Cenni storici sulla Chiesa di
Calvene
(ricerca curata da Andrea Pasin della Consulta dei Giovani del Comune di Calvene)
La chiesa di Calvene ha origini molto
antiche. La tradizione vuole che sia stata
fondata e consacrata da San Prosdocimo
Vescovo di Padova e Vicenza, la cui opera
di evangelizzazione nella Venezia
occidentale risalirebbe alla fine del III
secolo ed inizio IV secolo.
Nel 911 d.C. Berengario, duca del Friuli,
cinta già la corona di re d’Italia,
concedette al vescovo patavino Sibicone di
erigere castelli entro i confini della diocesi
per contrastare le micidiali incursioni degli
Ungari.
Intorno al 915 d.C. il re, divenuto anche
imperatore, trasferì allo stesso vescovo il
pieno dominio della valle del Brenta e le
zone adiacenti assieme al reiterato
permesso di costruire fortezze. Questa
concessione portò ad un’opera di
potenziamento dei patrimoni e delle
prerogative religiose della chiesa padovana in quella parte della diocesi conosciuta, data la morfologia dei
luoghi, come sulle montagne "in montanis". Questo territorio andava oltre la valle del Brenta, comprendendo
tutta la fascia pedemontana, l’altopiano di Asiago e le prealpi feltrine.
È quindi con la donazione berengariana che Calvene, pur trovandosi in territorio vicentino, rientra a tutti gli
effetti sotto il dominio e la giurisdizione del vescovo di Padova. Se prima di questo evento il nostro paese
facesse parte della diocesi di Vicenza non è dato a sapersi, vista la quasi nulla presenza di documenti
attestanti una tale realtà. Gli stessi storici sono discordi e l’origine della singolare conformazione territoriale
della diocesi di Padova, formata da due tronconi, uno meridionale facente capo alla città e l’altro settentrionale
staccato dal primo ma unito di fatto dall’asta fluviale del Brenta, resta tuttora incerta.
Il processo di potenziamento iniziato con il vescovo Sibicone fu continuato dai suoi successori a favore dei
monasteri femminili di San Pietro e Santo Stefano di Padova, fondati tra il 1026 e il 1030; entrambi erano
provvisti di corti e dipendenze agricole a Centrale, Zugliano, Lugo e Calvene.
Nel 1034 il vescovo di Padova Burcardo affidò alle benedettine del monastero di Santo Stefano la Pieve di
Calvene, di questa le monache riscuotevano la decima ed avevano facoltà di nomina del sacerdote officiante.
Numerose sono le notizie attestanti disponibilità fondiarie e collegamenti sociali nelle località di Breganze,
Calvene e Carrè, ed inoltre vi è il fondato sospetto che nel XI sec. una parte dell’alto clero cittadino provenisse
da queste contrade, ormai perfettamente assicurate alla diocesi di Padova.
La Pieve di Calvene era intitolata a S. Maria, "Sancte Marie de Calvenna", come risulta dalla conferma che
l’antipapa Clemente III nel 1091 fece dei beni appartenenti al monastero di
Santo Stefano, tra cui rientravano le decime della chiesa di Calvene. È da sottolineare che anche le Pievi di
Caltrano, Breganze, Thiene, Marostica nonché le stesse prime Pievi di Vicenza e Padova, avevano la medesima
intitolazione: Santa Maria.
Nel X secolo tutta la diocesi aveva ormai assunto una sua precisa organizzazione ecclesiastica, imperniata sulle
Pievi o Chiese Battesimali, le quali rette ciascuna da un arciprete cui si potevano affiancare altri presbiteri,
diaconi e chierici, erano preposte al servizio religioso di un territorio alquanto vasto.
La Pieve, definita anche Chiesa Matrice "ecclesia major o matrix", aveva ad essa soggette altre chiese o
cappelle. La chiesa di Calvene era matrice delle chiese filiali di San Giovanni Battista di Lugo, San Giorgio di
Perlena e Sant’Andrea di Mason.
Emblema della Pieve era il Fonte Battesimale perché a quel
tempo solo nelle Pievi, chiamate per l’appunto Chiese
Battesimali, poteva essere amministrato il Sacramento del
Battesimo ed i fedeli delle chiese soggette dovevano confluire
alla chiesa madre per farsi battezzare. Chiara riprova di tutto
questo è data dal maestoso battistero romanico che risale
presumibilmente al XI - XII secolo, oggi ancora conservato
nella chiesa di Calvene. Tale Fonte Battesimale in occasione
della visita pastorale del 1533 fu definito "magnus et pulcer et
nitidus".
Nel 1406 questa chiesa veniva ricordata come Collegiata cioè
una chiesa non cattedrale, al cui servizio è addetto un collegio
di sacerdoti istituito per conferire maggiore solennità al culto.
Nel 1488 il vescovo Barozzi nella sua visita lasciò scritto che
alla chiesa Santa Maria di Calvene erano soggette quelle di San
Giovanni Battista di Lugo, San Pietro e San Giorgio in
campagna di Lugo. Le chiese di Sant’Andrea di Mason e San
Giorgio di Perlena si erano staccate probabilmente già molto
tempo prima, confluendo nella Pieve di Breganze. Infatti la
decima papale del 1297 ci informa che la Pieve di Calvene non
aveva alcuna chiesa sotto di sé ed era retta dal prete
Benedetto coadiuvato dai chierici Albertino e Leonardo.
Nessuno di questi pagò quella decima e nell’estimo del secolo
seguente, la Pieve fu valutata 22 lire di piccoli ed i chiericati
10.
Nel 1571 la visita pastorale del vescovo Nicolò Ormanetto
trovò la chiesa di San Giovanni Battista di Lugo unita a
quella di Calvene.
Nel 1601, anno della visita pastorale del vescovo Marco
Corner, la chiesa di Lugo era ancora retta dall’Arciprete di
Calvene ed iniziò allora la controversia che avrebbe
portato alla scissione delle due chiese. In quel tempo la
parrocchia era amministrata da un sacerdote cieco e che
per tale motivo ottenne l’autorizzazione dal vescovo di
eleggersi un cappellano che lo coadiuvasse nella chiesa di
Lugo. Alle comunità di Lugo e Lonedo venne altresì
imposto di contribuire la somma di dodici ducati per cera
ed olio alla Parrocchia di Calvene. Lo smembramento
definitivo della chiesa di Lugo da quella di Calvene avverrà
qualche decennio dopo. Il Comune di Lugo infatti, nel
1627 fece istanza al vescovo di Padova per ottenere
l’autonomia religiosa dimostrando che tra le due chiese vi
era una distanza sufficiente a giustificare tale richiesta ed
eseguita la misurazione essa risultò di 1888 pertiche.
Nonostante l’invio al vescovo di una delegazione del
Comune di Calvene che scongiurava temporaneamente la
separazione, questa si attestò intorno al 1640 e le anime si
ridussero notevolmente.
Il 31 ottobre del 1503 il vescovo Barozzi durante la sua
seconda visita pastorale, consacrò la nuova chiesa di
Calvene, ricostruita per ordine e secondo la forma da lui
stesso data.
L’Arcipretale di Calvene nella visita pastorale del 1533 fu definita "magnam optime fabricatam et opertam";
essa era provvista di quattro altari di cui uno non consacrato. Intorno aveva il cimitero e vicino il campanile
con due campane; questa chiesa sorgeva tra il torrente Chiavona e l’attuale cimitero e sopra la sua porta
erano scolpite le parole "esto memor nostri MDXXV XXIX Augusti".
La medesima chiesa ebbe l’onore di essere visitata dal Beato Gregorio Barbarigo Cardinale e Vescovo di
Padova il 13 settembre 1668. Il Cardinale fu incontrato e accompagnato in chiesa dall’arciprete con il suo
popolo; qui si inginocchiò davanti all’Altare Maggiore e dopo una breve orazione benedisse il popolo stesso.
Recitò un devoto discorso e successivamente fece le esequie dei defunti in chiesa e sopra il cimitero; lo stesso
Beato la visitò nuovamente nel 1675.
La chiesa di Calvene nella notte del 31 luglio del 1850 in seguito ad una rovinosa piena del torrente Chiavona,
subiva gravi danni; l’acqua squarciando il muro di cinta del cimitero la inondò a più riprese, ingombrandone di
sassi il pavimento. Fu allora che la popolazione guidata dal Reverendo Arciprete Don Michele Panozzo, sentì
l’esigenza di erigere un nuovo tempio proporzionato anche all’aumento demografico. La nuova chiesa veniva
costruita più ampia e più bella al centro del paese. La vecchia chiesa invece, provvisoriamente riparata, subiva
una seconda inondazione l’anno successivo (1851), minacciando di crollare ad una nuova fiumana ed ormai
fatiscente fu interamente demolita qualche tempo dopo.
La nuova Arcipretale fu edificata in meno di due anni tra il 1850 – 1852 con il concorso ed i sacrifici di tutta la
popolazione. Questo significò per le donne protratte veglie allo scopo di ultimare la treccia di paglia, risultando
alla fine più di duemila cappelli annui a favore della chiesa; per gli uomini invece il lavoro manuale, spaccando
e trasportando pietre, scendendo sulle sponde dell’Astico e della Chiavona per recuperare la sabbia necessaria,
offrendo inoltre legname, armature, nonché "svariate largizioni di danaro sonante", come sottolinea l’Abate
Giovanni Rezzara nel suo "Discorso per la solenne inaugurazione della nuova chiesa Arcipretale di Calvene" nel
1858. Dal Consiglio Comunale si assegnò a pieni voti una vistosa somma; Don Michele Panozzo si umiliò al
trono supplicando elargizioni all’Augusto Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, il quale concesse la somma
di mille fiorini, somma non del tutto irrisoria se si pensa che rappresentava circa quattro volte il guadagno
annuo di un operaio in Austria durante la monarchia asburgica. È utile ricordare che il Veneto e quindi anche
Calvene dal 1815, data del Congresso di Vienna, ininterrottamente fino al 1866, Terza guerra di indipendenza,
rientrava nel Regno del Lombardo Veneto la cui corona era cinta dall’Imperatore d’Austria che risultava
insignito re della Lombardia e di Venezia.
La costruzione della nuova chiesa fu eseguita dal signor Francesco Chioccherello, su disegno dell’architetto
Antonio Diedo splendore della Scuola Veneta e l’opera finita fu valutata oltre 140.000 fiorini.
A causa dell’alluvione del 1850 uno dei cinque altari andò distrutto, precisamente quello della Madonna della
Cintura. La statua fu ritrovata qualche tempo dopo arando un podere in prossimità della vecchia chiesa,
portata processionalmente in canonica, vi rimase in attesa che venisse approntato un altare per accoglierla. La
Madonna, pregevole opera del 1400, attualmente è situata nel Capitello di San Marco vicino alla piazza del
paese, in sostituzione della terracotta raffigurante San Pietro, anch’essa del 1400, collocata in sacrestia.
Tra il 1863 e il 1866 veniva eretto il campanile fino alla base della guglia, quest’ultima compiuta sotto il
Ministero di Don Pietro Costa, ha un’ossatura in larice e misura ben 18 metri di perimetro.
Sempre Don Pietro Costa nel 1912 faceva abbellire la facciata della chiesa deturpata dalle varie intemperie; il
pittore Attilio Bordin di Este, allievo del prof. D. Demetrio Alpago, dipinse i due medaglioni con le immagini di
San Giuseppe e Sant’Antonio da Padova e sotto l’attico l’Angelo che saluta Maria. Infine vennero collocate due
statue in marmo di Carrara raffiguranti gli Apostoli Pietro e Paolo, scolpite dal lucchese Sacrante da
Pietrasanta.
Nel 1913 veniva decorato il presbiterio e dipinta sotto la cupola l’Assunzione ed Incoronazione di Maria
Santissima, sempre ad opera del pittore Bordin; ancora nel 1913 erano posti i due Angeli ai lati dell’Altare
Maggiore.
Dalle risposte ai questionari della visita pastorale del 1922, risulta che gli altari laterali erano quattro con in
aggiunta la grotta di Lourdes, attuale Cappellina. Discendendo dall’Altare Maggiore a destra si presentava
l’altare della B.V. della Consolazione detta anche della Cintura, in seguito sostituita dal Sacro Cuore e quindi
l’altare di San Pietro Martire. A sinistra discendendo si trovava l’altare del Rosario e poi quello dedicato a
Sant’Antonio. Quest’ultimo veniva eretto nel 1920 per voto di guerra, affinché Sant’Antonio preservasse il
paese dall’avanzata delle truppe austro-ungariche durante la Prima Guerra Mondiale. Poiché la protezione si
avverò l’altare veniva posto in opera affidandone l’esecuzione allo scultore Sacrante da Pietrasanta e la
decorazione al pittore Vittorio Puppin di Schio, nipote dell’autore dell’Apparizione della Croce a Costantino sotto
il soffitto della chiesa e degli acquerelli sparsi fra gli intercolumni delle pareti laterali.
É da ricordare infine l’organo inaugurato nel Natale del 1871 e costruito dai fratelli Zordan di Cogollo. Questi si
ispiravano, come altri celebri organari dell’epoca, a tecniche costruttive e orientamenti estetici e fonici della
scuola neoclassica veneta, facente capo all’organaro Nacchini. Le opere dei fratelli Zordan sono sparse nelle
province di Vicenza e Padova.
Voglio concludere questa premessa storica usando le parole che l’Abate Giovanni Rezzara scrisse, in quel modo
tipico dell’ottocento, in occasione dell’inaugurazione della nostra chiesa avvenuta il 17 ottobre 1858.
"Deh! Quale soddisfazione non proveranno i vostri cuori, o dilettissimi Calvenesi, oggi che tra lo sfarzo di tanta
religiosa pompa, tra le congratulazioni degli accorsi ad ammirare le stupende opere vostre v’è dato di
contemplare il frutto di tante fatiche, di tante largizioni portato a quell’apice, a cui smisuratamente
intendevano i vostri voti! Quale non dee essere la vostra compiacenza considerando che tramandate a ‘posteri
un sì luminoso trionfo della vostra pietà e religione, un monumento che vi assicura una gloria immortale!".
Noi oggi siamo qui ad ammirare il luminoso trionfo della pietà e religione dei nostri predecessori.
Calvene, 9 maggio 1998