrivato il momento di guardare altrove. Uno dei suoi fornitori di semilavorati era Alfredo Gioielli, produttore italiano di strumenti musicali di Castelfidardo (AN), il quale comprese immediatamente, nel corso di una visita in Belgio, l'enorme potenziale che tale strumento poteva avere nei mercati internazionali, sulla scia del successo che stava avendo l' XTO nei mercati europei. In questo scenario brillava come un prezioso diamante, l'industria musicale italiana, che aveva nel polo marchigiano e più specificatamente nel comprensorio di Castelfidardo, una fiorente attività imprenditoriale rivolta a questo settore, che poi in generale diede impulso ad aziende elettroniche, elettrotecniche, meccaniche e dello stampaggio delle plastiche, che tutt' oggi sopravvivono alla crisi che ha spazzato via l'industria degli strumenti musicali. Tra queste aziende, vi era quella gestita da Alfredo Gioielli, che come già detto, in occasione di una visita in Belgio, all'azienda Parie, con cui stava collaborando per la fornitura di particolari di semilavorati per organi, proprio quando Parie accusava difficoltà con la gestione del nuovo socio, _________________________________________________________________________________________________________________________ - 48 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ incredibili, al punto che ancora oggi molti ricordano con nostalgia ed ammirazione. Anche il M° Guido Mazzella , musicista molto noto nell'ambito di questi strumenti elettromagnetici, acquistò l' ultimo PARI K61 prodotto dalla cooperativa di Castelfidardo. Erano anche gli anni in cui la PFM (Premiata Forneria Marconi), tanto per fare un nome molto noto agli appassionati di musica, aveva scelto il PARI per il loro genere musicale e numerosi furono i gruppi italiani che lo utilizzarono; all'estero, il gruppo francese dei Rockets ne fu a lungo endorser. Ma la grande crisi degli strumenti musicali che si abbattè negli anni '80 sul settore, unitamente all'avanzata dei produttori giapponesi, che, dopo aver preso piene mani, dalle esperienze dei produttori italiani, si imposero prepotentemente nella totalità dei mercati, e decretarono la inesorabile fine della maggior parte delle esperienze industriali italiane. La PARI SpA non fu risparmiata da quest'ondata di crisi, ed in un primo tempo, per non affondare completamente l'iniziativa, propose ai dipendenti di continuare l'attività sotto forma di cooperativa, che tuttavia dopo qualche anno cessò anch'essa di esistere. Oggi l’azienda è ritornata in vita, gestita sempre dalla famiglia Gioielli e può vantarsi di essere l’unica realtà mondiale a produrre, attualmente, l'unico organo elettromagnetico al mondo. Nella sua breve storia, sono state prodotte poco più di 20.000 unità di organi PARIE così ripartite fra i modelli prodotti: gli fu prospettata l'idea di acquisire le attrezzature e gli impianti grazie ai quali produrre l'organo Parie. La decisione fu immediata e l'accordo fu perfezionato in breve tempo. Inizio così la produzione italiana dell'organo Parie. Era l'anno 1969 e l'industria italiana poteva così fregiarsi di aver aggiunto un altro tassello alle importanti produzioni delle aziende di Castelfidardo. L'impegno fu immenso, ma le soddisfazioni non mancarono. L' XTO venne prodotto per diversi anni, ed a questo venne affiancata la produzione di un modello denominato SKORPIOS che si contraddistingueva dall' XTO per l'aggiunta dell'elettronica che già caratterizzava diversi strumenti dell'epoca (come la batteria elettronica) e che veniva richiesto dalla generalità della clientela diversa dai musicisti, i quali, di questa caratteristica facevano a meno. I risultati furono soddisfacenti, ma anche Gioielli arrivò presto alla conclusione che tale strumento aveva bisogno di risorse più importanti per poter essere accreditato del successo che meritava in campo mondiale. Pensò pertanto di coinvolgere nell'iniziativa diversi industriali di Castelfidardo, che condividendo il potenziale dello strumento, si associarono nella PARI SpA, società che diede nuova linfa e visibilità allo strumento. Alla produzione dell' XTO fu affiancato immediatamente il mitico K61, doppio manuale a 61 tasti, ed il glorioso ed affascinante modello KOTRA. Una nota particolare va fatta per il KOTRA che fu così denominato e prodotto in onore del sig. Nicotra, d'origini siciliane, che durante una vista presso la società PARI SpA, riferì come fu lui ad ideare negli anni '30 l'organo elettromagnetico, durante il suo soggiorno americano e che Hammond, a dir suo, s'interessò “furtivamente” di questo prodotto, arrogandosene pienamente l'idea. Negli anni '70 con l'azienda di Castelfidardo collaborava il M° Claudio Calzolari appassionato di questo tipo di strumento ed eccezionale musicista che durante le Fiere degli strumenti musicali era in grado di catalizzare l'attenzione dei visitatori, esaltandosi nel suonare il PARI, con esibizioni 1 Mod. XTO N. 11.000 2 Mod. NAVAHO N. 1.000 3 Mod. ATTACK N. 6.000 4 Mod. SKORPIOS N. 500 5 Mod. K 61 N. 2.000 6 Mod. KOTRA N. 100 Bibliografia: - http://www.parieorgan.it - http://www.tonewheel.net _________________________________________________________________________________________________________________________ - 49 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ vst benvenuti nell’era dell’orchestra virtuale di Antonio Marchello La Virtual Studio Technology è una tecnologia nata grazie ad un idea di casa Steinberg e la sua evoluzione è vista oggi come una vera rivoluzione per il musicista moderno. La VST permette difatti a tutti i musicisti di poter suonare qualsiasi strumento. Ebbene si perché la VST non è una tecnologia mediante la quale si infonde per osmosi la conoscenza di uno strumento ma piuttosto un sistema software capace di codificare tutti i segnali in entrata in una scheda audio e straformare questi ultimi in suoni pre-campionati e associati a qualunque strumento. Detta così la VST non sembra essere alla portata di tutti, ma, al contrario, la praticità d’uso di questi strumenti e le potenzialità di questi ultimi, contribuiscono ulteriormente a rendere il musicista moderno “autonomo”. Ricordate quando per formare un’orchestra, al netto degli strumenti, era indispensabile trovare i musicisti…bene concetto superato. La VST ha risolto anche questo problema, è sufficiente difatti solo un musicista con un minimo di competenze informatiche per sopperire alla necessità di reperire degli strumentisti. Seguiamo il semplice schema proposto in questa pagina per comprendere in cosa consiste questa tecnologia. La strumentazione Mixer minima consiste in una tastiera con un Out In uscita MIDI, un PC, un Mixer, una coppia di casse stereo. Nella dotazione domestica potremmo addirittura shuntare il mixer andando direttamente dall’uscita audio del PC alle stesse casse. In questo schema ovviamente la tecnologia VST la collochiamo necessariamente all’interno del PC. Il segnale MIDI in uscita dalla tastiera entrerà all’interno del PC dopo averlo opportunamente collegato all’ingresso MIDI del PC stesso. Dopo aver preventivamente scelto lo strumento che si vuole riprodurre sul nostro software con tecnologia VST, il nostro segnale uscirà dal PC con la timbrica Casse di un nuovo strumento. Sarà quello il segnale che noi ascolteremo, quindi non più il suono originale prodotto in dalla nostra tastiera. Esposto già in modo banalmente semplicistico è facile intuire quali possano essere le potenzialità di un tale strumento. Alla fine degli anni ’80 tutti noi ricorderemo le chitarre elettriche, bassi, e soprattutto le percussioni prodotte nei CD dei grandi musicisti internazionali di musica pop nei loro dischi. Quella timbrica, oggi estremamente evoluta è molto più vicina (per non dire migliore per alcuni casi) a quella dei reali strumenti, è per noi oggi un contrassegno inconfondibile della musica di quegli anni, ovvero le prime espressioni musicali riprodotte da strumenti virtuali. Ma i VST servono solo a sostituire i musicisti? Ovviamente no. Questa tecnologia, ha subito negli ultimi anni una tale evoluzione da sostituire non più solo gli strumentisti ma anche gli strumenti! Spieghiamo meglio. Un musicista che oggi vorrebbe incidere il suo disco per pianoforte solo su di uno Steinway & Sons, senza necessariamente recarsi in sala d’incisione può farlo? Certamente basterebbe avere lo Steinway in casa. E se non ha neanche quello? Può farlo lo stesso. Certo perché l’evoluzione della VST di cui parlavamo, dopo VST aver capito come riprodurre qualsiasi tipologia di strumento, si è Out In concentrata sulla somiglianza timbrica di questi ultimi portando alcuni prodotti a risultati dapprima apprezzabili poi davvero impensabili. Solo per dirne uno, l’ultimo prodotto della Steinberg si chiama proprio The Grand 2. Il software è racchiuso in un DVD da 4GB che ha un’estrema facilità d’uso e che contiene solo 2 tipologie di pianoforti. Dai numeri che ho appena dato è facile capire in 4GB quale lavoro di fino hanno fatto i tecnici della Steinberg. Il musicista insoddisfatto della timbrica della sua tastiera non dovrà più acquistarne un'altra ma semplicemente compendiarla con questi strepitosi strumenti. Tra i tanti pregi forse un difetto potrebbero averlo…il prezzo (The Grand 2 della Steinberg viene venduto ad un prezzo consigliato di circa €230,00). PC Tastiera _________________________________________________________________________________________________________________________ - 50 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ Michelle Mercer Wayne Shorter Il filosofo col Sax di Marco Leopizzi STAMPA ALTERNATIVA Collana: New Jazz People ISBN: 978-88-6222-023-1 ISBN-13: 9788839714206 2008 pagg. 224 euro 15 Le note di Wayne sono come agopunture. la sua musica riordina immediatamente la tua struttura molecolare; i tuoi occhi mutano, sono come pacificati. Costringe le persone a sentire la totalità. Coltrane e Miles e Wayne erano gli unici a rendermi consapevole che non c’è bisogno di morire per sentire l’assoluto e la totalità. Carlos Santana si appassionò alla musica sudamericana, che informerà alcuni fra i suoi più begli album solisti dei primi ’70 (“Moto Grosso Feio”, “Odyssey Of Iska” e “Native Dancer”), prima di fondare assieme a Joe Zawinul e Miroslav Vitous i Weather Report, la sua band più importante, inimitabile icona della Fusion. La Mercer racconta molti particolari dei Report e propone la tesi che l’isolamento del sassofonista verso la fine dei ’70 (quando partecipò a dischi di artisti pop vicini al Jazz, dagli Steely Dan a Joni Mitchell e Santana) non fosse dovuto alla perdita di peso nella band, o all’entrata di Pastorius, ma al processo di crescita interiore che stava affrontando ed al conflitto tra la religione e lo stile di vita imposto dalla carriera. Dopo lo scioglimento Shorter suonò in molte colonne sonore (con “‘Round Midnight” vinse un Grammy Award) e ricominciò a pubblicare a suo nome, e nel ‘99 riuscì anche a realizzare alcune composizioni sinfoniche (“Dramatis Personae” e “Syzygy”). Un paio d’anni dopo costituì un altro quartetto con cui riuscì finalmente a trovare l’intesa giusta e a rinascere. La scrittrice narra, inoltre, dei tanti incontri con Lester Young, John Coltrane, Milton Nascimento, Sonny Rollins, e chiarisce come il processo creativo di Shorter possa prendere spunto dalla scena di un film o da un romanzo. Anche se a volte un po’ celebrativa ed indulgente verso il protagonista, l’opera della Mercer è preziosa tanto per gli appassionati quanto per gli studiosi, perché scolpisce su carta la figura di uno dei massimi compositori del Jazz, riuscendo a farcene quasi sentire la voce. A quasi cinquant’anni dal primo disco solista di Wayne Shorter (il ’59 fu inoltre quello del primo con i Jazz Messengers) arriva in Italia la biografia ufficiale di uno degli ultimi giganti del Jazz, pubblicata da Stampa Alternativa come traduzione dell’originale “Footprints: The Life And Work Of Wayne Shorter”, opera della critica Michelle Mercer. Impreziosito dalla premessa di Herbie Hancock, amico intimo del sassofonista, e dalla prefazione dello stesso Shorter il libro ne ricostruisce minuziosamente, grazie a numerose testimonianze dei tanti musicisti e amici che l’autrice ha intervistato, non solo la carriera ma la vita tutta, muovendo dall’infanzia e passando attraverso le prime passioni (film, pittura e fumetti), gli studi, la riluttanza ad esprimersi verbalmente, la scoperta del bebop alla radio, i suoi tre matrimoni, i prolungati problemi con l’alcool, la dolorosissima malattia della figlia Iska, il misticismo e la conversione al buddismo di Nichiren. Tuttavia, nucleo centrale rimane la lunga esperienza musicale del compositore. Shorter ha percorso il Jazz dal suo periodo d’oro fino ad ora, dall’hard bop dei Jazz Messengers di Art Blackey (con cui incise alcune delle meraviglie del genere come “A Night In Tunisia” e “Free For All”) ai capolavori con il secondo quintetto di Miles Davis al fianco di Hancock, Ron Carter e Tony Williams (su tutti lo storico “Live At The Plugged Nickel” e “Nerfertiti”, che prende il nome da una sua composizione), accompagnando poi il trombettista nella sua prima avventura elettrica di “In A Silent Way” e “Bitches Brew”, in cui Shorter cominciò ad utilizzare il soprano. Successivamente Wayne prese un periodo di pausa dalla frenetica routine musicale e _________________________________________________________________________________________________________________________ - 51 - musicaround.net ______________________________________________________________________________________________________________________________________ LUCA AQUINO SOPRA LE NUVOLE NUVOLE di Alessandra Margiotta 01. Il Ciclista Che Corre Col Suo Sax Tenore Sempre In Testa 02. Bossando Con Mapà 03. Dancing With Sarè 04. La Stazione 05. You Don’t Know 06. Sopra Le Nuvole 07. Soft Shoulders 08. Il Crepuscolo Della Dea 09. Van Laar Sounds 10. Ballad For Nhalì 11. Zeta 12. A 13. Micettina Luca Equino,_ tromba e flicorno Mirko Signorile, piano Gianluca Grasso, tastiera Luca Bulgarelli, contrabbasso Vincenzo Bardaro: percussioni Ospite speciale: Ack Van Rooyen (flicorno 3,5,7,12) [Universal, 2008] Ospiti: Vincenzo Saetta, Giacinto Piracci, Antonio Salvador Conte, Raffaele Matta, Aldo Galasso, Aldo Pareo, Sergio Casale Luca Aquino è un giovane musicista di Benevento da sempre impegnato nella musica jazz. La sua audacia e il suo talento lo portano verso un lungo e articolato cammino, quello di un ciclista che corre con la sua ‘tromba’ imperterrito alla ricerca di svariate sonorità. Con il suo primo lavoro discografico, “Sopra Le Nuvole”, ha messo in evidenza non solo il fascino della musica jazz ma anche la grandezza della musica elettronica. Poche e semplici contaminazioni ma efficaci, come lo si nota nel primo brano, Il Ciclista Che Corre Col Suo Sax Tenore Sempre In Testa, tali da creare una visione più ampia del concetto musicale per chi lo ascolta. Il viaggio continua arrivando a La Stazione, un brano che con le percussioni e i fiati che si alternano sembra dare l’idea di un treno, che ora viaggia e ora rallenta come per fermarsi ma che riprende subito il cammino. E sì, il cammino, perché l’esplorazione sonora e timbrica di Aquino non si ferma certamente qui. La Stazione non è la fine ma solo una fermata, una tappa raggiunta, uno stile consolidato, per proseguire con Van Laar Sounds dedicato proprio a Hub Van Laar (artigiano olandese ideatore di trombe e flicorni per cui suona gli strumenti durante le dimostrazioni). Non a caso è proprio lo strumento a fiato che primeggia e si cimenta ad esplorare le diversità timbriche. La timbrica infatti, sia alla tromba che al flicorno, è molto precisa e dimostra grande personalità. Il brano che dà il nome all’album, Sopra Le Nuvole, ne è la dimostrazione. Una melodia limpida, chiara, posata, costruita su una successione di frasi nelle quali il pianoforte e lo strumento a fiato dialogano, e alla fine delle quali il primo esegue un veloce arpeggio, sempre ascendente, richiamando il significato stesso del titolo. Un lavoro, insomma, quello di Aquino, non basato solo su rigidi schemi del jazz, ma che propone delle novità ricche di contaminazioni e sperimentazioni. Che sia solo un singolo lavoro o il primo a contenere queste particolarità non lo si può dire, ora non rimane che ascoltare ed apprezzare le caratteristiche compositive e d’improvvisazione che il compositore stesso ci propone con questo suo primo capolavoro. _________________________________________________________________________________________________________________________ - 52 - musicaround.net è un edizione Musicaround.net Edizioni per info e collaborazioni [email protected] [email protected] Scarica ogni mese il nuovo numero di musicaround.net da www.musicaround.net