TUMORE DEL COLON 1. Come figlia di una persona che ha avuto un tumore al retto, ogni quanti anni devo eseguire la colonscopia? Grazie R. È possibile ereditare il rischio di ammalarsi di tumore del colon-retto se nella famiglia d'origine si sono manifestate alcune malattie che predispongono alla formazione di tumori intestinali. Tra queste sono da segnalare le poliposi adenomatose ereditarie. Si stima che il rischio di sviluppare un tumore del colon aumenti di 2 o 3 volte nei parenti di primo grado di una persona affetta da cancro o da polipi del grosso intestino. L’esecuzione della colonscopia è quindi quanto più auspoicabile nel suo caso. La frequenza con cui ripeterla è poi da valutare in base a specifici fattori (età sua e dei suoi genitori all’esordio della patologia, tipo di tumore,…). 2. Fare la colonscopia con il colon contorto e con aderenze è pericoloso o si può fare regolarmente? R. È vero che, in relazione alle caratteristiche anatomiche individuali, ossia in pazienti in cui vi sono aderenze oppure una disposizione anomala delle anse intestinali, l'esame può essere fastidioso e, a volte, anche doloroso. Per tale ragione, in genere, se non ci sono particolari controindicazioni mediche, si somministrano un antidolorifico e un tranquillante, che lasciano il soggetto sveglio e in grado di collaborare compiendo determinati movimenti per facilitare l'esecuzione dell'esame, ma ne riducono il disagio; gli strumenti utilizzati per l'indagine sono comunque molto sottili, flessibili e lubrificati in modo da arrecare il minor fastidio possibile. La colonscopia di per sé è un esame considerato sicuro, anche se non è possibile escludere alcune rare complicazioni, in particolare la perforazione dell'intestino e la comparsa di emorragie, più comuni quando nel corso dell'esame si devono asportare grossi polipi. La perforazione, cioè l'apertura accidentale di un foro nella parete intestinale, può rendere necessario un immediato intervento chirurgico di riparazione e/o la somministrazione di una forte cura antibiotica. Le perdite di sangue che si possono verificare togliendo i polipi vengono invece abitualmente fermate immediatamente con strumenti per la cauterizzazione introdotti attraverso lo strumento; la procedura è di solito indolore. Raramente, per lo più in soggetti predisposti, si sono verificate aritmie cardiache o reazioni gravi ai farmaci somministrati come analgesici o sedativi, tali da richiedere un intervento medico: per evitarle è importante comunicare al medico eventuali allergie o intolleranze. Se comunque dovesse capitare che nelle ore o nei 2-3 giorni successivi all'indagine, comparisse un dolore addominale accompagnato da febbre inspiegabile, vomito o perdite di sangue ripetute, eventualmente con vertigini e debolezza estrema, è meglio rivolgersi subito al proprio medico, al centro dove è stato effettuato l'esame oppure, se i disturbi sono gravi, al pronto soccorso, portando con sé il referto consegnato alla fine dell'indagine. 3. Quale protocollo viene applicato nella neoplasia al retto? R. Il carcinoma del retto, in particolare quello extraperitoneale (ossia il tratto finale) presenta delle peculiarità sia dal punto di vista diagnostico sia dal punto di vista terapeutico, che lo distinguono dal carcinoma del colone, e percio è fondamentale identificare la posizione prima di impostare il percorso diagnostico e terapeutico. Questa distinzione è facile nel paziente già operato. Nel paziente non ancora operato, oltre all’esplorazione rettale eseguita dal medico, invece, la RM o la colonscopia permettono di identificare con precisione la sede del tumore. In base poi allo stadio (T, ossia alla diffusione all’interno della parete) del tumore diverse sono le indagini da eseguire: per le lesioni iniziali (cT1-2) è sufficiente l’esecuzione di ecografia transrettale o ecoendoscopia e di una TAC spirale pelvica.; per le lesioni più localmente avanzate (cT3-4) è raccomandabile anche la RMN pelvica. In linea generale la presenza di metastasi (per esempio localizzazioni al fegato o al polmone) deve sempre essere ricercata preoperatoriamente, preferenzialmente con una TAC. La chirurgia rappresenta la principale opzione terapeutica con intento curativo delle neoplasie rettali e dovrebbe essere effettuata in tempi ragionevolmente brevi (iIl tempo di attesa tra diagnosi e ricovero non dovrebbe superare le 4 settimane). Nel carcinoma del retto che, tuttavia, si presenta in forma localmente avanzata (interessamento di parete a tutto spessore e/o coinvolgimento di linfonodi] il paziente è candidato ad una radioterapia preoperatoria, che riduce il rischio di recidive locali. 4. In un paziente con rettocolite ulcerosa con frequenti ascessi perianali e conseguenti fistole perianali ci sono soluzioni o cure specifiche? nel trattamento di questa problematica? Grazie R. Quando ci troviamo di fronte ad un paziente con ascessi perianali e fistole, significa che ci troviamo di fronte ad una malattia attiva. Il primo obiettivo terapeutico, pertanto, è quello di ridurre i sintomi e di indurre la remissione; il secondo obiettivo è quello di mantenere la remissione a lungo termine. Queste due fasi del trattamento possono necessitare di una serie di farmaci, impiegati in dosi diverse e per differenti vie di somministrazione. . Nel caso di forme particolarmente acute, in presenza di un elevato rischio di intervento chirurgico, può essere fatto, in regime di ricovero ospedaliero, un tentativo terapeutico con farmaci endovena. Il trattamento chirurgico della colite ulcerosa è limitato ai casi con complicanze o refrattari alla terapia medica e deve essere affidata a chirurghi con una specifica esperienza nel trattamento delle malattie croniche intestinali. Una biopsia delle lesioni, tuttavia, andrebbe sempre eseguita. 5. Cosa deve fare una persona a cui è stato prelevato e analizzato un polipo al colon (che non dà problemi), ma che ha anche il rischio di diverticolosi dell’intestino? R. La colonscopia può essere proposta in caso di sorveglianza per pregresse patologie colorettali a rischio aumentato, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare tumori, quali per esempio adenomi –polipi benigni per l’appunto- o colopatie infiammatorie. L’asportazione di un polipo, invece, non ha relazioni con la patologia diverticolare. Così come la patologia diverticolare non è correlata con la patologia tumorale. I diverticoli del colon sono estroflessioni, piccoli sacchi che si formano lungo le pareti intestinali. Tutti i settori del canale alimentare possono dare origine a diverticoli ma il colon è quello in cui la loro presenza è più comune. La presenza di diverticoli oltre ad essere determinata da una certa predisposizione genetica, è quasi sempre correlata ad una dieta squilibrata, troppo ricca di grassi e zuccheri e troppo povera di acqua e fibre. 6. Dottore per la prevenzione di tumori al colon e al retto è fondamentale seguire un regime dietetico o alimentare specifico? Sono figlia di genitori deceduti per tumore al retto (madre) e per un linfoma di hodgkin di tipo b al colon (padre) la ringrazio in anticipo. R. molte sono le cause che concorrono a determinare la malattia: tra esse ne sono state individuate alcune legate alla dieta e all'alimentazione, altre genetiche e altre di tipo non ereditario. Per quel che riguarda il regime alimentare è bene dire che molti studi dimostrano che una dieta ad alto contenuto di calorie, ricca di grassi animali e povera di fibre è associata a un aumento dei tumori intestinali; viceversa, diete ricche di fibre (cioè caratterizzate da un alto consumo di frutta e vegetali) sembrano avere un ruolo protettivo. Se pertanto una persona sa di essere a rischio elevato perché ha avuto parenti con questo tumore in uno o l'altro dei rami familiari, è opportuno che adotti una dieta con pochi grassi e poca carne e ricca di fibre, vegetali e frutta. 7. Mia madre ha il colon con metastasi epatiche, è possibile fare laparoscopia delle metastasi epatiche? R. Le metastasi epatiche da carcinoma del colon sono candidabili a chirurgia e, quindi, anche a chirurgia laparoscopica: i limiti ad essa possono essere dettati dalla condizioni del paziente o dallo stadio di malattia, ma non sono da escludere in prima ipotesi. 8. Mia madre ha un colon trasverso con metastasi epatiche, prima linea con oxaliplatino, cape e beva. Vorremmo provare a fare qualcosa di non sistematico, qualcosa di locale, prima che le metastasi inizino ad andare oltre, per ora infatti sono limitate a fegato e linfonodi. Quali sono le ultime frontiere? L'Immunoterapia è possibile in questi casi? R. di fronte ad un tumore del colon con metastasi sono diverse le linee di chemioterapia nelle mani dell’oncologo: la scelta dipende da fattori legati al tumore e da alcune sue caratteristiche specifiche, all’età ed alle condizioni, nel caso specifico, di sua madre, alla risposta ottenute dal terapia stessa in corso d’opera, e quindi valutate con TC, PET, marcatori… In genere tali terapia sono tutte “sistemiche”, ossia diffuse per tutto l’organismo (sebbene con bersaglio specifico il tumore), e pertanto finalizzate a limitarne l’estensione a linfonodi e ad organi a distanza , se non a ridurre la massa primitiva stessa. Esistono tuttavia, per quel che riguarda le metastasi epatiche, terapie “locali”, ossia esercitate direttamente sulla lesione, quali la radiofrequenza o la chemioembolizzazione. Anche qui, non tutte le lesioni come non tutti i pazienti vi sono candidati. Per quel che riguarda l’immunoterapia, quale, per esempio, gli anticorpi monoclonali, essa pure è una terapia “sistemica”, benché il meccanismo di azione si basi sulla capacità dei farmaci di legarsi specificamente ai bersagli molecolari identificati nelle cellule tumorali. Tali terapie possono essere utilizzate soltanto se nelle cellule tumorali prelevate dal paziente si rileva la presenza di alcuni specifici ‘marcatori’ diagnostici, che indicano la presenza di “bersagli”; se questi invece sono assenti, il paziente non può essere sottoposto alla terapia mirata e sarà, pertanto, trattato con le terapie disponibili più adatte al suo caso. 9. Mio marito è stato operato circa un anno e mezzo fa per tumore colon seguito da chemioterapia adiuvante. Chiedo per cortesia informazioni relative all'alimentazione in particolare se davvero è necessario limitare o eliminare carne, zucchero, farine raffinate ecc.. E infine una curiosità; è vero che può essere utile l'artemisia? Ringrazio. Mio marito è stato sempre seguito da voi e abbiamo sempre trovato personale molto disponibile e gentile. R. Mi fa molto piacere, e la ringrazio per averlo scritto, che lei e suo marito abbiate trovato da parte nostra le cure e l’attenzione necessaria di fronte alla malattia. La gestione dell’alimentazione in un paziente sia operato sia sottoposto a chemioterapia può non essere semplice, soprattutto nei primi 6-12 mesi dalla conclusione dell’intervento o delle cure mediche. La dieta varia, inoltre, da paziente a paziente in base al tipo di intervento, all’età e alla malattia che lo ha reso necessario oltre che alle singole caratteristiche individuali. E’ vero, tuttavia, che, in generale, è il paziente stesso ad accorgersi spesso che ci sono alimenti più “digeribili” ed altri meno. In merito all’intervento occorre attenersi, per i primi mesi, ad un’alimentazione leggera e povera in scorie, basata su cibi come pasta e riso bianchi, carne e pesce magri, uova, patate, passati di verdure, olio extravergine d'oliva a crudo. Trascorso questo periodo di convalescenza, invece, i cibi consigliati sono proprio quelli ricchi in fibre che stimolano il transito e la formazione di feci morbide, e che aiutano le porzioni restanti di colon o di intestino e ritrovare l’equilibrio e a riformare la flora batterica. Quindi via libera a cereali integrali – pane, riso, pasta - verdure ad eccezione dei cavoli e dei broccoli, frutta, soprattutto frutti rossi e mirtilli, fermenti lattici vivi. E’ necessario bere molta acqua e fare piccoli pasti frequenti, evitando le bevande alcoliche, i cibi troppo elaborati e i fritti, i dolci raffinati, il caffè e le spezie piccanti. Le indicazioni relative alla chemioterapia riguardano, invece, la gestione di alcuni sintomi “collaterali” legati ad essa, quali, in questa fase tardiva, possono essere la diarrea o l’ Infiammazione del cavo orale. Nel primo caso può essere d’aiuto evitare, anche qui, alcool e caffè, e limitare il consumo di latte, mangiare cibi leggeri, preferire la frutta cotta o in scatola a quella fresca o secca, e -questo vale sempre- bere molto. Nel caso di gengiviti ma soprattutto di “alterazione del senso del gusto” ci si può aiutare con alcuni complessi vitaminici del gruppo B. Più in generale il mio consiglio è quello di reintrodurre a mano a mano una dieta quanto più varia, ponendo attenzioni ad eventuali effetti indesiderati. Per quel che riguarda l’artemisia segnalo che, dal punto di vista medico-scientifico, la maggior parte degli studi ufficialmente pubblicati in merito (e sono pochi) ne hanno ipotizzato e testato l’efficacia solo “in vitro”, ossia non direttamente sull’uomo, per cui, per la mia competenza, risulta difficile esprimermi in merito. TUMORI DI STOMACO E CARDIAS 1. Quali sintomi può presentare un tumore allo stomaco? Ho spesso un indolenzimento della zona, mi interessano anche altri dettagli se è possibile. Io ho 68 anni. Grazie. I sintomi del tumore allo stomaco sono piuttosto vaghi e comunemente presenti nella popolazione: disturbi persistenti della digestione; inappetenza; difficoltà di deglutizione; perdita di peso; sensazione di pienezza dopo i pasti; senso di nausea e vomito; pirosi; presenza di sangue nelle feci o feci nere; stanchezza (dovuta ad anemia, causata da un sanguinamento dalla parete dello stomaco) La maggior parte di coloro che accusano questi sintomi, infatti, non è ammalata di tumore, e, tuttavia, nel caso in cui uno dei sintomi suddetti dovesse comparire, è importante consultare il medico di famiglia per una loro valutazione e l’eventuale esecuzione di un esofagogastroduodenoscopia, ossia un esame endoscopico a valutare il tratto digestivo superiore. Attraverso il gastroscopio il medico ha la possibilità di visualizzare la mucosa interna dello stomaco, scattare alcune fotografie e, se lo reputa necessario, eseguire anche una biopsia. Segnaliamo che il cancro dello stomaco è più diffuso tra gli uomini, soprattutto tra gli individui d’età medio-avanzata (60-70 anni). 2. Ho grossi problemi digestivi e tendenza al reflusso gastroesofageo, con ernia iatale. Ho forse più probabilità di sviluppare un tumore allo stomaco/cardias? Quali esami di routine e prevenzione mi consigliate? Nessun caso in famiglia con questa patologia. Vi ringrazio tanto. R. Le cause del cancro dello stomaco sono tuttora sconosciute. Negli ultimi trent’anni nel mondo occidentale si è assistito a un incremento dei tumori a livello della giunzione gastroesofagea, ossia del tratto tra lo stomaco e l’esofago. Non è facile comprendere le ragioni di questo cambio di incidenza anche se tra le varie cause potrebbe in effetti giocare un ruolo chiave l’obesità che favorisce il reflusso gastroesofageo. Per il tumore allo stomaco non è disponibile un test di screening standard o di routine; la gastroscopia con biopsie multiple è l'esame più accurato nella diagnosi precoce. Una buona prevenzione del tumore allo stomaco prevede l'assunzione di una dieta ricca di frutta e di cibi conservati adeguatamente. 3. I primi sintomi da non sottovalutare quali sono? Cosa può aiutare la formazione del tumore allo stomaco (cause)? Come si può prevenire a parte controllarsi con la gastro? R. Non è possibile determinare quali sintomi si presentino per primi né quali siano più importanti. Ciò che possiamo consigliare è di non trascurare la persistenza degli stessi, in particolare se associata al calo ponderale o alla presenza di feci nere (sintomi più preoccupanti). Negli ultimi trent’anni il numero di casi è diminuito sensibilmente, soprattutto nei paesi occidentali: quantunque non si conoscano le ragioni cui attribuire questo fenomeno, si pensa tuttavia che un ruolo importante abbia avuto l’uso della refrigerazione per la conservazione degli alimenti, che ci consente di mangiare più cibi freschi e meno cibi affumicati e conservati in salamoia o sott’aceto. È altrettanto vero che, mentre le forme a carico dello stomaco stanno diminuendo nel mondo occidentale si è assistito a un incremento dei tumori a livello della giunzione gastroesofagea, ossia del tratto tra lo stomaco e l’esofago, nei quali potrebbe giocare un ruolo chiave l’obesità. Posso quindi consigliarti una dieta varia, di cibi freschi o ben conservati, senza che si esagrare con la quantità. 4. In famiglia ho avuto due casi di tumore allo stomaco. Che prevenzione dovrei fare? A partire da quale età? Ora ho 26 anni. Grazie mille. Per il tumore allo stomaco non è disponibile un test di screening standard o di routine; la gastroscopia con biopsie multiple è l'esame più accurato nella diagnosi precoce. Il rischio legato alla familiarità è molto basso ma aumenta, in effetti, in base al numero di familiari affetti dalla malattia. Chi si trova a vivere questa situazione deve semplicemente fare controlli più frequenti rispetto al resto della popolazione. Ma non si deve confondere questo «maggior rischio», con l’«ereditarietà»: le malattie ereditarie sono quelle geneticamente trasmesse. Questo significa che vi sono alcune mutazioni a livello del Dna che vengono trasmesse da uno o da entrambi i genitori alla prole secondo le leggi della genetica. Per capire a quale dei due gruppi si appartenga può essere utile una consulenza genetica. Ti rassicuro sul fatto che in entrambi i casi stiamo parlando di una predisposizione ad ammalarsi e non della certezza che ci si ammalerà.