monod ovvero lo scacco dello scientismo

Nasceva cento anni fa il grande e discusso biochimico
premio Nobel per la medicina nel 1965
MONOD OVVERO LO SCACCO DELLO SCIENTISMO
di Maria Maggi
Un secolo fa, il 9 febbraio, nacque a Parigi
Jacques Monod, biochimico di fama mondiale,
nel 1965 premio Nobel per la medicina, assieme
a François Jacob e André Lwoff.
Nel 1970 pubblicò l'opera Il caso e la necessità,
divenuto presto un bestseller. In esso riassunse
le sue idee sui principi teorici della scienza e sui
rapporti tra conoscenza scientifica e valori
umani.
La sua era una famiglia protestante della
borghesia medio-alta francese. Dai genitori
aveva ricevuto un'educazione con ampie basi
culturali. Diplomato nel 1928, si laureò a Parigi
in scienze naturali nel 1931, cominciando subito
l'attività di ricercatore in biologia e zoologia.
Nel 1936 si recò negli Stati Uniti a perfezionarsi e rimase un anno al California
Institute of Technology. Ritornò a Parigi nel 1937 e conseguì nel 1941 il dottorato in
biologia. Ripresa la ricerca alla Sorbona scoprì il fenomeno della doppia crescita
(diauxia) di colture batteriche in miscele differenti di zuccheri. Durante la guerra,
dopo varie vicende, cominciò a lavorare all'Istituto Pasteur.
Al Pasteur effettuò molte ricerche, in collaborazione con André Lwoff,
sull'Escherichia coli, un batterio che egli utilizzò poi regolarmente per i suoi
esperimenti. Scoprì così che un mutante casuale del batterio era in grado di
elaborare il lattosio, mentre ciò non era consentito alla specie originaria. La
metabolizzazione di tale zucchero richiedeva, infatti, la produzione di un corredo
enzimatico che il mutante era riuscito a generare e ad acquisire in proprio. Fu
questo il presupposto di una serie di nuove scoperte sul ruolo del Dna nella
trasmissione dei caratteri ereditari e delle capacità di vita e adattamento di un
essere vivente. Seguirono, poi, una serie di scoperte biochimiche relative ai
meccanismi delle sintesi proteiche e l'elaborazione di un nuovo quadro biologico
sull'adattamento dei batteri.
Avviò, all'inizio degli anni Sessanta, una collaborazione con François Jacob con cui
scoprì come il Dna, che è nel nucleo della cellula, trasferisce i suoi ordini ai
ribosomi che sono fuori del nucleo, nel citoplasma, e che effettivamente fabbricano
le proteine. Al centro del meccanismo c'è il cosiddetto Rna-messaggero, molecola
che copia il Dna come uno stampo, porta fuori dal nucleo l'informazione genetica e
consente la sintesi delle proteine.
Nel 1963, con Lwoff e Jacob, annunciò la teoria dell'operone, che portò i tre al premio
Nobel due anni dopo. Si trattava di una teoria che spiegava molti fenomeni nella
vita dei batteri e che al contempo forniva anche nuove linee di ricerca sulle
differenze embrionali degli organismi pluricellulari. L'operone è un sistema di geni
che si autoregolano in modo coordinato, con attivatori e repressori.
L'organizzazione sinergica di geni differenti è tra gli aspetti basilari nella
regolazione genica dei procarioti (batteri e cianobatteri).
Jacques Monod conquistò fama internazionale e nel 1967 fu nominato ordinario di
Biologia Molecolare al Collège de France. Nel 1971 divenne infine direttore
generale dell'Institut Pasteur. Morì di cancro a Cannes il 30 maggio 1976.
Quarant'anni fa scrisse il suo libro più famoso e discutibile: Il caso e la necessità. In
esso tenta di offrire un'analisi obiettiva del mondo, proponendo un accurato
riesame della teoria di Darwin sull'evoluzione delle specie. Con un'escursione dalla
biologia alla filosofia, Monod pretende di spiegare perché siamo fatti così come
siamo e perché agiamo in un certo modo anziché in un altro. L'analisi procede in
modo logico e rigoroso, senza ricorrere a spiegazioni trascendenti sull'origine della
vita. Per tale motivo quest'opera ha suscitato un vasto dibattito scientifico e
filosofico negli ultimi decenni. Il testo è discorsivo e non particolarmente tecnico,
per cui può essere letto anche da chi non abbia un'ampia cultura nel campo della
biologia.
La tesi sostenuta da Monod è che gli organismi viventi non sono altro che macchine
che contengono tutte le informazioni necessarie al proprio funzionamento. Essi non
sono guidati da un fine esterno, ma da proprietà "teleonomiche" che li rendono
nettamente differenti dalla materia inanimata. L'organizzazione di ogni forma
vivente è determinata dal Dna che, attraverso le proteine, trasforma le informazioni
in strutture e funzioni biologiche ben definite.
Essendo l'organismo vivente una macchina chiusa, un sistema incapace di ricevere
istruzioni dal mondo esterno, ogni modifica al codice genetico non può venire da
un'interazione con l'ambiente, ma ha origine da eventi del tutto casuali.
Tuttavia, dal momento in cui la modifica nella struttura del Dna si è verificata, essa
è inevitabilmente e fedelmente riprodotta in moltissimi esemplari dal sistema di
replicazione dell'organismo stesso, che opera con necessità inderogabile. Al totale
indeterminismo - il caso - posto all'origine delle mutazioni, Monod associa quindi
una concezione rigorosamente meccanicistica riguardante la selezione naturale, che
agisce sulle mutazioni stesse, quando l'organismo si confronta concretamente con
un determinato ambiente.
La teoria, non proprio originale, di Monod è che l'uomo ha dovuto nel tempo
inventare miti e religioni e costruirsi sistemi filosofici per riuscire a sopravvivere,
essendo un animale sociale, senza piegarsi a un mero automatismo. Il libro si basa,
quindi, sulla vecchia massima di Democrito: tutto in natura è frutto del caso e della
necessità e arriva a queste conclusioni sulla scorta delle osservazioni della natura
che Monod ha ottenuto dalla sua attività sperimentale.
Vale qui la pena di soffermarsi su un tema centrale: la nozione di finalità in
filosofia della natura e la sua riconoscibilità in ambito empirico.
Nella nozione di finalità vanno riconosciuti almeno tre livelli: l'esistenza di
regolarità, la presenza di una teleologia quale semplice finalismo funzionale, e
infine l'idea di finalità, come rimando a un progetto. Le prime due appartengono
alla nozione di finalità in senso debole o indiretto; la terza, vi appartiene invece in
senso forte. Le prime due sono oggetto di osservazione e di deduzione empirica, la
terza non può mai esserlo. La completa spiegazione scientifica del motivo di
regolarità e di teleonomie senza dover ricorrere necessariamente a principi
finalistici "esterni", non equivale ad aver risolto o no la necessità del ricorso a una
causa di carattere intenzionale che trascenda l'universo. Ma che il mondo risponda
o no a un progetto è affermazione metafisica, non scientifica: e coinvolge il terzo
livello di causalità. Pertanto non può essere decisa con il solo metodo empirico. E
qui la tesi di Monod viene colta in fallo.
(©L'Osservatore Romano - 10 febbraio 2010)