PROVINCIA DI VITERBO Assessorato all’Ambiente IL DISTRETTO VULCANICO VULSINO e I CALANCHI della TEVERINA CANDIDATURA AL RICONOSCIMENTO ‘PATRIMONIO DELL’UMANITA’ UNESCO Rossana Giannarini In collaborazione con Simone Martino Una delle missioni principali dell’UNESCO consiste nell’identificazione, nella protezione e nella tutela e nella trasmissione alle generazioni future dei patrimoni culturali e naturali di tutto il mondo. Sulla base di un trattato internazionale conosciuto come Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale, culturale e naturale, adottato nel 1972, e ratificata in Italia nel 1978, l’UNESCO ha finora riconosciuto un totale di 830 siti (644 beni culturali, 162 naturali e 24 misti) presenti in 138 Nazioni del mondo. Attualmente l'Italia è la nazione che detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell'umanità. Secondo la Convenzione, per patrimonio culturale si intende un monumento, un gruppo di edifici o un sito di valore storico, estetico, archeologico, scientifico, etnologico o antropologico. Il patrimonio naturale, invece, indica rilevanti caratteristiche fisiche, biologiche e geologiche, nonché l'habitat di specie animali e vegetali in pericolo e aree di particolare valore scientifico ed estetico. Il Patrimonio rappresenta l’eredità del passato di cui noi oggi beneficiamo e che trasmettiamo alle generazioni future. I nostri patrimoni, culturali e naturali, sono fonte insostituibile di vita e di ispirazione. Ciò che rende eccezionale il concetto di Patrimonio Mondiale è la sua applicazione universale. I siti del Patrimonio Mondiale appartengono a tutte le popolazioni del mondo, al di là dei territori nei quali esse sono collocati. Attraverso l’azione del Comitato intergovernativo per il Patrimonio Mondiale, l’UNESCO incoraggia i Paesi Membri ad assicurare la protezione del proprio Patrimonio naturale e culturale attraverso: o l’adozione una politica generale intesa ad assegnare una funzione strategica al patrimonio culturale e naturale nella vita collettiva e integrando la protezione di questo patrimonio nei programmi di pianificazione generale; o l’istituzione sul territorio, ove non esistano ancora, di uno o più servizi di protezione, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, dotati di personale appropriato, provvisto dei mezzi necessari per adempiere i compiti che gli incombono; o lo sviluppo studi e ricerche scientifiche per perfezionare i metodi di intervento che permettono a uno Stato di far fronte ai pericoli che minacciano il proprio patrimonio culturale o naturale; o l’istituzione o lo sviluppo di centri nazionali o regionali di formazione nel campo della protezione, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale e promuovere la ricerca scientifica in questo campo. L’UNESCO si adopera altresì per: Incoraggiare gli Stati membri della Convenzione a proporre siti appartenenti al loro territorio nazionale per l’iscrizione nella lista del Patrimonio Mondiale; Aiutare gli Stati a tutelare i siti del Patrimonio Mondiale fornendo loro assistenza tecnica e formazione professionale; Fornire un’assistenza d’urgenza ai siti del Patrimonio Mondiale in caso di pericolo immediato; Sostenere le attività degli Stati volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tutela del Patrimonio Mondiale; Incoraggiare la partecipazione delle popolazioni locali alla tutela del loro Patrimonio culturale e naturale; Incoraggiare la cooperazione internazionale nel campo della conservazione del Patrimonio Mondiale, culturale e naturale. Spetta ad ogni singolo Stato individuare e delimitare i differenti bei situati sul suo territorio.(Art.3) Ogni Stato partecipe della convenzione riconosce l’obbligo di garantire l’identificazione, conservazione, valorizzazione e trasmissione alle generazione future del patrimonio culturale e naturale, situato sul suo territorio. (Art.4) Gli Stati partecipi si attivano a (Art.5): - adottare politiche per assegnare al patrimonio culturale e naturale una funzione nella vita collettiva e per integrarlo nei programmi di pianificazione; - istituire sul proprio territorio, nel caso non esistano ancora, servizi di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale; - sviluppare studi e ricerche per perfezionare i metodi di intervenbto sul proprio patrimonio culturale e naturale e per assicurar la valorizzazione; - prevedere provvedimenti giuridici, amministrativi, tecnici e finanziari per l’identificazione, conservazione e valorizzazione del patrimonio. LA CANDIDATURA Lo Stato membro della Convenzione che intende candidare un proprio sito nella Lista deve : In un primo momento, con anticipo di almeno un anno, inviare un‘apposita scheda tecnica, per inserire la proposta in un elenco provvisorio (Tentative List) dei siti che verranno ciancicati negli anni successivi; Al momento della candidatura vera e propria dovrà accompagnare tale atto formale con un dossier tecnico scientifico che illustri il valore universale eccezionale e l’autenticità del sito; Fornire un adeguato piano di gestione del bene In Italia il Gruppo di lavoro interministeriale permanente per il Patrimonio mondiale dell’UNESCO, composto dal Ministero per Beni e le Attività culturali e dal Ministero dell’Ambiente, è incaricato della supervisione dei progetti di candidatura, che vengono quindi presentati alla Rappresentanza d’Italia presso l’UNESCO a Parigi per l’inoltro ufficiale al Centro del Patrimonio mondiale Unisco. L’UNESCO farà l’analisi della documentazione ricevuta ed effettuerà dei sopralluoghi nel sito anche avvalendosi della consulenza degli organi internazionali ICOMOS e IUCN. Tenuto conto anche dell’esito delle relazioni di questi organi consultivi, il Comitato per il PM, nella sua sessione annuale, prende la decisione di accogliere o meno nella Lista il candidato. Le motivazioni della candidatura vengono descritte attraverso la rispondenza ai criteri culturali e/o naturali stabiliti dall’UNESCO, e basato sulle condizioni richieste dalle linee guida operative(v. par suc.). I criteri sono 10: dal I-VI interessano i siti culturali e dal VII –X ai siti naturali. Per essere considerato di eccezionale valore universale un bene deve rispondere a condizioni di integrità ed autenticità e deve beneficiare di un adeguato sistema di protezione e di gestione che assicuri la sua salvaguardia. Il territorio della Provincia di Viterbo per le sue caratteristiche geomorfologiche geologiche e naturalistiche, nonché per l’alto grado di integrità del suo patrimonio naturale e paesaggistico rispecchia le caratteristiche per l’eleggibilità alla Candidatura UNESCO. Sull’area insistono inoltre 37 SIC, ZPS e 5 aree naturali protette, che agevolano la soddisfazione delle condizioni UNESCO per la garanzia della conservazione dei siti proposti. Ulteriore elemento di qualità e assicurazione di preservazione e valorizzazione è la presenza dell’Università degli Studi della Tuscia, polo scientifico di eccellenza territoriale. Le caratteristiche del territorio corrispondono al Criterio VIII per l’individuazione del patrimonio naturale: - costituisce un esempio eminentemente rappresentativo dei grandi stadi della Terra, ivi incluse le testimonianza della vita, dei processi geologici in corso nello sviluppo delle forme terrestri o degli elementi geomorfiche o fisiografici di grande significato. o L’identificazione dell’area Inizialmente la proposta per la candidatura includeva l’area comprendente i distretti vulcanici dei Vulsini, Cimini e Vicano. Le recenti direttive adottate nell’ultima riunione annuale del Comitato per il PM, ha definito nuovi termini che hanno determinato la scelta di candidare il solo distretto Vulsino perché caratterizzato da tre poli di eccellenza: la Caldera di Latera, il Lago di Bolsena e i Calanchi. o Aspetti geologici, geomorfologici, paesaggistici, naturalistici e culturali Il paesaggio vulcanico dei Monti Vulsini si presenta estremamente variegato. La prevalenza di una attività vulcanica di tipo areale ha dato luogo alla presenza di un centinaio di centri eruttivi e, nella zona centrale, di vaste depressioni. Tra le forme positive si individuano i numerosi coni di scorie e ceneri (per esempio Montefiascone e Valentano), la colata lavica di Selva del Lamone; tra quelle negative le più evidenti sono le grandi caldere ellittiche o sub-circolari di Latera e del Lago di Bolsena, che rappresenta il più grande lago vulcanico d’Europa. Il distretto è caratterizzato da diverse sub unità geologiche di notevole pregio tra cui le più rilevanti sono la Caldera di Bolsena, che ospita il lago omonimo, dalla Caldera di Latera, nella quale si trova il lago craterico di Mezzano, dalla Caldera di Montefiascone, riempita di depositi alluvionali e dalla Valle della Teverina interessata da fenomeni calanchivi (Calanchi di Bagnoregio). Versanti piuttosto acclivi che corrispondono ai bordi delle caldere ed a faglie e fratture o a colate laviche, si alternano con versanti più dolci, in corrispondenza dei prodotti piroclastici meno coerenti e delle ampie superfici strutturali, come i plateaux ignimbritici. Le valli incise entro questo paesaggio sono generalmente strette e profonde. Oltre alle forme tipiche del paesaggio vulcanico, nell’area in esame sono presenti testimonianze di processi di modellamento dei rilievi condizionati all’affioramento del substrato sedimentario delle vulcaniti, costituito da rocce pelitiche, o comunque, con una significativa componente argillosa. Il paesaggio è caratterizzato da colline con morfologia dolce e quote massime intorno a 150250 metri slm. Le intercalazioni di litotipi più coerenti, quali conglomerati, calcareniti ed arenarie trovano riscontro in forme più acclivi. Le valli, in particolare quella che ospita il principale corso d’acqua, il fiume Marta, divengono più ampie e piatte in risposta ad una più alta erodibilità. In questo contesto sono emblematici soprattutto nella fascia Est, che si affaccia verso l’Umbria, nella valle del Fiume Tevere, i fenomeni di modellamento delle acque dilavanti che investono le formazioni a prevalente componente argillosa dove le pendici del vulcano si mostrano con forme erosive a calanchi, forre e burroni con alti pendii. In questa zona si trova una ininterrotta serie di borghi storici arroccati e fortificati con difese naturali. Sul lato occidentale dell’apparato vulcanico le croste di dura lava formano tavolati a debole inclinazione, coperti di bosco o di macchia, ora molto ridotti (Selva del Lamone). Sul lato Nord l’apparato vulcanico è chiuso da colate laviche allungate in direzione Ovest-Est che formano alture come quella su cui sorge Acquapendente. A Sud la platea piroclastica si fonde con quella del sistema eruttivo Cimino. Dal punto di vista geologico il distretto è stato suddiviso in cinque complessi vulcanici principali distinguibili su basi strutturali e vulcanologiche, denominati: Paleovulsino, Bolsena-Orvieto, Montefiascone, Vulsini Meridionali, Latera. Il vulcanesimo vulsino, ha avuto carattere essenzialmente esplosivo, come testimonia la scarsa quantità di lave rispetto ai tufi. L’attività vulcanica copre, infatti, un ampio spettro di manifestazioni esplosive (hawaiane, stromboliane, pliniane, idromagmatiche e surtseyane), dando origine alla grande maggioranza delle rocce vulcaniche della regione, mentre solo sporadicamente, e per volumi modesti, s'incontrano i prodotti di manifestazioni effusive (colate laviche). I materiali eiettati furono scagliati a grandissima distanza, tanto è vero che mancano edifici vulcanici di proporzioni notevoli: le alture che sovrastano il lago e che rappresentano le quote più elevate dell'intero distretto vulcanico oscillano fra i 500 ed i 600 metri di altezza rispetto al mare e culminano nel Poggio Torrone, a nord di Bolsena, alto 690 metri. Intorno ai 600.000 ha inizio l’attività vulcanica definita “Paleobolsena”. Da questo centro vengono emessi i prodotti vulcanici più antichi affioranti sia ad Est che a Sud del lago. I prodotti riferibili al Paleobolsena consistono in tre orizzonti di pomici pliniane che, nei settori più periferici, appoggiano direttamente sulle argille pleistoceniche, e una diffusa formazione ad ignimbrite. Successivamente l’attività si sposta verso Est, nella direzione della zona di Bolsena, e ad Ovest nella zona di Latera, dando inizio al cosiddetto ciclo di “Bolsena”. I prodotti di tale attività sono principalmente costituiti da depositi di scorie saldate e coni di scorie. Non mancano tuttavia vere e proprie colate laviche, irradiatesi tutto intorno all’edificio principale, soprattutto ad ovest, dove si dilatano affiorando in estese placche. Esse spesso mostrano una struttura compatta, prismatica o sferoidale, talora invece, una struttura bollosa con aspetto scoriaceo. Si ricordano, tra le più famose le colate di lava, dette “pietre lanciate”. Un gran volume di scorie saldate si diffuse nell’area intorno al villaggio di Bolsena (390-360 mila anni fa). Immediatamente dopo, questa area fu influenzata da una vasta attività esplosiva che diede vita alla eruzione pliniana di Ponticello, nella zona nord-est dei vulsini, una formazione composta di pomini di trachite bianca, ed alla messa in posto di un’importante ignimbrite denominata “tufo di Bagnoregio” o “ignimbrite di Orvieto”. Questa ultima si diffonde nel settore Nord-Est con distribuzione areale di circa 200 km2 estendendosi da Bardano, a Nord, fino a Castel Cellesi, a Sud. L’attività del ciclo di “Bolsena” causò il collasso della caldera di Bolsena (localizzata al margine Nord-orientale della conca lacustre omonima). Quest’area ribassata ospita il lago di Bolsena la cui origine è quindi vulcano-tettonica. L’apparato centrale è rappresentato da un gruppo di ampi recinti craterici allargati da esplosioni e fusi insieme, a causa della demolizione di pareti divisorie, in modo da formare una cavità di 16 km di diametro. L’attività finale della caldera di Bolsena è rappresentata da eruzioni surtseyane e sublacustri con la ripresa di eventi vulcanici nell’are centrale dei Vulsini. Essa ha dato vita alle isole Martana e Bisentina, uno dei migliori esempi di attività surtseyana, formatasi circa 120000 anni fa. Contemporaneamente al centro di Bolsena, furono attivi tra 300.000 e 150.000 anni fa il centro di Montefiascone (a sud del distretto vulsino) caratterizzato da prodotti ignimbritici, di ricaduta ed idromagmatici, ed il centro di Latera (ad ovest) i cui prodotti appartengono alla serie potassica ed ultrapotassica. Gli scenari eruttivi della zona di Montefiascone sono stati condizionati da una intensa attività effusiva pre e post-calderica nella fascia centrale a da coni di scorie e di vaste colate di lava in quella meridionale. L’attività effusiva prevale su quella esplosiva. Tuttavia, questa ultima è stata molto intensa e prevalentemente di tipo idromagmatico, concentrandosi nella zona a sud est dell’attuale Lago di Bolsena, dove si è formata la piccola caldera di Montefiascone, del diametro di circa 3 km, ricoperta da depositi alluvionali. L’evoluzione della caldera è quindi sintetizzabile in due fasi vulcanotettoniche: 1) emissione della ignimbrite basale di Montefiascone con collasso della caldera; 2) attività idromagmatica e nuovo collasso, seguito da attività stromboliana circum e intracalderica. L’attività del vulcano di Latera è stata caratterizzata da grosse eruzioni a carattere esplosivo, con la messa in posto di circa 15 km3 di vulcaniti diffuse in un area di circa 800 km2. Queste sono caratterizzate principalmente da depositi di colata piroclastica, mentre le colate laviche hanno un volume nettamente subordinato e sono limitate prevalentemente all’attività iniziale e finale del vulcano. Il vulcano di Latera è caratterizzato da tre momenti: nel primo (400-300 000 anni fa) si manifesta l'emissione di grandi effusioni laviche; nel secondo (270-160 000 anni fa) si forma la caldera per lo sprofondamento del cono a seguito della messa in posto di un gran volume di ignimbriti; infine il terzo periodo (160-130000 anni fa) è segnato da attività stromboliana e idromagmatica con formazione di coni di scorie intra e pericalderici. La caldera, di forma ellittica con ampiezza 7x9 km si è formata in un arco di tempo di 90000 anni (da 400000 300000 anni fa) a seguito di collassi frammentari che si verificarono dopo eruzioni di formazioni di igminbrite di moderate dimensioni durante la seconda fase del vulcano. Presenta parecchi crateri ben riconoscibili, con quattro cinte crateriche concentriche, attestanti quattro diverse fasi eruttive. Un vasto atrio interno alla caldera è oggi solcato dal fiume Olpeta; in un piccolo cratere ben conservato si trova il Lago di Mezzano. È nel periodo “sin-calderico” cioè contemporaneo alla formazione della caldera che l'attività vulcanica comprese anche piroclastiti emesse sia da centri interni che esterni alla caldera. Tra i centri esplosivi esterni, che sono ancora morfologicamente ben riconoscibili, ricordiamo Valentano; presso l'abitato sono evidenti le manifestazioni di un'attività esplosiva che ha originato diversi centri e soprattutto coni di scorie (M. Starnina, Valentano, Madonna dell'Eschio). Contemporanea alla formazione della caldera è la messa in posto di un’ampia tipologia di depositi piroclastici che consistono in depositi da caduta di tipo pliniano e depositi da flusso. Sono stati distinti numerosi eventi eruttivi spaziati nel tempo e sono state individuate sette principali eruzioni. L’attività vulcanica non cessò, tuttavia con la formazione della caldera, ma ben presto le eruzioni interessarono la parte settentrionale del bordo della caldera stessa, con colate che si estesero nel territorio tra Onano e San Lorenzo Nuovo e che vennero emesse da una fessura che da Latera, attraverso la località Montagnola raggiungeva la conca del Lago di Bolsena. Successivamente il bordo settentrionale della caldera di Latera venne interessato da grandi sprofondamenti cui fece seguito un’attività intermittente che dette origine a strati di lapilli grigio-nerastri che si trovano nella zona settentrionale. Attraverso due fratture lineari, sempre in direzione Nord, venne originata la cosiddetta “Vulcanite Complessa di Pitigliano”, composta da depositi di pomice basale (sequenza non saldata), tufi saldati e flussi di lava che formano duomi esogeni con piccolo angolo. Tale complesso si riversò fino al territorio di Sovana e lo ritroviamo nella zona di poggio Murice e del fosso della Faggeta, nei pressi della Riserva Naturale Selva del Lamone. L’area della Selva si caratterizza principalmente per la presenza di colate laviche, di natura olivin-latitica, colore grigio scuro e localmente nero, o grigio chiaro. Esse rappresentano le ultime manifestazioni vulcaniche del complesso di Latera. Manifestazioni residuali della attività vulcanica sono le sorgenti termali, le puzzole ed i depositi di zolfo. o Giustificazione outstanding universal value L’intera area può vantare uno stato di conservazione e preservazione naturalistico, paesaggistico e culturale, pressoché inalterato, dovuto ad una scarsa antropizzazione e ad una moderata estensione delle attività antropiche prevalentemente concentrate nel settore agricolo. Quasi del tutto non sviluppate le attività industriale, assenza di urbanizzazione che resta circoscritta alle aree già abitate e mancanza di grandi arterie stradali o opere infrastrutturali, rendono la sua integrità una delle sue maggiori peculiarità. Quasi la totalità del territorio rientra sotto le direttive “Habitat” 92/43 CEE e “Uccelli” 79/409/CEE, che prevedono particolari attuazioni di misure atte alla salvaguardia di tali territori in coerenza con il loro sviluppo sostenibile. Il distretto rientra sotto i confini territoriali delle 7 Zone di Protezione Speciale, dei 30 Siti di Interesse Comunitario, di 1 Sito di Interesse Nazionale, di 1 Sito di Interesse Regionale e delle 3 Riserve Naturali Regionali assicurando quindi il mantenimento della loro integrità in armonia con le eventuali attività di sviluppo che possano essere programmate. Insistono sul territorio ulteriori vincoli regolati dalle Sovrintendenze ai Beni Archeologici e ai Beni Architettonici e Paesaggistici del Lazio. Inoltre altri strumenti di pianificazione territoriale: il Piano di Gestione Territoriale Provinciale, il Piano Territoriale Paesaggistico Regionale e i Piani Urbanistici Comunali, contribuiscono a preservare e proteggere le risorse dell’area vulsina. o Integrita’ L’intera area può vantare uno stato di conservazione e preservazione naturalistico, paesaggistico e culturale, pressoché inalterato, dovuto ad una scarsa antropizzazione e ad una moderata estensione delle attività antropiche prevalentemente concentrate nel settore agricolo. Quasi del tutto non sviluppate le attività industriale, assenza di urbanizzazione che resta circoscritta alle aree già abitate e mancanza di grandi arterie stradali o opere infrastrutturali, rendono la sua integrità una delle sue maggiori peculiarità. Quasi la totalità del territorio rientra sotto le direttive “Habitat” 92/43 CEE e “Uccelli” 79/409/CEE, che prevedono particolari attuazioni di misure atte alla salvaguardia di tali territori in coerenza con il loro sviluppo sostenibile. Il distretto rientra sotto i confini territoriali delle 7 Zone di Protezione Speciale, dei 30 Siti di Interesse Comunitario, di 1 Sito di Interesse Nazionale, di 1 Sito di Interesse Regionale e delle 3 Riserve Naturali Regionali assicurando quindi il mantenimento della loro integrità in armonia con le eventuali attività di sviluppo che possano essere programmate. Insistono sul territorio ulteriori vincoli regolati dalle Sovrintendenze ai Beni Archeologici e ai Beni Architettonici e Paesaggistici del Lazio. Inoltre altri strumenti di pianificazione territoriale: il Piano di Gestione Territoriale Provinciale, il Piano Territoriale Paesaggistico Regionale e i Piani Urbanistici Comunali, contribuiscono a preservare e proteggere le risorse dell’area vulsina. o Comparazione con altri siti Pochi siti hanno le caratteristiche dell’area del distretto vulsino, e della regione comagmatica romana. Quest’ultima manifesta una delle più alta concentrazione al mondo di laghi vulcanici e si caratterizza come l’area geografica con il più elevato livello (maggiore concentrazione) di vulcanismo, sebbene non attivo, dell’intero continente europeo. Dopo l’Islanda la regione europea con la più elevata potenzialità geo-energetica è il Lazio. Ciò ha destato interesse per la geotermia a finalità energetiche, a partire dalla crisi energetica degli anni ’70, anche se la diminuzione del prezzo del petrolio, tornato negli anni ’80 a 30 dollari al barile, ha rallentato la possibilità di effettuare investimenti che oggi avrebbero avuto notevoli ricadute socio-economiche. Sebbene lo sfruttamento delle risorse geotermiche non sia oggi di interesse da parte delle compagnie energetiche italiane, la presenza di altre forme (secondarie) di vulcanesimo quali fumarole, sorgenti termali ecc. è di notevole importanza oggi per l’area, costituendo una fonte di diversificazione per l’economia locale. Tale manifestazione di vulcanesimo secondario trova la sua massima concentrazione nella zona Ovest e Sud del distretto, nella città di Viterbo. Una analogia italiana alle manifestazione di sorgenti geo-termali, minerali e fumarole è rinvenibile nell’area dei Campi Flegrei, la quale presenta inoltre una particolare attività bradisismica. La peculiarità geologica dell’area vulsina è la presenza di un vulcanesimo con distribuzione areale, caratterizzato dalla presenza di caldere e laghi che hanno riempito le depressioni vulcano tettoniche. Il lago di Bolsena, in particolare, rappresenta non solo il lago vulcanico più grande della regione Lazio e di tutta Europa, ma un esempio emblematico di formazione secondo quel meccanismo denominato “downsag” (Cole et al., 2005). Esso consiste nella presenza di faglie anulari che non penetrano la superficie del terreno. Invece alcune o tutte le rocce che stanno sopra la camera magmatica si deformano piegandosi senza fratturazione. Sotto l’aspetto prettamente “genetico” la caldera di Bolsena trova la sua affinità con quelle di Taupo e Rotorua (Nuova Zelanda) (Cole et al., 2005). Una, particolarità del vulcanesimo vulsino è l’ampia serie di manifestazioni magmatiche presenti nell’area. Tra le più uniche e rare si devono ricordare quelle di natura surtseyana che hanno dato vita alle isole bisentina e martana, ultima manifestazione del distretto di Bolsena. Queste ultime oggi appaiono di forma semicircolare per la erosione e lo sprofondamento di una parte della struttura a cono che le costituiva. Altri due esempi similari di manifestazioni postcalderiche con presenza di isole lacustri si rinvengono nel Crater Lake, Oregon (Usa), e nel lago Taal, Filippine. Entrambi sono siti facenti parte della tentative list. Tra le manifestazioni vulcaniche già riconosciute come patrimonio naturale Unesco ci sono i vulcani delle Hawaii e del Kamchatka. Essi presentano tuttavia diversità dal vulcanismo vulsino in quanto le manifestazioni hawaiane, sebbene molto estese ed ancora attive, sono di natura esclusivamente effusiva, dando luogo a manifestazioni vulcaniche più omogenee, quali i vulcani a scudo e plateaux lavaci di natura basaltica. L’area del Kamchatka, presenta una densità di vulcani attivi di assoluto rilievo e di tipologie molto diverse (stratovulcani, a scudo, somma Vesuvio, peleani, ecc.). Anche il vulcano Teide, sull’isola di Tenerife si caratterizza per essere uno stratovulcano. Inoltre di recente è presente nella lista Unesco l’isola vulcanica Jeju con i Lava Tubes, caratterizzati da un sistema di gallerie con tetto e letto di carbonato multicolorato e muri di lava scura. Tutte queste manifestazioni, tuttavia, fanno riferimento ad una attività di tipo centrale. Non sono presenti nella lista esempi emblematici di attività di natura regionale cioè non correlate ad un vulcano centrale o ad attività fissurale. Al contrario, il vulcanismo vulsino, così come quello sabatino, facente sempre parte della regione comagmatica romana, è di tipo “areale”, cioè con un apparato esterno che non appare circoscritto ad un cono, ma interessa un’area più o meno vasta. Morfologicamente il distretto vulcanico vulsino ha molte affinità con quello dei Monti Sabatini: entrambi sono caratterizzati da chimismo alcalino potassico e sono più ampi e più piatti degli altri Distretti Vulcanici adiacenti (la provincia magmatica toscana, il Distretto Cimino, il sistema vulcanico tolfetano-cerite e il Distretto dei Colli Albani). Entrambi, inoltre, sono caratterizzati dalla presenza di diversi centri vulcanici sparsi su una vasta area e, nella zona centrale, da ampie depressioni vulcano-tettoniche, occupate, rispettivamente, dai laghi di Bolsena e Bracciano. Queste manifestazioni geologiche non trovano riscontro in nessun sito vulcanico della lista ufficiale. Analogie sono, invece, rinvenibili con l’area calderica dei Campi Flegrei. La particolarità ed i punti di forza dell’area vulsina sono le notevoli manifestazioni vulcaniche che si estendono su una superficie di oltre 2000 chilometri quadrati, tutte riconoscibili, intatte, e aventi diverse dinamiche. Una recente ricognizione (Nappi et al., 1998) ha riconosciuto nell’area vulsina 10 differenti fasi eruttive con attività sia effusive che esplosive. Queste sono caratterizzate da un range vasto di magmi la cui composizione appartiene alle serie magmatiche della leucitite, basante e shoshonite. I centri vulcanici del distretto vulsino, hanno una storia geologica unica. Essi non possono essere comparati con altri vulcani perché si sono formati attraverso una serie di attività, parallele e non, con spostamenti dei centri di eruzione e manifestazioni di attività effusive ed esplosive variegate e diverse. I geositi dell’area vulsina e sono rappresentativi dei più importanti fenomeni geologici e vulcanici avvenuti nell’area e di cui si conservano testimonianze. Le tipologie che li rappresentano abbracciano il campo di studio della vulcanologia, dell’idrogeologia, della mineralogia e della geomorfologia; non mancano inoltre siti che mostrano ancora oggi un rilevante interesse naturalistico e in cui inevitabilmente, da un certo momento della storia dell’area, si intreccia la vita dell’uomo con quella della natura. Nel mondo esistono decine di aree calderiche che possono avere dinamiche e caratteristiche geologiche similari a quella del distretto vulsino. Alcune di queste si possono rinvenire in Centro e Sud America. Nel continente europeo l’attività vulcanica a diffusione areale è concentrata essenzialmente in Italia, ed in particolar modo nel Lazio. Nessuna, tuttavia, presenta la combinazione di manifestazioni vulcaniche areali intatte come quelle dell’area dei Vulsini, abbinata a notevoli emergenze archeologiche consegnateci da almeno tre civiltà (villanoviana, etrusca e romana). È questa integrata combinazione di attività umane che si distende sulle emergenze geologiche e naturalistiche di un area vulcanica relativamente giovane, sebbene non più attiva, a fornire al distretto Vulsino un valore di universale bellezza.