Astrofisica Generale Mod. B parte XI Materia oscura nelle galassie Laurea Magistrale in Astronomia AA 2013/14 Alessandro Pizzella Sommario 1) Introduzione 2) DM in galassie a Spirale 2.1) curva di rotazione di un disco esponenziale 2.2) curva di rotazione universale 3) Alone isotermo e NFW 3.1) Maximum disk 4) DM in galassie ellittiche 4.1) cinematica stellare 4.2) per andare più lontano: HI, raggi X, nebulose planetarie 5) Galassie nane 6) galassie a bassa brillanza superficiale 7) Ammassi di galassie 8) Lenti gravitazionali: Weak, strong, micro 9a) Alternative alla DM: MOND ? 9b) Altrenative alla Dark Energy: modifiche della relativita' Della materia ordinaria solo l'8% è composto da materia luminosa. Il restante (materia oscura barionica) è composto probabilmente da gas (molto caldo o molto freddo) oppure da residui stellari (come nane bianche primordiali o MACHOs). La materia oscura non barionica è composta da particelle non ancora note. La materia oscura oscura è necessaria per 3 principali motivi: 1) Modelli cosmologici di formazione delle strutture (galassie, ammassi di galassie) a partire dalle osservazioni del fondo cosmico infrarosso non si riescono a formare senza l'aiuto di materia oscura. 2) Le osservazioni di dinamica di galassie ed ammassi di galassie indicano la presenza di materia oscura. 3) la DM è necessaria per poter ottenere un universo piatto (a curvatura nulla) come quello che osserviamo Galassie a Spirale La prima evidenza di materia oscura legata alle galassie si è avuta nelle galassie a spirale. La luce di un disco è ben descritta dall'andamento esponenziale di Freeman I=I0exp(­r/h) dove I0 è la brillanza superficiale centrale ed h è il raggio di scala. Nella approssimazione di disco sottile, è possibile derivare analiticamente la curva di rotazione circolare generata da una tale distribuzione di densità. Eguagliando la forza centrifuga alla forza centripeta di gravità si ottiene che: V2disco(r)=4GI0(M/L)discohy2[I0(y)K0(y)­I1(y)K1(y)] y=r/2h I e K sono le funzioni modificate di Bessel mentre il termine (M/L)disco indica il rapporto M/L del disco. Si può vedere che: 1) la velocità è proporzionale alla brillanza superficiale I0 2) il raggio r entra solo come r/h. In altre parole, cambiare h non significa cambiare la curva nella sua forma, ma solo scalarla. Tutti i dischi esponenziali hanno quindi una curva di rotazione simile, con una Vmax che si trova a circa 2.4h. Per un tipico valore di h=3kpc­4kpc Vmax cade a circa 10kpc. Oltre questo valore massimo la velocità comincia a scendere come indicato nella figura. Questo però non è quello che si trova misurando la curva di rotazione delle galassie a spirale. Quello che si trova infatti è che le curve di rotazione tendono ad una velocità asintotica. Il declino delle velocità per distanze maggiori di 10kpc non si vede. Questo però non è quello che si trova misurando la curva di rotazione delle galassie a spirale. Quello che si trova infatti è che le curve di rotazione tendono ad una velocità asintotica. Il declino delle velocità per distanze maggiori di 10kpc non si vede. La materia oscura è responsabile dell'assenza del “tratto Kepleriano” (così viene chiamato il tratto dove V∝r­1/2 ). Somma delle velocità Conviene fare ora una semplice ma utile considerazione su come si sommano le velocità di diverse componenti di massa. Le velocità di diverse componenti si sommano quindi in maniera quadratica. Se ho una galassia composta da un disco ed un alone allora Curva di rotazione delle galassie a Spirale Vi sono diverse leggi più o meno empiriche che descrivono la curva di rotazione delle galassie a spirale. Curva universale Si tratta di una curva derivata empiricamente mediando la curva di rotazione di un migliaio di galassie a spirale di diverso tipo morfologico (Persic, Salucci, Stel 1996). Si calcola separatamente la velocità dovuta al disco e all’alone oscuro: V 2 disk 1.22 2 R =V V opt 1.97x 2 V =V / V V V V 2 1.43 x 0.78 1 La relazione è valida nell’intervallo 0.04Ropt<R<2Ropt. Ropt è il raggio che racchiude l’83% della luce e vale 3.2h (dove h=raggio di scala del disco esponenziale) e è una costante che dipende dalla luminosità. La velocità circolare dovuta all'alone è pari a V 2 halo R =V 2 2 x V opt 1−1a 2 2 V V 2 2 I parametri a e valgono: =0.720.44log a =1.5 L V asterisco L V 3 asterisco 1/5 4 Con Lasterisco=L*=1010.4L⊙. La curva di rotazione “universale” é data dalla somma dei due contributi di alone e disco e quindi 2 2 1/2 disco halo È importante ricordare che si tratta di una formula assolutamente empirica, valida solo per determinati intervalli di R ( 0.04Ropt<R<2Ropt. Ropt) ed L (L<4.33L*). Sembra comunque significativo il fatto che questa curva sia lontana da quella prevista dai modelli cosmologici HC NFW (quindi universo CDM). Per operare il confronto si può ricavare la massa dell’alone relativa a Vhalo che viene: V=V V 5 3 V Mhalo x = V V V V V11a 2 2 V V 2 6 da cui deriva una densità dell’alone di materia oscura di 2 2 1 dM ∝ x 3a = 2 2 2 2 a R V V V V 7 Alone Isoterma Un modello di alone molto usato è il cosiddetto “alone sferico isotermo”. Un gas di particelle in equilibrio idrostatico e temperatura uniforme è caratterizzato da un profilo di densità esprimibile come (con qualche approssimazione): 2 −1 [ ] R =0 1 V . VC 8 La curva di rotazione corrispondente è V 2 R =4 G 0 V halo 2 C [ VV 1− arctan V / V V V ] 9 Con velocità asintotica V∞= 4 G 0 R 2 C 10 Di fatto la (9) rappresenta una formula empirica per interpolare le curve di rotazione similmente alla curva universale. Descrive una curva asintoticamente piatta con una pendenza centrale costante. È infatti descritta da 2 parametri che sono la densità centrale 0 e il raggio del core RC (o alternativamente dalla velocità asintotica V∞ ed RC) Una densità di questo tipo è caratterizzata da una regione interna a densità costante (R<<RC) ed una più esterna (R>>RC) dove ∝R­2 . Ricordiamo che ∝R­2 ­­>M∝R ­­> V(R)=costante. L'alone isotermo è quindi caratterizzato da una curva di rotazione piatta a grandi raggi ed una curva di rotazione rigida nel centro (che sembra essere quello che si trova per le galassie a disco in generale). Alone NFW L'alone isotermo non è l'unico tipo di alone che viene usato. Modelli cosmologici basati su cosmologie di tipo CDM, in cui le galassie si formano all'interno di aloni che sono il risultato dell'unione di aloni più piccoli, prevedono che la densità degli aloni non abbia un nucleo a densità costante nel centro ma sia piccata. Questo tipo di alone prende il nome dagli autori che lo hanno proposto (Navarro, Frenk e White = NFW) ed ha una densità centrale ∝R­1 e quindi piccata nel centro. Distinguere fra i 2 aloni non è facile. Si discostano infatti tra loro solo nella regione centrale (500pc­1kpc) dove la materia luminosa è dominante. Quale dei 2 tipi di alone meglio descriva le galassie non è ancora chiaro. O meglio, i dati sembrano privilegiare aloni di tipo isoterma (con una regione centrale a densità costante) che non hanno un vera e propria teoria alle spalle, la teoria (ovvero i modelli CDM) vorrebbero un alone NFW ovvero piccato al centro. Confronto tra l'alone isotermo, il NFW a l'alone di Moore (quest'ultimo anche derivato teoricamente in un contesto CDM) Una formula che riesce ad approssimare diversi tipi di alone è la seguente: ed i profili particolari si ottengono con i seguenti valori dei parametri Chi sintetizza con simulazioni gli aloni in genere adotta il seguente formalismo: Posto che Viene chiamato r200 il raggio entro il quale cui la densità media dell’alone vale 200 volte la densità critica. Il pedice 200 si riferisce a questo raggio. Abbiamo quindi V 200 , 200 etc. r200 indica in qualche modo la dimensione della galassia, o meglio del suo alone di materia oscura. ESERCIZIO: quanto vale la densità critica ? H=73km/s/Mpc crit = 3x732 / 8x3.1415x3.01x10-3 [ (km/s)2/Mpc2 ] / [ pc x (km/s)2/Msun ] = 1.5 105 Msun / pc x Mpc2 = 1.5 10-7 Msun / pc3 200 = 200 x 1.5 10-7 Msun / pc3 = 3 10-5 Msun / pc3 Oltre l'HI con I satelliti Maximum Disk Il nostro problema è quello di determinare la quantità di materia oscura presente nella galassia. Nel caso che stiamo considerando abbiamo 3 parametri liberi, 2 legati alla materia oscura (R C ed 0) ed uno legato alla componente luminosa (M/Ldisco). I parametri h ed I0 sono infatti derivabili dalla fotometria (La fotometria in genere viene anche utilizzata per derivare l'inclinazione del disco stellare e quindi deproiettare opportunamente le velocità osservate). Per quanto riguarda la cinematica, il dato osservativo è la curva di rotazione della galassia. È possibile allora determinare i 3 parametri in modo che la curva di rotazione osservata venga riprodotta al meglio dalla curva dovuta alle componenti di alone e di disco. Purtroppo in pratica il compito è difficoltoso perché di fatto vi è una degenerazione tra i 3 parametri. Curve di rotazione che si ottengono con M/Ldisco alto e 0 basso sono simili a quelle che si ottengono con M/Ldisco basso e 0 alto. Esempio di decomposizione della curva di rotazione osservata (punti neri) come somma di un disco stellare, (disco HI), ed alone. Vengono considerati i casi di alone isoterma e alone di Hernquist (simile a NWF). Maximum disk Miminum disk Come in questo caso, diverse decomposizioni riproducono egualmente bene i dati. Da qui la necessità di estendere, dove possibile, le curve di rotazione con dati HI. Totale Alone oscuro Disco stellare Disco HI Galassie ellittiche Le galassie ellittiche sono più difficili da studiare relativamente alla loro componente oscura. Sono infatti povere di gas, che nelle spirali ci ha permesso di tracciare la curva di rotazione. Siamo quindi costretti ad utilizzare la cinematica stellare che presenta 2 principali problemi: 1) si può misurare solo fin dove arriva (ovviamente) la luce delle stelle 2) Le stelle non si muovono in orbite complanari e circolari come il gas. Per derivare la massa di una galassia ellittica a partire dalla cinematica stellare è necessario costruire un modello di massa completo, e cioè risolvere le equazioni di Boltzmann e derivare la funzione di distribuzione (con le opportune semplificazioni). Se ci si limita a misurare (oltre alla fotometria da cui deriviamo la distribuzione della materia luminosa) la velocità e la dispersione di velocità stellari, si è limitati dalla degenerazione massa­anisotropia. Avevamo incontrato questa degenerazione già quando misuravamo la massa del SMBH con la cinematica stellare. Nello studio di aloni oscuri in galassie ellittiche, si trova che la dispersione di velocità delle stelle tende a rimanere costante, senza diminuire, a grandi raggi (laddove per grandi si intende circa 1­2 Re dato che questo è più o meno il limite fino al quale si riesce a misurare la cinematica stellare). Similmente a quanto avviene per le galassie a spirale dove la velocità di rotazione dovrebbe scendere in assenza di materia oscura, nelle galassie ellittiche è la dispersione di velocità che dovrebbe diminuire Questo invece tende a non avvenire. Ricordiamo (vedi Astrofisica I) che la massa delle galassie ellittiche si può derivare a partire dalla dispersione di velocità come: Qui r indica la dispersione di velocità in direzione radiale mentre t indica la dispersione di velocità in direzione tangenziale. Supporre isotropia significa porre r = t . La degenerazione si può superare se si misura la forma della LOSVD, e cioè i parametri h3 ed in particolare h4. Con DM Senza DM Profili radiali di ed h4 misurati. Le varie righe rappresentano diversi modelli caratterizzati da diversi profili radiali di anisotropia e diversi M/L. Linea continua=DM linea punteggiata=noDM In questo caso è necessaria la presenza di un alone di materia oscura. Per raggiungere distanze maggiori si possono usare dati HI (similmente a quanto si fa per le galassie a spirale) nei pochi casi in cui HI è presente. Nell’esempio mostriamo NGC 4278 Campo di Velocità HI Densità HI Attualmente si conoscono meno di 10 galassie ellittiche con sufficiente HI da poterne misurare la massa a grande distanza. Tutte mostrano una curva di rotazione piatta come le galassie a spirale. Alternativamente si possono usare gli aloni X che abbiamo visto (capitolo ISM) essere spesso presenti attorno a galassie ellittiche. Supponendo che il gas caldo sia in equilibrio idrostatico (non sempre questo avviene in ammasso) si può derivare la massa con l'equazione. Nella figura della prossima pagina si può vedere un grafico riassuntivo con la misura di M/L cumulativo (cioè entro la sfera di raggio R di tutta la materia gravitante) in funzione del raggio normalizzato al raggio efficace, che si deriva da dati HI, X e dalla dinamica stellare. Come si può vedere le stelle arrivano ad una regione dove la materia oscura ancora non domina la massa. Lo si può capire in quanto il rapporto M/L è costante entro 1Re. M/L costante è quello che ci si aspetta se la massa in gioco è quella data dalla materia luminosa che ha, infatti, in valore di M/L pressoché costante in tutta la galassia. Oltre 2­3 Re, la materia luminosa è ormai tutta compresa entro tale raggio. La materia oscura inizia invece a dominare e questo lo si può vedere dal rapporto M/L che aumenta. Per tali raggi infatti la massa aumenta (quella oscura+quella luminosa) ma la luminosità non più. Sia i dati HI che i dati X indicano un aumento di M/L. Tale aumento sembra simile a quando trovato per le galassie a spirale, anche loro mostrate nel grafico. Alone X Da dinamica stellare Relazione valida per le galassie a spirale (con regione di confidenza) Misure con HI di galassie ellittiche Galassie Ellittiche con il loro alone X di gas caldo Un metodo modernamente usato ma applicabile solo a galassie vicine considera come tracciante della cinematica a grandi raggi le nebulose planetarie. Le Nebulose Planetarie (Planetary Nebulae PN) emettono molta della loro luce in righe di emissione. Se ci si “sintonizza” sulla righe dell’ [OIII] 500.7nm le PN sono estremamente brillanti rispetto al cielo sottostante e sono visibili anche a grande distanza. Nonostante siano oggetti estesi, già alla distanza di Andromeda appaiono come puntiformi per cui lo loro luminosità diminuisce con il quadrato edlla distanza. PNs in Andromeda Velocità con 2600 PN (12 notte) X(degrees) Nella figura si può vedere la velocità radiale misurata per un certo numero di nebulose planetarie attorno ad una galassia ellittica. Colore e dimensioni del simbolo indicano la velocità radiale di ogni singolo oggetto come indicato in figura. La cinematica viene poi modellata per ottenere informazioni sulla massa della Ellittica. I dati cinematici delle PN possono essere uniti a quelli ricavati dalla cinematica stellare I risultati sono in genere compatibili con quelli derivati dalla cinematica stellare. Anche la distrubuzione della luce delle PN e delle stelle segue lo stesso andamento PNe PNe Campione di PNe in NGC5128 ad oggi (dopo 10 anni) E2/S0 galaxy at D = 4 Mpc , MB = -20.7 780 velocita di PN con AAT, CTIO (Peng et al. 2004) Peng et al. 2004 DARK MATTER: OK! M/L NGC 4650 Polar ring galaxy La presenza di anelli polari attorno ad alcune galassie permette di misurare lo schiacciamento degli aloni. Dati attuali mostrano un leggero schiacciamento (b/a~0.7) in accordo con quanto si trova nelle simulazioni cosmologiche. Il caso delle galassie nane Le galassie nane sono generalmente dominate dalla materia oscura. Così prevedono i modelli cosmologici HC e così è stato effettivamente trovato. Sono quindi un luogo ideale dove andare a studiare le proprietà della DM. Tra l’altro, se si tratta dei mattoni con cui è stata costruita la Galassia, ci si aspetta di trovare gli stessi aloni primordiali che esistevano un tempo. Il problema è che le galassie nane sono deboli. Di fatto si è riusciti (sta riuscendo) a studiare solo quelle del gruppo locale. Ad esempio, ecco quello che si sta trovando per Carina. Trattandosi di galassie vicine, è possibile risolverle in stelle. Nella figura ogni punto indica una stella della quale è stata misurata la velocità radiale In rosso sono indicate le stelle che si allontanano e in blu quelle che si avvicinano. La dimensione del simbolo è proporzionale al modulo della velocità Il primo passo, che permette di arrivare alla figura precedente, è quello misurare la velocità di tutte le stelle nella regione di cielo occupata dalla galassia ed eliminare le stelle di campo in base alla velocità radiale. Carina ha una velocità rispetto al sole di 223.8km/s e le stelle che la compongono sono quelle che danno origine al picco più alto nella distribuzione della figura qui sotto a sinistra. Tutte le altre stelle sono della nostra galassia. La contaminazione è quindi piccola ma c'è. Una volta individuate le stelle, si raggruppano a seconda della loro distanza e si calcola la dispersione di velocità (la rotazione è pressoché assente) come mostrato nella figura a destra. La piccola massa della galassia trova riscontro nel basso valore della dispersione di velocità inferiore ai 10km/s che è circa costante con il raggio. È anche interessante notare come le stelle con metallicità maggiore (rosse) hanno una cinematica leggermente differente da quelle con metallicità minore (blu) (pannello inferiore). Le stelle più metalliche sono leggermente più concentrate rispetto a quelle meno metalliche. È come se avessimo due traccianti indipendenti. Sono probabilmente il segno di un qualche evento di formazione stellare nella galassia nana. A questo punto si possono modellare i dati cinematici per costruire un modello di massa. Da conteggi di stelle si ricava il profilo di densità stellare (le stelle sono il tracciante in questo caso) come quello mostrato qui sotto (che però è quello della galassia nana Draco). Una volta che si ha l’informazione sia fotometrica che cinematica possiamo costruire un modello di massa con i problemi connessi: anisotropia? Questo è un nodo difficile da sciogliere. Servirebbero i moti propri. Se li avessimo avremmo la velocità tridimensionale delle stelle e quindi... tutto. Non avendoli (la galassia è vicina ma comunque troppo lontana per poterne misurare il moto proprio delle singole stelle) siamo costretti a fare assunzioni. Se assumiamo una simmetria sferica per la distribuzione di massa e dispersione di velocità ovunque isotropa otteniamo un risultato come quello mostrato qua sotto dalla linea blu. La densità appare nettamente al di sotto di quello previsto da un alone NFW. Oltre al valore assoluto, anche la forma del profilo osservata non è di tipo “cuspy” ma piuttosto con un “core” tipico degli aloni isotermi. Lo stesso accade per altre galassie nane: Draco. Per dare un’idea di come la scelta delle orbite può influenzare i modelli, mostriamo qui come diverse assunzioni (isotropia, anisotropia tangenziale, anisotropia radiale, radiale fuori e isotropa all’interno) producano diversi profili di dispersione di velocità per la stessa distribuzione di massa. Il tutto va confrontato con i dati (figura a destra) I profili radiali che si ottengono le le galassie nane del gruppo locale sono tutti simili nel senso che sembrano preferire una distribuzione di materia con un core piuttosto che con una cuspide. I dati nelle regioni esterne delle galassie sono meno affidabili e le oscillazioni della densità sono un artificio del modello di massa. DM in galassie LSB Le galassie LSB sono generalmente considerate dominate dalla DM fin dalle regioni centrali. Sono quindi gli oggetti scelti quando si vuole andare a studiare la distribuzione della DM nelle regioni centrali (ad esempio alone isotermo v. NFW). Oltre a studiare la distribuzione della DM con dei modelli di massa (come mostrato per le galassie a spirale), in questo caso si può trascurare la componente luminosa e derivare la densità direttamente dai dati, senza applicare alcun modello. R V M R=∫0 r dV=4 ∫0 V V 2 V V =V 2 V VG. 11 Derivando rispetto ad R la (11) si ottiene 1 d 2 1 V V 2 4 R V = G V V = V 2VR V V V V V 2 e quindi V dV V 4 G R=2 V V V V 12 2 13 L’equazione (13) ci permette di derivare (R) dalla sola curva di rotazione senza bisogno di applicare alcun modello. Il punto critico sta nella necessità di derivare la velocità (cioè estrarre dV/dR), cosa non così banale a causa degli errori sulla velocità. Tra l’altro si vede subito come per rotazione rigida V=aR si trova 4G=3a=costante (e cioè tipicamente un core isotermo) mentre per V=costante=V0 si trova 4G=V02/R2 e cioè ∝ R­2. Alone Isotermo NFW Ammassi di Galassie La prima cosa che viene in mente se si vuol cercare la materia oscura negli ammassi di galassie è di considerare la velocità delle galassie al suo interno. Dato che i moti delle galassie sono disordinati, conviene considerare la dispersione di velocità. Questo non si riesce per ora a fare per molti ammassi dato che servono le velocità radiali di parecchie galassie (ma ora con i nuovi strumenti tipo VIMOS, FLAMES etc. ...). La figura qua a fianco mostra il profilo di “brillanza superficiale” e di dispersione di velocità per il Virgo cluster. La figura in basso mostra 3 profili ottenuti da modelli di massa dove i modelli sono A distribuzione isotropa delle velocità, B e C con due differenti anisotropie. Se si assume come raggio dell’ammasso 16Mpc si trova una massa totale di 1.8x1015M⊙. La massa entro il Mpc centrale è di 6.1x1014M⊙ e, considerando la luminosità compresa entro lo stesso raggio, si trova un rapporto M/L pari a 350 M⊙/L⊙. Dato che le galassie che compongono l’ammasso hanno un rapporto M/L dell’ordine di 15, trovare 350 significa che vi è molta DM legata all’alone dell'ammasso stesso o che si è sottostimata la materia oscura legata alle singole galassie. Aloni X circondano anche ammassi interi di galassie. In questo caso si può usare la stessa tecnica utilizzata per le singole galassie per derivarne la massa. Coma Cluster X­ray and Optical Dark Matter e Gravitational Lensing In questo celebre esempio la lente gravitazionale dovuta all'ammasso di galassie genera più immagini della stessa galassia di fondo. Esempi di “Croce di Einstein”. In questo caso l'allineamento sorgente­lente­osservatore è quasi perfetto. Non si forma l'anello di Einstein perché la lente ha una distribuzione della massa non simmetrica Si formano però ma 4 immagini distinte della sorgente Il campo di gravità devia il percorso della luce. Misurare tale deviazioni permette di misurare la massa gravitante dell'oggetto “lente”. Si distinguono in genere 3 tipi di lente: 1) lensing (o strong lensing) 2) micro lensing 3) weak lensing 1) strong lensing. È il lensing per antonomasia. È il fenomeno che genera le immagini di archi gravitazionali come quelle mostrate nelle immagini precedenti. è dovuto al fatto che la presenza del campo rallenta la luce, cambiando quindi l'indice di rifrazione n del vuoto (che non è più vuoto perché c'è il campo di gravità). Vluce = c/n ed n=1+2|| /c2 > 1 Il raggio di luce che passa vicino alla massa viene rallentato in maniera maggiore del raggio che passa più lontano ed il fronte d'onda viene allora curvato. La lente ha un effetto diverso a seconda di come è distribuita la massa della lente (puntiforme, non puntiforme, con più picchi etc.) e a seconda dell'allineamento che vi è tra la sorgente, la lente e l'osservatore. Una trattazione completa delle lenti gravitazionali richiede troppo tempo. Mi limito qui a scrivere l'equazione dell'angolo di Einstein che permette di capire quali sono e in che modo la massa e le distanze entrano in gioco. L’immagine (R-band) ha un seeing di 0.5". La lente è l’oggetto nel centro. Si tratta di una galassia quiescente (non attiva). L’arco è parte dell’Einstein-ring creato da una galassia posta esattamente dietro alla galassia lente. E’ stato misurato un redshift z=1 per la lente e z=3.8 per la galassia di fondo (12% dell'età attuale dell’universo). La luce della galassia lontana è amplificata di 13 volte (secondo il modello). Ecco una collezione di anelli... Angolo di Einstein Nel caso di allineamento perfetto tra la sorgente luminosa puntiforme, l'osservatore e l'oggetto lente puntiforme frapposto fra i due, l'effetto della lente è quello di creare una immagine ad anello, deformando l'immagine della sorgente ad amplificandone le luminosità totale. L'ampiezza angolare che l'osservatore percepisce è Come si può vedere, l'angolo E dipende dalla massa M della lente e dalle distanze tra la lente e l'osservatore DL, tra la lente e la sorgente DLS. Similmente anche nel caso di ammassi di galassie, in qui la distribuzione della massa della lente è più complessa, la conoscenza della geometria delle immagini (quindi la conoscenza analoga a E e la conoscenza delle distanze te DLS, DS e DL permette di ricostruire la distribuzione della massa M(r). (Alternativamente, se la distribuzione della massa fosse nota per altre vie (raggi X ad esempio) si può utilizzare l'equazione delle lenti per ricavare le distanze e quindi la costante di Hubble H0.) 2) micro lensing Si parla di micro lensing quando l'oggetto lente ha la massa dell'ordine di una massa stellare. Come esempio di micro lensing si può citare il caso dei MACHO (Massive Compact Halo Objects). Sono oggetti compatti stellari con luminosità pressoché nulla che sono stati ipotizzati essere presenti nell'alone della nostra galassia in gran quantità. Per quantificare quanto tali oggetti siano numerosi sono in atto campagne osservative che monitorano giornalmente regioni ricche di stelle (nubi di Magellano) in modo da individuare oggetti variabili. Quando capita che una stella di fondo (della nube di Magellano) si trova esattamente allineata con noi ed un oggetto MACHO (che si troverebbe quindi tra noi e la stella della nube) la luminosità della stella della nube risulta amplificata in virtù dell'effetto lente causato dal MACHO. Tale variazione in luminosità, se dovuta effettivamente ad una lente e non si tratta di una variazione di luminosità della sorgente, deve essere indipendente dalla banda fotometrica utilizzata. Fino ad oggi sono stati individuati una decina di eventi MACHO. 3) Weak lensing Nel caso del weak lensing la lente non è un oggetto quale una galassia o un ammasso. Con il weak lensing si studia la disomogeneità della materia oscura diffusa nell'universo. Tale disomogeneità causa leggere deformazioni delle immagini delle galassie che è possibile mettere in evidenza solo in maniera statistica. Essenzialmente si studia l'orientamento delle galassie per vedere se vi sono regioni con le galassie schiacciate in maniera maggiore della media ed allineate in maniera statisticamente significativa verso una qualche direzione. Tale allineamento si suppone non essere intrinseco (le galassie sono orientate a caso) ma solo apparente e generato dall'effetto lente dovuto a materia interposta tra noi e le galassie di fondo. Volendo fare un esempio molto spicciolo ma calzante, possiamo chiamare weak lensing le deformazioni che un vetro mal lavorato causano sull'immagine che vediamo dalla finestra. Nelle zone in corrispondenza delle quali vediamo che l'immagine è leggermente deformata, possiamo pensare che il vetro sia imperfetto. Similmente dove le galassie sono deformate (e questo lo quantifico con l'allineamento) posso pensare che vi sia materia che funge da lente. Il tipo di informazione che si riesce ad ottenere sono le dimensioni delle condensazioni di materia oscura, o meglio informazioni sulla struttura a larga scala dell’universo. Questa, come avviene anche per il fondo cosmico di microonde, viene spesso parametrizzata in termini di ampiezza delle perturbazioni in funzione della scala angolare. È un metodo che ha senso usare solo mediando dati di migliaia di galassie. Senza lente Con lente La lente tende a schiacciare la forma delle galassie in modo da farle disporre le loro isofote in maniera tangenziale. La variazione di ellitticità (detta shear) è di 0.035 su uno schiacciamento medio di 0.35 Shear γ Mellier & Fort; Seitz et al. Projected Mass κ Spettro di potenza ottenuto dal Weak Lensing Come confronto riporto lo spettro di potenza della radiazione di fondo cosmico. (Si può vedere che l’indice “l” e’ un modo alternativo per indicare l’ampiezza angolare delle perturbazioni) MOdified Newtonian Dynamics Non tutti sono convinti dell’esistenza della DM. Alcuni hanno pensato che fosse la gravità a non essere adeguata e sono state proposte teoria alternative secondo cui ad una certa distanza la forza non dipende più dal quadrato della distanza. Delle varie teorie quella più considerata è detta MOND. Secondo MOND, quando l’accelerazione dovuta alla gravità scende sotto un certo valore allora la forza non va più con il quadrato della distanza ma è più forte: a = F/m = G M/r2 per a>a0 mentre a=(G M/r2 a0)1/2 per a<a0 (14) Alcune cose vengono 2molto v4 G Mbene. La TF ad esempio è automatica: 2 r =a = V 2 V0 ( 15) Da cui si vede che V4 ∝M oppure ad L se M/L è costante. Ovviamente viene introdotto un nuovo parametro e cioè l’accelerazione a 0. “...there are the ones that invent OCCULT FLUIDS to understand the Laws of Nature. They will come to conclusions, but they now run out into DREAMS and CHIMERAS neglecting the true constitution of things..... ...however there are those that from the simplest observation of Nature, they reproduce New Forces (i.e. New Theories)... ” From the Preface of PRINCIPIA (II Edition) 1687 by Isaac Newton, written by Mr. Roger Cotes Sia galassie HSB che LSB vengono generalmente ben riprodotte (Sanders & McGaugh 02) a0=1.2 10-8 cm s-2 a0~H0c/2π; Λ~3(a0/c)2 I valori di M/L che si ottengono sono ragionevoli Data: Sanders & Verheijen Models: Bell & de Jong 01 Galassie Ellittiche giganti Data: Romanowsky et al 03 Models: Milgrom & Sanders 03 Solid: isotropic Ammassi di galassie.... Galassie nane sferoidali η = Fi/Ft Non è una teoria facile. Ad esempio, rende non lineare la forza di gravità. Se ho una certa forza F tra due corpi, questa forza non sarà 100 volte più forte se metto 100 corpi tutti assieme. Un importante effetto astrofisico/cosmologico riguarda i tempi di rilassamento che, in regime di MOND, diventano molto più corti. Vi sono ancora contraddizioni. È una teoria a cui pochi credono ma che non viene scartata dalla maggioranza. In un certo senso cammina parallelamente a lato della “main science” pronta a subentrare o a sparire a seconda del successo delle verifiche future. Teorie f(R) Bullet Cluster: qui il gas caldo (visibile dall'emissione X), non stra tracciando la massa dell'ammasso (indicata nella figura con le linee di livello) derivata dall'efetto di strong lensing the l'ammasso produce sulle galassie di sfondo. Se la DM non esistesse e la massa fosse tracciata dalla materia barionica (cioè componente stellare + gas X) allora la massa derivada dall'effetto lente dovrebbe risentire della distribuzione del gas, cosa che invece non avviene. 8G G = 4 T c 8G G = 4 T g c