La musica d`autore (e di pace) di Noa arriva a Mestre

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L ’ altra musica
La musica d’autore
(e di pace) di Noa arriva a Mestre
di Tommaso Gastaldi
C
i sono cantanti che hanno il raro dol’ebraico significa «sorella della pace». Assieno di possedere voci che coinvolgome al Solis String Quartet ha registrato un
no l’ascoltatore ben oltre il semplilavoro dal titolo Napoli Tel Aviv (2005) in cui
Mestre – Teatro Toniolo
25 gennaio – ore 20.30
ce udito, suscitando sensazioni più profonrilegge in ebraico i classici della tradizione
de che valgono la pena di essere vissute più
partenopea. Presta la sua voce a Esmeralda,
che descritte. Noa possiede una voce limpida che fa vibraprotagonista del musical Notre Dame de Paris, e registra canre corpo e anima, che colpisce diritto al cuore. È una voce
zoni per le colonne sonore di film come Babel, Giovanna d’Ardi pace la sua, quella stessa pace che lei stessa sogna di vico nella versione di Luc Besson e Goldeneye, episodio delvere un giorno in Israele, suo paese d’origine.
la saga di James Bond. Nel 2000 infine, incide
Leggendo la sua biografia si rimane im«Life is Beautiful that way», brano compressionati dalla quantità di sue esibiposto da Nicola Piovani e incluso
zioni di fronte ai grandi del monnella colonna sonora del film La
do senza distinzioni politiche o
vita è Bella di Roberto Benigni,
religiose: nel 1994 davanti a
premiato con l’Oscar come
Giovanni Paolo II e Madre
miglior film straniero. SeTeresa di Calcutta incanguono altri lavori da sota i centomila fedeli prelista: Blue Touches Blue e
senti a San Pietro canNow del 2002, che intando l’Ave Maria di
clude anche una deliBach, l’anno dopo si
ziosa cover di «Eye
è appena esibita nella
in the Sky» di Alan
piazza dei Re d’IsraeParson. Noa, con
le a Tel Aviv, quanGil Dor alla chitardo assiste all’omicira e Zohar Fresco aldio del premier Yile percussioni, aprirà
tzhak Rabin; qualil 25 gennaio al Teache anno dopo duetta
tro Toniolo di Mestre
con il cantante arabo
la rassegna Musica e
Khaled in una versioLinguaggi organizzane di «Imagine» di John
ta dal Circolo CulturaLennon tradotta in ebraile Caligola e Comune di
co e arabo, nel 1999 ha canVenezia: non poteva essertato a Oslo di fronte ad Araci scelta migliore per inaugufat, Clinton e Barak in occasiorare una manifestazione che da
ne dell’anniversario degli accordi di
più di un decennio porta nei teapace e nel 2003 viene nominata ambatri di Mestre e Venezia i migliori artisciatrice della Fao. È nata a Tel Aviv da gesti provenienti dalle più svariate culture conitori ebrei di origine yemenita con cui a due anni
me Patti Smith, Kronos Quartet, Ryuichi Sakamosi trasferisce a New York dove il padre insegnava; ha 17 anto e Norah Jones. Più che nella tracce registrate di un disco,
ni quando non resiste al richiamo della terra madre e ritorna
Noa rappresenta il meglio di sé dal vivo: ogni suo concercosì in Israele dove svolge il servizio militare obbligatorio
to diventa un’esperienza di pura e melodiosa gioia, in cui il
di due anni in qualità di «sergente corista». È questo il periopubblico è rapito dalla voce intensa sprigionata da un corpo
do in cui sviluppa un suo proprio stile musicale mescolanall’apparenza così gracile, in un viaggio inusuale che unisce
do tutto quello che aveva conosciuto in America, Bob Dyciò che più ci è vicino culturalmente, il pop e il rock, ai suoni
lan, Leonard Cohen, Joni Mitchell e Paul Simon, con la tradi terre che provengono da culture antiche ma che troppo
dizione musicale mediorientale. La sua carriera artistica inispesso ricordiamo solo per i conflitti orribili che le colpiscozia dopo l’incontro con il chitarrista Gil Dor, ancora oggi feno. Non è un urlo di rabbia, ma il canto di un’artista consadele compagno nei concerti in giro per il mondo, che la prepevole della forza unificatrice della musica, lo dice lei stessa:
senta a Pat Metheny, produttore del suo primo disco inter«Il mio obiettivo è sollevare il vostro spirito, portarvi in un
nazionale Noa, seguito nel 1996 dall’album Calling. Un’artiluogo diverso, ma voglio anche scuotervi, farvi vedere ciò
sta sempre alla ricerca di nuovi spunti creativi e collaborache forse preferireste non vedere. Se sarò in grado di far arzioni come quelle con Al Di Meola, Stevie Wonder, Santarivare il mio messaggio, ed essere ispirazione così come sona, Pino Daniele e Zucchero che affiancano le uscite discono stata ispirata, penso che questo possa essere importante,
grafiche esclusive per il mercato israeliano, dove è conosciupenso di poter servire a qualcosa. È ciò che desidero di più».
ta con il suo vero nome, Achinoan Nini, che tradotto dalSta tutto nella parola con cui saluta il pubblico, Shalom.
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L’ altra musica
Il grande jazz
di Michel Portal e Richard Galliano
A Treviso le «capriole espressive» del duo francese
M
di Guido Michelone
o
ercoledì 16 gennaio al Teatro Eden di Treviso il
un’inventiva straordinaria. Galliano di fatto usa un solo
duo composto da Michel Portal e Richard Galstrumento (la fisarmonica, oltre il pianoforte in un uniliano riporta alla ribalta veneta il grande jazz inco pezzo) e sceglie il materiale tematico con propri brani,
ternazionale. Entrambi francesi, con esperienze musicajazz standards, canzoni famose; al contrario Portal, abili assai diverse tra loro per motivi generazionali e finalituato all’estemporaneità, segue, compone, architetta, metà estetiche, Portal e Galliano riescono però da circa diediante i fiati: non solo il tradizionale clarinetto, ma anche
ci anni a collaborare in maniera sorprendenil sax soprano, il jazzophone, il clarinetto basso e persite, proponendo un sound nuovo, auno il bandonéon. Ne sortisce un fitto
tentico, profondamente originale
dialogo che rilegge tanto la storia
e meditato, pur basandosi su
del jazz, quanto l’evolversi del
un’idea avanguardista di
tango, facenti ormai parte
improvvisazione dualidel patrimonio musicale
stica. Portal, clarinetgenetico della Francia
tista, settantadue
moderna.
anni, da BayonScrive Claudio
ne, viene dal free
Sessa a commenstorico e dallo
to di Blow Up
sperimentali(ma il discorsmo colto deso vale anche
gli anni sesper ciò che
santa; Galliasi ascolterà a
no, fisarmoTreviso) che
nicista, cinesiste «un’amquantaset te
pia varietà di
anni, da Cancolori in quenes, emerge
sto disco (renel decennio
gistrato in stuscorso nell’amdio ma davanti a
bito di un jazz
un pubblico sceleuropeo votato al
to che applaude
recupero di sonoricalorosamente ogni
tà popolari e di sugesecuzione), ma le cagestioni esotiche.
priole espressive dei due
ia n
M
l
l
a
ich
I due si incontrano artila accentuano al di là delel P
dG
r
a
o
h
r tal
c
sticamente a Parigi il 18 e 19
le
previsioni».
I fiati di Portal
i
R
maggio 1996 in sala di incisiosembrano
iridescenti
grazie ai ve
ne per uno straordinario concerto da
loci cambi di toni e sfumature, elevan
studios che di lì a poco finirà su disco. E indo il controllo della dinamica a cifra stilistica a sé stanfatti l’album Blow Up (pubblicato da Dreyfus) è un autente, mentre la fisarmonica di Galliano spazia tra canti sotico evento: votato disco dell’anno nella sezione internalari e brumose malinconie, tra orgasmi liberatori e cacozionale dal mensile «Musica Jazz» diventa un album-culfonie metafisiche.
to, che permette all’uno e all’altro di continuare l’azione
Tra i molti brani di un repertorio volutamente eclettidel duo musicale fino a oggi: benché impegnati con altri
co, si alternano espliciti tributi latino-americani dal folk
gruppi e in svariate compagini artistiche, da allora Portal
brasiliano nei rigogliosi «Leo» e «Chorino» di Hermeto
e Galliano, sia pur sporadicamente, continuano a presenPascoal, al ballo argentino con gli struggenti «Libertantarsi faccia a faccia per dar vita in tutto il mondo a perforgo» e «Oblivion» di Astor Piazzolla, ma non mancano
mance strepitose, che nel 2004, dopo circa duecento reciper Galliano i teneri omaggi alla cantautrice Barbara in
tal, vengono di nuovo raccolte in un altro notevolissimo
«Ten Years Ago», alle feste rumene in «Taraf», alla lococompact dal semplice titolo di Concerts.
motiva in «Viaggio» e per Portal quelli all’Africa in «MoIn entrambi i dischi il nome di Galliano compare dazambique», al tanguero Anibal Troilo in «Little Tango»,
vanti a quello di Portal, forse non per una
ai flauti brasiliani in «Blow Up», senza disemplice ragione alfabetica, ma per il fatmenticare le varie «Giselle», «Ivanovitch»,
to che in fondo è il primo a condurre i gio«J. F.», «Bejaflor», «Face To Face», «Tango
Treviso – Teatro Eden
16 gennaio, ore 20.45
chi, mentre il secondo li asseconda con
Pour Claude» di tanti altri concerti.
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L ’ altra musica
Ascanio Celestini
canta le sue «Parole Sante»
Premio Ciampi al debutto discografico dell’artista romano
U
no dei più importanti nomi del teatro di narrazione in
Italia, sul finire del 2007 Ascanio Celestini dà alla luce
due lavori, entrambi titolati Parole Sante: prodotti dalla
Fandango, il primo è un documentario – presentato in concorso alla
Festa del Cinema di Roma – che racconta la vicenda di un gruppo di
lavoratori di call center, racconta persone che hanno vissuto e vivono
la precarietà; il secondo è un disco, e Celestini ce ne racconta genesi e contenuti.
Si tratta di un lavoro nato strada
facendo. Con un gruppo di musicisti – Matteo D’Agostino, Roberto Boarini e Gianluca Casadei – da un paio d’anni siamo infatti impegnati nello spettacolo
Appunti per un film sulla lotta di classe (cfr. VeneziaMusica e dintorni
n. 14, p. 55), produzione che ancora portiamo nei teatri – saremo
al Toniolo di Mestre l’8 aprile – e
che ha dato l’avvio all’attuale uscita discografica. Andando in tournée abbiamo continuato a lavorare su questi appunti e, oltre che
dei racconti, abbiamo scritto anche delle canzoni. Mi interessa molto la forma della canzone, quasi della canzonetta, un vero e
proprio genere letterario che offre la possibilità di narrare una storia util izzando una
sintesi che per
un racconto sarebbe
impossibi le.
Q u a lcuno
ci ha
dett o
che la
storia dei
cantautori
è finita, che è
una cosa degli anni sessanta/settanta,
qualcosa che adesso
non ha più senso. Credo invece che un genere debba essere affrontato per quello
che è. A noi interessava fare un disco che
il più possibile si
avvicinasse a
qua lcosa
di quasi suonato dal vivo, e che desse peso alle musiche e
ai contenuti delle canzoni.
Il lavoro ha vinto il Premio Ciampi come miglior debutto discografico dell’anno.
Sì! E in realtà non me l’aspettavo, perché non l’abbiamo
mai pensato come disco, bensì come parte di un lavoro
che emergeva pian piano.
Sono delineate diverse figure: chi sono i
personaggi che vengono raccontati e perché vengono raccontati?
Non volevamo limitarci a raccontare delle storie, e nei temi che
affrontiamo c’è l’idea di una sorta di impegno civile. Mi interessa molto come il linguaggio possa
acquisire un carattere violento vero e proprio. La «Casa del ladro»,
ad esempio, è una canzone che
abbiamo scritto per la trasmissione di Serena Dandini, e nei giorni in cui c’era stata la dichiarazione di Emanuele Filiberto di Savoia, che aveva detto che l’Italia
era pronta per una monarchia costituzionale, abbiamo dedicato questo pezzo a Gaetano
Bresci, l’anarchico che uccise Umberto I. Ci era parso che
in quell’atto violento ci fosse un pensiero della prassi vera e propria, un’idea molto concreta, un modo di intervenire sulla realtà non solo legato al pensiero ma anche a un
intervento di fatto. Così come nei «Poveri partigiani», al
di là dell’idea un po’ propagandistica del dedicare un’isola pedonale a Nicola Calipari, al di là dei funerali in diretta televisiva dei morti di Nassirya, si staglia tutto lo spaccato di quella che poi è la vita «vera», una vita assolutamente concreta e per niente legata a episodi televisivi o
propagandistici.
«Il popolo è un bambino»: a cosa si allude?
Questo brano è una storiella, una piccola fiaba che ritorna quattro volte all’interno del disco. Mi sembra che molti
dei rapporti che instauriamo – penso a quelli che nascono
nei luoghi di lavoro, a scuola, negli ospedali... – siano rapporti verticali, fondati su una sorta di infantilizzazione.
Ad esempio: il medico mette le mani sui e nei nostri corpi
spesso senza spiegarci quello che realmente sta accadendo e, negli anni in cui i computer ancora non esistevano,
scriveva ricette in una lingua incomprensibile che solo il
farmacista riusciva a decodificare, anche se si trattava di
qualcosa che ci riguardava direttamente. Mi pare che anche la politica, le professioni istituzionali dei partiti siano
fondate su rapporti di questo tipo: tutto sommato sembra
non essere importante spiegare ai cittadini cosa sta succedendo, a loro direttamente, nel posto in cui vivono. Non
voglio essere provocatorio, ma a me sembra che accada
proprio questo, e lo ritengo un grave problema. (i.p.)
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L’ altra musica
Laetitia Sadier,
personale e intrigante chanteuse
Torna con un progetto solista la voce degli Stereolab
L
aetitia Sadier. Insieme a Tim Gane, è stata la fondaprimo a essere registrato e mixato in un vero e proprio stutrice degli Stereolab, uno dei gruppi chiave della scedio, quello degli Stereolab a Bordeaux. Nonostante una nana alternativa britannica di fine millennio, grazie alturale affinità con le radici di provenienza della Sadier, «Mol’affascinante miscela di rock, pop, lounge ed elettronica. Il
nade» è però il risultato di un diverso approccio, e grazie ad
cocktail ha condotto a esiti
sognanti, che sono riusciti
a superare l’impasse in cui
i «generi» si trovavano alla
fine degli anni ottanta.
Laetitia Sadier. Una voce
che nella peculiare sonorità degli Stereolab ha giocato e gioca un ruolo essenziale, riferendosi apertamente a figure di chanteuses degli anni sessanta come Francoise Hardy e Sandie Shaw.
E Laetitia Sadier, dopo l’esclusiva performance della scorsa primavera
veneziana con i Mouse on
Mars, torna sulle tavole del
Teatro Fondamenta Nuove, ancora una volta nell’ambito della rassegna «Risonanze», ancora una volta punto di riferimento per
l’incontro delle nuove muLaetitia Sadier
siche contemporanee. La
Sadier approda in laguna
con il suo progetto più personale e intrigante, «Monade», nome d’arte dietro cui si cela
arrangiamenti più liberi ed essenziali, A Few Steps More è un
quando non è impegnata con gli Stereolab.
disco ambiguo e avventuroso, che si avvale appieno del«Monade» è un gruppo con base a Bordeaux, in Francia, e
le potenzialità di una band completa, è un disco che segna
prende il nome dal concetto di «monade psychique» (monadunque un passo di maggior coesione nello sviluppo del
de psichica), il termine che Cornelius Castoriadis usava per
gruppo, con una struttura armonica che a tratti sembra midescrivere la psiche infantile ancora indifferenziata, non anscelare le intonazioni in maniera quasi sinfonica.
cora frammentata in Ego, Super-Ego ed Es. Ma il nome, coLa Sadier, parlando dei temi principali di questo lavoro
me la stessa Sadier afferma, allude anche alla contrapposiin studio in una intervista a «Eye Weekly», ha commentazione che in ambito musicale c’è fra «mono» e «stereo», imto: «Stavo cercando di scrivere sull’individuo e sulla capaciplicando così la radice solista del progetto.
tà di ascoltare i desideri individuali. E poi ho cercato di afNata come disegno di registrazioni casalinghe, «Monaferrare l’idea del divenire. Penso che sia un concetto molto
de» è cresciuta, si è ampliata nel tempo ed è diventata una
importante: si dovrebbe lasciare alle cose la possibilità di diband, che oltre alla Sadier – impegnata al moog e al tromventare. Io sono diventata una cantante e mi ci sono volubone, oltre che a cantare – vede coinvolte la bassista Marie
ti anni... E voglio che i Monade abbiano la possibilità di diMerlot, Nicolas Etienne alle tastiere e Xavier Chabellard alventare una band». Desiderio esaudito, grazie all’inconfonla batteria.
dibile stile vocale della Sadier che si presta a picchi emotivi
Risale a un abbastanza recente 2003 il disco d’esordio, Sosempre differenti, in contrasto con le percussioni minimali
cialisme Ou Barbarie: etichettato come «The Bedroom Recore le atmosfere soffuse della band, e grazie anche al calore dedings», raccoglie i primi lavori solisti e ben
gli strumenti analogici e al trombone suonariflette la natura autoprodotta del materiato dalla stessa chanteuse. Un appuntamento
le sonoro. Nel 2005 la Too Pure – mitica etida non perdere! (i.p.)
Venezia
chetta degli Stereolab e delle Electrelane – Teatro Fondamenta Nuove
16 gennaio, ore 20.45
pubblica A Few Steps More, secondo disco e
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