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mensile Anno 4 n°40 ottobre 2015 € 0,00
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M aS
I Ricatti del mercato
Associazone culturale Mantice
Medhat Abdelati (Afrika Tage)
Guy Davis
I Concerti di san Torpete
Ethnogenova
Dialoghi sulla musica occitana
Festival Cornouaille
Associazione culturale Koralira
Sharg Uldusù 4tet
Elias Nardi group
Rosapaeda
Angellore
Duo Ammatte
Sommario
n. 40 - Ottobre 2015
Contatti: [email protected] - www.lineatrad.com - www.lineatrad.it - www.lineatrad.eu
—04
04
I Ricatti del mercato
—11
11
La vita di Guy Davis
—19
19
Il progetto scolastico
Ethnogenova
—05
05
Associazione culturale
Mantice
—13
13
I Concerti di san Torpete
—22
22
Dialoghi sulla musica
occitana
08
Medhat Abdelati
Festival Afrika Tage
—15
15
Calogero Farinella,
direttore artistico
di san Torpete
—28
28
Festival Cornouaille
Interviste
Recensioni
—08
Eventi
Cronaca
Argomenti
di Loris Böhm
F
esteggiamo il quarantesimo numero di Lineatrad, cifra tonda,
in un anno che ha visto diversi
festival sia nazionali che stranieri festeggiare in cifra tonda, e pure il sottoscritto per quanto riguarda il suo
compleanno, allora è tempo di tirare le
somme di quello che si è costruito e
quello che si deve ancora costruire.
Non compete a Lineatrad fare il
punto della situazione sui festival, rassegne, su altri organi di informazione
(riviste, blog, magazine, bollettini o
come diavolo volete chiamarli!), non
compete a Lineatrad “giudicare” le
“giurie” dei vari premi musicali, contest, targhe (o come diavolo volete
chiamarli!). Ognuno deve rispondere
del proprio operato, ed è logica conclusione che noi diamo credito a organizzazioni di cui condividiamo i mezzi che
usano per metterlo in pratica.
Casualmente ho fatto una ricerca
sul computer, e nei risultati mi sono
apparse alcune mail degli anni ‘90 in
cui avevo accese discussioni, ricevevo
e lanciavo accuse, a etnomusicologi,
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musicisti affermati, persino importanti
etichette discografiche... e mi sono
sorpreso della grinta con cui avevo affrontato queste “querelle”, dalle mie
precise e dettagliate osservazioni: ero
più giovane e battagliero.
Adesso posso solo trarre constatazioni: se mi arrivano pochi dischi da
recensire dipende dal fatto che su
Lineatrad spesso ho criticato se non
addirittura stroncato alcuni album, e
chi gestisce una casa discografica non
ama questo fatto. Ricordo le minacce e
le offese di alcuni musicisti ai quali non
avevo dato “giusto risalto” (secondo
loro) alla qualità del loro lavoro.
Beh, sarebbe bello poter parlare
sempre bene di tutto e tutti, ma se si
verificasse una ipotesi del genere significherebbe che viviamo in un paradiso dove tutti sono santi, e la stessa
funzione di Lineatrad (quella di vigilare
e consigliare) non avrebbe più senso.
Stesso discorso vale per quei colleghi giornalisti... quei pochi che possono vantarsi di avere tesserini, pedigree, certificazioni e diplomi attribuiti
FIM Fiera di Genova
Editoriale
a vario titolo, a volte più onorifico che
meritocratico, che di fatto trascinano le
tendenze musicali degli appassionati e
monopolizzano l’andamento stesso del
mercato discografico. Beati loro che
possono farlo! Io appartengo alla foltissima schiera di opinionisti free-lance
che sono seguiti da una tanto ristretta
quanto fedele schiera di sostenitori,
tutt’altro che qualunquisti, tutt’altro
che sprovveduti.
Toltomi l’ennesimo sassolino dalla
scarpa, anche a beneficio di tanti veri
colleghi bistrattati dei blog che non
trovano appoggio dalle istituzioni solo
perchè nessuno li spinge a dovere, inizierò ad illustrare cosa bolle in pentola
su Lineatrad (e cosa invece è finito surgelato in frigo...).
Spero intanto che i lettori, dando seguito all’invito apparso sul precedente
numero, abbiano avuto modo di ascoltare i dischi che secondo noi erano i
migliori del 2014 (anche se l’opinione
non era condivisa da altri critici musicali), e si siano resi conto che quei
lavori erano tutt’altro che trascurabili.
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Telenn’ Din
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Sharg Uldusù 4tet
—38
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Elias Nardi Group
Rosapaeda
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Associazione culturale
Koralira
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Sharg Uldusù 4tet
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Angellore
Duo Ammatte
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ASCOLTATE SU RADIO CITTA’ BOLLATE
www.radiocittabollate.it
la trasmissione An Triskell
ogni GIOVEDÌ alle ore 21:30
Partiamo dalle notizie negative: dopo
un lungo tira-e-molla non siamo stati
presenti alla fiera MEI di Faenza, per
il semplice fatto che nessuno dei nostri contatti ha annunciato la sua presenza. Un peccato perchè poteva essere occasione per imbastire progetti
comuni e stringere collaborazioni.
Stesso discorso per il Medimex di
Bari, considerando la pochezza ormai cronica del programma fieristico
pseudo-internazionale barese, votato
prevalentemente agli artisti locali.
Stesso discorso per il Womex a Budapest, in una nazione con gravi problemi politici e sociali che finiranno
per limitare ulteriormente la presenza
di addetti ai lavori all’interno di quella
fiera, e tutti sanno i costi stratosferici
che si devono sostenere soltanto per
avere accesso al Womex!!
Il progetto Live Underground non sarà
inizialmente su carta: troppi costi da
sostenere a riscontro di una situazione
troppo incerta dei locali genovesi in
cui si fa musica. Va bene far promozione, ma ha senso se la fai a strutture
che credono in quello che fanno e che
hanno una minima volontà di continuare a farlo, perchè i soldi per far partire il progetto li tiro fuori io, non loro.
Vedremo se via web-tv, con un impatto
economico minore, potremo produrre
qualche risultato.
Sicuramente una notizia positiva è il
coinvolgimento di Lineatrad nell’organizzazione dei “Concerti di San Torpete”
a Genova, di cui parliamo diffusamente
all’interno. In questo caso si tratta di
collaborare per un progetto solido e
affermato, in cui non esiste improvvisazione: davvero un bell’impegno.
Ci sono degli spazi inutilizzati di incredibile pregio, a Genova, di proprietà
del Comune, in cui sarebbe opportuno
organizzare eventi musicali, anche folk:
insieme a Edmondo Romano prenderò
contatti per valutare soluzioni.
Lo spazio è tiranno, la vostra curiosità cresce, non resta che augurarvi
buona lettura... le sensazioni sono
positive, il prossimo mese finalmente
potrebbero realizzarsi alcune idee cui
stiamo lavorando da tempo! ❖
www.lineatrad.com
www.womex.com/virtual/lineatrad
ANNO 4 - N. 40 - Ottobre 2015
via dei Giustiniani 6/1 - 16123 Genova
Direttore Editoriale:
Loris Böhm - [email protected]
Consulente alla Direzione:
Giovanni Floreani - [email protected]
Responsabile Immagine e Marketing:
Pietro Mendolia - [email protected]
Responsabile Ufficio Stampa:
Agostino Roncallo - [email protected]
Hanno collaborato in questo numero:
Luca Ricatti, Agostino Roncallo,
Giustino Soldano, Muriel Le Ny,
Jessica Lombardi, Annamaria Parodi,
Rinaldo Marti, Synpress 44
Pubblicazione in formato esclusivamente
digitale a distribuzione gratuita
completamente priva di pubblicità.
Esente da registrazione in Tribunale
(Decreto legislativo n. 70/2003,
articolo 7, comma 3)
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Argomenti
I RICATTI DEL MERCATO
di Luca Ricatti
S
ono passati più o meno vent’anni da quando compravo riviste musicali per decidere quali dischi comprare.
Non per leggere il resoconto dei festival, l’intervista
alla band che mi piaceva o la novità succulenta, cose che faccio
anche oggi, ma proprio per sapere come spendere i miei soldi.
Oggi, che basta digitare il nome di un gruppo su Youtube per
farsi un’idea di persona, sembra assurdo, ma a quell’epoca si era
spesso costretti a fidarsi delle recensioni. Ovviamente i giornalisti musicali avevano un peso enorme. Per almeno un cinquantennio le riviste sono state le grandi gatekeeper del mercato.
Tutte quelle testate che leggevo da giovane hanno chiuso o annaspano per non chiudere. I tempi cambiano. O no?
Qualche mese fa, un famoso giornalista musicale italiano (lo
dico, non lo dico?... vabbè, lo dico), Federico Guglielmi, ha pubblicato un articolo su un blog in cui dice candidamente che quando gli arriva un disco autoprodotto lo scarta a priori perché,
ricevendo centinaia di album al mese, è costretto a prendere in
considerazione solo quelli di etichette musicali conosciute. Dice
che tanto i dischi autoprodotti sono sempre di scarsa qualità,
perché non selezionati dai meccanismi del mercato. Teniamo
presente che Guglielmi è considerato (e lo è) un grande esperto
di storia del punk-rock, cioè il movimento musicale che per primo ha fatto proprio il concetto di do it yourself.
Ma andiamo avanti.
Negli ultimi anni sui blog musicali si è fatto un gran parlare di
alcuni casi di musicisti autoprodotti arrivati al successo mondiale: Amanda Palmer, Zoë Keating, gli svedesi The Knife. Tutta
roba in lingua inglese. Amanda Palmer è considerata un guru, fa
conferenze e scrive libri sull’argomento.
Zoë Keating, oltre ad essere una musicista, è un’esperta di informatica. Fino a poco tempo fa sul sito della Rabid Records, l’etichetta di proprietà dei The Knife era scritto (non so se c’è ancora): «Non mandateci demo. Aprite una vostra etichetta!»
E veniamo al dunque.
Io non so dove sta andando il mercato. Nessuno sa dove sta andando il mercato. Alcune cose chiare però ci sono. La prima è
che noi musicisti di nicchia abbiamo bisogno dei mass media,
ma i mass media tradizionali non ci vogliono; l’unico mass media a cui possiamo accedere è internet.
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È anche chiaro, però, che esperti non ci si improvvisa, c›è da lavorare e studiare: la pagina Facebook con tre “mi piace”, della fidanzata, della mamma e della zia, non ha proprio senso.
Un’altra cosa chiara è che in Italia dobbiamo darci da fare il triplo, perché qui tutto cambia molto lentamente, a partire dall’atteggiamento degli addetti ai lavori.
Ma la cosa più chiara di tutte è che il nostro pubblico è la gente
là fuori. Il nostro pubblico non sono i giornalisti, i blogger o i programmatori delle radio. Questi sono persone che possono darci
un passaggio, se vogliono; ma se non vogliono dobbiamo essere
capaci di camminare con le nostre gambe. ❖
Eventi
ASSOCIAZIONE CULTURALE
MANTICE
Comunicato Stampa
P
er gli appassionati di danza e ballo popolare l’associazione Mantice di Latina
organizza il corso di danze popolari
“I passi della tradizione” passi, ritmo, stile
delle principali forme coreutiche di tarantelle del meridione italiano.
Il corso prevede 8 incontri di un’ora ciascuno che si terranno tutti i giovedì dalle
ore 18 alle ore 19 nella palestra dell’Istituto
Istruzione Superiore San Benedetto in Via
M. Siciliano 4 Borgo Piave - Latina a partire
dal 22 Ottobre 2015.
Il laboratorio prevede due livelli, principianti e intermedi; una parte teorica: storia,
significati-simboli delle danze tradizionali;
ed una pratica: apprendimento della danza,
ritmi, passi e stile.
Le danze proposte saranno le tarantelle
del meridione italiano (Pizzica, Tarantella
del Gargano, Montemaranese ecc. )
Giovedì 22 Ottobre 2015 dalle ore 18 alle
ore 19 è previsto un primo incontro rivolto a
tutte le persone interessate, sia principianti
che intermedi.
La partecipazione al primo incontro necessita di prenotazione preventiva telefonica.
Il corso sarà tenuto da Francesca Trenta
artista poliedrica, con carriera ventennale
nel campo della danza, del canto e del
teatro musicale nelle sue varie forme (dal
Musical al teatro popolare) si dedica da oltre 10 anni anche allo studio e all’insegnamento delle danze tradizionali con passione
e grande rispetto per le radici profonde da
cui ha imparato quanto oggi tramanda. ❖
Per informazioni:
Associazione culturale Mantice
– Via Botticelli 12 – 04100 Latina
Marco Delfino 0773484955 - 339 2327810
[email protected] - www.mantice.net
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Eventi
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Eventi
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Interviste
INTERVISTA A MEDHAT ABDELATI,
CHEF DEL FESTIVAL AFRIKA TAGE
di Jessica Lombardi
È
un pomeriggio freddo di ottobre, ho appuntamento alla Event Focus con lo Chef (capo)
Medhat Abdelati per un’intervista. L’ufficio è in un
appartamento molto curato ed elegante, di una bella
zona di Monaco. Mi offrono gentilmente un caffè mentre Abdelati conclude una telefonata. Penso tra me e
me se non sia meglio fare l’intervista in tedesco, anche
se ancora non sono all’altezza, vorrei provare… ma
forse è meglio usare l’inglese, ci sto ancora pensando
che arriva Abdelati sorridente ed elegante e mi chiede
se vogliamo fare l’intervista in italiano! Fantastico!
La nostra chiacchierata è così piacevole che lo lascio
parlare a ruota libera del suo festival; mi racconta così
che la prima edizione di Afrika Tage è quella del 2004
a Monaco di Baviera a Theresenwiesen dove si svolge
anche l’Oktoberfest. L’anno successivo è la volta di
Vienna dove verrà organizzato prima una kermesse di
dieci giorni e poi di ben diciassette in cui si avvicendano sui palchi quasi sessanta gruppi. L’allungamento
è la risposta al rischio maltempo: un festival più lungo
consente di ammortizzarne i costi.
A Monaco Afrika Tage dura quattro giorni ed ha
subìto una lunga interruzione per “ragioni politiche”
dice Abdelati; ci sono state lamentele per il rumore
(in una location creata per i grandi eventi!?) e lui ha
deciso di concentrarsi più a Vienna dove il festival è
ormai alla sua undicesima edizione. Inizio con le domande tecniche per cercare di capire come funziona
l’organizzazione tedesca e quali possono essere le differenze con le difficoltà che trovano gli organizzatori
dei festival in Italia.
Chiedo brutalmente: Avete appoggi statali?
Li vorremmo ma è molto difficile!
Per una cosa come questa servono tanti soldi, i
primi 5 anni abbiamo solo pagato. C’erano dei contributi molti anni fa, all’inizio per esempio la città
voleva meno soldi per l’affitto del posto, ma adesso
a Monaco l’affitto costa un sacco di soldi. A Vienna
spendiamo anche di più perché tutta la parte logistica è meno efficiente. Per esempio a Theresewiesen (ndr a Monaco) tutti gli allacci per l’acqua sono
predisposti, è tutto perfetto. A Vienna quando hanno
fatto l’isola (ndr Donauinsel, il posto dove organizzano
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Medhat Abdelati
eventi) non hanno pensato che avrebbero dovuto fare
gli attacchi e costa un sacco di soldi portare l’acqua
etc. Qua a Monaco per esempio portiamo la toilette
da collegare direttamente ai canali; a Vienna no, devi
avere una macchina che porta l’acqua e gli scarichi.
Il nostro direttore è venuto a vedere il Festival di
Vienna ed è rimasto colpito dal livello di impianti e palchi, tutto di ottima qualità, mentre in Italia, soprattutto
quando la ragione del festival è sociale, non è così. Capita purtroppo che si chieda ai musicisti di suonare in
condizioni poco gratificanti dal punto di vista tecnico e
si proponga di esibirsi a titolo gratuito.
Mi guarda come stessi parlando di una cosa stranis-
Interviste
Rootz Radicals a Vienna questa estate
sima, è molto perplesso, per un attimo mi sono pentita
della mia domanda…
No no no! Io lavoro così: mi chiedo sempre dove
voglio arrivare? Cosa voglio fare? Non posso fare un
evento solo a carattere sociale, non è possibile, devo
fare un evento insieme sociale ed economico. Per
esempio non posso fare un festival gratis perché
così non posso pagare i musicisti!! E allora faccio
così, questo misto sociale ed economico; per esempio i prezzi degli ingressi sono vari: venerdì sabato e
domenica metto gli artisti che costano tanti soldi e
calcolo che quelli che hanno molti soldi possono vedere quello che vogliono, le persone che non hanno
molti soldi possono entrare prima delle 18 al prezzo
di 8 euro; ma per restare dopo non possono lasciare
il festival. Molte persone hanno scritto ponendo il
problema di poter lasciare il festival e rientrare più
tardi. Bene, abbiamo risposto a questa esigenza utilizzando un timbro sulla mano, ma cosa succede?
Molti fanno il calco del timbro sulla mano dell’amico
e dieci, o venti o cento entrano gratis! Ogni cosa
nuova che fai porta nuovi problemi, è così! (ridiamo!)
Chi arriva dopo le 18 paga dai 15 ai 25 euro, a seconda dell’artista. Per esempio se c’è Alpha Blondy
facciamo pagare 25 euro.
Poi ho avuto un’altra idea: il lunedì non abbiamo
molto pubblico allora programmiamo musica che
non costa molto e facciamo una giornata che all’inizio si chiamava “Giorno della porta aperta”, adesso si
chiama “Charity day”.
Invece di proporre semplicemente una giornata ad
ingresso gratuito, Charity Day è pensata come una
giornata di beneficenza sotto il motto “Monaco di Baviera per l’Africa”. Non c’è un biglietto d’ingresso ma
gli organizzatori chiedono di fare donazioni volontarie
direttamente agli enti di beneficenza che lavorano sul
posto. Durante il concerto principale verrà detto quanto
è stato raccolto... e questo perché, come dicono gli organizzatori, nonostante il tripudio di colori e la vitalità
della cultura africana, vengono proposte conferenze,
letture e punti informativi sui molti problemi che deve
affrontare il continente africano. Afrika Tage lavora in
stretta collaborazione con numerose organizzazioni
non-profit, insieme ai suoi partners, gli organizzatori
di Afrika Tage sono impegnati nella promozione della
giustizia economica, sociale, umanitaria e ambientale
in tutto il mondo, a prescindere dall’origine etnica, dal
colore della pelle e dal credo religioso. Come scrive
Abdelati sul sito di Afrika Tage: “Vogliamo contribuire
alla pacifica convivenza di culture, perdere la paura
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Interviste
degli estranei e mostrare che siamo un mondo. Se ci
riusciremo, allora saremo un passo avanti nella nostra
visione di costruire ponti tra i popoli”.
A questo punto gli chiedo quali sono nello specifico
le iniziative di Afrika Tage per l’Africa.
Ogni anno ho scelto 4 organizzazioni che sono attive
in Africa, e ho devoluto loro una parte degli introiti. Il
primo anno erano 2.000 euro, quest’anno ho potuto
dare in beneficienza 35.000 euro! Da due anni Auma
Obama, sorella di Barack Obama, è la madrina del
festival. Anche lei ha una organizzazione in Africa, la
Sauti Kuu Foundation, a cui il festival dona un contributo. Sapeva che lo facevo a Vienna ma lei va sempre
in vacanza in quel periodo (agosto) però quest’anno ha
detto che poteva essere presente ed è andata da uno
stand a un altro seguendo tutto con grande interesse.
Lei conosce molta gente a Vienna e quest’anno questo
mi ha aiutato molto, mi guardano con un altro occhio.
L’aspetto sociale e quello economico convivono.
Devo mettere insieme l’aspetto economico con
quello sociale. E’ molto difficile far funzionare le
due cose insieme. Abbiamo interessi commerciali e
ovviamente dobbiamo pagare tutti i costi del festival.
Io non voglio, non posso e non mi interessa dire a un
elettricista del festival “fai questo gratis”. Anche lui
ha famiglia e non è giusto.
Come è nata la prima volta, nel 2002 l’idea del festival?
Io ho studiato a Monaco economia e commercio e
ho iniziato a lavorare in una ditta che fa ricerca sulle
telecomunicazioni, poi sono andato in una ditta che fa
fiere sulle telecomunicazioni, ho cambiato varie ditte e
l’ultima ho partecipato alla fiera di Stoccarda nel 2002.
Dopo sono diventato Beamter (ndr non esiste una
traduzione esatta, si tratta di un ruolo che non permette il licenziamento) ma non volevo restare lì. Nel
2000 internet è andata in crisi e tutti gli addetti ai lavori hanno iniziato a decrescere e anche noi abbiamo
perso clienti. Volevo cambiare, volevo fare qualcosa
che avesse a che fare con la cultura.
Ma come si passa dalla telecomunicazione alla cultura?
Ero all’Oktoberfest e per gioco, con gli amici, abbiamo detto: perché non facciamo un Oktoberfest africano? Visto che prima ho lavorato un sacco di anni e
ho risparmiato un sacco di soldi mi sono detto: “bene,
ora comincio a fare almeno qualcosa di piccolo poi vediamo” allora non sapevo che il pubblico della musica
reagisce così, non sapevo che ci fosse tanta gente con
gli stand… all’inizio avevamo venti o trenta stands, poi
sono diventati centocinquanta! Io pensavo che l’esperienza che avevo in fiera mi avrebbe aiutato…
Ha aiutato?
Un po’, ma non come pensavo io perché fare una
fiera è diverso, significa lavorare in un posto dove tutto
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è già attrezzato e dove ci sono professionisti per fare
questo lavoro.
Poi il pubblico è un pubblico di addetti ai lavori,
mentre in un festival devi portare le persone a vederlo.
Qua c’è un bel pubblico però, no?
Sì.
Però deve essere tutto ben organizzato visto che ci
sono tante altre cose, molta concorrenza no?
Non tanto, il punto difficile è come fai la “trasparenza” (usare trasparenza per “pubblicità” è quasi più
efficace!) non so se tu conosci questo tema: noi non
leggiamo più. Spesso la gente che ha il nostro flyer
chiede quando è? Chi suona? Ma è scritto lì. La trasparenza è molto difficile.
E anche l’organizzazione: quando sei lì se tutto
succede nello stesso momento, non funziona. Devi
sapere bene chi e quando fa le cose. Gli africani per
esempio non sono puntuali e tu devi considerarlo,
noi facciamo così spieghiamo con autorità “o così o
non si fa” e dopo 10 anni, adesso funziona anche la
loro puntualità!
Presa dal mio spirito romantico e con la voglia di
finire l’intervista con un tocco di italianità, cerco un
finale ad effetto (dopo tanta efficienza tedesca) e
chiedo: Qualche sogno legato al festival? Qualcosa che
vorrebbe fare, un artista in particolare o una location
nuova o qualcosa del genere?
C’è sempre perché abbiamo iniziato con pochi stand,
con un piccolo palco otto metri per quattro adesso ne
abbiamo uno ventisei per dieci! Non è un sogno, c’è
sempre. Io penso che quelli che organizzano festival
hanno un carattere diverso: “il dopo festival è prima
del festival” diciamo noi. Dopo il festival ci servono due
mesi per chiudere tutto e allo stesso tempo io scrivo
un report su cosa è successo anche se qualcuno ha
lasciato un rubinetto aperto che non avrebbe dovuto
fare. Tutto questo lo scrivo perché queste sono le cose
che non sono andate bene e che dobbiamo fare bene
l’anno dopo. Non dico: “hai fatto questo o questo”,
dico: “questo non devi farlo più”. Quindici giorni prima
del festival uno di noi ritorna a dire “tu hai fatto questo,
noi ti abbiamo scritto, non farlo più” e così il rubinetto
non resta aperto perché lui non lo fa più. Ma ogni anno
arrivano nuovi problemi per questo dico che è sempre
un processo che si sviluppa. Allora non è un sogno,
ma sarà un sogno che in un festival non ci siano più
problemi! Ma questo non è possibile!!
Ridiamo insieme di questa speranza vana. Lo saluto e lo ringrazio. Lui mi invita ad un altro festival che
organizzano qui a Monaco il Markt der Sinne- Kunst,
Handwerk, Lifestyle dal 30 ottobre al 1 Novembre
molto adatto ai bambini.
Andrò sicuramente con i miei tre piccoli, perché
sono sicura che sarà un bel festival e sicuramente
molto ben organizzato! Vi saprò dire! ❖
Argomenti
LA VITA DI GUY DAVIS
Comunicato Stampa a cura di Geo Music
G
uy Davis è personaggio dai
molteplici talenti. Figlio di
Ruby Dee e di Ossie Davis - famoso attore, regista e attivista per i diritti civili - non è solo
un chitarrista e cantante blues di
prima classe. È infatti noto per essere anche un prolifico attore, un
grande songwriter e uomo di teatro. In tutte queste attività artistiche, Guy rimane profondamente
legato alla storia culturale delle
origini afroamericane. Le basi per
questa forte relazione risalgono alla
prima infanzia. Nato e cresciuto a
New York, Guy già da ragazzo ha
il privilegio di incontrare molti eroi
dell’America Nera: Sidney Poitier,
Harry Belafonte, Amiri Baraka,
solo per fare qualche nome. La
casa della famiglia Davis è sempre
aperta, così da sperimentare ogni
tipo di situazione sociale di valore
collettivo. Un atteggiamento che va
avanti sulla base di un messaggio
chiaro: essere un artista e occuparsi di quanto accade nella società è ugualmente importante.
Ossie Davis e Ruby Lee non
hanno mai separato la loro arte
dalla vita di tutti i giorni, fungendo
da modello ispiratore nello sviluppo
di una forte identità artistica nel
talentuoso figlio. Molti amici della
famiglia Davis hanno lasciato segni
profondi nella storia: Martin Luther
King Jr, Malcolm X, Jesse Jackson.
Lo stesso Ossie Davis ha tenuto il
discorso ai funerali di Malcolm, e
più tardi si è fatto conoscere per
queste straordinarie parole: “Una
mente è una cosa terribile da sprecare” – utilizzate in una pubblicità
classica per l’ American Negro Col-
lege Fund. È un messaggio che
può ben servire a comprendere la
carriera di Guy Davis come bluesman, che non si limita a lavorare
sul palco e negli studi di registrazione, ma anche a insegnare in
scuole e seminari.
Le carriere dei rinomati genitori ebbero inizio nel mondo del
teatro, ad Harlem. Autori brillanti
quali Langston Hughes, Zora Neale Hurston e Ralph Ellison hanno
contribuito ad arricchire e formare
le menti dei lettori più illuminati
e degli studenti col potere delle
proprie parole. Inevitabilmente, il
blues è servito da robusto pilastro
di tale struttura intellettuale. Il giovane Guy Davis non poteva far altro
che udirne le cadenze negli anni
della formazione. La sua vita adulta
è stata poi profondamente pervasa
dal messaggio senza tempo del
blues. Quando vide Buddy Guy e il
suo prossimo idolo Taj Mahal suonare, era nato un aspirante bluesman.
Negli anni a venire, Guy Davis
comincia a cercare la via migliore
per combinare le proprie diverse
qualità artistiche. Il debutto discografico è del 1978, per la Folkways,
ma ci vorranno più di quindici anni
– contemporaneamente a molte attività di successo nei palcoscenici
dei teatri – per ottenere il giusto
riconoscimento per la propria musica. Eccellenti album quali “You
Don’t Know My Mind“ e “Butt Naked Free“ si rendono finalmente
responsabili del suo successo in
veste di bluesman – con tanto di
Handy award nominations a riprova
della notorietà raggiunta. Innumerevoli apparizioni in concerti nazionali e internazionali contribuiscono
a definirlo tra i migliori artisti del
blues acustico contemporaneo, po-
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sizione che Guy mantiene tuttoggi.
Nel 2012 esce “The Adventures
of Fishy Waters: In Bed with the
Blues”, doppio CD con canzoni e
storie che raccontano le avventure
di un bluesman di fantasia, Fishy
Waters, e i suoi viaggi per l’America più dura e irregolare. Oltre a
canzoni originali scritte dallo stesso
Davis, comprende anche materiale
di nomi leggendari quali Robert
Johnson, Blind Willie McTell e Big
Bill Broonzy. Davis mette in scena
le canzoni nei panni di Fishy Waters, che viaggia nel sud e incontra
personaggi decisamente interessanti, in un mood spesso giocoso
e carico di umorismo, talvolta enigmatico e misterioso.
Nella primavera del 2013 Guy
pubblica Juba Dance, disco che
si inserisce nella sua vena più tradizionale, fatta di blues acustico,
ben suonato e cantato. Da notare
Argomenti
l’armonica di Fabrizio Poggi, cui è
riconosciuta la collaborazione con
il “featuring” in copertina, a dimostrazione dell’affetto che Davis
nutre verso l’Italia, nel senso sia di
pubblico che di musicisti.
Nell’autunno del 2015 esce
Kokomo Kidd, un disco che cattura lo stile feroce e la voce calda
dell’ormai assodato leader della
scena blues acustica newyorkese
sin dai tempi in cui il suo grande
amico Eric Bibb ha lasciato la
Grande Mela. “Kokomo Kidd”
è, rispetto al precedente “Juba
Dance”, un disco molto più rilassato, dove troviamo collaborazioni
con l’italiano Fabrizio Poggi, Charlie
Musselwhite e molti altri prestigiosi
sideman. Guy Davis non è solo
una delle punte di diamante del
panorama blues contemporaneo,
ma anche un uno showman e un
interprete unico, un vero cantasto-
rie che sa ammaliare con racconti
ispirati direttamente dai fatti di vita
della propria famiglia, proveniente
dalle campagne del sud degli Stati
Uniti e presente tutt’ora nelle canzoni di “Kokomo Kidd”. ❖
Discografia:
1978 - Dreams About Life
1993 - Guy Davis - Live, 1993
1995 - Stomp Down Rider
1996 - Call Down the Thunder
1998 - You Don’t Know My Mind
2000 - Butt Naked Free
2002 - Give in Kind
2003 - Chocolate to the Bone
2004 - Legacy (Red House Records)
2006 - Skunkmello (Red House Records)
2007 - Down At The Sea (Secret Mountain)
2007 - Guy Davis On Air (Tradition & Moderne)
2009 - Sweetheart Like You (Red House Records)
2012 - The Adventures of Fishy Waters: In Bed
with the Blues
2013 - Juba dance (con fabrizio Poggi)
2015 - Kokomo Kidd
radio blues americane su
GUY DAVIS featuring
FABRIZIO POGGI - JUBA DANCE Roots Music Report nella
“JUBA DANCE”, inciso per l’etichetta franco americana DixieFrog,
suggella la collaborazione di vecchia data tra il celebre bluesman
statunitense Guy Davis (unico vero
erede di Robert Johnson e John
Lee Hooker), e l’armonicista italiano (ma ormai di caratura internazionale) Fabrizio Poggi; coproduttore dell’album e protagonista con
la sua armonica in diversi brani.
Un disco acustico, di autentico
blues, essenziale e coinvolgente in
cui voce, chitarra, banjo e armonica
diventano protagonisti assoluti.
Fabrizio Poggi e Guy Davis hanno
presentato il disco in Europa (Inghilterra, anche alla BBC, Francia,
Belgio, Olanda, Scozia...) e negli
Stati Uniti con concerti in Kansas,
Georgia, Alabama, Illinois, Nebraska, Iowa, Wisconsin...
JUBA DANCE, è stato per otto
settimane al primo posto nella classifica dei dischi più trasmessi dalle
1212
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Blues Radio TOP 50 (davanti a Tedeschi Trucks
Band, The Rides, Buddy
Guy e Eric Clapton...)
JUBA DANCE è stato
candidato ai Blues Music
Award 2014 (gli oscar del
blues) come miglior album acustico dell’anno!
Fabrizio Poggi Cantante e armonicista,
scrittore e giornalista, premio Oscar Hohner Harmonicas, 19 album incisi, di cui
cinque registrati negli Stati Uniti,
ha suonato con tanti grandi del
blues, del rock e della canzone
d’autore tra cui Garth Hudson di
The Band e Bob Dylan, The Blind
Boys of Alabama, Marcia Ball, Jerry
Jeff Walker, Zachary Richard, Flaco
Jimenez, Little Feat, Charlie Musselwhite, John Hammond, Sonny
Landreth, Bob Margolin, Ronnie
Earl, Steve Cropper, The Blues Brothers Band, Richard Thompson,
Eric Bibb e Otis Taylor.
Di Fabrizio Poggi DAN AYKROYD,
l’Elwood Blues dei Blues Brothers,
nel suo programma radio TheBluesMobile.com ha detto: ”Fabrizio
Poggi is a terrific italian harmonica
player...” ovvero “Fabrizio Poggi è
uno straordinario armonicista italiano”. ❖
Eventi
Associazione Sant’Ambrogio Musica
X Edizione 2015-2016
I CONCERTI DI SAN TORPETE
ITINERARI MUSICALI
ALLA SCOPERTA DI SUONI ANTICHI
Comunicato Stampa
4 – Domenica 18 ottobre 2015, ore 17,30
- Chiesa di San Torpete - Genova
Francesco Manara, violino - Francesco De Zan, pianoforte
Beethoven e le origini del virtuosismo romantico
Musiche di Ludwig van Beethoven (1770-1827), Robert Schumann (1810-1856), Niccolò Paganini (1782-1840), Camillo Sivori (1815-1894)
5 – Sabato 31 ottobre 2015, ore 18,00
- Santuario della Madonnetta - Genova
Davide Merello, Organo
Contemporanei: musicisti famosi e meno noti nel 330° anniversario dalla nascita
Musiche di George Frideric Händel (1685-1759), Pier Domenico
Sandoni (1685-1748), Domenico Scarlatti (1685-1757), Lodovico Giustini (1685-1743), Johann Sebastian Bach (1685-1750)
6 – Sabato 14 novembre 2015, ore 17,30
- Museo Diocesano – Genova
Giuliana Maccaroni, Organo - Enea Sorini, Baritono
“Accordando questa musica”: Barocci, Genova e la musica del
suo tempo
Musiche di Girolamo Frescobaldi (1583-1643), Elimot (15101553?), Jacotin (?-1529), Bernardo Storace (fl.1660), Johannes
De La Fage (fl. 1520), Peeter Cornet (1580-1633), Brunet
(1510-1553?), Francisco Correa de Arauxo (1584-1654), Diego
Ortiz (1525?-1570?)
7 – Sabato 28 novembre 2015, ore 17,30
- Chiesa di San Torpete – Genova
“DueOttavi”
Laura Sega, Voce - Massimiliano Pioppi, Pianoforte
Il suono delle parole
Musiche di John Lennon (1940-1980) - Paul McCartney (1942),
Leonard Cohen (1934), Harold Arlen (1905-1986), Charlie Chaplin
(1889-1977), Fabrizio De André (1940-1999), Jacques Brel (19291978), Adonir Barbosa (1910 - 1982), Antonio Carlos Jobim (19271994), Chico Buarque (1944), Antonio Carlos Jobim (1927-1994),
Joseph Kosma (1905-1969), Salvatore Sini (1873-1954), Guglielmo
Cottrau (1797-1847), George Gershwin (1898-1937), Richard Rodgers (1902-1979) - Lorenz Hart (1895-1943), Eden Ahbez (19081995), Ariel Ramirez (1921-2010)
9 – Sabato 12 dicembre 2015, ore 17,30
- Chiesa di San Torpete - Genova
I giovinCELLI
Federico Bragetti, Giovanni Bogdanovic, Giulia Gatti, Francesco Raspaolo, Lisa e Mara Amirfeiz
Musiche di Richard Wagner (1813-1883), Jacques Offenbach
(1819-1880), Pëtr I. Čajkovskij (1840-1893), Astor Piazzolla
(1921–1992)
8 – Venerdì 4 dicembre 2015, ore 21,00
- Basilica dell’Immacolata - Genova
Marie-Ange Leurent - Eric Lebrun, Organo a 4 mani
Musiche di Jean-Baptiste Lully (1632-1687), Heinrich Biber
(1644-1704), Johann Pachelbel (1653-1706), Johann Sebastian Bach (1685-1750), Pëtr I. Čajkovskij (1840-1893), Giuseppe Verdi (1813-1901), Georges Bizet (1838-1875)
10 – Sabato 26 Dicembre 2015 - ore 16.30
- Santa Margherita Ligure (GE) - Oratorio di San Bernardo
Dalibor Miklavčič, Organo
Musiche di Dalibor Miklavčič (n. 1971), Iacobus Handl Gallus
Carniolus (1550-1591), Anonimo Sloveno (sec. XVIII), Jakob
Hassler (1569-1622 ca.), Anonimo Iberico, Francisco Correa de
Arauxo (1584-1654), Christian Erbach (1568-1635)
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Eventi
11 – Sabato 9 gennaio 2016, ore 17,30
- Chiesa di San Torpete - Genova
Ensemble Dramsam
Alessandra Cossi, canto, synphonia, percussioni – Fabio Accurso, liuti, traversa medievale
Gianpaolo Capuzzo, flauti diritti, flauto doppio – Giuseppe Paolo Cecere, canto, viella, salterio
Cantigas de loor. Tra numero e devozione: le cantigas in lode di
Santa Maria di Alfonso X el Sabio
Musiche di Alfonso X el Sabio (1221-1284)
12 – Sabato 23 gennaio 2016 17,30
- Chiesa di San Torpete - Genova
Ring Around Quartet
Vera Marenco, Soprano - Manuela Litro, Contralto - Umberto
Bartolini, Tenore - Alberto Longhi, Baritono - Giuliano Lucini,
Liuto
A Janequin
Musiche di Clément Janequin (1485-1558)
13 – Sabato 6 febbraio 2016, ore 17,30
- Chiesa di San Torpete – Genova
Valentino Ermacora, Clavicembalo
Il clavicembalo ben temperato di Bach - II Parte
Musiche di Johann Sebastian Bach (1685-1750)
14 – Sabato 20 febbraio 2016, ore 17,30
- Chiesa di San Torpete - Genova
Duo Comuzzi – Curti Giardina
Demetrio Comuzzi, Viola - Anna Maria Curti Giardina, Pianoforte
L’ANIMA ViOLA…
Musiche di Robert Schumann (1810-1856), Johannes Brahms
(1833-1897), Franz Schubert (1797-1828)
15 – Sabato 5 marzo 2016, ore 17,30
- Chiesa di San Torpete - Genova
Il Concento
Luca Franco Ferrari, Direttore
¡Ay rosa, florida protectora nuestra! Musica per la canonizzazione di Santa Rosa da Lima, 1671
Musiche di Tomás de Torrejón y Velasco (1644-1728), Anonimo
(XVII sec), Juan Matias de Rivera (XVII/XVIII sec.), Francisco
López Capillas (1605-1673), Juana Inés de la Cruz (16481695), Joan Cererols (1618-1680), Tomás de Torrejón y Velasco, Juan de Arajuo (1646-1712)
16 – Sabato 19 marzo 2016, ore 17,30
- Chiesa di San Torpete – Genova
Elena Bertuzzi, Soprano; Maurizio Piantelli, Tiorba; Claudia Pasetto, Viola da gamba; Marco Vincenzi, Clavicembalo
A’ piè della gran croce. Ovvero l’umanissimo dolore di Maria e
di Maria Maddalena
Musiche Girolamo Frescobaldi (1583-1643), Giovanni Girolamo Kapsberger (1580-1651),
Tarquinio Merula (1595-1665), Domenico Mazzocchi (15921665), Bartolomé de Selma y Salaverde (1580 ca-1640ca), Luigi Rossi (1597-1653)
17 – Lunedì 28 marzo 2016, ore 17,00
- Sestri Levante, Chiesa di Santa Maria di Nazareth
Andrea Chezzi, Organo
Musiche di Georg Friedrich Händel (1685-1759)
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18 - Sabato 16 aprile 2016, ore 17,30
- Chiesa di San Torpete – Genova
Walter van Hauwe & Lorenzo Cavasanti, Flauti; Sergio Ciomei,
Clavicembalo; Caroline Boersma, Violoncello
Johann Sebastian Bach 1685-1750. Corpi di ricambio. Triosonate e Partita, l’opzione alternativa
Musiche di J.S. Bach
19 – Sabato 23 aprile 2016, ore 17.30
- Conservatorio Paganini, Genova
Michael Unger, Organo
Musiche di Dieterich Buxtehude (c.1637-1707), Johann Sebastian Bach (1685-1750), Johann Peter Kellner (1705-1772), Johann Ludwig Krebs (1713-1780), Charles-Marie Widor (18441937), Josef Rheinberger (1839-1901)
20 – Sabato 7 maggio 2016, ore 21.00
- Chiesa di Sant’Anna – Genova
Andrea Vannucchi, Organo
Musiche di Bernardo Pasquini (1637-1710), Georg Friedrich
Händel (1685-1759), Giovambattista Martini (1706-1784),
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), Luigi Gherardeschi
(1791-1871), Baldassarre Del Bianco (1820-1850)
21 – Sabato 14 maggio 2016, ore 16,45
- Chiesa di San Filippo - Genova
Ignacio Ribas Tales, Organo
Musica religiosa in Spagna dal XVI al XXI secolo
Musiche di Antonio de Cabezón (1510-1566), Sebastián Aguilera de Heredia (1561-1627), Francisco Correa de Arauxo
(1584 - 1654), Juan Bautista Cabanilles (1644-1712), Vicente
Rodríguez (1690-1760), Juan Alfonso García (1935)
22 – Sabato 21 maggio 2016, ore 17,30
- Chiesa di San Torpete - Genova
Pizzicar galante
Anna Schivazappa, Mandolino - Fabio Antonio Falcone, Clavicembalo
Un Maestro napoletano alla corte spagnola
Musiche di Domenico Scarlatti (1685-1757), Roberto Valentini
(1674-1735ca), Pietro Giuseppe Gaetano Boni (prima metà del
XVIII secolo)
23 – 4 giugno 2016, ore 21,00
- Oratorio di Nostra Signora del Rosario (delle Cappe Turchine) - Loano (SV)
Luca Scandali, Organo
Musiche di Pietro Morandi (1739-1815), Domenico Cimarosa
(1749-1808), Niccolò Moretti (1763-1821), Felice Moretti
(1791-1863), Vincenzo Bellini (1801-1835)
24 – Sabato 18 giugno 2016 17,30
- Chiesa di San Torpete – Genova
Accademia Hermans
Fabio Ceccarelli, Flauto – Fabiano Merlante, Chitarra
Rossiniana. Ouverture e arie rossiniane nelle trascrizioni d’epoca per flauto e chitarra
Musiche di Gioacchino Rossini (1792-1868), Ferdinando Carulli
(1770-1841), Ferdinando Carulli/Jean-Louis Tulou (1786-1865),
Mauro Giuliani (1781-1829), Anton Diabelli (1781-1858) ❖
Interviste
DIALOGO CON CALOGERO FARINELLA
DIRETTORE ARTISTICO
CONCERTI DI SAN TORPETE
di Loris Böhm
C
alogero Farinella, direttore artistico de “I Concerti di San
Torpete”, che sono considerati
una tappa obbligata genovese per
gli appassionati di musica antica,
barocca, classica e anche tradizionale, ci racconta la storia di questa
incredibile rassegna musicale.
Calogero, innanzitutto ti presento il
mio media “Lineatrad”, non una rivista classica su carta e neanche un
blog, ma un “portavoce mediatico” su
internet del mondo musicale prevalentemente folk, word e tradizionale
da diversi anni (www.lineatrad.com).
La vostra programmazione ha diversi punti in comune con la musica
trattata da Lineatrad; sempre più di
frequente troviamo formazioni miste
con artisti provenienti da orchestre di
musica classica e artisti provenienti
dalla tradizione popolare. Il repertorio folk proviene in buona misura da
compositori classici, e spesso troviamo gli estremi antico-sperimentale
che si sovrappongono per creare il
repertorio delle nuove formazioni di
musicisti, e nuovi generi musicali,
più fruibili dai giovani d’oggi. Qual’è
il vostro pensiero in relazione alla proposta di San Torpete?
Grazie, intanto, per offrirci questa opportunità di farci conoscere
anche a un pubblico in nuovo attraverso le interessanti pagine di
Lineatrad.
I Concerti di San Torpete sono
nati nel 2007 come serie di appuntamenti che dovevano accompagnare l’inaugurazione dell’organo
sei-settecentesco di scuola organaria ligure conservato nella chiesa di
San Torpete a Genova. Al fianco del
concerto inaugurale organizzammo
Accademia degli Imperfetti a san Torpete
altri 11 concerti, 6 per organo solo,
6 per altri ensemble: il successo
di pubblico e gli incoraggiamenti a
continuare ricevuti furono tali che
ci sentimmo obbligati, insieme con
il parroco della chiesa, Paolo Farinella (mio fratello) certamente noto
a più di uno che legge queste righe
per il suo impegno pubblico, a proseguire. Nacquero così le stagioni
dei concerti che anno dopo anno
sono ormai giunte alla X Edizione,
iniziata il 5 settembre 2015 e che
si concluderà il 18 giugno 2016
con un bel concerto di trascrizioni
coeve di arie e sinfonie rossiniane
per flauto e chitarra (il programma
è scaricabile andando sul sito www.
concertidisantorpete.com; siamo
anche su facebook).
Il successo di pubblico è stato
determinato anche dalla formula
adottata (in genere il sabato pome-
riggio, alle 17,30) che ha contribuito a richiamare in centro storico di
Genova molti genovesi e non genovesi e rivitalizzare in parte una zona
della città non ancora interessata
al “recupero” che ha coinvolto altri
punti del centro storico.
All’inizio le stagioni furono organizzate dalla parrocchia, poi, visto il rilievo assunto, è subentrata
l’Asssociazione Sant’Ambrogio Musica, diretta dal noto compositore
genovese Andrea Basevi, che dal
settembre 2008 ha preso in carico
la progettazione e l’organizzazione
delle stagioni stesse.
I Concerti di San Torpete si caratterizzano per l’attenzione alla musica barocca, elemento determinato dall’organo presente in chiesa,
da cui tutto ha avuto inizio come già
accennato, e dalle caratteristiche
architettoniche della chiesa geno-
40/2015
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15
vese di San Torpete che ospita i
concerti: un edificio del 1730-1733
a pianta ellittica, opera dell’architetto imperiese Giovanni Antonio
Ricca il Giovane (1688-1748) che
ricostruì la chiesa precedente danneggiata dai bombardamenti del
porto di Genova del 1684 fatti dalla
flotta di Luigi XIV.
Ma questo elemento non ha mai
pregiudicato “aperture” di vario
genere alla musica anteriore e posteriore. Abbiamo avuto così diversi
concerti dedicati alla musica medievale e rinascimentale (ad esempio un magnifico concerto dedicato
alle frottole italiane del ‘500 con
le bellissime voci del Ring Around
Quartet) e di altri periodi. Abbiamo
anche assunto un ruolo di promozione di musica e di autori “storici”
poco frequentati o in prima esecuzione moderna e di committenza di
musica di autori contemporanei: è
il caso della “Missa Venite, exultemus Domine” commissionata ad
Alessandra Valvasori; della “Missa
Sancti Torpetis” di Andrea Basevi
per soli, coro a 5 voci, 2 violini, chitarra, violoncello, organo (2012),
delle Variazioni per due viole da
gamba sopra “Oh Heiland reiß die
Himmel auf” di Federico Maria Sardelli (prima esecuzione mondiale il
28 settembre 2013).
Abbiamo anche curato il rapporto
musica colta-musica popolare nei
secoli (canzoni da battello veneziane, musica popolare italiana e
spagnola del cinque-seicento, il
grande organista Liuwe Tamminga
ha ripercorso le trasformazioni europee di un tema di canzone popolare cinquecentesca). E in ogni
stagione cerchiamo di inserire almeno un concerto “crossover”,
come quello dedicato a Piazzolla e
alla musica argentina (con un duo
fisarmonica e chitarra).
Il 28 novembre avremo il duo
“Due Ottavi”, con Laura Sega e
Massimiliano Pioppi (voce e pianoforte) che eseguiranno un programma interamente dedicato a
brani che spaziano dal cantauto-
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Interviste
rato alle sonorità brasiliano-bossanovistiche, al jazz contaminato
dalla musica classica.
Ultima caratteristica da sottolineare, il tentativo di pruomuovere
nuovi e validi artisti. Quest’anno
ci sono due appuntamenti con
giovani e giovanissimi musicisti: il
primo vedrà all’opera un insolito
ensemble composto di soli violoncelli, sei allievi delle tre classi di violoncello del Conservatorio Paganini
di Genova; il secondo ospiterà il
vincitore del II Concorso Clavicembalistico “Amelia Isabella Bianchi
2015”, promosso dal Conservatorio
“Puccini” di La Spezia che si svolgerà a Spezia il 23 e il 24 ottobre (il
concerto si terrà invece il 9 aprile
2016).
Tanti anni ricchi di concerti, dove
non figura una tematica specifica affrontata, ma forse esiste un collegamento tra le stagioni presentate?
Il “filo rosso” che collega le nostre
stagioni si desume da quanto risposto alla domanda precedente. Il
filone barocco con scelte non scontate, il recupero di importanti autori
e brani del passato ingiustamente
finiti un po’ da parte, programmi e
strumenti in genere di ascolto non
comune e particolari, il dialogo musica colta-musica popolare, anche
se ambedue “storicizzate”.
Quali artisti presentati rappresentano il vostro “fiore all’occhiello”, e
quali artisti rappresentano il vostro
“sogno nel cassetto” per il futuro?
Nel corso delle dieci edizioni dei
“Concerti di San Torpete” abbiamo
ospitato numerosissimi artisti di
grande qualità. Per fare pochi nomi
cito solo l’amico Marco Beasley,
straordinario interprete della vocalità “antica”, la grande violista da
gamba Bettina Hoffmann, le splendide cantanti Anna Delfino, Pamela
Lucciarini e la cubana Yetzabel
Arias Fernandez, che hanno avuto
una strepitosa carriera artistica
nel corso di questi ultimi anni; l’
ensemble “L’Astrée” con il violinista Francesco D’Orazio, Bob van
Asperen, la grande Gemma Bertagnolli, il Collegium Pro Musica, il
cembalista Christian Brembeck, il
duo Gabriele Cassone (tromba naturale) e Antonio Frigè (organo); gli
organisti Francesco Cera, Andrea
Macinanti, Marco Ruggeri, Luca
Scandali; il flautista Enrico Casularo con Andrea Coen al cembalo,
Elena Bertuzzi e l’ensemble “I Musicali Affetti”, il Quartetto Delfico
ecc. ecc.
Sogni nel cassetto ce ne sono diversi: da anni pensavo di far venire
a San Torpete il noto violoncellista
Mario Brunello ma la Gog lo ha precettato prima di noi; il grande organista e specialista di musica vocale
e orchestrale antica Diego Fasolis;
la Cappella Artemisia, ensemble
tutto al femminile che ha riscoperto
musiche composte da donne.
Mi piacerebbe organizzare un
concerto di musica mozarabica
(musica molto melismatica e suggestiva che accompagnava la liturgia in alcune zone della Spagna,
fiorita tra IV e XI secolo) ma scoraggiano i costi (gli specialisti sono
tutti francesi).
Vorrei poi riuscire a realizzare
un progetto con Federico Maria
Sardelli, con l’esecuzione in prima
mondiale di sue composizioni, di
cui parlai con questo geniale musicista un paio di anni fa e ancora
non concretizzatosi…
Tante difficoltà di organizzazione e
gestione contabile, in qualche modo
superate durante gli anni passati pur
con qualche perdita di esercizio, qual
è il bilancio attuale?
Desidero premettere che c’è da
tener conto di un dato fondamentale e di una scelta consapevole,
trattando di costi: tutto quello che
avviene nelle stagioni dei Concerti
di San Torpete avviene in “chiaro”,
cioè tutti i concerti rispettano la normativa vigente in materia di contributi per gli artisti, di diritto di autore ecc.: quindi i pagamenti sono
tutti tracciati e documentati, gli
artisti sono tutti regolarizzati nelle
forme ammesse dalla legislazione
Interviste
La chiesa di san Torpete, incastonata tra gli edifici del Centro Storico di Genova, autentico tempio genovese della musica antica, è gremita di pubblico
attuale ecc. ecc. E questo comporta un aggravio notevole, dato
che le tasse incidono con un costo
di non poco rilievo. Attualmente le
stagioni vanno avanti grazie all’insostituibile sostegno della Compagnia di San Paolo e al contributo
della Regione Liguria e del Comune
di Genova. C’è comunque un po’ di
disavanzo al quale ha fatto fronte la
parrocchia di San Torpete, che nel
complesso ci aiuta molto dato che,
ad esempio, non ci chiede il pagamento delle spese di affitto (contribuiamo però, e giustamente, alle
spese per il riscaldamento e le pulizie). Il pubblico contribuisce con
le offerte libere e assolutamente
volontarie che vengono lasciate ad
ogni concerto.
La chiesa di San Torpete è il fulcro di tutto l’evento, che si estende
in altre chiese cittadine ed extra-cittadine, ma questa sede pur essendo
una bomboniera dall’acustica eccellente ha una capienza ridotta. E’ un
ostacolo o un punto di forza?
Anche qui parto da una premessa
necessaria. Sino alla stagione
2013-2014 “I Concerti di San Torpete” si sono svolti solo all’interno
della omonima chiesa genovese.
Con la IX Edizione (2014-2015) c’è
stato un salto qualitativo e quantitativo: quella stagione ha segnato
infatti l’inizio della collaborazione
tra l’Associazione Sant’Ambrogio
Musica, tradizionale organizzatrice
de I Concerti di San Torpete, e l’Associazione Amici dell’Organo di Genova. Le due associazioni hanno
cercato in questo modo di non far
perdere la tradizione dei concerti
eseguiti su alcuni dei più pregevoli
organi storici presenti sul nostro
territorio, valorizzati per lunghi decenni tramite le rassegne, dirette
prima da Emilio Traverso poi da Luisella Ginanni, “Festival Organistico
Europeo” e “Itinerari alla scoperta
di suoni antichi. Rassegna internazionale di musica organistica”
che avevano chiuso nel 2013 per
difficoltà di varia natura, soprattutto
economiche, dopo 36 anni di preziosa attività.
La collaborazione ha portato ad
aggiungere ai tradizionali 15/16
concerti ospitati a San Torpete altri 10 che si tengono in altre chiese
genovesi e liguri (Loano, Savona,
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17
17
Villanova d’Albenga, Alassio, Gavi;
nella stagione in corso toccheremo
anche Santa Margherita Ligure e
Sestri Levante).
Nell’attuale edizione, su 25 concerti in programma 15 sono ospitati
a San Torpete, da te giustamente
definita una bomboniera dall’acustica perfetta. La chiesa è sempre
piena, in alcune occasioni, utilizzando ogni spazio disponibile (posti in piedi, il coro dietro l’altare ie
persino i gradini) siamo riusciti a
far entrare oltre 200 persone.
Certamente la chiesa è piccola
ma questo elemento non rappresenta un punto debole: in chiesa si
crea un “clima” particolare determinato dalla “vicinanza” tra pubblico e artisti che impedisce che ci
sia una “frattura” tra esecutori ed
ascoltatori. I musicisti che suonano
da noi avvertono questo elemento
positivo e ciò li porta spesso a menifestare il desiderio di ripetere
l’esperienza e a tornare ancora da
noi.
Altra nota dolente è l’ingresso a offerta libera. Una politica lodevole che
offre lo spettacolo a tutte le classi sociali, ma un peso notevole per le vostre finanze. Avete sondato altre possibilità di fruizione per il pubblico?
Per esempio al Suq hanno adottato i
“biglietti sospesi” ovvero gli spettatori più abbienti offrivano un biglietto
a quelli bisognosi.
In Austria in un festival mettono
spettacoli a pagamento e altri gratuiti, in Francia invece lo stesso spettacolo viene offerto due volte, uno
gratuito itinerante, su strada, o in
qualche sito convenzionato, per far
conoscere i musicisti, e l’altro a teatro a pagamento. Cosa ne pensate?
I Concerti di san Torpete non si
tengono in un terreno neutro ma
si svolgono in una cornice, quella
della chiesa di san Torpete, una realtà dove nulla è a pagamento, perché, come apertamente sostenuto
dal parroco attuale, Paolo Farinella,
così deve essere nella “sua” chiesa
e nella Chiesa. E la parrocchia di
San Torpete è una delle realtà che
contribuiscono a organizzare, in-
1818
40/2015
Interviste
sieme all’Associazione Sant’Ambrogio Musica, i concerti. Il parroco tiene in modo particolare alla
caratteristica della gratuità e della
logica di “servizio”, in questo caso
culturale, alla città e noi tutti condividiamo questa, diciamo così, “filosofia” che fa della nostra attività
culturale e musicale una sorta di
“bene comune” a disposizione di
tutti.
Chi può e chi vuole, ha la possibilità di contribuire in tanti modi per
sostenere la nostra attività gratuita:
certo, si tratta anche di una una
sfida che si appella alla maturità di
chi frequenta i concerti e comunque di chi li considera un momento
culturale qualificante.
C’è da dire poi che per molti anni
nei fogli di sala di ciascun concerto
era indicato un conto corrente per
eventuali contributi liberi ma in
tutto questo periodo non c’è stata
una sola offerta pervenuta tramite
questo mezzo. C’è tuttavia da precisare che diversi spettatori ci aiutano con le offerte libere lasciate
nei cestini alla fine di ciascun concerto.
Quindi, e per concludere, non
abbiamo naturalmente nulla contro
i sistemi di “sostegno” da te ricordati ma appartengono a un’altra
“concezione” del “fare e far ascoltare musica”, la nostra ha caratteristiche e uno “spirito” differenti
che non vogliamo assolutamente
perdere.
Quando quest’anno avete avanzato
l’ipotesi di chiudere le attività per
eccessivo passivo di gestione, alcuni
sponsors si sono mobilitati per sostenervi. Come è andata?
La questione degli sponsor a Genova è punto dolente, come noto a
tutti: sono pochi, sempre gli stessi e
spesso già impegnati su altri fronti.
Dopo l’allarme qualcosa si è comunque mosso, abbiamo ricevuto
un finanziamento di un donatore
che è voluto rimanere anonimo.
Abbiamo attivato da tempo, e
allargato in questa situazione, alcune forme di sponsorizzazione
particolari che ci permettono di ottenere servizi per i Concerti a condizioni di favore, come ad esempio
la pasticceria Cremacacao, che si
trova in Via delle Grazie a pochi
passi dalla chiesa sede dei concerti e ci sostiene concerto dopo
concerto.
Di recente un accordo con la
nota ditta musicale genovese Storti
ci consente di ottenere l’affitto del
pianoforte a prezzi scontati, con un
risparmio per il nostro bilancio.
Per il prossimo anno abbiamo concordato che vi aiuterò personalmente
nell’organizzazione. Questo evento lo
considero “patrimonio della città” inderogabile: frutto della passione per
la cultura e l’arte.
Tutto quello che potrò fare nelle
mie possibilità, per aiutarvi, lo farò.
Puoi anticipare qualche idea da realizzare per il prossimo anno?
Come hai potuto verificare direttamente, ci troviamo in una fase di
ristrutturazione e di ripensamento.
Siamo felici della tua collaborazione, speriamo che altri vogliano
aggiungersi per darci una mano,
magari “sfruttando” le competenze
proprie di ciascuno. C’è ad esempio la necessità di eseguire qualche foto durante tutti i concerti e
non solo di qualcuno.
Avremmo anche necessità di
garantire una maggiore copertura
su internet (verificare il riscontro
dei comunicati stampa inviati per
ciascun concerto) e sui social network.
Per la prossima stagione si potrebbe pensare a un aiuto di qualcuno in possesso di formazione
musicale che possa collaborare
alla redazione delle note illustrative dei programmi o qualcun altro
che dia una mano nella correzione
delle bozze del materiale a stampa.
E magari anche cose più pratiche
di cui ragionare con chi fosse interessato.
Ti ringrazio per le risposte, ci vediamo ai prossimi concerti! ❖
Argomenti
I canterini della tradizione genovese,
finalmente possono vantare un progetto per
tramandare alle future generazioni la tecnica
e la passione per il trallallero
IL PROGETTO SCOLASTICO
ETHNOGENOVA
di Rinaldo Marti
Il quintetto Ethnogenova
E
thnoGenova, il quintetto (+1),
nasce come apertura del
canto popolare genovese ad
un pubblico più ampio, rispetto alla
naturale vocazione dello stesso.
La disposizione tipica dei canterini
delle tradizionali squadre, chiusi tra
loro in cerchio, ha suggerito però
un solido punto di partenza per
generare, via via, soluzioni fruitive,
anche a livello didattico, che intrigassero gli ascoltatori medi verso
la trama canora di questo originale
canto noto come Trallalero.
La formazione, intanto, è limitata
a soli cinque canterini, corrispondenti alle altrettante parti che generano il tessuto polifonico. Tale
soluzione, tesa ad esaltare la definizione delle singole voci, esclude
la canonica e quasi roboante moltiplicazione del ruolo di Basso, compensandola, però, con la scelta di
una voce sicura e corposa come
quella di Alessandro Ghiglino.
Le voci restanti, tipicamente soliste -Contralto, Primo, Controbasso
e Chitarra svolte, rispettivamente,
da Paolo Besagno, Alberto Sacco,
Alessandro Campora e Fabrizio
Parodi-, vengono, in tal modo, ad
avvantaggiarsi di una disposizione
più aperta e distanziata, in favore di
un ascolto sicuramente più arioso e
intelligibile.
Il progetto di EthnoGenova, poi, si
distingue in performance e didattica, ma senza che, a priori, l’una
escluda l’altra, giacché è insita,
negli intenti programmatici della
formazione, la volontà di modellare
il repertorio storico del genovesato
alle specifiche esigenze dei contesti ambientali e culturali che si
vanno ad incontrare.
L’idea originaria, di fatto, prevede
la performance, ossia, l’esecuzione
in concerto, ma già la sua realizza-
zione, ad esempio, offre la novità
di una fruizione differenziata tra
maniera tradizionale e moderna,
volendo, quest’ultima, di natura più
didattico-fruitiva.
La prima è alla presenza dei
canterini, ma disponendosi loro
intorno, magari seduti a dei tavoli
e consumando qualche bevanda,
mentre la seconda, in contemporanea e in un ambiente limitrofo
opportunamente predisposto, offre
l’immersione in un ascolto assorto
grazie ad un sistema di diffusione
sonora in surround che avvolge gli
spettatori come se si trovassero fisicamente al centro del quintetto.
Questa opportunità non consta
nel dare un tocco di modernità ad
una tradizione secolare col solo
scopo di catturare nuovo pubblico,
ma si preoccupa di offrire sinceramente una nuova condizione
d’ascolto che permetta di fruire al
meglio la trama sonora percependo
anche nitidamente le singole voci
che la realizzano.
Il tecnico del suono Rinaldo Marti
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Argomenti
Prove tecniche di coro
A fine performance, inoltre, la
stessa installazione audio, che ha
gestito il surround, viene messa a
disposizione del pubblico interessato, il quale, col tramite di un tablet ed un software estremamente
intuitivo, può ascoltare le distinte
voci di diversi brani selezionabili
per poterle estimare ed apprendere.
Nella scuola statale di via San
Marino di Genova, nei pressi del
paesino di Granarolo, perseguendo
la volontà di divulgare e rendere didatticamente fruibile la tradizione
del Trallalero, si è realizzato, nello
scorso anno scolastico, un progetto
mirato a coinvolgere attivamente i
suoi alunni.
Docente di Musica di quella sede
era ed è tutt’oggi Rinaldo Marti, il
sesto componente di EthnoGenova, l’audio installer che, con la
collaborazione fattiva dei componenti il quintetto, ha condotto gli
alunni all’apprendimento di alcuni
brani del repertorio popolare genovese. Anche qui, l’aspetto didattico lo si è incrociato con quello
della performance, ovviamente, ma
senza che le due condizioni fossero
troppo distinte, tant’è vero che, a
coronamento del percorso svolto,
si è realizzata, all’interno della sede
stessa, una seduta di registrazione
del quintetto con la partecipazione
corale di circa ottanta bambini,
delle ex terze e quarte elementari
di quella scuola.
Paolo Besagno, il Contralto del
quintetto, in tre incontri svolti a
scuola in forma di lezione-con-
2020
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certo, ha, per così dire, raccontato
la favola del Trallalero, spiegandone
la storia e la struttura con esempi
pratici e grande comunicabilità.
Rinaldo Marti, quale insegnante in
quella specifica scuola, ha creato
le condizioni perché l’approccio al
canto popolare venisse percepito
dai ragazzi come naturalmente fruibile, anche a dispetto delle invadenti mode musicali giovanili, sempre più tese a far guadagno col ricorso a soluzioni artefatte e troppo
poco sincere.
Pur facendo ricorso alle tecnologie elettroniche sempre più familiari alle giovani generazioni per
interfacciarsi col mondo, si è svolta
Prove tecniche di coro
una breve ma concentrata serie di
lezioni dirette coi ragazzi basata
sulla partecipazione attiva.
Partendo dall’esperienza diretta
che ha visto Marti coinvolto dalla
passione del proprio figlio Leonardo per questo genere, peraltro,
arruolato canterino componente la
squadra de “I giovani canterini di S.
Olcese” capitanata dallo stesso Besagno (contralto in due squadre!),
si è svolta una rapida introduzione
sul canto genovese, anche fruendo
in rete dei video di Trallalerogenova
channel che vedevano Leonardo
fanciullo nel ruolo vocale di Primo.
Subito dopo, spiegati elementari
principi di impostazione vocale ed
assicurata la messa in voce corretta, si è passati all’insegnamento
di alcune parti vocali di qualche
trallalero, prediligendo inizialmente
quelli più semplici e con testo in
italiano.
Lo stesso Leonardo Marti, ormai
quindicenne, essendo precoce e
accanito conoscitore del repertorio,
ha suggerito al padre la scaletta dei
brani da proporre. Questi, dal canto
suo, ha individuato le parti vocali
dei brani più confacenti la tessitura
media degli alunni, distinta in vere
Argomenti
voci bianche per la scuola primaria e voci in fase evolutiva per la
secondaria di primo grado. Mentre
per i ragazzi del secondo anno di
scuola media si è potuto realizzare
con soddisfazione qualche trallalero a due voci, assegnando il ruolo
di Primo ai maschi e quello di Contralto alle femmine, per i fanciulli
delle elementari, si è preferito limitare il loro intervento al solo ruolo
di Contralto, rinforzando la voce di
Besagno.
Il risultato che si può ascoltare nel
CD prodotto in quest’ultima soluzione, risultato della sessione di registrazione menzionata, è qualcosa
di veramente unico nel suo genere,
poiché, nel parere di Rinaldo Marti,
rimanda a qualcosa di sempre esistito, come di un canto all’origine
della voce umana, se così si può
dire. E questo, grazie all’energia dei
bambini, che, coi loro entusiasmi
e i loro colori espressi attraverso la
sola voce, riescono così a rigenerare l’antico canto del territorio genovese. Progetto da rinnovare nel
presente e appena iniziato anno
scolastico, magari, estendendolo
ad altre scuole!
(Parti aggiunte)
L’installazione surround
In un ambiente, un quintetto di
canterini scelti cantano in cerchio
con microfono quadrifonico al centro. In un altro spazio, predisposti i
diffusori in quadrifonia, il pubblico
segue ascoltando a tutto tondo
come fosse concentrato nello spazio del microfono.
Il microfono è speciale, non è
un comune panoramico o omnidirezionale che riduce ciò che lo
circonda, comunque, in un’unica
traccia mono. Non è neanche stereo, bensí distingue gli eventi in 4
tracce, che, se riprodotte con altrettanti diffusori opportunamente
collocati, offre un ascolto immersivo a tutto tondo. In breve, un surround pro più dedicato al mondo
audio puro, che non a quello del
cinema. Si tratta di sentire ripro-
La copertina del disco CD prodotto con la registrazione dei canti eseguiti dagli studenti insieme con
il quintetto. L’album è a tiratura limitata, in confezione artigianale, ma regolarmente bollato SIAE, e
rappresenta un documento importante del lavoro didattico svolto.
dotti, orientandosi in una soluzione
ideale, davanti, il Primo un po’ a
sinistra, il Controbasso al centro e
un po’ a destra il Contralto, mentre,
da dietro, si percepirebbero la Voce
Chitarra e il Basso dislocati, a piacere, uno un po’ a sinistra e l’altro
un po’ a destra.
Caratteristiche
strettamente tecniche
Realizzata attraverso il software
MAX della Cycling ‘74, l’installazione si basa sull’impiego di un
tablet multi-touch quale interfaccia utente, di un computer nascosto per l’elaborazione dei dati e
di un sistema audio dotato di un
microfono surround e della diffusione quadrifonica per la fruizione
uditiva.
L’evento consisterebbe in un’esecuzione riprodotta in tempo
reale in un altro ambiente, ma,
in chiusura di concerto, viene offerta, ai singoli utenti che lo desiderassero, la possibilità di gestire
la spazializzazione delle esecuzioni appena fatte, distinguendone
anche le singole voci, col tramite
del tablet disponibile. ❖
Componenti
Paolo Besagno (Contraeto),
Alberto Sacco (Primmo),
Sandro Campora (Controbasso),
Fabrizio Parodi (Chitàra),
Alessandro Ghiglino (Basso),
Rinaldo Marti (Sound Engineer).
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Interviste
DALLA VALLE DEL GESSO A QUELLA DELLO STURA:
DIALOGHI SULLA MUSICA OCCITANA
di Agostino Roncallo
parola che nelle su intenzioni era
un grande complimento. Da quel
giorno Silvio fu per noi “il tecnico”,
ma non so se lui ricorda questa
cosa.
Attraversando l’incrocio di oggi,
io e Paolo ci siamo allora ritrovati a
parlare di musica e della sua attività di costruttore. Così ho deciso di
porgli alcune domande.
Quando hai iniziato ad appassionarti all’organetto e quando è nata
in te l’idea di costruirli? Ricordi momenti precisi?
Organetto costruito da Paolo Giraudo
Paolo Giraudo,
costruttore di organetti
La vita propone tanti incroci,
ognuno dei quali è un incontro. Talvolta capita di conoscersi, perdersi
per anni e poi ritrovarsi a un incrocio successivo per dirsi: anche tu
da queste parti? Per me e Paolo è
stato un po’ così, ci si conosceva da
ragazzi e si usciva nelle sere estive,
a bere nelle birrerie delle vallate
cuneesi. Già allora lui aveva una
falegnameria e dava confidenza al
legno.
Oggi, a un nuovo incrocio, lo ritrovo costruttore di organetti. Io in
verità già negli anni settanta e ottanta seguivo la musica occitana,
una realtà che lui ancora non conosceva. Ma poi, Paolo ha incontrato
Silvio Peron che forse, senza far
torto ad alcuno, è il più esperto tra
gli organettisti delle valli: da quel
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momento anche per lui quella musica è diventata una passione.
Su Silvio Peron vorrei però aprire
una piccola e doverosa parentesi:
all’inizio degli anni ottanta era entrato a far parte dei Lou Dalfin,
gruppo che si riproponeva di rivisitare la musica tradizionale occitana
e che aveva all’epoca una line-up
acustica (ghironda, fisarmoniche,
violino, plettri, clarinetto, flauti) e
un repertorio di brani storici e popolari che nel 1984 è stato presentato nell’album “L’aze d’alegre”.
Da quegli anni Silvio ha fatto
molta strada. Io lo ricordo una sera,
suonare nel cortile di una vecchia
casa nella frazione di Santa Lucia
di Entracque. Lì abitavano due vecchi contadini, fratello e sorella, e
si suonava per loro. Non eravamo
molti. Al vecchio la musica di Silvio piaceva al punto da chiamarlo
continuamente “tecnico”, una
Si il momento preciso lo ricordo
bene. Sentii dal mio laboratorio arrivare le note di una mazurka, che
mi hanno incantato. La suonava
una ragazzina allora 12enne che
abita 150 m più su del laboratorio.
Era giugno, una sera in cui stavo
chiudendo per tornare a casa. A
quell’ora la brezza scende da Madonna del Colletto e le note mi arrivavano chiarissime, lei stava suonando nel prato davanti a casa. Li
decisi che avrei provato a suonare
quello strumento.
L’anno seguente mi iscrissi a un
corso dal grande maestro Silvio Peron che teneva proprio in paese, a
Valdieri.
Durante il corso mi frullava già in
testa l’idea di provare a costruirne
uno. Io usavo un organetto di mio
cognato che lui aveva acquistato
20 anni prima e praticamente non
usava. Un Castagnari, che è la Ferrari dell’organetto, si può dire nel
mondo. Tutto in legno di acero. Un
giorno di nascosto lo aprii per capire cosa c’era dentro. Fu una folgorazione e da li non mi sono più
fermato. Era il 2008.
Interviste
che non recupererà più, pur mantenendo sempre un suo grado di
umidità che è quella dell’aria che
lo circonda. Nel caso dell’organetto
poi verrà verniciata la parte esterna
chiudendo quindi il poro del legno
per impermeabilizzarlo dall’umidità
e proteggerlo da agenti esterni, soprattutto il sudore delle mani.
Dove ti procuri le ance e il mantice?
Cosa usi per fissare le ance?
Paolo Giraudo nel suo laboratorio
Quali tipi di legname prediligi per
la costruzione di uno strumento? Hai
sempre usato l’Ontano o hai sperimentato specie diverse? Con quali
risultati? Su cosa ti stai orientando
attualmente? Usi lo stesso legno sia
per le parti interne che per quelle
esterne?
I legni che uso sono tutti della
Valle Gesso, dal primo all’ultimo.
Mi trovo gli alberi io, me li porto al
laboratorio e li taglio in assi grazie a
una piccola minisegheria a motore
a scoppio. Ho un trattorino piccolo
fornito di gru col quale posso caricare e trasportare i tronchi senza
problemi. Qui ci sono decine e decine di qualità di alberi da provare,
tutti magnifici. Ogni strumento è
composto di vari tipi di legni. Per
la parte in vista dell’organetto uso
il noce, il ciliegio, l’acero, la betulla,
il frassino, il castagno. Ma ne utilizzerò molti altri. La parte interna
invece è composto di altri legni. La
meccanica per esempio è in faggio che è robusto e si presta ottimamente per la leva dei tasti e altri
pezzi interni che muovono. Poi ci
sono le soniere interne che sono
come delle grandi armoniche a
bocca e sono il cuore del suono e
suonano grazie al mantice. Per le
soniere uso abete, ontano, pioppo,
faggio e altri esperimenti. Da li esce
la caratterizzazione del suono. I
risultati sono molto buoni, chi ha
provato un mio organetto nota subito un suo carattere sonoro. Ho
anche costruito un organetto “riciclato” ovvero usando legni antichissimi recuperati da restauri vari
che ho fatto e tavolame di tetti antichi di castagno.
Quanto ritieni importante la stagionatura del legno e perché?
Be la stagionatura è fondamentale, non solo per fare un organetto,
ma qualsiasi costruzione in legno,
tipo mobile o serramento ecc. Il legno deve essere ben secco per non
risentire di movimenti e sbalzi. Il
tempo di essicazione naturale mediamente è di un cm di spessore
all’anno. Esempio se ho un’asse di
3 cm di spessore ci impiegherà un
anno e mezzo ad essere lavorabile,
anche se poi prima di lavorala subentrano altre procedure, un po’
lunghe da spiegare. Il legno è come
una spugna che assorbe e rilascia
umidità, ma durante l’essicazione
perde fino all’80 % della sua acqua
Sia le ance che il mantice li compro nelle Marche, nella zona di Castelfidardo, patria delle fisarmoniche nel mondo, dove ci sono ditte
specializzate nelle varie parti dello
strumento, ditte che fanno mantici,
ditte che fanno ance ( voci ) per
fisarmonica e organetti, ditte che
trattano la componentistica varia
ecc. Le ance si fissano sulla soniera
in legno con cera d’api, messa a
caldo. La cera ha la funzione di
incollare e sigillare dall’aria benissimo gli spazi, oltre al fatto che è
facilmente scollabile e rincollabile
in caso di manutenzione.
Qual è la soddisfazione maggiore
nel percorso di costruzione dell’organetto?
La parte più emozionante è
quando lo si sente suonare la prima
volta. È come un bimbo che fa il
primo respiro. Ognuno ha la sua essenza unica. Ma è molto bello studiare e costruire l’estetica e la funzionalità. Quest’ultima intesa come
manovrabilità dello strumento è la
cosa più importante. Per suonare
bene lo strumento deve funzionare
alla perfezione, deve essere agevole suonarlo per farlo rendere al
massimo.
Quali musicisti di organetto hai
avuto modo di ascoltare e preferire?
Ci sono concerti che ti hanno colpito
particolarmente? Che tipo di emozione ti da il suono dell’organetto?
Silvio Peron il primo, il mio insegnante, bravissimo sia nell’insegnamento che nella conoscenza
della tradizione e soprattutto nel
modo di suonarlo. Riccardo Tesi,
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Norbert Pignol, Stephane Delicq,
Simone Botasso, Mathieu Aimonod, Edoardo Degioanni, Filippo
Gambetta, Marc Perrone e tantissimi altri, italiani e stranieri. Concerti che mi abbiano colpito sono
più d’uno e sempre in occasione
della festa della fisarmonica che
si teneva a Robilante in Valle Vermenagna qui vicino. Uno quello di
un trio Italiano Ciuma Salvi Tombesi. Uno con Emanuel Pariselle e
Christian Maes. Uno con Tapia e
Leturia. L’emozione che mi da l’organetto è difficile descriverla, trovo
che si possa trasmettere ogni stato
d’animo con questo strumento, la
gioia per scatenarsi al ballo, la voglia di cantare, la melodia triste e
riflessiva. Ci sta tutto.
Hai avuto modo di collaborare con
musicisti delle valli? Che tipi di riscontro (apprezzamenti, consigli,
ecc.) hai avuto da loro?
I miei primi organetti li ho fatti
provare a Silvio Peron che è un
giudice severo e sapiente, tanto
che ho paura a portargli gli ultimi
a provare.. ma ho bisogno di persone così per fare organetti sempre
migliori. Poi li faccio provare a tanti
suonatori locali e attingo dalle loro
considerazioni. Non ho delle vere
e proprie collaborazioni ma faccio
provare gli strumenti a più suonatori possibili per farmi conoscere il
più possibile. Sono solo all’inizio.
Poi c’è un organetto dal nome suggestivo: “Zuccherino”. Come è nata
l’idea di costruirlo?
Il nome “ Zuccherino “ l’ho dato
agli strumenti base, i più piccolini.
Il nome è venuto perché un giorno
ero in montagna con un mio grande
amico e si parlava di organetti, del
fatto che volevo fare degli organetti
base piccolini adatti sia a un principiante che a un bambino, ma
di qualità professionale. Siccome
eravamo a un rifugio e dopo la polenta e vari quarti di vino eravamo
euforici e abbiamo finito il pranzo a
zuccherini nell’alcool aromatizzato
in varie essenze, dalla lavanda al
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Interviste
genepy, alla menta, al caffé ecc. Lì
mi è venuto in mente il nome. Fare
zuccherini in varie essenze di legno, betulla, acero, noce, ciliegio,
frassino, castagno.
Simone Lombardo, musicista
L’incontro con Simone Lombardo
è stato per me casuale, come casuali sono del resto i più importanti
incontri della vita. Da anni, per motivi logistici, frequentavo poco le
valli occitane, pur non avendo mai
perso contatto con quelle tradizioni
musicali. Poi, tre anni fa, sono ritornato in Val Maira, un luogo cui
sono rimasto affezionato. La mia
curiosità, da sempre, mi spinge a
cercare vinili o cd nei luoghi più
impensati. Un tempo l’unico riferimento era a Cuneo un negozio di
dischi che si chiamava, e ancor
oggi si chiama, Muzak. Ma adesso,
con mia grande sorpresa, non è poi
così difficile trovare materiali musicali anche nelle valli.
Un giorno mi sono ritrovato a
Elva, un villaggio impervio, uno degli scenari in cui è stato girato il film
“Il vento fa il suo giro” di Giorgio
Diritti. Sapevo naturalmente della
colonna sonora, che aveva vinto
il primo premio al Festival di Lagonegro e che era stata composta
dai Lou Dalfin. Qui ho trovato per
la prima volta il nome di Simone.
Poi sono l’entrato nell’unico negozietto del paese che vendeva di
tutto, dagli alimentari ai vestiti. Lì,
ho ascoltato una musica di sottofondo che mi ha colpito per alcuni
Simone Lombardo
arrangiamenti particolari: era “Encharma” del gruppo La Ramà, il
cui fondatore era appunto Simone.
Niente nella vita è casuale. Vedo altri cd in vendita e mi accorgo che
i progetti di questo musicista sono
poliedrici: oltre alle collaborazioni
con i Lou Dalfin va segnalata anche
quella con i Gai Saber oltre che la
fondazione di due gruppi, uno più
di ascolto, La Ramà per l’appunto,
e l’altro da ballo, i Lo Truc.
Da quel negozio sono uscito dopo
aver acquistato le ultime produzioni: “Mascharias” de La Ramà e
“Teramar” dei Lo Truc. “Mascharias” lo ritengo particolarmente significativo e lo considero una delle
opere più originali e suggestive che
la cultura occitana abbia prodotto
in questi anni. Le diverse composizioni, tutte di elevata qualità e prive
di quelle oscillazioni che spesso ci
portano a preferire certi pezzi piuttosto che altri, si collocano in un
continuum che fanno di quell’album una suite molto coinvolgente,
quasi una psichedelia ante litteram
perché ritrova, al di là di ogni contaminazione, il respiro interiore di
una cultura.
Ne dovevo parlare con l’autore.
Ho raggiunto allora Simone Lombardo grazie ai contatti fornitemi
dagli amici Gai Saber. Ecco, a seguire, il nostro dialogo.
Quali sono stati i tuoi primi passi
in campo musicale e come hai conosciuto le tradizioni delle vallate occitane?
Ho conosciuto le tradizioni occitane grazie in primis ai miei genitori che frequentavano concerti e
balli nelle serate di musica d’oc e
si interessavano come anche mio
zio di cultura occitana. Poi ovviamente ha contribuito anche il mio
incontro con Sergio Berardo, proprio ammirando i suoi concerti e le
sue performance mi sono appassionato degli strumenti tradizionali
e ho cominciato sotto la sua guida
a muovere i primi passi nel mondo
della musica frequentando le lezioni che lui teneva proprio nell’isti-
Interviste
tuto musicale di Dronero, paese in
cui sono cresciuto.
Come sono nate e con quali diversi
intenti le esperienze della Ramà e dei
Lo Truc?
Come valuti la collaborazione con
Marco Martinetto per la produzione e
la registrazione?
Il progetto della Ramà è nato
dall’esigenza di suonare musica occitana d’autore d’ascolto, una delle
cose che mi ha sempre appassionato è quella di scrivere musica
mia,lavorare su nuove creazioni e
la Ramà è stato sicuramente il posto giusto per poterlo fare. Lo Truc
invece parte dalla voglia di proporre
musica da ballo d’autore cercando
di unire la creazione di nuove melodie alla dimensione della danza
tradizionale.
Parlando della Ramà, la composizione del gruppo è molto cambiata tra
il primo album “L’encharma” e il secondo “Mascharias”: come spiegheresti questa transizione?
Quando è nata la Ramà eravamo
tutti molto giovani e ognuno di noi
stava cercando la sua strada come
è giusto che sia alcuni membri
hanno poi intrapreso cammini diversi, anche al di fuori della musica,
ad esempio il nostro primo percussionista ora produce pastis. Sicuramente ogni membro che è stato
nella Ramà ha fornito il suo personale apporto contribuendo alla
crescita del progetto. In Mascharias suoniamo in maniera diversa,
c’è molta più attenzione agli arrangiamenti e presenta sicuramente
esecuzioni musicali più elaborate
rinunciando però alla spontaneità
che avevamo nel primo disco. Al
momento la formazione presenta
solo tre elementi,abbiamo deciso di
andare verso una dimensione più
raccolta e diretta rispetto al lavoro
di “Mascharias”.
“Mascharias” appare all’ascolto
come un’unica suite, una sorta di
opera folk-rock dal sapore psichedelico tanto è il coinvolgimento mentale
e la qualità delle composizioni: come
avete lavorato intorno a questo bellissimo progetto?
Si è esattamente quello che vo-
regia di Marco Martinetto che oltre
a registrare e mixare il disco ci ha
anche dato una mano negli arrangiamenti.
La collaborazione con Marco Martinetto è stata ottima, la sua grande
professionalità e competenza nelle
registrazioni e il sapiente aiuto che
ha saputo darci negli arrangiamenti
è stato importantissimo ai fini del
risultato.
Simone Lombardo
levo che risultasse, una grande
suite che racconta in musica una
leggenda delle nostre vallate. Avevo
sempre avuto l’idea un giorno di provare a musicare una storia concependola come una sorta di concept
album come si faceva negli anni
settanta,provando a rendere epico
e quasi cinematografico quello che
stavamo narrando,Sicuramente le
mie fonti di ispirazione sono stati
gruppi della scena progressive e
anche alcune colonne sonore di
film, un genere che da sempre
mi appassiona. Ho cercato molto
umilmente di creare delle melodia
che potessero coinvolgere l’ascoltatore dentro la vicenda narrata,è
stato possibile grazie a tutti gli ottimi musicisti di quella Ramà che
hanno suonato alla grande il disco
e che voglio ricordare: Erica Molineris (voce), Simonetta Baudino
(ghironda e organetto), Marco Carollo (violino e chitarre), Giuseppe
Quattromini (chitarra acustica) e
Alberto Comino (percussioni), più
tutti i grandi ospiti come Dino Tron,
Chiara Cesano e Daniele Giordano
de i Lo Dalfin, Davide Bertetto,
Matteo Tinetto e Sergio Bonous
della Peiro Douso e ovviamente un
grandissimo contributo è dato dalla
Come avete scelto le storiche Edizioni Borgatti per i Lo Truc e che tipo
di scelte avete fatto negli studi di Casalecchio di Reno? “Teramar” sembra
registrato con microfoni ambientali
molto ariosi, cosa puoi dire in proposito?
Il mio primo incontro con le Edizioni Musicali Borgatti è stato nel
2005, avevo 19 anni e mi apprestavo, proprio negli studi di Casalecchio di Reno,a registrare la
colonna sonora del film “il vento
fa il suo giro” di Giorgio Diritti.
Da quell’esperienza è partita una
bella collaborazione che ci ha portato a registrare due dischi dei Lo
Truc negli studi di Casalecchio.
Il secondo, intitolato “Teramar”, è
stato registrato in modo da tenere
i suoni molto più naturali possibili
cercando di sfruttare in pieno le sonorità di tutti gli strumenti impiegati
grazie anche alla registrazione fatta
da Marco Biscarini e il mixaggio di
Guido Caliandro.
Quali caratteristiche distinguono a
tuo avviso le ghironde costruite dal
biellese Sergio Verna?
Sergio Verna è un grandissimo
liutaio, ho scoperto da qualche
anno i suoi lavori e mi sono subito
piaciuti. Possiedo una ghironda di
Boudet, che reputo uno straordinario liutaio, e da qualche tempo
ho preso una ghironda tenore costruita da Verna. Sergio ha una caratteristica nelle sue ghironde che
apprezzo molto ovvero concepisce
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delle manovelle molto morbide che
non comportano un eccessivo affaticamento della mano e consentono di suonare in comodità per
molte ore di seguito. Inoltre le sue
ghironde hanno molto carattere e
sono contraddistinte da una bella
profondità di suono il quale risulta
essere sempre rotondo e avvolgente con una delicatezza di fondo
che le rende perfette per la musica
antica e la musica d’ascolto.
Che tipo di rapporto avete con i Lou
Dalfin la cui collaborazione ai vostri
album appare continua?
I Lou Dalfin sono stati e sono
tutt’ora un punto di riferimento per
me, in quanto sono il gruppo che
più di tutti ha saputo dare lustro
alle nostre tradizioni. Sono conosciuti da un grande pubblico e da
anni portano avanti un grande lavoro di qualità nell’ambito della
musica popolare.
In particolare Sergio Berardo è
stato il mio maestro per molti anni
e a lui devo molto di quello che e
so molto di quello che ho fatto e da
sempre è per me come per molti altri un punto di riferimento nell’ambito della musica occitana.
Come nasce “Artemisia”, composizione nata da una collaborazione con
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Interviste
Valeria Tron? In questo pezzo come
hai lavorato con ghironda, cornamusa
e voci sovrapposte che sembrano
registrate parte in strada e parte in
studio?
Quella con Valeria Tron è una
straordinaria collaborazione, in
quanto lei è una delle poche cantautrici in lingua occitana che
conosco,capace di raccontare
con grande poesia la montagna e
le sue storie. Artemisia,che è uno
dei brani del disco di Valeria, è una
composizione nata a quattro mani
tra me e lei.
Abbiamo pensato di trasformare
il brano dandogli un sapore esotico richiamando l’atmosfera che
si respira nei mercati nordafricani,
sovrapponendo appunto le voci registrate in un mercato alla melodia
vocale registrata in studio condita
poi con una melodia affidata alla
ghironda e sovraincidendo dei fraseggi liberi di cornamusa.
Quali elementi significativi hai trovato nella collaborazione con i Gai
Saber in “Angels Pastres Miracles”?
La collaborazione con i Gai Saber
mi ha insegnato molto, soprattutto
sulla tecnica dell’arrangiamento,
campo in cui Alex Rapa è un vero
maestro. E’stata importante per imparare a gestire diversi strumenti
acustici che suonano su basi elettroniche cercando di dare uno
spazio razionale al tutto. “Angels
pastres e miracles” è stato un bellissimo progetto, prendere melodie
cosi antiche e rielaborarle dandole
un’altra prospettiva interpretativa
si è rivelato una mossa vincente
dando vita a un disco che ha incontrato un ottimo successo sia
nella critica che nel pubblico.
So che siete al lavoro per nuove registrazioni: puoi anticipare qualcosa
in questo senso ai lettori di “Lineatrad”?
Si diciamo che in pentola bollono un po’ di lavori discografici
tra cui il terzo disco della Ramà e
de lo Truc,un lavoro solista,uno invece in duo con uno straordinario
violoncellista (Lamberto Curtoni),
il secondo album con Valeria Tron
e un disco con la Peiro Douso, formazione della Val Chisone che riarrangia melodie popolari in chiave
swing. Inoltre a breve uscirà il
nuovo disco dei mitici Yo Yo Mundi
che vede anche la mia presenza
come musicista nella registrazione,
insomma si può dire che succederanno delle cose.
Grazie a tutti e soprattutto a te
Agostino e un saluto alla mitica rivista “Lineatrad”. ❖
Cronaca
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27
Cronaca
FESTIVAL CORNOUAILLE
21-26 LUGLIO 2015
QUIMPER
di Giustino Soldano e Muriel Le Ny (foto © Giustino Soldano)
Dan Ar Braz
N
ovantaduesima edizione di
questo Festival e seconda
partecipazione per noi.
Avevamo seguito questa manifestazione per la prima volta l’anno
scorso (vedi Lineatrad n. 33 set-
Yann Honoré
2828
tembre 2014) e n’eravamo rimasti favorevolmente impressionati e
perciò abbiamo deciso di ritornarci.
Numerose le novità di quest’anno,
che sono state illustrate durante la
conferenza stampa iniziale da Igor
Gardes, direttore del Festival.
I cambiamenti principali hanno
riguardato la scelta degli artisti. Il
Festival ha sempre voluto difendere e valorizzare la musica e la
cultura bretone mantenendone
le tradizioni, ma con un’apertura
anche a stili diversi. Per dare una
connotazione più territoriale si è
preferito quindi scegliere musicisti bretoni o stranieri che sono residenti in Bretagna, che suonano
anche musiche provenienti dai loro
Paesi d’origine.
Anche per i luoghi della manifestazione è stata fatta qualche modifica con l’introduzione di alcuni
spazi nuovi.
L’Espace Gradlon che l’anno
scorso era occupato da un tendone che ospitava concerti a pagamento, è stato trasformato in
un Village aperto liberamente al
pubblico con diversi padiglioni
nei quali sono state previste animazioni varie, tra cui giochi tradizionali bretoni, dimostrazioni culinarie con degustazioni e concerti
serali gratuiti a partire dalle 22:15
proponenti musica rock, pop o simili, per offrire un’alternativa a coloro che preferiscono qualcosa di
diverso dalle fest-noz.
Sempre nell’ambito dell’Espace
Gradlon è stato aperto uno spazio
in cui pranzare e cenare, degustando piatti tipici della gastronomia regionale a prezzi popolari,
assistendo contemporaneamente
a spettacoli con canzoni tipiche dei
marinai eseguite da gruppi locali.
Sono stati ampliati gli spazi dedicati al pubblico all’Espace Corentin,
per agevolare i danzatori appassionati delle fest-noz e sono stati previsti concerti gratuiti a mezzogiorno
e alle 19 con esibizioni di gruppi
emergenti.
Nei giardini dell’Espace Pierre
Jakez Hélias è stato previsto un
Clarisse Lavanant e Niamh Varian-Barry (da sin. a dx.)
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Cronaca
Armel an Héjer
unico spettacolo serale contro i tre
dell’anno precedente.
È stato ripristinato l’utilizzo del
Théâtre Max Jacob, una struttura
storica di Quimper, riaperto proprio
in occasione del Festival.
Nella giornata finale della domenica, sono stati programmati
più spettacoli nelle strade e il percorso del Triomphe des Sonneurs
è stato cambiato, con l’arrivo al
Village Gradlon e con uno spettacolo in omaggio a Erwan Ropars,
un suonatore di cornamusa recentemente scomparso, che è stato
direttore per tanti anni della Bagad
Kemper.
Inoltre per la serata di domenica
è stata programmata una grande
Outside Duo - Antoine Solmiac e Julien Grignon (da sin. a dx.)
fest-noz ribattezzata “Best Noz”, a
chiusura della manifestazione, con
i concerti di alcuni dei gruppi esibitisi durante il Festival.
Altra novità: l’acquisto di bevande
e cibi nelle strutture del Festival,
che fino l’anno scorso avveniva
mediante vendita preliminare di
gettoni, è stato semplificato con il
pagamento diretto con carte di credito o in contanti.
Molto ricco il programma annunciato con prezzi compresi tra i 12 e
i 27 Euro per gli spettacoli a pagamento. Ben l’80% degli spettacoli
sono rimasti gratuiti.
Per quel che riguarda invece la
giornata conclusiva di domenica:
“Kemper en Fête”, il biglietto d’in-
Il trio dei Liù - Vincent Guérin, Fanch Oger e Nicolas Kervazo (da sin. a dx.)
gresso all’area delle manifestazioni
è stato fissato a 8 Euro.
Molto ben fatti ed esplicativi i depliant illustranti i vari programmi.
Questi i principali artisti annunciati in cartellone.
Al Théâtre de Cornouaille
Dan Ar Braz; Elisa Vellia e Angelique Ionatos; Miossec; India Noz;
Kemen Tu
Al Théâtre Max Jacob
Soig Siberil; Nolwenn Korbell;
Sa[f]ar; Kreizh Breizh Academy;
Dasson
All’Espace Pierre Jakez Hélias
Yann Honoré e invitati; La Grande
Tribu; Outside Duo; The Celtic Social Club; Les Goristes
Olli e una parte del gruppo Eostiged Ar Stangala in India Noz
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Cronaca
Les Goristes
Nolwenn Korbell
Qualche nota sugli spettacoli
Alcuni concerti come quelli di
Dan Ar Braz, Nolwenn Korbell e
Miossec, segnavano il tutto esaurito già da diversi giorni prima degli spettacoli ed altri erano quasi
pieni.
Vista la contemporaneità di molti
spettacoli soprattutto serali, per noi
non è stato possibile seguirli tutti,
perciò come succede spesso in
queste occasioni, abbiamo dovuto
operare delle scelte e a volte seguire i concerti solo parzialmente.
Queste le nostre impressioni.
Il concerto di martedì 21 luglio
al Théâtre de Cornouaille di Dan
Ar Braz, intitolato “Cornouailles
Soundtrack”, era al completo, ma
ci è stato concesso di assistere almeno ai primi tre brani. Ben poco
per dare un giudizio accurato, ma
conosciamo già questo chitarrista
e compositore bretone da parecchi
anni e possiamo in ogni modo dare
qualche impressione su quello
che abbiamo visto e ascoltato. Per
quello che riguarda questo musicista, abbiamo notato innanzitutto
un Dan diverso da quello che avevamo visto suonare nell’”Héritage
des Celtes”: un po’ più melodico e
introspettivo.
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All’inizio ci è sembrato un pochino intimidito, ma subito dopo
l’abbiamo visto a suo agio e dimostrare tutta la sua bravura; come si
dice in questi casi: “la classe non è
acqua”. Ottima anche l’esibizione
degli altri musicisti che l’hanno accompagnato nello spettacolo. Applausi del pubblico ampiamente
meritati.
Nella stessa serata abbiamo visto in seguito, all’Espace Pierre Jakez Hélias, il concerto con il bassista Yann Honoré, intitolato “Carte
blanche”con la compartecipazione
della Buzz Buddies, band fondata
dallo stesso Yann e formata da musicisti bretoni e irlandesi, tra cui
il percussionista David Hopkins,
originario di Belfast, molto conosciuto e apprezzato in Bretagna e
la violinista e cantante irlandese
Niamh Varian-Barry, che ha saputo
imporsi con spontaneità sul palco.
Nella prima parte sono state proposte prevalentemente musiche
irlandesi, interpretate anche con
varianti rock e country.
Nella seconda parte è entrata in
scena Clarisse Lavanant e questo è
stato per noi un gradito ritorno della
cantante, che avevamo visto l’anno
precedente qui al Cornouaille. La
sua esibizione è stata ben in sintonia con il resto del gruppo e soprattutto in duetto con Niamh. Abbiamo particolarmente apprezzato
Yann Honoré, un ottimo musicista
capace di passare dalla chitarra
al flauto con naturalezza. Peccato
che non ci fosse tanta gente a seguire lo spettacolo forse per la concomitanza del concerto di Dan Ar
Braz o per il fatto d’essere la prima
serata del Festival.
Giovedì 23 luglio abbiamo assistito, in prima serata, al Théâtre
Max Jacob, ad una parte del concerto dei Sa[f]ar: trio composto
dal cantante e compositore Armel
an Héjer, Jean-Claude Normant al
piano elettrico “Fender Rhodes “
e Jérôme Kerihuel alle percussioni;
tre artisti di talento con grandissima esperienza in vari gruppi musicali, noti sia in Francia sia all’estero. Concerto molto particolare
quello che abbiamo visto, in cui il
cantante ha proposto un modo di
interpretare il “gwerz”, un po’ fuori
dei canoni della musica tradizionale bretone.
Conoscevamo già Armel per
averlo visto in altre occasioni. Il suo
modo di cantare, anche se assomiglia un po’ a quello di Yann-Fañch
Cronaca
Solenn Alain la Reine de Cornouaille del 2014
Kemener, è molto personale; il suo
stile risente di influssi orientali e
mediorientali e della musica modale; inoltre ha un modo caratteristico di accompagnare il canto con
i gesti delle mani e con le espressioni del volto come se il suo corpo
fosse un tutt’uno con la musica.
Nel concerto ha dato il meglio di se
stesso.
Molto bravi sono stati anche il
tastierista, che ha offerto sonorità
particolari col suo Rhodes e il percussionista, che ha utilizzato i suoi
strumenti in sintonia con gli altri
membri del trio.
Eravamo però curiosi di vedere
lo spettacolo dell’Outside Duo, formato da Julien Grignon alla chitarra
e violino e Antoine Solmiac al violino. Una caratteristica dei due artisti, che raccoglie molti consensi e
che avevamo visto in alcuni video,
è quella di suonare entrambi sullo
stesso violino alcuni brani, assumendo posizioni improbabili che
suscitano spesso ilarità. Ci siamo
quindi recati in seconda serata
all’Espace Pierre Jakez Hélias per
assistere almeno al finale del loro
concerto.
Lo spazio era affollato di persone
di tutte le età, visibilmente entusiasmate dalla performance del duo,
che per l’occasione era accompagnato sulla scena da altri musicisti.
I due artisti hanno, in effetti, dimo-
A sin. Lia Cevaer, candidata Reine Cornouaille, con il costume di Pont-l’Abbé e
la tipica cuffia Bigouden
strato tutte le loro abilità e virtuosità sonore è la capacità di stare
sul palco, anche se alla lunga sono
stati un po’ ripetitivi e nei momenti
in cui hanno suonato con tutti gli
altri artisti, è mancata in parte la
coesione con gli altri strumenti.
Nel pomeriggio di venerdì 24 luglio, all’Espace Corentin, abbiamo
assistito al concerto del trio dei Liù,
formato da Fanch Oger voce, kayamba e calebasse; Vincent Guérin
alla chitarra elettrica e Nicolas Kervazo alla chitarra acustica.
Avevamo già parlato di quest’ultimo nel n. 37 di Lineatrad, in occasione del concerto del gruppo
degli Arvest con cui l’avevamo visto suonare e ci era piaciuto; abbiamo quindi colto l’occasione per
rivederlo in un’altra formazione.
Peccato che ci fosse poca gente
a seguire questo concerto pomeridiano, perché il trio meritava di essere visto.
Ci è piaciuta l’interpretazione dei
loro brani con ritmi gradevoli tipici
della musica della Réunion. Torneremo a parlare più ampiamente di
questo gruppo in un prossimo numero della rivista.
Di tutt’altro genere lo spettacolo
“India Noz”, che abbiamo visto
nella serata al Théâtre de Cornouaille, in cui il gruppo di danze
bretoni “Eostiged Ar Stangala” ha
ballato danze tradizionali sui ritmi
indiani cantati da “Olli” e suonati
da “The Bollywood Orchestra”.
Il gruppo Eostiged, originario di
Kerfeunteun, un quartiere di Quimper, ha vinto più volte il titolo di
“Champion National de la Danse
Bretonne”.
Ollivier Leroy, in arte Olli, è un
cantante, musicista e compositore
bretone che si è convertito alla musica indiana ed è fondatore della
Bollywood Orchestra. Lo spettacolo, ricco di colori e sonorità differenti e con una coreografia affascinante, ha saputo conquistare il
numeroso pubblico che alla fine è
stato invitato a danzare un’An dro
con i ballerini.
Anche la serata di sabato 26
luglio ha offerto degli spettacoli
interessanti. Alle 21, sul palco
dell’Espace Pierre Jakez Hélias, si
è esibito il gruppo “Les Goristes”,
originario di Brest, formato da otto
cantanti e musicisti, tra cui Yvon
Étienne, che conosciamo da diversi
anni per essere stato animatore di
Radio France Bleu Breizh Izel ed
inviato al Festival Interceltique di
Lorient per la stessa radio.
Il gruppo Les Goristes ha deliziato
il pubblico con diverse canzoni
umoristiche nelle quali sono stati
trattati temi d’attualità e politica,
con buona dose di satira.
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Più tardi siamo andati all’Espace
Corentin dov’era in corso una grandiosa “Cyber Fest-Noz”, con il parterre completamente invaso da una
folla danzante balli tradizionali bretoni, ai ritmi proposti dai vari gruppi
succedutisi sul palco. Incredibile
ma vero, in mezzo a tutta quella
gente siamo riusciti ad incontrare
alcuni amici italiani anche loro
appassionati della Bretagna. La
fest-noz, è stata ripresa da alcune
telecamere e trasmessa in contemporanea su alcuni schermi presenti
al Festival e su internet e inoltre ci
sono stati dei collegamenti in diretta con degli inviati negli U.S.A. e
in Giappone.
Vogliamo a questo punto dare
maggior spazio alla recensione del
concerto che ci è piaciuto di più,
quello di mercoledì 22 luglio al
Théâtre Max Jacob, che ha visto il
ritorno della cantante e attrice bretone, Nolwenn Korbell, sulle scene
di Quimper. Tra le cantanti bretoni,
Nolwenn è quella che seguiamo da
maggior tempo ed è tra le nostre
preferite. Desideravamo quindi vedere il suo spettacolo, anche perché era un’opportunità per ascoltare alcuni brani del suo quinto
album da poco uscito “Skeud ho
rodoù”. Da quanto emerso nella
conferenza stampa, per la cantante sarebbe stata la prima volta
in cui si sarebbe esibita in pubblico con una recente formazione
composta da Didier Dreo, chitarrista affermato che la segue da
diversi anni e da nuovi elementi
come: Antonin Volson alla batteria
e percussioni, Alexis Bocher al violoncello, Jonathan Dour e Floriane
Le Pottier al violino e Xavier Lugué
al contrabbasso.
Durante la conferenza, la Korbell
ha spiegato che i testi delle canzoni
del nuovo album sono suoi per la
maggior parte, ma che ha utilizzato
anche testi dei poeti bretoni Anjela
Duval e Xavier Gral e del poeta e
scultore irlandese Dmitri Broe, abitante attualmente a Douarnenez;
mentre per quanto riguarda le mu-
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Cronaca
Camille Guyot di Kerfeunten “Reine de Cornouaille 2015"
siche, di sua composizione, si è avvalsa soprattutto di Antonin Volson
per gli arrangiamenti. Attendevamo
quindi con ansia e con un po’ di curiosità questo concerto, ma, come
accennavamo sopra, i posti erano
esauriti; ce n’erano comunque alcuni riservati ad una lista ristretta
di giornalisti e fotografi, della quale
siamo riusciti fortunatamente a
farne parte. L’attesa e i nostri sforzi
sono stati premiati da un concerto
d’altissimo livello.
Abbiamo molto apprezzato la
voce profonda e calda della cantante, dotata altresì di un’ampia
estensione vocale, capace di sostenere difficili acuti. Ci è piaciuta anche la messa in scena dello spettacolo, con Nolwenn fasciata di un
elegante vestito nero e con gli altri
elementi del gruppo rigorosamente
in giacca e cravatta.
La cantante ed il suo gruppo
hanno dimostrato la loro abilità
nel destreggiarsi tra stili musicali
diversi, dal classico al quartetto
da camera, al jazz, allo swing, alla
musica tribale, al cabaret di tipo
brechtiano. Per quanto riguarda il
repertorio, la cantante ha proposto, oltre ai brani del nuovo album,
anche alcuni pezzi degli album
precedenti, reinterpretati in chiave
completamente diversa, come
“Termaji” in versione flamenco o
“Glav” in cui sono stati aggiunti effetti sonori per mimare la pioggia.
Alcune canzoni sono state recitate
oltre che cantate, dimostrando la
bravura della Korbell anche come
attrice, dando prova di come lei sia
in grado di “interpretare” una canzone e non solo di cantarla.
Altra cosa molto apprezzata e che
ricorre spesso nei suoi concerti: la
cantante ha spiegato i testi delle
canzoni prima di cantarli. Il consenso del pubblico è stato notevole
e alla fine del concerto, parecchie
persone hanno fatto la fila per acquistare il nuovo CD e ottenere una
dedica dalla cantante.
Accenniamo infine alla domenica, giornata conclusiva del Festival, durante la quale viene tradizionalmente eletta la “Reine de Cornouaille” una ragazza che oltre alla
propria avvenenza deve dare prova
di conoscenza dei costumi e della
cultura della Cornouaille.
Quest’anno è stata prescelta Camille Guyot facente parte, tra l’altro,
del gruppo Eostiged Ar Stangala. ❖
Argomenti
La rivista trimestrale francese Telenn’ Din (nella pagina a sinistra) ha pubblicato sull’ultimo numero un articolo
dei nostri collaboratori Giustino Soldano e Muriel Le Ny, citando Lineatrad, e la copertina che abbiamo dedicato
a Tri Yann. Il nostro periodico sta sempre più ottenendo consensi oltralpe... ❖
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Argomenti
ASSOCIAZIONE CULTURALE
KORALIRA
Koralira: Francesco Speziale e
Domenica Rita Buda
Via Reggio Campi, II tronco, 307/D
Reggio Calabria
Comunicato Stampa
L’
Associazione Culturale Koralira nasce nel settembre 2008
per iniziativa di Domenica Rita
Buda (regia, drammaturgia, composizioni, testi, voce e attrice) e Francesco
Speziale (composizioni, arrangiamenti,
direzione musicale, chitarre e sound
engineering) con l’intento di lavorare
a un progetto culturale che potesse
abbracciare più aree di intervento: musica, teatro, letteratura e arti performative. A tal proposito, i due soci fondatori, vantano appartenenze ad ambiti
artistici differenti. Questa poliedricità,
sin dalle origini, è stata il punto di forza
dell’attività dei Koralira che, attraverso
la commistione dei vari linguaggi,
hanno riscosso, e tutt’oggi continuano
a riscuotere, numerosi consensi e riconoscimenti.
Premi
· Premio Andrea Parodi 2015: Sessione 9 finalisti
[Sardegna, Italia]
· Premio De Andrè 2014: Sessione 12 finalisti
[Roma, Italia]
· Premio Mogol 2014: Sessione 10 finalisti
[Rocca Imperiale, CS, Italia]
· Premio Mondiale di Poesia Nosside 2012: Menzione Speciale “Canzone” [Reggio Calabria, RC,
Italia]
· Contest Umbria Folk 2012: Premio Miglior Interprete Umbria Folk 2012 [Orvieto, TR, Italia]
· Musicultura 2012: Sessione 48 finalisti [Macerata, AN, Italia]
· LaMarca Euro Folk 2011: I Classificato [Maiolati
Spontini, AN, Italia]
· Suonare a Folkest 2011: I Classificato [Palermo,
PA, Italia]
· Folkontest 2010: I Classificato - Premio Giancarlo Ferreri [Casale Monferrato, AL, Italia]
· Area Sanremo 2010: Sessione 10 finalisti per la
sezione DOC [Sanremo, IM, Italia]
· Ricordando De Andrè 2010: Premio della ciritica - Miglior Testo e Arrangiamento [Vibo Valentia, VV, Italia]
· Gruppo Emergente dell’anno 2010 I Classificato
[Roccella Jonica, RC, Italia]
Festival
· Umbria Folk 2013 [Orvieto, TR, Italia]
· MEI Supersound 2012 [Faenza, RA, Italia]
· Umbria Folk 2012 [Orvieto, TR, Italia]
· Parapanda Folk Festival 2012 [Illora, Granada,
Spagna]
· A Nord di Tangeri Fest [Gioiatauro, RC, Italia]
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· Civitella Alfedena Folk Festival 2011 [Civitella
Alfedena, AQ, Italia]
· Paleariza 2011 [Brancaleone, RC, Italia]
· Festival Interceltique de Lorient 2011 [Lorient,
Bretagna, Francia]
· Folkest 2011 [Spilimbergo, PD, Italia]
· BUF-BUSKERS Antimafia 2011 [Potenza, PZ,
Italia]
· “1° Maggio” 2010 [Rende, CS, Italia]
· Festival Adriatico-mediterraneo 2010 [Ancona,
AN, Italia]
· Dea Fest 2010 [Reggio Calabria, RC, Italia]
· Etno-jazz Festival 2010 [Castrovillari, CS, Italia]
· Magaria 2010 [Reggio Calabria, RC, Italia]
· Calabria e Toscana Regioni antiracket 2009
[Siena, SI – Firenze, FI, Italia]
Radio
· Radio Padania Libera [Monza, MB, Italia]
· Mini Radio Web Roma [Roma, Italia]
· Radio Antenna Febea [Reggio Calabria, RC, Italia]
· Virus Musik Radio [Francoforte, Germania]
· Celtismos Radio Cronica Folk Musical [Illora,
Spagna]
· Radio Onda Verde [Vibo Vanlentia, CZ, Italia]
· Radio Popolare Roma [Roma, Italia]
· Isoradio Rai [Roma, Italia]
· Cheyenne Radio Sound [Napoli, NA, Italia]
· Radio Antenna Febea [Reggio Calabria, RC, Italia]
· Studio 54 Network [Reggio Calabria, RC, Italia]
· Radio Flyweb [Bologna, BO, Italia]
· Radio RedAzione [Potenza, PZ, Italia]
· Radio Demo Rai 1 [Roma, Italia]
· Radio Popolare Milano [Milano, MI, Italia]
· Nova Radio [Firenze, FI, Italia]
· Radio Sound [Cosenza, CS, Italia]
· Ponte Radio [Cosenza, CS, Italia]
· Radio RC International [Reggio Calabria, RC,
Italia]
· Radio Touring 104 [Reggio Calabria, RC, Italia]
TV
· Video Touring Spaciale Premio Andrea Parodi –
Intervista 2015
· Esperia TV Speciale Koralira 2013
· Fimmina TV Speciale Koralira 2013
· La7 – VOLA VOLA VOLA, Speciale Umbria Folk
2012
· La7 D - VOLA VOLA VOLA, Speciale Umbria Folk
2012
· Italia 2 – UZONE, Speciale Video Musicali 2011
· Italia 1 – UZONE, Speciale Video Musicali 2011
· Play TV – Festa del Mare 2010
· RTV – Speciale Koralira 2010 / 2011/ 2012 /
2013 / 2014
· Femmina TV – Speciale Koralira 2010
· Telemia - Speciale Koralira 2010
· Telitalia – Speciale Koralira 2010
· ReteKalabria – Speciale Koralira 2010
· 8Video Calabria – Speciale Koralira 2009 /
2010
Pubblicazioni
· Pizzica la Taranta 4 Compilation 28 Luglio
2015, TV Sorrisi e Canzoni / Chi / Tu / Style
· Pizzica la Taranta 3 Compilation Luglio 2014,
TV Sorrisi e Canzoni / Chi / Tu / Style
· Metro Line S Album, 11 Gennaio 2014, Associazione Culturale Koralira
· The best of DEMO 2008/2009 2009/2010 Compilation 2013, Demo Radio Rai 1
· Il Re dell’VIII Cerchio Antologia del XXVIII Premio Mondiale di Poesia Nosside 2013, Città del
Sole Edizioni
· Terra di Musiche Vol. 2 Compilation 2012, MEI
· El gir del vent (Trenincorsa feat Koralira) Song
2012, Latlantide Edizioni Musicali
· Terra di Musiche Vol. 1 Compilation 2010, AreaSanremo / MEI
· Taranta Band Compilation 2011, Elca Sound Edizioni Musicali
· Tirullallero 2 Compilation 2010, Elca Sound Edizioni Musicali
· apri-battenti Album 2009, Associazione Culturale Koralira / Elca Sound Edizioni Musicali
Video
· Dalla in Jazz Video Ufficiale, 2014
· Brigante se more Show Video Ufficiale, 2012
· Nero Video Ufficiale, 2010
Musiche per Cortometraggi
e Spettacoli
· Gramigna 2015, Musiche Spettacolo Teatrale
[Reggio di Calabria, RC, Italia]
· Dream for Sale 2015, Colonna Sonora del Cortometraggio [New York, USA]
· SoundTrack 2014 Colonna Sonora del Cortometraggio [Cosenza, CS, Italia]
INFO E CONTATTI
YouTube: www.youtube.com/koralira
Twitter: www.twitter.com/koralira
Soundcloud: www.soundcloud.com/koralira
E-mail: [email protected]
Tel.: +39 349 29 59 638 / +39 320 34 63 749
Skype: koraliramusic
Argomenti
SHARG ULDUSU’ 4TET: BIO
Synpress 44 Comunicato Stampa
I
l 2012 è l’anno dell’incontro
tra l’Ensemble Sharg Uldusù
(Ermanno Librasi ai fiati, Elias
Nardi allo oud, Zakaria Aouna voce
e percussioni) e Max De Aloe, uno
dei più attivi armonicisti jazz della
scena internazionale, che invita
il Trio ad esibirsi in apertura del
decimo Gallarate Jazz Festival e,
contestualmente, a tenere una lezione/concerto per gli alunni delle
scuole superiori. Per la prima volta
il gruppo, che dalla sua nascita nel
2001 propone un repertorio tradizionale che dalla Turchia si spinge
fino al Marocco, suona per un pubblico diverso rispetto a quello della
World e Folk Music.
L’interesse che si accende intorno a questo concerto è notevole
e si comincia a parlare di una
possibile collaborazione col nostro
committente in termini di ricerca e
fusione di sonorità tra Tradizione mediterranea e Jazz. Nel 2013 si lavora
sul repertorio ancora tutto popolare
e si studia, dal punto di vista sia
timbrico che espressivo, l’ingresso
di strumenti inconsueti per questo
genere come armonica cromatica e
fisarmonica che però si rivelano, fin
da subito, assolutamente intriganti
per la originale contaminazione che
si viene a creare.
I primi concerti della nuova realtà
denominata Sharg Uldusù & Max
de Aloe lasciano intravedere le notevoli potenzialità che un incontro
simile può rappresentare: i dialoghi
fitti tra l’oud di Elias e l’ armonica
cromatica di Max, col sostegno del
clarinetto basso rispolverato da Ermanno, accompagnano l’ascoltatore attento in mondi sonori senza
frontiere, sospeso tra tempo e
luogo, cullato da melodie evocative
e ritmi ancestrali. Nel 2014 si cominciano a registrare i primi pezzi
e si prende la decisione di inserire
nel repertorio anche brani originali.
A questo punto ci voleva un motore, un battito cardiaco, una spinta
fatta di grande professionalità, sensibilità e immensa esperienza, capace
di far volare il progetto accentuandone l’aspetto sciamanico, in perfetto equilibrio fra tradizione e jazz.
Si aggiunge così la raffinata potenza
percussiva di uno dei più geniali e
versatili musicisti che abbiamo la
fortuna di avere in Italia: Francesco
D’Auria! La svolta che regala al nostro
sound è incredibile. Nelle sue bac-
chette c’è tutto il Mediterraneo che
serve e altro ancora. C’è il sole che
scalda, la malinconia che consola, la
bravura di chi sa entrare in punta di
piedi in un progetto già avviato interagendo come se nulla fosse, come
se ci fosse sempre stato.
Il 2015 è l’anno di Dune (Abet
Records B9 abj 546), un album
che racconta l’incontro tra realtà
musicali solo apparentemente diverse, che hanno nella capacità
improvvisativa il loro denominatore
comune e nella volontà di superare condizionamenti e barriere sia
umane che geografiche il significato più profondo. ❖
www.sharguldusu.it
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35
Interviste
SHARG ULDUSÙ 4TET:
INTERVISTA CON ERMANNO LIBRASI
Synpress 44 Ufficio Stampa
Ermanno Librasi
Cosa significa Sharg Uldusù?
Sharg Uldusù significa “Stella
d’Oriente” in lingua azera. Il nome
è stato scelto nel lontano 2001
quando è avvenuto l’incontro tra
me e Fakraddin Gafarov, virtuoso di
Tar proveniente da Baku, capitale
dell’Azerbaijan. Da questa esperienza nasce l’Ensemble Sharg
Uldusù con l’idea di sperimentare
nuovi percorsi musicali tra oriente
e occidente.
Ermanno tu sei un musicista di formazione classica ma in seguito sei
entrato in contatto con il mondo della
musica etnica, attivando numerose
collaborazioni: qual è stata la scintilla
musicale che ti ha rapito e ti coinvolge ancora oggi in questo ambiente
sonoro multietnico?
A partire dalla fine degli anni
settanta ho cominciato a viaggiare in paesi che ancora oggi mi
affascinano come Algeria, Tur-
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chia, Marocco, portando spesso
a casa strumenti musicali che imparavo a suonare da autodidatta
(allora non esisteva Youtube)
cercando di imitare le melodie e
i ritmi che ascoltavo su cassette
acquistate in loco.
Tra lo studio accademico del
clarinetto e l’esperienza etno/
world, ci sono gli anni novanta da
me dedicati all’apprendimento
dell’improvvisazione in ambito
jazz con due grandi maestri
come Paolo Tomelleri ed Emanuele Cisi.
L’improvvisazione e la propensione verso un idea “sciamanica”
della musica hanno fatto si che
le due esperienze, i viaggi e il
jazz, si fondessero in una visione
aperta e multiculturale della mia
personale ricerca verso sonorità
calde ed evocative. A conferma
di questa immagine visionaria
arrivano, sempre negli anni novanta, album come Madar di
Jan Garbarek, Thimar di Anouar
Brahem e John Surman e Astrakan Cafè ancora di Brahem con
Barbaros Erkose al clarinetto
turco, tre pietre miliari della musica che cerca nuovi dialoghi tra
oriente e occidente.
“Dune” è il quarto album di Sharg
Uldusù 4tet: quali sono le differenze
dai tre predecessori?
Dune è suonato da una nuova
formazione rispetto ai precedenti
album, con tutto ciò che comporta dal punto di vista sia della
ricerca timbrica che degli obiettivi che si propone di raggiungere.
Sharg Uldusù 4Tet allarga il
campo d’azione verso nuovi
suoni rappresentati dalla armonica/fisarmonica di Max e dalle
percussioni di Francesco, dia-
Interviste
loga col jazz più raffinato e lancia
ponti verso sonorità originali che
superano frontiere e pregiudizi.
Il linguaggio suonato dall’oud
di Elias si fonde con le ance libere di Max, il clarinetto basso
viene usato per sostenere le
frequenze più profonde insieme
alla cassa della batteria e la fisarmonica introduce quella “terza
dimensione” armonica che la tradizione del vicino/medio oriente
non conosce.
In “Dune” compare del materiale
tradizionale accanto a brani firmati
dai singoli membri. Cosa puoi dirci
dei brani della tradizione che avete
rielaborato?
Nihawend Lunga è in realtà
un brano d’autore composto
da Tamburi Cemil Bey (Istanbul
1873/1916), importante musicista che rinnovò la tradizione
ottomana a cavallo tra XIX e XX
secolo. Il titolo del brano rappresenta il “maqam” nel quale è
stato composto, cioè il modo, la
scala che è stata scelta e che trasmette determinati stati d’animo
all’ascoltatore.
Layli Djan in lingua afgana significa “cara Layli” ed è, in origine, una melodia d’amore dedicata alla ragazza che si vuole
conquistare. Kir Cicek vuol dire
“Fiore Selvatico” in turco.
Di tradizione popolare, è in
ritmo di 5/4. Uskudar è una delle
più conosciute melodie di tutto
l’oriente ed è di tradizione turco/
rom. Ne esistono decine di versioni, anche cantate, nelle lingue
di quasi tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, compreso il siciliano!
D’Auria, De Aloe e Nardi sono i tre
ottimi musicisti che partecipano con
te all’esperienza Sharg Uldusù 4Tet:
quali sono le caratteristiche dei brani
scritti da loro?
Quando abbiamo deciso di registrare anche brani originali oltre
a quelli della tradizione, ci siamo
dati come punto di partenza un’i-
spirazione fatta di luoghi, colori,
sapori che fossero la continuazione di un discorso legato a un
suono originale e caratteristico.
Da qui la scelta di Max di proporre Cisternino, brano scritto e
interpretato in solo con l’ausilio
di una loop machine che diventa
patrimonio del gruppo che lo
reinterpreta e Fragman, questo si
in solo con fisarmonica; di Elias di
suonare Fil Hadika (Nel Giardino
in lingua araba) scritto per un suo
precedente lavoro; di Francesco
di usare lo hang, uno strumento
inventato da uno svizzero, che ha
sonorità che richiamano le steel
drum caraibiche e che nelle sue
mani diventa suono puro senza
tempo né spazio.
Che rapporto c’è tra scrittura e improvvisazione in “Dune”?
Lo stesso rapporto che c’è nella
musica jazz modale, che è identico
a quello che si trova nella musica
tradizionale extra europea: i temi
rappresentano la riconoscibilità del
brano e la capacità compositiva di
chi lo ha scritto, le improvvisazioni
mettono in risalto l’abilità tecnico/
espressiva del musicista.
In occidente, in ambito colto, abbiamo perso nel corso del tempo
il gusto per l’improvvisazione a
favore di una musica totalmente
scritta che va “solo” interpretata.
Fior di musicisti, da Frescobaldi a
Chopin, da Bach a Mozart, erano
abili improvvisatori e il pubblico
partecipava con entusiasmo a vere
e proprie gare di bravura. Oggi si
improvvisa nel jazz e nelle musiche tradizionali che hanno mantenuto costante questo affascinante
aspetto dell’arte dei suoni.
In un periodo delicato come questo, con le nuove migrazioni al centro
delle cronache e dell’agire politico,
che ruolo assume una musica come
la vostra, che cerca di far dialogare
culture differenti?
È proprio il dialogo il nostro principale obiettivo! L’arte e la società
civile sono sempre state avanti
rispetto al sentire politico/istituzionale. Ma esiste già un nuovo
mondo nel quale gli uomini si riconoscono nella loro umanità e non
si discriminano per provenienza o
colore della pelle, però mancano la
forza e la cultura diffusa in grado
di vincere pregiudizi, interessi e
calcoli meschini. Forse musiche
come la nostra possono accelerare
questo processo di integrazione tra
culture che spesso la politica vuole
tenere distanti.
In merito a questa fusione di linguaggi musicali, parlate di sguardo
“rigorosamente laico”…
Quando c’è di mezzo la religione
la gente non ragiona più! “Sguardo
rigorosamente laico” è una premessa indispensabile per chiarire
il nostro punto di vista sia artistico
che umano!
Da novembre “Dune” proseguirà la
sua esperienza live: cosa accade nei
concerti di Sharg Uldusù 4Tet?
Nei concerti di Sharg Uldusù 4Tet
accade di tutto!
Tra il pubblico, di solito, c’è chi
ascolta rapito da suoni provenienti da strumenti che probabilmente non ha mai visto ne sentito (balaban, furulya, oud, hang,
armonica bassa…), chi balla una
vorticosa belly dance coinvolta
da ritmi incalzanti ed esotici e
chi, per fortuna solo alla fine della
performance, ti fa mille domande
sul “come mai” facciamo “questa roba”; tra i musicisti, oltre che
suonare, si ride e si scherza, si
raccontano aneddoti e si fanno
battute (soprattutto Max che è
un vero “cabarettista”) che suscitano ilari e divertite reazioni.
Il tutto in un clima che dall’eccitazione più accesa (come nel
finale di Nihawend) passa alla
calma meditativa (Dune) poi a un
sentire comune di suoni ancestrali (Uskudar) per concludersi
con la sensazione di aver compiuto un viaggio tutti insieme in
un universo sano, vero e finalmente armonioso. ❖
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Recensioni
ELIAS NARDI GROUP:
FLOWERS OF FRAGILITY
(Visage Music VM3010)
di Loris Böhm
9 brani - 46.20 min.
Elias Nardi Group:
Daniele Di Bonaventura : Bandoneon
Didier François : Viola d’Amore a Chiavi
Nazanin Piri-Niri : Flute
Carlo La Manna : Fretless Bass, Six String Bass
Elias Nardi : Oud
E
lias Nardi presenta il suo terzo
album, accompagnato da una
prestigiosa band di quattro
elementi, e sostituisce il termine
“quartet” semplicemente con
“group”.
Dopo i successi dei due album
precedenti e le collaborazioni con
Edmondo Romano, Riccardo Tesi
& Banditaliana e Max Manfredi
nei loro rispettivi album, esegue
nove brani di sua composizione
attraverso il suo stile onirico di
suonare l’oud.
Ben supportato da Nazanin
Piri-Niri al flauto, Daniele Di Bonaventura al bandoneon, Didier
François alla viola d’amore a chiavi
(nyckelharpa) e Carlo La Manna
al basso, questo ponte tra jazz e
Medioriente, ispirato ai cento anni
dalla Grande Guerra è dedicato alle
anime di tutti i soldati giovani del
mondo, che hanno perso prima la
gioventù e poi la vita.
La particolarità rappresenta il
crocevia di stili dei cinque musicisti, che forma un ponte tra culture e generi musicali. Come la
nuova tradizione prende forma e si
evolve, così lo spirito diventa materia: un tessuto sonoro “made in
Elias Nardi Group”. ❖
ROSAPAEDA: INNA DIFFERENT STYLEE
(Felmay fy8231)
di Loris Böhm
D
obbiamo precisare che il disco ci è pervenuto tramite
l’amico Roberto Sacchi:
la Felmay non ci presenta le sue
novità discografiche ed è questo
il solo motivo per cui parliamo
così raramente delle produzioni
di questa etichetta. In definitiva si
tratta di una scelta commerciale
del titolare Felmay, Beppe Greppi,
se avevamo perso le tracce anche
di Rosapaeda dall’album “Facce”,
che a dire la verità non mi aveva
entusiasmato troppo.
Detto questo, sono particolarmente ansioso di valutare questo
suo nuovo lavoro, incrocio di reggae e dub, in parte autofinanziato,
dove Rosapaeda parla di vita al
femminile, con tutte le problema-
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tiche che comporta. Si appoggia in
questa occasione, appunto al reggae del celebre gruppo “Different
Stylee” da lei stessa fondato tanti
anni fa, e il ritorno alle sue origini ci
vede assolutamente favorevoli.
La sua voce mediterranea trova
giusta collocazione, crea un melange intrigante con il sound tipicamente “dance hall” della sua
band. Sfoggia diverse lingue oltre
a vari dialetti pugliesi, tutto con la
massima naturalezza, per un album estremamente godibile dalla
prima all’ultima nota.
Personale ed originale, finalmente proiettata nella dimensione
che le è più congeniale, creativa, a
tratti sorprendente, a conti fatti un
gran bel lavoro.
I dieci brani proposti sono ben
mixati, l’hit del disco: “Voglio stare
di più” viene riproposto alla fine in
chiave “dub”.
Davvero peccato non poter recensire una quantità maggiore di
album provenienti dalla Felmay, è
certamente un disagio per i nostri
lettori e un imbarazzo per noi.
La confezione cartonata è sobria
e completa nelle sue parti, con un
bel libretto interno dove si trovano i
testi, anche se non sfoggia una grafica particolarmente creativa. ❖
Recensioni
ANGELLORE: LA LITANIE DES CENDRES
(Shunu Records, RMR607)
di Loris Böhm
F
orse con il gruppo francese
Angellore saremo agli antipodi
della musica folk come la intendiamo noi, ma in questi tempi
moderni, la distanza non è più un
problema, fisica o acustica che sia.
Ecco allora che ci troviamo a parlare di Angellore, eclettici, spirituali
esponenti di un genere musicale
un po’ tenebroso che racchiude
drammaticità, malinconia e una
certa epicità di contenuti, denominato “doom metal”.
Non abbiate paura, a parte alcuni interventi gutturali tipici del
metal, troviamo architetture gotiche, spruzzate di folk, il canto
ammaliante di Lucia si alterna alle
tenebrose voci maschili.
Si legge che dalla loro nascita,
nel 2007, la band ha impressionato le testate giornalistiche specializzate francesi con una serie
di EP, fino al loro album di debutto
"Errances", uscito nel 2012 con
ottimo consenso. L’uscita di questo secondo album "La Litanie Des
Cendres" coincide con la firma per
la Shunu Records, dell’intraprendente Matteo Coppola, con l’ausilio
di una grafica semplicemente spettacolare utilizzata per la confezione
dell’album a cura di RadiciMusic:
fustellature, disegni e nicchie che
racchiudono cartoncini disegnati.
Il testo purtroppo non è ben leggibile, bisogna sforzarsi un po’, ma la
doratura pur essendo di pregio, implica anche questi contrattempi. Un
prodotto da ascoltare e da ammirare
nei dettagli insomma. Sono racchiusi cinque brani assai lunghi…
ma tuttaltro che noiosi, e il CD dura
quasi un’ora: un’allucinata opera
rock densa di esplosioni acustiche
e di delicatissimi assoli strumentali, persino al pianoforte… allora la
poesia e la drammaticità dei suoni
incominciano a insinuarsi nella tua
testa: le melodie si impossessano
della tua anima e continuano a riecheggiare, riflettersi all’infinito, ben
dopo che il disco è finito.
Dopo un paio di ascolti ti accorgi
che potresti fare a meno di riascoltare, mi viene in mente un solo
gruppo in grado di procurare questo effetto, anche se appartiene ad
un altro genere musicale: Jethro
Tull, e il paragone non è azzardato.
La diffidenza iniziale verso un
genere musicale moderno e sofisticato svanisce nel nulla: siamo di
fronte a un capolavoro, tanto spettacolare quanto misconosciuto. ❖
DUO AMMATTE: A PIEDI NUDI
(RadiciMusic records RMR164)
di Loris Böhm
I
l Duo Ammatte, composto da
Alessia Arena (voce) e Federica
Bianchi (clavicembalo, pianoforte, percussioni domestiche), propone un omaggio alla musica popolare siciliana, più ancora del motivo
ufficiale della ricorrenza dei 25 anni
dalla scomparsa di Rosa Balistreri,
supportato da diversi sponsor im-
portanti, con questi dieci canti tradizionali filtrati dalla spensierata
verve interpretativa delle due talentuose artiste, dotate anche di un
ottimo curriculum di studio. Amanti
della musica barocca, autentiche
artigiane del suono e della voce,
elaborano canti dalla veloce andatura per cui la durata complessiva
di ascolto raggiunge a malapena
la mezz’ora… davvero un peccato
dover interrompere così presto l’ascolto di queste due bravissime
interpreti: rimane nell’aria un sentore di antico ma anche di nuovo,
come un desiderio non appagato;
non resta che riavviare l’ascolto, e
la sensazione di pacata contemplazione si rinnova; la semplicità e la
freschezza del loro canto stavolta
rimane ben impressa.
Non si può far a meno di evidenziare la grafica di questo bell’oggetto musicale, la qualità della confezione cartonata, la completezza
delle citazioni, dei testi e delle note
introduttive contenute, nell’elevato
standard della RadiciMusic. Da tenere in considerazione per un regalo di qualità. ❖
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Media Partner:
RadiciMusic
www.radicimusicrecords.it