CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Ufficio per gli Incontri di Studio Incontro di studio sul tema: “La responsabilità civile da circolazione stradale: aspetti processuali e sostanziali” Roma, 20 - 22 ottobre 2008 Hotel Jolly Midas Il risarcimento del terzo trasportato Relatore Dott. Umberto SCOTTI Consigliere della Corte di Appello di Torino 2 Consiglio Superiore della Magistratura Incontro di studi 2929/08 “La responsabilità civile da circolazione stradale: aspetti processuali e sostanziali” 20-22 ottobre 2008 “Il risarcimento del terzo trasportato.” Sommario 1. La novità normativa. 2. Premessa relativa alle ordinarie azioni civilistiche spettanti al danneggiato. 3. La disciplina dell’azione diretta del terzo trasportato. 4. La nozione speciale di caso fortuito considerata dall’art.141 del Codice. 5. La struttura della norma. 6. Il litisconsorzio necessario ex art.140. 7. La proponibilità. 8. La ratio della norma. 9. L’intervento della impresa assicurativa del responsabile. 10. La disciplina intertemporale. 11. Il caso del proprietario trasportato. 12. L’azione risarcitoria promossa dai soggetti danneggiati in via indiretta e consequenziale per effetto delle lesioni o della morte del terzo trasportato. 13. L’ipotesi di mancata copertura assicurativa del veicolo del vettore. 14. L’ipotesi della circolazione prohibente domino del veicolo del vettore. 15. Il coordinamento fra gli artt.141 e 144 del Codice: ammissibilità o no dell’azione diretta verso l’impresa assicurativa del responsabile. 16. I dubbi di costituzionalità della soluzione interpretativa adottata. 17. Il litisconsorzio con il responsabile del danno. 18. L’azione ex art.141 e le azioni di regresso, surroga e rivalsa. 19. L’azione civile in sede penale. 1. La novità normativa. Una delle novità più importanti del nuovo Codice delle assicurazioni (decreto legislativo n.209 del 7.9.2005) é indubbiamente rappresentata dalla disciplina dell’azione diretta del trasportato, introdotta dall’art.141. Tale norma, rubricata “Risarcimento del terzo trasportato” dispone: “1. Salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, fermo restando quanto previsto all’articolo 140, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest’ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo. 3 2. Per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento prevista dall’articolo 148. 3. L’azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro nei termini di cui all’articolo 145. L’impresa di assicurazione del responsabile civile può intervenire nel giudizio e può estromettere l’impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del capo IV. 4. L’impresa di assicurazione che ha effettuato il pagamento ha diritto di rivalsa nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile nei limiti ed alle condizioni previste dall’articolo 150.” Con tale norma il Codice riconosce e regolamenta l’azione diretta del terzo trasportato danneggiato nei confronti dell’impresa assicuratrice del veicolo del vettore (che nella terminologia adottata dal Legislatore viene definito veicolo sul quale il terzo trasportato si trovava a bordo al momento del sinistro1). Non si può certo dire che l’istituto in questione sia stato salutato in dottrina con entusiastico favore: le critiche si sono attestate sia sul versante tecnico- giuridico, sia sul versanta delle scelte di opportunità. V’è chi2 ha qualificato l’art.141 come una delle norme meno felici dell’intero codice, sia sotto il profilo della tecnica di redazione, sia sotto il profilo contenutistico, gravemente inficiata dalla notevole ambiguità interpretativa e dagli inutili peggioramenti del quadro normativo preesistente; v’è chi3, dopo aver giudicato apparentemente lodevoli le modifiche legislative, in quanto ispirate ad un sistema “no fault” prescindente dalla colpa, ha severamente criticato la norma – oltre che sotto il profilo costituzionale dell’eccesso di delega - sia sotto l’aspetto tecnico perché “piuttosto ingarbugliata, male coordinata con le altre disposizioni ed aperta ad interpretazioni diverse”, sia in punto di opportunità, evidenziando svariate ragioni che condurrebbero a ritenere meno protettivo per il terzo trasportato l’attuale regime rispetto a quello precedente. 2. Premessa relativa alle ordinarie azioni civilistiche spettanti al danneggiato. E’ importante formulare una breve considerazione di carattere preliminare per sottolineare, con forza, un concetto fondamentale in ordine alle conseguenze sistematiche della nuova disciplina delle azioni dirette nei confronti delle imprese assicuratrici r.c.a. contenuta nel Codice delle assicurazioni di cui al d.lgs 209 del 2005, al fine di prevenire e stigmatizzare l’insorgere di un errore che affiora, magari solo in modo indiretto e inconsapevole, in alcune opinioni dottrinali e in alcuni provvedimenti giurisdizionali successivi all’entrata in vigore del Codice. Nulla è cambiato - e soprattutto, come si dirà, nulla poteva cambiare - nella disciplina delle azioni risarcitorie scaturenti dalla normativa del Codice civile, che pure si colleghino ad un sinistro stradale in cui siano coinvolti veicoli soggetti all’assicurazione obbligatoria. La disciplina del Codice delle assicurazioni non interferisce minimamente, cioè, con l’esperibilità dell’ordinaria azione aquiliana ex art.2043 c.c., fondata sulla provocazione colposa o dolosa di un danno antigiuridico, ovvero delle azioni disciplinate dall’art.2054 1 La norma è stata criticata anche sotto il profilo grammaticale con riferimento al ricorso alla preposizione “su” utilizzata in luogo della corretta “di”. 2 ROSSETTI, “L’assicurazione r.c.a. nel codice delle assicurazioni”, supplemento al volume XL, maggio 2008, n.5, di Giurisprudenza di merito, pag.76. 3 BONA, “Risarcimento del danno, procedure di liquidazione e azione diretta nel ‘Codice delle assicurazioni’: prime riflessioni critiche.” in Resp.civ. e prev.2005, 4-5, 1171. 4 c.c. nei confronti del conducente e del proprietario (o usufruttuario o acquirente con patto di riservato dominio), caratterizzate da presunzioni di colpa o da un regime di vera e propria responsabilità oggettiva, o infine delle azioni fondate sulla sussistenza di un rapporto di carattere contrattuale intercorrente fra il danneggiato e un altro soggetto, nel cui ambito assuma rilievo l’obbligazione di quest’ultimo di preservare l’incolumità del primo nel corso della vicenda circolatoria (normalmente il contratto di trasporto). Il Codice delle assicurazioni si occupa solo delle azioni dirette nei riguardi delle imprese assicurative e non pregiudica in alcun modo la possibilità del danneggiato di instaurare una delle varie azioni ricordate, in via autonoma e alternativa rispetto all’esperimento dell’azione diretta, ovvero cumulativamente e congiuntamente ad essa, nel rispetto delle regole del Codice di rito. E tale lineare conclusione scaturisce de plano sia dalla lettura delle disposizioni del Codic delle assicurazioni, sia dalla ratio legis, sia (e soprattutto) dalla sedes materiae, visto che il Codice si occupa del contratto di assicurazione e delle imprese assicurative e non già del regime ordinario della responsabilità civile. Inoltre una diversa ricostruzione si esporrebbe, per duplice via, alla sanzione di illegittimità costituzionale, sia con riferimento all’art.76 Cost., dal momento che la delega legislativa si proponeva semplicemente di provvedere alla “tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio” (art.1, lettera b, della legge delega 229/2003) e non autorizzava alcuna revisione della disciplina ordinaria della responsabilità civile, sia con riferimento all’art.24 Cost., dovendosi altrimenti ravvisare una ingiustificata compressione del fondamentale diritto all’azione giurisdizionale a tutela dei diritti riconosciuti dall’ordinamento. Non appare quindi lecito dubitare della persistente possibilità per il danneggiato trasportato di agire con le varie azioni riconosciutegli sinora dall’ordinamento nei confronti di altri soggetti civilmente responsabili, a prescindere dagli aspetti assicurativi dei relativi rischi, e pertanto: • con l’azione contrattuale ex artt.1218 e 1681 c.c. allorché egli si trovava a bordo del veicolo coinvolto nel sinistro in forza di contratto di trasporto; • con l’azione ordinaria aquiliana ex art.2043 c.c. e/o con la specifica azione extracontrattuale fondata sulla responsabilità presuntiva ex art.2054, 1° e 2° comma, c.c. nei confronti del conducente del veicolo su cui si trovava trasportato (per qualsiasi titolo, anche di cortesia); • con la specifica azione extracontrattuale fondata sulla responsabilità presuntiva ex art.2054, 3° comma, c.c. nei confronti del proprietario (ovvero dell’usufruttuario o dell’acquirente con patto di riservato dominio) del veicolo su cui si trovava se trasportato (per qualsiasi titolo, anche di cortesia); • con la specifica azione extracontrattuale fondata sulla responsabilità presuntiva ex art.2054, 4° comma, c.c. nei confronti del conducente e del proprietario (ovvero dell’usufruttuario o dell’acquirente con patto di riservato dominio) del veicolo su cui si trovava trasportato (per qualsiasi titolo, anche di cortesia)4. 4 Ex multis: • “In tema di responsabilità civile, il danneggiato a seguito di un incidente stradale in cui sia rimasto coinvolto come trasportato a titolo di cortesia, può chiedere il risarcimento invocando la presunzione di colpa stabilita dall’art. 2054 c.c., facendo valere la responsabilità extracontrattuale sia nei confronti del conducente del veicolo a bordo del quale si trovava, che 5 Ogni diversa interpretazione sarebbe evidentemente incompatibile con i principi costituzionali dal momento che finirebbe con il disconoscere il diritto di azione e tutela giurisdizionale rispetto a posizioni soggettive riconosciute dall’ordinamento, in flagrante violazione del 1° comma dell’art.24 della Costituzione. Risulterebbe poi invero curioso e paradossale che un intervento normativo settorialmente rivolto ad apprestare una tutela più efficace dei danneggiati, individuando un garante istituzionale attraverso la copertura assicurativa dei rischi della circolazione stradale, finisca con l’indebolire in modo significativo le opzioni di tutela esistenti a disposizione del danneggiato per conseguire la piena restaurazione dei diritti lesi. 3. La disciplina dell’azione diretta del terzo trasportato. Le precisazioni sopra esposte portano a ribadire che la disciplina dell’art.141 riguarda solamente l’azione diretta del terzo trasportato nei confronti dell’impresa assicurativa e non interferisce con la persistente possibilità di azione giurisdizionale esercitabile come prima nei confronti dei soggetti che a vario titolo, contrattuale o extracontrattuale, debbano rispondere delle conseguenze lesive da lui subite. In difetto di qualsivoglia limitazione, l’azione de qua riguarda ogni voce di danno subito dal terzo trasportato: • • • • • nei confronti del proprietario, se diverso dal primo.”(Cassazione civile, sez. III, 20 febbraio 2007, n. 3937); “In materia di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli, l’art. 2054 c.c. esprime, in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale, applicabili a tutti i soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni, e, quindi, anche ai trasportati, quale che sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale (oneroso o gratuito). Consegue che il trasportato, indipendentemente dal titolo del trasporto, può invocare i primi due commi della disposizione citata per far valere la responsabilità extracontrattuale del conducente ed il comma 3 per far valere quella solidale del proprietario, che può liberarsi solo provando che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà ovvero che il conducente aveva fatto tutto il possibile per evitare il danno. Ove il trasporto sia avvenuto in base a titolo contrattuale, con l’azione prevista dall’art. 1681 c.c. - che stabilisce la responsabilità contrattuale del solo vettore per i sinistri che colpiscono il viaggiatore durante il viaggio - può infatti concorrere quella extracontrattuale di cui all’art. 2054 c.c.”(Cassazione civile, sez. III, 1 giugno 2006, n. 13130); “In materia di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli, l’art. 2054 c.c. esprime principi di carattere generale, applicabili a tutti i soggetti che dalla circolazione dei veicoli comunque ricevano danni, e quindi anche ai trasportati, quale che sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale.”(Cassazione civile, sez. III, 30 gennaio 2006, n. 1873); “In materia di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli, l’art. 2054 c.c. esprime, in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale, applicabili a tutti i soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni, e quindi anche ai trasportati, quale che sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale (oneroso o gratuito); in particolare, per vincere la presunzione di responsabilità posta a suo carico dall’art. 2054, comma 1, c.c., il conducente del veicolo deve fornire la prova positiva di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. (Nella specie, la Corte Suprema ha cassato la sentenza di merito, rilevando che, da un lato, l’esistenza di una insidia stradale, risultante da un’altra sentenza relativa agli stessi fatti, non costituiva accertamento idoneo ad escludere la responsabilità del conducente, nè poteva dirsi raggiunta la prova liberatoria a suo carico per il solo fatto che il soggetto rimasto ferito nel sinistro, trasportato a titolo di cortesia, indossasse le cinture di sicurezza allacciate, corrispondendo ciò ad una elementare regola di prudenza imposta per legge).”(Cassazione civile, sez. III, 31 ottobre 2005, n. 21115); “La presunzione di responsabilità del conducente del veicolo, ex art. 2054 comma 1 c.c., si applica anche nell’ipotesi in cui la vittima sia un passeggero dal medesimo trasportato a titolo di cortesia.”(Cassazione civile, sez. III, 29 settembre 2005, n. 19144; cfr altresì: Cassazione civile, sez. III, 3 marzo 2004, n. 4353; Cassazione civile, sez. III, 21 marzo 2001, n. 4022;Cassazione civile, sez. III, 18 maggio 1999, n. 4801). 6 • sia di carattere patrimoniale (danni materiali derivanti dalla distruzione o dal deterioramento di cose di sua proprietà, danni patrimoniali da lucro cessante conseguente alla temporanea o permanente, compromissione della capacità lavorativa), • sia di carattere non patrimoniale (danno, biologico temporaneo e permanente, inclusivo del c.d. “danno biologico dinamico”5 equivalente alla più risalente formula del danno alla vita di relazione, danno morale soggettivo ed eventualmente danno esistenziale). La norma presuppone solamente un danno subito dal terzo trasportato e la verificazione di un “sinistro”, ma non esige affatto per l’integrazione della sua fattispecie che il sinistro sia derivato dallo scontro di due o più autoveicoli. Pertanto la disciplina del risarcimento del terzo trasportato, sia relativamente alla procedura stragiudiziale, sia relativamente ai profili di tutela giurisdizionale, trova applicazione anche nell’ipotesi in cui l’incidente stradale non abbia coinvolto altri autoveicoli oltre a quello a bordo del quale viaggiava il danneggiato: si pensi all’ipotesi, purtroppo frequente, dell’incidente causato dalla perdita di controllo del veicolo da parte del conducente e alla conseguente fuoriuscita di strada o collisione contro ostacoli fissi. Non vi è alcun ostacolo letterale o logico per escludere in siffatta ipotesi l’operatività della disciplina dell’art.141, ovviamente eccettuate le disposizioni che regolano l’intervento in causa dell’impresa assicurativa dell’altro veicolo e la rivalsa nei confronti di tale impresa. Ovviamente nell’ipotesi di sinistro stradale senza collisione fra autoveicoli, sarà pur sempre possibile all’assicuratore del vettore dedurre e provare la sussistenza del caso fortuito, ivi inclusa la colpa del terzo: si pensi all’insidia stradale, con la conseguente responsabilità dell’ente gestore della strada o dell’autostrada, alla colpa esclusiva di un pedone, o di un agente addetto alla regolazione del traffico, o di un altro passeggero del veicolo. Anche in caso di sinistro stradale provocato (in tutto o in parte) da altro veicolo con il quale non via stata collisione (caso classico di “turbativa” determinante l’incidente) non vi è dubbio sull’esperibilità dell’azione diretta ex art.141, senza la possibilità per la impresa assicurativa del vettore di difendersi deducendo la responsabilità dell’altro conducente autore della turbativa. Analoga disciplina sembra dettata anche per il caso in cui l’altro veicolo coinvolto nell’incidente non sia soggetto all’assicurazione obbligatoria (si pensi ad un mezzo a trazione animale o a braccia, a una bicicletta o a un veicolo a guida di rotaie); l’art.141, che non richiede una collisione con altro autoveicolo e per vero, come si è detto, neppure una collisione, é sicuramente applicabile. La clausola di neutralizzazione della rilevanza della responsabilità dell’altro conducente, alla luce del tenore letterale della norma, sembra applicabile anche a siffatta ipotesi, visto che si riferisce all’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti e in tutte queste ipotesi vi è pur sempre un veicolo, a termini di Codice della strada, e un conducente. Quel che lascia perplessi, peraltro, è che nei casi esaminati la mancanza di una impresa assicuratrice della responsabilità civile espone l’impresa assicurativa del vettore ad un provvisorio pagamento ingiusto, senza quella tranquilla sicurezza del recupero di quanto 5 E’ il caso di ricordare l’attuale definizione di danno biologico recepita nel Codice (art.138, 2° comma, lettera a), e art.139, 2° comma: “lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”. 7 anticipato nei confronti di altra impresa assicurativa, esperibile nel contesto del sistema delle stanze di compensazione ovvero con opportuna azione di rivalsa. In altri termini, vi sarebbe un rischio effettivo e concreto di pregiudizio economico a carico dell’assicuratore del vettore in relazione alla potenziale incapienza patrimoniale dei soggetti effettivamente responsabili. Sorge quindi il dubbio di illegittimità costituzionale della norma, che (forse) potrebbe essere superabile in via interpretativa con la lettura riduttiva del concetto di veicoli considerato nell’inciso “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti”, restringendolo - attraverso individuazione di un requisito implicito sotteso all’intera disciplina - all’ambito dei veicoli soggetti ad assicurazione obbligatoria r.c.a. 4. La nozione speciale di caso fortuito considerata dall’art.141 del Codice. A questo punto si rende necessaria una importantissima precisazione interpretativa che mi pare debba essere formulata, per vero in netto dissenso con alcune letture dottrinali e giurisprudenziali della norma de qua. A mio parere, la disposizione involge una diversa accezione della nozione di caso fortuito rispetto a quella ordinariamente recepita e consolidata nella tradizione giuridica. Molti hanno ricordato infatti che il concetto di caso fortuito per tradizione antichissima e comunque per orientamento giurisprudenziale del tutto consolidato6, comprende oltre 6 “In tema di danno cagionato da animali, ai sensi dell’art. 2052 c.c., la responsabilità del proprietario dell’animale, prevista dalla suddetta norma, è presunta, fondata non sulla colpa, ma sul rapporto di fatto con l’animale. Ne consegue che, per i danni cagionati dall’animale al terzo, il proprietario risponde in ogni caso e in toto, a meno che non dia la prova del caso fortuito, ossia dell’intervento di un fattore esterno idoneo a interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, comprensivo anche del fatto del terzo o del fatto colposo del danneggiato che abbia avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno. Pertanto, se la prova liberatoria richiesta dalla norma non viene fornita, non rimane al giudice che condannare il proprietario dell’animale al risarcimento dei danni per l’intero. (Nella specie, era stato chiesto il risarcimento ai proprietari di un cane a causa di un morso al volto inferto alla ricorrente mentre era in visita alla loro abitazione, e la corte di merito aveva dato maggior rilievo alla imprudenza della danneggiata nella produzione dell’evento; sulla base dell’enunciato principio la S.C. ha accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza impugnata)”(Cassazione civile, sez. III, 19 marzo 2007, n. 6454); “La responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo e, ai fini della sua configurabilità, é sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa (e, perciò, anche per le cose inerti) e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza. La responsabilità del custode, in base alla suddetta norma, è esclusa in tutti i casi in cui l’evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale dell’evento e, perciò, quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l’evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile, ancorché dipendente dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima.”(Cassazione civile, sez. III, 6 febbraio 2007, n. 2563); “In tema di danno subito dal viaggiatore, l’art. 11 n. 4 delle condizioni e tariffe per i trasporti delle persone sulle ferrovie, approvate con r.d.l. n. 1948 del 1934 (conv. nella legge n. 911 del 1935) pone una presunzione di colpa che può essere superata dalla dimostrazione - da fornirsi da parte dell’amministrazione ferroviaria, essendo sufficiente al viaggiatore provare l’evento produttivo del danno in conseguenza dell’anormalità del servizio - che il danno stesso sia dipeso da caso fortuito o forza maggiore, ovvero dalla colpa esclusiva del danneggiato o di un terzo.”(Cassazione civile, sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2321); “La disciplina di cui all’art. 2051 c.c. si applica anche in tema di danni sofferti dagli utenti per la cattiva ed omessa manutenzione delle autostrade da parte dei concessionari, in ragione del particolare rapporto con la cosa che ad essi deriva dai poteri effettivi di disponibilità e controllo sulle medesime, salvo che dalla responsabilità presunta a loro carico i concessionari si liberino fornendo la prova del fortuito, consistente non già nella dimostrazione dell’interruzione del nesso di causalità determinato da elementi esterni o dal 8 alla vis major cui resisti non potest, anche la colpa di un soggetto terzo e ne hanno tratto argomento per ritenere che l’impresa del vettore potrebbe sempre cercare di sottrarsi alla responsabilità ex art.141 dimostrando la colpa di quel terzo che è pur sempre il conducente dell’altro veicolo coinvolto, sicché anche per questa via emergerebbe la necessità di ammettere, in via per così dire anticipata, il terzo trasportato all’azione diretta contro l’altro soggetto responsabile. La tesi presenta il difetto di accedere ad una lettura per così dire cristallizzata ed ipostatizzata del concetto di caso fortuito, che prescinde da quella concretamente accolta nello specifico dettato normativo. Il Legislatore, proprio perché aveva ben presente che la nozione tradizionale del caso fortuito ricomprendeva anche la colpa del terzo, si é dato carico di recepirne nella norma dell’art.141 del Codice una nozione modificata ad hoc nel momento in cui, dopo aver fatto salva “l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito”, ha avuto cura di sottolineare che la responsabilità dell’impresa del vettore prescinde “dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro”, con una disposizione di ordine pubblico che vieta, per l’appunto, la spendita di risorse processuali rivolta a tale sorta di accertamenti, con l’inevitabile rinvio delle questioni relative al regresso al rapporto fra imprese assicuratrici ai sensi dell’art.141, 4° comma, e dell’art.150 del Codice. Ne consegue che l’impresa del vettore si può sottrarre al vittorioso esperimento dell’azione diretta solo dimostrando il ricorrere di una ipotesi di caso fortuito, eccezion fatta per quell’ipotesi di caso fortuito che si collega al fatto colposo del terzo conducente coinvolto nel sinistro coperto da assicurazione obbligatoria r.c.a., ipotesi che rientrerebbe nella nozione tradizionale di caso fortuito, ma non in quella specifica recepita dall’art.141. fatto estraneo alla sfera di custodia (ivi compreso il fatto del danneggiato o del terzo), bensì anche dalla dimostrazione - in applicazione del principio di c.d. vicinanza alla prova - di aver espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa, in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, di vigilanza e manutenzione su di essi gravanti in base a specifiche disposizioni normative e già del principio generale del “neminem laedere”, di modo che il sinistro appaia verificatosi per fatto non ascrivibile a sua colpa.”(Cassazione civile, sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2308); “In tema di danno cagionato da cose in custodia è indispensabile, per l’affermazione di responsabilità del custode, che sia accertata la sussistenza di un nesso di causalità tra la cosa ed il danno patito dal terzo, dovendo, a tal fine, ricorrere la duplice condizione che il fatto costituisca un antecedente necessario dell’evento, nel senso che quest’ultimo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie di esso, e che l’antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano causale, dalla sopravvenienza di circostanze da sole idonee a determinare l’evento. Pertanto, anche nell’ipotesi in cui il custode non abbia attuato, sulla cosa nella sua disponibilità, tutte le precauzioni astrattamente idonee ad evitarne la responsabilità, la causa efficiente sopravvenuta che del caso fortuito presenti i requisiti propri dell’eccezionalità e dell’oggettiva imprevedibilità e che da sola sia idonea a provocare l’evento, interrompe il nesso eziologico e produce gli effetti liberatori, pur quando essa si concreti nel fatto del terzo o dello stesso danneggiato.”(Cassazione civile, sez. III, 19 dicembre 2006, n. 27168); “È configurabile una ipotesi di concorso causale nell’evento da parte del custode, per il titolo di cui all’art. 2051 c.c., e di altro soggetto, per il normale titolo di responsabilità generica ai sensi dell’art. 2043, atteso che all’addebito concorsuale dei distinti titoli di responsabilità non osta il non avere dato il custode la prova liberatoria della ricorrenza del caso fortuito, poiché tanto comporta soltanto che egli non possa sottrarsi alla responsabilità per il titolo di sua pertinenza, ma non che l’evento dannoso non possa essere stato concausato anche dal fatto di un terzo. L’incompatibilità fra l’affermazione di una responsabilità del custode per mancata prova liberatoria e l’affermazione del concorso di una responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c. è, infatti, concepibile solo allorquando il fatto del terzo responsabile ai sensi di questa norma assuma efficienza causale esclusiva nella produzione dell’evento, sì da rendere irrilevante il contributo causale derivante dalla cosa oggetto della custodia e da assumere, rispetto ad esso, le caratteristiche del fortuito.”(Cassazione civile, sez. III, 14 novembre 2006, n. 24211). 9 L’assicuratore del vettore potrà quindi a tal fine provare o la vis major, ovvero la colpa del terzo non soggetto ad assicurazione obbligatoria (proprietario o gestore del tratto stradale o autostradale, pedone, ciclista.... e soprattutto dello stesso danneggiato, che per avventura abbia concorso, magari non indossando le cinture di sicurezza, a provocare il danno). In dottrina7 la tesi sopra illustrata8 è stata criticata come incompatibile con il dato letterale della norma, escludendo la presenza di un aggancio letterale che giustifichi la distinzione di due ambiti di caso fortuito, l’uno rientrante nella sfera del conducente e l’altro esulante da tale sfera. Tale aggancio letterale potrebbe invece essere colto nell’inciso “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro” che rappresenta una adeguata base normativa per escludere nella sede dell’azione diretta ai sensi dell’art.141 ogni indagine relativamente alla distribuzione delle colpe fra i due conducenti coinvolti nella collisione, che ha provocato i danni patiti dal terzo trasportato. Non sembra pienamente persuasiva neppure l’ulteriore obiezione mossa dallo stesso Autore, secondo cui la tesi sopra esposta porterebbe a conseguenze inaccettabili poiché l’obbligo incombente sul conducente del veicolo di accertarsi che i passeggeri trasportati viaggino in condizioni di sicurezza porterebbe a ritenere che anche l’omesso uso del caso o delle cinture di sicurezza sia inopponibile da parte dell’assicuratore del vettore, trattandosi pur sempre di fatti non esulanti dalla sfera di controllo conducente. Per replicare al riguardo è sufficiente obiettare che l’assicuratore del vettore può far valere nel giudizio promosso dal trasportato la quota di corresponsabilità ovvero la riduzione del risarcimento imputabile al fatto colposo della stessa vittima, per non aver indossato il casco o le cinture di sicurezza ai sensi dell’art.1227 c.c.9, senza peraltro poter 7 ROSSETTI, op cit, pag.78. Prospettata, sia pur con qualche differenza terminologica, anche dal Tribunale di Torino, nella sentenza del 11.10.2007, in Danno e resp., 2008, 349, con riferimento all’esclusione delle cause esulanti dalla sfera di controllo e dalla volontà dei conducenti: “In proposito si osserva che, benché giurisprudenza e dottrina concordino nel ricondurre il “fatto del terzo” causalmente assorbente alla nozione di “caso fortuito”, la norma in esame parrebbe aver accolto una nozione restrittiva e peculiare della categoria giuridica in oggetto, come evincibile dal fatto che il quarto comma abbia attribuito alla compagnia assicuratrice del vettore la facoltà di agire in rivalsa nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile senza distinguere l’ipotesi di rivalsa totale dall’ipotesi di rivalsa parziale, ammettendo così implicitamente anche la prima. L’unica interpretazione idonea ad attribuire un’intrinseca coerenza al disposto dell’art. 141 C.dA e ad evitare una commistione tra il profili di legittimazione passiva (da vagliare in astratto) e di merito (da vagliare in concreto appurando se vi sia stato concorso oppure responsabilità esclusiva del vettore o dell’altro conducente) appare dunque quella intesa ad escludere l’esperibilità dell’azione diretta nei confronti della compagnia assicuratrice del vettore nelle sole ipotesi di “caso fortuito” diverse dal “fatto del terzo”, cioè in quelle sole ipotesi in cui non venga in considerazione la potenziale responsabilità assorbente del conducente di un altro veicolo ma diversi fattori eziologici estranei alla sfera di dominio delle parti. Tale interpretazione, tutelando il trasportato sotto il profilo procedurale dai rischi connessi all’incertezza sull’effettivo riparto di responsabilità tra il proprio vettore e l’altro conducente appare, del resto, quella più conforme all’art. 4 lett. b) legge delega 229/03 (“tutela dei consumatori (...) sotto il profilo (..,} del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio”) e alle previsioni della Direttiva 2005/14/CE dell’11 maggio 2005. che risulterebbe altrimenti disattesa con le medesime conseguenze che verranno illustrale in prosieguo di sentenza. “ 8 9 “In materia di responsabilità civile, in caso di mancata adozione delle cinture di sicurezza da parte di un passeggero, poi deceduto, di un veicolo coinvolto in un incidente stradale, verificandosi un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento, è legittima la riduzione proporzionale del risarcimento del danno in favore dei congiunti della vittima.”(Cassazione civile , sez. III, 28 agosto 2007, n. 18177); “Qualora il trasportato non indossi la cintura di sicurezza è allo stesso ascrivibile il comportamento colposo nella causazione del danno che legittima la riduzione del risarcimento ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., 10 ulteriormente ridurre o escludere la responsabilità del proprio assicurato in relazione alla quota di concorso nella violazione attribuibile al fatto omissivo proprio del conducente10. Se queste considerazioni sono esatte è da ritenere inammissibile da parte dell’assicuratore del vettore convenuto ex art.141 la chiamata in causa ai sensi degli artt.106 e 269 c.p.c., quale terzo responsabile a cui reputa comune la causa o quale terzo da cui pretende essere garantito, dell’impresa assicurativa, del conducente e del proprietario del veicolo antagonista. Il primo ha facoltà di intervenire discrezionalmente nell’ipotesi prevista dalla legge ma non può essere costretto a farlo; quanto agli altri e allo stesso assicuratore, depone in tal senso la preclusione di natura sostanziale relativa agli accertamenti della responsabilità dei conducenti coinvolti nel sinistro. La preclusione non vale, peraltro, allorché il terzo trasportato, come è sua facoltà, abbia cumulato nello stesso giudizio oltre all’azione diretta ex art.141 l’azione codicistica verso conducenti o proprietari ai sensi degli art.2043 e/o 2054 c.c.: in relazione a tali domande la chiamata in causa di altri soggetti segue le regole ordinarie. E’ invece sempre possibile all’assicuratore del vettore chiamare in causa soggetti diversi dal proprietario, conducente e assicuratore r.c.a. dell’altro veicolo, dei quali prospetti la responsabilità esclusiva configurante caso fortuito: si pensi al gestore del tratto autostradale, all’ente pubblico proprietario della strada, all’impresa appaltatrice dei lavori intrapresi in un cantiere, ad un pedone che abbia dato causa al sinistro. 5. La struttura della norma. in presenza di prova che l’uso della cintura avrebbe concorso a determinare, se non ad impedire, il danno.”(Cassazione civile , sez. III, 11 marzo 2004, n. 4993); “Qualora il trasportato non indossi la cintura di sicurezza è allo stesso ascrivibile il comportamento colposo nella causazione del danno che legittima la riduzione del risarcimento ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., in presenza di prova che l’uso della cintura avrebbe concorso a determinare, se non ad impedire, il danno.”(Cassazione civile , sez. III, 11 marzo 2004, n. 4993); 10 “Qualora la messa in circolazione dell’autoveicolo in condizioni di insicurezza (e tale è la circolazione senza che il trasportato abbia allacciato le cinture di sicurezza), sia ricollegabile all’azione o omissione non solo del trasportato, ma anche del conducente (che prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che essa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza), fra costoro si è formato il consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro ed accettazione dei relativi rischi; pertanto si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento (diversa da quella in cui distinti fatti colposi convergano autonomamente nella produzione dell’evento). In tale situazione, a parte l’eventuale responsabilità verso terzi, secondo la disciplina dell’art. 2054 c.c., deve ritenersi risarcibile, a carico del conducente del suddetto veicolo e secondo la normativa generale degli art. 2043, 2056, 1227 c.c., anche il pregiudizio all’integrità fisica che il trasportato abbia dell’incidente, tenuto conto che il comportamento dello stesso, nell’ambito dell’indicata cooperazione, non può valere ad interrompere il nesso causale fra la condotta del conducente ed il danno, nè ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto il 30 per cento del concorso di colpa del trasportato e il 20 per cento del concorso del conducente, dopo aver accertato che il mancato uso delle cinture di sicurezza aveva avuto un’efficienza causale nella produzione dell’evento dannoso subito dal trasportato pari al 50 per cento). “Nell’ambito della responsabilità aquiliana rilevano tutti i comportamenti, commissivi o omissivi, che abbiano contribuito eziologicamente alla produzione dell’evento dannoso, purché siano connotati da dolo o colpa. Pertanto, la messa in circolazione dell’autoveicolo in condizioni di insicurezza da parte del conducente - e tale è la circolazione del veicolo senza che il soggetto trasportato abbia allacciato le cinture di sicurezza - integra gli estremi della cooperazione nel fatto colposo altrui e rende il conducente stesso corresponsabile del danno derivante al soggetto trasportato dal mancato uso dei sistemi di ritenzione (nella specie, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito secondo cui la parte di danno derivante dal mancato uso delle cinture di sicurezza era pari al 50%, poi ulteriormente suddivisa fra il conducente ed il soggetto trasportato addebitando agli stessi, rispettivamente, il 20% e il 30% del pregiudizio complessivo subito dalla vittima).”(Cassazione civile , sez. III, 11 marzo 2004, n. 4993). 11 La struttura della norma impone al terzo danneggiato, che intenda avvalersi dell’azione diretta, di agire (sia stragiudizialmente, sia giudizialmente) nei confronti dell’assicuratore del vettore, che è tenuto al pagamento dell’indennizzo (salva l’ipotesi del caso fortuito: vedi infra) con facoltà di separata rivalsa nei confronti dell’assicuratore del terzo effettivamente responsabile. L’azione diretta è ammessa “entro il massimale minimo di legge”. Ne deriva che nell’ipotesi in cui l’assicurazione del vettore sia stata stipulata per un importo superiore al minimo legale: a) non é consentita l’azione diretta ex art.141, primo comma, se non per conseguire il risarcimento entro il capitale minimo legale ; b) il terzo trasportato può aggredire con la propria pretesa l’assicuratore del vettore anche per l’extra-quota solo a patto di dedurre una responsabilità, anche solo presuntiva o solidale, del conducente del veicolo sui cui si trovava a bordo11. Costituisce esplicita eccezione alla regola generale l’ipotesi in cui l’assicuratore dell’effettivo responsabile civile ne copra la responsabilità in misura superiore al minimo di legge, nella quale il 1° comma dell’art.141 salvaguarda espressamente il diritto del terzo trasportato al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti di tale assicuratore e (presumibilmente) ammette in tale ipotesi l’esperimento dell’azione diretta nei suoi confronti per l’eccedenza12. E’ stato opportunamente evidenziato13 che la nuova disciplina comporta una contrazione della tutela del danneggiato che nel sistema precedente poteva contare, nei casi di responsabilità concorsuale, fra l’altro presunta ex lege, sulla possibilità di esperire l’azione diretta nei confronti di entrambe le compagnie assicuratrici dei veicoli coinvolti e quindi su due distinti massimali, mentre nel sistema attuale può direttamente aggredire un solo massimale di legge, salvo avvalersi anche dell’eventuale maggior massimale contrattuale stipulato da uno dei due conducenti coinvolti. Il che non è, evidentemente, la stessa cosa. E’ ben vero che il problema riguarda solo la possibilità di azione diretta verso le imprese assicurative, poiché il terzo trasportato potrà agire con le azioni ordinarie verso i responsabili civili, ossia verso le coppie proprietario/conducente dei veicoli coinvolti, così provocandoli a far valere in giudizio le garanzie assicurative che coprono le rispettive responsabilità. 6. Il litisconsorzio necessario ex art.140. Il primo comma dell’art.141 contiene una espressa clausola di salvaguardia dell’art.140 Codice delle assicurazioni perché regola l’azione diretta del terzo trasportato ricordando esplicitamente che rimane fermo quanto previsto dall’art.140, in tema di pluralità di danneggiati e supero del massimale. Tale articolo contiene un quarto comma che dispone il litisconsorzio necessario ex art.102 c.p.c. nei giudizi promossi “fra” (sic) l’impresa di assicurazione e le persone danneggiate, che è stato sottoposto a severissime critiche e non solo sul piano terminologico. Per quanto rileva ai fini della presente trattazione, è opportuno segnalare che la più convincente interpretazione di tale disposizione è quella riduttiva, volta a circoscriverne 11 In tal senso, seppur problematicamente, nel contesto di una giustificata critica alla tecnica legislativa, BONA, p.cit. 12 La norma non lo dice espressamente ma è logico presumere che, se viene salvaguardato il diritto al risarcimento, sia salvaguardata anche la facoltà di agire in giudizio per farlo valere. 13 BONA, op.cit. 12 l’operatività nei soli casi di sospetta incapienza del massimale al fine di prevenire conseguenze altrimenti aberranti.14 In tal senso va quindi letto il rinvio contenuto nell’art.141, limitando la necessità del litisconsorzio fra danneggiati all’ipotesi di dedotta o sospetta incapienza del massimale dell’impresa assicuratrice del vettore. 7. La proponibilità. La disciplina della condizione di proponibilità dell’azione diretta da parte del terzo trasportato è stata regolata per relationem. Il secondo comma dell’art.141 dispone infatti che per ottenere il risarcimento del danno il terzo trasportato debba promuovere la procedura prevista dall’art.148 nei confronti dell’impresa assicurativa del vettore. Il terzo comma dello stesso articolo assoggetta l’esercizio dell’azione diretta nei confronti dell’impresa assicurativa del vettore ai termini sanciti dall’art.145. In conseguenza sono da ritenersi applicabili alla fase stragiudiziale della procedura risarcitoria tutte le disposizioni previste dall’art.148 relativamente: • ai requisiti di forma e contenuto della richiesta, • ai doveri di cooperazione agli accertamenti incombenti sul danneggiato, • alle facoltà di acquisizione di informazioni in capo all’assicuratore, • agli obblighi di formulazione dell’offerta ovvero di motivazione della mancata offerta incombenti sull’impresa assicurativa; • alle conseguenze della richiesta incompleta, • alle modalità e agli effetti della corresponsione delle somme da parte dell’assicuratore. Allo stesso modo il richiamo dei termini prefissi dall’art.145 vale ad estendere anche all’azione diretta ex art.141 la condizione di proponibilità della domanda giudiziale prevista nel primo comma di tale articolo, che, come è noto, esige il decorso di 60 giorni (nell’ipotesi di danni a cose) e di 90 giorni (in caso di danni alla persona) dalla richiesta del risarcimento da parte del danneggiato con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, effettuata con l’osservanza delle modalità e dei contenuti di cui all’art.148. Appare il caso di formulare qualche sintetica osservazione, anche se il tema della condizione di proponibilità della domanda sarà trattato sicuramente in questo Convegno di studi in modo più completo ed organico nell’ambito di altre relazioni . In dottrina è stato messo in luce che le formalità richieste dal Codice delle assicurazioni per la proponibilità dell’azione di risarcimento danni da incidente stradale agli artt. 145 e 148 (che pure riproducono, in linea di massima, quelle previste dal d.l. 857 del 1976 e dalla legge n. 57/2001, relativa alla procedura rapida di risarcimento) hanno determinato un rilevante e complessivo mutamento della situazione normativa. E’ stato segnalato, infatti, che mentre nel sistema previgente il danneggiato poteva, osservando le formalità di legge previste per la richiesta di risarcimento, accedere alla procedura rapida di risarcimento ma l’inosservanza dei requisiti richiesti dalla predetta legge per la formulazione della richiesta non incideva sull’azionabilità della pretesa risarcitoria in sede giudiziale, che era vincolata unicamente al decorso dello spatium deliberandi dall’invio della raccomandata prevista dall’art. 22 della legge n. 990/69, l’attuale normativa ha invece convertito in obbligo di legge per la proponibilità dell’azione giudiziale di risarcimento ciò che prima era un semplice onere, che valeva solamente a rendere operante la procedura rapida di risarcimento. 14 ROSSETTI, commento all’art.140 d.lgs.209/2005 in “Le assicurazioni”, a cura di Antonio La Torre, § 185, pag.832. 13 Pertanto, al fine di azionare la procedura di risarcimento del danno, l’attore deve ora inviare all’assicuratore una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno con l’indicazione dei requisiti richiesti dall’art. 148. Prima, invece, per proporre l’azione giudiziale, era sufficiente l’invio della raccomandata e l’osservanza dello spatium deliberandi in ossequio a quanto previsto dall’art. 22 della legge n. 990/69, che subordinava appunto l’esercizio dell’azione giudiziale solo a tali condizioni (configuranti condizioni di proponibilità dell’azione giudiziale). E’ stato pertanto ritenuto che nella situazione conseguente all’emanazione delle norme contenute nel Codice delle assicurazioni le condizioni di proponibilità dell’azione giudiziale siano divenute più penetranti ed onerose, perché, oltre alla lettera di richiesta e all’osservanza dello spatium deliberandi, si richiedono ora anche la trasmissione per iscritto all’impresa assicuratrice di tutti gli altri elementi indicati nell’art 148, in mancanza dei quali l’azione giudiziale diventa improponibile: e ciò in dipendenza del disposto dell’art. 145, che subordina la proponibilità dell’azione di risarcimento all’invio della lettera di richiesta ed al decorrere dello spatium deliberandi, “...avendo osservate le modalità ed i contenuti previsti dall’art.148” i cui requisiti sarebbero così richiamati per relationem. L’orientamento iniziale della giurisprudenza (per vero, al momento ancora assai esigua) sembra improntato a un atteggiamento assai rigoroso e restrittivo, volto a sanzionare con la bolla di improponibilità l’azione esercitata senza una preventiva richiesta stragiudiziale perfettamente conforme ai requisiti prescritti dall’art.148 del Codice. Lo sforzo motivazionale più accurato tra le primissime decisioni si rinviene in una pronuncia del Tribunale di Torino (del 17.10.2007) in cui viene affermato che le omissioni riscontrate nella richiesta stragiudiziale costituiscono carenze di un atto formale tipico, contemplato dall’ordinamento quale condizione di proponibilità della domanda, ed in quanto tale sottratto alla disciplina di cui al 2° e 3° comma dell’art.156 c.p.c. (relativa all’idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo sia quale parametro di commisurazione della validità, sia quale causa di sanatoria degli atti), riguardante i soli atti processuali. Tale interpretazione non sembra peraltro pienamente condivisibile. Da un lato, occorre pur sempre considerare che la richiesta di risarcimento non è mai stata ritenuta un atto negoziale, ma semmai un atto giuridico in senso stretto, soggetto alle regole dettate per i contratti solo attraverso la “passerella” di cui all’art.1324 c.c. (Cass.15.5.1980 n.3206; Cass.9.2.2000 n.1444). In secondo luogo, il canone dell’interpretazione teleologica delle disposizioni normative costituisce un principio generale dell’ordinamento valido anche nell’ambito del diritto civile (cfr ad esempio art.1367, 1424, 1432 c.c.). In terzo luogo, occorre tener ben presente che si verte proprio in tema di disposizioni dettate dal Legislatore per regolare lo svolgimento di un vero e proprio procedimento pre-giurisdizionale, volto a far conseguire in via stragiudiziale il risarcimento del danno coperto dalla legge sull’assicurazione obbligatoria, sicché la presenza di un complesso sequenziale di atti preordinati ad un risultato finale (la definizione stragiudiziale della potenziale controversia o quantomeno la formulazione di una congrua offerta risarcitoria) suggerisce la plausibilità del ricorso alla regola generale della ricerca della funzione sistematica dell’atto, che trova la sua più completa trasposizione normativa nelle regole processuali dell’art.156 c.p.c. Non potrebbe ritenersi per tal via nullo o inefficace un atto inserito in una sequenza procedimentale che, pur essendo difforme dal modello normativo, risulti comunque idoneo al conseguimento del suo scopo oppure nel caso in cui lo scopo perseguito dalla norma sia stato comunque conseguito. 14 La giurisprudenza di legittimità, per esempio, non ha mai dubitato che l’avviso di ricevimento, pur prescritto anche dal vecchio art.22, fosse surrogabile dalla prova aliunde fornita o dal carattere pacifico del ricevimento della lettera raccomandata15. Inoltre va rammentato che il criterio del conseguimento dello scopo è stato tenuto presente dalla giurisprudenza con riferimento alla surrogabilità di requisiti formali prescritti dalla legge con riferimento a procedimenti di carattere stragiudiziale (in materia di procedimento disciplinare nei confronti di notai o avvocati16, in materia di procedimento disciplinare contro il lavoratore subordinato o il pubblico dipendente 17, in materia di procedimento tributario18, in materia di procedimento di convocazione dell’assemblea di condominio19). D’altro canto, apparirebbe invero paradossale che una normativa volta (ex art.4, lettera b) della legge delega 229 del 2003) alla “tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio”, possa condurre, per effetto di un eccessivo rigore formalistico, alla sanzione di improponibilità di azioni conseguenti a richieste risarcitorie non formulate nel rispetto dei requisiti di contenuto astrattamente previsti e tuttavia perfettamente idonee a raggiungere il loro scopo, che è pur sempre quello di consentire all’impresa interessata di valutare la richiesta e di pronunciarsi in merito. 15 Ad esempio: • “In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, l’onere imposto al danneggiato dall’art. 22 della l. 24 dicembre 1969 n. 990, anche quando l’azione sia proposta soltanto contro il responsabile civile, di richiedere il risarcimento all’assicuratore almeno sessanta giorni prima di proporre la relativa azione giudiziaria può essere assolto anche con mezzi diversi dalla raccomandata con avviso di ricevimento prevista dalla citata norma, purché sia raggiunta la certezza che la richiesta sia pervenuta all’assicuratore nel termine suddetto e pertanto, qualora la richiesta all’assicuratore sia stata rivolta con raccomandata semplice, spetta al danneggiato la prova, con ogni mezzo e quindi anche con presunzioni rispondenti ai requisiti prescritti dagli art. 2727 e ss. c.c., che la richiesta sia pervenuta all’assicuratore nel termine di sessanta giorni prima della domanda.”(Cassazione civile, sez. I, 19 maggio 1983, n. 3455); • “In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, l’onere imposto al danneggiato dall’art. 22 l. 24 dicembre 1969 n. 990 della preventiva richiesta di risarcimento all’assicuratore non è rigidamente vincolato circa la comunicazione di siffatta richiesta alla forma normativamente prevista, essendo ammissibili atti equipollenti idonei al soddisfacimento dello scopo perseguito dalla norma citata di evitare premature e dispendiose domande giudiziali, come quando sia intercorsa corrispondenza fra le parti o siano state condotte trattative per la liquidazione del danno e risulti rispettato il termine di sessanta giorni per la proposizione della domanda previsto dal citato articolo.”(Cassazione civile, sez. III, 25 gennaio 1995, n. 844; cfr inoltre Cass. 4.2.1987 n.1060; Cass.16.10.1986 n.6068; Cass.8.8.1978, n. 3855). 16 Cfr Cassazione civile, sez. III, 22 maggio 2006, n. 11938; Cassazione civile, sez. un., 23 dicembre 2004, n. 23832; Cassazione civile, sez. un., 25 maggio 2001, n. 218; Cassazione civile, sez. III, 4 novembre 1997, n. 10800. 17 Cassazione civile, sez. lav., 23 agosto 2006, n. 18377;Cassazione civile, sez. lav., 30 marzo 2006, n. 7546; Cassazione civile, sez. lav., 13 aprile 2005, n. 7601; Cassazione civile, sez. lav., 18 giugno 2002, n. 8853; Cassazione civile, sez. lav., 28 marzo 1996, n. 2791; 18 Cassazione civile, sez. un., 5 ottobre 2004, n. 19854; Cassazione civile, sez. trib., 12 aprile 2005, n. 7498. 19 Cassazione civile, sez. II, 3 febbraio 1999, n. 875; Cassazione civile, sez. II, 28 gennaio 1995, n. 1033. 15 Una parte della dottrina20, che sembra meritevole di consenso, ritiene che occorra semplicemente verificare se il contenuto della lettera di richiesta contenga gli elementi indispensabili per consentire all’assicuratore, mediante l’impiego della debita diligenza professionale, una adeguata valutazione della pretesa risarcitoria con essa avanzata21. Alla linea di pensiero così raccomandata in tema di necessità di applicazione del criterio teleologico, sembra aderire una recente e pregevole pronuncia del Tribunale di Torino22, secondo la quale: “L’onere di invio della richiesta risarcitoria, a pena di improponibilità, secondo le modalità e con i contenuti contemplati dall’art. 148 Cod.Ass., prima di instaurare il giudizio, a cui è assoggettato il danneggiato che intenda agire ex art. 144 Cod.Ass nei confronti della compagnia assicuratrice è da ritenersi costituzionalmente legittimo nella misura in cui non generi una vera e propria preclusione assoluta alla tutela giurisdizionale ma miri a far espletare adempimenti preliminari, giustificati e necessari in quanto finalizzati alla corretta sequenza degli atti del procedimento risarcitorio.” In presenza di una richiesta incompleta, dalla data della ricezione scatta per la compagnia assicuratrice l’obbligo, ex art. 148, quinto comma, Cod.Ass. di richiedere al danneggiato le necessarie integrazioni al fine di poter istruire la pratica liquidatoria e quindi formulare una congrua e motivata offerta risarcitoria entro i termini di legge oppure di comunicare i motivi per cui non ritiene di formulare offerta.” In base ai criteri interpretativi letterale e teleologico, la scansione delle varie fasi del procedimento e i distinti obblighi gravanti sul danneggiato e sull’assicuratore non sono fine a sé stessi, ma preordinati a consentire all’assicuratore di acquisire le informazioni tecniche utili e necessarie per valutare se ed in che misura formulare un’offerta nonché a garantire il danneggiato contro comportamenti dilatori da parte dell’assicuratore. 20 In tal senso anche ROSSETTI, “L’assicurazione r.c.a. nel codice delle assicurazioni”, cit, pag.70-71, che per la valutazione della procedibilità della domanda si orienta alla stregua del ragionevole criterio della sufficienza degli elementi contenuti nella richiesta, con l’uso della ordinaria diligenza, per l’accertamento della responsabilità e la stima del danno. 21 Per esempio: • l’indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento non pare un requisito indispensabile se nel contesto della richiesta siano stati forniti tutti i dati personali degli interessati, da cui sia possibile desumere con la procedura automatica facilmente disponibile l’elaborazione dei rispettivi codici; • a maggior ragione – e tale assunto è stato poco persuasivamente negato in giurisprudenza – la mancata indicazione del codice fiscale non rileva se l’impresa assicuratrice ritiene di non voler formulare un’offerta risarcitoria, neppur minima, per non essere a suo giudizio impegnata, neppure in parte, la responsabilità dell’assicurato; • quanto all’indicazione del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l’ispezione diretta ad accertare l’entità del danno, poiché al proposito è ancora vigente l’art.9 del d.p.r. n.45 del 16.1.1981 che presuppone la persistente esistenza e disponibilità delle cose medesime in capo al richiedente, il requisito è ben surrogabile dall’indicazione delle ragioni che determinano l’impossibilità dell’esame; • le indicazioni relative al reddito del danneggiato sono del tutto inutili se il danneggiato non richiede il risarcimento di voci di danno patrimoniale (per inabilità temporanea o permanente); • l’attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione, con o senza postumi permanenti, non sembra indispensabile nei casi in cui la stabilizzazione dei postumi non sia ancora avvenuta (il che può verificarsi a distanza anche di anni), ovvero nell’ipotesi di un modesto danno alla persona di carattere temporaneo in cui la guarigione risulti implicitamente dalla durata della prognosi formulata senza ulteriori indicazioni; • l’utilizzo per la denuncia di sinistro del modulo ministeriale non sembra una forma insuscettibile di equipollenti nel caso in cui il richiedente fornisca tutti gli elementi necessari per l’identificazione dei veicoli e dei soggetti coinvolti dei rispettivi rapporti assicurativi e per la ricostruzione delle modalità dell’incidente. 22 Trib.Torino, 4° sezione civile, sentenza 9.4.2008, Giudice Unico Salvetti, Gramaglia/Cattolica e Anzi. 16 Pertanto allorché l’impresa assicuratrice comunichi al danneggiato di non poter formulare offerta alcuna in quanto non ritiene il proprio assicurato responsabile dell’incidente, la mancata comunicazione dei dati richiesti dall’art. 148 Cod.Ass. non riveste rilevanza e va ritenuto concluso il procedimento stragiudiziale risarcitorio ed esaurito lo “spatium deliberandi” assegnato all’assicuratore, con pieno ricupero da parte del danneggiato del suo diritto soggettivo ad adire l’Autorità Giudiziaria per il risarcimento dei danni, tenuto anche conto dei principii costituzionali della parità delle parti nel giusto processo, dell’inviolabilità del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e del canone di buona fede.” L’applicabilità delle disposizioni di cui all’art.148 ai sinistri occorsi in data anteriore al 1° gennaio 2006 appare piuttosto controversa. Una parte della giurisprudenza ha infatti osservato che la vecchia normativa di cui all’art.22 della legge 990 del 1969 è stata abrogata e che quando il Legislatore ha inteso prevedere un diverso ambito temporale di applicazione delle norme (come ad esempio nel Regolamento di attuazione del sistema dell’indennizzo diretto, nel quale l’applicazione è stata limitata ai sinistri successivi al febbraio 2007) lo ha fatto espressamente. E’ pertanto certamente sostenibile la tesi secondo cui il sistema del Codice delle assicurazioni, e con esso gli articoli 145 e 148, si applica anche ai sinistri occorsi in data anteriore alla sua entrata in vigore, ma non pare assolutamente da condividersi l’opinione di quella giurisprudenza che ritiene che le prescrizioni di maggior dettaglio imposte dalla nuova normativa si applicherebbero anche alle richieste di risarcimento avanzate prima della data di entrata in vigore del Codice, non seguite dalla instaurazione del giudizio prima del 1°.1.2006, sulla base del dubbio principio che la condizione di proponibilità dovrebbe essere valutata in base alla legge processuale vigente al momento dell’introduzione del giudizio. Appare invece altamente raccomandabile l’opposta interpretazione, che considera come ormai verificata la condizione di proponibilità della domanda giudiziale per effetto della richiesta ritualmente formulata nel rispetto della legge in vigore al momento della sua proposizione; decorsi i sessanta giorni dalla proposizione di una valida richiesta ex art.22 della legge 990 del 1969, la domanda giudiziale è divenuta per ciò solo proponibile e sul diritto ormai consolidato all’azione giudiziale non può esercitare alcun ostacolo l’intervenuta riforma legislativa. Ciò discende dalla piana applicazione dei principi in materia di successione delle leggi nel tempo, anche a non voler considerare la doverosa cautela interpretativa che consiglia di non estendere le disposizioni eccezionali che incidono negativamente sul diritto costituzionalmente tutelato all’azione giurisdizionale a tutela dei diritti soggettivi. 8. La ratio della norma. La ratio della norma può essere facilmente individuata nell’intento di garantire in ogni caso al trasportato danneggiato il pagamento dell’indennizzo posto a carico dell’assicuratore del soggetto più esposto, ossia del vettore (gravato dalle responsabilità presuntive scaturenti dal 1° e dal 2° comma dell’art.2054 c.c., nonché da quella scaturente da un eventuale rapporto contrattuale di trasporto e potenzialmente coinvolto per l’intero dal meccanismo di solidarietà passiva apprestato dall’art.2055 c.c.), risparmiando alla vittima trasportata la prospettiva penalizzante del coinvolgimento nelle dispute circa l’effettiva distribuzione delle responsabilità fra i conducenti dei veicoli coinvolti, che dal suo angolo visuale si rivelano spesso sterili, giacché è sufficiente il parziale coinvolgimento della responsabilità dei conducenti dei veicoli venuti a collisione per innescare il meccanismo di solidarietà passiva previsto dalla legge. 17 Pertanto, in buona sintesi, la legge impone al terzo trasportato danneggiato l’esercizio dell’azione diretta nei confronti dell’impresa del vettore, garantendogli importanti agevolazioni sul piano probatorio e mira così a rinviare, almeno di regola, le discussioni circa l’effettiva distribuzione delle responsabilità tra i conducenti dei veicoli venuti a collisione alla successiva sede dell’azione di regresso esperita dall’assicurazione del vettore nei confronti dell’assicuratore del responsabile. 9. L’intervento della impresa assicurativa del responsabile. La seconda parte del terzo comma dell’art.141 disciplina la facoltà di intervento dell’impresa assicurativa del responsabile civile (ossia del proprietario del veicolo antagonista ovvero di uno dei veicoli antagonisti) con un meccanismo del tutto analogo a quello previsto anche dall’art.149, 6° comma, del Codice delle assicurazioni per la procedura di risarcimento diretto. La ratio della disposizione è evidentemente quella di permettere al soggetto sul quale in tutto o in parte dovrà ricadere la responsabilità risarcitoria di intervenire nel giudizio per la definizione del quantum debeatur, semplificando la vertenza, con effetto di economia processuale, in modo da evitare il successivo giudizio di rivalsa promosso nei suoi riguardi dell’assicurazione del vettore. Il terzo comma dell’art.141 contiene un riferimento del tutto improprio, che non è sfuggito a pesanti censure sul piano della correttezza terminologica, alla facoltà di estromissione dell’impresa del vettore, apparentemente attribuita all’impresa interveniente (“può estromettere l’impresa di assicurazione del veicolo”). Si impone, ovviamente, una interpretazione adeguatrice di siffatta locuzione al dettato costituzionale e al complessivo ordinamento processuale, che riconosca conseguentemente il potere di pronunciare l’estromissione in capo al Giudice della controversia, sia pur qualificandone l’esercizio in termini di “atto dovuto”, una volta che sia stata accertata la sussistenza di tutti gli elementi della fattispecie normativa (ossia che sia stata esercitata l’azione diretta ex art.141, che sia intervenuta in causa validamente e regolarmente l’impresa del responsabile civile, che vi sia stato il prescritto riconoscimento, che non sussista un apprezzabile interesse a partecipare al giudizio in capo all’impresa originariamente convenuta che abbia eventualmente formulato opposizione alla propria estromissione…..). Non è chiarissimo se il richiesto riconoscimento della responsabilità del proprio assicurato, richiesto dall’ultima parte del terzo comma, costituisca un presupposto della sola estromissione dell’impresa assicuratrice del vettore o anche dello stesso intervento. La prima soluzione sembra riferibile, sia sotto il profilo letterale (in considerazione della ripetizione del verbo “può”, prima del verbo “intervenire” e prima del verbo “estromettere”), sia sotto il profilo sistematico, in considerazione dell’indubbio interesse che può nutrire l’impresa del potenziale responsabile a partecipare al giudizio sul quantum, rinviando al successivo giudizio di rivalsa le discussioni circa l’an debeatur. In conseguenza, sembra preferibile la tesi che l’assicuratore del veicolo antagonista possa intervenire anche senza riconoscere la responsabilità del proprio assicurato, adempimento questo richiesto solo ai fini della successiva estromissione dell’assicuratore del vettore. La conclusione sembra avvalorata anche dalla mancata previsione della possibilità di un riconoscimento parziale, il che è perfettamente logico se il riconoscimento è funzionale alla sola estromissione; la disposizione non sarebbe affatto logica, invece, se il riconoscimento costituisse il presupposto processuale dello stesso intervento (perché anche in caso di responsabilità concorsuale l’impresa del corresponsabile avrebbe interesse apprezzabile alla discussione del quantum). 10. La disciplina intertemporale. 18 In dottrina è stata sostenuta l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art.141 Codice delle assicurazioni anche ai sinistri occorsi in data anteriore al 1° gennaio 200623 . I tasselli del ragionamento sono i seguenti: • il Codice delle assicurazioni non contiene alcuna norma transitoria al proposito; • l’art.141 è entrato in vigore il 1° gennaio 2006; • la disciplina introdotta ha rilevanza processuale, in quanto stabilisce il soggetto passivamente legittimato rispetto alla pretesa risarcitoria, regolando la specifica azione diretta; • conseguentemente la nuova disciplina sarà applicabile anche alle azioni introdotte dopo il 1° gennaio 2006, ancorchè riferite a sinistri occorsi in data anteriore; • potrebbe anche aggiungersi che la vecchia normativa è stata abrogata e porrsi in risalto il fatto che il Legislatore è intervenuto espressamente quando ha inteso prevedere un diverso ambito temporale di applicazione delle norme (come ad esempio nel Regolamento di attuazione del sistema dell’indennizzo diretto, nel quale l’applicazione è stata limitata ai sinistri successivi al febbraio 2007). La tesi proposta merita consenso, anche se rende necessaria una importante precisazione, perché il mero riferimento alla natura processuale delle disposizioni e alla mancanza di una norma transitoria, potrebbe far pensare (e temere) che la nuova disciplina si applichi anche ai giudizi in corso, con un inaccettabile sconvolgimento delle controversie radicate sulla base di differenti presupposti, scenari e possibilità assertive e probatorie. La soluzione più logica e sensata é che le disposizioni dell’art.141 si applicano anche ai sinistri occorsi prima del 1° gennaio 2006, ma per i quali a tale data non era ancora stato radicato il giudizio, e non si applica invece alle cause già in corso alla data di entrata in vigore del Codice. 23 ROSSETTI, op. da ultimo cit, 81. Un recente riscontro giurisprudenziale è stato fornito dal Tribunale di Napoli con sentenza 13.11.2007, reperibile nella Banca dati Juris Data, secondo : “La norma invocata dall’attore a fondamento della propria domanda risarcitoria deve essere ritenuta applicabile alla fattispecie trattandosi di una domanda proposta successivamente alla data del gennaio 2006 prevista per l’entrata in vigore della richiamata normativa. D.lgs. n. 209/05 ha espressamente disposto, con effetto dal 1 gennaio 2006, l’abrogazione integrale della L. 990/69 creando con ciò una situazione di vuoto normativo in relazione a quei sinistri per i quali, essendosi essi verificati anteriormente alla data di entrata in vigore del Codice delle Assicurazioni, la domanda in giudizio sia stata invece proposta solo successivamente al 1 gennaio 2006. In relazione a tali sinistri deve essere esclusa la possibilità di applicare una norma che al momento di proposizione della domanda era stata espressamente abrogata per cui la fattispecie deve ritenersi soggetta all’applicazione della sola disciplina vigente a tale momento cioè di quella dettata dal combinato disposto degli artt. 141 - 145 - 148 del D.lgs. n. 209/05 in base alla quale l’azione per i danni subiti dal trasportato deve essere proposta nei confronti del solo assicuratore del veicolo su cui egli era trasportato al momento del sinistro. Ragionando diversamente ed esclusa la possibilità di applicare in giudizio una norma espressamente abrogata al momento della proposizione della domanda si dovrebbe ritenere che la posizione del trasportato, per i sinistri verificatisi prima del 1° gennaio 2006 e per i quali il giudizio sia stato introdotto solo successivamente alla entrata in vigore del D.lgs. n. 209/05, rimanga priva di tutela giuridica. Non essendo possibile pervenire ad una simile aberrante conclusione non resta altra alternativa che applicare l’unica normativa vigente al momento della proposizione della domanda in giudizio cioè quella prevista dal combinato disposto degli artt. 141 - 145 - 148 del D.lgs. n. 209/05. Del resto la limitazione di applicabilità della nuova normativa ai soli sinistri successivi al 1° febbraio 2007 si riferisce esclusivamente alla diversa procedura del ed. indennizzo diretto prevista dagli art. 149 e 150 del D.lgs. n. 209/05, l’unica per la quale il Legislatore abbia operato una espressa distinzione dei sinistri sotto il profilo temporale.” 19 La chiave di volta per accedere a tale soluzione può essere presumibilmente rinvenuta in quell’orientamento giurisprudenziale che si è andato consolidando con riferimento alle disposizioni processuali di cui alla legge n.102 del 2006, per sostenerne la non applicabilità ai giudizi in corso alla data della sua entrata in vigore, basandosi fra l’altro su una valorizzazione del principio di cui all’art.5 c.p.c.24; in alternativa è possibile distinguere nell’ambito dell’art.141 le disposizioni di carattere sostanziale (quale quella inerente il regime di responsabilità no fault) non applicabili ai giudizi in corso. In conclusione, anche sulla scorta di quanto esposto nel precedente § 7, con riferimento alla disciplina intertemporale della condizione di proponibilità, l’art.141 e la relativa disciplina si applica anche ai sinistri verificatisi prima del 1° gennaio 2006 per cui a tale data non fosse ancora stata proposta la domanda giudiziale, dovendosi peraltro ritenere proponibili le domande giudiziali che siano state precedute da richieste di risarcimento inviate nel rispetto dei meno severi requisiti previsti dall’art.22 della legge 24.12.1969 n.990 prima dell’entrata in vigore del Codice delle assicurazioni. 11. Il caso del proprietario trasportato. Una fattispecie del tutto peculiare ( ma per nulla infrequente nella pratica, soprattutto con riferimento all’ambito familiare) è quella in cui il trasportato danneggiato nel sinistro sia anche il proprietario ( o comproprietario) del veicolo sul quale si trovava a viaggiare. I problemi da affrontare sono essenzialmente due: • se il danno subito da costui sia o meno risarcibile; • se il risarcimento debba essere richiesto con l’azione diretta nei confronti della Compagnia assicuratrice del veicolo di sua proprietà sul quale si trovava a viaggiare come trasportato. Quanto al primo interrogativo la soluzione negativa viene argomentata con riferimento all’estinzione per confusione ex art.1253 c.c. dell’obbligazione risarcitoria, giacché il proprietario trasportato si troverebbe a cumulare le vesti di creditore-danneggiato e di debitore-responsabile ex art.2054 c.c.; sembra essersi uniformata al principio recentemente la Corte di Cassazione con la sentenza 18.1.2006 n.834, negando, sia pur in parte, con riferimento alla corresponsabilità presunta del proprio conducente, il diritto al risarcimento al proprietario trasportato.25 La critica di tale orientamento viene basata in dottrina26 sulla base del diritto comunitario, dal momento che la Corte di Giustizia, sez.I°, in data 30.6.2005, causa 537/03, ha ritenuto che le norme di diritto nazionale degli Stati membri, pur libere di disciplinare la materia della responsabilità del proprietario e del conducente, non possono avere l’effetto di svuotare il principio di diritto comunitario che intende assicurare comunque il risarcimento del danno alla vittima di un sinistro stradale, fra le quali deve essere 24 Cfr Corte Appello Torino 19.5.2006, secondo cui “L’art. 3 l. n. 102 del 2006, secondo il quale le cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni conseguenti ad incidenti stradali sono sottoposte al rito del lavoro, non si applica ai processi pendenti al momento della sua entrata in vigore.”, pubblicata su Giur. it. 2007, 3, 688 con commento favorevole di CAPONI. 25 “La presunzione di colpa prevista dall’art. 2054 c.c. si applica anche in favore delle persone trasportate che legittimamente possono proporre azione diretta di risarcimento contro la compagnia assicuratrice del veicolo antagonista della vettura su cui erano trasportati. Nel caso in cui, come nella fattispecie, il trasportato sia anche il proprietario dell’autovettura su cui viaggiava, a lui si applica la presunzione di concorso di colpa previsto dall’art. 2054 comma 2 presunzione che può essere superata solo fornendo la prova liberatoria consistente nella dimostrazione che il conducente del mezzo su cui viaggiava il danneggiato-proprietario si era uniformato alle norme sulla circolazione stradale e a quelle di comune prudenza.” 26 ROSSETTI, op. da ultimo cit.,64. 20 catalogato anche il proprietario trasportato che versa in posizione del tutto assimilabile a quella di qualsiasi altro passeggero27. Detto ciò quanto al primo problema, la risposta al secondo implica l’analisi della norma di cui all’art.141; la soluzione negativa potrebbe essere basata su di una lettura restrittiva della locuzione “terzo trasportato”, tale da non ricomprendere nell’ipotesi in esame anche il proprietario/comproprietario del veicolo. La soluzione alternativa appare tuttavia più corretta, una volta che si parta dalla nozione comunitaria del concetto di trasportato (nella quale non rientra, come si è detto, il solo conducente) e che si presupponga , come sopra argomentato, il diritto al risarcimento del danno patito dal trasportato-proprietario; una volta assodato tale principio non sussisterebbe invero alcuna ragione per differenziare lo strumento di tutela processuale dell’identico diritto sostanziale. 12. L’azione risarcitoria promossa dai soggetti danneggiati in via indiretta e consequenziale per effetto delle lesioni o della morte del terzo trasportato. Un problema non facile da risolvere è rappresentato dalla riferibilità dell’azione diretta disciplinata dall’art.141 Codice delle assicurazioni alle pretese risarcitorie dei soggetti 27 “27. Gli Stati membri devono esercitare le proprie competenze nel rispetto del diritto comunitario e, segnatamente, dell’art. 3, n. 1, della prima direttiva, dell’art. 2, n. 1, della seconda direttiva e dell’art. 1 della terza direttiva, il cui obiettivo consiste nel garantire che l’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli consenta obbligatoriamente a tutti i passeggeri vittime di un incidente causato dal veicolo di essere risarciti dei danni dai medesimi subiti. 28. Le disposizioni nazionali che disciplinano il risarcimento dei sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli, pertanto, non possono privare le dette disposizioni del loro effetto utile. 29. Ciò si verificherebbe, segnatamente, se una normativa nazionale, definita in base a criteri generali ed astratti, negasse al passeggero il diritto al risarcimento da parte dell’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli, ovvero limitasse tale diritto in misura sproporzionata, esclusivamente sulla base della corresponsabilità del passeggero stesso nella realizzazione del danno. 30. Solo al verificarsi di circostanze eccezionali, in base ad una valutazione caso per caso, l’ampiezza del risarcimento della vittima può essere limitata. 31. Nel contesto della valutazione della sussistenza di tali circostanze e del carattere di proporzionalità del limite al risarcimento, la cui competenza spetta al giudice nazionale, è irrilevante il fatto che il passeggero interessato sia il proprietario del veicolo il conducente del quale abbia causato l’incidente. 32. Infatti, nel prevedere che l’assicurazione della responsabilità civile relativa alla circolazione degli autoveicoli copre la responsabilità per i danni alla persona di tutti i passeggeri, ad eccezione del conducente, l’art. 1 della terza direttiva si limita a fissare una distinzione tra il detto conducente e gli altri passeggeri. 33. Inoltre, gli obiettivi di tutela ricordati ai punti 18-20 della presente sentenza impongono che la posizione giuridica del proprietario del veicolo che si trovava a bordo del medesimo al momento del sinistro, non come conducente, bensì come passeggero, sia assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente. 34. Tale interpretazione è avvalorata dall’evoluzione della normativa comunitaria. A termini del settimo considerando della seconda direttiva, è interesse delle vittime che gli effetti di talune clausole di esclusione siano limitati alle relazioni tra l’assicuratore ed il responsabile del sinistro. Ai fini di concedere una tutela analoga a quella degli altri terzi vittime, come emerge dal nono considerando della direttiva medesima, l’art. 3 di quest’ultima ha esteso il beneficio dell’assicurazione per quanto riguarda i danni alle persone ai familiari dell’assicurato, del conducente o di qualsiasi altra persona responsabile. L’art. 1 della terza direttiva accoglie una formulazione ancora più ampia, prevedendo il risarcimento dei danni alla persona a tutti i passeggeri ad eccezione del conducente. Il proprietario dell’autoveicolo, pertanto, in quanto passeggero, non è escluso dal beneficio del risarcimento. 35. Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni sollevate vanno risolte nel senso che, in circostanze come quelle della causa principale, l’art. 2, n. 1, della seconda direttiva e l’art. 1 della terza direttiva ostano ad una normativa nazionale che consenta di negare ovvero di limitare in misura sproporzionata, in considerazione della corresponsabilità del passeggero nella causazione del danno subito, il risarcimento a carico dell’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli. Il fatto che il passeggero interessato sia proprietario del veicolo il conducente del quale ha causato l’incidente è irrilevante.” 21 che si affermino danneggiati in via diretta e mediata in conseguenza delle lesioni o della morte del terzo trasportato, E’ ormai pacifico in giurisprudenza che gli stretti congiunti della vittima primaria (e financo i soggetti ad essa legati da una stabile relazione affettiva) possono richiedere jure proprio, quale vittime di rimbalzo del fatto illecito, il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti nella loro sfera giuridica per effetto della morte del congiunto ovvero della sua grave menomazione conseguente alle lesioni subite28. Allo stesso modo è pacifico che anche i creditori, in forza di titolo contrattuale, verso la vittima del sinistro di una prestazione non surrogabile, come pure i soggetti che abbiano dovuto erogare, a titolo contrattuale, prestazioni pecuniarie alla vittima del sinistro in conseguenza delle lesioni subite nell’incidente, possano richiedere jure proprio il risarcimento29. Spetta a questi soggetti la titolarità attiva all’esperimento dell’azione di cui all’art.141 Codice delle assicurazioni?30 A rigore parrebbe di no, perché il primo comma sembra riferirsi al solo danno “subito dal terzo trasportato”, il secondo comma, a sua volta, richiede al terzo trasportato l’esperimento della procedura stragiudiziale, mentre il terzo comma continua a far riferimento alla figura del danneggiato (ossia alla c.d. vittima primaria). E’ peraltro evidente che la soluzione negativa presterebbe il fianco a seri rilievi critici circa l’evidente discriminazione di trattamento di fattispecie del tutto assimilabili, poiché la vittima primaria potrebbe agire solo con l’azione diretta ex art.141, fruendo peraltro del beneficio del sistema no fault sopra descritto, mentre le vittime c.d. secondarie potrebbero agire con l’azione diretta ex art.144 verso entrambe le compagnie assicuratrici dei veicoli coinvolti, subendo però il coinvolgimento nelle discussioni giudiziali circa la distribuzione delle responsabilità. Il superamento delle perplessità potrebbe essere affidato ad una estensione analogica della disciplina, che peraltro sembra di assai dubbia ammissibilità ex art.14 disp.prel.c.c. in considerazione della sua natura apparentemente eccezionale, almeno sotto il profilo dell’accoglimento di una regola risarcitoria che prescinde dalla colpa. L’estensione dell’azione diretta ex art.141 alle vittime c.d. secondarie o “di rimbalzo”, sembra passare quindi attraverso il filtro, meramente ermeneutico, di una interpretazione estensiva praticata nell’ambito di valenza semantica delle espressioni normative: si tratta quindi di stabilire se l’espressione “danno subito dal terzo trasportato” possa essere letta come ricomprensiva anche dei pregiudizi patiti per effetto dei danni subiti dal terzo trasportato, operazione questa che potrebbe essere in qualche modo agevolata dalla necessità di rinvenire una lettura costituzionalmente orientata della norma, tale da evitare una palese discriminazione di trattamento. E’ il caso di precisare che non vi è dubbio quanto all’ammissibilità dell’azione diretta ex art.141 allorchè i congiunti della vittima non agiscano jure proprio, ma richiedano jure successionis il ristoro del danno biologico, morale, esistenziale ovvero “tanatologico” subito dalla vittima del sinistro. 28 Possono ricordarsi ex multis: Cass.SS.UU.1°.7.2002, n.9556; Cass.31.5.2003 n.8828; Cass.19.8.2003 n.12124; Cass.15.7.2005 n.15019; Cass.15.7.2005 n.15122; Cass.14.2.2006 n.3181; Cass.12.6.2006 n.13546; Cass.19.1.2007 n.1203; Cass.22.6.2007 n.14581; Cass.27.6.2007 n.14845; Cass.3.4.2008 n.854. 29 Il principio della tutela aquiliana non solo dei diritti assoluti ma anche dei diritti di credito è da tempo riconosciuto nel nostro ordinamento: cfr Cass.SS.UU 26.1.1971 n.174; Cass. 5.7.1976 n.2489; Cass.4.1.1977 n.22; Cass.29.3.1978 n.1459; Cass. 1°.4.1980 n.2105; Cass. 27.7.1998 n.7337; Caass.14.11.1996 n.9984. Per tal via è stato quindi ammesso al risarcimento il datore di lavoro che non abbia potuto utilizzare le prestazioni lavorative del proprio dipendente (Cass.SS.UU.12.11.1988 n.6132), ovvero che abbia dovuto continuare a retribuirlo durante un periodo di assenza per malattia (Cass.26.8.1985 n.4550; Cass.2.12.1986 n.7117; Cass.21.10.1991 n.11099; Cass. 25.6.1993 n.7063; Cass.sez.lav.15.9.2003 n.13549). 30 Se lo chiede anche BONA, op.cit, senza offrire però risposte. 22 In tali ipotesi infatti la pretesa ha effettivamente per oggetto i danni subiti dal terzo trasportato, il cui risarcimento viene chiesto dagli eredi che si affermano succeduti nel lato attivo del rapporto obbligatorio trasmissibile. Anche per questa ragione, ossia per evitare la separazione delle azioni spettanti ai congiunti della vittima allorché agiscano jure proprio e jure hereditatis parrebbe auspicabile l’operazione interpretativa sopra delineata. 13. L’ipotesi di mancata copertura assicurativa del veicolo del vettore. Quid juris se il veicolo sul quale viaggiava il trasportato danneggiato non era assicurato? • Sicuramente l’azione non è esperibile verso l’impresa assicurativa del veicolo del vettore, per la semplice ragione che tale soggetto non esiste; • non pare che possa entrare in gioco il Fondo di Garanzia per le vittime della strada, se non previa deduzione di una responsabilità propria, anche solo presuntiva o solidale, del conducente del veicolo del vettore, perché l’art.283 del Codice grava il Fondo dell’obbligo di risarcire i “danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione” nel caso in cui “il veicolo o natante non risulti coperto da assicurazione”; • l’azione prevista dall’art.287, 3° e 4° comma, nei confronti dell’impresa designata, in litisconsorzio con il responsabile del danno, presuppone quindi una responsabilità attribuita al vettore: non è così possibile esperire l’azione ex art.141 nei confronti dell’impresa designata; • sarà invece possibile agire nei confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile effettivo, in conformità alla regola generale, che non risulta non derogata per effetto dell’inoperatività nel caso concreto della regola particolare. 14. L’ipotesi della circolazione prohibente domino del veicolo del vettore. Il problema si pone in modo più complesso ed articolato per quanto concerne l’ipotesi dei danni subiti dal terzo trasportato in caso di circolazione prohibente domino31; anche se all’argomento della circolazione “prohibente domino” verrà sicuramente dedicato più approfondito esame nel contesto di altra relazione, appare necessario accennare sinteticamente ai punti essenziali del problema, per verificarne le conseguenze in tema di azione del trasportato. In tale ipotesi la legge (art.122, 3° comma) sancisce l’inefficacia della copertura assicurativa ed ammette (art.283, 1° comma, lettera d) e art.287) l’azione nei confronti dell’impresa designata per il Fondo di Garanzia solo a favore del soggetto trasportato contro la sua volontà ovvero del trasportato inconsapevole della circolazione prohibente domino (cfr art.283, 2° comma). E’ opportuno puntualizzare quale era il quadro normativo e giurisprudenziale alla vigilia dell’entrata in vigore del Codice delle assicurazioni. 31 Prohibente e non meramente invito domino. Infatti: “Per vincere la presunzione di colpa stabilita dall’art. 2054 comma 3 c.c. non è sufficiente dimostrare che la circolazione del veicolo sia avvenuta senza il consenso del proprietario ( invito domino), ma è necessario che detta circolazione sia avvenuta contro la su volontà (prohibente domino ), la quale deve estrinsecarsi in un concreto comportamento, specificamente idoneo a vietare ed impedire la circolazione del veicolo (nella specie la S.C. ha confermato la decisione del giudice del merito il quale aveva ritenuto inidonea ad integrare la prova liberatoria la condotta del proprietario consistita nell’affidamento in custodia a terzi del veicolo con avviso al custode di non consegnare ad altri le chiavi del mezzo).”(Cassazione civile , sez. III, 17 ottobre 1994, n. 8461). 23 Il terzo comma dell’art.2054 c.c., che sancisce a carico del proprietario del veicolo ( o in sua vece l’usufruttuario o l’acquirente con patto di riservato dominio) la responsabilità, solidale con quella del conducente, in difetto di prova da parte sua che la circolazione del mezzo era avvenuta contro la sua volontà, veniva tradizionalmente interpretato in senso restrittivo, sulla base della distinzione fra i concetti di circolazione “invito domino” e circolazione “prohibente domino”. Secondo la giurisprudenza, al fine di integrare la prova liberatoria dalla presunzione di colpa stabilita dall’art. 2054, 3° comma c.c., non è sufficiente la dimostrazione che la circolazione del veicolo sia avvenuta senza il consenso del proprietario, ma è al contrario necessario che detta circolazione sia avvenuta contro la sua volontà, la quale deve estrinsecarsi in un concreto ed idoneo comportamento ostativo, specificamente inteso a vietare ed impedire la circolazione del veicolo ed estrinsecatosi in atti e fatti rivelatori della diligenza e delle cautele allo scopo adottate.32 Pertanto in caso di circolazione avvenuta “invito domino”, ma non “prohibente domin” nella nozione sopra considerata, la sussistenza della responsabilità solidale del proprietario a norma dell’art.2054 , 3° comma, c.c., non lasciava dubbi sull’operatività della copertura assicurativa e sull’esperibilità dell’azione diretta da parte dei terzi danneggiati - e fra essi del trasportato sul veicolo circolante “invito domino” – nei confronti dell’impresa assicurativa r.c.a. che copriva la circolazione del veicolo. La conclusione scaturiva linearmente dall’art.1, 1° e 2° comma, della legge 24.12.1990 del 1969, ed ovviamente non era prevista alcuna rivalsa da parte dell’assicuratore del veicolo circolante “invito domino”, ma non “prohibente domino”. In sintesi, il terzo trasportato danneggiato nel sinistro poteva agire: • con l’azione ex art.2043/2054, 1° comma verso il conducente del veicolo del quale si trovava a bordo e verso il conducente del veicolo antagonista; • con l’azione ex art.2054, 3° comma verso il proprietario (ancorché “invito”) del veicolo del quale si trovava a bordo e verso il proprietario del veicolo antagonista; • con l’azione diretta ex art.18 legge 990/1969 verso gli assicuratori r.c.a. del veicolo di cui si trovava bordo e del veicolo antagonista. Il quadro di riferimento era più complesso per quel che riguardava la vera e propria circolazione contro la volontà del proprietario che avesse adottato opportune e idonee cautele per prevenire la circolazione del mezzo contro la sua volontà (“prohibente domino”). In tale fattispecie, come sopra ricordato, la giurisprudenza riteneva integrata la prova liberatoria incombente al proprietario ai fini del terzo comma dell’art.2054 c.c.; il che tuttavia non si ripercuoteva automaticamente sulla liberazione del suo assicuratore r.c.a. alla luce del disposto del terzo comma dell’art.1 della legge 24.12.1990 n.969, così come modificato dal d.l. 23.12.1976 n.857 nonché dalla legge di conversione 26.2.1977 n.39. In forza di tale disposizione l’assicurazione risultava comunque efficace, limitatamente alla garanzia per i danni causati ai terzi non trasportati nonché ai terzi trasportati contro la loro volontà, anche nel caso di circolazione “prohibente domino”; in tale ipotesi la legge attribuiva all’assicuratore il diritto di rivalsa verso il conducente. Occorreva altresì considerare il tenore della Direttiva CE 30.12.1983 n.84/533 che all’art.2 raccomandava ad ogni Stato membro di prendere le misure necessarie affinché fosse privata di ogni effetto relativamente all’azione dei terzi vittime di un sinistro. qualsiasi disposizione legale o clausola contrattuale contenuta in un contratto di assicurazione r.c.a. che escludesse dall’assicurazione l’utilizzo o la guida di autoveicoli 32 Cass.15.5.2006 n.15521; Cass.1°.4.2005 n.6893; Cass.1°.8.2000 n.10027;Cass.17.10.1994 n.8461. Seconda direttiva del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli. 33 24 da parte di persone non aventi l’autorizzazione esplicita o implicita a condurre il veicolo. In altri termini, la Direttiva comunitaria pretendeva dagli Stati membri l’operatività della copertura assicurativa e i benefici dell’azione diretta per i terzi danneggiati anche in caso di circolazione contro la volontà del proprietario. Faceva eccezione alla regola l’ipotesi di coloro che spontaneamente avessero preso posto nel veicolo con la dimostrata consapevolezza che lo stesso era stato rubato al proprietario. Per vero, mentre la Direttiva autorizzava la neutralizzazione della copertura nel solo caso di circolazione “prohibente domino” costituente altresì reato34 nei confronti dei terzi trasportati volontariamente sul veicolo e consapevoli della sua provenienza furtiva , l’art. 1, 3° comma, della legge 990 del 1969 non rendeva operante la copertura assicurativa e l’azione diretta: • anche nei confronti dei terzi trasportati in conformità alla loro volontà e inconsapevoli della circolazione “prohibente domino”,35 ipotesi questa nella quale in via interpretativa poteva forse ricavarsi dal sistema, anche alla luce della Direttiva comunitaria, l’esigenza della consapevolezza della provenienza furtiva del veicolo, • e soprattutto nei confronti dei terzi trasportati in conformità alla loro volontà e consapevoli della circolazione “prohibente domino” in una ipotesi in cui non fosse configurabile alcun reato. In sintesi, il terzo trasportato danneggiato nel sinistro in cui era stato coinvolto su veicolo circolante “ prohibente domino” poteva agire: • con l’azione ex art.2043/2054, 1° comma, verso il conducente del veicolo del quale si trovava a bordo e verso il conducente del veicolo antagonista; • con l’azione ex art.2054, 3° comma, verso il proprietario del veicolo antagonista ma non verso il proprietario del veicolo del quale si trovava a bordo; • con l’azione diretta ex art.18 legge 990/1969 verso l’assicuratore r.c.a. del veicolo del veicolo antagonista; • nel caso di veicolo proveniente da reato, con l’azione diretta ex art.18 legge 990/1969 verso l’assicuratore r.c.a. del veicolo sul quale era trasportato contro la sua volontà ovvero ignorando l’origine di reato della detenzione del veicolo da parte del conducente; • nel caso di veicolo non proveniente da reato e cionondimeno circolante “prohibente domino”, con l’azione diretta ex art.18 legge 990/1969 verso l’assicuratore r.c.a. del veicolo sul quale era trasportato contro la sua volontà ovvero ignorando la circostanza della detenzione “prohibente domino” del veicolo da parte del conducente. L’art.122 del Codice delle assicurazioni non ripropone il contenuto del sopra menzionato 3° comma dell’art.1 della legge 24.12.1990 n.969, sicché si pone ora il problema di stabilire se e in quali termini i terzi danneggiati dalla circolazione del veicolo “prohibente domino” possano esperire azione diretta nei confronti dell’assicuratore r.c.a. di tale veicolo. E’ stato invece previsto che a partire dal giorno successivo alla presentazione della denuncia all’autorità di pubblica sicurezza l’assicurazione non abbia effetto, salvo il richiamo al disposto dell’art.283 del Codice, che ha introdotto, alla lettera d) del comma 34 Appare logico interpretare estensivamente la nozione di “veicolo rubato” contenuta nel 1° comma, anche alla luce delle successive indicazioni dello stesso articolo 2, 2° comma , come genericamente proveniente da reato (rapina, estorsione, appropriazione indebita, peculato…). 35 Si pensi all’ipotesi del soggetto che sia salito spontaneamente sul veicolo rubato, ignorando la circostanza. 25 1°, la copertura da parte del Fondo di Garanzia dei danni cagionati dalla circolazione del veicolo contro la volontà del proprietario a favore dei terzi non trasportati e dei terzi trasportati contro la loro volontà ovvero inconsapevoli della circolazione illegale, sia per i danni alla persona, sia per i danni alle cose. Per quel che concerne la circolazione “invito domino” (ma non “prohibente domino”) nulla dovrebbe ritenersi mutato rispetto al diritto vivente come sopra descritto. Per quel che riguarda la circolazione “prohibente domino”, in una ipotesi in cui non sia configurabile un fatto di reato e l’origine furtiva o comunque criminosa della detenzione del veicolo in capo al conducente, sono possibili astrattamente tre ipotesi: a) Poiché il terzo comma dell’art.122 neutralizza l’operatività della copertura, facendo eccezione al precedente secondo comma e poiché non è stato riprodotto il contenuto del previgente terzo comma dell’art.1 della legge 990/1969, non è data alcuna azione ai terzi danneggiati e ai terzi trasportati nei confronti dell’assicuratore r.c.a. del veicolo su cui viaggiavano, non sussistendo responsabilità ex art.2054 c.c. Per il combinato disposto dell’art.122, 3° comma, e dell’art.283, 1° comma , lettera d) , e 2° comma, l’azione diretta è concessa nei confronti dell’impresa designata per conto del Fondo di Garanzia (che dovrebbe quindi rispondere anche in caso di circolazione “prohibente domino” non configurante reato) a favore dei terzi danneggiati, dei terzi trasportati contro la loro volontà, nonché dei terzi trasportati inconsapevoli della circolazione illegale (in questa guisa interpretata come equivalente a circolazione “prohibente domino”). b) Il terzo comma dell’art.122 neutralizza la copertura solo a partire dal giorno successivo alla denuncia all’autorità di pubblica sicurezza, così presupponendo la commissione di un reato. Pertanto in difetto di tale denuncia la norma implica la persistente responsabilità dell’assicuratore r.c.a., anche nei confronti dei terzi trasportati, in forza del secondo comma dell’art.122, senza alcuna limitazione mentre la copertura da parte del Fondo di garanzia presuppone la configurabilità di un reato e la presentazione della denuncia, salvi i limiti ivi previsti. c) L’art.122 va interpretato alla luce della Seconda Direttiva CE (84/5 del 31.12.1983) che esige l’inopponibilità al terzo danneggiato di norme di legge o di contratto che escludano i benefici assicurativi nel caso di circolazione non esplicitamente o implicitamente autorizzata. Pertanto nel caso di circolazione “prohibente domino”, non presupponente la commissione di un preventivo reato contro il patrimonio del proprietario del veicolo, l’assicuratore del veicolo risponde dei danni subiti dal terzo danneggiato nonché dai trasportati nolenti o inconsapevoli (così pervenendosi al ripristino in via ermeneutica, anche per il tramite della 2° Direttiva, del contenuto dell’abrogato terzo comma dell’art.1 della legge 990 del 1969). In questo modo acquisterebbe un senso la previsione della neutralizzazione della copertura a partire dal giorno successivo alla denuncia di reato, dal momento che tale incombente segnerebbe il punto di passaggio dal regime della copertura da parte dell’assicuratore del veicolo circolante “prohibente domino” a quella da parte del Fondo di Garanzia. Allorché la circolazione del veicolo sia avvenuta “prohibente domino” in ipotesi di commissione di un preventivo reato contro il patrimonio del proprietario del veicolo, per il combinato disposto degli artt.122 e 283 risponde il Fondo di garanzia nei confronti dei terzi danneggiati non trasportati e dei terzi trasportati contro la loro volontà ovvero inconsapevoli.36 36 In questo senso, ROSSETTI, op. da ultimo cit, 45-48, che attraverso un complesso ragionamento ermeneutico perviene, in sostanza alla conferma del preesistente quadro del diritto vivente per l’ipotesi della 26 Operate tale necessarie premesse, occorre ora stabilire se ed in quali casi al terzo trasportato sia consentita l’azione ex art.141 Cod. ass. verso la Compagnia del vettore. A stretto rigore letterale, parrebbe che la norma dell’art.141 non escluda affatto l’azione diretta verso l’impresa assicurativa del veicolo del vettore. In tale ipotesi, a differenza di quella di cui alla lettera b) dell’art.283, una impresa assicurativa del vettore esiste e semplicemente è semmai la copertura a non essere efficace. Sulla base delle osservazioni sopra esposte : • non vi è nessun dubbio circa l’esperibilità dell’azione ex art.141 nei confronti della compagnia del vettore nell’ipotesi di circolazione del veicolo su cui si trovava il trasportato che sia avvenuta “ invito domino”, ma non “prohibente dominio”; • allorché la circolazione del veicolo su cui si trovava il trasportato sia avvenuta “prohibente dominio”, senza che il proprietario del veicolo ne abbia perduto il possesso in conseguenza di un fatto criminoso, la soluzione dipende dalla lettura più o meno restrittiva dell’art.122 del Codice delle assicurazioni; secondo una teoria, in tal caso, l’azione dovrebbe essere esperita nei confronti del Fondo di garanzia e quindi non potrebbe essere ricondotta alla matrice di cui all’art.141 Cod.ass, e fruire dei relativi benefici probatori (neutralizzazione delle questioni inerenti la responsabilità del conducente dei veicoli coinvolti nel sinistro), mentre, secondo altra teoria, nulla sarebbe mutato rispetto al regime previgente con la conseguente esperibilità dell’azione diretta verso la compagnia del veicolo sul quale viaggiava il trasportato, presumibilmente soggetta al regime di cui all’art.141; • allorché la circolazione del veicolo su cui si trovava il trasportato sia avvenuta “prohibente dominio” ed il proprietario del veicolo ne abbia perduto il possesso in conseguenza di un fatto criminoso, non è data azione ai sensi dell’art.141, non sussistendo copertura efficace, e dovrà essere esperita l’azione ex artt.283, lettera d) e 287 nei confronti dell’impresa designata per conto del Fondo di garanzia, spettando tutela peraltro solo al trasportato inconsapevole o non volontario. Qualche dubbio sorge per le ipotesi in cui la lettura testuale dell’art.141 porterebbe ad ammettere l’azione diretta; ciò tuttavia potrebbe condurre a notevoli iniquità allorché il regresso verso l’assicuratore dell’altro conducente non fosse, in tutto o in parte possibile: in tale ipotesi, in effetti, l’assicuratore del vettore rischierebbe di dover rifondere danni che non di sono di sua competenza, senza possibilità, in tutto o in parte, di rivalsa e si finirebbe con il garantire il risarcimento a soggetti (terzi trasportati consapevoli della circolazione prohibente domino) a condizioni di favore rispetto alla disciplina ordinaria. Una lettura sistematica del complesso normativo, opportunamente costituzionalmente orientata per evitare discriminazioni di trattamento e l’imposizione di sacrifici economici ingiustificati senza indennizzo, potrebbe quindi indurre a ritenere che l’azione diretta verso l’impresa del vettore non sia ammissibile ai sensi dell’art.141 in caso di circolazione prohibente domino. In tale ipotesi potrà essere esperita l’azione diretta nei confronti dell’impresa assicurativa dell’altro conducente, ove in tutto o in parte responsabile, ovvero l’azione nei confronti del Fondo di Garanzia alle condizioni previste nel 1° comma, lettera d) e nel secondo circolazione “prohibente domino” in difetto di commissione di preventivo reato, sulla base della valorizzazione delle indicazioni provenienti dal diritto comunitario, e alla restrizione in via interpretativa della copertura da parte del Fondo di garanzia alla sola ipotesi della circolazione “prohibente domino” che presupponga la commissione di un preventivo reato. 27 comma dell’art.283, oltre che ovviamente conducente-vettore responsabile. l’azione ordinaria nei confronti del 15. Il coordinamento fra gli artt.141 e 144 del Codice: ammissibilità o no dell’azione diretta verso l’impresa assicurativa del responsabile. I dubbi interpretativi di maggior rilievo investono il rapporto che intercorre tra l’azione disciplinata dall’art.141 (azione diretta del trasportato nei confronti dell’impresa assicuratrice del vettore37) e l’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile civile (con il litisconsorzio necessario del proprietario del veicolo assicurato) disciplinata in linea generale dall’art.144. Al riguardo sono circolate due interpretazioni: • per la prima (più lineare e probabilmente preferibile), l’azione prevista dall’art.141 esclude l’ammissibilità, salve le eccezioni specificamente previste dalla norma, dell’azione diretta contro l’impresa assicuratrice di altri soggetti coinvolti nel sinistro diversi dal vettore; • per la seconda, l’azione ex art.141 concorre con l’esperibilità dell’azione diretta generale da parte del trasportato verso l’impresa assicuratrice di ogni altro responsabile civile. Gli argomenti a sostegno della prima interpretazione, orientata ad escludere l’ammissibilità da parte del trasportato dell’esperimento dell’ordinaria azione diretta verso altre imprese assicurative diverse da quella del vettore possono essere così riepilogati: • l’art.23 della legge 990/1969 é stato abrogato, sicché non può ricavarsi da tale disposizione (operante come una sorta di “immagine residua”) alcuna matrice generatrice di una azione diretta del trasportato; • l’art.141 prevede una disciplina speciale, che deroga ovviamente a quella generale, regolando il caso specifico del danneggiato trasportato su uno dei veicoli coinvolti rispetto alla disciplina generale dettata per gli altri soggetti danneggiati; • la previsione dell’art.141 non avrebbe indubbiamente molto senso, se concorresse con la disciplina dell’art.144, poiché anche il vettore sarebbe pur sempre un responsabile civile aggredibile al pari degli altri conducenti coinvolti; • non avrebbe avuto parimenti alcuna funzione la disposizione intesa a salvaguardare espressamente la possibilità dell’azione diretta nei confronti della impresa assicuratrice dell’(altro) responsabile civile nella ristretta ipotesi in cui questa sia obbligata per un massimale superiore al minimo legale a differenza della impresa assicuratrice del vettore, se tale possibilità pur sempre scaturisse dalla persistente esperibilità dell’azione ex art.144; • parimenti risulterebbe superflua la specifica disciplina dell’intervento dell’impresa del responsabile e dell’estromissione dell’impresa del vettore, che sarebbe comunque ricavabile dalle regole processuali generali. La tesi patrocinata è stata approvata in dottrina da chi ha autorevolmente sostenuto: • sia che la previsione dell’art.141 dell’esercizio dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del vettore, in ossequio al principio “inclusio unius, exclusio alterius”, induce a concludere per la carenza in capo al trasportato di altre azioni dirette, 37 Con il litisconsorzio necessario del proprietario del veicolo del vettore, ai sensi dell’art.144, 2° comma, richiamato in quanto compatibile dall’art.141, 3° comma: vedi infra. 28 • sia che una interpretazione conservativa della previsione della possibilità di intervento dell’impresa del responsabile civile (volta ad attribuire un qualche effetto alla norma piuttosto che a considerarla del tutto inutile) porta ad escludere l’ammissibilità del ricorso all’azione diretta ex art.144 da parte del terzo trasportato38. Un recente riscontro giurisprudenziale è contenuto nella già citata pronuncia del Tribunale di Napoli del 13.11.2007 e in due pronunce del Giudice di Pace di Sant’Anastasia del 28.1.2008 e del 30.1.2008 (reperibili anch’esse nella più aggiornata versione 4/08 della Banca Dati Juris Data). 16. I dubbi di costituzionalità della soluzione interpretativa adottata. Sono stati proposti, sotto distinti profili, svariati dubbi di costituzionalità della disciplina in esame. Non pare, innanzitutto, che le conclusioni raggiunte possano essere sovvertite per effetto di una interpretazione costituzionalmente orientata, che è stata proposta con l’intento di preservare la disciplina del decreto legislativo n.209 del 2005 dal vizio di illegittimità costituzionale ex art.76 della Costituzione. A tale risultato certo non si perviene solamente considerando il tenore della lettera b) del primo comma dell’art.1 della legge delega n.229 del 2003, dal momento che il Legislatore ha effettivamente perseguito lo scopo di agevolare il conseguimento del risarcimento da parte del terzo trasportato danneggiato, attribuendo a costui l’azione diretta nei confronti di una ben precisa impresa assicuratrice e solo residualmente (ove la circostanza possa riuscir vantaggiosa al trasportato per l’eccedenza di copertura di massimale) verso altre imprese assicuratrici dei responsabili civili. Lo svantaggio rappresentato dal disporre di una sola impresa assicuratrice debitrice per l’importo del massimale minimo di legge (e comunque di un debitore solvibile e garantito dal Fondo di garanzia) é compensato dall’esonero, proficuamente garantito al terzo trasportato, dal coinvolgimento nelle discussioni circa la responsabilità della collisione, che gli evita così di essere implicato in una complessa vicenda in cui i soggetti interessati al sinistro si palleggiano le responsabilità, sia pure al fine di superare le presunzioni di legge che su di loro concorsualmente gravano (con l’effetto accessorio, ma importantissimo, della consequenziale corresponsabilità solidale ex artt.2055 e 1294 c.c.). La seconda chiave di accesso ad un ribaltamento interpretativo basato su di una lettura costituzionalmente orientata é stata proposta con riferimento all’art.4 quinquies della direttiva 2005/14/CE dell’11.5.2005, ai sensi della quale “gli Stati membri provvedono affinché le persone lese a seguito di un sinistro, causato da un veicolo assicurato, ai sensi dell’articolo 3 paragrafo 1, della Direttiva 72/166/CEE, possano avvalersi di un diritto di azione diretta nei confronti dell’impresa che assicura contro la responsabilità civile la persona responsabile del sinistro.” Anche se tale Direttiva, in ossequio al principio della sua efficacia verticale e non orizzontale (ossia nei rapporti interprivati), non é in grado di esercitare un influsso diretto nel nostro ordinamento, in difetto di idonea trasposizione normativa, bisogna tuttavia tener presente che la legge delega n.229 del 2003 si prefiggeva fra i criteri direttivi (e primo fra tutti) quello di adeguare la normativa vigente alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali. 38 ROSSETTI, op. da ultimo cit., pag.79 e segg.. laddove persuasivamente si legge “..non è esatto che se il legislatore ha consentito l’intervento in causa dell’assicuratore dell’antagonista,a fortori egli potrà essere convenuto direttamente dal trasportato. In realtà è vero il contrario : proprio perché non è consentito al trasportato convenire in giudizio l’assicuratore dell’antagonista, il legislatore ne ha previsto la possibilità di intervento, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di previsioni ad hoc: la facoltà di intervenire sarebbe discesa pianamente dall’art.107 c.p.c.” 29 Si tratterebbe quindi di preservare in via interpretativa il testo del Codice dal vizio di incostituzionalità per eccesso di delega di cui sarebbe macchiato nell’ipotesi in cui la disciplina nazionale conseguente non fosse allineata alle norme comunitarie e in particolare alla richiamata Direttiva. La tesi non appare però convincente poiché l’obiettivo delle norma comunitaria sopra citata é semplicemente quello di assicurare una azione diretta contro una impresa assicurativa esercente la r.c.a. al terzo trasportato e non necessariamente l’azione diretta contro l’impresa del soggetto che in ultima analisi deve rispondere del danno. La disciplina illustrata provvede al trasportato danneggiato un assicuratore efficiente e solvibile e perciò solo anche una “impresa che assicura contro la responsabilità civile la persona responsabile del sinistro” ed anzi gli semplifica enormemente il compito, sollevandolo dai conflitti inerenti l’effettiva responsabilità della collisione. Non vi é quindi alcun contrasto fra la disciplina comunitaria e quella disegnata dall’art.141, che segna anzi un progresso di efficienza e tutela del terzo trasportato più incisivamente tutelato rispetto ad un comune terzo. Il profilo di penalizzazione in precedenza segnalato (possibilità di aggredire con azione diretta solo il massimale legale di una sola assicurazione r.c.a., oltre che eventualmente l’extra quota dell’altra assicurazione) non si pone in rotta di collisione con il disposto della Direttiva e, come si è detto, risulta in qualche modo aggirabile con l’esperimento delle azioni ordinarie verso proprietario e conducente dell’altro veicolo, onde provocare la chiamata in causa dell’altro assicuratore. Non appare certamente persuasivo neppure il dubbio di illegittimità costituzionale denunciato dal Giudice di Pace di Arezzo con l’ordinanza 5.1.2008 di rimessione alla Corte Costituzionale dell’art.141 del d.lgs 209 del 7.9.2005 per contrasto con gli artt.3, 24 e 76 Cost., essenzialmente fondata sulla ritenuta penalizzazione sul piano sostanziale dei diritti risarcitori del terzo trasportato e sull’assunto della sopravvenuta impossibilità di proposizione delle ordinarie azioni civilistiche nei confronti del conducente autore dell’illecito o del proprietario del veicolo da questi condotto39. 39 “Prima del D. Lg.vo n. 209/2005 (c.d. “codice delle assicurazioni private”) ed, in particolare, prima dell’introduzione dell’art. 141 del predetto codice, al terzo trasportato, vittima di sinistro stradale, competeva il risarcimento del danno dallo stesso subito, secondo le regole proprie della responsabilità civile contro terzi, valutando, prioritariamente, la dinamica del sinistro stradale. Il c.d. “codice delle assicurazioni private”, ha invece introdotto, con l’art. 141, un nuovo principio, che ha sovvertito i canoni tradizionali di ricerca delle responsabilità per colpa (negligenza, imprudenza, imperizia nella conduzione della vettura), per cui, a prescindere dall’accertamento della(e) responsabilità, e fatto salvo comunque il caso fortuito, ha stabilito che il terso trasportato ha azione diretta nei soli confronti dell’assicurazione del vettore. L’innovazione non è di poco conto, dal momento che la tutela del terzo trasportato in un nuovo sistema di no-fault (letteralmente “niente colpa”), prescinde dall’accertamento dell’illecito colposo da parte dei conducenti, nel caso di sinistro stradale che coinvolga più vetture, e stabilisce invece una sorta di “responsabilità oggettiva”, che vincola il trasportato, leso dal sinistro, a ricercare il risarcimento in una unica direzione, escludendo ogni accertamento su presunte, eventuali, ulteriori o diverse responsabilità. A tale riguardo, premesso che il risarcimento del danno include anche il c.d. danno morale, va subito ricordato che la Corte Costituzionale (11.07.2003 n. 233 in “Danno e responsabilità”, 2003, 939) è ferma nel principio per cui la risarcibilità del danno morale è legata e limitata alla colpa presunta, ma non certo ad una responsabilità oggettiva.Ma vi è di più. Il D.Lg.vo 7.9.2005 n. 209 – codice delle assicurazioni private – venne adottato a seguito della Legge Delega n. 229 del 29.7.2003 che, all’art. 4, delegava il Governo ad adottare, entro un anno dalla sua entrata in vigore, uno o più DD. LLg.vi per il riassetto delle disposizioni in materia assicurativa, “nel rispetto dei segg. principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie ed agli accordi internazionali; b) tutela dei consumatori e, in genere, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa, preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio; c) omissis. 30 Dal combinato disposto della Legge-delega n. 229/03 e della Legge delegata n. 209/05 emergono alcune considerazioni. Non essendo riuscito, il Governo, a rispettare il proprio limite temporale in un anno, tanto che, con L. n. 186 del 27.7.2004 detto limite temporale è slittato a due anni, rimangono palesi dubbi di incostituzionalità delle norme adottate in data successiva all’anno di delega, per contrasto con l’art. 76 Cost. Il potere normativo delegato era stato limitato dal Parlamento al Governo ad una funzione di mero riassetto delle vigenti disposizioni in materia assicurativa, mentre ora l’art. 141 ha determinato una innovazione sostanziale di ben più vasta portata, abrogando di fatto norme preesistenti, e creando una “responsabilità oggettiva”, operazione questa da ritenersi sottoposta istituzionalmente alla decisione del Parlamento. Va ancora osservato che la legge delega n. 229/03 non poteva (e non doveva) entrare nel merito del risarcimento danni e nella liquidazione del sinistro al terzo trasportato. In verità, con l’art. 4 lett. b) della predetta legge-delega si indirizzava il Governo a voler rispettare i principi ed i criteri direttivi a tutela del consumatore e, in genere, dei contraenti più deboli, limitatamente al profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione di un contratto, avendo riguardo anche al processo di liquidazione dei sinistri. A ben vedere l’art. 141 è andato in ben altra direzione rispetto ai criteri imposti con legge-delega: consumatore è la persona fisica che acquista o utilizza beni o servizi per scopi non riferibili all’attività imprenditoriale e/o professionale eventualmente svolta. Il consumatore va protetto quando diviene contraente, essendo notorio che è il contraente più debole: contraente potrà essere, in campo assicurativo, chi ha contratto polizza e, come tale, va protetta la sua posizione. Nel caso che ci riguarda, il terzo trasportato non è contraente e, se deve agire per vedersi risarcire danni subiti in un sinistro stradale, lo fa in virtù di rapporti extracontrattuali. Egli è infatti un danneggiato, e non è né contraente, né tanto meno consumatore, bensì controparte rispetto ad altri soggetti, vettore ed eventualmente terzo conducente di vettura, rispetto ai quali il danneggiato deve ottenere un risarcimento che esula da ogni accordo contrattuale, essendo conseguenza di fatto illecito. L’art. 141 gli impone tuttavia un percorso obbligato e la norma ha stravolto i vecchi criteri, modificando proceduralmente e sostanzialmente i diritti dei danneggiati, che ora non debbono cercare chi effettivamente ha compromesso il fatto illecito, così determinando un danno ingiusto, prima risarcibile ex artt. 2043 e 2054 c.c. Altro corollario alla norma summenzionata porta alla amara considerazione che il vero responsabile del sinistro stradale non viene neppure chiamato in giudizio, né dovrà rispondere, in solido, con la sua assicurazione, dal momento che l’art. 141, punto 3, prevede che il danneggiato deve proporre azione diretta nei soli confronti dell’assicurazione del vettore, che poi potrà rivalersi sull’assicurazione del civile responsabile. Questi, a differenza di quanto avveniva in passato, potrebbe pertanto rimanere sempre estromesso da ogni controversia, anche sul piano processuale, pur essendo l’artefice ed il responsabile di un sinistro stradale. Sembra dunque, e non è una assurdità bensì una ovvia considerazione, che la vigente normativa, volendo inizialmente tutelare la figura del consumatore, abbia finito, in sede civilistica, per tutelare i responsabili dei sinistri, modificando la disciplina dei danneggiati-danneggianti e stravolgendo il principio, ereditato dal Diritto Romano, del “neminem ledere”. Tornando al citato art. 141 D. Lg.vo n. 209/05, si ribadisce che il trasportato deve rivolgere la sua richiesta risarcitoria, in caso di sinistro, al proprio vettore ed alla relativa assicurazione, a prescindere da qualsiasi responsabilità, al cui accertamento il trasportato non è più tenuto. Ciò appare in contrasto con la Direttiva 2005/14/Ce del Parlamento Europeo che all’art. 4 quinques, obbliga gli Stati membri a provvedere affinché le persone lese da sinistro stradale, causato da veicolo assicurato, possano avvalersi di azione diretta nei confronti dell’impresa che assicura contro la responsabilità civile la persona responsabile del sinistro. Nel procedimento di cui è causa, questo giudicante, stante la previsione di cui al citato art. 141 cod. assicurazioni, deve prescindere da una ricerca della dinamica del sinistro e delle singole responsabilità. Ove si ritenesse detta norma in contrasto con la Costituzione, la domanda risarcitoria potrebbe essere invece rivolta al responsabile del sinistro ed alla sua assicurazione. L’art. 141 codice assicurativo deve ritenersi in contrasto con l’art. 3 Cost. e cioè con la norma che stabilisce l’uguaglianza dei cittadini avanti alla legge. Infatti le recenti innovazioni del sistema risarcitorio stabiliscono, in pratica, che, dinanzi al medesimo fatto illecito, i cittadini debbono sottostare a differenti norme giuridiche per il risarcimento dei danni subiti. Si consideri infatti la duplicità di posizioni del trasportante e trasportato, nel caso che entrambi rimangano vittime di sinistro stradale sulla stessa vettura con responsabilità di terzi. Ma differenti forme di tutela si possono determinare, in applicazione dell’art. 141 codice delle assicurazioni, nel caso di sinistro ascrivibile alla esclusiva responsabilità di soggetto non coperto da R.C.A., o nell’ipotesi di un concorso di responsabilità dell’Ente gestore della strada. Appare non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 141 anche in relazione dell’art. 24 Cost. che garantisce a tutti i cittadini la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. L’art. 141, comma 1 D. Lg. n. 209/2005 stabilisce che l’assicurazione del vettore è tenuta ad indennizzare il terzo trasportato “salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito”. 31 Al proposito viene spontaneo osservare: • che le argomentazioni imperniate sulla risarcibilità del danno morale nel solo caso di colpa presunta secondo le regole proprie del diritto civile e non nelle ipotesi di responsabilità oggettiva (su cui effettivamente la giurisprudenza è orientata negativamente: cfr Cass.27.10.2004, n. 20814), oltre a non tener conto del principio della Drittwirkung (ossia della risarcibilità del danno da lesione di valori costituzionalmente protetti quale tutela minima erogabile in caso di violazione), non considerano il fatto, dirimente, che nella fattispecie l’Impresa assicurativa del vettore interviene solo in sede di azione diretta, quale sostituto ex lege della Compagnia del responsabile, per rifondere il danno subito dal trasportato, impregiudicata la rivalsa ex art.141, 4° comma, del Codice nei confronti dell’assicuratore del soggetto effettivamente tenuto al risarcimento (autore di un illecito sicuramente produttivo di danno morale risarcibile); • la violazione dell’art.76 Cost. viene dedotta in modo assai generico, per il fatto dell’abrogazione di norme preesistenti (fenomeno questo del tutto normale) e per aver introdotto una sorta di responsabilità oggettiva (istituto questo che certamente non può ritenersi oggetto di una sorta di prerogativa parlamentare); • la norma peraltro non istituisce una fattispecie di vera e propria responsabilità oggettiva, dal momento che è prevista la rivalsa della Compagnia del vettore verso quella del responsabile, e semplicemente agevola, nell’interesse dei danneggiati, l’esercizio dell’azione diretta, con la sostituzione legale di una impresa ad un’altra e la limitazione (temporanea) della facoltà di prova; • l’art.141 non determina affatto un percorso obbligato a danno del terzo trasportato, che può esperire le azioni contrattuali ed extracontrattuali ordinarie verso i vari soggetti coinvolti (conducenti e proprietari dei veicoli, imprese di trasporto….) e semplicemente viene favorito con la selezione di una impresa assicurativa quale contraddittore necessario, in regime probatorio peraltro agevolato, ma solo qualora decida di esercitare l’azione diretta; • del tutto erronee sono le considerazioni circa l’impossibilità di coinvolgere il responsabile effettivo nel giudizio giacché il terzo trasportato ben può, se lo ritiene, agire con le azioni contrattuali ed extracontrattuali contro di lui, ovvero può cumulare ex artt.33 e 103 c.p.c. senza alcun limite tali azioni con l’esperimento dell’azione diretta ex art.141 del Codice, qualora abbia qualche valida ragione per procedere in tal senso; La Corte di Cassazione ha stabilito che il caso fortuito comprende anche il fatto del terzo (cfr. Corte Cass. n. 1655 del 27.1.2005 in “ Italiano” Mass. 114): pertanto la responsabilità dell’assicuratore del vettore è esclusa quando il sinistro è dovuto sia a cause naturali, sia a colpa di altro conducente. Affermare che l’assicuratore risponde, salvo il caso fortuito e aggiungere che tale responsabilità prescinde dall’accertamento della responsabilità di altri conducenti, è una contraddizione in termini. Vi è inoltre una lesione del diritto di difesa da parte dell’assicurazione del vettore che non potrà, stante la norma suddetta, tutelarsi in maniera efficace, non disponendo di elementi idonei a dimostrare l’esclusiva responsabilità dell’altro conducente, che, stante la previsione dell’art. 149, verrà risarcito dalla propria assicurazione. In altre parole l’assicurazione del vettore avrà notevoli difficoltà a dimostrare la colpa dell’altro conducente e la conseguente in operatività dell’art.141.” 32 • è evidente che le agevolazioni probatorie sancite dall’art.141 giocano a favore del terzo trasportato e ne semplificano i meccanismi di tutela, sicché ogni contrasto con la Direttiva 2005/14/CE scaturisce da una sua lettura decisamente riduttiva e incompleta; • la differenza di regime tra trasportante e trasportato non è affatto irrazionale dal momento che nella normalità dei casi il trasportato non versa e non può versare in colpa in relazione alla provocazione del sinistro, a differenza del suo vettore, sicché ben si comprende la ratio delle agevolazioni probatorie che gli risparmiano il coinvolgimento nelle discussioni circa l’effettivo riparto di responsabilità fra i conducenti coinvolti nello scontro; • le argomentazioni relative alla nozione tradizionale del caso fortuito non tengono conto dello specifico contenuto della norma (come supra diffusamente argomentato); • l’impresa assicurativa del vettore non potrà dimostrare la colpa esclusiva dell’altro conducente nel giudizio promosso dal trasportato, ma lo potrà fare, del tutto linearmente, nel successivo giudizio di rivalsa contro l’altra Compagnia, sicché l’esercizio del diritto di difesa è semplicemente rinviato, senza alcun concorrente pregiudizio, stante la solvibilità del soggetto temporaneamente sovvenuto. Nel frattempo è sopravvenuta la decisione con cui la Corte Costituzionale in data 13.6.2008 ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale proposte dai Giudici di Pace di Pavullo nel Frignano e di Montepulciano in tema di azioni consentite al terzo trasportato nel contesto della nuova disciplina introdotta dal Codice delle assicurazioni (d.lgs.209 del 2005). I primi commenti apparsi su alcune riviste giuridiche elettroniche40 non paiono conformi al contenuto effettivo della decisione della Corte Costituzionale, che risulta prospettato in modo obiettivamente fuorviante nel senso della riconosciuta possibilità per il terzo trasportato di agire direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo antagonista. Il titolo della prima nota di commento41 contiene infatti una grave inesattezza, laddove afferma che “Il trasportato su veicolo, in quanto soggetto debole, può agire sia nei confronti della compagnia assicuratrice del vettore sia nei confronti della compagnia assicuratrice del civilmente responsabile.”, ingenerando l’impressione nei lettori che questa sia la sostanza delle affermazioni provenienti dalla Corte Costituzionale. Per la verità, l’effettivo tenore della nota non afferma affatto quanto ingannevolmente evocato dal titolo, poiché riporta correttamente il contenuto della decisione della Consulta, che non è affatto entrata nel merito delle varie censure sollevate dai due Giudici di Pace remittenti e li ha semplicemente invitati alla preventiva rimeditazione circa la possibilità di una interpretazione costituzionalmente orientata, volta a leggere la nuova disciplina del Codice delle assicurazioni in chiave di rinforzata tutela della sfera giuridica del terzo trasportato. Ulteriore conferma del fatto che il messaggio trasmesso dal titolo non corrisponda alla sostanza delle cose la si rinviene in un altro commento dello stesso Autore42 in cui viene puntualizzato l’esatto contenuto della pronuncia della Corte Costituzionale, che, invitando i Giudici remittenti alla ricerca di una interpretazione costituzionalmente 40 A firma dell’avv.Fabio Quadri, noto studioso della materia, Presidente dell’UNIARCA -Unione Nazionale Avvocati Responsabilità Civile Automobilistica, evidentemente convinto fautore della tesi dell’esperibilità cumulativa delle azioni di cui agli artt.141 e 144 del Codice delle assicurazioni. 41 Apparsa a firma dell’avv.Quadri su “DIRITTOeGIUSTIZI@” on line. 42 Pubblicato su “Altalex” del 16.6.2008. 33 orientata, si è riferita esclusivamente alla persistenza delle ordinarie azioni codicistiche ex artt.2043 e 2054 c.c. nei confronti del responsabile civile e non ha preso affatto posizione sull’ammissibilità di una azione diretta ai sensi dell’art.144 Codice delle assicurazioni, esperibile dal trasportato danneggiato nei confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile civile, in aggiunta o in alternativa alla proposizione dell’azione diretta nei confronti dell’impresa assicuratrice del vettore regolata dall’art.141 Codice delle assicurazioni. In tale articolo l’avv.Quadri, pur partendo dall’esatto rilievo che la Corte Costituzionale nulla ha detto su tale specifica questione, propone una serie di argomenti interpretativi, in parte già noti al dibattito ed a mio parere del tutto controvertibili, per patrocinare la tesi dell’ammissibilità del concorso delle due azioni. E’ utile precisare che il Giudice di Pace di Pavullo nel Frignano aveva denunciato tutta una serie di dubbi di costituzionalità della normativa in tema di azione diretta del trasportato, basati essenzialmente sul convincimento di una ingiustificata eliminazione delle azioni codicistiche ex artt.2043 e 2054 c.c. nei confronti del soggetto responsabile. Pertanto risulta del tutto pertinente la risposta fornita dalla Corte Costituzionale con il contestuale invito a ricercare una plausibile interpretazione conforme a Costituzione, secondo la quale le norme analizzate si limitano a rafforzare la posizione del soggetto debole-trasportato, legittimandolo all’azione diretta nei confronti dell’impresa assicuratrice del veicolo del vettore, senza peraltro togliergli la possibilità di far valere i diritti derivanti dal rapporto obbligatorio nato dalla responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso. Il Giudice di Pace di Montepulciano, nel denunciare analoghi dubbi, aveva anche dubitato della legittimità costituzionale dell’art.141 Codice delle assicurazioni laddove escludeva la possibilità dell’azione diretta nei confronti della impresa assicuratrice del responsabile civile, ravvisando in detta soluzione un inaccettabile contrasto con la Direttiva 2005/14/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell’11.5.2005 e con la stessa legge di delegazione 29.7.2003 n.229. Potrebbe quindi sembrare che la risposta della Corte non sia stata al riguardo completamente pertinente, se la completa lettura dell’ordinanza di rimessione non mostrasse con chiarezza che l’intero ragionamento del Giudice a quo (al pari di quello del Giudice di Pavullo) si fondava sul preconcetto dell’eliminazione delle ordinarie azioni civilistiche verso il responsabile effettivo asseritamente deliberata dal Legislatore delegato. E’ quindi evidente che la reinterpretazione del diritto positivo alla ricerca di una lettura costituzionalmente adeguata può con ogni probabilità, come suggerito dalla Consulta, togliere ogni mordente alla questione di illegittimità costituzionale proposta dal Giudice di pace di Montepulciano alla luce dell’(errata) convinzione che per il danneggiato non fosse più possibile agire per il risarcimento del danno nei confronti dell’effettivo responsabile. Se da un punto di vista “formale” non appare del tutto ineccepibile ricavare una massima sostanziale da una ordinanza di manifesta inammissibilità della questione di costituzionalità per vizio tecnico di proposizione, da un punto di vista pratico potrebbe giovare il tentativo di distillare più esattamente gli insegnamenti ricavabili dalla decisione della Corte Costituzionale: • la previsione dell’azione diretta ex art.141 Codice delle assicurazioni mira a rafforzare la posizione del trasportato, quale soggetto debole; • ciò, chiaramente, non significa affatto che tale disciplina innovatrice abbia l’effetto di privare il trasportato della possibilità di agire ex artt.2043 e 2054 c.c. nei confronti dell’autore del fatto dannoso facendo valere i diritti nascenti dal rapporto obbligatorio ex delictu; 34 • l’interpretazione corretta e costituzionalmente adeguata del diritto vigente è quindi quella che continua a riconoscere al danneggiato trasportato l’azione ex artt.2043 e 2054 c.c. verso il conducente e il proprietario del veicolo scontratosi con quello a bordo del quale viaggiava, nonché le azioni di carattere contrattuale eventualmente spettanti in forza di rapporti negoziali; • ovviamente, tali soggetti potranno chiamare in causa, in garanzia impropria, il proprio assicuratore della responsabilità civile ai sensi dell’art.1917 c.c. La Corte (apparentemente in modo intenzionale) non ha preso alcuna posizione sulla questione della persistente possibilità del trasportato di agire con azione diretta nei confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile civile; anzi, pur essendo investita del dubbio di costituzionalità della soluzione negativa per contrasto con gli artt.3, 24 e 76 della Costituzione, formulato dal Giudice di Montepulciano, ha ritenuto che il vizio ricostruttivo inficiante l’intero impianto motivazionale dell’ordinanza di rimessione consigliasse una completa rimeditazione dell’interpretazione del diritto positivo che ne costituiva il presupposto. In conclusione, a valle dell’intervento della Consulta, ritengo che le considerazioni sopra esposte circa il rapporto fra le azioni di cui agli artt.141 e 144 Codice delle assicurazioni rimangano valide o perlomeno che non siano smentite, direttamente o indirettamente, dalla decisione della Corte Costituzionale: infatti l’ordinanza della Corte (non riassumibile con la massima con cui è stata divulgata) é del tutto ininfluente in tale prospettiva (mentre ha espressamente confermato l’opinione, per vero largamente condivisa, circa la persistenza delle ordinarie azioni civilistiche a tutela del trasportato danneggiato). Per completezza, quanto agli argomenti proposti dal Quadri nella sua nota del 16 giugno 2008 su “Altalex”, occorre dire che il richiamo operato dalla Corte Costituzionale all’art.1917 c.c. non possiede alcun valore a favore dell’ammissibilità dell’azione diretta verso la compagnia assicuratrice del responsabile effettivo, giacché tale norma non contempla alcuna azione diretta del danneggiato verso l’assicuratore del responsabile e ammette solamente la possibilità dell’estensione del giudizio al rapporto di garanzia impropria su impulso del convenuto assicurato. La Corte Costituzionale cita nella sua ordinanza l’art.1917 c.c., fra l’altro richiamando le affermazioni dei remittenti, solo per delineare il normale sistema codicistico che consente al trasportato di agire nei confronti del vero responsabile del danno (e non della sua compagnia assicurativa), salvo la chiamata in causa di tale soggetto in garanzia impropria, sistema che giustamente la Corte Costituzionale non ritiene perturbato dalle innovazioni contenute nella nuova disciplina del Codice delle assicurazioni. Quanto al secondo argomento, basato sul contrasto fra l’esclusione dell’azione diretta nei confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile civile e la Direttiva comunitaria non v’é ragione per non ribadire quanto sopra diffusamente osservato. Se qualche dubbio dovesse ancora residuare, la soluzione corretta sarebbe semmai quella di proporre la questione interpretativa ai sensi dell’art.234 del Trattato alla Corte di Giustizia Europea per delineare l’esatta portata del precetto del diritto comunitario (interrogando in sostanza la Corte sul contrasto con il diritto comunitario di una disciplina nazionale che assegni al danneggiato trasportato su uno dei veicoli coinvolti nel sinistro l’azione diretta per il risarcimento del danno riportato solo nei confronti dell’impresa assicuratrice del veicolo su cui egli viaggiava, con facoltà per questa di esperire successiva e separata rivalsa, piuttosto che verso l’impresa che assicurava specificamente la responsabilità del conducente e proprietario del veicolo antagonista). Il problema va quindi ricondotto alla sua natura di diritto positivo, attinente alla cumulabilità o meno delle azioni di cui agli artt.141 e 144 Codice delle assicurazioni a tutela del soggetto danneggiato quale trasportato coinvolto nel sinistro. 35 E la risposta continua a sembrare quella negativa alla luce degli argomenti sopra esposti nel paragrafo precedente, al cui riguardo l’ordinanza 13.6.2008 della Consulta non apporta comunque alcun elemento nuovo di contrasto. 17. Il litisconsorzio con il responsabile del danno. Testualmente il terzo comma dell’art.141 dispone che l’azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro; vi è pertanto chi sostiene che in difetto di una espressa previsione normativa non sussista alcun litisconsorzio necessario con il proprietario o il conducente del veicolo su cui il danneggiato si trovava trasportato al momento dell’incidente. Tuttavia occorre tener presente anche il richiamo, effettuato, sia pur subordinato a clausola di compatibilità, alle disposizioni del capo IV del Codice delle assicurazioni tra le quali si trova anche l’art.144, 3° comma (“Nel giudizio promosso contro l’impresa di assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno.”). Pertanto, con riferimento all’azione diretta esperita dal trasportato, potrebbe ritenersi che per tal via indiretta sia stata ribadita l’esigenza del litisconsorzio necessario con il responsabile civile. E’ bene precisare che tale soggetto va identificato, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale risalente alla sentenza delle Sezioni Unite 11.7.1984 n.4055, formatosi con riferimento al previgente litisconsorzio (necessario improprio) previsto dall’art.23 della legge 990 del 1969, che pure ricorreva alla formula “responsabile del danno”, nel solo proprietario del veicolo (e non già nel conducente o anche nel conducente). La tradizionale argomentazione utilizzata dalla giurisprudenza non assegnava all’istituto un fondamento di carattere probatorio, preferendolo leggerlo, piuttosto, come strumento di tutela della posizione processuale dell’assicuratore con l’estensione del contraddittorio al proprietario del veicolo il cui rischio era oggetto di copertura, in modo da consentirgli di opporre l’accertamento della responsabilità al proprietario del veicolo – oggetto del rapporto assicurativo, ai fini dell’esercizio dei diritti nascenti da tale rapporto, specie nella prospettiva dell’eventuale esperimento dell’azione di rivalsa43. 43 “In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore o dei natanti, il responsabile del danno, che deve essere chiamato nel processo promosso dal danneggiato contro l’assicuratore con azione diretta (art. 23 della legge n. 990 del 1969), è unicamente il proprietario del veicolo o del natante, assicurato o tenuto all’assicurazione, atteso che la suddetta chiamata integra una deroga al principio della facoltatività del litisconsorzio in materia di obbligazioni solidali, giustificata dall’esigenza di rafforzare la posizione processuale dell’assicuratore al fine dell’opponibilità all’assicurato dell’accertamento della responsabilità, e che tale deroga, in difetto di espressa previsione, non può essere estesa ad altri eventuali responsabili, quale il conducente, la cui partecipazione al giudizio potrebbe perseguire solo scopi di natura probatoria, estranei all’istituto del litisconsorzio necessario.”(Cassazione civile , sez. un., 11 luglio 1984, n. 4055). Ancora , da ultimo: “In tema di assicurazione obbligatoria della r.c.a., a norma dell’art. 23 l. 24 dicembre 1969 n. 990 il proprietario del veicolo assicurato deve essere, quale responsabile del danno, chiamato in causa come litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal danneggiato contro l’assicuratore con azione diretta, in deroga al principio della facoltatività del litisconsorzio in materia di obbligazioni solidali, trovando detta deroga giustificazione nell’esigenza di rafforzare la posizione processuale dell’assicuratore, consentendogli di opporre l’accertamento di responsabilità al proprietario del veicolo, quale soggetto del rapporto assicurativo, ai fini dell’esercizio dei diritti nascenti da tale rapporto, ed in particolare, dall’azione di rivalsa ex art. 18 l. citata. Ne consegue che ove l’azione giudiziaria sia stata in siffatta ipotesi proposta soltanto contro alcuni dei legittimati passivi il contraddittorio deve essere integrato nei confronti degli altri, affinché la sentenza possa essere utiliter data.”(Cassazione civile , sez. III, 13 aprile 2007, n. 8825). 36 In siffatta prospettiva interpretativa, in caso di azione del terzo trasportato proposta solamente nei confronti dell’impresa assicuratrice del veicolo del quale si trovava a bordo risulterebbe necessaria l’estensione del contraddittorio nei riguardi del proprietario (assicurato) del veicolo su cui la vittima si trovava trasportata. L’argomento sopra ricordato del richiamo indiretto all’art.144, unitamente alla considerazione della differente espressione usata dal 3° comma dell’art.141 (“l’azione diretta….é esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione …”) rispetto al 6° comma dell’art.149 (“… può proporre l’azione diretta … nei soli confronti della propria impresa di assicurazione.”), ipotesi questa in cui non si pone neppure astrattamente l’esigenza del coinvolgimento dell’assicurato, induce, sia pur con doverosa cautela, a propendere per la tesi del necessario coinvolgimento nel giudizio del proprietario del veicolo. La conclusione pare rafforzata da una riflessione sulla ratio dell’istituto del litisconsorzio necessario ut supra individuata (collegata non già a finalità di carattere probatorio ma preordinata all’accertamento delle questioni di responsabilità in contraddittorio fra assicurato ed assicuratore, ai fini dell’esercizio dei diritti nascenti dal rapporto assicurativo e dell’eventuale esperimento dell’azione di rivalsa), che sembra consigliare anche in siffatta prospettiva il simultaneo coinvolgimento dell’assicuratore e del proprietario-assicurato del veicolo vettore. Non è chi non veda, peraltro, come una questione di tale importanza pratica avrebbe dovuto essere risolta ben più univocamente dal Legislatore, stanti le gravi conseguenze processuali che scaturiscono dalla pretermissione di un litisconsorte necessario. Un interessante caso giurisprudenziale è rappresentato dalla decisione del Giudice di Pace di Sant’Anastasia del 30.1.200844 che ha ritenuto insussistente il litisconsorzio necessario, spingendosi peraltro sino ad estromettere dal giudizio la proprietariaconducente – vettrice del veicolo, che era pur sempre stata evocata dalla danneggiata con richiesta anche nei suoi confronti del risarcimento del danno45: tale ultima decisione appare evidentemente erronea, alla luce di tutte le considerazioni che si sono esposte circa la persistenza delle azioni codicistiche verso i responsabili del danno e sulla possibilità di cumulo processuale delle varie azioni spettanti al danneggiato. Alla soluzione del delicato ma circoscritto problema di “chi sia ( e se ci sia) il litisconsorte necessario nell’azione diretta contro l’assicuratore del vettore”46 non contribuiscono certamente gli argomenti basati, in varie prospettive, sulla opportunità di coinvolgere nel giudizio l’uno o l’altro dei conducenti, ovvero dei proprietari dei veicoli coinvolti. E’ evidente – sulla base delle considerazioni sopra esposte (cfr § 2) che il terzo trasportato, oltre a promuovere l’azione diretta ex art.141, può proporre le azioni ex 44 Sopra citata, consultabile in Banca Dati Juris Data, versione 4/08, secondo la quale “Ai sensi dell’art. 141 comma 2 d.lg. n. 209 del 2005, l’azione del terzo trasportato che abbia subito delle lesioni durante il sinistro, prescindendo da un accertamento della responsabilità nella causazione del sinistro, deve essere proposta nei confronti dell’assicuratore del veicolo su cui egli era a bordo nel momento del sinistro, non essendo all’uopo disposta la partecipazione al giudizio del proprietario del veicolo di cui deve essere pertanto disposta l’estromissione non essendo la sua citazione in giudizio prevista dalla richiamata normativa.” 45 “Agli effetti dell’esame della domanda attorea deve essere invece dichiarato il difetto di titolarità dell’obbligazione risarcitoria in capo alla convenuta P.F. poiché ai sensi dell’art. 141 11° co. del D.lgs. n. 209/05 l’azione del trasportato, prescindendo da un accertamento di responsabilità nella causazione del sinistro, deve essere proposta nei confronti del solo assicuratore del veicolo su cui egli era a bordo al momento del sinistro non essendo all’uopo prevista la partecipazione al giudizio del proprietario del veicolo di cui deve essere pertanto disposta l’estromissione non essendo la sua citazione in giudizio prevista dalla richiamata normativa.” 46 Cfr ROSSETTI, op. da ultimo cit, pag.79. 37 art.2043/2054 c.c. nei riguardi del conducente e del proprietario del veicolo su cui era trasportato ovvero nei riguardi del conducente e del proprietario del veicolo antagonista (come gli consentono gli artt.33 e 103 c.p.c.), ovviamente senza poter godere nei loro confronti del beneficio sancito dall’art.141 in caso di esperimento della sola azione diretta contro l’impresa del vettore (ossia la sopra descritta “neutralizzazione” delle questioni relative alla responsabilità). L’azione diretta ex art.141 Codice delle assicurazioni nei confronti dell’impresa del vettore con la connessa “neutralizzazione” delle questioni relative alla responsabilità è un beneficio attribuito dalla legge al terzo trasportato, ma non un obbligo, sicché, se egli crede per qualsivoglia ragione di voler coinvolgere nel giudizio nel rispetto del codice di rito i proprietari e i conducenti dei veicoli coinvolti, non vi è ragione di derogare ai principi generali.47 E’ il caso al proposito di segnalare un ingegnoso tentativo (che, per vero, è stato proposto più che altro con riferimento all’azione diretta ex art.149 Codice delle assicurazioni) di risolvere a proprio favore la disputa sul terreno del diritto processuale, effettuato dagli oppositori della teoria, assolutamente preferibile, della persistenza delle azioni ordinarie ex artt.2043 e 2054 c.c. verso il conducente e il proprietario del veicolo antagonista, che trae origine dal loro convincimento (per vero tutt’altro che campato in aria) che la persistenza di tali azioni ordinarie potrebbe in qualche misura vanificare ed eludere il nuovo sistema dell’azione diretta, consentendo l’introduzione di azioni rivolte contro il privato antagonista, in cui poi sarebbe inevitabilmente coinvolta, nella normalità dei casi ex art.1917, 4° comma, c.c., l’impresa assicuratrice del responsabile. Essi sostengono che le disposizioni che attribuiscono al danneggiato l’azione diretta nei confronti dell’impresa di assicurazioni, se non estirpano dall’ordinamento le azioni ordinarie ai sensi dell’art.2043 e 2054 c.c. (operazione questa preclusa dagli sbarramenti costituzionali segnalati nel § 1) perlomeno impediscono la loro proposizione congiunta all’azione diretta, introducendo un limite al cumulo processuale delle azioni. Tuttavia: • da un lato, l’argomento è molto più debole se utilizzato con riferimento all’art.141 che prevede l’esperimento dell’azione diretta nei confronti dell’impresa del vettore, mentre nel caso dell’art.149, il sesto comma di tale articolo, utilizza la più selettiva locuzione “nei soli confronti della propria impresa di assicurazioni”; • d’altra parte, e soprattutto, non si scorge come regole fondamentali del processo civile in tema di cumulo soggettivo e litisconsorzio facoltativo ex artt.33 e 103 c.p.c. possano essere state surrettiziamente modificate da una disciplina dichiaratamente volta ad ampliare il fronte della tutela del soggetto danneggiato e in forza della sinteticissima delega più volte richiamata di cui alla legge 229 del 2003, sicuramente inidonea a conferire al Governo il potere di rivoluzionare l’assetto delle linee portanti del sistema processuale civile (il che, quantomeno, gioca un ruolo dirimente nella scelta dell’interpretazione costituzionalmente orientata fuor dalla rotta di collisione con l’art.76 Cost.). Maggiori dubbi sorgono piuttosto per l’ipotesi (disciplinata dal terzo comma, seconda parte, dell’art.141) dell’intervento dell’impresa assicurativa del responsabile civile, nella quale sorge l’interrogativo se in tal caso il contraddittorio debba essere o meno esteso al proprietario dell’altro veicolo. L’alternativa sta fra il ritenere che la deroga sia giustificata dalla libera scelta attuata dall’impresa assicurativa del responsabile, che interviene sua sponte, anziché attendere la 47 Se ci è consentito un paragone calcistico, è normale battere un calcio di rigore tirando direttamente in porta ma non è affatto vietato passare la palla dal dischetto ad un compagno che si trovi alle spalle del giocatore incaricato del tiro e che non sia pertanto in fuorigioco! 38 richiesta di regresso, oppure ricavare dal sistema e dal richiamo alle norme del capo IV, la necessità del coinvolgimento anche del responsabile civile assicurato presso l’impresa interveniente. 18. L’azione ex art.141 e le azioni di regresso, surroga e rivalsa. Per completezza di trattazione appare opportuno formulare alcune riflessioni circa l’esperibilità dell’azione diretta di cui all’art.141 Codice delle assicurazioni nei confronti dell’impresa assicurativa del vettore da parte di soggetti diversi dal terzo trasportato. Per quel che riguarda l’azione di regresso ex art.2055, 2° comma, c.c. (che consente al corresponsabile solidale che abbia risarcito il danno di esperire azione di regresso nei confronti dei condebitori solidali, nella misura determinata dalla gravità delle rispettive colpe e delle conseguenze derivatene) sembra da escludere che i soggetti48 considerati da tale norma possano esperire l’azione nei confronti dell’assicuratore del vettore. Al riguardo, tuttavia, occorre tener presente che il fondamento dell’azione di regresso è costituito, secondo consolidata giurisprudenza, dalla responsabilità diretta e per fatto proprio del destinatario della richiesta. Pertanto poiché il regresso è ammissibile solo a favore di colui che abbia risarcito il danno e contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa, è implicitamente richiesto che ciascuno dei corresponsabili abbia una parte di colpa nel verificarsi dell’evento dannoso, ed è pertanto esclusa la possibilità di esercitare l’azione di regresso nei confronti di coloro che siano tenuti a rispondere del fatto altrui in virtù di specifiche disposizioni di legge, e quindi in base ad un criterio di imputazione legale49: non è quindi ammissibile il regresso diretto verso l’assicuratore del vettore responsabile con il ricorso all’azione di cui all’art.141, anche a prescindere dalla dubbia compatibilità dei lineamenti della disciplina di tale azione con l’ipotesi in esame. Per quel che concerne l’azione conseguente all’esercizio del diritto di surrogazione attribuito all’assicuratore che abbia pagato l’indennità dall’art.1916 c.c., risulta consolidata in giurisprudenza l’affermazione che attraverso la surrogazione ex art.1916 c.c. si realizza una peculiare forma di successione a titolo particolare, totale o parziale, nel diritto di credito, sicché l’assicuratore che abbia corrisposto l’indennità in relazione ad un certo pregiudizio, subentra, nei limiti dell’ammontare dell’indennità, nei diritti dell’assicurato verso il responsabile del danno e in particolare nella stessa posizione sostanziale e processuale50. Siffatto acquisto a titolo derivativo dei diritti nel medesimo stato, con lo stesso contenuto e con gli stessi limiti in cui essi si trovavano al momento della surrogazione in capo al danneggiato e il conseguente effetto di subentro dell’assicuratore nell’identica posizione sostanziale e processuale dei danneggiati verso il terzo autore del fatto dannoso, induce a pensare che l’assicuratore surrogato ai sensi dell’art.1916 nei diritti del terzo trasportato possa esperire l’azione diretta che competeva a costui sulla base degli stessi presupposti, alle stesse condizioni e con gli stessi effetti. 48 Si pensi al conducente o al proprietario del veicolo antagonista (o di uno dei veicoli antagonisti) aggrediti dal danneggiato trasportato sull’altra vettura con le ordinarie azioni codicistiche, pur sempre esperibili, ovvero al loro assicuratore, chiamato in causa ex art.1917 c.c. 49 Cassazione civile, sez. III, 12 febbraio 1982, n. 856; Cassazione civile, sez. III, 5 settembre 2005, n. 17763. 50 Cass.9.4.1963 n.918; Cass.5.2.1969 n.387; Cass.25.3.1977 n.1181; Cass.8.2.1983 n.1039; Cass.14.6.1991 n.6734; Cass.SS.UU.28.5.1994 n.5246; Cass.8.11.1994 n.9271; Cass.7.8.1996 n.7247; Cass.2.2.2001 n.1508 e da ultimo Cass.4.6.2007 n.12939. 39 Giova al proposito il puntualizzare che la giurisprudenza51 ha finito con l’ammettere la possibilità di esercizio della surroga assicurativa ai sensi dell’art.1916 c.c nei confronti dell’assicuratore r.c.a. del responsabile con azione diretta nel regime previgente disciplinato dalla legge 24.12.1969 n.990, a differenza di quanto inizialmente sostenuto52. La soluzione non è certamente differente per quella specifica azione in surrogazione contemplata a favore dell’assicuratore sociale (fra i quali le figure più importanti sono quelle dell’INAIL e dell’INPS) dall’art.28 della legge 990 del 1969, ora sostituito dall’art.142 del Codice delle assicurazioni. Mentre, come si è visto, si discute dell’ammissibilità dell’esercizio dell’azione generale di surroga dell’assicuratore ex art.1916 c.c. nei confronti dell’impresa assicurativa del responsabile, non vi è dubbio che le disposizioni sopra menzionate, che configurano una azione in surrogazione specifica rispetto a quella generale disciplinata dall’art.1916 c.c. e pertanto regolamentano un meccanismo sostitutivo che va a collocare, con alcune specifiche peculiarità, l’assicuratore sociale nella posizione giuridica del danneggiato, abilitino l’assicuratore sociale ad agire direttamente nei confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile. Se così è, sembra altrettanto chiaro che tale azione risulta disciplinata, grazie al meccanismo commutativo della surrogazione, dallo stesso regime giuridico che caratterizza l’azione del danneggiato. Sicché allorché tale danneggiato appartenga alla categoria dei “terzi trasportati” l’assicuratore sociale, abilitato ad agire dall’art.142 Codice delle assicurazioni potrà aggredire giudizialmente la compagnia del vettore alle condizioni e secondo la disciplina di cui all’art.141. Del resto, poiché tale azione normalmente concorre con quella del danneggiato, risulta oltremodo opportuna la totale omologazione del regime processuale delle azioni. Analogo discorso vale per l’azione attribuita all’INPS dall’art.14 della legge 12.6.1984 n.222 (che stabilisce la surroga dell’INPS fino alla concorrenza dell’ammontare della pensione di ordinaria di invalidità o dell’assegno ordinario di invalidità corrisposto al danneggiato nei diritti dell’assicurato o dei superstiti verso i terzi responsabili e le loro assicurazioni). La natura sicuramente surrogatoria dell’azione53 e l’altrettanto sicura sua proponibilità nei confronti dell’assicuratore r.c.a. inducono a ritenere che anche in questo caso l’INPS possa proporre l’azione diretta a norma dell’art.141 verso la Compagnia del vettore. Vi è infine da considerare la particolare azione di regresso che compete all’INAIL per il recupero delle prestazioni erogate, ai sensi degli artt.10 e 11 del T.U. Tale specifica azione di regresso, caratterizzata dalla natura diretta ed autonoma, non comporta un acquisto derivativo del diritto (sicché l’INAIL non succede nei diritti dell’infortunato) e compete solo nei confronti delle persone civilmente responsabili nelle ipotesi previste dalla legislazione speciale (essenzialmente responsabilità penale del datore di lavoro o dei soggetti da lui preposti del cui fatto il datore di lavoro debba rispondere civilmente, in ipotesi di reato perseguibile d’ufficio). Non si pone quindi in tale ipotesi il problema dell’esperibilità con azione diretta verso l’assicuratore r.c.a. del vettore e men che meno dell’esperibilità attraverso il regime di cui all’art.141 Codice delle assicurazioni anche nell’ipotesi in cui il terzo trasportato si sia infortunato (o addirittura sia morto) in un sinistro stradale occorso durante la prestazione 51 Cass.19.12.1990 n.12036; Cass.25.3.1995 n.3570; cfr anche Tribunale Forli’, 24 febbraio 1996 in Arch. giur. circol. e sinistri 1996, 307. 52 53 Cass.22.12.1976 n.4710; Cass.27.6.1991 n.7218. Cass.26.6.1992 n.7997. 40 lavorativa, ovvero in itinere, e che sussista la responsabilità penale del datore di lavoro o dei suoi preposti che abbiano provocato le lesioni o la morte del dipendente. 19. L’azione civile in sede penale. Una questione interessante attiene all’azione civile proposta in sede penale. Ci si chiede se il trasportato danneggiato possa esercitare in sede penale l’azione diretta nei confronti dell’impresa assicuratrice del vettore e se possa quindi evocarla in tale sede quale responsabile civile ai sensi dell’art.83 c.p.p. La risposta pare affermativa. L’art.185, 2° comma, c.p. dispone che “Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che a norma delle leggi civili debbono rispondere del fatto di lui.” L’art.74 c.p.p. prevede che “ L’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’articolo 185 del codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile.” L’art.83 c.p.p. disciplina la “Citazione del responsabile civile”, disponendo che il responsabile civile per il fatto dell’imputato possa essere citato nel processo penale a richiesta della parte civile e, nel caso previsto dall’articolo 77, comma 4, a richiesta del pubblico ministero. E’ pacifico che l’azione esercitata in sede penale è pur sempre la stessa azione, per natura e caratteristiche attinenti ai profili di legittimazione, attribuita al danneggiato dall’ordinamento civile, tant’è che l’art.75 c.p.c. disciplina specificamente le ipotesi di trasmigrazione da una sede all’altra. La nozione di responsabile civile elaborata in sede giurisprudenziale ha quindi finito con il comprendere l’assicuratore della responsabilità civile dell’imputato per il fatto ascrittogli come reato, a patto che l’ordinamento riconosca una specifica responsabilità ex lege di costui nei diretti confronti del danneggiato, come avviene nel sistema dell’azione diretta disciplinata dagli artt.18 e 23 della legge n.990 del 1969. La questione è stata efficacemente sintetizzata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.112 del 1998, allorché ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art.183 c.p.p. nella parte cui non permetteva anche all’imputato la chiamata nel giudizio penale del proprio assicuratore della responsabilità civile obbligatoria da circolazione stradale: • “È costituzionalmente illegittimo l’art. 83 c.p.p., nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dalla assicurazione obbligatoria prevista dalla l. 24 dicembre 1969 n. 990, l’assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato (la Corte, considerato che in sede civile è prevista la chiamata in garanzia dell’assicuratore da parte dell’assicurato convenuto per il risarcimento del danno provocato dalla circolazione di autoveicoli sottoposti alle norme della legge sulla assicurazione obbligatoria della responsabilità civile, ha ritenuto in contrasto con il principio di uguaglianza il sistema delineato dagli art. 83 s. c.p.p., per effetto del quale l’assicuratore, responsabile civile ai sensi di legge, può entrare nel processo penale solo in forza di citazione della parte civile o in forza del proprio intervento volontario).”(Corte costituzionale, 16 aprile 1998, n. 112). Così si espresse la Corte Costituzionale nel sintetizzare la situazione del diritto vivente: “Nella legge n. 990 del 1969, istitutiva dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, interessano, ai fini del giudizio di comparazione devoluto alla Corte attraverso 41 l’ordinanza di rimessione, gli articoli 18 e 23. Il primo comma dell’art. 18 stabilisce che “il danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo o di un natante per i quali a norma della presente legge vi è l’obbligo di assicurazione ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’assicuratore, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione”. L’art. 23 statuisce che “nel giudizio promosso contro l’assicuratore a norma dell’art. 18, comma primo, della presente legge, deve essere chiamato nel processo anche il responsabile del danno”. Queste due disposizioni, ovviamente da inquadrarsi nel complesso della legge a cui appartengono, bastano, ad avviso di questa Corte, per collocare la particolare responsabilità civile in questione tra i casi di responsabilità civile ex lege ai quali si riferisce il comma secondo dell’art. 185 del codice penale quando stabilisce il principio per cui “ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui”: ovviamente nel processo civile ove l’azione di responsabilità per danno sia esercitata, per qualsiasi motivo, indipendentemente o separatamente dall’azione penale e nel processo penale ove vi sia (e finché vi sia) costituzione di parte civile del danneggiato. Un orientamento, questo, implicitamente confermato dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale, proprio con riferimento alla legge n. 990 del 1969, ha avuto occasione di osservare che la citazione della società assicuratrice si identifica nella creazione di una “nuova figura di responsabile civile” (v. sentenza n. 24 del 1973, n. 7 del Considerato in diritto). Tale è del resto anche il pensiero della dottrina e della giurisprudenza; e l’esperienza giudiziaria insegna che esistono casi nei quali la parte civile cita nel processo penale per reati commessi con violazione delle norme sulla circolazione di autoveicoli l’impresa assicuratrice come responsabile civile. Né è qui superfluo rimarcare che sotto questo aspetto il processo penale si allinea pienamente sul modello del processo civile, nel quale l’art. 18 della legge n. 990 del 1969 abilita il danneggiato all’azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’assicuratore. Quando la Corte di cassazione esclude l’azione civile diretta del danneggiato contro l’assicuratore in sede civile (e conseguentemente esclude la citazione dell’assicuratore medesimo come responsabile civile nel processo penale) ciò avviene solo con riferimento a quelle assicurazioni che hanno la loro fonte esclusiva nel contratto, osservandosi che in questi casi l’assicuratore è soltanto tenuto verso l’assicurato, ovviamente nei limiti del capitale assicurato. Ma la stessa Corte di cassazione riconosce invece esplicitamente che l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante da circolazione di autoveicoli a motore e di natanti configura una responsabilità civile dell’assicuratore ex lege, da inquadrarsi nell’ambito di applicazione dell’art. 185 del codice penale (cfr. ex plurimis Cass. pen., Sez. VI, 8 novembre 1977, n. 15974; Sez. IV, 14 maggio 1987, n. 10910; Sez. IV, 12 aprile 1988, n. 10354; Sez. IV, 10 aprile 1997, n. 4940).” A conferma dell’orientamento della Suprema Corte di Cassazione si possono ricordare: “L’assicuratore deve rispondere dei danni cagionati dall’assicurato nei limiti previsti dal contratto e con il vincolo della solidarietà con il danneggiante. La legge del 24 dicembre 1969 n. 990, che consente la citazione diretta dell’assicuratore, ha introdotto una nuova figura di responsabile civile che non è in contrasto con i principi generali di cui all’art. 185 c.p. e risponde alla finalità di rafforzare la garanzia di risarcimento per il danneggiato.”(Cassazione penale, sez. VI, 8 novembre 1978, Cardini; cfr anche Cassazione penale, sez. IV, 10 aprile 1997, n. 4940; Cassazione penale, sez. IV, 24 gennaio 1990; Cassazione penale, sez. IV, 16 gennaio 1989; Cassazione penale, sez. IV, 14 maggio 1987). Si può quindi ritenere che sussista la legittimazione di un soggetto a partecipare al processo penale in qualità di responsabile civile solo se contemporaneamente sia presente un imputato del cui operato esso debba rispondere “per legge”, non essendo 42 viceversa sufficiente il fondamento della responsabilità su di un diverso titolo, ad esempio di origine contrattuale (da ultimo Cass.pen, sez.VI, 27.10.2005 n.39388). Sulla base di tali premesse la risposta scaturisce linearmente sulla base delle seguenti considerazioni: • se l’azione esercitata è pur sempre la stessa in sede civile e in sede penale; • se la chiamata dell’assicuratore quale responsabile civile nel processo penale non è consentita per il solo fatto della relazione contrattuale intercorsa con l’imputato (in forza della quale si sia impegnato a tenerlo indenne dalla responsabilità azionata dalla parte civile), ma si collega all’esistenza di una responsabilità ex lege gravante sull’assicuratore, che lo configura come responsabile ai sensi del 2° comma dell’art.185 c.p.; • se quindi la legittimazione passiva ex art.83 c.p.c. dell’assicuratore dell’imputato in tanto sussiste in quanto sia prevista una azione diretta del danneggiato verso di esso, come avviene in tema di assicurazione obbligatoria r.c.a.; • sembra logico sostenere che in caso di lesioni del trasportato, chiunque sia l’imputato fra i conducenti dei veicoli coinvolti, l’assicuratore r.c.a. del vettore, quale soggetto chiamato a rispondere dell’azione diretta ex art.141 C.d.a. è legittimato quale responsabile civile ex art.83 c.p.p., oltre all’assicuratore dell’effettivo responsabile nella specifica ipotesi di esuberanza del massimale di cui all’ultima parte del 1° comma, dell’art.141; • non si scorge motivo per cui non debba essere applicabile anche in sede penale la disciplina dell’estromissione sostitutiva di cui al 3° comma dello stesso articolo. La conclusione raggiunta può apparire forse inconsueta e paradossale nell’ipotesi in cui l’imputato sia il conducente del veicolo antagonista e non il conducente vettore del terzo trasportato; tuttavia l’alternativa prospettabile nel rispetto dei principi consolidati sopra illustrati non potrebbe che essere costituita dalla negazione della possibilità di evocazione dell’assicuratore r.c.a. nel processo penale quale responsabile civile. Torino, 15 ottobre 2008 Umberto Scotti 43