CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
Ufficio per gli Incontri di Studio
Incontro di studio sul tema:
“La responsabilità civile da circolazione stradale:
aspetti processuali e sostanziali”
Roma, 20 - 22 ottobre 2008
Hotel Jolly Midas
Il risarcimento del terzo trasportato
Relatore
Dott. Umberto SCOTTI
Consigliere della Corte di Appello di Torino
2
Consiglio Superiore della Magistratura
Incontro di studi 2929/08
“La responsabilità civile da circolazione stradale:
aspetti processuali e sostanziali”
20-22 ottobre 2008
“Il risarcimento del terzo trasportato.”
Sommario
1. La novità normativa.
2. Premessa relativa alle ordinarie azioni civilistiche spettanti al danneggiato.
3. La disciplina dell’azione diretta del terzo trasportato.
4. La nozione speciale di caso fortuito considerata dall’art.141 del Codice.
5. La struttura della norma.
6. Il litisconsorzio necessario ex art.140.
7. La proponibilità.
8. La ratio della norma.
9. L’intervento della impresa assicurativa del responsabile.
10. La disciplina intertemporale.
11. Il caso del proprietario trasportato.
12. L’azione risarcitoria promossa dai soggetti danneggiati in via indiretta e consequenziale per effetto
delle lesioni o della morte del terzo trasportato.
13. L’ipotesi di mancata copertura assicurativa del veicolo del vettore.
14. L’ipotesi della circolazione prohibente domino del veicolo del vettore.
15. Il coordinamento fra gli artt.141 e 144 del Codice: ammissibilità o no dell’azione diretta verso
l’impresa assicurativa del responsabile.
16. I dubbi di costituzionalità della soluzione interpretativa adottata.
17. Il litisconsorzio con il responsabile del danno.
18. L’azione ex art.141 e le azioni di regresso, surroga e rivalsa.
19. L’azione civile in sede penale.
1. La novità normativa.
Una delle novità più importanti del nuovo Codice delle assicurazioni (decreto legislativo
n.209 del 7.9.2005) é indubbiamente rappresentata dalla disciplina dell’azione diretta del
trasportato, introdotta dall’art.141.
Tale norma, rubricata “Risarcimento del terzo trasportato” dispone:
“1. Salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo
trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al
momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, fermo restando quanto
previsto all’articolo 140, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei
conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento
dell’eventuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del
responsabile civile, se il veicolo di quest’ultimo è coperto per un massimale superiore a
quello minimo.
3
2. Per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell’impresa
di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura
di risarcimento prevista dall’articolo 148.
3. L’azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti
dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al
momento del sinistro nei termini di cui all’articolo 145. L’impresa di assicurazione del
responsabile civile può intervenire nel giudizio e può estromettere l’impresa di
assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato. Si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del capo IV.
4. L’impresa di assicurazione che ha effettuato il pagamento ha diritto di rivalsa nei
confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile nei limiti ed alle
condizioni previste dall’articolo 150.”
Con tale norma il Codice riconosce e regolamenta l’azione diretta del terzo trasportato
danneggiato nei confronti dell’impresa assicuratrice del veicolo del vettore (che nella
terminologia adottata dal Legislatore viene definito veicolo sul quale il terzo trasportato
si trovava a bordo al momento del sinistro1).
Non si può certo dire che l’istituto in questione sia stato salutato in dottrina con
entusiastico favore: le critiche si sono attestate sia sul versante tecnico- giuridico, sia sul
versanta delle scelte di opportunità.
V’è chi2 ha qualificato l’art.141 come una delle norme meno felici dell’intero codice, sia
sotto il profilo della tecnica di redazione, sia sotto il profilo contenutistico, gravemente
inficiata dalla notevole ambiguità interpretativa e dagli inutili peggioramenti del quadro
normativo preesistente; v’è chi3, dopo aver giudicato apparentemente lodevoli le
modifiche legislative, in quanto ispirate ad un sistema “no fault” prescindente dalla colpa,
ha severamente criticato la norma – oltre che sotto il profilo costituzionale dell’eccesso
di delega - sia sotto l’aspetto tecnico perché “piuttosto ingarbugliata, male coordinata
con le altre disposizioni ed aperta ad interpretazioni diverse”, sia in punto di opportunità,
evidenziando svariate ragioni che condurrebbero a ritenere meno protettivo per il terzo
trasportato l’attuale regime rispetto a quello precedente.
2. Premessa relativa alle ordinarie azioni civilistiche spettanti al danneggiato.
E’ importante formulare una breve considerazione di carattere preliminare per
sottolineare, con forza, un concetto fondamentale in ordine alle conseguenze sistematiche
della nuova disciplina delle azioni dirette nei confronti delle imprese assicuratrici r.c.a.
contenuta nel Codice delle assicurazioni di cui al d.lgs 209 del 2005, al fine di prevenire e
stigmatizzare l’insorgere di un errore che affiora, magari solo in modo indiretto e
inconsapevole, in alcune opinioni dottrinali e in alcuni provvedimenti giurisdizionali
successivi all’entrata in vigore del Codice.
Nulla è cambiato - e soprattutto, come si dirà, nulla poteva cambiare - nella disciplina
delle azioni risarcitorie scaturenti dalla normativa del Codice civile, che pure si
colleghino ad un sinistro stradale in cui siano coinvolti veicoli soggetti all’assicurazione
obbligatoria.
La disciplina del Codice delle assicurazioni non interferisce minimamente, cioè, con
l’esperibilità dell’ordinaria azione aquiliana ex art.2043 c.c., fondata sulla provocazione
colposa o dolosa di un danno antigiuridico, ovvero delle azioni disciplinate dall’art.2054
1
La norma è stata criticata anche sotto il profilo grammaticale con riferimento al ricorso alla preposizione
“su” utilizzata in luogo della corretta “di”.
2
ROSSETTI, “L’assicurazione r.c.a. nel codice delle assicurazioni”, supplemento al volume XL, maggio
2008, n.5, di Giurisprudenza di merito, pag.76.
3
BONA, “Risarcimento del danno, procedure di liquidazione e azione diretta nel ‘Codice delle
assicurazioni’: prime riflessioni critiche.” in Resp.civ. e prev.2005, 4-5, 1171.
4
c.c. nei confronti del conducente e del proprietario (o usufruttuario o acquirente con patto
di riservato dominio), caratterizzate da presunzioni di colpa o da un regime di vera e
propria responsabilità oggettiva, o infine delle azioni fondate sulla sussistenza di un
rapporto di carattere contrattuale intercorrente fra il danneggiato e un altro soggetto, nel
cui ambito assuma rilievo l’obbligazione di quest’ultimo di preservare l’incolumità del
primo nel corso della vicenda circolatoria (normalmente il contratto di trasporto).
Il Codice delle assicurazioni si occupa solo delle azioni dirette nei riguardi delle imprese
assicurative e non pregiudica in alcun modo la possibilità del danneggiato di instaurare
una delle varie azioni ricordate, in via autonoma e alternativa rispetto all’esperimento
dell’azione diretta, ovvero cumulativamente e congiuntamente ad essa, nel rispetto delle
regole del Codice di rito.
E tale lineare conclusione scaturisce de plano sia dalla lettura delle disposizioni del Codic
delle assicurazioni, sia dalla ratio legis, sia (e soprattutto) dalla sedes materiae, visto
che il Codice si occupa del contratto di assicurazione e delle imprese assicurative e non
già del regime ordinario della responsabilità civile.
Inoltre una diversa ricostruzione si esporrebbe, per duplice via, alla sanzione di
illegittimità costituzionale, sia con riferimento all’art.76 Cost., dal momento che la delega
legislativa si proponeva semplicemente di provvedere alla “tutela dei consumatori e, in
generale, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni
contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla
conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi
pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di
tale servizio” (art.1, lettera b, della legge delega 229/2003) e non autorizzava alcuna
revisione della disciplina ordinaria della responsabilità civile, sia con riferimento
all’art.24 Cost., dovendosi altrimenti ravvisare una ingiustificata compressione del
fondamentale diritto all’azione giurisdizionale a tutela dei diritti riconosciuti
dall’ordinamento.
Non appare quindi lecito dubitare della persistente possibilità per il danneggiato
trasportato di agire con le varie azioni riconosciutegli sinora dall’ordinamento nei
confronti di altri soggetti civilmente responsabili, a prescindere dagli aspetti assicurativi
dei relativi rischi, e pertanto:
• con l’azione contrattuale ex artt.1218 e 1681 c.c. allorché egli si trovava a
bordo del veicolo coinvolto nel sinistro in forza di contratto di trasporto;
• con l’azione ordinaria aquiliana ex art.2043 c.c. e/o con la specifica azione
extracontrattuale fondata sulla responsabilità presuntiva ex art.2054, 1° e 2°
comma, c.c. nei confronti del conducente del veicolo su cui si trovava
trasportato (per qualsiasi titolo, anche di cortesia);
• con la specifica azione extracontrattuale fondata sulla responsabilità
presuntiva ex art.2054, 3° comma, c.c. nei confronti del proprietario (ovvero
dell’usufruttuario o dell’acquirente con patto di riservato dominio) del veicolo
su cui si trovava se trasportato (per qualsiasi titolo, anche di cortesia);
• con la specifica azione extracontrattuale fondata sulla responsabilità
presuntiva ex art.2054, 4° comma, c.c. nei confronti del conducente e del
proprietario (ovvero dell’usufruttuario o dell’acquirente con patto di riservato
dominio) del veicolo su cui si trovava trasportato (per qualsiasi titolo, anche
di cortesia)4.
4
Ex multis:
• “In tema di responsabilità civile, il danneggiato a seguito di un incidente stradale in cui sia
rimasto coinvolto come trasportato a titolo di cortesia, può chiedere il risarcimento invocando
la presunzione di colpa stabilita dall’art. 2054 c.c., facendo valere la responsabilità
extracontrattuale sia nei confronti del conducente del veicolo a bordo del quale si trovava, che
5
Ogni diversa interpretazione sarebbe evidentemente incompatibile con i principi
costituzionali dal momento che finirebbe con il disconoscere il diritto di azione e tutela
giurisdizionale rispetto a posizioni soggettive riconosciute dall’ordinamento, in flagrante
violazione del 1° comma dell’art.24 della Costituzione.
Risulterebbe poi invero curioso e paradossale che un intervento normativo settorialmente
rivolto ad apprestare una tutela più efficace dei danneggiati, individuando un garante
istituzionale attraverso la copertura assicurativa dei rischi della circolazione stradale,
finisca con l’indebolire in modo significativo le opzioni di tutela esistenti a disposizione
del danneggiato per conseguire la piena restaurazione dei diritti lesi.
3. La disciplina dell’azione diretta del terzo trasportato.
Le precisazioni sopra esposte portano a ribadire che la disciplina dell’art.141 riguarda
solamente l’azione diretta del terzo trasportato nei confronti dell’impresa assicurativa e
non interferisce con la persistente possibilità di azione giurisdizionale esercitabile come
prima nei confronti dei soggetti che a vario titolo, contrattuale o extracontrattuale,
debbano rispondere delle conseguenze lesive da lui subite.
In difetto di qualsivoglia limitazione, l’azione de qua riguarda ogni voce di danno
subito dal terzo trasportato:
•
•
•
•
•
nei confronti del proprietario, se diverso dal primo.”(Cassazione civile, sez. III, 20 febbraio
2007, n. 3937);
“In materia di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli, l’art. 2054 c.c. esprime,
in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale, applicabili a tutti i
soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni, e, quindi, anche ai trasportati,
quale che sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale (oneroso o gratuito).
Consegue che il trasportato, indipendentemente dal titolo del trasporto, può invocare i primi
due commi della disposizione citata per far valere la responsabilità extracontrattuale del
conducente ed il comma 3 per far valere quella solidale del proprietario, che può liberarsi solo
provando che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà ovvero che il
conducente aveva fatto tutto il possibile per evitare il danno. Ove il trasporto sia avvenuto in
base a titolo contrattuale, con l’azione prevista dall’art. 1681 c.c. - che stabilisce la
responsabilità contrattuale del solo vettore per i sinistri che colpiscono il viaggiatore durante il
viaggio - può infatti concorrere quella extracontrattuale di cui all’art. 2054 c.c.”(Cassazione
civile, sez. III, 1 giugno 2006, n. 13130);
“In materia di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli, l’art. 2054 c.c. esprime
principi di carattere generale, applicabili a tutti i soggetti che dalla circolazione dei veicoli
comunque ricevano danni, e quindi anche ai trasportati, quale che sia il titolo del trasporto, di
cortesia ovvero contrattuale.”(Cassazione civile, sez. III, 30 gennaio 2006, n. 1873);
“In materia di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli, l’art. 2054 c.c. esprime,
in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale, applicabili a tutti i
soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni, e quindi anche ai trasportati, quale
che sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale (oneroso o gratuito); in
particolare, per vincere la presunzione di responsabilità posta a suo carico dall’art. 2054,
comma 1, c.c., il conducente del veicolo deve fornire la prova positiva di aver fatto tutto il
possibile per evitare il danno. (Nella specie, la Corte Suprema ha cassato la sentenza di merito,
rilevando che, da un lato, l’esistenza di una insidia stradale, risultante da un’altra sentenza
relativa agli stessi fatti, non costituiva accertamento idoneo ad escludere la responsabilità del
conducente, nè poteva dirsi raggiunta la prova liberatoria a suo carico per il solo fatto che il
soggetto rimasto ferito nel sinistro, trasportato a titolo di cortesia, indossasse le cinture di
sicurezza allacciate, corrispondendo ciò ad una elementare regola di prudenza imposta per
legge).”(Cassazione civile, sez. III, 31 ottobre 2005, n. 21115);
“La presunzione di responsabilità del conducente del veicolo, ex art. 2054 comma 1 c.c., si
applica anche nell’ipotesi in cui la vittima sia un passeggero dal medesimo trasportato a titolo
di cortesia.”(Cassazione civile, sez. III, 29 settembre 2005, n. 19144; cfr altresì: Cassazione
civile, sez. III, 3 marzo 2004, n. 4353;
Cassazione civile, sez. III, 21 marzo 2001, n. 4022;Cassazione civile, sez. III, 18 maggio 1999,
n. 4801).
6
•
sia di carattere patrimoniale (danni materiali derivanti dalla distruzione o
dal deterioramento di cose di sua proprietà, danni patrimoniali da lucro
cessante conseguente alla temporanea o permanente, compromissione
della capacità lavorativa),
• sia di carattere non patrimoniale (danno, biologico temporaneo e
permanente, inclusivo del c.d. “danno biologico dinamico”5 equivalente
alla più risalente formula del danno alla vita di relazione, danno morale
soggettivo ed eventualmente danno esistenziale).
La norma presuppone solamente un danno subito dal terzo trasportato e la verificazione
di un “sinistro”, ma non esige affatto per l’integrazione della sua fattispecie che il
sinistro sia derivato dallo scontro di due o più autoveicoli.
Pertanto la disciplina del risarcimento del terzo trasportato, sia relativamente alla
procedura stragiudiziale, sia relativamente ai profili di tutela giurisdizionale, trova
applicazione anche nell’ipotesi in cui l’incidente stradale non abbia coinvolto altri
autoveicoli oltre a quello a bordo del quale viaggiava il danneggiato: si pensi all’ipotesi,
purtroppo frequente, dell’incidente causato dalla perdita di controllo del veicolo da parte
del conducente e alla conseguente fuoriuscita di strada o collisione contro ostacoli fissi.
Non vi è alcun ostacolo letterale o logico per escludere in siffatta ipotesi l’operatività
della disciplina dell’art.141, ovviamente eccettuate le disposizioni che regolano
l’intervento in causa dell’impresa assicurativa dell’altro veicolo e la rivalsa nei confronti
di tale impresa.
Ovviamente nell’ipotesi di sinistro stradale senza collisione fra autoveicoli, sarà pur
sempre possibile all’assicuratore del vettore dedurre e provare la sussistenza del caso
fortuito, ivi inclusa la colpa del terzo: si pensi all’insidia stradale, con la conseguente
responsabilità dell’ente gestore della strada o dell’autostrada, alla colpa esclusiva di un
pedone, o di un agente addetto alla regolazione del traffico, o di un altro passeggero del
veicolo.
Anche in caso di sinistro stradale provocato (in tutto o in parte) da altro veicolo con il
quale non via stata collisione (caso classico di “turbativa” determinante l’incidente) non
vi è dubbio sull’esperibilità dell’azione diretta ex art.141, senza la possibilità per la
impresa assicurativa del vettore di difendersi deducendo la responsabilità dell’altro
conducente autore della turbativa.
Analoga disciplina sembra dettata anche per il caso in cui l’altro veicolo coinvolto
nell’incidente non sia soggetto all’assicurazione obbligatoria (si pensi ad un mezzo a
trazione animale o a braccia, a una bicicletta o a un veicolo a guida di rotaie); l’art.141,
che non richiede una collisione con altro autoveicolo e per vero, come si è detto,
neppure una collisione, é sicuramente applicabile.
La clausola di neutralizzazione della rilevanza della responsabilità dell’altro conducente,
alla luce del tenore letterale della norma, sembra applicabile anche a siffatta ipotesi, visto
che si riferisce all’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti
e in tutte queste ipotesi vi è pur sempre un veicolo, a termini di Codice della strada, e un
conducente.
Quel che lascia perplessi, peraltro, è che nei casi esaminati la mancanza di una impresa
assicuratrice della responsabilità civile espone l’impresa assicurativa del vettore ad un
provvisorio pagamento ingiusto, senza quella tranquilla sicurezza del recupero di quanto
5
E’ il caso di ricordare l’attuale definizione di danno biologico recepita nel Codice (art.138, 2° comma,
lettera a), e art.139, 2° comma: “lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona
suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli
aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla
sua capacità di produrre reddito”.
7
anticipato nei confronti di altra impresa assicurativa, esperibile nel contesto del sistema
delle stanze di compensazione ovvero con opportuna azione di rivalsa.
In altri termini, vi sarebbe un rischio effettivo e concreto di pregiudizio economico a
carico dell’assicuratore del vettore in relazione alla potenziale incapienza patrimoniale
dei soggetti effettivamente responsabili.
Sorge quindi il dubbio di illegittimità costituzionale della norma, che (forse) potrebbe
essere superabile in via interpretativa con la lettura riduttiva del concetto di veicoli
considerato nell’inciso “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei
conducenti dei veicoli coinvolti”, restringendolo - attraverso individuazione di un
requisito implicito sotteso all’intera disciplina - all’ambito dei veicoli soggetti ad
assicurazione obbligatoria r.c.a.
4. La nozione speciale di caso fortuito considerata dall’art.141 del Codice.
A questo punto si rende necessaria una importantissima precisazione interpretativa che
mi pare debba essere formulata, per vero in netto dissenso con alcune letture dottrinali e
giurisprudenziali della norma de qua.
A mio parere, la disposizione involge una diversa accezione della nozione di caso
fortuito rispetto a quella ordinariamente recepita e consolidata nella tradizione giuridica.
Molti hanno ricordato infatti che il concetto di caso fortuito per tradizione antichissima e
comunque per orientamento giurisprudenziale del tutto consolidato6, comprende oltre
6
“In tema di danno cagionato da animali, ai sensi dell’art. 2052 c.c., la responsabilità del proprietario
dell’animale, prevista dalla suddetta norma, è presunta, fondata non sulla colpa, ma sul rapporto di fatto
con l’animale. Ne consegue che, per i danni cagionati dall’animale al terzo, il proprietario risponde in ogni
caso e in toto, a meno che non dia la prova del caso fortuito, ossia dell’intervento di un fattore esterno
idoneo a interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale
e l’evento lesivo,
comprensivo anche del fatto del terzo o del fatto colposo del danneggiato che abbia avuto efficacia causale
esclusiva nella produzione del danno. Pertanto, se la prova liberatoria richiesta dalla norma non viene
fornita, non rimane al giudice che condannare il proprietario dell’animale al risarcimento dei danni per
l’intero. (Nella specie, era stato chiesto il risarcimento ai proprietari di un cane a causa di un morso al
volto inferto alla ricorrente mentre era in visita alla loro abitazione, e la corte di merito aveva dato
maggior rilievo alla imprudenza della danneggiata nella produzione dell’evento; sulla base dell’enunciato
principio la S.C. ha accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza impugnata)”(Cassazione civile, sez.
III, 19 marzo 2007, n. 6454);
“La responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere
oggettivo e, ai fini della sua configurabilità, é sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in
custodia e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa (e,
perciò, anche per le cose inerti) e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno
di un obbligo di vigilanza. La responsabilità del custode, in base alla suddetta norma, è esclusa in tutti i
casi in cui l’evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale dell’evento e, perciò,
quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé
prodotto l’evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui
la cosa sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto
eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile, ancorché dipendente dalla condotta
colpevole di un terzo o della stessa vittima.”(Cassazione civile, sez. III, 6 febbraio 2007, n. 2563);
“In tema di danno subito dal viaggiatore, l’art. 11 n. 4 delle condizioni e tariffe per i trasporti delle persone
sulle ferrovie, approvate con r.d.l. n. 1948 del 1934 (conv. nella legge n. 911 del 1935) pone una
presunzione di colpa che può essere superata
dalla dimostrazione - da fornirsi da parte
dell’amministrazione ferroviaria, essendo sufficiente al viaggiatore provare l’evento produttivo del danno
in conseguenza dell’anormalità del servizio - che il danno stesso sia dipeso da caso fortuito o forza
maggiore, ovvero dalla colpa esclusiva del danneggiato o di un terzo.”(Cassazione civile, sez. III, 2 febbraio
2007, n. 2321);
“La disciplina di cui all’art. 2051 c.c. si applica anche in tema di danni sofferti dagli utenti per la cattiva ed
omessa manutenzione delle autostrade da parte dei concessionari, in ragione del particolare rapporto con
la cosa che ad essi deriva dai poteri effettivi di disponibilità e controllo sulle medesime, salvo che dalla
responsabilità presunta a loro carico i concessionari si liberino fornendo la prova del fortuito, consistente
non già nella dimostrazione dell’interruzione del nesso di causalità determinato da elementi esterni o dal
8
alla vis major cui resisti non potest, anche la colpa di un soggetto terzo e ne hanno tratto
argomento per ritenere che l’impresa del vettore potrebbe sempre cercare di sottrarsi alla
responsabilità ex art.141 dimostrando la colpa di quel terzo che è pur sempre il
conducente dell’altro veicolo coinvolto, sicché anche per questa via emergerebbe la
necessità di ammettere, in via per così dire anticipata, il terzo trasportato all’azione
diretta contro l’altro soggetto responsabile.
La tesi presenta il difetto di accedere ad una lettura per così dire cristallizzata ed
ipostatizzata del concetto di caso fortuito, che prescinde da quella concretamente accolta
nello specifico dettato normativo.
Il Legislatore, proprio perché aveva ben presente che la nozione tradizionale del caso
fortuito ricomprendeva anche la colpa del terzo, si é dato carico di recepirne nella norma
dell’art.141 del Codice una nozione modificata ad hoc nel momento in cui, dopo aver
fatto salva “l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito”, ha avuto cura di sottolineare
che la responsabilità dell’impresa del vettore prescinde “dall’accertamento della
responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro”, con una disposizione di
ordine pubblico che vieta, per l’appunto, la spendita di risorse processuali rivolta a tale
sorta di accertamenti, con l’inevitabile rinvio delle questioni relative al regresso al
rapporto fra imprese assicuratrici ai sensi dell’art.141, 4° comma, e dell’art.150 del
Codice.
Ne consegue che l’impresa del vettore si può sottrarre al vittorioso esperimento
dell’azione diretta solo dimostrando il ricorrere di una ipotesi di caso fortuito, eccezion
fatta per quell’ipotesi di caso fortuito che si collega al fatto colposo del terzo conducente
coinvolto nel sinistro coperto da assicurazione obbligatoria r.c.a., ipotesi che rientrerebbe
nella nozione tradizionale di caso fortuito, ma non in quella specifica recepita
dall’art.141.
fatto estraneo alla sfera di custodia (ivi compreso il fatto del danneggiato o del terzo), bensì anche dalla
dimostrazione - in applicazione del principio di c.d. vicinanza alla prova - di aver espletato, con la diligenza
adeguata alla natura e alla funzione della cosa, in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte
le attività di controllo, di vigilanza e manutenzione su di essi gravanti in base a specifiche disposizioni
normative e già del principio generale del “neminem laedere”, di modo che il sinistro appaia verificatosi
per fatto non ascrivibile a sua colpa.”(Cassazione civile, sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2308);
“In tema di danno cagionato da cose in custodia è indispensabile, per l’affermazione di responsabilità del
custode, che sia accertata la sussistenza di un nesso di causalità tra la cosa ed il danno patito dal terzo,
dovendo, a tal fine, ricorrere la duplice condizione che il fatto costituisca un antecedente necessario
dell’evento, nel senso che quest’ultimo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie di esso, e che
l’antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano causale, dalla sopravvenienza di circostanze da
sole idonee a determinare l’evento. Pertanto, anche nell’ipotesi in cui il custode non abbia attuato, sulla
cosa nella sua disponibilità, tutte le precauzioni astrattamente idonee ad evitarne la responsabilità, la causa
efficiente sopravvenuta che del caso fortuito presenti i requisiti propri dell’eccezionalità e dell’oggettiva
imprevedibilità e che da sola sia idonea a provocare l’evento, interrompe il nesso eziologico e produce gli
effetti liberatori, pur quando essa si concreti nel fatto del terzo o dello stesso danneggiato.”(Cassazione
civile, sez. III, 19 dicembre 2006, n. 27168);
“È configurabile una ipotesi di concorso causale nell’evento da parte del custode, per il titolo di cui all’art.
2051 c.c., e di altro soggetto, per il normale titolo di responsabilità generica ai sensi dell’art. 2043, atteso
che all’addebito concorsuale dei distinti titoli di responsabilità non osta il non avere dato il custode la
prova liberatoria della ricorrenza del caso fortuito, poiché tanto comporta soltanto che egli non possa
sottrarsi alla responsabilità per il titolo di sua pertinenza, ma non che l’evento dannoso non possa essere
stato concausato anche dal fatto di un terzo. L’incompatibilità fra l’affermazione di una responsabilità del
custode per mancata prova liberatoria e l’affermazione del concorso di una responsabilità ai sensi dell’art.
2043 c.c. è, infatti, concepibile solo allorquando il fatto del terzo responsabile ai sensi di questa norma
assuma efficienza causale esclusiva nella produzione dell’evento, sì da rendere irrilevante il contributo
causale derivante dalla cosa oggetto della custodia e da assumere, rispetto ad esso, le caratteristiche del
fortuito.”(Cassazione civile, sez. III, 14 novembre 2006, n. 24211).
9
L’assicuratore del vettore potrà quindi a tal fine provare o la vis major, ovvero la colpa
del terzo non soggetto ad assicurazione obbligatoria (proprietario o gestore del tratto
stradale o autostradale, pedone, ciclista.... e soprattutto dello stesso danneggiato, che per
avventura abbia concorso, magari non indossando le cinture di sicurezza, a provocare il
danno).
In dottrina7 la tesi sopra illustrata8 è stata criticata come incompatibile con il dato
letterale della norma, escludendo la presenza di un aggancio letterale che giustifichi la
distinzione di due ambiti di caso fortuito, l’uno rientrante nella sfera del conducente e
l’altro esulante da tale sfera.
Tale aggancio letterale potrebbe invece essere colto nell’inciso “a prescindere
dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro”
che rappresenta una adeguata base normativa per escludere nella sede dell’azione diretta
ai sensi dell’art.141 ogni indagine relativamente alla distribuzione delle colpe fra i due
conducenti coinvolti nella collisione, che ha provocato i danni patiti dal terzo trasportato.
Non sembra pienamente persuasiva neppure l’ulteriore obiezione mossa dallo stesso
Autore, secondo cui la tesi sopra esposta porterebbe a conseguenze inaccettabili poiché
l’obbligo incombente sul conducente del veicolo di accertarsi che i passeggeri trasportati
viaggino in condizioni di sicurezza porterebbe a ritenere che anche l’omesso uso del caso
o delle cinture di sicurezza sia inopponibile da parte dell’assicuratore del vettore,
trattandosi pur sempre di fatti non esulanti dalla sfera di controllo conducente.
Per replicare al riguardo è sufficiente obiettare che l’assicuratore del vettore può far
valere nel giudizio promosso dal trasportato la quota di corresponsabilità ovvero la
riduzione del risarcimento imputabile al fatto colposo della stessa vittima, per non aver
indossato il casco o le cinture di sicurezza ai sensi dell’art.1227 c.c.9, senza peraltro poter
7
ROSSETTI, op cit, pag.78.
Prospettata, sia pur con qualche differenza terminologica, anche dal Tribunale di Torino, nella sentenza del
11.10.2007, in Danno e resp., 2008, 349, con riferimento all’esclusione delle cause esulanti dalla sfera di
controllo e dalla volontà dei conducenti:
“In proposito si osserva che, benché giurisprudenza e dottrina concordino nel ricondurre il “fatto del terzo”
causalmente assorbente alla nozione di “caso fortuito”, la norma in esame parrebbe aver accolto una
nozione restrittiva e peculiare della categoria giuridica in oggetto, come evincibile dal fatto che il quarto
comma abbia attribuito alla compagnia assicuratrice del vettore la facoltà di agire in rivalsa nei confronti
dell’impresa di assicurazione del responsabile civile senza distinguere l’ipotesi di rivalsa totale dall’ipotesi
di rivalsa parziale, ammettendo così implicitamente anche la prima. L’unica interpretazione idonea ad
attribuire un’intrinseca coerenza al disposto dell’art. 141 C.dA e ad evitare una commistione tra il profili di
legittimazione passiva (da vagliare in astratto) e di merito (da vagliare in concreto appurando se vi sia stato
concorso oppure responsabilità esclusiva del vettore o dell’altro conducente) appare dunque quella intesa
ad escludere l’esperibilità dell’azione diretta nei confronti della compagnia assicuratrice del vettore nelle
sole ipotesi di “caso fortuito” diverse dal “fatto del terzo”, cioè in quelle sole ipotesi in cui non venga in
considerazione la potenziale responsabilità assorbente del conducente di un altro veicolo ma diversi fattori
eziologici estranei alla sfera di dominio delle parti.
Tale interpretazione, tutelando il trasportato sotto il profilo procedurale dai rischi connessi all’incertezza
sull’effettivo riparto di responsabilità tra il proprio vettore e l’altro conducente appare, del resto, quella più
conforme all’art. 4 lett. b) legge delega 229/03 (“tutela dei consumatori (...) sotto il profilo (..,} del processo
di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio”) e alle previsioni della Direttiva
2005/14/CE dell’11 maggio 2005. che risulterebbe altrimenti disattesa con le medesime conseguenze che
verranno illustrale in prosieguo di sentenza. “
8
9
“In materia di responsabilità civile, in caso di mancata adozione delle cinture di sicurezza da parte di un
passeggero, poi deceduto, di un veicolo coinvolto in un incidente stradale, verificandosi un’ipotesi di
cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento, è legittima la
riduzione proporzionale del risarcimento del danno in favore dei congiunti della vittima.”(Cassazione civile ,
sez. III, 28 agosto 2007, n. 18177);
“Qualora il trasportato non indossi la cintura di sicurezza è allo stesso ascrivibile il comportamento colposo
nella causazione del danno che legittima la riduzione del risarcimento ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c.,
10
ulteriormente ridurre o escludere la responsabilità del proprio assicurato in relazione alla
quota di concorso nella violazione attribuibile al fatto omissivo proprio del conducente10.
Se queste considerazioni sono esatte è da ritenere inammissibile da parte dell’assicuratore
del vettore convenuto ex art.141 la chiamata in causa ai sensi degli artt.106 e 269 c.p.c.,
quale terzo responsabile a cui reputa comune la causa o quale terzo da cui pretende essere
garantito, dell’impresa assicurativa, del conducente e del proprietario del veicolo
antagonista.
Il primo ha facoltà di intervenire discrezionalmente nell’ipotesi prevista dalla legge ma
non può essere costretto a farlo; quanto agli altri e allo stesso assicuratore, depone in tal
senso la preclusione di natura sostanziale relativa agli accertamenti della responsabilità
dei conducenti coinvolti nel sinistro.
La preclusione non vale, peraltro, allorché il terzo trasportato, come è sua facoltà, abbia
cumulato nello stesso giudizio oltre all’azione diretta ex art.141 l’azione codicistica verso
conducenti o proprietari ai sensi degli art.2043 e/o 2054 c.c.: in relazione a tali domande
la chiamata in causa di altri soggetti segue le regole ordinarie.
E’ invece sempre possibile all’assicuratore del vettore chiamare in causa soggetti diversi
dal proprietario, conducente e assicuratore r.c.a. dell’altro veicolo, dei quali prospetti la
responsabilità esclusiva configurante caso fortuito: si pensi al gestore del tratto
autostradale, all’ente pubblico proprietario della strada, all’impresa appaltatrice dei lavori
intrapresi in un cantiere, ad un pedone che abbia dato causa al sinistro.
5. La struttura della norma.
in presenza di prova che l’uso della cintura avrebbe concorso a determinare, se non ad impedire, il
danno.”(Cassazione civile , sez. III, 11 marzo 2004, n. 4993);
“Qualora il trasportato non indossi la cintura di sicurezza è allo stesso ascrivibile il comportamento colposo
nella causazione del danno che legittima la riduzione del risarcimento ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c.,
in presenza di prova che l’uso della cintura avrebbe concorso a determinare, se non ad impedire, il
danno.”(Cassazione civile , sez. III, 11 marzo 2004, n. 4993);
10
“Qualora la messa in circolazione dell’autoveicolo in condizioni di insicurezza (e tale è la circolazione
senza che il trasportato abbia allacciato le cinture di sicurezza), sia ricollegabile all’azione o omissione non
solo del trasportato, ma anche del conducente (che prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare
che essa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza), fra costoro si è formato il
consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa
dell’altro ed accettazione dei relativi rischi; pertanto si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo,
cioè di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento (diversa da quella in cui distinti fatti colposi
convergano autonomamente nella produzione dell’evento). In tale situazione, a parte l’eventuale
responsabilità verso terzi, secondo la disciplina dell’art. 2054 c.c., deve ritenersi risarcibile, a carico del
conducente del suddetto veicolo e secondo la normativa generale degli art. 2043, 2056, 1227 c.c., anche il
pregiudizio all’integrità fisica che il trasportato abbia dell’incidente, tenuto conto che il comportamento
dello stesso, nell’ambito dell’indicata cooperazione, non può valere ad interrompere il nesso causale fra la
condotta del conducente ed il danno, nè ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in
materia di diritti indisponibili. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto il
30 per cento del concorso di colpa del trasportato e il 20 per cento del concorso del conducente, dopo aver
accertato che il mancato uso delle cinture di sicurezza aveva avuto un’efficienza causale nella produzione
dell’evento dannoso subito dal trasportato pari al 50 per cento).
“Nell’ambito della responsabilità aquiliana rilevano tutti i comportamenti, commissivi o omissivi, che
abbiano contribuito eziologicamente alla produzione dell’evento dannoso, purché siano connotati da dolo o
colpa. Pertanto, la messa in circolazione dell’autoveicolo in condizioni di insicurezza da parte del
conducente - e tale è la circolazione del veicolo senza che il soggetto trasportato abbia allacciato le cinture
di sicurezza - integra gli estremi della cooperazione nel fatto colposo altrui e rende il conducente stesso
corresponsabile del danno derivante al soggetto trasportato dal mancato uso dei sistemi di ritenzione (nella
specie, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito secondo cui la parte di danno derivante dal
mancato uso delle cinture di sicurezza era pari al 50%, poi ulteriormente suddivisa fra il conducente ed il
soggetto trasportato addebitando agli stessi, rispettivamente, il 20% e il 30% del pregiudizio complessivo
subito dalla vittima).”(Cassazione civile , sez. III, 11 marzo 2004, n. 4993).
11
La struttura della norma impone al terzo danneggiato, che intenda avvalersi dell’azione
diretta, di agire (sia stragiudizialmente, sia giudizialmente) nei confronti dell’assicuratore
del vettore, che è tenuto al pagamento dell’indennizzo (salva l’ipotesi del caso fortuito:
vedi infra) con facoltà di separata rivalsa nei confronti dell’assicuratore del terzo
effettivamente responsabile.
L’azione diretta è ammessa “entro il massimale minimo di legge”.
Ne deriva che nell’ipotesi in cui l’assicurazione del vettore sia stata stipulata per un
importo superiore al minimo legale:
a) non é consentita l’azione diretta ex art.141, primo comma, se non per conseguire il
risarcimento entro il capitale minimo legale ;
b) il terzo trasportato può aggredire con la propria pretesa l’assicuratore del vettore
anche per l’extra-quota solo a patto di dedurre una responsabilità, anche solo presuntiva
o solidale, del conducente del veicolo sui cui si trovava a bordo11.
Costituisce esplicita eccezione alla regola generale l’ipotesi in cui l’assicuratore
dell’effettivo responsabile civile ne copra la responsabilità in misura superiore al minimo
di legge, nella quale il 1° comma dell’art.141 salvaguarda espressamente il diritto del
terzo trasportato al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti di tale
assicuratore e (presumibilmente) ammette in tale ipotesi l’esperimento dell’azione diretta
nei suoi confronti per l’eccedenza12.
E’ stato opportunamente evidenziato13 che la nuova disciplina comporta una contrazione
della tutela del danneggiato che nel sistema precedente poteva contare, nei casi di
responsabilità concorsuale, fra l’altro presunta ex lege, sulla possibilità di esperire
l’azione diretta nei confronti di entrambe le compagnie assicuratrici dei veicoli coinvolti
e quindi su due distinti massimali, mentre nel sistema attuale può direttamente aggredire
un solo massimale di legge, salvo avvalersi anche dell’eventuale maggior massimale
contrattuale stipulato da uno dei due conducenti coinvolti.
Il che non è, evidentemente, la stessa cosa.
E’ ben vero che il problema riguarda solo la possibilità di azione diretta verso le imprese
assicurative, poiché il terzo trasportato potrà agire con le azioni ordinarie verso i
responsabili civili, ossia verso le coppie proprietario/conducente dei veicoli coinvolti,
così provocandoli a far valere in giudizio le garanzie assicurative che coprono le
rispettive responsabilità.
6. Il litisconsorzio necessario ex art.140.
Il primo comma dell’art.141 contiene una espressa clausola di salvaguardia dell’art.140
Codice delle assicurazioni perché regola l’azione diretta del terzo trasportato ricordando
esplicitamente che rimane fermo quanto previsto dall’art.140, in tema di pluralità di
danneggiati e supero del massimale.
Tale articolo contiene un quarto comma che dispone il litisconsorzio necessario ex
art.102 c.p.c. nei giudizi promossi “fra” (sic) l’impresa di assicurazione e le persone
danneggiate, che è stato sottoposto a severissime critiche e non solo sul piano
terminologico.
Per quanto rileva ai fini della presente trattazione, è opportuno segnalare che la più
convincente interpretazione di tale disposizione è quella riduttiva, volta a circoscriverne
11
In tal senso, seppur problematicamente, nel contesto di una giustificata critica alla tecnica legislativa,
BONA, p.cit.
12
La norma non lo dice espressamente ma è logico presumere che, se viene salvaguardato il diritto al
risarcimento, sia salvaguardata anche la facoltà di agire in giudizio per farlo valere.
13
BONA, op.cit.
12
l’operatività nei soli casi di sospetta incapienza del massimale al fine di prevenire
conseguenze altrimenti aberranti.14
In tal senso va quindi letto il rinvio contenuto nell’art.141, limitando la necessità del
litisconsorzio fra danneggiati all’ipotesi di dedotta o sospetta incapienza del massimale
dell’impresa assicuratrice del vettore.
7. La proponibilità.
La disciplina della condizione di proponibilità dell’azione diretta da parte del terzo
trasportato è stata regolata per relationem.
Il secondo comma dell’art.141 dispone infatti che per ottenere il risarcimento del danno
il terzo trasportato debba promuovere la procedura prevista dall’art.148 nei confronti
dell’impresa assicurativa del vettore.
Il terzo comma dello stesso articolo assoggetta l’esercizio dell’azione diretta nei confronti
dell’impresa assicurativa del vettore ai termini sanciti dall’art.145.
In conseguenza sono da ritenersi applicabili alla fase stragiudiziale della procedura
risarcitoria tutte le disposizioni previste dall’art.148 relativamente:
• ai requisiti di forma e contenuto della richiesta,
• ai doveri di cooperazione agli accertamenti incombenti sul danneggiato,
• alle facoltà di acquisizione di informazioni in capo all’assicuratore,
• agli obblighi di formulazione dell’offerta ovvero di motivazione della
mancata offerta incombenti sull’impresa assicurativa;
• alle conseguenze della richiesta incompleta,
• alle modalità e agli effetti della corresponsione delle somme da parte
dell’assicuratore.
Allo stesso modo il richiamo dei termini prefissi dall’art.145 vale ad estendere anche
all’azione diretta ex art.141 la condizione di proponibilità della domanda giudiziale
prevista nel primo comma di tale articolo, che, come è noto, esige il decorso di 60 giorni
(nell’ipotesi di danni a cose) e di 90 giorni (in caso di danni alla persona) dalla richiesta
del risarcimento da parte del danneggiato con lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, effettuata con l’osservanza delle modalità e dei contenuti di cui all’art.148.
Appare il caso di formulare qualche sintetica osservazione, anche se il tema della
condizione di proponibilità della domanda sarà trattato sicuramente in questo Convegno
di studi in modo più completo ed organico nell’ambito di altre relazioni .
In dottrina è stato messo in luce che le formalità richieste dal Codice delle assicurazioni
per la proponibilità dell’azione di risarcimento danni da incidente stradale agli artt. 145 e
148 (che pure riproducono, in linea di massima, quelle previste dal d.l. 857 del 1976 e
dalla legge n. 57/2001, relativa alla procedura rapida di risarcimento) hanno determinato
un rilevante e complessivo mutamento della situazione normativa.
E’ stato segnalato, infatti, che mentre nel sistema previgente il danneggiato poteva,
osservando le formalità di legge previste per la richiesta di risarcimento, accedere alla
procedura rapida di risarcimento ma l’inosservanza dei requisiti richiesti dalla predetta
legge per la formulazione della richiesta non incideva sull’azionabilità della pretesa
risarcitoria in sede giudiziale, che era vincolata unicamente al decorso dello spatium
deliberandi dall’invio della raccomandata prevista dall’art. 22 della legge n. 990/69,
l’attuale normativa ha invece convertito in obbligo di legge per la proponibilità
dell’azione giudiziale di risarcimento ciò che prima era un semplice onere, che valeva
solamente a rendere operante la procedura rapida di risarcimento.
14
ROSSETTI, commento all’art.140 d.lgs.209/2005 in “Le assicurazioni”, a cura di Antonio La Torre, §
185, pag.832.
13
Pertanto, al fine di azionare la procedura di risarcimento del danno, l’attore deve ora
inviare all’assicuratore una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno con l’indicazione
dei requisiti richiesti dall’art. 148.
Prima, invece, per proporre l’azione giudiziale, era sufficiente l’invio della raccomandata
e l’osservanza dello spatium deliberandi in ossequio a quanto previsto dall’art. 22 della
legge n. 990/69, che subordinava appunto l’esercizio dell’azione giudiziale solo a tali
condizioni (configuranti condizioni di proponibilità dell’azione giudiziale).
E’ stato pertanto ritenuto che nella situazione conseguente all’emanazione delle norme
contenute nel Codice delle assicurazioni le condizioni di proponibilità dell’azione
giudiziale siano divenute più penetranti ed onerose, perché, oltre alla lettera di richiesta e
all’osservanza dello spatium deliberandi, si richiedono ora anche la trasmissione per
iscritto all’impresa assicuratrice di tutti gli altri elementi indicati nell’art 148, in
mancanza dei quali l’azione giudiziale diventa improponibile: e ciò in dipendenza del
disposto dell’art. 145, che subordina la proponibilità dell’azione di risarcimento all’invio
della lettera di richiesta ed al decorrere dello spatium deliberandi, “...avendo osservate le
modalità ed i contenuti previsti dall’art.148” i cui requisiti sarebbero così richiamati per
relationem.
L’orientamento iniziale della giurisprudenza (per vero, al momento ancora assai esigua)
sembra improntato a un atteggiamento assai rigoroso e restrittivo, volto a sanzionare con
la bolla di improponibilità l’azione esercitata senza una
preventiva richiesta
stragiudiziale perfettamente conforme ai requisiti prescritti dall’art.148 del Codice.
Lo sforzo motivazionale più accurato tra le primissime decisioni si rinviene in una
pronuncia del Tribunale di Torino (del 17.10.2007) in cui viene affermato che le
omissioni riscontrate nella richiesta stragiudiziale costituiscono carenze di un atto
formale tipico, contemplato dall’ordinamento quale condizione di proponibilità della
domanda, ed in quanto tale sottratto alla disciplina di cui al 2° e 3° comma dell’art.156
c.p.c. (relativa all’idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo sia quale parametro di
commisurazione della validità, sia quale causa di sanatoria degli atti), riguardante i soli
atti processuali.
Tale interpretazione non sembra peraltro pienamente condivisibile.
Da un lato, occorre pur sempre considerare che la richiesta di risarcimento non è mai
stata ritenuta un atto negoziale, ma semmai un atto giuridico in senso stretto, soggetto
alle regole dettate per i contratti solo attraverso la “passerella” di cui all’art.1324 c.c.
(Cass.15.5.1980 n.3206; Cass.9.2.2000 n.1444).
In secondo luogo, il canone dell’interpretazione teleologica delle disposizioni normative
costituisce un principio generale dell’ordinamento valido anche nell’ambito del diritto
civile (cfr ad esempio art.1367, 1424, 1432 c.c.).
In terzo luogo, occorre tener ben presente che si verte proprio in tema di disposizioni
dettate dal Legislatore per regolare lo svolgimento di un vero e proprio procedimento
pre-giurisdizionale, volto a far conseguire in via stragiudiziale il risarcimento del danno
coperto dalla legge sull’assicurazione obbligatoria, sicché la presenza di un complesso
sequenziale di atti preordinati ad un risultato finale (la definizione stragiudiziale della
potenziale controversia o quantomeno la formulazione di una congrua offerta risarcitoria)
suggerisce la plausibilità del ricorso alla regola generale della ricerca della funzione
sistematica dell’atto, che trova la sua più completa trasposizione normativa nelle regole
processuali dell’art.156 c.p.c.
Non potrebbe ritenersi per tal via nullo o inefficace un atto inserito in una sequenza
procedimentale che, pur essendo difforme dal modello normativo, risulti comunque
idoneo al conseguimento del suo scopo oppure nel caso in cui lo scopo perseguito dalla
norma sia stato comunque conseguito.
14
La giurisprudenza di legittimità, per esempio, non ha mai dubitato che l’avviso di
ricevimento, pur prescritto anche dal vecchio art.22, fosse surrogabile dalla prova
aliunde fornita o dal carattere pacifico del ricevimento della lettera raccomandata15.
Inoltre va rammentato che il criterio del conseguimento dello scopo è stato tenuto
presente dalla giurisprudenza con riferimento alla surrogabilità di requisiti formali
prescritti dalla legge con riferimento a procedimenti di carattere stragiudiziale (in
materia di procedimento disciplinare nei confronti di notai o avvocati16, in materia di
procedimento disciplinare contro il lavoratore subordinato o il pubblico dipendente 17, in
materia di procedimento tributario18, in materia di procedimento di convocazione
dell’assemblea di condominio19).
D’altro canto, apparirebbe invero paradossale che una normativa volta (ex art.4, lettera b)
della legge delega 229 del 2003) alla “tutela dei consumatori e, in generale, dei
contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali,
nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del
contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del
processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio”,
possa condurre, per effetto di un eccessivo rigore formalistico, alla sanzione di
improponibilità di azioni conseguenti a richieste risarcitorie non formulate nel rispetto dei
requisiti di contenuto astrattamente previsti e tuttavia perfettamente idonee a raggiungere
il loro scopo, che è pur sempre quello di consentire all’impresa interessata di valutare la
richiesta e di pronunciarsi in merito.
15
Ad esempio:
• “In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione
dei veicoli a motore e dei natanti, l’onere imposto al danneggiato dall’art. 22 della l. 24
dicembre 1969 n. 990, anche quando l’azione sia proposta soltanto contro il responsabile
civile, di richiedere il risarcimento all’assicuratore almeno sessanta giorni prima di proporre
la relativa azione giudiziaria può essere assolto anche con mezzi diversi dalla raccomandata
con avviso di ricevimento prevista dalla citata norma, purché sia raggiunta la certezza che la
richiesta sia pervenuta all’assicuratore nel termine suddetto e pertanto, qualora la richiesta
all’assicuratore sia stata rivolta con raccomandata semplice, spetta al danneggiato la prova,
con ogni mezzo e quindi anche con presunzioni rispondenti ai requisiti prescritti dagli art. 2727
e ss. c.c., che la richiesta sia pervenuta all’assicuratore nel termine di sessanta giorni prima
della domanda.”(Cassazione civile, sez. I, 19 maggio 1983, n. 3455);
• “In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione
di veicoli a motore, l’onere imposto al danneggiato dall’art. 22 l. 24 dicembre 1969 n. 990
della preventiva richiesta di risarcimento all’assicuratore non è rigidamente vincolato circa la
comunicazione di siffatta richiesta alla forma normativamente prevista, essendo ammissibili
atti equipollenti idonei al soddisfacimento dello scopo perseguito dalla norma citata di evitare
premature e dispendiose domande giudiziali, come quando sia intercorsa corrispondenza fra le
parti o siano state condotte trattative per la liquidazione del danno e risulti rispettato il termine
di sessanta giorni per la proposizione della domanda previsto dal citato articolo.”(Cassazione
civile, sez. III, 25 gennaio 1995, n. 844; cfr inoltre Cass. 4.2.1987 n.1060; Cass.16.10.1986
n.6068; Cass.8.8.1978, n. 3855).
16
Cfr Cassazione civile, sez. III, 22 maggio 2006, n. 11938; Cassazione civile, sez. un., 23 dicembre 2004,
n. 23832; Cassazione civile, sez. un., 25 maggio 2001, n. 218; Cassazione civile, sez. III, 4 novembre 1997,
n. 10800.
17
Cassazione civile, sez. lav., 23 agosto 2006, n. 18377;Cassazione civile, sez. lav., 30 marzo
2006, n.
7546; Cassazione civile, sez. lav., 13 aprile 2005, n. 7601; Cassazione civile, sez. lav., 18 giugno 2002, n.
8853; Cassazione civile, sez. lav., 28 marzo 1996, n. 2791;
18
Cassazione civile, sez. un., 5 ottobre 2004, n. 19854; Cassazione civile, sez. trib., 12 aprile 2005, n. 7498.
19
Cassazione civile, sez. II, 3 febbraio 1999, n. 875; Cassazione civile, sez. II, 28 gennaio 1995, n. 1033.
15
Una parte della dottrina20, che sembra meritevole di consenso, ritiene che occorra
semplicemente verificare se il contenuto della lettera di richiesta contenga gli elementi
indispensabili per consentire all’assicuratore, mediante l’impiego della debita diligenza
professionale, una adeguata valutazione della pretesa risarcitoria con essa avanzata21.
Alla linea di pensiero così raccomandata in tema di necessità di applicazione del criterio
teleologico, sembra aderire una recente e pregevole pronuncia del Tribunale di
Torino22, secondo la quale:
“L’onere di invio della richiesta risarcitoria, a pena di improponibilità, secondo le
modalità e con i contenuti contemplati dall’art. 148 Cod.Ass., prima di instaurare il
giudizio, a cui è assoggettato il danneggiato che intenda agire ex art. 144 Cod.Ass nei
confronti della compagnia assicuratrice è da ritenersi costituzionalmente legittimo nella
misura in cui non generi una vera e propria preclusione assoluta alla tutela
giurisdizionale ma miri a far espletare adempimenti preliminari, giustificati e necessari
in quanto finalizzati alla corretta sequenza degli atti del procedimento risarcitorio.”
In presenza di una richiesta incompleta, dalla data della ricezione scatta per la
compagnia assicuratrice l’obbligo, ex art. 148, quinto comma, Cod.Ass. di richiedere al
danneggiato le necessarie integrazioni al fine di poter istruire la pratica liquidatoria e
quindi formulare una congrua e motivata offerta risarcitoria entro i termini di legge
oppure di comunicare i motivi per cui non ritiene di formulare offerta.”
In base ai criteri interpretativi letterale e teleologico, la scansione delle varie fasi del
procedimento e i distinti obblighi gravanti sul danneggiato e sull’assicuratore non sono
fine a sé stessi, ma preordinati a consentire all’assicuratore di acquisire le informazioni
tecniche utili e necessarie per valutare se ed in che misura formulare un’offerta nonché
a garantire il danneggiato contro comportamenti dilatori da parte dell’assicuratore.
20
In tal senso anche ROSSETTI, “L’assicurazione r.c.a. nel codice delle assicurazioni”, cit, pag.70-71, che
per la valutazione della procedibilità della domanda si orienta alla stregua del ragionevole criterio della
sufficienza degli elementi contenuti nella richiesta, con l’uso della ordinaria diligenza, per l’accertamento
della responsabilità e la stima del danno.
21
Per esempio:
• l’indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento non pare un requisito
indispensabile se nel contesto della richiesta siano stati forniti tutti i dati personali degli
interessati, da cui sia possibile desumere con la procedura automatica facilmente disponibile
l’elaborazione dei rispettivi codici;
• a maggior ragione – e tale assunto è stato poco persuasivamente negato in giurisprudenza – la
mancata indicazione del codice fiscale non rileva se l’impresa assicuratrice ritiene di non voler
formulare un’offerta risarcitoria, neppur minima, per non essere a suo giudizio impegnata,
neppure in parte, la responsabilità dell’assicurato;
• quanto all’indicazione del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono
disponibili per l’ispezione diretta ad accertare l’entità del danno, poiché al proposito è ancora
vigente l’art.9 del d.p.r. n.45 del 16.1.1981 che presuppone la persistente esistenza e
disponibilità delle cose medesime in capo al richiedente, il requisito è ben surrogabile
dall’indicazione delle ragioni che determinano l’impossibilità dell’esame;
• le indicazioni relative al reddito del danneggiato sono del tutto inutili se il danneggiato non
richiede il risarcimento di voci di danno patrimoniale (per inabilità temporanea o permanente);
• l’attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione, con o senza postumi permanenti, non
sembra indispensabile nei casi in cui la stabilizzazione dei postumi non sia ancora avvenuta (il
che può verificarsi a distanza anche di anni), ovvero nell’ipotesi di un modesto danno alla
persona di carattere temporaneo in cui la guarigione risulti implicitamente dalla durata della
prognosi formulata senza ulteriori indicazioni;
• l’utilizzo per la denuncia di sinistro del modulo ministeriale non sembra una forma
insuscettibile di equipollenti nel caso in cui il richiedente fornisca tutti gli elementi necessari
per l’identificazione dei veicoli e dei soggetti coinvolti dei rispettivi rapporti assicurativi e per
la ricostruzione delle modalità dell’incidente.
22
Trib.Torino, 4° sezione civile, sentenza 9.4.2008, Giudice Unico Salvetti, Gramaglia/Cattolica e Anzi.
16
Pertanto allorché l’impresa assicuratrice comunichi al danneggiato di non poter
formulare offerta alcuna in quanto non ritiene il proprio assicurato responsabile
dell’incidente, la mancata comunicazione dei dati richiesti dall’art. 148 Cod.Ass. non
riveste rilevanza e va ritenuto concluso il procedimento stragiudiziale risarcitorio ed
esaurito lo “spatium deliberandi” assegnato all’assicuratore, con pieno ricupero da
parte del danneggiato del suo diritto soggettivo ad adire l’Autorità Giudiziaria per il
risarcimento dei danni, tenuto anche conto dei principii costituzionali della parità delle
parti nel giusto processo, dell’inviolabilità del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost.
e del canone di buona fede.”
L’applicabilità delle disposizioni di cui all’art.148 ai sinistri occorsi in data anteriore al 1°
gennaio 2006 appare piuttosto controversa.
Una parte della giurisprudenza ha infatti osservato che la vecchia normativa di cui
all’art.22 della legge 990 del 1969 è stata abrogata e che quando il Legislatore ha inteso
prevedere un diverso ambito temporale di applicazione delle norme (come ad esempio
nel Regolamento di attuazione del sistema dell’indennizzo diretto, nel quale
l’applicazione è stata limitata ai sinistri successivi al febbraio 2007) lo ha fatto
espressamente.
E’ pertanto certamente sostenibile la tesi secondo cui il sistema del Codice delle
assicurazioni, e con esso gli articoli 145 e 148, si applica anche ai sinistri occorsi in data
anteriore alla sua entrata in vigore, ma non pare assolutamente da condividersi l’opinione
di quella giurisprudenza che ritiene che le prescrizioni di maggior dettaglio imposte dalla
nuova normativa si applicherebbero anche alle richieste di risarcimento avanzate prima
della data di entrata in vigore del Codice, non seguite dalla instaurazione del giudizio
prima del 1°.1.2006, sulla base del dubbio principio che la condizione di proponibilità
dovrebbe essere valutata in base alla legge processuale vigente al momento
dell’introduzione del giudizio.
Appare invece altamente raccomandabile l’opposta interpretazione, che considera come
ormai verificata la condizione di proponibilità della domanda giudiziale per effetto della
richiesta ritualmente formulata nel rispetto della legge in vigore al momento della sua
proposizione; decorsi i sessanta giorni dalla proposizione di una valida richiesta ex art.22
della legge 990 del 1969, la domanda giudiziale è divenuta per ciò solo proponibile e sul
diritto ormai consolidato all’azione giudiziale non può esercitare alcun ostacolo
l’intervenuta riforma legislativa.
Ciò discende dalla piana applicazione dei principi in materia di successione delle leggi
nel tempo, anche a non voler considerare la doverosa cautela interpretativa che consiglia
di non estendere le disposizioni eccezionali che incidono negativamente sul diritto
costituzionalmente tutelato all’azione giurisdizionale a tutela dei diritti soggettivi.
8. La ratio della norma.
La ratio della norma può essere facilmente individuata nell’intento di garantire in ogni
caso al trasportato danneggiato il pagamento dell’indennizzo
posto a carico
dell’assicuratore del soggetto più esposto, ossia del vettore (gravato dalle responsabilità
presuntive scaturenti dal 1° e dal 2° comma dell’art.2054 c.c., nonché da quella
scaturente da un eventuale rapporto contrattuale di trasporto e potenzialmente coinvolto
per l’intero dal meccanismo di solidarietà passiva apprestato dall’art.2055 c.c.),
risparmiando alla vittima trasportata la prospettiva penalizzante del coinvolgimento nelle
dispute circa l’effettiva distribuzione delle responsabilità fra i conducenti dei veicoli
coinvolti, che dal suo angolo visuale si rivelano spesso sterili, giacché è sufficiente il
parziale coinvolgimento della responsabilità dei conducenti dei veicoli venuti a collisione
per innescare il meccanismo di solidarietà passiva previsto dalla legge.
17
Pertanto, in buona sintesi, la legge impone al terzo trasportato danneggiato l’esercizio
dell’azione diretta nei confronti dell’impresa del vettore, garantendogli importanti
agevolazioni sul piano probatorio e mira così a rinviare, almeno di regola, le discussioni
circa l’effettiva distribuzione delle responsabilità tra i conducenti dei veicoli venuti a
collisione alla successiva sede dell’azione di regresso esperita dall’assicurazione del
vettore nei confronti dell’assicuratore del responsabile.
9. L’intervento della impresa assicurativa del responsabile.
La seconda parte del terzo comma dell’art.141 disciplina la facoltà di intervento
dell’impresa assicurativa del responsabile civile (ossia del proprietario del veicolo
antagonista ovvero di uno dei veicoli antagonisti) con un meccanismo del tutto analogo a
quello previsto anche dall’art.149, 6° comma, del Codice delle assicurazioni per la
procedura di risarcimento diretto.
La ratio della disposizione è evidentemente quella di permettere al soggetto sul quale in
tutto o in parte dovrà ricadere la responsabilità risarcitoria di intervenire nel giudizio per
la definizione del quantum debeatur, semplificando la vertenza, con effetto di economia
processuale, in modo da evitare il successivo giudizio di rivalsa promosso nei suoi
riguardi dell’assicurazione del vettore.
Il terzo comma dell’art.141 contiene un riferimento del tutto improprio, che non è
sfuggito a pesanti censure sul piano della correttezza terminologica, alla facoltà di
estromissione dell’impresa del vettore, apparentemente attribuita all’impresa
interveniente (“può estromettere l’impresa di assicurazione del veicolo”).
Si impone, ovviamente, una interpretazione adeguatrice di siffatta locuzione al dettato
costituzionale e al complessivo ordinamento processuale, che riconosca
conseguentemente il potere di pronunciare l’estromissione in capo al Giudice della
controversia, sia pur qualificandone l’esercizio in termini di “atto dovuto”, una volta che
sia stata accertata la sussistenza di tutti gli elementi della fattispecie normativa (ossia che
sia stata esercitata l’azione diretta ex art.141, che sia intervenuta in causa validamente e
regolarmente l’impresa del responsabile civile, che vi sia stato il prescritto
riconoscimento, che non sussista un apprezzabile interesse a partecipare al giudizio in
capo all’impresa originariamente convenuta che abbia eventualmente formulato
opposizione alla propria estromissione…..).
Non è chiarissimo se il richiesto riconoscimento della responsabilità del proprio
assicurato, richiesto dall’ultima parte del terzo comma, costituisca un presupposto della
sola estromissione dell’impresa assicuratrice del vettore o anche dello stesso intervento.
La prima soluzione sembra riferibile, sia sotto il profilo letterale (in considerazione della
ripetizione del verbo “può”, prima del verbo “intervenire” e prima del verbo
“estromettere”), sia sotto il profilo sistematico, in considerazione dell’indubbio interesse
che può nutrire l’impresa del potenziale responsabile a partecipare al giudizio sul
quantum, rinviando al successivo giudizio di rivalsa le discussioni circa l’an debeatur.
In conseguenza, sembra preferibile la tesi che l’assicuratore del veicolo antagonista possa
intervenire anche senza riconoscere la responsabilità del proprio assicurato, adempimento
questo richiesto solo ai fini della successiva estromissione dell’assicuratore del vettore.
La conclusione sembra avvalorata anche dalla mancata previsione della possibilità di un
riconoscimento parziale, il che è perfettamente logico se il riconoscimento è funzionale
alla sola estromissione; la disposizione non sarebbe affatto logica, invece, se il
riconoscimento costituisse il presupposto processuale dello stesso intervento (perché
anche in caso di responsabilità concorsuale l’impresa del corresponsabile avrebbe
interesse apprezzabile alla discussione del quantum).
10. La disciplina intertemporale.
18
In dottrina è stata sostenuta l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art.141 Codice
delle assicurazioni anche ai sinistri occorsi in data anteriore al 1° gennaio 200623 .
I tasselli del ragionamento sono i seguenti:
• il Codice delle assicurazioni non contiene alcuna norma transitoria al
proposito;
• l’art.141 è entrato in vigore il 1° gennaio 2006;
• la disciplina introdotta ha rilevanza processuale, in quanto stabilisce il
soggetto passivamente legittimato rispetto alla pretesa risarcitoria,
regolando la specifica azione diretta;
• conseguentemente la nuova disciplina sarà applicabile anche alle azioni
introdotte dopo il 1° gennaio 2006, ancorchè riferite a sinistri occorsi in
data anteriore;
• potrebbe anche aggiungersi che la vecchia normativa è stata abrogata e
porrsi in risalto il fatto che il Legislatore è intervenuto espressamente
quando ha inteso prevedere un diverso ambito temporale di applicazione
delle norme (come ad esempio nel Regolamento di attuazione del sistema
dell’indennizzo diretto, nel quale l’applicazione è stata limitata ai sinistri
successivi al febbraio 2007).
La tesi proposta merita consenso, anche se rende necessaria una importante precisazione,
perché il mero riferimento alla natura processuale delle disposizioni e alla mancanza di
una norma transitoria, potrebbe far pensare (e temere) che la nuova disciplina si applichi
anche ai giudizi in corso, con un inaccettabile sconvolgimento delle controversie radicate
sulla base di differenti presupposti, scenari e possibilità assertive e probatorie.
La soluzione più logica e sensata é che le disposizioni dell’art.141 si applicano anche ai
sinistri occorsi prima del 1° gennaio 2006, ma per i quali a tale data non era ancora stato
radicato il giudizio, e non si applica invece alle cause già in corso alla data di entrata in
vigore del Codice.
23
ROSSETTI, op. da ultimo cit, 81. Un recente riscontro giurisprudenziale è stato fornito dal Tribunale di
Napoli con sentenza 13.11.2007, reperibile nella Banca dati Juris Data, secondo :
“La norma invocata dall’attore a fondamento della propria domanda risarcitoria deve essere ritenuta
applicabile alla fattispecie trattandosi di una domanda proposta successivamente alla data del gennaio 2006
prevista per l’entrata in vigore della richiamata normativa.
D.lgs. n. 209/05 ha espressamente disposto, con effetto dal 1 gennaio 2006, l’abrogazione integrale della L.
990/69 creando con ciò una situazione di vuoto normativo in relazione a quei sinistri per i quali, essendosi
essi verificati anteriormente alla data di entrata in vigore del Codice delle Assicurazioni, la domanda in
giudizio sia stata invece proposta solo successivamente al 1 gennaio 2006.
In relazione a tali sinistri deve essere esclusa la possibilità di applicare una norma che al momento di
proposizione della domanda era stata espressamente abrogata per cui la fattispecie deve ritenersi soggetta
all’applicazione della sola disciplina vigente a tale momento cioè di quella dettata dal combinato disposto
degli artt. 141 - 145 - 148 del D.lgs. n. 209/05 in base alla quale l’azione per i danni subiti dal trasportato
deve essere proposta nei confronti del solo assicuratore del veicolo su cui egli era trasportato al momento
del sinistro.
Ragionando diversamente ed esclusa la possibilità di applicare in giudizio una norma espressamente
abrogata al momento della proposizione della domanda si dovrebbe ritenere che la posizione del
trasportato, per i sinistri verificatisi prima del 1° gennaio 2006 e per i quali il giudizio sia stato introdotto
solo successivamente alla entrata in vigore del D.lgs. n. 209/05, rimanga priva di tutela giuridica.
Non essendo possibile pervenire ad una simile aberrante conclusione non resta altra alternativa che
applicare l’unica normativa vigente al momento della proposizione della domanda in giudizio cioè quella
prevista dal combinato disposto degli artt. 141 - 145 - 148 del D.lgs. n. 209/05.
Del resto la limitazione di applicabilità della nuova normativa ai soli sinistri successivi al 1° febbraio 2007
si riferisce esclusivamente alla diversa procedura del ed. indennizzo diretto prevista dagli art. 149 e 150 del
D.lgs. n. 209/05, l’unica per la quale il Legislatore abbia operato una espressa distinzione dei sinistri sotto il
profilo temporale.”
19
La chiave di volta per accedere a tale soluzione può essere presumibilmente rinvenuta in
quell’orientamento giurisprudenziale che si è andato consolidando con riferimento alle
disposizioni processuali di cui alla legge n.102 del 2006, per sostenerne la non
applicabilità ai giudizi in corso alla data della sua entrata in vigore, basandosi fra l’altro
su una valorizzazione del principio di cui all’art.5 c.p.c.24; in alternativa è possibile
distinguere nell’ambito dell’art.141 le disposizioni di carattere sostanziale (quale quella
inerente il regime di responsabilità no fault) non applicabili ai giudizi in corso.
In conclusione, anche sulla scorta di quanto esposto nel precedente § 7, con riferimento
alla disciplina intertemporale della condizione di proponibilità, l’art.141 e la relativa
disciplina si applica anche ai sinistri verificatisi prima del 1° gennaio 2006 per cui a tale
data non fosse ancora stata proposta la domanda giudiziale, dovendosi peraltro ritenere
proponibili le domande giudiziali che siano state precedute da richieste di risarcimento
inviate nel rispetto dei meno severi requisiti previsti dall’art.22 della legge 24.12.1969
n.990 prima dell’entrata in vigore del Codice delle assicurazioni.
11. Il caso del proprietario trasportato.
Una fattispecie del tutto peculiare ( ma per nulla infrequente nella pratica, soprattutto con
riferimento all’ambito familiare) è quella in cui il trasportato danneggiato nel sinistro sia
anche il proprietario ( o comproprietario) del veicolo sul quale si trovava a viaggiare.
I problemi da affrontare sono essenzialmente due:
• se il danno subito da costui sia o meno risarcibile;
• se il risarcimento debba essere richiesto con l’azione diretta nei confronti
della Compagnia assicuratrice del veicolo di sua proprietà sul quale si
trovava a viaggiare come trasportato.
Quanto al primo interrogativo la soluzione negativa viene argomentata con riferimento
all’estinzione per confusione ex art.1253 c.c. dell’obbligazione risarcitoria, giacché il
proprietario trasportato si troverebbe a cumulare le vesti di creditore-danneggiato e di
debitore-responsabile ex art.2054 c.c.; sembra essersi uniformata al principio
recentemente la Corte di Cassazione con la sentenza 18.1.2006 n.834, negando, sia pur in
parte, con riferimento alla corresponsabilità presunta del proprio conducente, il diritto al
risarcimento al proprietario trasportato.25
La critica di tale orientamento viene basata in dottrina26 sulla base del diritto comunitario,
dal momento che la Corte di Giustizia, sez.I°, in data 30.6.2005, causa 537/03, ha ritenuto
che le norme di diritto nazionale degli Stati membri, pur libere di disciplinare la materia
della responsabilità del proprietario e del conducente, non possono avere l’effetto di
svuotare il principio di diritto comunitario che intende assicurare comunque il
risarcimento del danno alla vittima di un sinistro stradale, fra le quali deve essere
24
Cfr Corte Appello Torino 19.5.2006, secondo cui “L’art. 3 l. n. 102 del 2006, secondo il quale le cause
relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni conseguenti ad incidenti stradali sono sottoposte al rito
del lavoro, non si applica ai processi pendenti al momento della sua entrata in vigore.”, pubblicata su Giur.
it. 2007, 3, 688 con commento favorevole di CAPONI.
25
“La presunzione di colpa prevista dall’art. 2054 c.c. si applica anche in favore delle persone trasportate
che legittimamente possono proporre azione diretta di risarcimento contro la compagnia assicuratrice del
veicolo antagonista della vettura su cui erano trasportati. Nel caso in cui, come nella fattispecie, il
trasportato sia anche il proprietario dell’autovettura su cui viaggiava, a lui si applica la presunzione di
concorso di colpa previsto dall’art. 2054 comma 2 presunzione che può essere superata solo fornendo la
prova liberatoria consistente nella dimostrazione che il conducente del mezzo su cui viaggiava il
danneggiato-proprietario si era uniformato alle norme sulla circolazione stradale e a quelle di comune
prudenza.”
26
ROSSETTI, op. da ultimo cit.,64.
20
catalogato anche il proprietario trasportato che versa in posizione del tutto assimilabile a
quella di qualsiasi altro passeggero27.
Detto ciò quanto al primo problema, la risposta al secondo implica l’analisi della norma
di cui all’art.141; la soluzione negativa potrebbe essere basata su di una lettura restrittiva
della locuzione “terzo trasportato”, tale da non ricomprendere nell’ipotesi in esame anche
il proprietario/comproprietario del veicolo.
La soluzione alternativa appare tuttavia più corretta, una volta che si parta dalla nozione
comunitaria del concetto di trasportato (nella quale non rientra, come si è detto, il solo
conducente) e che si presupponga , come sopra argomentato, il diritto al risarcimento del
danno patito dal trasportato-proprietario; una volta assodato tale principio non
sussisterebbe invero alcuna ragione per differenziare lo strumento di tutela processuale
dell’identico diritto sostanziale.
12. L’azione risarcitoria promossa dai soggetti danneggiati in via indiretta e
consequenziale per effetto delle lesioni o della morte del terzo trasportato.
Un problema non facile da risolvere è rappresentato dalla riferibilità dell’azione diretta
disciplinata dall’art.141 Codice delle assicurazioni alle pretese risarcitorie dei soggetti
27
“27. Gli Stati membri devono esercitare le proprie competenze nel rispetto del diritto comunitario e,
segnatamente, dell’art. 3, n. 1, della prima direttiva, dell’art. 2, n. 1, della seconda direttiva e dell’art. 1
della terza direttiva, il cui obiettivo consiste nel garantire che l’assicurazione obbligatoria per gli
autoveicoli consenta obbligatoriamente a tutti i passeggeri vittime di un incidente causato dal veicolo di
essere risarciti dei danni dai medesimi subiti.
28. Le disposizioni nazionali che disciplinano il risarcimento dei sinistri conseguenti alla circolazione dei
veicoli, pertanto, non possono privare le dette disposizioni del loro effetto utile.
29. Ciò si verificherebbe, segnatamente, se una normativa nazionale, definita in base a criteri generali ed
astratti, negasse al passeggero il diritto al risarcimento da parte dell’assicurazione obbligatoria per gli
autoveicoli, ovvero limitasse tale diritto in misura sproporzionata, esclusivamente sulla base della
corresponsabilità del passeggero stesso nella realizzazione del danno.
30. Solo al verificarsi di circostanze eccezionali, in base ad una valutazione caso per caso, l’ampiezza del
risarcimento della vittima può essere limitata.
31. Nel contesto della valutazione della sussistenza di tali circostanze e del carattere di proporzionalità del
limite al risarcimento, la cui competenza spetta al giudice nazionale, è irrilevante il fatto che il passeggero
interessato sia il proprietario del veicolo il conducente del quale abbia causato l’incidente.
32. Infatti, nel prevedere che l’assicurazione della responsabilità civile relativa alla circolazione degli
autoveicoli copre la responsabilità per i danni alla persona di tutti i passeggeri, ad eccezione del
conducente, l’art. 1 della terza direttiva si limita a fissare una distinzione tra il detto conducente e gli altri
passeggeri.
33. Inoltre, gli obiettivi di tutela ricordati ai punti 18-20 della presente sentenza impongono che la posizione
giuridica del proprietario del veicolo che si trovava a bordo del medesimo al momento del sinistro, non
come conducente, bensì come passeggero, sia assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima
dell’incidente.
34. Tale interpretazione è avvalorata dall’evoluzione della normativa comunitaria. A termini del settimo
considerando della seconda direttiva, è interesse delle vittime che gli effetti di talune clausole di esclusione
siano limitati alle relazioni tra l’assicuratore ed il responsabile del sinistro. Ai fini di concedere una tutela
analoga a quella degli altri terzi vittime, come emerge dal nono considerando della direttiva medesima,
l’art. 3 di quest’ultima ha esteso il beneficio dell’assicurazione per quanto riguarda i danni alle persone ai
familiari dell’assicurato, del conducente o di qualsiasi altra persona responsabile. L’art. 1 della terza
direttiva accoglie una formulazione ancora più ampia, prevedendo il risarcimento dei danni alla persona a
tutti i passeggeri ad eccezione del conducente. Il proprietario dell’autoveicolo, pertanto, in quanto
passeggero, non è escluso dal beneficio del risarcimento.
35. Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni sollevate vanno risolte nel senso che, in circostanze
come quelle della causa principale, l’art. 2, n. 1, della seconda direttiva e l’art. 1 della terza direttiva ostano
ad una normativa nazionale che consenta di negare ovvero di limitare in misura sproporzionata, in
considerazione della corresponsabilità del passeggero nella causazione del danno subito, il risarcimento a
carico dell’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli. Il fatto che il passeggero interessato sia
proprietario del veicolo il conducente del quale ha causato l’incidente è irrilevante.”
21
che si affermino danneggiati in via diretta e mediata in conseguenza delle lesioni o della
morte del terzo trasportato,
E’ ormai pacifico in giurisprudenza che gli stretti congiunti della vittima primaria (e
financo i soggetti ad essa legati da una stabile relazione affettiva) possono richiedere jure
proprio, quale vittime di rimbalzo del fatto illecito, il risarcimento dei danni patrimoniali
e non patrimoniali patiti nella loro sfera giuridica per effetto della morte del congiunto
ovvero della sua grave menomazione conseguente alle lesioni subite28.
Allo stesso modo è pacifico che anche i creditori, in forza di titolo contrattuale, verso
la vittima del sinistro di una prestazione non surrogabile, come pure i soggetti che
abbiano dovuto erogare, a titolo contrattuale, prestazioni pecuniarie alla vittima del
sinistro in conseguenza delle lesioni subite nell’incidente, possano richiedere jure
proprio il risarcimento29.
Spetta a questi soggetti la titolarità attiva all’esperimento dell’azione di cui all’art.141
Codice delle assicurazioni?30
A rigore parrebbe di no, perché il primo comma sembra riferirsi al solo danno “subito dal
terzo trasportato”, il secondo comma, a sua volta, richiede al terzo trasportato
l’esperimento della procedura stragiudiziale, mentre il terzo comma continua a far
riferimento alla figura del danneggiato (ossia alla c.d. vittima primaria).
E’ peraltro evidente che la soluzione negativa presterebbe il fianco a seri rilievi critici
circa l’evidente discriminazione di trattamento di fattispecie del tutto assimilabili, poiché
la vittima primaria potrebbe agire solo con l’azione diretta ex art.141, fruendo peraltro
del beneficio del sistema no fault sopra descritto, mentre le vittime c.d. secondarie
potrebbero agire con l’azione diretta ex art.144 verso entrambe le compagnie assicuratrici
dei veicoli coinvolti, subendo però il coinvolgimento nelle discussioni giudiziali circa la
distribuzione delle responsabilità.
Il superamento delle perplessità potrebbe essere affidato ad una estensione analogica
della disciplina, che peraltro sembra di assai dubbia ammissibilità ex art.14 disp.prel.c.c.
in considerazione della sua natura apparentemente eccezionale, almeno sotto il profilo
dell’accoglimento di una regola risarcitoria che prescinde dalla colpa.
L’estensione dell’azione diretta ex art.141 alle vittime c.d. secondarie o “di rimbalzo”,
sembra passare quindi attraverso il filtro, meramente ermeneutico, di una interpretazione
estensiva praticata nell’ambito di valenza semantica delle espressioni normative: si tratta
quindi di stabilire se l’espressione “danno subito dal terzo trasportato” possa essere letta
come ricomprensiva anche dei pregiudizi patiti per effetto dei danni subiti dal terzo
trasportato, operazione questa che potrebbe essere in qualche modo agevolata dalla
necessità di rinvenire una lettura costituzionalmente orientata della norma, tale da evitare
una palese discriminazione di trattamento.
E’ il caso di precisare che non vi è dubbio quanto all’ammissibilità dell’azione diretta ex
art.141 allorchè i congiunti della vittima non agiscano jure proprio, ma richiedano jure
successionis il ristoro del danno biologico, morale, esistenziale ovvero “tanatologico”
subito dalla vittima del sinistro.
28
Possono ricordarsi ex multis: Cass.SS.UU.1°.7.2002, n.9556; Cass.31.5.2003 n.8828; Cass.19.8.2003
n.12124; Cass.15.7.2005 n.15019; Cass.15.7.2005 n.15122; Cass.14.2.2006 n.3181; Cass.12.6.2006 n.13546;
Cass.19.1.2007 n.1203; Cass.22.6.2007 n.14581; Cass.27.6.2007 n.14845; Cass.3.4.2008 n.854.
29
Il principio della tutela aquiliana non solo dei diritti assoluti ma anche dei diritti di credito è da tempo
riconosciuto nel nostro ordinamento: cfr Cass.SS.UU 26.1.1971 n.174; Cass. 5.7.1976 n.2489; Cass.4.1.1977
n.22; Cass.29.3.1978 n.1459; Cass. 1°.4.1980 n.2105; Cass. 27.7.1998 n.7337; Caass.14.11.1996 n.9984. Per
tal via è stato quindi ammesso al risarcimento il datore di lavoro che non abbia potuto utilizzare le prestazioni
lavorative del proprio dipendente (Cass.SS.UU.12.11.1988 n.6132), ovvero che abbia dovuto continuare a
retribuirlo durante un periodo di assenza per malattia (Cass.26.8.1985 n.4550; Cass.2.12.1986 n.7117;
Cass.21.10.1991 n.11099; Cass. 25.6.1993 n.7063; Cass.sez.lav.15.9.2003 n.13549).
30
Se lo chiede anche BONA, op.cit, senza offrire però risposte.
22
In tali ipotesi infatti la pretesa ha effettivamente per oggetto i danni subiti dal terzo
trasportato, il cui risarcimento viene chiesto dagli eredi che si affermano succeduti nel
lato attivo del rapporto obbligatorio trasmissibile.
Anche per questa ragione, ossia per evitare la separazione delle azioni spettanti ai
congiunti della vittima allorché agiscano jure proprio e jure hereditatis parrebbe
auspicabile l’operazione interpretativa sopra delineata.
13. L’ipotesi di mancata copertura assicurativa del veicolo del vettore.
Quid juris se il veicolo sul quale viaggiava il trasportato danneggiato non era
assicurato?
• Sicuramente l’azione non è esperibile verso l’impresa assicurativa del
veicolo del vettore, per la semplice ragione che tale soggetto non esiste;
• non pare che possa entrare in gioco il Fondo di Garanzia per le vittime
della strada, se non previa deduzione di una responsabilità propria, anche
solo presuntiva o solidale, del conducente del veicolo del vettore, perché
l’art.283 del Codice grava il Fondo dell’obbligo di risarcire i “danni
causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo
di assicurazione” nel caso in cui “il veicolo o natante non risulti coperto
da assicurazione”;
• l’azione prevista dall’art.287, 3° e 4° comma, nei confronti dell’impresa
designata, in litisconsorzio con il responsabile del danno, presuppone
quindi una responsabilità attribuita al vettore: non è così possibile esperire
l’azione ex art.141 nei confronti dell’impresa designata;
• sarà invece possibile agire nei confronti dell’impresa assicuratrice del
responsabile effettivo, in conformità alla regola generale, che non risulta
non derogata per effetto dell’inoperatività nel caso concreto della regola
particolare.
14. L’ipotesi della circolazione prohibente domino del veicolo del vettore.
Il problema si pone in modo più complesso ed articolato per quanto concerne l’ipotesi
dei danni subiti dal terzo trasportato in caso di circolazione prohibente domino31; anche
se all’argomento della circolazione “prohibente domino” verrà sicuramente dedicato più
approfondito esame nel contesto di altra relazione, appare necessario accennare
sinteticamente ai punti essenziali del problema, per verificarne le conseguenze in tema di
azione del trasportato.
In tale ipotesi la legge (art.122, 3° comma) sancisce l’inefficacia della copertura
assicurativa ed ammette (art.283, 1° comma, lettera d) e art.287) l’azione nei confronti
dell’impresa designata per il Fondo di Garanzia solo a favore del soggetto trasportato
contro la sua volontà ovvero del trasportato inconsapevole della circolazione prohibente
domino (cfr art.283, 2° comma).
E’ opportuno puntualizzare quale era il quadro normativo e giurisprudenziale alla vigilia
dell’entrata in vigore del Codice delle assicurazioni.
31
Prohibente e non meramente invito domino. Infatti: “Per vincere la presunzione di colpa stabilita dall’art.
2054 comma 3 c.c. non è sufficiente dimostrare che la circolazione del veicolo sia avvenuta senza il consenso
del proprietario ( invito domino), ma è necessario che detta circolazione sia avvenuta contro la su volontà
(prohibente domino ), la quale deve estrinsecarsi in un concreto comportamento, specificamente idoneo a
vietare ed impedire la circolazione del veicolo (nella specie la S.C. ha confermato la decisione del giudice
del merito il quale aveva ritenuto inidonea ad integrare la prova liberatoria la condotta del proprietario
consistita nell’affidamento in custodia a terzi del veicolo con avviso al custode di non consegnare ad altri le
chiavi del mezzo).”(Cassazione civile , sez. III, 17 ottobre 1994, n. 8461).
23
Il terzo comma dell’art.2054 c.c., che sancisce a carico del proprietario del veicolo ( o in
sua vece l’usufruttuario o l’acquirente con patto di riservato dominio) la responsabilità,
solidale con quella del conducente, in difetto di prova da parte sua che la circolazione del
mezzo era avvenuta contro la sua volontà, veniva tradizionalmente interpretato in senso
restrittivo, sulla base della distinzione fra i concetti di circolazione “invito domino” e
circolazione “prohibente domino”.
Secondo la giurisprudenza, al fine di integrare la prova liberatoria dalla presunzione di
colpa stabilita dall’art. 2054, 3° comma c.c., non è sufficiente la dimostrazione che la
circolazione del veicolo sia avvenuta senza il consenso del proprietario, ma è al contrario
necessario che detta circolazione sia avvenuta contro la sua volontà, la quale deve
estrinsecarsi in un concreto ed idoneo comportamento ostativo, specificamente inteso a
vietare ed impedire la circolazione del veicolo ed estrinsecatosi in atti e fatti rivelatori
della diligenza e delle cautele allo scopo adottate.32
Pertanto in caso di circolazione avvenuta “invito domino”, ma non “prohibente domin”
nella nozione sopra considerata, la sussistenza della responsabilità solidale del
proprietario a norma dell’art.2054 , 3° comma, c.c., non lasciava dubbi sull’operatività
della copertura assicurativa e sull’esperibilità dell’azione diretta da parte dei terzi
danneggiati - e fra essi del trasportato sul veicolo circolante “invito domino” – nei
confronti dell’impresa assicurativa r.c.a. che copriva la circolazione del veicolo.
La conclusione scaturiva linearmente dall’art.1, 1° e 2° comma, della legge 24.12.1990
del 1969, ed ovviamente non era prevista alcuna rivalsa da parte dell’assicuratore del
veicolo circolante “invito domino”, ma non “prohibente domino”.
In sintesi, il terzo trasportato danneggiato nel sinistro poteva agire:
• con l’azione ex art.2043/2054, 1° comma verso il conducente del veicolo del
quale si trovava a bordo e verso il conducente del veicolo antagonista;
• con l’azione ex art.2054, 3° comma verso il proprietario (ancorché “invito”)
del veicolo del quale si trovava a bordo e verso il proprietario del veicolo
antagonista;
• con l’azione diretta ex art.18 legge 990/1969 verso gli assicuratori r.c.a. del
veicolo di cui si trovava bordo e del veicolo antagonista.
Il quadro di riferimento era più complesso per quel che riguardava la vera e propria
circolazione contro la volontà del proprietario che avesse adottato opportune e idonee
cautele per prevenire la circolazione del mezzo contro la sua volontà (“prohibente
domino”).
In tale fattispecie, come sopra ricordato, la giurisprudenza riteneva integrata la prova
liberatoria incombente al proprietario ai fini del terzo comma dell’art.2054 c.c.; il che
tuttavia non si ripercuoteva automaticamente sulla liberazione del suo assicuratore r.c.a.
alla luce del disposto del terzo comma dell’art.1 della legge 24.12.1990 n.969, così come
modificato dal d.l. 23.12.1976 n.857 nonché dalla legge di conversione 26.2.1977 n.39.
In forza di tale disposizione l’assicurazione risultava comunque efficace, limitatamente
alla garanzia per i danni causati ai terzi non trasportati nonché ai terzi trasportati contro la
loro volontà, anche nel caso di circolazione “prohibente domino”; in tale ipotesi la legge
attribuiva all’assicuratore il diritto di rivalsa verso il conducente.
Occorreva altresì considerare il tenore della Direttiva CE 30.12.1983 n.84/533 che
all’art.2 raccomandava ad ogni Stato membro di prendere le misure necessarie affinché
fosse privata di ogni effetto relativamente all’azione dei terzi vittime di un sinistro.
qualsiasi disposizione legale o clausola contrattuale contenuta in un contratto di
assicurazione r.c.a. che escludesse dall’assicurazione l’utilizzo o la guida di autoveicoli
32
Cass.15.5.2006 n.15521; Cass.1°.4.2005 n.6893; Cass.1°.8.2000 n.10027;Cass.17.10.1994 n.8461.
Seconda direttiva del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in
materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli.
33
24
da parte di persone non aventi l’autorizzazione esplicita o implicita a condurre il
veicolo.
In altri termini, la Direttiva comunitaria pretendeva dagli Stati membri l’operatività della
copertura assicurativa e i benefici dell’azione diretta per i terzi danneggiati anche in caso
di circolazione contro la volontà del proprietario.
Faceva eccezione alla regola l’ipotesi di coloro che spontaneamente avessero preso posto
nel veicolo con la dimostrata consapevolezza che lo stesso era stato rubato al proprietario.
Per vero, mentre la Direttiva autorizzava la neutralizzazione della copertura nel solo caso
di circolazione “prohibente domino” costituente altresì reato34 nei confronti dei terzi
trasportati volontariamente sul veicolo e consapevoli della sua provenienza furtiva , l’art.
1, 3° comma, della legge 990 del 1969 non rendeva operante la copertura assicurativa e
l’azione diretta:
• anche nei confronti dei terzi trasportati in conformità alla loro volontà e
inconsapevoli della circolazione “prohibente domino”,35 ipotesi questa
nella quale in via interpretativa poteva forse ricavarsi dal sistema, anche
alla luce della Direttiva comunitaria, l’esigenza della consapevolezza della
provenienza furtiva del veicolo,
• e soprattutto nei confronti dei terzi trasportati in conformità alla loro
volontà e consapevoli della circolazione “prohibente domino” in una
ipotesi in cui non fosse configurabile alcun reato.
In sintesi, il terzo trasportato danneggiato nel sinistro in cui era stato coinvolto su veicolo
circolante “ prohibente domino” poteva agire:
• con l’azione ex art.2043/2054, 1° comma, verso il conducente del veicolo
del quale si trovava a bordo e verso il conducente del veicolo antagonista;
• con l’azione ex art.2054, 3° comma, verso il proprietario del veicolo
antagonista ma non verso il proprietario del veicolo del quale si trovava a
bordo;
• con l’azione diretta ex art.18 legge 990/1969 verso l’assicuratore r.c.a. del
veicolo del veicolo antagonista;
• nel caso di veicolo proveniente da reato, con l’azione diretta ex art.18
legge 990/1969 verso l’assicuratore r.c.a. del veicolo sul quale era
trasportato contro la sua volontà ovvero ignorando l’origine di reato della
detenzione del veicolo da parte del conducente;
• nel caso di veicolo non proveniente da reato e cionondimeno circolante
“prohibente domino”, con l’azione diretta ex art.18 legge 990/1969 verso
l’assicuratore r.c.a. del veicolo sul quale era trasportato contro la sua
volontà ovvero ignorando la circostanza della detenzione “prohibente
domino” del veicolo da parte del conducente.
L’art.122 del Codice delle assicurazioni non ripropone il contenuto del sopra menzionato
3° comma dell’art.1 della legge 24.12.1990 n.969, sicché si pone ora il problema di
stabilire se e in quali termini i terzi danneggiati dalla circolazione del veicolo “prohibente
domino” possano esperire azione diretta nei confronti dell’assicuratore r.c.a. di tale
veicolo.
E’ stato invece previsto che a partire dal giorno successivo alla presentazione della
denuncia all’autorità di pubblica sicurezza l’assicurazione non abbia effetto, salvo il
richiamo al disposto dell’art.283 del Codice, che ha introdotto, alla lettera d) del comma
34
Appare logico interpretare estensivamente la nozione di “veicolo rubato” contenuta nel 1° comma, anche
alla luce delle successive indicazioni dello stesso articolo 2, 2° comma , come genericamente proveniente da
reato (rapina, estorsione, appropriazione indebita, peculato…).
35
Si pensi all’ipotesi del soggetto che sia salito spontaneamente sul veicolo rubato, ignorando la circostanza.
25
1°, la copertura da parte del Fondo di Garanzia dei danni cagionati dalla circolazione del
veicolo contro la volontà del proprietario a favore dei terzi non trasportati e dei terzi
trasportati contro la loro volontà ovvero inconsapevoli della circolazione illegale, sia per i
danni alla persona, sia per i danni alle cose.
Per quel che concerne la circolazione “invito domino” (ma non “prohibente domino”)
nulla dovrebbe ritenersi mutato rispetto al diritto vivente come sopra descritto.
Per quel che riguarda la circolazione “prohibente domino”, in una ipotesi in cui non sia
configurabile un fatto di reato e l’origine furtiva o comunque criminosa della detenzione
del veicolo in capo al conducente, sono possibili astrattamente tre ipotesi:
a) Poiché il terzo comma dell’art.122 neutralizza l’operatività della copertura, facendo
eccezione al precedente secondo comma e poiché non è stato riprodotto il contenuto del
previgente terzo comma dell’art.1 della legge 990/1969, non è data alcuna azione ai terzi
danneggiati e ai terzi trasportati nei confronti dell’assicuratore r.c.a. del veicolo su cui
viaggiavano, non sussistendo responsabilità ex art.2054 c.c.
Per il combinato disposto dell’art.122, 3° comma, e dell’art.283, 1° comma , lettera d) , e
2° comma, l’azione diretta è concessa nei confronti dell’impresa designata per conto del
Fondo di Garanzia (che dovrebbe quindi rispondere anche in caso di circolazione
“prohibente domino” non configurante reato) a favore dei terzi danneggiati, dei terzi
trasportati contro la loro volontà, nonché dei terzi trasportati inconsapevoli della
circolazione illegale (in questa guisa interpretata come equivalente a circolazione
“prohibente domino”).
b) Il terzo comma dell’art.122 neutralizza la copertura solo a partire dal giorno
successivo alla denuncia all’autorità di pubblica sicurezza, così presupponendo la
commissione di un reato.
Pertanto in difetto di tale denuncia la norma implica la persistente responsabilità
dell’assicuratore r.c.a., anche nei confronti dei terzi trasportati, in forza del secondo
comma dell’art.122, senza alcuna limitazione mentre la copertura da parte del Fondo di
garanzia presuppone la configurabilità di un reato e la presentazione della denuncia, salvi
i limiti ivi previsti.
c) L’art.122 va interpretato alla luce della Seconda Direttiva CE (84/5 del 31.12.1983)
che esige l’inopponibilità al terzo danneggiato di norme di legge o di contratto che
escludano i benefici assicurativi nel caso di circolazione non esplicitamente o
implicitamente autorizzata.
Pertanto nel caso di circolazione “prohibente domino”, non presupponente la
commissione di un preventivo reato contro il patrimonio del proprietario del veicolo,
l’assicuratore del veicolo risponde dei danni subiti dal terzo danneggiato nonché dai
trasportati nolenti o inconsapevoli (così pervenendosi al ripristino in via ermeneutica,
anche per il tramite della 2° Direttiva, del contenuto dell’abrogato terzo comma dell’art.1
della legge 990 del 1969).
In questo modo acquisterebbe un senso la previsione della neutralizzazione della
copertura a partire dal giorno successivo alla denuncia di reato, dal momento che tale
incombente segnerebbe il punto di passaggio dal regime della copertura da parte
dell’assicuratore del veicolo circolante “prohibente domino” a quella da parte del Fondo
di Garanzia.
Allorché la circolazione del veicolo sia avvenuta “prohibente domino” in ipotesi di
commissione di un preventivo reato contro il patrimonio del proprietario del veicolo, per
il combinato disposto degli artt.122 e 283 risponde il Fondo di garanzia nei confronti dei
terzi danneggiati non trasportati e dei terzi trasportati contro la loro volontà ovvero
inconsapevoli.36
36
In questo senso, ROSSETTI, op. da ultimo cit, 45-48, che attraverso un complesso ragionamento
ermeneutico perviene, in sostanza alla conferma del preesistente quadro del diritto vivente per l’ipotesi della
26
Operate tale necessarie premesse, occorre ora stabilire se ed in quali casi al terzo
trasportato sia consentita l’azione ex art.141 Cod. ass. verso la Compagnia del vettore.
A stretto rigore letterale, parrebbe che la norma dell’art.141 non escluda affatto l’azione
diretta verso l’impresa assicurativa del veicolo del vettore.
In tale ipotesi, a differenza di quella di cui alla lettera b) dell’art.283, una impresa
assicurativa del vettore esiste e semplicemente è semmai la copertura a non essere
efficace.
Sulla base delle osservazioni sopra esposte :
• non vi è nessun dubbio circa l’esperibilità dell’azione ex art.141 nei confronti
della compagnia del vettore nell’ipotesi di circolazione del veicolo su cui si
trovava il trasportato che sia avvenuta “ invito domino”, ma non “prohibente
dominio”;
• allorché la circolazione del veicolo su cui si trovava il trasportato sia avvenuta
“prohibente dominio”, senza che il proprietario del veicolo ne abbia perduto il
possesso in conseguenza di un fatto criminoso, la soluzione dipende dalla
lettura più o meno restrittiva dell’art.122 del Codice delle assicurazioni;
secondo una teoria, in tal caso, l’azione dovrebbe essere esperita nei confronti
del Fondo di garanzia e quindi non potrebbe essere ricondotta alla matrice di
cui all’art.141 Cod.ass, e fruire dei relativi benefici probatori (neutralizzazione
delle questioni inerenti la responsabilità del conducente dei veicoli coinvolti
nel sinistro), mentre, secondo altra teoria, nulla sarebbe mutato rispetto al
regime previgente con la conseguente esperibilità dell’azione diretta verso la
compagnia del veicolo sul quale viaggiava il trasportato, presumibilmente
soggetta al regime di cui all’art.141;
• allorché la circolazione del veicolo su cui si trovava il trasportato sia avvenuta
“prohibente dominio” ed il proprietario del veicolo ne abbia perduto il
possesso in conseguenza di un fatto criminoso, non è data azione ai sensi
dell’art.141, non sussistendo copertura efficace, e dovrà essere esperita
l’azione ex artt.283, lettera d) e 287 nei confronti dell’impresa designata per
conto del Fondo di garanzia, spettando tutela peraltro solo al trasportato
inconsapevole o non volontario.
Qualche dubbio sorge per le ipotesi in cui la lettura testuale dell’art.141 porterebbe ad
ammettere l’azione diretta; ciò tuttavia potrebbe condurre a notevoli iniquità allorché il
regresso verso l’assicuratore dell’altro conducente non fosse, in tutto o in parte possibile:
in tale ipotesi, in effetti, l’assicuratore del vettore rischierebbe di dover rifondere danni
che non di sono di sua competenza, senza possibilità, in tutto o in parte, di rivalsa e si
finirebbe con il garantire il risarcimento a soggetti (terzi trasportati consapevoli della
circolazione prohibente domino) a condizioni di favore rispetto alla disciplina ordinaria.
Una lettura sistematica del complesso normativo, opportunamente costituzionalmente
orientata per evitare discriminazioni di trattamento e l’imposizione di sacrifici economici
ingiustificati senza indennizzo, potrebbe quindi indurre a ritenere che l’azione diretta
verso l’impresa del vettore non sia ammissibile ai sensi dell’art.141 in caso di
circolazione prohibente domino.
In tale ipotesi potrà essere esperita l’azione diretta nei confronti dell’impresa assicurativa
dell’altro conducente, ove in tutto o in parte responsabile, ovvero l’azione nei confronti
del Fondo di Garanzia alle condizioni previste nel 1° comma, lettera d) e nel secondo
circolazione “prohibente domino” in difetto di commissione di preventivo reato, sulla base della
valorizzazione delle indicazioni provenienti dal diritto comunitario, e alla restrizione in via interpretativa
della copertura da parte del Fondo di garanzia alla sola ipotesi della circolazione “prohibente domino” che
presupponga la commissione di un preventivo reato.
27
comma dell’art.283, oltre che ovviamente
conducente-vettore responsabile.
l’azione ordinaria nei confronti del
15. Il coordinamento fra gli artt.141 e 144 del Codice: ammissibilità o no dell’azione
diretta verso l’impresa assicurativa del responsabile.
I dubbi interpretativi di maggior rilievo investono il rapporto che intercorre tra l’azione
disciplinata dall’art.141 (azione diretta del trasportato nei confronti dell’impresa
assicuratrice del vettore37) e l’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’impresa
assicuratrice del responsabile civile (con il litisconsorzio necessario del proprietario del
veicolo assicurato) disciplinata in linea generale dall’art.144.
Al riguardo sono circolate due interpretazioni:
• per la prima (più lineare e probabilmente preferibile), l’azione prevista
dall’art.141 esclude l’ammissibilità, salve le eccezioni specificamente previste
dalla norma, dell’azione diretta contro l’impresa assicuratrice di altri soggetti
coinvolti nel sinistro diversi dal vettore;
• per la seconda, l’azione ex art.141 concorre con l’esperibilità dell’azione
diretta generale da parte del trasportato verso l’impresa assicuratrice di ogni
altro responsabile civile.
Gli argomenti a sostegno della prima interpretazione, orientata
ad escludere
l’ammissibilità da parte del trasportato dell’esperimento dell’ordinaria azione diretta
verso altre imprese assicurative diverse da quella del vettore possono essere così
riepilogati:
• l’art.23 della legge 990/1969 é stato abrogato, sicché non può ricavarsi da tale
disposizione (operante come una sorta di “immagine residua”) alcuna matrice
generatrice di una azione diretta del trasportato;
• l’art.141 prevede una disciplina speciale, che deroga ovviamente a quella
generale, regolando il caso specifico del danneggiato trasportato su uno dei
veicoli coinvolti rispetto alla disciplina generale dettata per gli altri soggetti
danneggiati;
• la previsione dell’art.141 non avrebbe indubbiamente molto senso, se
concorresse con la disciplina dell’art.144, poiché anche il vettore sarebbe pur
sempre un responsabile civile aggredibile al pari degli altri conducenti
coinvolti;
• non avrebbe avuto parimenti alcuna funzione la disposizione intesa a
salvaguardare espressamente la possibilità dell’azione diretta nei confronti
della impresa assicuratrice dell’(altro) responsabile civile nella ristretta ipotesi
in cui questa sia obbligata per un massimale superiore al minimo legale a
differenza della impresa assicuratrice del vettore, se tale possibilità pur
sempre scaturisse dalla persistente esperibilità dell’azione ex art.144;
• parimenti risulterebbe superflua la specifica disciplina dell’intervento
dell’impresa del responsabile e dell’estromissione dell’impresa del vettore,
che sarebbe comunque ricavabile dalle regole processuali generali.
La tesi patrocinata è stata approvata in dottrina da chi ha autorevolmente sostenuto:
• sia che la previsione dell’art.141 dell’esercizio dell’azione diretta nei
confronti dell’assicuratore del vettore, in ossequio al principio “inclusio
unius, exclusio alterius”, induce a concludere per la carenza in capo al
trasportato di altre azioni dirette,
37
Con il litisconsorzio necessario del proprietario del veicolo del vettore, ai sensi dell’art.144, 2° comma,
richiamato in quanto compatibile dall’art.141, 3° comma: vedi infra.
28
•
sia che una interpretazione conservativa della previsione della possibilità
di intervento dell’impresa del responsabile civile (volta ad attribuire un
qualche effetto alla norma piuttosto che a considerarla del tutto inutile)
porta ad escludere l’ammissibilità del ricorso all’azione diretta ex art.144
da parte del terzo trasportato38.
Un recente riscontro giurisprudenziale è contenuto nella già citata pronuncia del
Tribunale di Napoli del 13.11.2007 e in due pronunce del Giudice di Pace di
Sant’Anastasia del 28.1.2008 e del 30.1.2008 (reperibili anch’esse nella più aggiornata
versione 4/08 della Banca Dati Juris Data).
16. I dubbi di costituzionalità della soluzione interpretativa adottata.
Sono stati proposti, sotto distinti profili, svariati dubbi di costituzionalità della disciplina
in esame.
Non pare, innanzitutto, che le conclusioni raggiunte possano essere sovvertite per effetto
di una interpretazione costituzionalmente orientata, che è stata proposta con l’intento di
preservare la disciplina del decreto legislativo n.209 del 2005 dal vizio di illegittimità
costituzionale ex art.76 della Costituzione.
A tale risultato certo non si perviene solamente considerando il tenore della lettera b) del
primo comma dell’art.1 della legge delega n.229 del 2003, dal momento che il
Legislatore ha effettivamente perseguito lo scopo di agevolare il conseguimento del
risarcimento da parte del terzo trasportato danneggiato, attribuendo a costui l’azione
diretta nei confronti di una ben precisa impresa assicuratrice e solo residualmente (ove la
circostanza possa riuscir vantaggiosa al trasportato per l’eccedenza di copertura di
massimale) verso altre imprese assicuratrici dei responsabili civili.
Lo svantaggio rappresentato dal disporre di una sola impresa assicuratrice debitrice per
l’importo del massimale minimo di legge (e comunque di un debitore solvibile e garantito
dal Fondo di garanzia) é compensato dall’esonero, proficuamente garantito al terzo
trasportato, dal coinvolgimento nelle discussioni circa la responsabilità della collisione,
che gli evita così di essere implicato in una complessa vicenda in cui i soggetti interessati
al sinistro si palleggiano le responsabilità, sia pure al fine di superare le presunzioni di
legge che su di loro concorsualmente gravano (con l’effetto accessorio, ma
importantissimo, della consequenziale corresponsabilità solidale ex artt.2055 e 1294 c.c.).
La seconda chiave di accesso ad un ribaltamento interpretativo basato su di una lettura
costituzionalmente orientata é stata proposta con riferimento all’art.4 quinquies della
direttiva 2005/14/CE dell’11.5.2005, ai sensi della quale “gli Stati membri provvedono
affinché le persone lese a seguito di un sinistro, causato da un veicolo assicurato, ai
sensi dell’articolo 3 paragrafo 1, della Direttiva 72/166/CEE, possano avvalersi di un
diritto di azione diretta nei confronti dell’impresa che assicura contro la responsabilità
civile la persona responsabile del sinistro.”
Anche se tale Direttiva, in ossequio al principio della sua efficacia verticale e non
orizzontale (ossia nei rapporti interprivati), non é in grado di esercitare un influsso diretto
nel nostro ordinamento, in difetto di idonea trasposizione normativa, bisogna tuttavia
tener presente che la legge delega n.229 del 2003 si prefiggeva fra i criteri direttivi (e
primo fra tutti) quello di adeguare la normativa vigente alle disposizioni comunitarie e
agli accordi internazionali.
38
ROSSETTI, op. da ultimo cit., pag.79 e segg.. laddove persuasivamente si legge “..non è esatto che se il
legislatore ha consentito l’intervento in causa dell’assicuratore dell’antagonista,a fortori egli potrà essere
convenuto direttamente dal trasportato. In realtà è vero il contrario : proprio perché non è consentito al
trasportato convenire in giudizio l’assicuratore dell’antagonista, il legislatore ne ha previsto la possibilità di
intervento, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di previsioni ad hoc: la facoltà di intervenire sarebbe
discesa pianamente dall’art.107 c.p.c.”
29
Si tratterebbe quindi di preservare in via interpretativa il testo del Codice dal vizio di
incostituzionalità per eccesso di delega di cui sarebbe macchiato nell’ipotesi in cui la
disciplina nazionale conseguente non fosse allineata alle norme comunitarie e in
particolare alla richiamata Direttiva.
La tesi non appare però convincente poiché l’obiettivo delle norma comunitaria sopra
citata é semplicemente quello di assicurare una azione diretta contro una impresa
assicurativa esercente la r.c.a. al terzo trasportato e non necessariamente l’azione diretta
contro l’impresa del soggetto che in ultima analisi deve rispondere del danno.
La disciplina illustrata provvede al trasportato danneggiato un assicuratore efficiente e
solvibile e perciò solo anche una “impresa che assicura contro la responsabilità civile
la persona responsabile del sinistro” ed anzi gli semplifica enormemente il compito,
sollevandolo dai conflitti inerenti l’effettiva responsabilità della collisione.
Non vi é quindi alcun contrasto fra la disciplina comunitaria e quella disegnata
dall’art.141, che segna anzi un progresso di efficienza e tutela del terzo trasportato più
incisivamente tutelato rispetto ad un comune terzo.
Il profilo di penalizzazione in precedenza segnalato (possibilità di aggredire con azione
diretta solo il massimale legale di una sola assicurazione r.c.a., oltre che eventualmente
l’extra quota dell’altra assicurazione) non si pone in rotta di collisione con il disposto
della Direttiva e, come si è detto, risulta in qualche modo aggirabile con l’esperimento
delle azioni ordinarie verso proprietario e conducente dell’altro veicolo, onde provocare
la chiamata in causa dell’altro assicuratore.
Non appare certamente persuasivo neppure il dubbio di illegittimità costituzionale
denunciato dal Giudice di Pace di Arezzo con l’ordinanza 5.1.2008 di rimessione alla
Corte Costituzionale dell’art.141 del d.lgs 209 del 7.9.2005 per contrasto con gli artt.3,
24 e 76 Cost., essenzialmente fondata sulla ritenuta penalizzazione sul piano sostanziale
dei diritti risarcitori del terzo trasportato e sull’assunto della sopravvenuta impossibilità
di proposizione delle ordinarie azioni civilistiche nei confronti del conducente autore
dell’illecito o del proprietario del veicolo da questi condotto39.
39
“Prima del D. Lg.vo n. 209/2005 (c.d. “codice delle assicurazioni private”) ed, in particolare, prima
dell’introduzione dell’art. 141 del predetto codice, al terzo trasportato, vittima di sinistro stradale,
competeva il risarcimento del danno dallo stesso subito, secondo le regole proprie della responsabilità civile
contro terzi, valutando, prioritariamente, la dinamica del sinistro stradale. Il c.d. “codice delle
assicurazioni private”, ha invece introdotto, con l’art. 141, un nuovo principio, che ha sovvertito i canoni
tradizionali di ricerca delle responsabilità per colpa (negligenza, imprudenza, imperizia nella conduzione
della vettura), per cui, a prescindere dall’accertamento della(e) responsabilità, e fatto salvo comunque il
caso fortuito, ha stabilito che il terso trasportato ha azione diretta nei soli confronti dell’assicurazione del
vettore. L’innovazione non è di poco conto, dal momento che la tutela del terzo trasportato in un nuovo
sistema di no-fault (letteralmente “niente colpa”), prescinde dall’accertamento dell’illecito colposo da parte
dei conducenti, nel caso di sinistro stradale che coinvolga più vetture, e stabilisce invece una sorta di
“responsabilità oggettiva”, che vincola il trasportato, leso dal sinistro, a ricercare il risarcimento in una
unica direzione, escludendo ogni accertamento su presunte, eventuali, ulteriori o diverse responsabilità. A
tale riguardo, premesso che il risarcimento del danno include anche il c.d. danno morale, va subito
ricordato che la Corte Costituzionale (11.07.2003 n. 233 in “Danno e responsabilità”, 2003, 939) è ferma
nel principio per cui la risarcibilità del danno morale è legata e limitata alla colpa presunta, ma non certo
ad una responsabilità oggettiva.Ma vi è di più. Il D.Lg.vo 7.9.2005 n. 209 – codice delle assicurazioni
private – venne adottato a seguito della Legge Delega n. 229 del 29.7.2003 che, all’art. 4, delegava il
Governo ad adottare, entro un anno dalla sua entrata in vigore, uno o più DD. LLg.vi per il riassetto delle
disposizioni in materia assicurativa, “nel rispetto dei segg. principi e criteri direttivi:
a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie ed agli accordi internazionali;
b) tutela dei consumatori e, in genere, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle
condizioni contrattuali, nonché dell’informativa, preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del
contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione
dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio;
c) omissis.
30
Dal combinato disposto della Legge-delega n. 229/03 e della Legge delegata n. 209/05 emergono alcune
considerazioni.
Non essendo riuscito, il Governo, a rispettare il proprio limite temporale in un anno, tanto che, con L. n. 186
del 27.7.2004 detto limite temporale è slittato a due anni, rimangono palesi dubbi di incostituzionalità delle
norme adottate in data successiva all’anno di delega, per contrasto con l’art. 76 Cost.
Il potere normativo delegato era stato limitato dal Parlamento al Governo ad una funzione di mero riassetto
delle vigenti disposizioni in materia assicurativa, mentre ora l’art. 141 ha determinato una innovazione
sostanziale di ben più vasta portata, abrogando di fatto norme preesistenti, e creando una “responsabilità
oggettiva”, operazione questa da ritenersi sottoposta istituzionalmente alla decisione del Parlamento.
Va ancora osservato che la legge delega n. 229/03 non poteva (e non doveva) entrare nel merito del
risarcimento danni e nella liquidazione del sinistro al terzo trasportato. In verità, con l’art. 4 lett. b) della
predetta legge-delega si indirizzava il Governo a voler rispettare i principi ed i criteri direttivi a tutela del
consumatore e, in genere, dei contraenti più deboli, limitatamente al profilo della trasparenza delle
condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione di un
contratto, avendo riguardo anche al processo di liquidazione dei sinistri. A ben vedere l’art. 141 è andato in
ben altra direzione rispetto ai criteri imposti con legge-delega: consumatore è la persona fisica che acquista
o utilizza beni o servizi per scopi non riferibili all’attività imprenditoriale e/o professionale eventualmente
svolta. Il consumatore va protetto quando diviene contraente, essendo notorio che è il contraente più debole:
contraente potrà essere, in campo assicurativo, chi ha contratto polizza e, come tale, va protetta la sua
posizione. Nel caso che ci riguarda, il terzo trasportato non è contraente e, se deve agire per vedersi
risarcire danni subiti in un sinistro stradale, lo fa in virtù di rapporti extracontrattuali. Egli è infatti un
danneggiato, e non è né contraente, né tanto meno consumatore, bensì controparte rispetto ad altri soggetti,
vettore ed eventualmente terzo conducente di vettura, rispetto ai quali il danneggiato deve ottenere un
risarcimento che esula da ogni accordo contrattuale, essendo conseguenza di fatto illecito. L’art. 141 gli
impone tuttavia un percorso obbligato e la norma ha stravolto i vecchi criteri,
modificando
proceduralmente e sostanzialmente i diritti dei danneggiati, che ora non debbono cercare chi effettivamente
ha compromesso il fatto illecito, così determinando un danno ingiusto, prima risarcibile ex artt. 2043 e
2054 c.c. Altro corollario alla norma summenzionata porta alla amara considerazione che il vero
responsabile del sinistro stradale non viene neppure chiamato in giudizio, né dovrà rispondere, in solido,
con la sua assicurazione, dal momento che l’art. 141, punto 3, prevede che il danneggiato deve proporre
azione diretta nei soli confronti dell’assicurazione del vettore, che poi potrà rivalersi sull’assicurazione del
civile responsabile. Questi, a differenza di quanto avveniva in passato, potrebbe pertanto rimanere sempre
estromesso da ogni controversia, anche sul piano processuale, pur essendo l’artefice ed il responsabile di un
sinistro stradale. Sembra dunque, e non è una assurdità bensì una ovvia considerazione, che la vigente
normativa, volendo inizialmente tutelare la figura del consumatore, abbia finito, in sede civilistica, per
tutelare i responsabili dei sinistri, modificando la disciplina dei danneggiati-danneggianti e stravolgendo il
principio, ereditato dal Diritto Romano, del “neminem ledere”.
Tornando al citato art. 141 D. Lg.vo n. 209/05, si ribadisce che il trasportato deve rivolgere la sua richiesta
risarcitoria, in caso di sinistro, al proprio vettore ed alla relativa assicurazione, a prescindere da qualsiasi
responsabilità, al cui accertamento il trasportato non è più tenuto. Ciò appare in contrasto con la Direttiva
2005/14/Ce del Parlamento Europeo che all’art. 4 quinques, obbliga gli Stati membri a provvedere affinché
le persone lese da sinistro stradale, causato da veicolo assicurato, possano avvalersi di azione diretta nei
confronti dell’impresa che assicura contro la responsabilità civile la persona responsabile del sinistro.
Nel procedimento di cui è causa, questo giudicante, stante la previsione di cui al citato art. 141 cod.
assicurazioni, deve prescindere da una ricerca della dinamica del sinistro e delle singole responsabilità. Ove
si ritenesse detta norma in contrasto con la Costituzione, la domanda risarcitoria potrebbe essere invece
rivolta al responsabile del sinistro ed alla sua assicurazione.
L’art. 141 codice assicurativo deve ritenersi in contrasto con l’art. 3 Cost. e cioè con la norma che
stabilisce
l’uguaglianza dei cittadini avanti alla legge. Infatti le recenti innovazioni del sistema risarcitorio
stabiliscono, in pratica, che, dinanzi al medesimo fatto illecito, i cittadini debbono sottostare a differenti
norme giuridiche per il risarcimento dei danni subiti. Si consideri infatti la duplicità di posizioni del
trasportante e trasportato, nel caso che entrambi rimangano vittime di sinistro stradale sulla stessa vettura
con responsabilità di terzi. Ma differenti forme di tutela si possono determinare, in applicazione dell’art. 141
codice delle assicurazioni, nel caso di sinistro ascrivibile alla esclusiva responsabilità di soggetto non
coperto da R.C.A., o nell’ipotesi di un concorso di responsabilità dell’Ente gestore della strada.
Appare non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 141 anche in
relazione dell’art. 24 Cost. che garantisce a tutti i cittadini la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei
propri diritti ed interessi legittimi. L’art. 141, comma 1 D. Lg. n. 209/2005 stabilisce che l’assicurazione del
vettore è tenuta ad indennizzare il terzo trasportato “salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito”.
31
Al proposito viene spontaneo osservare:
• che le argomentazioni imperniate sulla risarcibilità del danno morale
nel solo caso di colpa presunta secondo le regole proprie del diritto
civile e non nelle ipotesi di responsabilità oggettiva (su cui
effettivamente la giurisprudenza è orientata negativamente: cfr
Cass.27.10.2004, n. 20814), oltre a non tener conto del principio della
Drittwirkung (ossia della risarcibilità del danno da lesione di valori
costituzionalmente protetti quale tutela minima erogabile in caso di
violazione), non considerano il fatto, dirimente, che nella fattispecie
l’Impresa assicurativa del vettore interviene solo in sede di azione
diretta, quale sostituto ex lege della Compagnia del responsabile, per
rifondere il danno subito dal trasportato, impregiudicata la rivalsa ex
art.141, 4° comma, del Codice nei confronti dell’assicuratore del
soggetto effettivamente tenuto al risarcimento (autore di un illecito
sicuramente produttivo di danno morale risarcibile);
• la violazione dell’art.76 Cost. viene dedotta in modo assai generico,
per il fatto dell’abrogazione di norme preesistenti (fenomeno questo
del tutto normale) e per aver introdotto una sorta di responsabilità
oggettiva (istituto questo che certamente non può ritenersi oggetto di
una sorta di prerogativa parlamentare);
• la norma peraltro non istituisce una fattispecie di vera e propria
responsabilità oggettiva, dal momento che è prevista la rivalsa della
Compagnia del vettore verso quella del responsabile, e semplicemente
agevola, nell’interesse dei danneggiati, l’esercizio dell’azione diretta,
con la sostituzione legale di una impresa ad un’altra e la limitazione
(temporanea) della facoltà di prova;
• l’art.141 non determina affatto un percorso obbligato a danno del terzo
trasportato, che può esperire le azioni contrattuali ed extracontrattuali
ordinarie verso i vari soggetti coinvolti (conducenti e proprietari dei
veicoli, imprese di trasporto….) e semplicemente viene favorito con la
selezione di una impresa assicurativa quale contraddittore necessario,
in regime probatorio peraltro agevolato, ma solo qualora decida di
esercitare l’azione diretta;
• del tutto erronee sono le considerazioni circa l’impossibilità di
coinvolgere il responsabile effettivo nel giudizio giacché il terzo
trasportato ben può, se lo ritiene, agire con le azioni contrattuali ed
extracontrattuali contro di lui, ovvero può cumulare ex artt.33 e 103
c.p.c. senza alcun limite tali azioni con l’esperimento dell’azione
diretta ex art.141 del Codice, qualora abbia qualche valida ragione
per procedere in tal senso;
La Corte di Cassazione ha stabilito che il caso fortuito comprende anche il fatto del terzo (cfr. Corte Cass.
n. 1655 del 27.1.2005 in “ Italiano” Mass. 114): pertanto la responsabilità dell’assicuratore del vettore è
esclusa quando il sinistro è dovuto sia a cause naturali, sia a colpa di altro conducente.
Affermare che l’assicuratore risponde, salvo il caso fortuito e aggiungere che tale responsabilità prescinde
dall’accertamento della responsabilità di altri conducenti, è una contraddizione in termini. Vi è inoltre una
lesione del diritto di difesa da parte dell’assicurazione del vettore che non potrà, stante la norma suddetta,
tutelarsi in maniera efficace, non disponendo di elementi idonei a dimostrare l’esclusiva responsabilità
dell’altro conducente, che, stante la previsione dell’art. 149, verrà risarcito dalla propria assicurazione. In
altre parole l’assicurazione del vettore avrà notevoli difficoltà a dimostrare la colpa dell’altro conducente e
la conseguente in operatività dell’art.141.”
32
•
è evidente che le agevolazioni probatorie sancite dall’art.141 giocano
a favore del terzo trasportato e ne semplificano i meccanismi di
tutela, sicché ogni contrasto con la Direttiva 2005/14/CE scaturisce da
una sua lettura decisamente riduttiva e incompleta;
• la differenza di regime tra trasportante e trasportato non è affatto
irrazionale dal momento che nella normalità dei casi il trasportato
non versa e non può versare in colpa in relazione alla provocazione del
sinistro, a differenza del suo vettore, sicché ben si comprende la ratio
delle agevolazioni probatorie che gli risparmiano il coinvolgimento
nelle discussioni circa l’effettivo riparto di responsabilità fra i
conducenti coinvolti nello scontro;
• le argomentazioni relative alla nozione tradizionale del caso fortuito
non tengono conto dello specifico contenuto della norma (come
supra diffusamente argomentato);
• l’impresa assicurativa del vettore non potrà dimostrare la colpa
esclusiva dell’altro conducente nel giudizio promosso dal trasportato,
ma lo potrà fare, del tutto linearmente, nel successivo giudizio di
rivalsa contro l’altra Compagnia, sicché l’esercizio del diritto di difesa
è semplicemente rinviato, senza alcun concorrente pregiudizio, stante
la solvibilità del soggetto temporaneamente sovvenuto.
Nel frattempo è sopravvenuta la decisione con cui la Corte Costituzionale in data
13.6.2008 ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità
costituzionale proposte dai Giudici di Pace di Pavullo nel Frignano e di Montepulciano in
tema di azioni consentite al terzo trasportato nel contesto della nuova disciplina
introdotta dal Codice delle assicurazioni (d.lgs.209 del 2005).
I primi commenti apparsi su alcune riviste giuridiche elettroniche40 non paiono conformi
al contenuto effettivo della decisione della Corte Costituzionale, che risulta prospettato
in modo obiettivamente fuorviante nel senso della riconosciuta possibilità per il terzo
trasportato di agire direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo
antagonista.
Il titolo della prima nota di commento41 contiene infatti una grave inesattezza, laddove
afferma che “Il trasportato su veicolo, in quanto soggetto debole, può agire sia nei
confronti della compagnia assicuratrice del vettore sia nei confronti della compagnia
assicuratrice del civilmente responsabile.”, ingenerando l’impressione nei lettori che
questa sia la sostanza delle affermazioni provenienti dalla Corte Costituzionale.
Per la verità, l’effettivo tenore della nota non afferma affatto quanto ingannevolmente
evocato dal titolo, poiché riporta correttamente il contenuto della decisione della
Consulta, che non è affatto entrata nel merito delle varie censure sollevate dai due
Giudici di Pace remittenti e li ha semplicemente invitati alla preventiva rimeditazione
circa la possibilità di una interpretazione costituzionalmente orientata, volta a leggere la
nuova disciplina del Codice delle assicurazioni in chiave di rinforzata tutela della sfera
giuridica del terzo trasportato.
Ulteriore conferma del fatto che il messaggio trasmesso dal titolo non corrisponda alla
sostanza delle cose la si rinviene in un altro commento dello stesso Autore42 in cui viene
puntualizzato l’esatto contenuto della pronuncia della Corte Costituzionale, che,
invitando i Giudici remittenti alla ricerca di una interpretazione costituzionalmente
40
A firma dell’avv.Fabio Quadri, noto studioso della materia, Presidente dell’UNIARCA -Unione Nazionale
Avvocati Responsabilità Civile Automobilistica, evidentemente convinto fautore della tesi dell’esperibilità
cumulativa delle azioni di cui agli artt.141 e 144 del Codice delle assicurazioni.
41
Apparsa a firma dell’avv.Quadri su “DIRITTOeGIUSTIZI@” on line.
42
Pubblicato su “Altalex” del 16.6.2008.
33
orientata, si è riferita esclusivamente alla persistenza delle ordinarie azioni codicistiche ex
artt.2043 e 2054 c.c. nei confronti del responsabile civile e non ha preso affatto posizione
sull’ammissibilità di una azione diretta ai sensi dell’art.144 Codice delle assicurazioni,
esperibile dal trasportato danneggiato nei confronti dell’impresa assicuratrice del
responsabile civile, in aggiunta o in alternativa alla proposizione dell’azione diretta nei
confronti dell’impresa assicuratrice del vettore regolata dall’art.141 Codice delle
assicurazioni. In tale articolo l’avv.Quadri, pur partendo dall’esatto rilievo che la Corte
Costituzionale nulla ha detto su tale specifica questione, propone una serie di argomenti
interpretativi, in parte già noti al dibattito ed a mio parere del tutto controvertibili, per
patrocinare la tesi dell’ammissibilità del concorso delle due azioni.
E’ utile precisare che il Giudice di Pace di Pavullo nel Frignano aveva denunciato tutta
una serie di dubbi di costituzionalità della normativa in tema di azione diretta del
trasportato, basati essenzialmente sul convincimento di una ingiustificata eliminazione
delle azioni codicistiche ex artt.2043 e 2054 c.c. nei confronti del soggetto responsabile.
Pertanto risulta del tutto pertinente la risposta fornita dalla Corte Costituzionale con il
contestuale invito a ricercare una plausibile interpretazione conforme a Costituzione,
secondo la quale le norme analizzate si limitano a rafforzare la posizione del soggetto
debole-trasportato, legittimandolo all’azione diretta nei confronti dell’impresa
assicuratrice del veicolo del vettore, senza peraltro togliergli la possibilità di far valere i
diritti derivanti dal rapporto obbligatorio nato dalla responsabilità civile dell’autore del
fatto dannoso.
Il Giudice di Pace di Montepulciano, nel denunciare analoghi dubbi, aveva anche
dubitato della legittimità costituzionale dell’art.141 Codice delle assicurazioni laddove
escludeva la possibilità dell’azione diretta nei confronti della impresa assicuratrice del
responsabile civile, ravvisando in detta soluzione un inaccettabile contrasto con la
Direttiva 2005/14/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell’11.5.2005 e con la
stessa legge di delegazione 29.7.2003 n.229.
Potrebbe quindi sembrare che la risposta della Corte non sia stata al riguardo
completamente pertinente, se la completa lettura dell’ordinanza di rimessione non
mostrasse con chiarezza che l’intero ragionamento del Giudice a quo (al pari di quello del
Giudice di Pavullo) si fondava sul preconcetto dell’eliminazione delle ordinarie azioni
civilistiche verso il responsabile effettivo asseritamente deliberata dal Legislatore
delegato.
E’ quindi evidente che la reinterpretazione del diritto positivo alla ricerca di una lettura
costituzionalmente adeguata può con ogni probabilità, come suggerito dalla Consulta,
togliere ogni mordente alla questione di illegittimità costituzionale proposta dal Giudice
di pace di Montepulciano alla luce dell’(errata) convinzione che per il danneggiato non
fosse più possibile agire per il risarcimento del danno nei confronti dell’effettivo
responsabile.
Se da un punto di vista “formale” non appare del tutto ineccepibile ricavare una massima
sostanziale da una ordinanza di manifesta inammissibilità della questione di
costituzionalità per vizio tecnico di proposizione, da un punto di vista pratico potrebbe
giovare il tentativo di distillare più esattamente gli insegnamenti ricavabili dalla
decisione della Corte Costituzionale:
• la previsione dell’azione diretta ex art.141 Codice delle assicurazioni mira a
rafforzare la posizione del trasportato, quale soggetto debole;
• ciò, chiaramente, non significa affatto che tale disciplina innovatrice abbia
l’effetto di privare il trasportato della possibilità di agire ex artt.2043 e 2054
c.c. nei confronti dell’autore del fatto dannoso facendo valere i diritti nascenti
dal rapporto obbligatorio ex delictu;
34
•
l’interpretazione corretta e costituzionalmente adeguata del diritto vigente è
quindi quella che continua a riconoscere al danneggiato trasportato l’azione
ex artt.2043 e 2054 c.c. verso il conducente e il proprietario del veicolo
scontratosi con quello a bordo del quale viaggiava, nonché le azioni di
carattere contrattuale eventualmente spettanti in forza di rapporti negoziali;
• ovviamente, tali soggetti potranno chiamare in causa, in garanzia impropria, il
proprio assicuratore della responsabilità civile ai sensi dell’art.1917 c.c.
La Corte (apparentemente in modo intenzionale) non ha preso alcuna posizione sulla
questione della persistente possibilità del trasportato di agire con azione diretta nei
confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile civile; anzi, pur essendo investita
del dubbio di costituzionalità della soluzione negativa per contrasto con gli artt.3, 24 e 76
della Costituzione, formulato dal Giudice di Montepulciano, ha ritenuto che il vizio
ricostruttivo inficiante l’intero impianto motivazionale dell’ordinanza di rimessione
consigliasse una completa rimeditazione dell’interpretazione del diritto positivo che ne
costituiva il presupposto.
In conclusione, a valle dell’intervento della Consulta, ritengo che le considerazioni sopra
esposte circa il rapporto fra le azioni di cui agli artt.141 e 144 Codice delle assicurazioni
rimangano valide o perlomeno che non siano smentite, direttamente o indirettamente,
dalla decisione della Corte Costituzionale: infatti l’ordinanza della Corte (non
riassumibile con la massima con cui è stata divulgata) é del tutto ininfluente in tale
prospettiva (mentre ha espressamente confermato l’opinione, per vero largamente
condivisa, circa la persistenza delle ordinarie azioni civilistiche a tutela del trasportato
danneggiato).
Per completezza, quanto agli argomenti proposti dal Quadri nella sua nota del 16 giugno
2008 su “Altalex”, occorre dire che il richiamo operato dalla Corte Costituzionale
all’art.1917 c.c. non possiede alcun valore a favore dell’ammissibilità dell’azione diretta
verso la compagnia assicuratrice del responsabile effettivo, giacché tale norma non
contempla alcuna azione diretta del danneggiato verso l’assicuratore del responsabile e
ammette solamente la possibilità dell’estensione del giudizio al rapporto di garanzia
impropria su impulso del convenuto assicurato.
La Corte Costituzionale cita nella sua ordinanza l’art.1917 c.c., fra l’altro richiamando
le affermazioni dei remittenti, solo per delineare il normale sistema codicistico che
consente al trasportato di agire nei confronti del vero responsabile del danno (e non della
sua compagnia assicurativa), salvo la chiamata in causa di tale soggetto in garanzia
impropria, sistema che giustamente la Corte Costituzionale non ritiene perturbato dalle
innovazioni contenute nella nuova disciplina del Codice delle assicurazioni.
Quanto al secondo argomento, basato sul contrasto fra l’esclusione dell’azione diretta nei
confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile civile e la Direttiva comunitaria non
v’é ragione per non ribadire quanto sopra diffusamente osservato.
Se qualche dubbio dovesse ancora residuare, la soluzione corretta sarebbe semmai quella
di proporre la questione interpretativa ai sensi dell’art.234 del Trattato alla Corte di
Giustizia Europea per delineare l’esatta portata del precetto del diritto comunitario
(interrogando in sostanza la Corte sul contrasto con il diritto comunitario di una
disciplina nazionale che assegni al danneggiato trasportato su uno dei veicoli coinvolti
nel sinistro l’azione diretta per il risarcimento del danno riportato solo nei confronti
dell’impresa assicuratrice del veicolo su cui egli viaggiava, con facoltà per questa di
esperire successiva e separata rivalsa, piuttosto che verso l’impresa che assicurava
specificamente la responsabilità del conducente e proprietario del veicolo antagonista).
Il problema va quindi ricondotto alla sua natura di diritto positivo, attinente alla
cumulabilità o meno delle azioni di cui agli artt.141 e 144 Codice delle assicurazioni a
tutela del soggetto danneggiato quale trasportato coinvolto nel sinistro.
35
E la risposta continua a sembrare quella negativa alla luce degli argomenti sopra
esposti nel paragrafo precedente, al cui riguardo l’ordinanza 13.6.2008 della Consulta
non apporta comunque alcun elemento nuovo di contrasto.
17. Il litisconsorzio con il responsabile del danno.
Testualmente il terzo comma dell’art.141 dispone che l’azione diretta avente ad oggetto il
risarcimento è esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale
il danneggiato era a bordo al momento del sinistro; vi è pertanto chi sostiene che in
difetto di una espressa previsione normativa non sussista alcun litisconsorzio necessario
con il proprietario o il conducente del veicolo su cui il danneggiato si trovava trasportato
al momento dell’incidente.
Tuttavia occorre tener presente anche il richiamo, effettuato, sia pur subordinato a
clausola di compatibilità, alle disposizioni del capo IV del Codice delle assicurazioni tra
le quali si trova anche l’art.144, 3° comma (“Nel giudizio promosso contro l’impresa di
assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno.”).
Pertanto, con riferimento all’azione diretta esperita dal trasportato, potrebbe ritenersi che
per tal via indiretta sia stata ribadita l’esigenza del litisconsorzio necessario con il
responsabile civile.
E’ bene precisare che tale soggetto va identificato, secondo il consolidato orientamento
giurisprudenziale risalente alla sentenza delle Sezioni Unite 11.7.1984 n.4055, formatosi
con riferimento al previgente litisconsorzio (necessario improprio) previsto dall’art.23
della legge 990 del 1969, che pure ricorreva alla formula “responsabile del danno”, nel
solo proprietario del veicolo (e non già nel conducente o anche nel conducente).
La tradizionale argomentazione utilizzata dalla giurisprudenza non assegnava all’istituto
un fondamento di carattere probatorio, preferendolo leggerlo, piuttosto, come strumento
di tutela della posizione processuale dell’assicuratore con l’estensione del contraddittorio
al proprietario del veicolo il cui rischio era oggetto di copertura, in modo da consentirgli
di opporre l’accertamento della responsabilità al proprietario del veicolo – oggetto del
rapporto assicurativo, ai fini dell’esercizio dei diritti nascenti da tale rapporto, specie
nella prospettiva dell’eventuale esperimento dell’azione di rivalsa43.
43
“In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a
motore o dei natanti, il responsabile del danno, che deve essere chiamato nel processo promosso dal
danneggiato contro l’assicuratore con azione diretta (art. 23 della legge n. 990 del 1969), è unicamente il
proprietario del veicolo o del natante, assicurato o tenuto all’assicurazione, atteso che la suddetta chiamata
integra una deroga al principio della facoltatività del litisconsorzio in materia di obbligazioni solidali,
giustificata dall’esigenza di rafforzare la posizione processuale dell’assicuratore al fine dell’opponibilità
all’assicurato dell’accertamento della responsabilità, e che tale deroga, in difetto di espressa previsione,
non può essere estesa ad altri eventuali responsabili, quale il conducente, la cui partecipazione al giudizio
potrebbe perseguire solo scopi di natura probatoria, estranei all’istituto del litisconsorzio
necessario.”(Cassazione civile , sez. un., 11 luglio 1984, n. 4055).
Ancora , da ultimo:
“In tema di assicurazione obbligatoria della r.c.a., a norma dell’art. 23 l. 24 dicembre 1969 n. 990 il
proprietario del veicolo assicurato deve essere, quale responsabile del danno, chiamato in causa come
litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal danneggiato contro l’assicuratore con azione diretta, in
deroga al principio della facoltatività del litisconsorzio in materia di obbligazioni solidali, trovando detta
deroga giustificazione nell’esigenza di rafforzare la posizione processuale dell’assicuratore, consentendogli
di opporre l’accertamento di responsabilità al proprietario del veicolo, quale soggetto del rapporto
assicurativo, ai fini dell’esercizio dei diritti nascenti da tale rapporto, ed in particolare, dall’azione di
rivalsa ex art. 18 l. citata. Ne consegue che ove l’azione giudiziaria sia stata in siffatta ipotesi proposta
soltanto contro alcuni dei legittimati passivi il contraddittorio deve essere integrato nei confronti degli altri,
affinché la sentenza possa essere utiliter data.”(Cassazione civile , sez. III, 13 aprile 2007, n. 8825).
36
In siffatta prospettiva interpretativa, in caso di azione del terzo trasportato proposta
solamente nei confronti dell’impresa assicuratrice del veicolo del quale si trovava a
bordo risulterebbe necessaria l’estensione del contraddittorio nei riguardi del proprietario
(assicurato) del veicolo su cui la vittima si trovava trasportata.
L’argomento sopra ricordato del richiamo indiretto all’art.144, unitamente alla
considerazione della differente espressione usata dal 3° comma dell’art.141 (“l’azione
diretta….é esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione …”) rispetto al 6°
comma dell’art.149 (“… può proporre l’azione diretta … nei soli confronti della propria
impresa di assicurazione.”), ipotesi questa in cui non si pone neppure astrattamente
l’esigenza del coinvolgimento dell’assicurato, induce, sia pur con doverosa cautela, a
propendere per la tesi del necessario coinvolgimento nel giudizio del proprietario del
veicolo.
La conclusione pare rafforzata da una riflessione sulla ratio dell’istituto del
litisconsorzio necessario ut supra individuata (collegata non già a finalità di carattere
probatorio ma preordinata all’accertamento delle questioni di responsabilità in
contraddittorio fra assicurato ed assicuratore, ai fini dell’esercizio dei diritti nascenti dal
rapporto assicurativo e dell’eventuale esperimento dell’azione di rivalsa), che sembra
consigliare anche in siffatta prospettiva il simultaneo coinvolgimento dell’assicuratore e
del proprietario-assicurato del veicolo vettore.
Non è chi non veda, peraltro, come una questione di tale importanza pratica avrebbe
dovuto essere risolta ben più univocamente dal Legislatore, stanti le gravi conseguenze
processuali che scaturiscono dalla pretermissione di un litisconsorte necessario.
Un interessante caso giurisprudenziale è rappresentato dalla decisione del Giudice di
Pace di Sant’Anastasia del 30.1.200844 che ha ritenuto insussistente il litisconsorzio
necessario, spingendosi peraltro sino ad estromettere dal giudizio la proprietariaconducente – vettrice del veicolo, che era pur sempre stata evocata dalla danneggiata con
richiesta anche nei suoi confronti del risarcimento del danno45: tale ultima decisione
appare evidentemente erronea, alla luce di tutte le considerazioni che si sono esposte
circa la persistenza delle azioni codicistiche verso i responsabili del danno e sulla
possibilità di cumulo processuale delle varie azioni spettanti al danneggiato.
Alla soluzione del delicato ma circoscritto problema di “chi sia ( e se ci sia) il
litisconsorte necessario nell’azione diretta contro l’assicuratore del vettore”46 non
contribuiscono certamente gli argomenti basati, in varie prospettive, sulla opportunità di
coinvolgere nel giudizio l’uno o l’altro dei conducenti, ovvero dei proprietari dei veicoli
coinvolti.
E’ evidente – sulla base delle considerazioni sopra esposte (cfr § 2) che il terzo
trasportato, oltre a promuovere l’azione diretta ex art.141, può proporre le azioni ex
44
Sopra citata, consultabile in Banca Dati Juris Data, versione 4/08, secondo la quale “Ai sensi dell’art. 141
comma 2 d.lg. n. 209 del 2005, l’azione del terzo trasportato che abbia subito delle lesioni durante il
sinistro, prescindendo da un accertamento della responsabilità nella causazione del sinistro, deve essere
proposta nei confronti dell’assicuratore del veicolo su cui egli era a bordo nel momento del sinistro, non
essendo all’uopo disposta la partecipazione al giudizio del proprietario del veicolo di cui deve essere
pertanto disposta l’estromissione non essendo la sua citazione in giudizio prevista dalla richiamata
normativa.”
45
“Agli effetti dell’esame della domanda attorea deve essere invece dichiarato il difetto di titolarità
dell’obbligazione risarcitoria in capo alla convenuta P.F. poiché ai sensi dell’art. 141 11° co. del D.lgs. n.
209/05 l’azione del trasportato, prescindendo da un accertamento di responsabilità nella causazione del
sinistro, deve essere proposta nei confronti del solo assicuratore del veicolo su cui egli era a bordo al
momento del sinistro non essendo all’uopo prevista la partecipazione al giudizio del proprietario del veicolo
di cui deve essere pertanto disposta l’estromissione non essendo la sua citazione in giudizio prevista dalla
richiamata normativa.”
46
Cfr ROSSETTI, op. da ultimo cit, pag.79.
37
art.2043/2054 c.c. nei riguardi del conducente e del proprietario del veicolo su cui era
trasportato ovvero nei riguardi del conducente e del proprietario del veicolo antagonista
(come gli consentono gli artt.33 e 103 c.p.c.), ovviamente senza poter godere nei loro
confronti del beneficio sancito dall’art.141 in caso di esperimento della sola azione
diretta contro l’impresa del vettore (ossia la sopra descritta “neutralizzazione” delle
questioni relative alla responsabilità).
L’azione diretta ex art.141 Codice delle assicurazioni nei confronti dell’impresa del
vettore con la connessa “neutralizzazione” delle questioni relative alla responsabilità è
un beneficio attribuito dalla legge al terzo trasportato, ma non un obbligo, sicché, se egli
crede per qualsivoglia ragione di voler coinvolgere nel giudizio nel rispetto del codice di
rito i proprietari e i conducenti dei veicoli coinvolti, non vi è ragione di derogare ai
principi generali.47
E’ il caso al proposito di segnalare un ingegnoso tentativo (che, per vero, è stato
proposto più che altro con riferimento all’azione diretta ex art.149 Codice delle
assicurazioni) di risolvere a proprio favore la disputa sul terreno del diritto processuale,
effettuato dagli oppositori della teoria, assolutamente preferibile, della persistenza delle
azioni ordinarie ex artt.2043 e 2054 c.c. verso il conducente e il proprietario del veicolo
antagonista, che trae origine dal loro convincimento (per vero tutt’altro che campato in
aria) che la persistenza di tali azioni ordinarie potrebbe in qualche misura vanificare ed
eludere il nuovo sistema dell’azione diretta, consentendo l’introduzione di azioni rivolte
contro il privato antagonista, in cui poi sarebbe inevitabilmente coinvolta, nella
normalità dei casi ex art.1917, 4° comma, c.c., l’impresa assicuratrice del responsabile.
Essi sostengono che le disposizioni che attribuiscono al danneggiato l’azione diretta nei
confronti dell’impresa di assicurazioni, se non estirpano dall’ordinamento le azioni
ordinarie ai sensi dell’art.2043 e 2054 c.c. (operazione questa preclusa dagli sbarramenti
costituzionali segnalati nel § 1) perlomeno impediscono la loro proposizione congiunta
all’azione diretta, introducendo un limite al cumulo processuale delle azioni.
Tuttavia:
• da un lato, l’argomento è molto più debole se utilizzato con riferimento
all’art.141 che prevede l’esperimento dell’azione diretta nei confronti
dell’impresa del vettore, mentre nel caso dell’art.149, il sesto comma di tale
articolo, utilizza la più selettiva locuzione “nei soli confronti della propria
impresa di assicurazioni”;
• d’altra parte, e soprattutto, non si scorge come regole fondamentali del
processo civile in tema di cumulo soggettivo e litisconsorzio facoltativo ex
artt.33 e 103 c.p.c. possano essere state surrettiziamente modificate da una
disciplina dichiaratamente volta ad ampliare il fronte della tutela del soggetto
danneggiato e in forza della sinteticissima delega più volte richiamata di cui
alla legge 229 del 2003, sicuramente inidonea a conferire al Governo il potere
di rivoluzionare l’assetto delle linee portanti del sistema processuale civile (il
che, quantomeno, gioca un ruolo dirimente nella scelta dell’interpretazione
costituzionalmente orientata fuor dalla rotta di collisione con l’art.76 Cost.).
Maggiori dubbi sorgono piuttosto per l’ipotesi (disciplinata dal terzo comma, seconda
parte, dell’art.141) dell’intervento dell’impresa assicurativa del responsabile civile, nella
quale sorge l’interrogativo se in tal caso il contraddittorio debba essere o meno esteso al
proprietario dell’altro veicolo.
L’alternativa sta fra il ritenere che la deroga sia giustificata dalla libera scelta attuata
dall’impresa assicurativa del responsabile, che interviene sua sponte, anziché attendere la
47
Se ci è consentito un paragone calcistico, è normale battere un calcio di rigore tirando direttamente in porta
ma non è affatto vietato passare la palla dal dischetto ad un compagno che si trovi alle spalle del giocatore
incaricato del tiro e che non sia pertanto in fuorigioco!
38
richiesta di regresso, oppure ricavare dal sistema e dal richiamo alle norme del capo IV,
la necessità del coinvolgimento anche del responsabile civile assicurato presso l’impresa
interveniente.
18. L’azione ex art.141 e le azioni di regresso, surroga e rivalsa.
Per completezza di trattazione appare opportuno formulare alcune riflessioni circa
l’esperibilità dell’azione diretta di cui all’art.141 Codice delle assicurazioni
nei
confronti dell’impresa assicurativa del vettore da parte di soggetti diversi dal terzo
trasportato.
Per quel che riguarda l’azione di regresso ex art.2055, 2° comma, c.c. (che consente al
corresponsabile solidale che abbia risarcito il danno di esperire azione di regresso nei
confronti dei condebitori solidali, nella misura determinata dalla gravità delle rispettive
colpe e delle conseguenze derivatene) sembra da escludere che i soggetti48 considerati da
tale norma possano esperire l’azione nei confronti dell’assicuratore del vettore.
Al riguardo, tuttavia, occorre tener presente che il fondamento dell’azione di regresso è
costituito, secondo consolidata giurisprudenza, dalla responsabilità diretta e per fatto
proprio del destinatario della richiesta.
Pertanto poiché il regresso è ammissibile solo a favore di colui che abbia risarcito il
danno e contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva
colpa, è implicitamente richiesto che ciascuno dei corresponsabili abbia una parte di
colpa nel verificarsi dell’evento dannoso, ed è pertanto esclusa la possibilità di esercitare
l’azione di regresso nei confronti di coloro che siano tenuti a rispondere del fatto altrui in
virtù di specifiche disposizioni di legge, e quindi in base ad un criterio di imputazione
legale49: non è quindi ammissibile il regresso diretto verso l’assicuratore del vettore
responsabile con il ricorso all’azione di cui all’art.141, anche a prescindere dalla dubbia
compatibilità dei lineamenti della disciplina di tale azione con l’ipotesi in esame.
Per quel che concerne l’azione conseguente all’esercizio del diritto di surrogazione
attribuito all’assicuratore che abbia pagato l’indennità dall’art.1916 c.c., risulta
consolidata in giurisprudenza l’affermazione che attraverso la surrogazione ex art.1916
c.c. si realizza una peculiare forma di successione a titolo particolare, totale o parziale,
nel diritto di credito, sicché l’assicuratore che abbia corrisposto l’indennità in relazione
ad un certo pregiudizio, subentra, nei limiti dell’ammontare dell’indennità, nei diritti
dell’assicurato verso il responsabile del danno e in particolare nella stessa posizione
sostanziale e processuale50.
Siffatto acquisto a titolo derivativo dei diritti nel medesimo stato, con lo stesso contenuto
e con gli stessi limiti in cui essi si trovavano al momento della surrogazione in capo al
danneggiato e il conseguente effetto di subentro dell’assicuratore nell’identica posizione
sostanziale e processuale dei danneggiati verso il terzo autore del fatto dannoso, induce a
pensare che l’assicuratore surrogato ai sensi dell’art.1916 nei diritti del terzo trasportato
possa esperire l’azione diretta che competeva a costui sulla base degli stessi presupposti,
alle stesse condizioni e con gli stessi effetti.
48
Si pensi al conducente o al proprietario del veicolo antagonista (o di uno dei veicoli antagonisti) aggrediti
dal danneggiato trasportato sull’altra vettura con le ordinarie azioni codicistiche, pur sempre esperibili,
ovvero al loro assicuratore, chiamato in causa ex art.1917 c.c.
49
Cassazione civile, sez. III, 12 febbraio 1982, n. 856; Cassazione civile, sez. III, 5 settembre 2005, n.
17763.
50
Cass.9.4.1963 n.918; Cass.5.2.1969 n.387; Cass.25.3.1977 n.1181; Cass.8.2.1983 n.1039; Cass.14.6.1991
n.6734; Cass.SS.UU.28.5.1994 n.5246; Cass.8.11.1994 n.9271; Cass.7.8.1996 n.7247; Cass.2.2.2001 n.1508
e da ultimo Cass.4.6.2007 n.12939.
39
Giova al proposito il puntualizzare che la giurisprudenza51 ha finito con l’ammettere la
possibilità di esercizio della surroga assicurativa ai sensi dell’art.1916 c.c nei confronti
dell’assicuratore r.c.a. del responsabile con azione diretta nel regime previgente
disciplinato dalla legge 24.12.1969 n.990, a differenza di quanto inizialmente sostenuto52.
La soluzione non è certamente differente per quella specifica azione in surrogazione
contemplata a favore dell’assicuratore sociale (fra i quali le figure più importanti sono
quelle dell’INAIL e dell’INPS) dall’art.28 della legge 990 del 1969, ora sostituito
dall’art.142 del Codice delle assicurazioni.
Mentre, come si è visto, si discute dell’ammissibilità dell’esercizio dell’azione generale
di surroga dell’assicuratore ex art.1916 c.c. nei confronti dell’impresa assicurativa del
responsabile, non vi è dubbio che le disposizioni sopra menzionate, che configurano
una azione in surrogazione specifica rispetto a quella generale disciplinata dall’art.1916
c.c. e pertanto regolamentano un meccanismo sostitutivo che va a collocare, con alcune
specifiche peculiarità, l’assicuratore sociale nella posizione giuridica del danneggiato,
abilitino l’assicuratore sociale ad agire direttamente nei confronti dell’impresa
assicuratrice del responsabile.
Se così è, sembra altrettanto chiaro che tale azione risulta disciplinata, grazie al
meccanismo commutativo della surrogazione, dallo stesso regime giuridico che
caratterizza l’azione del danneggiato.
Sicché allorché tale danneggiato appartenga alla categoria dei “terzi trasportati”
l’assicuratore sociale, abilitato ad agire dall’art.142 Codice delle assicurazioni potrà
aggredire giudizialmente la compagnia
del vettore alle condizioni e secondo la
disciplina di cui all’art.141.
Del resto, poiché tale azione normalmente concorre con quella del danneggiato, risulta
oltremodo opportuna la totale omologazione del regime processuale delle azioni.
Analogo discorso vale per l’azione attribuita all’INPS dall’art.14 della legge 12.6.1984
n.222 (che stabilisce la surroga dell’INPS fino alla concorrenza dell’ammontare della
pensione di ordinaria di invalidità o dell’assegno ordinario di invalidità corrisposto al
danneggiato nei diritti dell’assicurato o dei superstiti verso i terzi responsabili e le loro
assicurazioni).
La natura sicuramente surrogatoria dell’azione53 e l’altrettanto sicura sua proponibilità
nei confronti dell’assicuratore r.c.a. inducono a ritenere che anche in questo caso l’INPS
possa proporre l’azione diretta a norma dell’art.141 verso la Compagnia del vettore.
Vi è infine da considerare la particolare azione di regresso che compete all’INAIL per il
recupero delle prestazioni erogate, ai sensi degli artt.10 e 11 del T.U.
Tale specifica azione di regresso, caratterizzata dalla natura diretta ed autonoma, non
comporta un acquisto derivativo del diritto (sicché l’INAIL non succede nei diritti
dell’infortunato) e compete solo nei confronti delle persone civilmente responsabili
nelle ipotesi previste dalla legislazione speciale (essenzialmente responsabilità penale del
datore di lavoro o dei soggetti da lui preposti del cui fatto il datore di lavoro debba
rispondere civilmente, in ipotesi di reato perseguibile d’ufficio).
Non si pone quindi in tale ipotesi il problema dell’esperibilità con azione diretta verso
l’assicuratore r.c.a. del vettore e men che meno dell’esperibilità attraverso il regime di cui
all’art.141 Codice delle assicurazioni anche nell’ipotesi in cui il terzo trasportato si sia
infortunato (o addirittura sia morto) in un sinistro stradale occorso durante la prestazione
51
Cass.19.12.1990 n.12036; Cass.25.3.1995 n.3570; cfr anche Tribunale Forli’, 24 febbraio 1996 in Arch.
giur. circol. e sinistri 1996, 307.
52
53
Cass.22.12.1976 n.4710; Cass.27.6.1991 n.7218.
Cass.26.6.1992 n.7997.
40
lavorativa, ovvero in itinere, e che sussista la responsabilità penale del datore di lavoro o
dei suoi preposti che abbiano provocato le lesioni o la morte del dipendente.
19. L’azione civile in sede penale.
Una questione interessante attiene all’azione civile proposta in sede penale.
Ci si chiede se il trasportato danneggiato possa esercitare in sede penale l’azione diretta
nei confronti dell’impresa assicuratrice del vettore e se possa quindi evocarla in tale
sede quale responsabile civile ai sensi dell’art.83 c.p.p.
La risposta pare affermativa.
L’art.185, 2° comma, c.p. dispone che “Ogni reato, che abbia cagionato un danno
patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che a
norma delle leggi civili debbono rispondere del fatto di lui.”
L’art.74 c.p.p. prevede che “ L’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del
danno di cui all’articolo 185 del codice penale può essere esercitata nel processo penale
dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei
confronti dell’imputato e del responsabile civile.”
L’art.83 c.p.p. disciplina la “Citazione del responsabile civile”, disponendo che il
responsabile civile per il fatto dell’imputato possa essere citato nel processo penale a
richiesta della parte civile e, nel caso previsto dall’articolo 77, comma 4, a richiesta del
pubblico ministero.
E’ pacifico che l’azione esercitata in sede penale è pur sempre la stessa azione, per natura
e caratteristiche attinenti ai profili di legittimazione, attribuita al danneggiato
dall’ordinamento civile, tant’è che l’art.75 c.p.c. disciplina specificamente le ipotesi di
trasmigrazione da una sede all’altra.
La nozione di responsabile civile elaborata in sede giurisprudenziale ha quindi finito con
il comprendere l’assicuratore della responsabilità civile dell’imputato per il fatto
ascrittogli come reato, a patto che l’ordinamento riconosca una specifica responsabilità
ex lege di costui nei diretti confronti del danneggiato, come avviene nel sistema
dell’azione diretta disciplinata dagli artt.18 e 23 della legge n.990 del 1969.
La questione è stata efficacemente sintetizzata dalla Corte Costituzionale con la sentenza
n.112 del 1998, allorché ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art.183 c.p.p. nella
parte cui non permetteva anche all’imputato la chiamata nel giudizio penale del proprio
assicuratore della responsabilità civile obbligatoria da circolazione stradale:
• “È costituzionalmente illegittimo l’art. 83 c.p.p., nella parte in cui non
prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dalla
assicurazione obbligatoria prevista dalla l. 24 dicembre 1969 n. 990,
l’assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta
dell’imputato (la Corte, considerato che in sede civile è prevista la
chiamata in garanzia dell’assicuratore da parte dell’assicurato convenuto
per il risarcimento del danno provocato dalla circolazione di autoveicoli
sottoposti alle norme della legge sulla assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile, ha ritenuto in contrasto con il principio di
uguaglianza il sistema delineato dagli art. 83 s. c.p.p., per effetto del
quale l’assicuratore, responsabile civile ai sensi di legge, può entrare nel
processo penale solo in forza di citazione della parte civile o in forza del
proprio intervento volontario).”(Corte costituzionale, 16 aprile 1998, n.
112).
Così si espresse la Corte Costituzionale nel sintetizzare la situazione del diritto vivente:
“Nella legge n. 990 del 1969, istitutiva dell’assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti,
interessano, ai fini del giudizio di comparazione devoluto alla Corte attraverso
41
l’ordinanza di rimessione, gli articoli 18 e 23. Il primo comma dell’art. 18 stabilisce che
“il danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo o di un natante per i
quali a norma della presente legge vi è l’obbligo di assicurazione ha azione diretta per il
risarcimento del danno nei confronti dell’assicuratore, entro i limiti delle somme per le
quali è stata stipulata l’assicurazione”. L’art. 23 statuisce che “nel giudizio promosso
contro l’assicuratore a norma dell’art. 18, comma primo, della presente legge, deve
essere chiamato nel processo anche il responsabile del danno”. Queste due disposizioni,
ovviamente da inquadrarsi nel complesso della legge a cui appartengono, bastano, ad
avviso di questa Corte, per collocare la particolare responsabilità civile in questione tra
i casi di responsabilità civile ex lege ai quali si riferisce il comma secondo dell’art. 185
del codice penale quando stabilisce il principio per cui “ogni reato, che abbia cagionato
un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le
persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui”:
ovviamente nel processo civile ove l’azione di responsabilità per danno sia esercitata,
per qualsiasi motivo, indipendentemente o separatamente dall’azione penale e nel
processo penale ove vi sia (e finché vi sia) costituzione di parte civile del danneggiato.
Un orientamento, questo, implicitamente confermato dalla giurisprudenza di questa
Corte, la quale, proprio con riferimento alla legge n. 990 del 1969, ha avuto occasione di
osservare che la citazione della società assicuratrice si identifica nella creazione di una
“nuova figura di responsabile civile” (v. sentenza n. 24 del 1973, n. 7 del Considerato in
diritto). Tale è del resto anche il pensiero della dottrina e della giurisprudenza; e
l’esperienza giudiziaria insegna che esistono casi nei quali la parte civile cita nel
processo penale per reati commessi con violazione delle norme sulla circolazione di
autoveicoli l’impresa assicuratrice come responsabile civile. Né è qui superfluo
rimarcare che sotto questo aspetto il processo penale si allinea pienamente sul modello
del processo civile, nel quale l’art. 18 della legge n. 990 del 1969 abilita il danneggiato
all’azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’assicuratore.
Quando la Corte di cassazione esclude l’azione civile diretta del danneggiato contro
l’assicuratore in sede civile (e conseguentemente esclude la citazione dell’assicuratore
medesimo come responsabile civile nel processo penale) ciò avviene solo con riferimento
a quelle assicurazioni che hanno la loro fonte esclusiva nel contratto, osservandosi che
in questi casi l’assicuratore è soltanto tenuto verso l’assicurato, ovviamente nei limiti del
capitale assicurato. Ma la stessa Corte di cassazione riconosce invece esplicitamente che
l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante da circolazione di
autoveicoli a motore e di natanti configura una responsabilità civile dell’assicuratore ex
lege, da inquadrarsi nell’ambito di applicazione dell’art. 185 del codice penale (cfr. ex
plurimis Cass. pen., Sez. VI, 8 novembre 1977, n. 15974; Sez. IV, 14 maggio 1987, n.
10910; Sez. IV, 12 aprile 1988, n. 10354; Sez. IV, 10 aprile 1997, n. 4940).”
A conferma dell’orientamento della Suprema Corte di Cassazione si possono ricordare:
“L’assicuratore deve rispondere dei danni cagionati dall’assicurato nei limiti previsti dal
contratto e con il vincolo della solidarietà con il danneggiante. La legge del 24 dicembre
1969 n. 990, che consente la citazione diretta dell’assicuratore, ha introdotto una nuova
figura di responsabile civile che non è in contrasto con i principi generali di cui all’art.
185 c.p. e risponde alla finalità di rafforzare la garanzia di risarcimento per il
danneggiato.”(Cassazione penale, sez. VI, 8 novembre 1978, Cardini; cfr anche
Cassazione penale, sez. IV, 10 aprile 1997, n. 4940; Cassazione penale, sez. IV, 24
gennaio 1990; Cassazione penale, sez. IV, 16 gennaio 1989; Cassazione penale, sez. IV,
14 maggio 1987).
Si può quindi ritenere che sussista la legittimazione di un soggetto a partecipare al
processo penale in qualità di responsabile civile solo se contemporaneamente sia
presente un imputato del cui operato esso debba rispondere “per legge”, non essendo
42
viceversa sufficiente il fondamento della responsabilità su di un diverso titolo, ad
esempio di origine contrattuale (da ultimo Cass.pen, sez.VI, 27.10.2005 n.39388).
Sulla base di tali premesse la risposta scaturisce linearmente sulla base delle seguenti
considerazioni:
• se l’azione esercitata è pur sempre la stessa in sede civile e in sede penale;
• se la chiamata dell’assicuratore quale responsabile civile nel processo
penale non è consentita per il solo fatto della relazione contrattuale
intercorsa con l’imputato (in forza della quale si sia impegnato a tenerlo
indenne dalla responsabilità azionata dalla parte civile), ma si collega
all’esistenza di una responsabilità ex lege gravante sull’assicuratore, che
lo configura come responsabile ai sensi del 2° comma dell’art.185 c.p.;
• se quindi la legittimazione passiva ex art.83 c.p.c. dell’assicuratore
dell’imputato in tanto sussiste in quanto sia prevista una azione diretta del
danneggiato verso di esso, come avviene in tema di assicurazione
obbligatoria r.c.a.;
• sembra logico sostenere che in caso di lesioni del trasportato, chiunque sia
l’imputato fra i conducenti dei veicoli coinvolti, l’assicuratore r.c.a. del
vettore, quale soggetto chiamato a rispondere dell’azione diretta ex
art.141 C.d.a. è legittimato quale responsabile civile ex art.83 c.p.p., oltre
all’assicuratore dell’effettivo responsabile nella specifica ipotesi di
esuberanza del massimale di cui all’ultima parte del 1° comma,
dell’art.141;
• non si scorge motivo per cui non debba essere applicabile anche in sede
penale la disciplina dell’estromissione sostitutiva di cui al 3° comma dello
stesso articolo.
La conclusione raggiunta può apparire forse inconsueta e paradossale nell’ipotesi in cui
l’imputato sia il conducente del veicolo antagonista e non il conducente vettore del terzo
trasportato; tuttavia l’alternativa prospettabile nel rispetto dei principi consolidati sopra
illustrati non potrebbe che essere costituita dalla negazione della possibilità di evocazione
dell’assicuratore r.c.a. nel processo penale quale responsabile civile.
Torino, 15 ottobre 2008
Umberto Scotti
43