La via del lavoro: confronto sui percorsi di

La via del lavoro: confronto sui percorsi di inclusione dei rifugiati
Roma, 22 novembre 2016
Centro cittadino per le migrazioni, l’asilo e l’integrazione sociale
Via Assisi, 41
Sintesi dei principali contenuti discussi nei 3 workshop svolti a seguito della plenaria
Il 22 novembre 2016 Programma integra ha promosso e realizzato l’evento cittadino dal titolo “La
via del lavoro: confronto sui percorsi di inclusione dei rifugiati”. Obiettivo della giornata di lavoro è
stato approfondire il tema dell’inclusione lavorativa dei rifugiati attraverso il confronto e lo
scambio di esperienze e conoscenze tra soggetti che a vario titolo svolgono un ruolo nei processi di
inserimento nel tessuto economico e sociale dei rifugiati.
L’evento ha previsto una sessione plenaria con la partecipazione di rappresentati delle istituzioni,
delle organizzazioni internazionali e del mondo della ricerca a cui è seguita una sessione parallela
composta da 3 workshop.
Agenda
ore 9,00 Registrazione dei partecipanti
ore 9,30 Saluti istituzionali
Laura Baldassarre, Assessorato alla Persona, Scuola e Comunità solidale di Roma Capitale
Valentina Fabbri, Presidente Programma integra
Ore 10,00 Sessione plenaria
L’inclusione lavorativa dei rifugiati: la necessaria cooperazione tra istituzioni, Terzo settore e
aziende
Intervengono:
Stefania Congia, Dirigente Direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione,
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Andrea De Bonis, UNHCR
Massimiliano Smeriglio, Vicepresidente, Assessore Formazione, Ricerca, Scuola, Università e
Turismo, Regione Lazio - invitato
Mattia Vitiello, Ricercatore IRPPS – CNR
Andrea Orlandini, Presidente Extra Banca
Nicoletta Dentico, Consigliera di Amministrazione Banca Etica
ore 11,15 Coffee break
ore 11,30 Sessione parallela – Workshop
Workshop 1 - Il fabbisogno delle aziende e il ruolo degli operatori del settore per facilitare
l’inserimento lavorativo dei rifugiati
Programma integra scs
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Workshop 2 - Esperienze e strumenti utili all’inserimento lavorativo dei rifugiati: dall’analisi alla
validazione delle competenze
Workshop 3 - Nuove opportunità di inserimento lavorativo per i rifugiati: dalle esperienze di
coworking all’impresa sociale
ore 13,00 Light lunch
ore 14,00 Sessione plenaria
Interventi di restituzione dei Rapporteur sul lavoro svolto nei workshop.
ore 15,00 Conclusioni
Sintesi dei principali contenuti discussi nei workshop
Workshop 1 - Il fabbisogno delle aziende e il ruolo degli operatori del settore per facilitare
l’inserimento lavorativo dei rifugiati
Moderatore: Sara Nicu, Coordinatrice progetti di inclusione sociale, Programma integra
Interventi di:
 Francesca Sofia, EBTL - Ente Bilaterale del Turismo del Lazio
 Grazia De Feo, Psicologa, cooperativa Le Tamerici
 Umberto Saita, Funzionario servizio di orientamento al lavoro, COL Tiburtino-Servizio di
integrazione socio-lavorativa per richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale
Rapporteur: Tania Masuri, Referente servizio di orientamento al lavoro, Programma integra
Temi affrontati e principali evidenze
Scopo del workshop è stato verificare come aziende e organizzazioni del Terzo settore possono
dialogare con reciproco vantaggio. E’ emersa l’importanza del ruolo del terzo settore
nell’inclusione lavorativa dei rifugiati soprattutto nello sviluppo delle competenze e abilità. Tutte
le aziende presenti al workshop hanno concordato sul fatto che il progetto professionale non
debba essere calato dall’alto ma invece condiviso con l’utente. L’integrazione è però un processo
a due facce e se il rifugiato rappresenta quella più importante, è anche vero che la società
ospitante ha un ruolo fondamentale nel rendere questo processo solido e di lungo periodo e non
un mero intervento assistenziale.
Punti di forza e criticità nella sinergia tra Terzo settore e aziende
Punti di forza
1. La creazione di equipe integrate con approccio olistico, capace di prendere in carico il titolare
di protezione internazionale sotto vari aspetti, dal legale al sociale, dal supporto psicologico a
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quello lavorativo. Fattore di forza è l'individuazione di spazi e momenti in cui condividere con i
cittadini stranieri le dinamiche del mercato del lavoro italiano, sia in gruppo, sia a livello
individuale.
2. Centralità della persona. I rifugiati nel mondo del lavoro hanno dimostrato notevoli doti di
motivazione, intenzionalità del progetto personale e professionale, consapevolezza nello sviluppo
delle proprie potenzialità e capacità. Queste doti vanno però supportate con il lavoro dell’equipe.
Valore fondante deve necessariamente essere individuato nella centralità della persona: porre la
persona al centro significa anche lavorare sull’empowerment individuale, sostenendola nel suo
percorso e nelle scelte lavorative e personali.
3. Creazione di network solidi con le aziende. Il percorso assistenzialistico non funziona:
occorrono soluzioni condivise e mediazioni continue. Il ruolo del Terzo settore non si esaurisce
con la segnalazione di un buon curriculum all’azienda ma prosegue, ed è tanto più prezioso, con il
tutoraggio nelle varie fasi. L’inserimento di persone vulnerabili comporta infatti un costante
impegno di supporto alla persona, ma anche di sensibilizzazione dell’azienda, anche attraverso
corsi di formazione al personale sul diversity management nei luoghi di lavoro.
Criticità
1. Il riconoscimento dei titoli di studio che prevede la presentazione del certificato in originale, una
richiesta praticamente impossibile per il migrante forzato.
2. Quadro confuso del riconoscimento delle qualifiche, un mondo nel quale è difficile orientarsi. Si
tratta di un vulnus piuttosto importante, riguardando una fetta numericamente rilevante e
qualitativamente importante di utenza. Queste criticità (1 e 2) comportano un sostanziale
demansionamento dei titolari di protezione internazionale (TPI), che si vedono costretti, di fatto, a
fare ingresso nel mondo del lavoro con qualifiche riconosciute inferiori rispetto a quelle realmente
possedute.
3. Sistema degli incentivi all’ingresso nel mondo del lavoro. Il programma Garanzia Giovani, ad
esempio, richiede la non frequenza scolastica, mettendo il richiedente e titolare di protezione di
fronte a una scelta gravosa: privilegiare il percorso scolastico, migliorando le sue opportunità di
integrazione, ma di fatto riducendo quelle di inserimento lavorativo, o rinunciare a un’interessante
opportunità di stage, di fatto però non accedendo al sistema di istruzione.
4. Progetti come INSIDE di Italia lavoro, poco pensati sulle logiche aziendali e lavorative, non
hanno tempi certi di attivazione dei tirocini (un nodo di primaria importanza per l’azienda),
espongono le aziende al rischio di tirocinanti frustrati per i ritardi nei pagamenti.
Conclusioni e proposte
L’accesso al mondo del lavoro dei titolari di protezione internazionale deve essere tutelato ma non
si deve correre il rischio dell’ipertutela che causa danni in primis ai rifugiati, infantilizzati e
depotenziati, privati della capacità di fare scelte consapevoli ed efficaci per il loro futuro, e anche
alle aziende, che ragionano pur sempre nella logica del profitto e, anche quando manifestano
ottimi livelli di sensibilità, non possono e non devono esercitare un ruolo di assistenza sociale. E’
necessario ridare ai rifugiati la dignità di poter fare delle scelte personali consapevoli che siano
propedeutiche a quelle professionali. E’ per questo che è importante offrire un percorso
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esperienziale, e anche pretendere, per l’ingresso nell’attività lavorativa alcune competenza di base
quali:
 conoscenza della società ospitante;
 conoscenza del mercato del lavoro;
 capacità relazionali, anche attraverso il mondo della scuola.
Workshop 2 - Esperienze e strumenti utili all’inserimento lavorativo dei rifugiati: dall’analisi alla
validazione delle competenze
Moderatore: Valentina Fabbri, Presidente Programma integra
Interventi di:
 Matteo Cesaro, Tutor percorsi formativi, Ciofs Emilia Romagna
 Paola Andreani, Isfol - Gruppo di ricerca “Validazione e certificazione dell’apprendimento e
delle competenze”
 Dario Manna, Direttore Porta Futuro
 Amalia Ciorra, D.G. Immigrazione e delle Politiche di integrazione Ministero del Lavoro,
Italia Lavoro Spa
Rapporteur: Costanza Raguso, Project officer, Programma integra
Temi affrontati e principali evidenze
La messa in trasparenza degli apprendimenti, la loro validazione e la certificazione delle
competenze acquisite in qualsiasi contesto, anche non formale e informale, sono strumenti
indispensabili all’inclusione sociale e lavorativa di tutti i cittadini, soprattutto se pensiamo a target
con esigenze specifiche come lavoratori disoccupati o a rischio occupazionale; lavoratori immigrati
e rifugiati, che sono una grande emergenza in questo momento; apprendisti e tirocinanti;
lavoratori che operano in segmenti di lavoro scarsamente regolamentati e con la necessità di
accreditamento professionale; giovani che si spostano all’estero per studio o lavoro.
Parlando di strumenti utili all’inserimento lavorativo, in Italia, pur avendo avuto una lunga
stagione di dibattito sul tema delle competenze e sull’esigenza di dotarci di un sistema per la loro
validazione e certificazione, solo a partire dal 2012 si è iniziato a intervenire in modo organico a
livello nazionale con una serie di atti normativi. Primo fra tutti la legge 92/2012 che nell’ambito
della precedente riforma del mercato del lavoro ha istituito i pilastri del sistema di apprendimento
permanente e gettato le basi del Sistema Nazionale di Certificazione delle competenze e di
validazione degli apprendimenti non formali e informali e il Repertorio nazionale dei titoli e delle
qualificazioni.
Nel 2013 con il Decreto legislativo n. 13 è stato istituito il sistema di validazione e certificazione
delle competenze, definendone le caratteristiche, i principi generali e gli standard minimi di
sistema, di servizio e di attestazione. Lo stesso Decreto ha istituito e definito il Repertorio
nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali, che costituisce il
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quadro di riferimento unitario per la certificazione delle competenze. Il Repertorio è uno
strumento fondamentale del Sistema nazionale di validazione e certificazione, in quanto se si
vuole certificare le competenze partendo dalla convalida degli apprendimenti non formali e
informali, è necessario fare riferimento allo stesso standard descrittivo contenuto nel Repertorio
nazionale.
L’atto più recente è il Decreto Interministeriale MLPS-MIUR del 30 giugno 2015 che formalizza il
grande lavoro svolto da un partenariato istituzionale composto da 23 Amministrazioni Pubbliche 21 Regioni e Provincie Autonome, il Ministero del Lavoro e il Ministero dell’Istruzione - con il
supporto tecnico scientifico dell’ISFOL – Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei
lavoratori, (dal 1 dicembre 2016 diventato INAPP - Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche
Pubbliche) e di Tecnostruttura. Il Decreto Interministeriale oltre a rendere uniformi gli standard
minimi di sistema, di servizio e di attestazione, definisce il quadro operativo per il riconoscimento
a livello nazionale delle qualificazioni regionali e delle relative competenze, ovvero la parte del
Repertorio nazionale afferente le qualificazioni regionali, che rappresenta il riferimento unitario
per la loro correlazione ed equivalenza a livello nazionale.
In sintesi tra gli obiettivi raggiunti attraverso questo lavoro, i più rilevanti sono:
 far dialogare i 21 sistemi delle Regioni e Provincie Autonome tra di loro al fine di avere il
riconoscimento a livello nazionale delle qualificazioni regionali;
 aver uniformato a livello nazionale le procedure per la validazione e la certificazione delle
competenze acquisite anche in contesti non formali e informali attraverso la definizione degli
standard di processo, attestazione e sistema.
Dal mese di novembre 2016 è stata pubblicata sul sito dell’ISFOL (INAPP) la versione testing
dell’Atlante del lavoro e delle qualificazioni che nell’ambito del Repertorio Nazionale dei titoli e
delle qualificazioni include il Quadro operativo per il riconoscimento a livello nazionale delle
qualificazioni regionali
(http://nrpitalia.isfol.it/sito_standard/sito_demo/atlante_lavoro_dettagli.php), mettendo così a
disposizione degli operatori, ma anche di tutti i cittadini, le qualificazioni regionali correlate a
livello nazionale, classificate sulla base dei 24 settori economico-professionali e descritte sulla
base dei contenuti del lavoro in termini di attività (task, compiti) e di prodotti-servizi
potenzialmente erogabili nello svolgimento delle stesse attività descritte.
I lavori per la definizione del Sistema nazionale di validazione e certificazione delle competenze
sono a uno stadio molto avanzato anche se non sono ancora ultimati; le Regioni e le Provincie
Autonome sono impegnate nell’implementare il sistema dei servizi all’utenza e si prevede che
saranno a regime entro il 2017.
Il ritardo che fino a ora ha caratterizzato il nostro Paese sui servizi relativi alla validazione e
certificazione delle competenze mette in difficoltà chi si occupa di attività di front office con
l’utenza, come ad esempio gli orientatori al lavoro che hanno il compito di individuare le
competenze dei titolari di protezione internazionale (TPI). In attesa che tutto l’impianto previsto
dalla legge sia messo a regime, gli operatori possono utilizzare le informazioni presenti sull’Atlante
del Lavoro online come supporto nella rilevazione e descrizione delle competenze e qualifiche
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possedute dagli utenti e anche gli standard di processo per la messa in trasparenza delle
competenze comunque acquisite.
Principali evidenze e proposte di lavoro:
 disporre di un impianto metodologico e strumentale per la validazione e certificazione
delle competenze acquisite anche in contesti non formali e informali, istituzionale e
uniforme a livello nazionale, offre a tutti coloro che sono impegnati negli ambiti inerenti
l’occupabilità e le politiche attive del lavoro, degli strumenti operativi condivisi e certi, di
grande valore e impatto sociale in termini di inclusione di tutti i cittadini, e a maggior
ragione di immigrati e rifugiati;
 creare reti con le comunità migranti e linee di intervento specifico per un orientamento
mirato sui titolari di protezione internazionali (TPI);
 sensibilizzare i datori di lavoro/aziende e facilitare dell’inserimento lavorativo dei TPI anche
attraverso l’utilizzo di strumenti innovativi di identificazione e messa in trasparenza delle
competenze acquisite in modo formale o non formale (es. portfolio);
 formare gli operatori in tema di competenza interculturale;
 rafforzare le attività di tutoraggio;
 sviluppare sessioni di formazione pratica e on the job che rispondano alle reali esigenze dei
TPI di entrare nel minor tempo possibile nel mercato del lavoro.
Workshop 3 - Nuove opportunità di inserimento lavorativo per i rifugiati: dalle esperienze di
coworking all’impresa sociale
Moderatore: Nicoletta Basili, Responsabile area progettazione e comunicazione, Programma
integra
Interventi di:
 Enrico Parisio, Millepiani coworking
 Antonio Ardolino, Coordinatore del coworking Binario 1 ed esperto valutatore di progetti
sociali
 Pietro Leuci, Consulente di impresa ed esperto di impresa sociale
Rapporteur: Laura Bianconi, Project Manager, Programma integra
Temi affrontati e principali evidenze
1.Cos’è ‘coworking’? Si tratta di una comunità di condivisione sia reale - condivisione degli spazi
lavorativi – che concettuale - condivisione di esperienze, conoscenze e competenze. I coworking si
basano su:
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 la collaborazione e mutualismo tra i coworkers (microimprese, start up, free lance) che
trovano consulenze, fornitori, clienti, relazioni, formazione, partner, in un processo di
contaminazione reciproca;
 l’economia circolare, ossia lo scambio di idee, conoscenze, beni, servizi, ecc.
2. Le opportunità per i titolari di protezione internazionale (TPI) nei coworking: l’esempio di
Fugees Atipic, la start up nata dalla collaborazione tra Programma integra e i coworking Millepiani
e BinarioUno.
Il percorso: quattro TPI selezionati da Programma integra hanno intrapreso un percorso condiviso
di formazione e autoformazione che ha compreso lezioni di sharing economy, modelli di business
collaborativi, ideazione e progetto di start up, prototipazione dell’idea progettuale, bilancio di
competenze e corsi di lingua italiana avanzata e lingua inglese, finalizzati all’approfondimento e
alla conoscenza dei termini commerciali e tecnici utili in ambiti lavorativi.
A seguito della fase formativa, uno dei rifugiati è stato inserito in un tirocinio professionalizzante
come addetto alla segreteria organizzativa delle start up presso il coworking Binariouno. Gli altri 3
sono giunti alla elaborazione di una propria idea di business, ovvero ‘Fugees Atipic’, un brand di
servizi di catering etnici, produzione di prodotti per il corpo e promozione di eventi culturali. La
start up beneficia del sostegno di tutti gli altri coworkers presenti a Millepiani che, attraverso la
condivisione e la messa in rete delle conoscenze e delle attività, forniscono un sostegno concreto e
quotidiano alla neonata attività.
3. L’impresa sociale come possibile percorso di inserimento lavorativo per i TPI. Durante il
dibattito sono emersi 4 punti importanti che riguardano l’avvio e la gestione di un’impresa sociale,
ma che si sono poi rivelati essere trasversali all’avvio di un’impresa, di un’impresa sociale, di una
start up all’interno di un coworking, ecc.
 SOSTENIBILITA’. La maggior parte delle imprese fallisce nei primi anni, se non nei primi
mesi, di attività. Per sostenerle occorre far rete tra le organizzazioni e tutti i soggetti che
possono sostenerle, nonché garantire un affiancamento più lungo, che non si limiti alla sola
fase di start up. Un affiancamento prolungato e accompagnato alla formazione, che va
preferito alla spinta sul mercato di start up non ancore pronte.
 FORMAZIONE. Si riscontra un grande fabbisogno di formazione per coloro che intendono
avviare un’impresa, sia su competenze più tecniche, come saper sviluppare un business
plan, che sulle soft skills (utili tout court e non solo per un eventuale avvio di impresa) che,
infine, su alcune conoscenze di base, ad esempio conoscere il territorio, le sue leggi e i
regolamenti. La formazione dovrebbe riguardare anche gli operatori che supportano l’avvio
di impresa poiché questi dovrebbero essere in grado di fornire un sostegno adeguato e gli
strumenti necessari.
 FONDI/FINANZIAMENTI. Esistono diverse alternative di fonti di finanziamenti disponibili:
banche specializzate - ad esempio Banca Etica - che comprendono le problematiche
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specifiche e le peculiarità del Terzo settore, bandi ad hoc - ad esempio regionali - nonché il
microcredito. Occorre però una maggiore conoscenza e informazione di tali fondi da parte
dei potenziali beneficiari, migranti e rifugiati interessati ad avviare un’attività in proprio, e
in merito a come poter accedervi.
 SPERSONALIZZAZIONE. Si registra una tendenza a spersonalizzare i beneficiari delle azioni,
ossia si dà più importanza alla categoria di appartenenza (ad esempio migranti, rifugiati ma
anche donne o giovani) che al singolo individuo e alle sue specificità, preferenze, tendenze,
interessi, ecc. (ad esempio, ha le competenze per avviare un’impresa? Vuole avviare
un’impresa?). Capita che i TPI vengano inseriti in programmi che promuovono
l’imprenditoria solo perché fanno parte di quella determinata categoria a cui, ad esempio,
si rivolge un bando di finanziamento, senza alcuna attenzione al singolo.
4. L’avvio di impresa non è un percorso adatto a tutti/e. Occorre un’accurata selezione dei più
adatti, per competenze e volontà. L’avvio di impresa non può essere l’unica opzione possibile, ma
una scelta, uno dei possibili percorsi per l’inserimento lavorativo, TPI compresi.
5. L’avvio di impresa è una strada che richiede molte risorse, sia in termini di tempo e capacità
del Terzo settore che economiche. Anche dal livello europeo emerge tale prospettiva: è
necessaria una formazione che riguardi sia i beneficiari che gli operatori. Una formazione che
comprenda le cosiddette competenze trasversali - come la capacità di saper prendere decisioni, il
senso critico, la creatività, ecc. – che risultano utili a prescindere che venga avviata un’impresa o
meno. Si tratta di una formazione che sconfina nell’empowerment delle categorie particolarmente
vulnerabili come, appunto, i TPI.
Roma, dicembre 2016
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