La mappa dell`islamismo in Italia che fa tremare il Viminale

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La mappa dell’islamismo in Italia che fa tremare il Viminale
La mappa dell’islamismo in Italia che fa
tremare il Viminale
Fonti dell’intelligence dicono al Foglio il numero di persone controllate e pericolose. La terra
promessa del Califfo
di Cristina Giudici | 19 Novembre 2015 ore 17:35
Alcuni combattenti dello Stato islamico
Milano. Per capire cosa succede in Italia, dove l’allerta terrorismo è stata portata dal Viminale al
secondo livello che precede lo stato d’emergenza, non c’è bisogno degli allarmi dell’Fbi sugli obiettivi
sensibili. Basta leggere i post che stanno circolando su Facebook su alcuni profili. Come per esempio
quello di “Islam Italia”, seguito da quasi quattromila persone fra cui molti italiani convertiti, che
probabilmente serve anche alla nostra intelligence per tenere sotto controllo le “menti migliori”
dell’islamismo italiano. E’ qui che si possono leggere alcuni hadith – veri o presunti – del profeta
Maometto che avrebbero profetizzato l’avvento dell’Is. Per esempio questo: “Secondo Abu Huraira
(che Allah sia soddisfatto di lui) disse il Profeta (pace e benedizioni su di lui): Giungeranno le
‘bandiere nere’ dal Khorasan, nessuno riuscirà a fermarli, fino a quando pianteranno le loro bandiere
a Gerusalemme”. Oppure quest’altro altrettanto eloquente: “Noi siamo gente di una stirpe alla quale
Allah ha destinato l’oltretomba piuttosto che questo mondo. La gente della mia stirpe subirà un
grande affronto dopo la mia morte, e sarà perseguitata fino a che un popolo che reggerà uno
stendardo nero giungerà da oriente”. Non si tratta di pensieri (deliri?) in libertà perché la risposta di
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La mappa dell’islamismo in Italia che fa tremare il Viminale
una parte significativa della ummah italiana agli attentati di Parigi è stata quella di mostrare in rete
donne bardate dietro un burqua come eroine che si oppongono ai crociati. Appunti sul codice etico da
rispettare in guerra, sempre secondo Maometto.
Il Foglio è in grado di ricostruire grazie alle proprie fonti una radiografia aggiornata dell’islam
radicale che viene dall’Italia, e di pubblicare numeri precisi sui foreign fighters italiani. Il numero di
combattenti legati all’Italia, partiti per fare il jihad nelle terre del Califfato, è a oggi di 90 mujaheddin:
sei sono gli italiani convertiti, sei sono appartenenti alle seconde generazioni di musulmani con
cittadinanza italiana, venti immigrati residenti e partiti dal nostro paese, e altri venti che hanno
vissuto per un periodo in Italia. I restanti trentotto sono immigrati naturalizzati che sono andati a
combattere in Siria passando per i loro paesi di origine (la maggior parte di loro viene dal maghreb
ma ci sono anche dieci cittadini di origine balcanica). Una notizia che non è ancora divulgata dal
Viminale riguarda gli ultimi a partire e arrivati in Siria nel mese di ottobre, che sono tre maghrebini.
Per aggirare i controlli, non sono passati dalla Turchia, ma dalla Tunisia e dal Marocco, dove si sono
recati per congedarsi dai loro familiari, avendo un biglietto di sola andata per il jihad. Sicuri, quindi,
che moriranno in battaglia. Il loro profilo somiglia molto a quello dei loro fratelli francesi: giovani,
cresciuti in Europa, rimasti senza lavoro e poi reclutati da qualche predicatore itinerante.
Ora che l’allerta terrorismo cresce, si passa al
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setaccio nel magma fondamentalista per prevenire
qualsiasi minaccia, e le sedi provinciali della Digos
• Fortezza Europa?
stanno studiando i profili dei radicali per decidere di
• Già oltre 1.000 le vittime dello Stato islamico fuori
fare ulteriori espulsioni. Se è vero che – come ha
da Iraq e Siria
ribadito il ministro dell’Interno, Angelino Alfano –
• I limiti delle procure italiane nel fare la guerra al
“non abbiamo mai confuso chi spara, che è un
terrorismo
assassino, con chi prega, che va difeso se non è
• In 18 mesi sono raddoppiati i foreign fighters dello
Stato islamico
colluso”, i dati del Viminale sulle azioni preventive
complessive divulgate per rassicurare l’opinione
• La colpevole menzogna del “disagio”
pubblica destano al contrario preoccupazione: 540
• La strada dei foreign fighter italiani passa
perquisizioni su soggetti legati in vari modi al
dall’Albania
terrorismo, 56.426 persone controllate, 147
• Legalità internazionale, e partite!
arrestati, 325 indagati, 259 respinti alla frontiera
• Noi coetanei dell’orrore
per mancanza di requisiti, 8.493 veicoli controllati,
55 espulsi (la prima espulsione dopo gli attentati a
Parigi risale a lunedì scorso ). Per concludere il quadro, vi forniamo un altro numero, fino a oggi
inedito, che è piuttosto inquietante: sono mille i luoghi sorvegliati dalla nostra intelligence perché
considerati crocevia di islamisti o frequentati da predicatori itineranti del jihad. “Non si tratta solo di
moschee, ma soprattutto di associazioni culturali, luoghi di aggregazione fisici fuori dal web, a volte
solo degli scantinati o dei sottoscala all’interno di condomini e situati quasi sempre alle periferie di
città e piccoli comuni”, spiegano alcuni investigatori impegnati sul fronte della prevenzione del
terrorismo al Foglio. Si tratterebbe in totale di circa 300 islamisti, considerati più attivi e determinati,
anche se la maggior parte si limita ad azioni di proselitismo. L’Italia è da sempre terra di transito e
base logistica di terroristi, che nelle conversazioni intercettate non hanno mai dichiarato di aver
messo l’Italia nella lista dei loro target – tranne che per la ricorrente evocazione simbolica e spesso
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strillata dai propagandisti dell’Is di voler puntare le loro spade affilate verso il Vaticano. Però non
sono mai state trovate armi né ordigni esplosivi sul nostro territorio. E infatti, scorrendo le mille
pagine dell’ultima ordinanza di custodia cautelare che ha smantellato la settimana scorsa la cellula
europea Rawti Shax (diretta dalla Norvegia dal mullah curdo Krekar, leader dell’organizzazione
qaedista Ansar Al Islam confluita nell’Is che contava su una rete a Merano, in provincia di Bolzano) si
capisce che l’Italia, in particolare il nord­est, serviva come base logistica per fare foundrising,
reclutare combattenti e favorire il transito del corridoio clandestino di mujaheddin che dall’Europa
vanno e vengono in Siria. Come il kossovaro Eldin Hozda, radicalizzato in Toscana, poi trasferito a
Merano, reclutato da Abdul Rahman Nauroz. Hozda nel gennaio del 2014 è stato inviato in Siria
mediante il supporto logistico ed economico dell’organizzazione curda di Ansar al islam. Hozda non è
il prototipo del foreign fighters (che di solito è un immigrato di seconda generazione) ma come tanti
combattenti stranieri che partono dall’Italia è sedotto dal Califfato anche perché gli è stato promesso,
oltre al paradiso, molte certezze terrene: un compenso di circa 1.500 euro, una casa, una famiglia.
I combattenti che non bastano mai
Hozda appartiene alla schiera di coloro che il sociologo dell’università Cattolica del Sacro Cuore di
Milano, Marco Lombardi, noto esperto di terrorismo islamico, definisce coloni: “non combattenti
professionisti, ma uomini e donne che vengono invitati a trasferirsi nelle terre del Califfo, per loro
una terra promessa, perché i combattenti non bastano. Non dimentichiamo che l’Is ha creato uno
Stato multietnico con musulmani arrivati da cento paesi”, spiega al Foglio. Secondo Lombardi, però,
dai dati incrociati con le intelligence europee, i combattenti stranieri italiani sarebbero un numero
maggiore rispetto a quello che risulta alle nostre fonti italiane: almeno 120. E si può solo intuire fino a
che punto siano diventati pericolosi. Un islamista intercettato in Italia dai Ros dice: “Non vado bene
per niente eccetto per il martirio perché non ho né una moglie né figli. Non ho un lavoro. Cosa dovrei
fare qui? E’ meglio andare là o farmi saltare in aria?”. Ecco perché i musulmani più fanatici su
Facebook continuano a sostenere che l’Is è l’inveramento delle profezie di Maometto. E non solo: ora
circola in rete un’altra tesi che fino a pochi anni fa negli ambienti islamici si ammetteva solo in
segreto. E cioè che è proibito per ogni musulmano vivere nella terra dei kuffar (infedeli) a meno che
non sia impossibilitato a emigrare, o a meno che non vi siano dei benefici per l’islam e ci si impegni
nell’appello all’Islam (Da’wah). A noi non resta che prendere appunti, e iniziare a difenderci.
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