POLITECNICO DI MILANO
Scuola di Architettura e Società
Sede di Mantova
Laurea Magistrale in Architettura
I parametri termoigrometrici nell'analisi del
Palazzo Pallavicino di Cremona:
monitoraggio e simulazione in regime dinamico.
Autore:
Paolo Robusti
matricola - 804241
Relatore:
Prof. Alberto Grimoldi
Correlatori:
Prof. Carlo Manfredi
Prof. Andrea Luciani
Anno Accademico 2014/2015
201
Abstract
Il tirocinio svolto presso il laboratorio di Analisi a Diagnostica del costruito mi ha
permesso di entrare in contatto con molti esempi di monitoraggi delle condizioni
climatiche interne effettuati dallo staff guidato dal Professor Alberto Grimoldi. Le
attività che mi è stato consentito di svolgere su questi interventi hanno aperto la
strada alla redazione della presente tesi di laurea.
La prima parte della trattazione, attraverso la disamina delle variabili coinvolte nei
processi di conservazione dei materiali igroscopici, degli effetti di degrado di
maggior rilievo a queste connessi e degli strumenti da utilizzare per le rilevazioni si
propone di fornire un quadro conoscitivo quanto più possibile completo con
l'intento di dotare il lettore degli strumenti necessari alla comprensione della parte
conclusiva di analisi incentrata sul caso studio.
L'elaborato si occupa poi di esaminare le relazioni intercorrenti tra le strutture
murarie, in particolare quelle massive, tipiche dell'architettura storica, e la complessa
fenomenologia che interessa la propagazione del calore, nelle sue varie forme,
attraverso queste ultime. Lo studio si propone di portare alla luce almeno alcune
delle possibili discrepanze tra il comportamento reale delle murature massive di
antica costruzione, e di quello simulato mediante appositi softwares che fanno
riferimento alle direttive internazionali attuali inerenti le prestazioni energetiche degli
edifici.
In seguito, la disamina delle peculiarità della simulazione del comportamento
termico effettuata in regime dinamico, su un caso di studio, il Palazzo Pallavicino di
Cremona, dotato di un impianto di riscaldamento di tipo Temperierung,
contrappone gli esiti del monitoraggio attualmente in corso su alcune porzioni
significative del fabbricato, in particolare del locale adibito a presidenza, a quelli
ottenuti dalle simulazioni sulla medesima porzione, mettendo in luce alcuni aspetti
che possono compromettere l'attendibilità degli esiti finali.
1
Indice
7
Introduzione
1
Grandezze, fenomeni fisici e di degrado interessati
1.1
Cenni sulla conservazione dei beni culturali
10
1.2
Degradi riscontrabili su materiali organici ed inorganici
12
1.3
Cause ed effetti delle varie tipologie di degrado
13
1.4
Variabili in gioco per il controllo del clima interno T/UR/US
19
1.4.1
Temperatura
20
1.4.2
Pressione parziale di vapore acqueo
1.4.3
Umidità specifica
( kg/kg, g/kg )
21
1.4.4
Umidità assoluta
( kg/mc, g/mc )
22
1.4.5
Umidità relativa
(%)
23
1.4.6
Temperatura di rugiada
1.4.7
Distanza dal punto di rugiada
( C° )
25
1.4.8
Temperatura a bulbo umido
( C° )
25
( C°, K° )
( hPa, mbar )
( C° )
21
24
1.5
Correlazioni tra temperatura a bulbo asciutto, umido e punto di rugiada
26
1.6
Strumentazioni per la misurazione dei parametri termoigrometrici
27
1.6.1
Psicrometro elettronico
28
1.6.2
Termometri ad alta risoluzione per misure in continuo
30
1.6.3
Sensori capacitivi per misure di umidità relativa
31
1.6.4
Rilevatori all'infrarosso per misure di temperatura a distanza
32
1.6.5
Anemometri
34
1.6.6
Strumenti per l'analisi della concentrazione di particelle in aria
35
2
2
Nascita e diffusione di impianti centralizzati ad acqua calda
2.1
Sviluppo impianti ad acqua calda, sistemi Perkins
37
2.2
Il sistema ad acqua calda "Temperierung"
43
3
Strutture murarie massive e loro comportamento
3.1
Cenni sul comportamento termico delle murature
54
3.1.1
Isolamento per riflessione
54
3.1.2
Isolamento resistivo
55
3.1.3
Isolamento capacitivo, sfasamento ed attenuazione
57
3.2
Cenni su simulazione in regime stazionario e regime dinamico
4
Caso studio: Il Palazzo Pallavicino di Cremona
4.1
La storia del Palazzo
63
4.2
Caratteristiche dell'immobile
66
4.3
Descrizione del restauro effettuato e del progetto
69
4.4
Storia recente dell'utilizzo e delle problematiche riscontrate
75
4.5
Inquadramento Clima cremonese
78
4.6
Strumentazione utilizzata per le rilevazioni
81
4.7
Descrizione del monitoraggio in corso e variabili considerate
84
4.8
L'analisi dei risultati ottenuti dal monitoraggio in continuo
87
4.9
Prime conclusioni sul sistema Temperierunq
90
3
59
5
La simulazione energetica in regime dinamico
5.1
Differenze tra regime dinamico e regime stazionario
93
5.2
I softwares utilizzati: EnergyPlus e Polimess
95
5.3
Descrizione delle simulazioni effettuate e delle problematiche riscontrate
5.3.1
5.4
6
I dati climatici
96
5.3.2 I dati geometrici del modello
97
5.3.3 I dati dei materiali e dei componenti d'involucro
98
5.3.4 I dati degli apporti interni
101
5.3.5 I dati della ventilazione e delle infiltrazioni
102
5.3.6 I dati dei sistemi impiantistici
103
Confronto dei dati ottenuti dalle simulazioni effettuate
104
5.4.1
105
Confronto delle variabili ottenute
5.4.2 Confronto dei dati sul fabbisogno energetico per riscaldamento
106
Conclusioni sull'uso dei simulatori in ambito conservativo
114
4
Indice delle figure
Figura 1 - Palazzo Pallavicino Ariguzzi a Cremona, veduta da p.zza S.Omobono. 116
Figura 2 - Palazzo Pallavicino Ariguzzi a Cremona, veduta aerea nel contesto urbano
e localizzazione del locale della presidenza (evidenziato).
117
Figura 3 - Modello realizzato per la simulazione energetica con EnergyPlus del
Palazzo Pallavicino nel contesto urbano.
118
Figura 4 - Fotoinserimento del modello realizzato per la simulazione energetica con
EnergyPlus del Palazzo Pallavicino nel contesto urbano.
118
Figura 5 - Locale della presidenza. Restituzione planimetrica della psicrometria
eseguita il 30/01/2014 (a sinistra) , termografia eseguita l’8/3/2013 (in basso a destra),
entrambe con impianto acceso
119
Figura 6 - Locale della presidenza. Collocazione planimetrica del locale della
presidenza.
120
Figura 7 - Locale della presidenza. Collocazione in sezione del locale della
presidenza.
120
Figura 8 - Locale della presidenza, collocazione planimetrica delle sonde di
temperatura a contatto, del globotermometro e della sonda T° ed UR aria interna
(adiacente al globotermometro).
121
Figura 9 - Locale della presidenza, collocazione in sezione delle sonde di
temperatura a contatto (n12 esterna ed n13 interna), del globotermometro e della
sonda T° ed UR aria interna (adiacente al globotermometro).
5
121
Indice dei grafici
Grafico 1 - Dettaglio temperatura aria e radiante il 1°genaio 2015 interne alla
presidenza
122
Grafico 2 - Temperature interna ed esterna (T int, Text), Temperature superficiali
delle pareti nella parte alta (T...a) e bassa (T...b) a confronto
122
Grafico 3 - T° ed UR esterne da file climatico della stazione di Piacenza e rilevate sul
posto a confronto (Anno intero)
123
Grafico 4 - T° ed UR esterne da file climatico della stazione di Cremona (via
Fatebenefratelli) e rilevate sul posto a confronto (Anno intero)
124
Grafico 5 - T° esterne da file climatico Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul
posto, T°ed UR interne
alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a
confronto (Anno intero)
125
Grafico 6 - T° esterne Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR
interne
alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto
(riscaldamento acceso)
126
Grafico 7 - T° esterne Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR
interne
alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto
(riscaldamento acceso)
127
Grafico 8 - T° esterne Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR
interne alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto (riscadamento
spento)
128
Bibliografia
129
6
Introduzione
Il tirocinio svolto presso il laboratorio di Analisi a Diagnostica del costruito mi ha
permesso di entrare in contatto con molti esempi di monitoraggi delle condizioni
climatiche interne effettuati dallo staff guidato dal Professor Alberto Grimoldi. Le
attività che mi è stato consentito di svolgere su questi interventi hanno aperto la
strada alla redazione della presente tesi di laurea.
Quest'esperienza, di grande importanza formativa, oltre a motivare e rendere
possibile la redazione del presente elaborato, mi ha fatto comprendere, da un lato,
la grande complessità dei fenomeni igrotermici coinvolti nella conservazione di beni
culturali in genere, e dall'altro, le difficoltà legate alla raccolta di dati con le adeguate
strumentazioni tecnologiche ed alla loro successiva elaborazione.
La materia trattata in questo elaborato è estremamente complessa e ricca di
situazioni peculiari, di cui si è cercato di dare conto con la massima chiarezza
possibile, ciò ha reso necessaria una corposa opera di studio e rielaborazione dei
riferimenti bibliografici utilizzati.
La prima parte dell'elaborato si incentra sulla contestualizzazione storica del caso
studio del Palazzo Pallavicino di Cremona, scelto per la grande complessità edilizia e
per la conseguente ricchezza di peculiarità, ma soprattutto per la quantità di dati
analitici disponibili grazie al monitoraggio in continuo in corso.
Nella prima parte della trattazione, si sono prese in esame le variabili coinvolte nei
processi di conservazione dei materiali igroscopici, degli effetti di degrado di
maggior rilievo a queste connessi e degli strumenti da utilizzare per le rilevazioni. Ci
si propone, mediante un'attenta disamina delle peculiarità degli argomenti
sviluppati, di fornire un quadro conoscitivo quanto più possibile completo, con
l'intento di dotare il lettore degli strumenti necessari alla comprensione della parte
conclusiva di analisi incentrata sul caso studio.
In seguito si passa all'esame degli impianti centralizzati ad acqua calda, cercando di
ricostruirne la storia, a partire dalle prime, pionieristiche installazioni del riconosciuto
7
inventore di questa tipologia di sistemi, Jean Simon Bonnemain alle successive del
marchese di Chabbannes, fino al brevetto industriale che ne sancì la diffusione su
larga scala, ad opera di Angier March Perkins, cercando di darne, in breve, una
collocazione storica utile a comprendere le prerogative tecnologiche necessarie alla
loro creazione, rese possibili dalla Rivoluzione Industriale. La recente riscoperta di
questi sistemi di riscaldamento ad acqua, avvenuta in area tedesca, con la
denominazione di "Temperierung", ha conferito nuove peculiarità e nuovi ambiti di
applicazione, di cui si cerca di dare una disamina concisa, per esaminarne nel
prosieguo, più attentamente, pregi e difetti.
In seguito l'elaborato fornisce una contestualizzazione storica del caso studio del
Palazzo Pallavicino di Cremona, scelto per la grande complessità edilizia e per la
conseguente ricchezza di peculiarità, ma soprattutto per la quantità di dati analitici
disponibili grazie al monitoraggio in continuo in corso e per la presenza di un
impianto ad acqua a circuiti scaldanti di tipo Temperierung.
Il funzionamento dell'impianto di riscaldamento installato nel Palazzo Pallavicino,
costituito da tubi in rame, nei quali circola acqua calda come fluido termovettore,
alloggiati in un intonaco sovrapposto in malta di calce dello spessore di circa 5 cm
collocato lungo le murature in laterizio del palazzo, viene preso in esame cercando
di mettere in luce gli aspetti che costituiscono un vantaggio in relazione alle
considerazioni di carattere conservativo introdotte nel primo capitolo, ma, allo stesso
modo, la trattazione non si sottrae dal dovere di valutarne attentamente le criticità
che gli anni di funzionamento hanno evidenziato.
L'elaborato si occupa poi di esaminare le relazioni intercorrenti tra le strutture
murarie, in particolare quelle massive, tipiche dell'architettura storica, e la complessa
fenomenologia che interessa la propagazione del calore, nelle sue varie forme.
Lo studio si propone di portare alla luce almeno alcune delle possibili discrepanze
tra il comportamento reale delle murature massive di antica costruzione, e di quello
simulato mediante appositi softwares che fanno riferimento alle normative attuali
inerenti il risparmio energetico degli edifici.
8
L'analisi operata sul Palazzo Pallavicino si incentra sul locale adibito a presidenza,
individuato, tra quelli che presentano maggiori criticità, come quello più adatto per
lo studio dei fenomeni termoigrometrici ed alla trama di correlazioni che li interessa,
considerando sia le ridotte dimensioni dell'ambiente stesso che lo scarso utilizzo.
Le valutazioni compiute sugli esiti del monitoraggio (attualmente ancora in corso)
cercano di fare chiarezza sul reale funzionamento del sistema di riscaldamento,
considerando le variabili più significative tra quelle di cui si è dato conto nella prima
parte della trattazione, in particolare temperatura dell'aria, delle superfici murarie,
radiante ed umidità relativa. Le considerazioni risultanti dall'esame dettagliato degli
andamenti di tali grandezze nel breve e nel lungo periodo, tendono a smentire
alcuni dei principi di base che sembravano, invece, caratteristici di questo tipo di
impianti.
La trattazione si inoltra poi in una breve disamina delle metodologie utilizzate per la
simulazione del comportamento energetico degli edifici, con riferimenti alle
normative vigenti in Italia, valutando in particolare il metodo di analisi in regime
dinamico, ad oggi riconosciuto come l'unico che possa dare informazioni attendibili
sul reale comportamento delle murature massive, valutando su base oraria tutte le
variabili interessate.
Si sono effettuate simulazioni in regime dinamico mediante due softwares,
EnergyPlus, mediante l'applicativo Best Energy
fornito dal dipartimento BEST
(Building Environment Science & Tecnology), e Polimess, messo a disposizione dal
dipartimento di Ingegneria Energetica del Politecnico di Milano.
L'analisi conclusiva contrappone i dati ottenuti dal monitoraggio in continuo sul
locale della presidenza, a quelli derivati dalle simulazioni effettuate sulla medesima
porzione, mettendo in luce alcuni aspetti che possono compromettere, almeno in
alcune condizioni, la veridicità degli esiti delle simulazioni, dovuti in larga misura alla
difformità delle condizioni climatiche locali, delle condizioni termoigrmetriche dei
materiali e dei componenti edilizi e dei comportamenti, spesso inconsapevoli ed
inadeguati degli utenti.
9
1
Grandezze, fenomeni fisici e di degrado interessati
1.1
Cenni sulla conservazione dei beni culturali
Se si fa riferimento al Codice dei beni culturali e del paesaggio (DLgs n42 del 2004),
la definizione di beni culturali, si può leggere:
" Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle Regioni,
agli altri enti pubblici territoriali, nonchè ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a
persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresigli enti ecclesiastici
civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o
etnoantropologico".
Volendo specificare in modo più dettagliato, si può dire che fanno parte dei beni
culturali tutti gli oggetti sacri e di culto, reliquie, libri, fotografie, opere d'arte,
strumenti musicali, costruzioni ed edifici monumentali, arredi, decorazioni, musei,
palazzi e residenze storiche. Tutte queste opere richiedono di essere salvaguardate
in quanto si può asserire senza timore di smentita che essi appartengono alla
categoria delle risorse "non rinnovabili" e, una volta deteriorati, non si possono più in
alcun modo riportare alle condizioni originarie.
La necessità di preservare le tracce delle epoche passate, che significa dunque
conservare la forma originale degli spazi, dei luoghi, dei manufatti e di tutti gli
oggetti che custodiscono la memoria storica di un popolo, passa quindi attraverso la
tutela e la salvaguardia di quanto ci è pervenuto.
Le problematiche legate alla conservazione delle opere d'arte si sono molto
accentuate nel nostro secolo a causa delle variazioni delle condizioni ambientali
dovute all'aumento del'inquinamento atmosferico e, negli ambienti confinati quali i
palazzi storici ed i musei, alla fruizione di massa, fenomeno di grande attualità
seguito all'aumento di benessere degli ultimi decenni .
I beni culturali, di qualsiasi tipologia, risultano molto sensibili alle variazioni di
temperatura ed umidità relativa e, negli anni, si sono adattati alle particolari
10
condizioni microclimatiche locali, ai valori medi ed alla loro variabilità. Conservare
significa quindi pianificare interventi atti a contrastare le cause di degrado, ossia
interventi volti al mantenimento delle condizioni ambientali più idonee, con lo scopo
di ridurre al minimo gli interventi di restauro che altrimenti si renderebbero
necessari, e che comunque non possono in alcun modo, nonostante la fatica profusa
ed gli ingenti costi sostenuti, riportare i manufatti alle condizioni antecedenti al
deterioramento.
L'orientamento generale attualmente seguito da chi si occupa di conservazione
pone la prevenzione dei danneggiamenti sul gradino più alto delle azioni da mettere
in campo, da realizzarsi mediante monitoraggi diagnostici frequenti con lo scopo di
arrestare i possibili deterioramenti ed evitare, fin dove possibile, di ricorrere a
restauri.
La fisica riconosce che "nessun fenomeno fisico spontaneo è reversibile", quindi
"qualsiasi azione, incluso il naturale invecchiamento, causa una modificazione
irreversibile", dunque anche in ambito conservativo si è obbligati a fare i conti con
questa realtà. Da qui si evince che qualsiasi opera d'arte o manufatto di ogni genere,
al pari di quanto accade agli esseri viventi, nel tempo subisce delle inevitabili
modificazioni, che non possono essere evitate, ma solo rallentate.
Da numerosi studi ad oggi eseguiti, si è compreso chiaramente che si può fare
moltissimo per migliorare le condizioni di conservazione, in quanto le nuove
metodologie e tecnologie permettono di individuare degradi e cause al loro
insorgere, anche se, di contro, tecnologie sofisticate richiedono tecnici con un
elevato grado di specializzazione e costi talvolta molto elevati per un corretto
funzionamento.
E' noto altresì come i beni culturali a noi pervenuti siano rimasti pressoché intatti per
secoli, conservati in ambienti con particolari condizioni termoigrometriche, come ad
esempio nei casi delle opere conservate nelle chiese ed in taluni musei e palazzi. Il
recente avvento dei sistemi di riscaldamento, che ha preso piede negli ultimi
decenni, ha invece causato enormi danneggiamenti ad opere esposte, stucchi e
superfici decorate, serramenti ed agli edifici stessi, dovuti al cambiamento delle
11
condizioni ambientali interne agli edifici. Inoltre le opere fisiche necessarie per
l'installazione di generatori e canalizzazioni hanno richiesto il sacrificio o il
danneggiamento delle componenti strutturali.
Nella trattazione successiva si cercherà di approfondire queste tematiche delineando
un quadro generale dei vari fattori in gioco per poter giungere a delle conclusioni
calate sulle lavorazioni eseguite sul caso studio del Palazzo Pallavicino, passando
attraverso lo studio del monitoraggio in corso e la simulazione del comportamento
termico del complesso mediante l'utilizzo dei softwares "Polimess" ed "EnergyPlus".
1.2
Degradi riscontrabili su materiali organici ed inorganici
Come già detto in precedenza, si può affermare che ogni cosa in natura, al pari
degli esseri viventi, col passare del tempo, si modifica, subendo un degrado tanto
inevitabile quanto irreversibile. Le cause di tali modificazioni possono essere di varia
natura ed origine. E' possibile individuare trasformazioni chimiche e fisiche, nel corso
della vita di un materiale, dovute a molteplici fattori, quali, ad esempio, l'aggressione
da parte dei componenti dell'atmosfera ( quali ossigeno, acqua, inquinanti ecc.) o
dalla radiazione naturale o artificiale che sia.
Ogni materiale tende naturalmente a raggiungere un equilibrio con l'atmosfera, e
più nello specifico, con le condizioni microclimatiche dell'ambiente in cui è inserito.
La condizione di equilibrio si intende riferita sia alla temperatura che all'umidità, il
che significa che un oggetto raggiunge naturalmente la temperatura dell'ambiente
ed inoltre assorbe o rilascia il vapore acqueo presente nell'aria.
Da ciò consegue che, se ogni oggetto o edificio, seguendo la naturale tendenza a
mettersi in equilibrio con le condizioni atmosferiche in cui si trova, modifica il suo
stato iniziale in funzione del variare della condizioni, ebbene questi mutamenti
causano sicuramente dei danneggiamenti, l'entità dei quali dipende dai materiali di
cui si compone l'oggetto. Dunque, per maggior chiarezza, si può affermare che ogni
materiale ha una propria specifica capacità di resistere alle variazioni delle condizioni
12
microclimatiche in cui si trova inserito, e che tali variazioni sono alla base dei
fenomeni di degrado cui esso incorre.
Le variazioni climatiche o microclimatiche, ossia delle condizioni di temperatura ed
umidità relativa, sono cicliche e vengono denominate termoigrometriche.
Un insieme di fattori è alla base dei cicli termoigrometrici, responsabili del maggiore
o minore degrado dei beni culturali in funzione sia della loro "ampiezza", ossia della
differenza più o meno ampia tra i picchi di valori registrati, che della frequenza con
cui occorrono, che dalla loro durata. Ad essi sono infatti associati una lunga serie di
fenomeni di degrado quali, ad esempio, stress, alterazione della struttura del
materiale, trasporto di sali e deposizione di inquinanti.
Si cercherà a questo punto, facendo seguito a queste importanti premesse, di
rendere la trattazione un poco più approfondita, passando all'esame delle varie
tipologie di degrado cui sono soggetti i beni culturali.
1.3
Cause ed effetti delle varie tipologie di degrado
Prima di sviluppare la trattazione di questi fenomeni è bene specificare che si
esamineranno cause, effetti e si cercherà di comprendere qualche strategia di
rimedio, limitatamente alle situazioni di clima interno agli edifici, che si ritengono più
pertinenti allo sviluppo successivo del presente elaborato.
Come accennato in precedenza, tutti i materiali utilizzati per la costruzione di edifici
ed opere d'arte in genere rispondono ai cambiamenti di temperatura ed umidità
relativa.
Si ritiene utile precisare alcuni concetti di base utili alla comprensione delle
considerazioni che seguiranno.
Una variazione di temperatura innesca una conseguente variazione dimensionale in
qualunque materiale, l'entità di quest'ultima dipende dal coefficiente di espansione
proprio del materiale.
13
Quando un materiale è sensibile alle variazioni di umidità relativa (definiti materiali
igroscopici), ebbene questo tende ad assorbire o rilasciare nell'ambiente umidità,
fino al raggiungimento della condizione di equilibrio. Il contenuto igrometrico di
equilibrio dei materiali igroscopici è determinato dall'umidità relativa, il che significa
che quando il livello di umidità nell'ambiente aumenta il materiale assorbe acqua e si
gonfia, quando l'umidità diminuisce il materiale si asciuga e si ritira.
A seguito di queste considerazioni bisogna aggiungere che con il passare del tempo
i materiali perdono la loro elasticità originaria, risultando ancora più sensibili alle
variazioni termoigrometriche ambientali. I materiali subiscono nel tempo un
irrimediabile
invecchiamento,
proprio
come
avviene
negli
esseri
viventi,
accompagnato da un adattamento al microclima locale che li rende poco adatti agli
spostamenti e molto sensibili alle variazioni climatiche.
Riprendendo a parlare più nello specifico di edifici storici ed opere d'arte in essi
contenute, si è riscontrato che questi, nei secoli, si sono adattati alle condizioni locali
per due diverse vie. La prima possibilità è che essi abbiano subito delle deformazioni
permanenti come risultato del raggiunto equilibrio tra i materiali che compongono
l'oggetto ed il microclima, la seconda è che si siano create delle fratture in essi per
permettere la variabilità dimensionale indotta dai cicli ambientali.
Altra distinzione importante per la comprensione della diversificazione dei degradi fa
capo, come accennato in precedenza, all'alternarsi più o meno rapido dei cicli
termoigrometrici. Infatti dei cicli rapidi (ad esempio forti escursioni termiche
nell'alternarsi di giorno e notte) determinano espansioni differenziali e stress
particolarmente dannosi per gli strati superficiali dei materiali e dei manufatti in
genere. Espansioni e restringimenti nel breve periodo avvengono con differente
velocità tra gli strati più superficiali e quelli più interni (che rispondono più
lentamente alle variazioni), questo genera crepe, distacco di strati pittorici e di
decorazioni.
Variazioni più lente, invece, influenzano i materiali in profondità, diventando causa di
danneggiamenti di maggior entità, dovuti principalmente ai differenti coefficienti di
dilatazione dei materiali che compongono l'oggetto o il manufatto.
14
Tenendo presente che nei manufatti di interesse artistico le superfici sono la parte
più importante, in quanto è sulla superficie che sono depositati gli strati di finitura
che costituiscono gli elementi di pregio delle opere, in fase di progettazione è
doveroso dedicare un maggior attenzione al controllo dei cicli termoigrometrici
quotidiani, rispetto che a quelli stagionali.
In pratica, i cicli termoigrometrici inducono una serie di meccanismi di alterazione
meccanica e accelerano rotture per fatica in materiali sensibili. Più veloce risulta
essere il ciclo, maggiore è il gradiente di temperatura all'interno del materiale, più
ripida la parte anteriore della propagazione dell'onda termica all'interno del
materiale, maggiore è la forza con cui il materiale reagisce (ritirandosi oppure
allungandosi) e dunque più veloce sarà l'invecchiamento e il danno nello strato
superficiale.
Per la conservazione è dunque di fondamentale importanza che temperatura ed
umidità relativa rimangano il più possibile costanti, ciò è garanzia della stabilità del
contenuto igrometrico dei materiali e, come si è visto, della loro stabilità
dimensionale.
Un secondo aspetto da considerare quando si parla di fenomeni di degrado
riguarda l'annerimento delle superfici, che avviene a causa dei movimenti dell'aria e
della presenza di aria calda che trasporta particelle di polvere, fumo, e batteri che
lambendo le superfici più fredde si depositano su queste ultime.
In un ambiente circoscritto gli squilibri termici tra le superfici causati da
irraggiamento solare attraverso le parti trasparenti dell'edificio o da sistemi di
riscaldamento sono causa di formazione di moti convettivi, i quali generalmente
aumentano i fenomeni di deposizione con il risultato di deturpare e contaminare le
superfici decorate ed ogni oggetto presente. Da quanto esposto si evince la
necessità di ridurre il più possibile la presenza di moti convettivi attraverso
l'eliminazione di fonti di squilibrio termico, il che risulta molto difficile in ambienti
predisposti per l'uso antropico continuativo, ma, comunque sia, ogni intervento deve
tenere conto anche di queste problematiche e le soluzioni devono essere
consapevolmente valutate prima di essere messe in atto.
15
Un terzo aspetto di grande interesse che riguarda l'insorgere di fenomeni di
degrado è dovuto all'eccessiva presenza di umidità nell'ambiente. Quando il grado
di umidità relativa dell'aria e/o il contenuto di acqua nei materiali è troppo elevato, si
innescano varie tipologie di degrado che è possibile inquadrare in fenomeni di
ossidazione
e
corrosione
delle
parti
metalliche,
degrado
biologico
con
deterioramento delle sostanze organiche e/o colonizzazione microbiologica delle
superfici, efflorescenze su superfici murarie a seguito della migrazione di sali disciolti
su strutture troppo umide.
Per quanto concerne le efflorescenze, fenomeni che dipendono dall'adsorbimento di
acqua con sali disciolti in essa naturalmente presenti nel terreno. L'unico rimedio
possibile è allontanare le cause, ossia di predisporre terreno drenante ed opere di
scarico delle acque piovane o allontanamento di corsi d'acqua nei pressi degli edifici
per ridurre drasticamente l'imbibizione che, comunque, difficilmente potrà essere
annullato.
Relativamente agli altri degradi causati dalla presenza di acqua sulle superfici si
possono invece mettere in campo una serie di strategie che presentano anch'esse
aspetti favorevoli e non, a seconda dell'ambito di applicazione.
Eccessi di aumento dell'umidità relativa interna ad un ambiente confinato possono
essere dovuti all'affollamento temporaneo. E' utile ricordare che ogni persona è
fonte di calore e vapore e fornisce all'atmosfera in media 0,05 kg/ora di vapore
acqueo, quindi la massiccia presenza di persone riunite in un ambiente ristretto
comporta un sensibile aumento di temperatura ed umidità.
La prima ,e forse più semplice, soluzione può essere di garantire il ricambio dell'aria
interna con quella esterna mediante l'apertura di finestre o con unità meccaniche di
aspirazione e reimmissione dell'aria. Questo metodo può essere valido per
contrastare gli effetti negativi dell'eccesso di umidità dell'aria, ma non lo può essere,
per esempio per contrastare l'umidità di risalita (anzi accelererebbe il fenomeno), ne'
per evitare modificazioni di temperatura delle superfici e relative variazioni
dimensionali.
16
Una strategia differente è la deumidificazione meccanica dell'ambiente con appositi
apparati tecnologici. Anche in questo caso il metodo, che può ritenersi un ottimo
compromesso in caso di situazioni di affollamento, non è opportuno se lo si applica
in strutture che presentano problematiche di risalita capillare in quanto non farebbe
altro che aumentarne l'evaporazione dell'umidità a della conseguente deposizione di
sali.
Una terza via per ottenere una diminuzione degli effetti negativi della
condensazione è il riscaldamento delle superfici per portarle al di sopra del punto di
rugiada. Questo si può ottenere mediante installazione di emettitori ad
incandescenza ad Infrarossi (IR) a corta o media lunghezza d'onda, da porre ad
opportuna distanza. Un altro metodo potrebbe essere quello di inserire delle
resistenze elettriche o delle tubature ad acqua calda nella parete (vedi sistemi
Temperierung), strategie che consentono di raggiungere i livelli desiderati di
temperatura delle superfici, ma che hanno il difetto di essere invasive, quindi
l'impatto deve essere attentamente valutato prima dell'installazione.
Si passa ora ad esaminare l'ultima macrocategoria di possibili degradi, quella legata
all'insorgenza di biodeteriogeni di vario tipo, ossia di specie animali e vegetali che si
nutrono o semplicemente creano colonie sui materiali che compongono i manufatti,
definita genericamente "degrado biologico".
Negli edifici, ed in particolare in quelli storici, condizioni particolari del microclima
interno e le loro variazioni, possono favorire lo sviluppo di microflora sui manufatti e
sulle superfici, il che diviene causa di deterioramento biologico.
Varie specie di funghi, di batteri e di alghe sono i più frequenti biodeteriogeni. Ogni
gruppo sistematico è caratterizzato da particolari esigenze ecologiche che ne
determinano o meno lo sviluppo, ovviamente anche in relazione alle caratteristiche
del substrato ed alle condizioni ambientali presenti.
Ai fini del biodeterioramento, la quantità d'acqua presente nell'ambiente, ossia sia
nei materiali che la disponibilità della stessa, risulta essere il fattore discriminante.
L'acqua è infatti l'elemento necessario per le diverse attività metaboliche di tutti gli
organismi viventi e per il mantenimento stesso delle funzioni vitali di base.
17
A seconda del fabbisogno di acqua, gli organismi vengono distinti in vari gruppi
(acquatici, igrofili, mesofili, xerofili e poichiloidrici), che possono tollerare valori alti o
bassi di presenza d'acqua. Altra distinzione che si riporta per completezza di
informazioni è quella tra organismi fotoautotrofi, ossia che necessitano di luce per
produrre le sostanze per il loro sostentamento, ed organismi eterotrofi, che invece
producono da altre fonti le sostanze utili allo sviluppo, con la conseguenza che
quest'ultimi possono svilupparsi anche in ambienti chiusi.
Come già detto in precedenza, la presenza d'acqua è uno dei fattori di maggior
importanza per l'insorgenza di biotipi dannosi per i manufatti, ma anche la
temperatura ha un'influenza elevata. Infatti si è visto che temperature comprese tra i
20° ed i 30°C favoriscono lo sviluppo di queste forme di vita.
Sebbene in ambienti confinati le variazioni di temperatura ed umidità relativa siano
più ridotte di quanto avviene nell'ambiente esterno, si è visto come incrementi di soli
2-3°C a determinati livelli di umidità relativa, siano sufficienti, per esempio, alla
germinazione di alcuni tipi di spore fungine, determinando la rapida colonizzazione
delle superfici dei materiali su cui sono depositate (tessuti, legno, carta).
La ventilazione dei locali, dal punto di vista biologico, acquista una duplice valenza.
Un aspetto negativo per le superfici è dato dalla veicolazione e diffusione di spore e
batteri, uno positivo è invece la disidratazione, l'asciugatura del materiale e delle
cellule che ne blocca lo sviluppo.
Va detto però che il movimento d'aria, in condizioni normali, difficilmente è un
fattore limitante, è più verosimile che induca crescita o asciugatura incidendo sugli
altri fattori ambientali, come Temperatura, umidità relativa e disponibilità d'acqua.
In ambienti confinati, dunque, è bene tenere conto di ogni fattore che possa
modificare le condizioni interne, in particolare non si deve omettere di considerare la
presenza di sistemi di riscaldamento o raffrescamento e dei loro cicli di accensione e
spegnimento, la presenza di utenti, l'apertura di porte e finestre, le fonti di
illuminazione, la destinazione d'uso dei locali ecc.. Tutti questi aspetti, come già
accennato, determinano variazioni delle condizioni termoigromentriche interne e
sono da valutare con attenzione caso per caso.
18
1.4
Variabili in gioco per il controllo del clima interno T/UR/US
Le figure professionali che si occupano della conservazione di edifici storici e beni
culturali in genere si trovano a dover fare i conti con molti fenomeni che possono
manifestarsi e comprometterne parzialmente o totalmente le condizioni. Questo
vasto insieme di fenomeni risulta molto eterogeneo e, come detto in precedenza,
difficile da riconoscere, sebbene oggi le indagini si possano svolgere in modo
preciso, talvolta queste possono risultare complesse ed onerose. Il controllo che ci si
propone di esercitare sui manufatti infatti deve necessariamente tenere conto di
molte variabili che generalmente riducono l'efficacia di avanzati sistemi impiantistici
e talvolta arrivano ad annullarne gli effetti benefici.
Il microclima interno ad un edificio in cui è situata un'opera, oppure quello locale,
inteso come l'intorno di un edificio, è sempre la risultante di un insieme di variabili
climatiche (situazione climatica locale) ed ambientali (collocazione fisica dell'oggetto)
che si correlano alla composizione materica del manufatto alla peculiare
configurazione ed alla sua collocazione all'interno dell'ambiente.
Tenendo presente per conoscenza le considerazioni appena fatte in breve, che
richiederebbero un approfondimento maggiore di quanto non sia possibile fare in
questa sede, si proverà adesso a fornire una definizione semplificata quanto più
possibile dei fattori che interessano la nostra ricerca, al fine di renderne
comprensibile il prosieguo.
Si ritiene di doversi astenere, nella presente trattazione, da un esame più
approfondito delle formule con cui si calcolano le variabili interessate, rimandando a
fonti più autorevoli di chi scrive. In questa sede, si cerca di solamente di fornire delle
spiegazioni teoriche più chiare possibile, per rendere comprensibili anche al lettore
meno esperto le correlazioni di maggior rilievo nella valutazione dei fenomeni di
degrado e delle loro cause.
19
1.4.1
Temperatura
( C°, K° )
La temperatura è la grandezza fisica che da la misura oggettiva del livello di caldo o
di freddo con cui ci commisuriamo. La scala di misurazione usata più
frequentemente in Europa è quella centigrada, o Celsius, che assegna 100°C alla
temperatura di ebollizione dell'acqua e 0°C a quella di fusione del ghiaccio.
In ambito internazionale si usa invece la scala Kelvin, o assoluta, che assegna a 0°K,
detto zero assoluto, (temperatura minima raggiungibile) al valore di -273,16°C, ed
usa il grado Kelvin(K) come unità di misura quantitativamente identica al grado
centigrado.
La temperatura non è una misura della quantità di energia termica o del calore di un
sistema, però è ad essa correlata. Pur con notevoli eccezioni, se ad un sistema viene
fornito calore la sua temperatura aumenta, mentre se gli viene sottratto calore la sua
temperatura diminuisce; in altre parole un aumento di temperatura del sistema
corrisponde a un assorbimento di calore da parte del sistema, mentre un
abbassamento di temperatura del sistema corrisponde a una cessione di calore da
parte del sistema.
Quando
due
sistemi
si
trovano
in equilibrio
termico non
avviene
nessun trasferimento di energia e si dice che sono alla stessa temperatura. Quando
esiste una differenza di temperatura, il calore tende a muoversi dal sistema che viene
detto a temperatura più alta verso il sistema che diremo a temperatura più bassa,
fino al raggiungimento dell'equilibrio termico.
In definitiva si può dire che la temperatura registra il trasferimento di calore da un
corpo più caldo verso uno più freddo. Quest'ultima considerazione sarà di
fondamentale importanza più avanti nella trattazione, quando si parlerà di flusso di
calore attraverso le superfici disperdenti dell'edificio in esame.
20
1.4.2
Pressione parziale di vapore acqueo
( hPa, mbar )
La pressione parziale di vapore acqueo è la pressione esercitata dalle molecole di
vapore presenti in una massa d'aria.
La pressione di saturazione è la pressione esercitata dalle molecole di vapore alla
massima concentrazione permessa dalla temperatura della massa di aria. Questo
significa che una data massa d'aria, ad una certa temperatura può contenere al
massimo una certa quantità di vapore, non di più. Al di sopra di tale concentrazione
le molecole di vapore condensano perché in quelle condizioni non possono esistere.
Il processo attraverso cui si raggiunge la massima concentrazione che causa la
condensazione è continuo e si definisce dinamico. In pratica nella massa d'aria in
esame avviene in continuo il passaggio di molecole dallo stato gassoso allo stato
liquido e viceversa., tuttavia la quantità di molecole presenti in forma di vapore
risulta costante, questa quantità è detta vapore saturo o pressione di saturazione e
tensione di vapore saturo.
Per il nostro caso studio è importante comprendere che maggiore è la presenza di
vapore nell'aria e maggiore sarà la sua tendenza a condensare sulle superfici. E'
però importante notare che la pressione del vapore nella massa d'aria è
inversamente proporzionale alla sua temperatura, ossia maggiore è la temperatura
e maggiore è la capacità dell'aria di contenere vapore, e, come conseguenza,
inferiore è la tendenza a condensare di quest'ultimo.
1.4.3
Umidità specifica
( kg/kg, g/kg )
L'umidità specifica (US) è un altro parametro fondamentale nella comprensione dei
fenomeni fisici in esame. Essa esprime il rapporto tra le molecole di vapore ed il
numero totale di molecole di aria secca più quelle del vapore stesso.
L'umidità specifica è un parametro indipendente dalla temperatura e dal volume, di
conseguenza essa rimane invariata in qualsiasi processo termodinamico, purché in
21
tale processo non vi siano fenomeni di variazione di contenuto di vapore, come ad
esempio evaporazione e condensazione.
In pratica, in una certa massa d'aria secca e vapore, l'umidità specifica rappresenta la
quantità di vapore presente espressa in grammi. E' dunque una grandezza che
rappresenta la massa d'aria in esame.
La misurazione dell'umidità assoluta è molto importante nelle indagini diagnostiche
sui degradi dei beni culturali perché permette essa rimane invariata se non ci sono
apporti di vapore nell'ambiente (da umidificatori o superfici umide) o estrazione di
vapore (da deumidificatori), ne consegue che, monitorando questo parametro, si
possono individuare od escludere delle possibili cause generatrici.
E' importante aggiungere che anche per l'umidità specifica , come visto in
precedenza per la pressione parziale, esiste un valore di saturazione, il quale
esprime la quantità di vapore massima che può essere contenuta in una massa d'aria
ad una certa temperatura.
Diversamente dal valore dell'umidità specifica, che si esprime in termini assoluti e
non dipendenti da altri fattori, l'umidità specifica di saturazione, ossia il suo valore
massimo, non è costante, ma risulta dipendente dalla temperatura dell'aria. Infatti,
maggiore sarà la temperatura dell'aria e maggiore potrà essere il vapore in essa
contenuto.
1.4.4
Umidità assoluta
( kg/mc, g/mc )
L'umidità assoluta è una variabile che si riporta per dovere di informazione, in
quanto spesso viene confusa con quella specifica, ma che non risulta utile ai fini
conservativi.
Si definisce come la quantità di vapore acqueo, contenuta nell'unità di volume.
Questa grandezza non è particolarmente utilizzata in ambito conservativo in quanto
dipende dal volume della massa d'aria e dalla quantità di vapore in essa contenuto.
Sapendo che il volume è variabile in funzione della temperatura (se aumenta la
22
temperatura, aumenta anche il volume dell'aria), si riscontra che, se in un ambiente
la temperatura aumenta, l'umidità assoluta diminuisce, a differenza di quella
specifica che, nella medesima situazione,si mantiene costante.
Ciò detto, e considerato che l'umidità specifica non dipende da altri parametri se
non quelli quantitativi delle masse d'aria e di vapore, essa risulta essere molto più
utilizzata per ottenere un riferimento costante del livello di umidità presente
nell'atmosfera (o nell'ambiente confinato) che si intende studiare, mentre la
valutazione dell'umidità assoluta risulta poco utile.
1.4.5
Umidità relativa
(%)
Il parametro più importante ai fini della conservazione e del comportamento dei
materiali è l'umidità relativa.
Le deformazioni e gli stress subiti dai materiali dipendono prevalentemente dalle
variazioni del livello di umidità relativa presente nell'ambiente, da ciò la grande
importanza cui sopra accennato.
In pratica questo valore da informazioni non tanto sul quantitativo di vapore acqueo
presente in atmosfera, ma sul livello presente rispetto a quello massimo possibile. Il
suo monitoraggio ed il suo controllo sono fondamentali per ridurre o, nell'ipotesi
migliore, annullare gli effetti negativi dei cicli termoigrometrici cui si faceva cenno in
precedenza.
Esso si esprime con un valore percentuale, in quanto è il risultato del rapporto tra la
massa di vapore acqueo contenuta in una massa d'aria e la quantità di vapore che la
stessa massa d'aria potrebbe contenere in condizione di saturazione alla
temperatura considerata. Si specifica che quanto appena descritto è strettamente
correlato alla temperatura dell'aria, infatti si è detto in precedenza che il quantitativo
massimo di vapore che una massa d'aria può contenere varia in base alla
temperatura (più alta sarà la temperatura, maggiore sarà il quantitativo di vapore
che essa potrà contenere).
23
In pratica si motiva il fatto che, se la temperatura resta costante, all'aumentare del
contenuto di vapore, anche l'umidità relativa si innalza. Se invece rimane costante il
contenuto di vapore, un aumento della temperatura causa una diminuzione del
livello di umidità relativa, recependo la maggior capacità di contenere vapore
dell'aria più calda.
Si può dunque asserire, con riferimento ai fini conservativi, che in un ambiente ideale
per la conservazione l'umidità relativa dovrebbe rimanere costante. Se si
manifestano variazioni nella temperatura o nel quantitativo di vapore acqueo
presente, queste dovrebbero essere compensate da variazioni controllate di
entrambi i parametri, volte a mantenere costante il valore dell'umidità relativa.
1.4.6
Temperatura di rugiada
( C° )
Come accennato in precedenza una massa d'aria, raggiunto un certo valore di
concentrazione del vapore, si satura e comincia a condensare sulle superfici.
La temperatura di rugiada può essere definito come il valore della temperatura alla
quale la massa d'aria e vapore deve essere portata perché possa iniziare il processo
di condensazione su una superficie piana. E' un parametro molto importante ai fini
conservativi, deve essere monitorato con attenzione per evitare che avvenga la
condensazione superficiale che accompagna alcuni dei fenomeni di degrado visti in
precedenza. Se, ad esempio, a causa dello spegnimento del sistema di
riscaldamento la temperatura della massa d'aria e vapore raggiunge il valore di
saturazione, ha inizio il processo di condensazione sulle superfici interne, con tutte le
conseguenze di cui sopra.
24
1.4.7
Distanza dal punto di rugiada
( C° )
E' una grandezza molto intuitiva che da informazioni circa la differenza termica tra la
massa d'aria e vapore ed il valore della propria temperatura di rugiada. Per maggior
chiarezza si può dire che essa rappresenta la quantità di gradi centigradi dei quali la
massa d'aria e vapore deve essere raffreddata perché possa iniziare la
condensazione in aria libera.
1.4.8
Temperatura a bulbo umido
( C° )
Questa particolare misurazione della temperatura è definita dalla fisica come la
temperatura di equilibrio, a pressione costante, indicata da un termometro ricoperto
da una garza imbibita d'acqua soggetta ad evaporazione adiabatica tramite
l'esercizio di una ventilazione forzata alla velocità di 3-5 m/s.
La temperatura a bulbo umido risulta inferiore a quella rilevata dal termometro
normale perché l'evaporazione dell'acqua, di cui è imbibita la garza, per avvenire
necessita di calore che viene sottratto al bulbo, abbassandone di conseguenza la
temperatura.
L'abbassamento termico (detto anche depressione di bulbo bagnato) rilevato dalla
differenza tra la temperatura a bulbo asciutto e quella a bulbo umido risulterà
maggiore in un ambiente asciutto che in uno molto umido, ossia sarà maggiore con
umidità relativa inferiore.
In conseguenza di quanto appena detto, si può anche asserire che la temperatura a
bulbo umido dipende dal grado di saturazione dell'aria, è quindi funzione del
contenuto igrometrico di quest'ultima, e si può definire anche come la temperatura
di equilibrio dell'acqua evaporante in atmosfera, in presenza di ventilazione
moderata (come detto 3-5 m/s).
25
La rilevazione delle due temperature, molto importante per il calcolo matematico
delle grandezze termodinamiche citate nei paragrafi precedenti, si attua mediante
uno strumento molto preciso che si chiama psicrometro.
1.5
Correlazioni tra temperatura a bulbo asciutto, umido e punto di rugiada
Ai fini della conservazione è necessario, come detto in precedenza, conoscere i
parametri che sono stati definiti nei paragrafi precedenti. In particolare, per la
comprensione delle condizioni termoigrometriche delle superfici, è fondamentale la
conoscenza delle temperature a bulbo asciutto, a bulbo umido e del punto di
rugiada della massa d'aria e vapore, in quanto risultano elementi necessari a
comprendere se una superficie si trova in fase di evaporazione o di condensazione.
La prima considerazione va fatta sulla temperatura delle superfici. E' bene precisare
che una superficie (non porosa), per essere causa di condensazione della massa di
vapore contenuta nell'atmosfera (o in un ambiente confinato) deve raffreddarsi fino
a raggiungere il valore della temperatura di rugiada, se questo raffreddamento non
avviene, non può avvenire la condensazione e dunque nessun fenomeno di degrado
ad essa correlato.
In riferimento alla temperatura a bulbo umido, si può dire che essa rappresenta la
temperatura più bassa che può raggiungere una superficie d'acqua evaporante,
dunque questa è la temperatura che una superficie umida deve raggiungere per
consentire all'acqua contenuta di evaporare (quindi per asciugarsi).
E' molto importante considerare anche che tra le tre grandezze la temperatura di
rugiada è sempre quella più bassa, mentre la temperatura a bulbo asciutto è
costantemente la più alta, invece la temperatura a bulbo umido, ossia la temperatura
dell'acqua evaporante, si attesta sempre tra le altre due.
A seconda del livello di umidità relativa i valori si allontanano o si avvicinano, fino a
coincidere quando si raggiunge il 100%, situazione in cui il quantitativo di vapore
presente nella massa d'aria in esame è massimo e tale da condensare sulle superfici.
26
Da queste considerazioni è possibile dedurre che per evaporazione non si potrà mai
raggiungere la temperatura di condensazione, infatti sia i valori della temperatura di
condensazione che quelli della temperatura a bulbo umido vengono raggiunti
tramite raffreddamenti isobarici (alla medesima pressione) fino ad arrivare a
saturazione. La temperatura di rugiada è raggiunta senza variare il contenuto di
vapore o di umidità specifica, mentre la temperatura a bulbo umido si raggiunge
fornendo acqua, ossia aumentando l'umidità specifica ed anticipando di fatto la
saturazione dell'acqua.
Dunque il monitoraggio ed il confronto di queste tre temperature è utile per la
comprensione del fenomeno in atto e fornisce elementi inequivocabili per
raggiungere delle soluzioni.
1.6
Strumentazioni per la misurazione dei parametri termoigrometrici
Nelle analisi che seguiranno, relativamente al caso studio, si prenderà in esame il
clima locale sulla base dei dati raccolti dalle stazioni metereologiche locali negli
ultimi anni. Questi dati verranno utilizzati per confrontare e, laddove necessario, per
integrare le rilevazioni recenti derivate dal monitoraggio in continuo che è
attualmente in corso presso il Palazzo Pallavicino di Cremona.
Esaminate nei paragrafi precedenti le variabili interessate e le principali correlazioni
intercorrenti tra di esse, in questa sezione dell'elaborato si ritiene utile fornire una
panoramica degli strumenti utilizzati per le rilevazioni climatiche interne, i cui risultati
saranno, più avanti, oggetto di analisi e confronto con i risultati del software di
simulazione.
Nel prosieguo ci si soffermerà sulla disamina degli strumenti utilizzati per le
rilevazioni, dette "microclimatiche", necessarie all'analisi del clima interno (Indoor),
tralasciando per semplicità le considerazioni sul clima esterno (Outdoor), in quanto si
ritiene sia un argomento troppo ampio per poter essere affrontato in questa
trattazione.
27
La microclimatologia si è sviluppata sui concetti base della fisica dell'atmosfera,
dunque anche la strumentazione in uso per l'analisi microclimatica risulta
strettamente correlata a quella utilizzata nel campo della fisica dell'atmosfera.
Tuttavia ci sono delle differenze significative riscontrabili tra la strumentazione utile al
rilevamento dei fenomeni climatici outdoor e quella per i fenomeni indoor.
I fenomeni microclimatici interni infatti richiedono dei limiti operazionali molto più
ristretti, e, talvolta, una maggior sensibilità alle variazioni termodinamici di piccola
entità. La strumentazione adatta alle rilevazioni climatiche esterne deve essere in
grado di funzionare in ambiente esterno, dunque anche in condizioni climatiche non
favorevoli e con variazioni di notevole entità, molto superiori a quelle riscontrabili in
ambiente interno. Alla strumentazione per il monitoraggio del clima esterno si
richiedono dunque differenti prestazioni, anche se i principi fisici su cui si basano
sono gli stessi.
Le operazioni di misura sono da effettuarsi con un'idonea strumentazione, solo in
questo modo si possono, infatti, ottenere delle informazioni quantitative utili alla
comprensione dei processi in atto.
1.6.1
Psicrometro elettronico
Lo psicrometro elettronico è uno strumento ad alta precisione utilizzato per la
rilevazione dei parametri termoigrometrici caratteristici dell'aria dell'ambiente e di
quella lambente le superfici che si intendono studiare.
La misurazione dell'umidità viene effettuata mediante la lettura di due termometri (di
norma due termistori con risoluzione di 0,1°C e costante nel tempo inferiore a 10 s)
posti l'uno accanto all'altro, dei quali uno viene mantenuto asciutto mentre l'altro
umido, ricoperto da una garzetta bagnata con acqua distillata e sottoposto ad una
leggera ventilazione di 3-5m/s.
Le letture ottenute dai due termometri sono le temperature a bulbo asciutto ed a
bulbo umido di cui si è ampiamente parlato in precedenza.
28
Lo psicrometro è lo strumento più accurato disponibile, in particolare per valutare
alti valori di umidità relativa, anche se bisogna tenere presente alcune limitazioni al
corretto funzionamento. In primo luogo non è possibile utilizzarlo in condizioni di
eccessivo rigore termico, infatti se la temperatura è tale da fare congelare l'acqua di
cui è imbevuta la garzetta, l'evaporazione non può avvenire correttamente e di
conseguenza le letture non sono efficaci.
Inoltre, anche a livelli di umidità relativa al di sotto del 20%, lo strumento da dei
problemi. Questi risultano essere dovuti al fatto che l'evaporazione dell'acqua della
garzetta è eccessiva, visto l'alto livello di secchezza dell'aria, e, di conseguenza, non
riesce a raffreddare al massimo possibile il bulbo umido, il quale quindi non da le
informazioni che dovrebbe. Nonostante queste limitazioni lo psicrometro rimane lo
strumento più affidabile e preciso oggi a disposizione dei ricercatori.
Quando si eseguono campagne di misura manuale, come avviene nel caso del
Palazzo Pallavicino, l'operatore deve fare molta attenzione a non interferire con lo
strumento, o a farlo il meno possibile, posizionandosi in modo corretto rispetto allo
strumento stesso.
Per rendere possibile il confronto dei dati, le rilevazioni vengono eseguite con uno
stesso psicrometro che, grazie alla velocità di risposta, può essere spostato in tempi
brevi da un punto di misura all'altro con la conseguenza di evitare errori di
intercalibrazione tra diversi strumenti. Ne consegue che l'unico vero limite è la
risoluzione (precisione) dello strumento che si utilizza. va detto inoltre che, nella
valutazione dei gradienti (di vari tipi, ad es. aria e temperatura ed umidità), quello
che interessa è la differenza tra i valori rilevati, per cui qualsiasi errore sistematico
strumentale diviene, ai fini dell'analisi, assolutamente trascurabile ed ininfluente.
29
1.6.2
Termometri ad alta risoluzione per misure in continuo (in aria e di
superficie)
Quando ci si approccia ad un'analisi microclimatica ambientale, un altro tipo di
informazione utile è la conoscenza della temperatura delle superfici, importante per
l'analisi dei flussi di calore, e di conseguenza dei cicli termoigrometrici, nello studio
del processo di condensazione superficiale, nonché nell'analisi dei processi di
deposizione.
Per la misurazione delle temperature superficiali vengono comunemente utilizzate
delle sonde dotate di resistenze poste a contatto con le superfici in esame. I sensori
utilizzati per questo genere di rilevazioni sono delle sonde con al loro interno una
resistenza al
platino (resistenza elettrica che varia al
variare della T°,
commercialmente nota con il nome di Pt100) od un termistore (semiconduttore i cui
elementi variano la loro resistività al variare della T° ), collegati a sensori che
vengono posizionati sulle superfici. Le caratteristiche dichiarate dalle case costruttrici
sono generalmente un'incertezza pari a +/-1°C ed una costante di tempo di circa 1
s.
Questo tipo di rilevazioni, come nel caso di quelle psicrometriche, sono
estremamente delicate. Talvolta esse stesse possono essere causa di alterazione
delle condizioni della superficie, oppure è possibile che si stia misurando una
temperatura intermedia tra quella della superficie e quella dell'aria, o ancora, è
possibile che il sensore risenta dell'energia fornita dall'esterno. Altra causa di errore
può essere l'involucro da utilizzare a protezione del sensore, che deve
necessariamente utilizzato, ma che, soprattutto in situazioni di variabilità, influisce
negativamente condizionando la risposta dello strumento.
Appare superfluo sottolineare che delle misurazioni della temperatura di superficie
eseguite in modo non appropriato o interpretate senza tener conto delle modalità
operative, possono condurre facilmente a risultati erronei e rivelarsi inutili o devianti.
Questo tipo di sensori (Pt100 o termistori) viene utilizzato anche per l'analisi dei
profili termici verticali per lo studio della stabilità atmosferica interna. L'aria ambiente
30
è soggetta a frequenti e veloci variazioni delle sue caratteristiche termoigrometriche,
soprattutto in ambienti frequentati come sono quelli di esposizione o di
consultazione. Per analizzare la dinamica dei fenomeni occorre perciò avere risposte
veloci e precise, e questo tipo di strumenti possono rispondere bene a queste
esigenze. Occorre però prestare molta attenzione alle capsule utilizzate per la
protezione dei sensori, in quanto la loro presenza può "tagliare" le variazioni
termiche più veloci o rilevarle con un certo ritardo, che dipende dall'apparato
incapsulante.
Le case costruttrici dichiarano normalmente, relativamente all'"incertezza" dello
strumento da loro prodotto, caratteristiche riguardanti la sola parte sensibile e non
tutto l'insieme, cioè contenitore e sensore, per cui le caratteristiche lette possono
risultare diverse da quanto successivamente rilevato nella realtà. E' quindi necessario
essere molto critici nella scelta dello strumento, che va operata in base alle esigenze
ed alle caratteristiche dell'ambiente da analizzare, oltre che molto accorti nell'utilizzo
dello strumento stesso.
1.6.3
Sensori capacitivi per misure di umidità relativa
Il rilevamento dell'umidità relativa in aria è un'operazione molto delicata, soprattutto
se si è in condizioni particolari, come ad esempio in ambienti molto inquinati od in
presenza di valori di umidità relativa costantemente molto elevati (ad esempio in una
grotta).
Per misure da effettuarsi in modo continuativo, o per un lungo periodo, o all'esterno,
vengono con maggior frequenza utilizzati sensori basati sulla risposta di elementi
capacitivi il cui dielettrico è sensibile in modo rapido alle variazioni di umidità
relativa, detti sensori "capacitivi". In questo tipo di sensori l'incertezza è di circa +/1-2% e sono caratterizzati da una costante di tempo che, a seconda dei modelli, può
andare 10-15 s a qualche minuto, soprattutto se i sensori sono dotati di cappucci di
protezione, come accade quasi sempre.
31
Per quanto concerne il
principio di funzionamento di tali apparati, esso risulta
abbastanza semplice: il film dielettrico (materiale cattivo conduttore di elettricità) di
un condensatore (sistema di conduttori separati da materiale isolante detto
"dielettrico") assorbe molecole d'acqua facendo variare la capacità elettrostatica
(rapporto tra la carica elettrica accumulata da una delle due facce di un
condensatore e la differenza di potenziale tra le due facce) del condensatore, lo
strumento misura la variazione della costante dielettrica.
Questi risultano essere sensori abbastanza affidabili e con una bassa isteresi (quando
le due curve di assorbimento e desorbimento di una sostanza, acqua per esempio,
non sono sovrapponibili) riscontrata tra i 5% ed il 95% di umidità relativa, mentre
non lo sono per valori superiori o inferiori ai detti limiti.
I limiti di tali strumenti sono la necessità di una frequente calibrazione, de effettuare
ogni 5 mesi o 1 anno a seconda delle condizioni dell'ambiente in cui operano, e la
loro elevata "deriva"(deviazione nel tempo del valore di origine) che influisce
maggiormente se l'ambiente è inquinato.
1.6.4
Rilevatori all'infrarosso per misure di temperatura a distanza
Dalla fisica si sa che ogni superficie emette energia in funzione della propria
temperatura. I rilevatori all'infrarosso riescono dunque a misurare la temperatura
della superficie in esame attraverso la misurazione dell'energia che esse emette. Il
metodo, teoricamente valido, anche se di difficile interpretazione, è quello di
misurare la temperatura radiometrica di una superficie con un radiometro.
Dalla legge di Stefan-Boltzman si evince che la radiazione emessa dai corpi è una
funzione della loro temperatura, di conseguenza, procedendo a ritroso, dalla misura
dell'energia emessa da un corpo si può risalire alla sua temperatura.
Sempre nella formula citata compare anche il valore dell'emissività, che caratterizza
la specifica superficie di ogni corpo e che non sempre risulta di facile determinazione
o individuazione. Infatti non è semplice conoscere l'emissività specifica di ogni
32
superficie, nonostante esistano valori tabellati, le variabili in campo diventano molte
ed ottenere un risultato preciso è spesso impossibile, in quanto ogni superficie
differisce sia per colore che per rugosità dalle altre.
Nell'ambito di un'analisi microclimatica si possono utilizzare questi strumenti
soprattutto per la misurazione di superfici non facilmente raggiungibili, per le quali è
necessario un rilevamento indiretto.
Basata sullo stesso principio fisico, la tecnica della termografia da risultati comparabili
a quelli che si possono ottenere con i radiometri, ma con un grado di precisione
maggiore. L’indagine termografica consiste nell’impiego di una camera ad infrarossi
(o termocamera) in grado di misurare e visualizzare l'energia termica emessa dagli
oggetti. Le camere ad infrarossi traducono le differenze superficiali di temperatura in
immagini cromatiche secondo opportune tabelle di associazione temperatura-colore
e rappresentano un preciso strumento per la misurazione celerimetrica non a
contatto delle temperature. Le applicazioni della termografia all’infrarosso in campo
edilizio attengono soprattutto alla possibilità di visualizzare la differenza di
temperatura che interessa le parti più sottili e superficiali dell’elemento indagato. La
mappatura di tali discontinuità risulta maggiormente significativa se la ripresa
avviene in regime di transitorio termico (in raffreddamento o in riscaldamento, a
seguito di una prolungata fase di riscaldamento) a seguito di adeguata sollecitazione
termica o in presenza di fenomeni evaporativi.
Le prese termografiche hanno svariati impieghi in ambito edilizio (ma non solo) e
conservativo. La termografia consente infatti di costruire delle mappe delle superfici,
che identificano, attraverso i vari colori, zone termiche aventi la medesima
temperatura e discontinuità.
Si rivelano altresì molto efficaci per lo studio sulle tessiture murarie, per
l'identificazione di elementi non a vista e per l'identificazione di tamponamenti
murari e la mappatura degli interventi precedenti, per quanto concerne lo studio
storico- conoscitivo sull'edilizia storica e monumentale. Inoltre questa tecnica si rivela
importante per il monitoraggio e la diagnostica dello stato di conservazione,
33
rendendo possibile l'individuazione di zone umide, distacchi di intonaci e paramenti
murari sottili in genere, oltre che fessurazioni o formazioni di cricche subsuperficiali.
Come detto in precedenza, la termografia mostra l'energia che viene emessa dai
corpi. Ciò che non è ancora stato specificato è che anche i materiali da costruzione
hanno differenti composizioni chimiche, e quindi differente emissività. Lo studio delle
prese termografiche può avere, tra le svariate forme di utilizzo, anche quella, molto
importante in fase di restauro di mostrare le differenze materiche all'interno delle
tessiture murarie, consentendo interventi mirati e localizzati con precisione.
Nel caso studio del Palazzo Pallavicino le prese termografiche sono state utilizzate
durante tutto l'iter progettuale e dei successivi interventi di restauro, ma lo sono
anche oggi per ottenere conferme sui dati rilevati dalle sonde a contatto e per
ottenere una precisa mappatura della diffusione del calore interno alle strutture.
1.6.5
Anemometri
Gli anemometri utilizzati storicamente sono di vari tipi, taluni funzionali al calcolo
della velocità del vento, altri per la misurazione della pressione del vento. In questa
trattazione, tenendo presente l'ambito di interesse, ossia la conservazione dei beni
culturali, verrà approfondito lo studio di quegli strumenti funzionali al monitoraggio
delle condizioni microclimatiche degli ambienti confinati.
Negli ambienti confinati non si può infatti utilizzare gli anemometri a coppe in uso
per decenni nella meteorologia classica. Infatti questi strumenti hanno dei limiti tali
da non rilevare praticamente nulla in un ambiente in cui la ventilazione presenta
valori così ridotti da collocarsi al di sotto della soglia minima di tolleranza
registrabile.
La ventilazione naturale in un ambiente interno, gli influssi d'aria dall'esterno, le
circolazioni d'aria in un ambiente confinato come una bacheca o la ventilazione in
prossimità delle superfici vengono misurati con uno strumento chiamato
anemometro "a filo caldo".
34
Il principio di funzionamento di questo anemometro è che la perdita di calore del
corpo è funzione del flusso d'aria che lo attraversa. Il calore perso dall'elemento
sensibile dipende dalle caratteristiche del sensore (temperatura, forma geometrica,
dimensione) ed anche da quelle dell'aria (velocità, temperatura, pressione, densità,
proprietà termodinamiche). Tra le variabili appena elencate, l'unica sconosciuta
rimane la velocità dell'aria, quindi la perdita di calore misura la variazione di velocità.
L'elemento sensibile è costituito infatti da un sottilissimo filamento (a seconda della
casa costruttrice il diametro è di qualche nanometro e la lunghezza di alcuni mm)
surriscaldato per effetto Joule.
La quantità di calore che l'aria in movimento asporta dipende dalla velocità della
ventilazione, oltre che dallo sbalzo termico. I limiti della misura sono praticamente
fissati soprattutto dallo strumento registratore.
L'anemometro a filo caldo ha una risposta estremamente veloce (costante di tempo
inferiore ad 1 s) ed una risoluzione (precisione) che può arrivare ad 1-2 cm/s. Grazie
alle caratteristiche appena enunciate questo strumento risulta molto sensibile anche
alle basse velocità dell'aria, come si verificano normalmente in un ambiente
confinato, ed inoltre è in grado di fornire anche la direzione e l'intensità del flusso
d'aria.
1.6.6
Strumenti per l'analisi della distribuzione della concentrazione di
particelle in aria
Per la misura del particolato atmosferico vi sono in commercio molti strumenti che si
basano per la maggior parte sull'aspirazione di un flusso d'aria o sulla deposizione
naturale. In questi ultimi il materiale viene generalmente raccolto su speciali supporti
(i più comuni sono filtri di diversa natura e porosità) e viene poi analizzato mediante
varie tecniche, quali , ad esempio, la microscopia ottica od elettronica, la
diffrattometria a raggi X, la spettrofotometria infrarossa, la cromatografia ionica, le
analisi termiche differenziali e gravimetriche ed altre meno diffuse.
35
Il parametro più importante nella definizione delle caratteristiche fisiche e
comportamentali delle particelle nell'analisi dei processi di deposizione è il diametro.
Per la misura della concentrazione di particelle in atmosfera in funzione del loro
diametro, la strumentazione diviene più complessa. Le tecniche di rilevamento più
precise si basano principalmente su contatori di particelle ("particle counter") il cui
principio di funzionamento si basa sulla diffusione della luce da parte delle particelle.
Questi sistemi consistono nell'analisi computerizzata della diffusione ottica di un
raggio laser che colpisce il flusso d'aria aspirata contenente la particelle
conteggiandole in funzione del loro diametro.
Infatti, in base alla teoria di Mie sulla diffusione della luce, è possibile dedurre
informazioni precise sulle dimensioni delle particelle presenti in atmosfera.
Questi contatori di particelle forniscono una misura del numero di particelle sospese
in funzione dei diametri delle stesse. Tra gli strumenti , quelli più comuni forniscono
rilevazioni di range di diametri che vanno da 0,1 a 10 nanometri, mentre quelli più
sofisticati possono arrivare anche a qualche centesimo di nanometro. In tutti i casi
sono apparecchiature costose e necessitano di frequenti calibrazioni, il loro utilizzo è
quindi da valutare volta per volta, in base ad adeguate valutazioni in termini di
necessità.
36
2
Nascita e diffusione di impianti centralizzati ad acqua calda
2.1
Sviluppo impianti ad acqua calda, sistemi Perkins
In questa sezione si cercherà di dare una collocazione storica agli impianti per il
riscaldamento ad acqua calda, cui il sistema installato nel caso studio, detto
"Temperierung", appartiene. Per fare questo, bisogna risalire alla prima fase della
Rivoluzione Industriale (seconda metà 1700), durante la quale si assistette, attraverso
processi di evoluzione economica e di industrializzazione, ad una progressiva e
repentina modificazione del sistema produttivo, delle modalità, oltre che dei luoghi
di produzione. Ciò che risulta di maggior interesse è che quanto avvenuto in questa
fase storica introdusse trasformazioni e progressi tecnologici in grado di modificare
in modo profondo gli ambienti ad dedicati alla nuova forma della produzione
industriale.
Le intervenute necessità generarono, dunque, nuovi spazi adatti alla produzione,
significativamente diversi da quelli che fino a quel momento si erano realizzati, e con
dotazioni tecnologiche tali da renderli adatti al mantenimento dell'attività durante
tutto l'anno solare. Di particolare pertinenza rispetto all'oggetto di questa trattazione
è l'avvento dei nuovi sistemi impiantistici atti al mantenimento di accettabili livelli di
comfort per i lavoratori e funzionali al mantenimento di livelli di produttività costanti,
che non subivano più l'influenza delle variazioni climatiche stagionali. Le nuove
esigenze dettate dalla produzione industriale, unitamente alla possibilità di realizzare
grandi quantità di articoli in serie, consentirono lo sviluppo di nuovi prototipi ed
attrezzature tecnologiche applicate in ogni ambito ingegneristico, che generarono in
un tempo relativamente breve, modificazioni sostanziali della vita sociale,
professionale e delle abitudini degli individui.
L'avvento di queste modificazioni, da attribuire alle nuove tecnologie di produzione,
ha consentito, da un lato, come già accennato, di mantenere costante la produzione
industriale nel tempo e quindi di generare occupazioni professionali stabili e (non
stagionali come quasi sempre avveniva in passato), e, dall'altro, di modificare le
37
abitudini di vita nelle città. Si rese possibile ciò che ai nostri giorni è dato per
scontato, ossia di poter uscire anche durante le ore notturne grazie ai nuovi sistemi
di illuminazione a gas, di avere acqua potabile di buona qualità in aree periferiche
delle città ( fatto che ne agevolò l'espansione), e di scaldare meglio le abitazioni o i
palazzi pubblici (come ad esempio gli ospedali) rendendole più salubri e
contribuendo all'incremento dell'età media.
Questo insieme di avvenimenti coincidono con quella che più volte è stata definita la
nascita del comfort: dalla seconda metà del XVIII secolo si realizzano le condizioni
favorevoli alla diffusione, presso una base sociale allargata (la nascente borghesia),
di alcune comodità, raffinatezze, piccole astuzie di comportamento che segnano
esattamente la misura del cambiamento sociale in atto.
Dopo questi brevissimi cenni, funzionali ad illustrare come lo sviluppo industriale
diede un impulso fondamentale alla ricerca scientifica ed all'applicazione dei nuovi
sistemi tecnologici in ogni ambito, in questa fase si passerà a trattare più nello
specifico di impianti di riscaldamento, in particolare di quelli ad acqua.
L'avvento di questa tipologia impiantistica è legato alla capacità tecnologica di
realizzare tubature, giunti e componentistica varia in quantità tali da consentire un
sostanziale abbassamento dei costi legati sia alla produzione stessa che alla
manutenzione. La messa in opera di componenti prodotti in serie è, come intuibile,
non solo meno onerosa se la produzione è cospicua, ma dà anche maggiori
garanzie di uniformità prestazionale. Questi fattori consentono da un lato di
abbassare i costi di produzione e la complessità della fase di installazione delle
apparecchiature, dall'altro danno maggiori garanzie di funzionamento e durabilità,
grazie alla maggior precisione ed uniformità delle componenti tecnologiche.
L’idea di proporre un sistema di riscaldamento distribuito attraverso tubature in
metallo risale al breve contributo di tale Colonnello Cook, pubblicato sulle pagine
delle "Philosophical Transactions" nel 1745. La breve descrizione è corredata anche di
una tavola schematica, nella quale è rappresentato un sistema che distribuisce alcuni
circuiti, che si dipartono da una caldaia posta in basso. L’episodio è stato più volte
accostato alla nascita dei sistemi di riscaldamento centralizzato, ed in realtà ne
38
costituisce un precedente importante, soprattutto per quanto riguarda l’attenzione
alla distribuzione nei differenti ambienti, e l’idea di collegarne l’alimentazione alla
cucina, che ricopre un doppio uso, anticipando le applicazioni di Rumford e
Chabannes.
Gli storici delle tecniche sono però concordi nell'attribuire la paternità dell'invenzione
e della realizzazione del primo esempio di impianto centrale ad acqua calda, ad un
sottovalutato architetto francese: Jean Simon Bonnemain, il quale realizza nel 1777
una dotazione particolarmente innovativa per uno stabilimento dedicato alla cova
delle uova, ed all’allevamento di polli.
L'impianto di Bonnemain si rivelò in anticipo sui tempi. La genialità dell'applicazione
tecnologica stava nel fatto che essa consentiva il trasporto del calore prodotto in una
sola centrale termica, per mezzo di un fluido termovettore, ad un interro fabbricato,
cosa che, contemporaneamente utilizzando gli strumenti disponibili in quegli anni,
avrebbe richiesto molti focolari accesi. Inoltre, un altro fattore di grande innovazione
è che questo impianto consentiva di diffondere il calore in modo omogeneo in tutto
l'ambiente, il quale poteva essere più o meno ampio senza procurare particolari
disagi per l'installazione od il funzionamento.
Questa facilità di adattamento dell'impianto si dimostrò una caratteristica molto
importante per la successiva diffusione degli impianti centrali, in quanto
particolarmente calzante per le nuove installazioni industriali che avevano la
necessità di essere riscaldate per consentirne l'uso ed il funzionamento in continuo,
ma fu altresì significativa per le applicazioni all'edilizia residenziale e civile in genere.
Il primo esemplare messo in funzione dell'impianto di Bonnemain è in funzione dal
1778 in un allevamento avicolo, nel quale le tubazioni in metallo conducono l'acqua
calda in tutti i punti dell'edificio, scaldando tanto gli ambienti adibiti alla cova,
quanto quelli in cui i polli alloggiano normalmente.
Un'altra celebre installazione di questa tipologia di impianto fu realizzata nello
Chateau de Pecq, probabilmente di poco successiva alla prima. In questo frangente
però Bonnemain realizza, oltre ad un impianto di grande precisione e longevità,
anche un primo regolatore di temperatura (regulateur du feu) che consentiva la
39
schiusa delle uova in un'incubatrice senza che fossero covate regolando la
temperatura in automatico all'interno dell'ambiente.
Grande eco ebbero queste novità tecnologiche sia in Francia che in Germania, dove
vennero studiate nuove applicazioni industriali ed a vari processi manifatturieri,
come la fusione del sego o la filatura della seta, o, ancora, la macerazione della
canapa e la cristallizzazione dello zucchero dalle barbabietole.
Di poco posteriori alle realizzazioni di Bonnemain, sull'altra sponda della Manica
prendono corpo le prime installazioni di impianti centrali ad acqua calda ad opera
del marchese di Chabannes, il quale , diversamente dal collega francese, impianta a
Londra una fabbrica per la produzione di componentistica e comincia a
promuoverla come "facilities" per il nuovo ceto medio, la sorgente borghesia
imprenditoriale, che in quegli anni cominciava ad emergere ed a richiedere i
maggiori comfort che fino a quel momento erano stati riservati solo ai ceti nobiliari.
Chabannes riesce, oltre ad ottenere riconoscimenti ed una discreta fortuna dalle sue
installazioni, ad operare anche su di una serie di edifici pubblici, come il teatro del
Covent Garden e la House of Commons, uno degli edifici più prestigiosi della storia,
non soltanto dal punto di vista architettonico.
In seguito alle installazioni di Chabanes, i sistemi ad acqua calda conoscono una
rapida diffusione sia in Inghilterra che sul continente e negli Stati Uniti. Si
manifestano molti sostenitori di questa tecnologia tra tecnici, progettisti e critici, che
si presenta più affidabile rispetto agli apparecchi a vapore, sviluppati negli stessi anni
ma ancora incerti per quanto riguarda la stabilità di esercizio.
Il dualismo tra gli impianti ad acqua e quelli a vapore permarrà ancora,
successivamente alle installazioni di Chabannes, per alcuni decenni. Questo fatto ci è
confermato dal trattato di Thomas Tregold "Principles of warming and ventilating
public building" pubblicato nel 1824, che porta molti esempi pratici di installazioni di
impianti a vapore in ambiti industriali e civili, nella sua prima edizione non considera
gli impianti ad acqua, mentre nella seconda, pubblicata solo alcuni mesi dopo,
presenta un'appendice scritta da Josiah Bramah interamente dedicata ai nuovi
impianti ad acqua. Non è di poco conto sapere che proprio la seconda edizione
40
riscosse un ampio successo commerciale e fu tradotta sia in francese che in tedesco
nei due anni seguenti.
Un'altra voce che ebbe una eco fu quella del sovrintendente del County Fire Office
di Londra, Alfred Beaumont, architetto, che pubblicò nel 1835 un peana agli HotWater systems, a seguito dell'installazione di uno di questi impianti nell’ufficio
distrettuale.
Nella sua pubblicazione Beaumont si esprime in termini molto chiari sai a proposito
dei sistemi a vapore, che definisce adeguati solo in caso di grandi installazioni
industriali, vista la necessità di continue ed onerose manutenzioni e gli elevati costi di
gestione, mentre tesse le lodi dei sistemi ad acqua calda diffusi dal marchese di
Chabannes, che risultano estremamente più economici (circa 1/12 del costo
necessario) e di più facile gestione. Egli si spinge a dire che "davvero sembra una
magia, ma il caso illustrato è la dimostrazione che una sola parte su dodici del calore
sviluppato dal combustibile in un sistema ad aria, o a vapore, va a riscaldare gli
ambienti; mentre la gran parte che ne resta, undici dodicesimi, se ne va aspirata
dalla canna fumaria, e viene dispersa sopra il tetto della casa".
in questi impianti l’acqua funziona da fluido termovettore principalmente in due
modi: riscaldando aria che viene portata a contatto con le superfici calde; e
riscaldando direttamente, per irraggiamento. Queste due modalità sostanzialmente
convivono nelle installazioni pionieristiche, ma è da segnalare che la seconda poi
sostituirà gradualmente la prima.
"La più ampia diffusione degli Hot Water systems risale all’attività della famiglia
Perkins. Tra i più noti progettisti ed installatori di sistemi ad acqua calda è questa
famiglia inglese trasferitasi negli States, e poi nuovamente insediata in Gran Bretagna
al volgere del secolo XVIII. Celebri per essere citati nel trattatello del Richardson57, e
da allora inevitabilmente associati ai sistemi di riscaldamento ad acqua calda diffusi
in Inghilterra, devono il proprio successo e la fama che ne fa un modello ancora
nella manualistica di fine secolo, principalmente alla propria abilità commerciale. La
diffusione del sistema Perkins fu dovuta ai numerosi contratti che permisero ad
installatori forse meno dotati ma volonterosi, di riscaldare chiese, case di campagna
41
e vari edifici pubblici nella campagna dell’Inghilterra meridionale, sotto il marchio e
con il nome della famiglia. La ditta Baker-Perkins è ancora oggi attiva nel campo
delle installazioni di impianti industriali" (Manfredi C., "La scoperta dell’acqua calda...",
2013).
Il brevetto che Perkins riuscì ad ottenere, oltre a farne la fortuna commerciale, fu
un'ingegnosa evoluzione degli impianti esistenti, che, sfruttando il potenziale
dell'acqua sotto pressione, consente di ridurre la sezione dei tubi impiegati ad
1"(molto inferiore alle sezioni degli impianti a vapore) rendendoli meno ingombranti
e consentendo al fluido di circolare meglio (il diametro eccessivo ostacola il moto
dell'acqua), e, allo stesso tempo, utilizzando il vaso di espansione, rende l'utilizzo
sicuro. Inoltre è fondamentale riscontrare che la minor quantità di fluido da
riscaldare è un grande vantaggio in termini di rapidità del raggiungimento del livelli
di temperatura di esercizio, consentendo accensioni e spegnimenti frequenti, se
necessario.
Il brevetto dell'impianto, che di per sé non fu una grande innovazione rispetto agli
impianti fino ad allora realizzati da Bonnemain e da Chabannes, fu seguito da una
lunga serie di altri brevetti per la componentistica, come quello per i giunti a vite in
ghisa che permettevano ai condotti di reggere le alte pressioni di esercizio cui
venivano sottoposti. Questa attenzione commerciale che contraddistinse l'opera dei
Perkins, ne consentì l'affermazione sul mercato sia in Inghilterra che in vari paesi
esteri fino agli anni Cinquanta del XIX secolo, poi, vista la mancanza di un sistema di
ricircolo dell'aria viziata, conobbe un lento ridimensionamento, a favore di sistemi di
riscaldamento integrati per la ventilazione degli ambienti.
Ricollegandosi alle considerazioni fatte in precedenza sullo sviluppo del sistema
industriale nell'Ottocento, si può anche riconoscere che due aspetti fondamentali
contribuirono a fare la fortuna di questi sistemi: l’applicabilità del sistema Perkins su
larga scala e la possibilità di produrre i componenti del sistema in serie con una
filiera di tipo industriale.
Ebbe così inizio l'era del riscaldamento degli edifici nella forma in cui, seppur con
qualche variazione e miglioria tecnologica, è pervenuto a noi. La storia dunque
42
chiarisce come, nella sostanza, durante l'Ottocento si verificarono le condizioni
sociali e tecnologiche che consentirono alle innovazioni di svilupparsi, essendosi
creata non solo la conoscenza teorica per concepirle,
ma anche la capacità
tecnologica per realizzarle, oltre che al tessuto sociale ed economico pronto a
recepirle.
2.2
Il sistema ad acqua calda "Temperierung"
Una delle varianti dell'originale sistema realizzato da Bonnemain, che in alcune sue
applicazioni, per la verità, differisce dall'originale solo per la componentistica
utilizzata, è stato messo a punto dal Bayerische Landesamt fur Denkmalpflege
(Soprintendenza per i musei non statali della Baviera) per risolvere alcune
problematiche legate alla conservazione delle tele a contatto con le murature fredde
dei palazzi storici. I maggiori esempi di realizzazione e di studio di questo sistema
vennero realizzati a cavallo degli anni '80 del secolo XX°, nell'ambito del progetto
europeo Eureka/Eurocare "Prevent" che vide la collaborazione di più vari paesi, tra
cui l'Italia.
Vi sono anche altri ambiti in cui questo sistema è stato studiato, quali ad esempio il
progetto "Friendly Heating" and "Climate for Culture", ma anche con le ricerche di
vari istituti universitari e di tutela dei Beni Culturali in area tedesca che non si
riportano per brevità, rimandando alle fonti bibliografiche per eventuali
approfondimenti.
Gli studi effettuati sulla "Temperierung" sono ispirati da alcuni criteri che si
ricollegano alle necessità primarie della conservazione.
In primo luogo si considera il ruolo che l'involucro edilizio svolge, in particolare sulla
regolazione del clima interno e sulla stabilizzazione dei valori delle variabili
climatiche interessate, cui si sono dedicati alcuni paragrafi del capitolo 2 di questa
trattazione.
43
Secondariamente si considera il mantenimento del clima interno, ossia la necessità di
ottenere condizioni stabili e variazioni quanto più lente possibile, quindi il ruolo
fondamentale che l'inerzia termica delle murature si trova a svolgere.
In ultima istanza va detto che non si possono considerare gli standard internazionali
sui valori climatici come validi, in quanto questi non tengono in nessun modo conto
né delle specifiche condizioni ambientali e stagionali locali, né delle caratteristiche
tipologiche e costruttive di ciascun edificio, nonché delle sue specifiche modalità di
riscaldamento e raffrescamento.
Fatte doverose queste premesse si passa ora a descrivere gli aspetti più tecnici del
sistema in esame, allo scopo di comprenderne in funzionamento.
La Temperierung consiste nell'installazione, nelle murature o in adiacenza, di tubi in
rame in cui circola acqua riscaldata come fluido termovettore a temperature che
variano tra i 30° ed i 60°C. I circuiti scaldanti vengono disposti lungo tutto il
perimetro degli ambienti e lungo la pareti divisorie interne a quote differenti dal
basso fino ad un'altezza massima di 1,5 m circa, in modo da creare più anelli nella
parte bassa delle murature con lo scopo di alzare la temperatura di queste ultime
riducendo anche, per conseguenza, la quantità di umidità contenuta.
Il riscaldamento dei paramenti murari e la conseguente asciugatura degli stessi
ingenera molteplici effetti positivi, quali, in particolare, la riduzione dei rischi di
condensazione dell'umidità presente nell'aria interna ed il miglioramento della
prestazione energetica dell'involucro opaco.
Questa tipologia di impianti possiede dei requisiti unici per alcuni aspetti, che
risultano estremamente importanti ai fini della conservazione di opere d'arte e
strutture edilizie storiche.
In primo luogo la maggiore temperatura delle superfici murarie, contrastando la
formazione di condensa su di esse, migliora le condizioni di conservazione
nell'ambiente delle opere d'arte, ma, in particolare, delle tele esposte, che
normalmente soffrono l'effetto "parete fredda" (formazione di condensa ed
insorgenza di degradi a causa di batteri o funghi). Quanto detto è anche utile in
ottica di risparmio energetico, perché non rende necessari altri, più costosi, sistemi di
44
riscaldamento dell'aria interna, che, nei periodi di funzionamento, richiedono apporti
energetici molto superiori degli impianti Temperierung.
In secondo luogo vanno considerati gli effetti dell'asciugatura delle murature che
consegue al loro riscaldamento, riassumibili nei due principali in seguito elencati.
Dal punto di vista conservativo (in questo caso si intende riguardo alle strutture
murarie), l'aspetto di maggior interesse risulta essere correlato alla riduzione degli
effetti di degrado che conseguono alla deposizione salina causata dall'evaporazione
dell'umidità di risalita.
E' bene precisare, però, che questo risultato si ottiene solo in caso di funzionamenti
in continuo dell'impianto. Infatti in caso di uso intermitente o saltuario, nei periodi di
spegnimento dell'impianto, la muratura tenderebbe ad ri-adsorbire, principalmente
dal terreno, l'acqua persa generando cicli di ricristallizzazione dei sali in essa disciolti,
aumentando dunque il degrado delle strutture in modo irreversibile. E' bene
dunque, in fase di progettazione, valutare con attenzione rischi e benefici di questo
tipo di installazioni, perché un uso scorretto o non appropriato alla destinazione
d'uso dei locali, potrebbe vanificare gli esiti positivi della realizzazione.
L'altro aspetto di rilievo riguarda invece la trasmissione del calore attraverso le
murature. Come illustrato nel capitolo precedente, infatti, una muratura umida
genera una dispersione termica molto maggiore rispetto ad una asciutta, da ciò
consegue che, se il sistema di riscaldamento contribuisce a mantenere molto basso il
livello di umidità presente, ebbene significa che questo concorre anche alla riduzione
della dispersione termica, quindi alla riduzione dei consumi energetici.
A questo punto risulta interessante illustrare le modalità di trasferimento del calore in
un sistema Temperierung, che risultano essere assimilabili ai sistemi di riscaldamento
a pavimento, ma, diversamente da questi, possiedono alcune peculiarità che li
distinguono e ne rendono più conveniente l'impiego in ambito conservativo.
Il calore viene ceduto all'ambiente, analogamente a quanto avviene nei sistemi a
pavimento, mediante radiazioni infrarossa a bassa frequenza (onde molto "lunghe"),
scambio per conduzione con la muratura (quando i circuiti vengono inseriti nel
45
paramento) o con l'aria interna ed infine scambio convettivo tra la muratura o i
circuiti in rame e l'aria interna.
Il risultato che si ottiene con questo tipo di impianto è quello di creare in ogni
ambiente una sorta di fascia scaldante lungo tutte le pareti, aumentando la
superficie di scambio termico rispetto ai più comuni sistemi ad acqua che riscaldano
principalmente l'aria per scambio convettivo, quali radiatori e ventilconvettori. La
fascia scaldante che si crea con la Temperierung sfrutta invece la componente
radiante (quindi l'irraggiamento) in misura maggiore, il che contribuisce aumentare
la sensazione di comfort degli occupanti, in particolare nelle vicinanze delle
murature, e riduce gli effetti negativi derivanti dai moti convettivi, quali in primis
l'annerimento delle superfici dovuto al trasporto di polvere ed inquinanti in aria e la
conseguente deposizione di questi sulle superfici più fredde (solai, parte alta delle
pareti e serramenti.
Analogamente a quanto rilevato mediante il monitoraggio in continuo effettuato sul
Palazzo Pallavicino di Cremona, il calore e la sensazione di comfort per gli utenti
sono più marcati in prossimità delle fasce riscaldanti, da ciò consegue che
l'applicazione di questo sistema impiantistico è particolarmente adatta in ambienti di
dimensioni ridotte, mentre in caso di applicazione in ambienti ampi, si rende
necessaria l'integrazione delle fasce laterali con fasce a pavimento, fattore da
valutare attentamente in caso di restauro di palazzi storici con pavimentazioni di
pregio.
I punti critici della Temperierung sono già emersi, ma vale la pena di esplicitarli con
maggior chiarezza per evitare fraintendimenti.
In primo luogo si deve considerare la formazione dei moti convettivi in prossimità
delle murature. Questo aspetto è inevitabile (anche per gli altri comuni sistemi di
riscaldamento) ed è causa di un lento ma inesorabile annerimento delle superfici
murarie e di deposizione di polveri e particelle sottili sulle opere d'arte presenti
nell'ambiente. La deposizione di particelle è maggiore sul soffitto, in particolare
laddove questo abbia una temperatura sensibilmente inferiore a quella dell'aria
riscaldata che la lambisce. In questo caso si possono verificare anche fenomeni di
46
condensa, con il notevole strascico di fenomenologie di degrado che li
accompagnano.
In caso di installazione è dunque bene monitorare, preferibilmente in continuo per
un lasso di tempo che sia di almeno un anno, le temperature interne dell'ambiente e
quelle delle superfici, onde avere consapevolezza dei rischi di condensa e, laddove
possibile, provvedere ad installare degli isolamenti per evitare l'eccessivo
raffreddamento dei solai e di eventuali serramenti.
Altro fattore di criticità riguarda l'utilizzo intermittente. La muratura asciugata dal
calore fornitole dai circuiti scaldanti ha in se la naturale tendenza ad inumidirsi
nuovamente, qualora ne abbia la possibilità. Il funzionamento in continuo evita che
questo si verifichi, perché riesce a creare una fascia calda che blocca la risalita
dell'umidità dal terreno, o comunque al di sotto di tale fascia. Questo esito rischia di
diventare problematico se il funzionamento è intermittente, in quanto la muratura,
nelle fasi di spegnimento dell'impianto avrebbe la capacità di imbibersi nuovamente
ed in seguito ne verrebbe nuovamente forzata l'asciugatura, con lo spiacevole
lascito di sali cristallizzati che, ad ogni ciclo, aggraverebbe ulteriormente la
situazione di conservazione di intonaci, murature, stucchi ed ovviamente di eventuali
altri beni culturali presenti.
Altri fattori di cui tenere conto in fase di progettazione, sono derivanti dal livello di
occupazione, ossia, in sostanza, dalla destinazione d'uso dei locali. E' infatti molto
diverso impostare adeguatamente il funzionamento di un sistema impiantistico per
una scuola che viene occupata solo nella mattinata, oppure per un museo che
invece deve rimanere aperto tutti i giorni e deve contenere opere d'arte da
conservare inalterate nel tempo, oppure per un'abitazione che viene occupata solo
nelle ore serali e notturne dei giorni feriali e per tutto il giorno nei fine settimana da
un numero ridotto di abitanti.
Anche per la temperatura dell'acqua è bene spendere una parola. La temperatura a
cui viene fatta circolare l'acqua nei condotti può variare tra i 40° ed i 60°C, come
detto in precedenza. Un funzionamento intermittente richiede generalmente
temperature maggiori di esercizio per garantire il riscaldamento in tempi ristretti, ma
47
questo, come accennato in precedenza non è l'ideale per la Temperierung. Le
elevate temperature, infatti, accelerano i degradi agli apparati murari cui sopra si è
accennato, ma oltre a ciò, i cicli di accensione e spegnimento sono causa di cicli
termoigrometrici nell'aria interna (aumento di temperatura con relativa diminuzione
di umidità relativa e viceversa) che sono sempre dannosi nei confronti sia di
eventuali opere d'arte esposte che dei materiali edilizi di ogni genere.
A seguito di queste premesse, si passerà alla breve disamina di alcuni casi in cui la
Temperierung è stata impiegata ponendo la giusta attenzione alla fase di studio e
monitoraggio della situazione climatica precedente alla progettazione. Si sono così
ottenuti esiti soddisfacenti sia sotto l'aspetto della conservazione degli apparati
edilizi e delle strutture che riguardo ai consumi energetici.
La crescente consapevolezza dell'importanza del sistema impiantistico nell'ambito
del restauro architettonico e conservativo è alla base della ricerca di sistemi
impiantistici in grado di garantire livelli prestazionali adeguati alle necessità di utilizzo
ma che, al contempo, soddisfino precisi criteri di reversibilità e di non invasività. Le
installazioni impiantistiche, con le opere murarie connesse, possono infatti rivelarsi
estremamente dannose, ingenerando importanti degradi sugli apparati decorativi, le
pavimentazioni, le finiture in genere, quando non per la stessa statica del'edificio
storico, che, va ricordato, è sempre estremamente vulnerabile nei confronti di
manomissioni e demolizioni anche localizzate. E' dunque in questo contesto di
analisi del restauro architettonico d'impronta conservativa che si è sviluppata in Italia
la ricerca sui sistemi Temperierung.
Un'ulteriore precisazione sul sistema Temperierung può essere fatta relativamente
allo scopo dell'installazione. Laddove possa essere ritenuto accettabile il
compromesso dell'invasività dei circuiti, il funzionamento può variare, in funzione
delle temperature di circolazione dell'acqua calda, per ottenere esiti differenti.
Nel caso del Palazzo Pallavicino, un impianto risultante dall'aggregazione di lotti
medievali, porzioni sei-settecentesche e porzioni più moderne, l'impianto è stato
progettato per assolvere funzioni di riscaldamento.
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Il complesso del Pallavicino consta di circa 5000 mq di superficie utile, che
corrispondono, data l'altezza media dei locali, a circa 20.000 mc di volume d'aria da
riscaldare. L'impianto è stato messo in opera tra il 2002 ed il 2005, ed è operante dal
2010, anno in cui si è insediato nel palazzo l'Istituto Professionale Internazionale per
l'Artigianato Liutario e del Legno. Considerate le caratteristiche edilizie ed
ornamentali del complesso e le stringenti normative da rispettare per la funzione
pubblica, i progettisti hanno ritenuto opportuno, in fase di restauro, di provvedere al
miglioramento dell'isolamento della struttura (solai e coperture), onde garantire un
livello prestazionale e di comfort adeguati, ma ponendo attenzione anche al
fabbisogno energetico.
L'impianto, in questo caso, si compone di due doppi circuiti scaldanti, dei quali, il
doppio circuito più vicino al pavimento è realizzato con tubi in rame del diametro di
18 mm. mentre quello più in alto, di circa 20 cm, consta di due tubazioni da 12 mm,
distanti tra loro di una decina di centimetri e posizionati ad un'altezza di circa 85 cm
dal pavimento.
Lo stato di conservazione degli intonaci prima del restauro non era ottimale, ma si è
deciso che il suo mantenimento sarebbe stato doveroso, di conseguenza le tubature
scaldanti sono state posizionate in adiacenza alle murature e successivamente
ricoperte con una spessore di circa 5 cm di nuovo intonaco di calce finito a stucco
di calce e polvere di marmo applicato sopra il filo dell'intonaco esistente sulla
superficie interna dei muri perimetrali. La distribuzione avviene mediante un anello
principale interrato disposto lungo le facciate sul cortile interno, dal quale si
diramano i collettori di zona. Per evitare perdite di rendimento i circuiti hanno una
lunghezza media di 60 m e l'acqua vi circola a 40-45°C. A compensazione delle
dispersioni dovute ai limitati spessori murari in corrispondenza dei parapetti delle
finestre, i tubi in quei punti creano delle serpentine. Alla base delle pareti interne,
specie laddove queste presentano uno sviluppo lineare rilevante rispetto a quelle
perimetrali, corre un circuito singolo, particolarmente importante specie nella parte
settecentesca a corpo doppio. Il percorso dei circuiti è stato attentamente calibrato e
49
dimensionato sulla struttura fisica dell'edificio, ottimizzando il rapporto tra la
struttura muraria ed i suoi componenti.
L'impianto è alimentato dalla rete di teleriscaldamento cittadino e non sono stati
installati sistemi di regolazione automatica delle temperature rimandando, un po'
per scelta ed un po' per disponibilità di fondi, ad un secondo tempo lo studio del
funzionamento dell'impianto e di idonei sistemi di controllo dell'erogazione del
calore. Il clima interno del Palazzo Pallavicino è, infatti, ad oggi soggetto a
monitoraggio in continuo, i
risultati del primo periodo saranno
oggetto di
approfondimento nel prosieguo della trattazione.
In questa fase si ritiene opportuno l'esame di un'altra applicazione del medesimo
sistema impiantistico, che risulta interessante perché differente negli obiettivi che si
propone, oltre che, ovviamente per la diversità del contesto edilizio in cui è
applicata.
Nel caso dell'Oratorio di Santo Stefano a Lentate sul Seveso, la Temperierung è stata
installata con intenti conservativi, ossia come dispositivo di conservazione preventiva
per il controllo del clima interno, il che presuppone principalmente una modalità di
funzionamento differente rispetto alle installazioni a fini di riscaldamento di cui si è
parlato in precedenza.
La decisione dell'installazione fu presa tenendo conto della necessità di preservare
un edificio storico appena restaurato in cui si ritennero parimenti degne di
attenzione la conservazione dell'impianto architettonico e quella dell'apparato
decorativo (affreschi trecenteschi). Al contempo si dovette tenere conto delle
condizioni di degrado precedenti al restauro, innescato da infiltrazioni dalla
copertura e da un'ingente quantitativo di umidità di risalita riscontrabile nelle
murature. Il monitoraggio in continuo effettuato prima dell'intervento edilizio rivelò
all'interno dell'edificio un elevato livello di umidità relativa (65%) ed un alto
contenuto d'acqua nelle strutture (7,5%), evidenziando il rischio di condensazione
sulle parti interne.
Accanto al trattamento delle superfici decorate, l'intervento di restauro fu orientato
ad eliminare le vie di adduzione d'acqua alle strutture, mettendo in atto una serie di
50
azioni talvolta molto semplici ma fondamentali per assicurare l'efficacia e la durabilità
delle soluzioni. Si sono messi in atto strumenti di conservazione preventiva del bene
rivolti all'eliminazione dei rischi derivati dal passaggio di stato dell'acqua. Si temeva
infatti che l'acqua ancora presente nelle murature lungamente soggette ad
infiltrazioni, potesse evaporare troppo rapidamente, determinando incontrollate
deposizioni saline ovvero che gli elevati valori di umidità ambientale potessero dare
origine a fenomeni di condensazione sulle superfici affrescate. In questo caso non si
sarebbe potuto intervenire deumidificando l'aria interna perché questo avrebbe
causato l'evaporazione verso l'interno delle pareti umide con gli effetti deposizione
salina ad essa associati.
Considerando quanto esposto la scelta del sistema Temperierung fu, in questo caso,
installato con la finalità di regolare le dinamiche di scambio tra ambiente interno e
muratura, controllando localmente il rischio di condensazione superficiale e le
connesse dinamiche di degrado delle superfici.
L'impianto nell'Oratorio si costituisce di un unico circuito scaldante in rame di
diametro di 18 mm posato sotto il filo dell'intonaco esistente, a circa 5 cm di altezza
dalla quota del pavimento esistente. La scelta di optare per questa soluzione di
alloggiamento dei condotti è stata resa possibile dall'assenza totale di decorazione
pittorica in corrispondenza dei basamenti murari e dal danneggiamento che
l'intonaco stesso presentava lungo tutto il perimetro interno. Va precisato che queste
circostanze si presentano di frequente in questo tipo di edifici, visto che i fenomeni
di degrado dovuti all'evaporazione dalle murature si concentrano in questa
posizione.
Il fluido termovettore, ossia l'acqua di circolazione dell'impianto, viene riscaldato da
due boiler con potenza totale pari a 3 kW, che servono a mitigare le temperature di
un volume interno di circa 1000 mc (corrispondente a circa 330mq).
La regolazione dell'impianto avviene sulla base della temperatura esterna, i boiler
vengono spenti quando la differenza di temperatura esterna e quella di mandata
dell'acqua, scende al di sotto di un certo livello. Con questo accorgimento è
possibile prolungare il funzionamento dell'impianto fino a primavera inoltrata,
51
stagione in cui la temperatura esterna diviene più mite e l'umidità ambientale cresce,
mentre le superfici interne conservano il freddo accumulato dalla struttura durante
tutto l'inverno.
Con il monitoraggio climatico effettuato nell'anno successivo all'entrata in funzione
della Temperierung, fatta lavorare a temperature di mandata tra i 30° ed i 35°C, si
sono potuti osservare gli effetti del sistema sulle condizioni dell'aria interna.
Si è riscontrata, come previsto una sostanziale diminuzione dell'umidità relativa
interna che è passata dal 65% al 49% nel primo periodo di accensione, fatto però
che si era già presentato anche ad impianto non esistente, ascrivibile quindi alla
diminuzione di umidità dell'esterno, caratteristica dell'inizio della stagione invernale.
Si nota invece, nel lungo periodo ( un anno), una diminuzione del quantitativo di
umidità specifica presente nella massa d'aria interna, fatto positivo e dovuto alla
progressiva asciugatura delle strutture in seguito agli interventi di cui sopra ed al
generalemiglioramento della ventilazione interna, oltre che alla mitigazione generale
data dal funzionamento dell'impianto.
Altra modificazione riscontrata sul clima interno, questa volta dovuta senza dubbio
all'azione della Temperierung,
è l'aumento dell'inerzia termica delle murature.
Questo si verifica non solo a causa del progressivo asciugamento della struttura, ma
anche all'effetto di taglio termico che il circuito scaldante procura, interrompendo il
contatto "freddo" tra il terreno e la muratura. Questa circostanza, già nota alla
letteratura che si occupa di Temperierung e comune ad installazioni di maggior
potenza, si riscontra anche nel caso dell'Oratorio di Santo Stefano mediante
l'osservazione degli andamenti orari delle temperature interne, i cui picchi
(rappresentati in un grafico) risultano più smussati quando l'impianto è in funzione.
In pratica le variazione di temperatura interne oscillano di soli 2° C, contro i 5°C che
si registrano con impianto spento.
Ultimo riscontro dell'opportunità dell'installazione viene dalla verifica che le
differenze rilevate tra la temperatura esterna e quella interna sono pressoché
analoghe sia con impianto acceso che con impianto spento, a conferma del fatto
che la Temperierung, così dimensionata, non riscalda l'aria interna e quindi non
52
causa particolari moti convettivi dell'aria interna (quindi non si verifica annerimento
della superfici pittoriche).
Si è deciso di riportare in breve solo l'esempio dell'Oratorio di Santo Stefano perché,
come detto, esso rappresenta un esempio di applicazione sostanzialmente differente
da quella del Palazzo Pallavicino. Tale diversità è riscontabile in più aspetti, ad
esempio il numero di circuiti messi in opera, la loro installazione nei confronti delle
murature esistenti, il loro funzionamento, in entrambi i casi continuo, ma con
differenti temperature di circolazione del fluido termovettore. Ciò che è interessante
riscontrare è il fatto che la stessa tipologia impiantistica possa essere utilizzata con
esiti soddisfacenti in situazioni tra loro molto diversificate, sia nei presupposti che
negli obiettivi.
Nel prosieguo della trattazione verrà approfondita la ricerca, ad oggi in corso, sul
clima interno negli eterogenei ambiti del complesso del Pallavicino, le premesse fatte
finora si riveleranno utili alla comprensione delle considerazioni che si svolgeranno.
53
3
Strutture murarie massive e loro comportamento
3.1
Cenni sul comportamento termico delle murature
Si ritiene opportuno, a questo punto della trattazione, di dedicare un
approfondimento all' isolamento capacitivo, ossia l'utilizzo di strati ad alta capacità
termica nelle strutture edilizie, con il fine di rendere più comprensibile il prosieguo
dell'analisi.
Partendo dalla considerazione generale che "isolare" significa prevalentemente
esercitare un controllo sul flusso di calore che attraversa le superfici, si può dire che
questo obiettivo viene perseguito attraverso tre principali meccanismi: l'isolamento
per riflessione, resistivo e capacitivo. Si esamineranno in breve, al fine di rendere
comprensibili le successive considerazioni, i primi due meccanismi elencati, mentre
verrà approfondito l'ultimo di questi, particolarmente importante per lo studio dei
fenomeni e delle relative correlazioni nel sistema edificio-impianto del Palazzo
Pallavicino, di cui nei successivi capitoli si fornirà una più ampia illustrazione.
3.1.1
Isolamento per riflessione
Nella pratica edilizia l'isolamento per riflessione è ancora oggi poco diffuso, ma
risulta di grande importanza laddove la trasmissione del calore avviene
principalmente tramite emissione di energia radiante, come nel caso di intercapedini
e sottotetti o in presenza di impianti ad energia radiante, come quelli a pavimento o
parete (come la Temperierung).
In questo meccanismo di scambio termico risulta determinante, ai fini dello studio
del passaggio di energia termica, la conoscenza di due parametri caratteristici delle
superfici scambianti: l'emittanza, ossia la capacità di emettere energia della superficie
più calda (da ricordare che il calore fluisce naturalmente da un corpo caldo a quello
54
più freddo, come stabilisce il secondo principio della termodinamica), e l'assorbanza,
ossia la capacità di ricevere calore della superficie più fredda.
Nella pratica edilizia per realizzare un isolamento per riflessione si utilizzano fogli di
alluminio lucidi, ch possiedono sia una bassa emittanza che una bassa assorbanza,
costituendo quindi una buona barriera contro il passaggio del calore radiante.
Questa tecnologi risulta efficacie solo se il foglio isolante è collocato
nell'intercapedine e se non è messo in diretto contatto con le superfici emittenti, in
quanto, se le superfici vengono messe in contatto lo scambio termico avverrebbe
comunque per conduzione, invalidando di fatto l'effetto della riflessione.
L'applicazione di strati di isolamento riflettente è particolarmente efficace in climi
caldi, in cui il riscaldamento dell'ambiente interno avviene in larga misura per
radiazione proveniente dalle coperture che, durante le ore diurne, si riscaldano e
trasmettono l'energia termica accumulata verso il basso senza che si inneschino moti
convettivi (in quanto l'aria interna che si riscalda nella parte alta, rimane adiacente
alla copertura). Nel caso di climi freddi questo, tuttavia, questa strategia si rivela
praticamente inefficacie, in quanto la situazione termica è opposta. Il calore presente
nell'ambiente interno infatti innesca moti convettivi nell'aria che riscalda quindi
soffitti e/o coperture per contatto, ossia per conduzione, invalidando gli effetti
positivi degli strati riflettenti.
3.1.2
Isolamento resistivo
Tra tutti i materiali più comuni, l'aria è quello che possiede la minor conduttività
termica (0,025 W/mK), a patto che non si inneschino moti convettivi nella massa
d'aria, i quali, di fatto, sono i responsabili del trasferimento di energia (calore) da
superfici più calde a quelle più fredde quando sono separate da intercapedini.
L'isolamento resistivo sfrutta a proprio vantaggio questa caratteristica. Per
raggiungere l'annullamento del naturale movimento convettivo, utilizza materiali di
55
varia natura che servono da contenitori di un grande numero di piccole masse d'aria
non comunicanti tra loro e, di conseguenza, quanto più possibile ferme.
I materiali isolanti compatti sono dunque, generalmente, di due tipi. La prima
categoria racchiude gli isolanti a struttura schiumosa, fatta di minuscole celle chiuse
separate da sottili membrane o da bolle. La seconda tipologia, invece, include i
materiali fibrosi, nei quali, parimenti a quanto avviene in quelli schiumosi, l'aria è
intrappolata in piccole porzioni separate tra loro.
Della prima categoria fanno parte i materiali come le schiume di plastica espansa o
estrusa, come il polistirene o il poliuretano, oppure i materiali fibrosi in forma di
lastre, quali lana minerale, fibre di vetro o lane di origine animale.
Appartengono alla seconda categoria materiali come le lastre di lana di legno
truciolato, (legato da cemento o da resine), lastre di fibra di lana e diversi altri tipi di
calcestruzzi o malte isolanti (che utilizzano componenti leggere o vengono aerati in
autoclave).
Tutti questi materiali trovano larga applicazione in edilizia e si rivelano necessari per
il raggiungimento degli standard attuali di controllo del fabbisogno energetico degli
edifici, ciò nonostante il loro impiego deve essere ben calibrato da una
progettazione consapevole ed attenta, onde evitare problematiche di varia natura
legate al passaggio del calore attraverso ponti termici oppure a situazioni di
degrado innescate dall'accumulo di vapore acqueo nelle murature o negli ambienti
interni.
Tralasceremo in questa trattazione di approfondire gli effetti dei sopra citati ponti
termici, che si ritengono, sebbene importanti nella trattazione del comportamento
termico degli edifici, non fondamentali ai fini degli obiettivi della ricerca che si
intende sviluppare in questa sede.
56
3.1.3
Isolamento capacitivo, sfasamento ed attenuazione
L'isolamento detto "capacitivo" si basa sulla proprietà dei materiali di accumulare
calore al loro interno durante i periodi di riscaldamento, rilasciandolo più o meno
velocemente quando vengono a modificarsi in senso opposto le condizioni esterne,
ossia nei periodi di raffreddamento.
In relazione alla massa ed alla densità, ciascun materiale ha una propria capacità di
accumulare e trattenere calore al suo interno, ed inoltre, ha un proprio, peculiare
comportamento in fase di rilascio. L'impiego di materiali ad alta capacità termica
negli edifici ha una grande influenza non solo sulla quantità (intensità) di calore che
gli elementi (murature, solai, coperture ecc.) trasmettono, ma anche sullo sviluppo
nel tempo della trasmissione.
In precedenza, riguardo all'isolamento per riflessione e resistivo, si è visto che la
reazione dei materiali ai cambiamenti di temperatura è istantanea, il che significa che
ad un apporto di calore su di una superficie, corrisponde un flusso in uscita dal lato
opposto dell'isolante con una differente intensità, ossia "controllato". Ciò non
avviene,
invece,
nell'ambito
dell'isolamento
capacitivo.
Nello
studio
del
comportamento dei materiali dal punto di vista della capacità termica, non si può
valutare una risposta istantanea, ma si deve necessariamente esaminarne il
comportamento nel tempo.
In condizioni di variabilità casuale delle condizioni climatiche il calcolo del relativo
flusso di calore attraverso elementi edilizi sarebbe estremamente complesso, ma,
fortunatamente, le condizioni ambientali variano in maniera ciclica, generando un
flusso di calore periodico ripetitivo nelle 24 ore, che risulta più semplice da studiare.
Dall'analisi delle temperature interne alle murature, rilevate per un periodo di 24 ore
e paragonate alla situazione teorica con massa nulla e stesso valore di trasmittanza,
si possono evidenziare due principali effetti dovuti alla capacità termica.
Rappresentando su di un grafico le due curve, una del flusso di calore del muro
realmente misurato e l'altra di quello calcolato nelle ipotesi dette sopra, si nota in
primo luogo che la prima presenta un "ritardo" rispetto a quella a massa nulla.
57
Questo ritardo del picco di temperatura della muratura reale è denominato
sfasamento ed è misurato in ore.
Il secondo effetto che si nota è un "abbassamento" della curva reale, ossia una
riduzione dell'altezza del picco giornaliero di temperatura raggiunta sul lato opposto
a quello riscaldato, sintomatico del fatto che la massa muraria ha trattenuto al
proprio interno una parte del calore assorbito e non lo ha trasmesso al'interno,
come invece ha fatto nella situazione ipotetica di massa nulla. Questo secondo
effetto osservato prende il nome di attenuazione ed è misurato in gradi centigradi (o
Kelvin), in quanto, altro non è che il rilievo della temperatura effettuato sempre sul
lato opposto a quello riscaldato.
Lo studio di queste due proprietà è relativamente complesso, in particolare se si
intende valutare a priori le grandezze, in fase di progettazione, e richiede l'utilizzo di
specifici softwares e di tecnici specializzati per le impostazioni dei calcoli. Ciò
nonostante la conoscenza di questi due parametri risulta essere di fondamentale
importanza per la comprensione del reale comportamento degli elementi edilizi da
impiegare o, se ci si approccia all'esistente, già presenti in una fabbrica.
In particolare risulta di grande utilità la simulazione del comportamento delle
componenti edilizie sia durante la stagione invernale che durante quella estiva, ma,
ancora di più, la simulazione delle variazioni da apportare sia in termini di
inserimento o sostituzione dei materiali che compongono le strutture, che dei vari
possibili isolamenti. Diviene dunque possibile conoscere a priori gli effetti termici che
le modificazioni possono avere sugli edifici oggetto d'intervento. Si rende quindi
possibile la precisa calibrazione di tali modificazioni, rendendo più attenta ed
efficace la progettazione e diminuendo conseguentemente i margini d'errore.
58
3.2
Cenni su simulazione in regime stazionario e regime dinamico
Al fine di semplificare la procedura di valutazione delle prestazioni energetiche
dell'edificio invernali, la maggior parte degli standard e le norme esistenti fanno
riferimento al bilancio energetico dell'edificio in condizioni stazionarie. In effetti
anche la recente attuazione della Direttiva Europea Building Performance (EPBD) in
Italia è legata a questo approccio semplificato.
In riferimento al metodo sopra menzionato, l'effetto della massa termica è
drasticamente ridotto, anche se, è un dato di fatto che il reale processo di
trasferimento di calore delle costruzione edilizie dipende quasi esclusivamente dalla
capacità termica del materiale.
Inoltre, è opinione comune che l'effetto positivo di massa termica sia associato solo
alle prestazioni degli edifici in condizioni climatiche estive.
Tuttavia la letteratura consolidata scientifica (Olgyay 1963 Givoni 1967, Szokolay 1980,
ASHRAE 2001), così come le soluzioni architettoniche tradizionali, sostengono
l'importanza della capacità termica anche in condizioni invernali, il che,
generalmente, non è considerato nelle comuni pratiche costruttive.
Nel quadro di un progetto di ricerca su "Prestazioni termiche degli edifici massivi",
sviluppato al Politecnico di Milano, sono state effettuate una serie di simulazioni
dinamiche del comportamento energetico di svariati edifici.
Gli effetti su involucri leggeri, medi e pesanti, aventi gli stessi valori di Trasmittanza
(U), e gli effetti del posizionamento dello strato isolante in pareti stratificate, sono
stati valutati in riferimento a diverse tipologie costruttive, orientamenti, riscaldamento
e raffreddamento, con modalità operative che si ritrovano nel contesto climatico
italiano.
Il risultato principale ottenuto è che la capacità termica ha manifestato il suo
contributo decisivo per il risparmio energetico, sia in condizioni estive che invernali.
Con la denominazione di "inerzia termica" si intende la capacità di stoccaggio
termico di una struttura o di un materiale da costruzione e il suo potenziale di
ritardare la trasmissione del calore. Per le tipiche tecnologie costruttive europee,
59
l'inerzia termica, fisicamente definita dal valore di capacità termica - direttamente
proporzionale al calore specifico e la densità dei materiali - è comunemente
associata alle strutture "pesanti", generalmente denominate anche "massive".
Il minor tempo di risposta nel processo di trasferimento di calore di un edificio con
elevata inerzia termica in confronto a quello di una struttura "leggera", rivela sia il
decremento della tendenza delle parte interna alle oscillazioni di temperatura
rispetto a quella esterna (livelli più omogenei di condizioni di comfort durante tutte
le 24 ore) che il decremento della quantità di flusso di calore che attraversa le pareti
(riduzione del consumo di energia per il riscaldamento/raffrescamento).
Inoltre, l'accumulo di calore nella massa termica dell'edificio ritarda la richiesta
massima di energia del sistema HVAC nelle ore durante le quali altre fonti di calore
potrebbero essere meno incisive (le esigenze di riscaldamento o raffreddamento
diventano più omogenee su tutte le 24 ore, e la potenza dell'impianto progettato
potrebbe essere sottodimensionata).
Come ben noto, diversamente da quanto risulta dalle semplificazioni adottate nel
calcolo del bilancio energetico dell'edificio valutate di regime stazionario, questi
comportamenti reali dipendono fortemente dalle variazioni delle condizioni al
contorno (condizioni ambientali) e la loro valutazione, collegata ai fenomeni di
scambio termico, deve essere profondamente indagata con metodi più complessi
(ad esempio valutazioni dinamiche basate sulle funzioni del metodo di trasferimento
del calore o il metodo delle differenze finite). Ciò significa che è necessario l'utilizzo
di software sofisticati, basati almeno su calcoli orari.
In prima approssimazione, considerando una variazione periodica regolare con 24
ore di ciclo delle principali condizioni al contorno (ad esempio la temperatura
dell'aria esterna e valori di radiazione solare), il flusso di trasferimento di calore può
essere visualizzato come nella Figura 1 (Szokolay, 2004), dove la linea continua
rappresenta il flusso di calore attraverso una parete massiccia, e quella tratteggiata il
flusso di calore attraverso una parete ipotetica, con lo stesso valore di trasmittanza
(U) dell'altro, ma senza alcuna capacità termica.
60
Tuttavia, se le stesse pareti sono considerate in condizioni al contorno costanti
(valutazione
dello
stato
stazionario)
i
due
flussi
termici
risultano avere
schematizzazioni identiche. È un dato di fatto che quest'ultimo approccio, riduttivo,
è principalmente diffuso nelle comuni pratiche di progettazione. In realtà i dettagli
sui metodi di valutazione sono ancora scarsamente adottati a causa della necessaria
specializzazione superiore e dei tempi necessari per la gestione di strumenti
adeguati. Esso comporta il rischio che si riscontrino grandi differenze tra la
progettazione basata su ipotesi lacunose e il comportamento termico effettivo
dell'edificio realizzato, durante la sua vita utile. Tutto ciò può avvenire a causa di
aspetti significativi che possono essere omessi in fase di studio o di simulazione, uno
di questi può certamente essere l'effetto dell'inerzia termica.
Ad esempio, la procedura italiana di valutazione della prestazione energetica di
riscaldamento in edifici residenziali (basata sul metodo europeo stabilito dalla EN
832) è limitata in questo modo. Il metodo per il calcolo del fabbisogno energetico di
riscaldamento degli edifici considera un bilancio energetico risultante dalle perdite
termiche e guadagni termici, valutate con riferimento alla temperatura media e dati
della radiazione solare (mensili e stagionali), e mantenendo la temperatura interna
(set point) come costante. L'inerzia termica è considerata solo in relazione ai
materiali da costruzione sul fronte interno, in termini di effetto di riduzione dei
guadagni di calore interno (fattore di utilizzazione).
Al di là delle norme, diversi software esistenti sono in grado di prevedere i flussi orari
termici effettivi in tutte le componenti dell'edificio, utilizzando dati climatici orari
annuali. Questi strumenti sono in grado di valutare le temperature interne orarie
(flottanti) o la domanda di energia per il riscaldamento/raffrescamento per
mantenere la temperatura interna oraria come da programma impostato. I più
sofisticati possono anche fornire dati per la valutazione dei consumi energetici,
simulando le prestazioni orarie degli impianti: tra questi, uno dei più utilizzati dagli
anni '70, è DOE-2, disponibile per Windows mediante l'interfaccia VisualDOE-4.1
(AEC, 2005). Risultati simili potrebbero essere ottenuti anche da altri programmi di
simulazione analoghi, quali, ad esempio "Wufi Plus" o "EnergyPlus", utilizzati per la
61
realizzazione di modelli tridimesionali atti alla simulazione del comportamento
energetico in regime dinamico degli edifici.
62
4
4.1
Il caso del Palazzo Pallavicino a Cremona
La storia del Palazzo
Per ricostruire le vicende degli edifici che compongono il complesso del Palazzo
Pallavicino, è necessario far ricorso alla tesi di laurea di Roberto Spreafico, riguardo
alle quali, essa resta la fonte essenziale.
La composita fabbrica denominata oggi "Palazzo Pallavicino" (Fig.1) si colloca nel
nucleo urbano più antico della città di Cremona, di certo impianto romano ( risalente
al 218 a.C.), come si può chiaramente dedurre dall'osservazione dello schema
insediativo ortogonale, derivato dalla suddivisione dell'insediamento in cardi e
decumani, tipico della centuriazione romana.
Gli atti rinvenuti con i quali Nicolino Roncadelli acquista, a partire dal 1440, alcune
case in adiacenza alla chiesa dei SS.Egidio ed Omobono, sembrano collegati alla
costruzione del grande edificio del tardo Quattrocento che in gran parte sussiste
all'angolo fra via Colletta e via Manna. In tutto l'isolato i rogiti notarili documentano
proprietà Roncadelli, che aumentano di numero fino ad essere riunificate alla fine del
Seicento da Isabella Trecchi Roncadelli al palazzo all'altra estremità dell'isolato, verso
Via Grandi. Nel 1578 Alfonso Roncadelli per evitare ai figli il rischio di confisca,
derivante da sospetti di eresia, vende con patto di riacquisto a Galeazzo Pallavicino
di Busseto e la pianta del Campi del 1585 con i laterizi incisi all'angolo fra Via Colletta
e Via Manna ne fissano il nome. Scomparso il marchese Pallavicino nel 1582, già
l'anno seguente Francesco Roncadelli riacquista dalla vedova l'edificio con le sue due
corti minori e la corte grande, affacciato sulla piazza di Sant'Omobono e confinante
con Giulio Mariani ed un altro Roncadelli, Egidio.
Più recenti studi condotti da Floriana Petracco sul vicino palazzo Roncadelli, poi,
proprietà, prima del 1630, ai Morenghi. Ad essi in data non determinata, ma non
oltre l'inizio del Settecento, subentrano forse per vendita forse per eredità o
matrimonio gli Ariguzzi.
63
L'estensione della casa quattrocentesca dei Roncadelli si rileva con chiarezza dalla
cantina seminterrata su Via Manna e Via Colletta coperta da una volta a botte
unghiata a L, senza soluzione di continuità. Lo schema è comune nell'edilizia
monastica del tempo, e presuppone archi in spessore a sostenere i muri di spina.
Talvolta, per maggior sicurezza, gli si sottopone un tamponamento che riporta i
carichi direttamente sul terreno. Così è avvenuto in corrispondenza della parete Sud
del portico sul lato di Via Manna, e della parete est dell'atrio, ora scomparso,
dell'ingresso settecentesco. Viceversa, la testa di padiglione della volta a botte e
delle sue lunette della cantina sono rotte dall'arco che immette alla scala sottostante
lo scalone. Questo, a spina centrale, alla romana, si conferma come aggiunta, e la
sua tipologia, pressoché sconosciuta a Cremona, è difficilmente anteriore alla metà
del Seicento, ed è altrettanto difficilmente contemporanea all'ala Nord del cortile
con le sue sale voltate, databili dalle decorazioni del primo Settecento.
La pianta del Campi indica come contigua all'abitazione di Galeazzo Pallavicino
quella del Decurione e Conservatore degli Ordini Cesare Polizio. E' difficile stabilire
quale sia delle tre case, due con imponenti solai quattrocenteschi, che seguono a
Est la corte porticata. Non è nemmeno documentato quando le prime due siano
annesse al palazzo, mentre la terza, nel catasto teresiano, taglia l'isolato e fa da
cuscinetto con le proprietà Roncadelli poi Manna. Venceslao Guida, che la possiede
dal 1803, acquisterà nel 1820 dal marchese Giacinto il palazzo Ariguzzi in cambio di
un vitalizio, e l'atto testimonia la definitiva crisi del patriziato. Si tratta di un mero
investimento, che nel 1833 è ceduto a Paolo Mazzoletti e da questi nel 1835 al
vescovo Thun Hohenstein Sardagna, che vi insedia le Canossiane.
Delle trasformazioni eseguite restano, nel fondo Ornato della Congregazione
Municipale, i disegni delle facciate redatti dall'ingegner Telemaco Torresini. […] Le
"Figlie della Carità" si espandono nel 1846, acquistando la casa rimasta al Guida.
Questi ne aveva già sopraelevato di un piano la sola manica su strada del corpo di
fabbrica a Sud, rialzando facciata e muro di spina, mentre verso corte conservava il
mezzanino usato forse come granaio. Quanto meno, questo è il tenore della
domanda presenta dall'Ingegner Giovanni Bernini, nel 1834, e lo confermano le
64
piante dei progetti del 1890. Sul complesso si attuano anche consistenti interventi
soprattutto interni, e si costruiscono il portico e la loggia soprastante che delimitano
a Nord Est il cortile principale del palazzo già Roncadelli-Ariguzzi.
La cessione al ricovero comunale di mendicità nel 1890 determina ancor più radicali
cambiamenti. L'ingegner Luigi Dovara apre l'attuale portone principale, adeguandosi
alla nuova pendenza della strada, che prima scendeva ripida dal portale
settecentesco alla via Manna. All'interno, demolisce tramezzi e muri di spina per
formare ambienti più vasti adatti alla nuova destinazione. Risale comunque a questo
momento l'integrazione del cortile della casa già Guida nel complesso. Le
Canossiane si erano limitate ad aprire un passaggio nel muro di confine, che
corrispondeva ad un portichetto terreno e ad una soprastante galleria di
collegamento al primo piano, fra l'ala su strada e il corpo interno. Inoltre occupa il
portico Ovest del Palazzo Roncadelli-Ariguzzi con un'unica stanza , in seguito
suddivisa. Nel 1903 il Ricovero acquista dai padri Camilliani la proprietà già
Roncadelli Manna all'estremo Nord-Est dell'isolato, ma ingloba soltanto la cappella e
la zona delle scuderia.
Dopo il 1912 l'ingegner Gianfrancesco Poli, sfruttando i muri perimetrali della casa
già Guida, demolendo i solai del corpo su strada per ridurre a due i livelli e
costruendo una nuova ala verso strada sull'area del cortile delle scuderie Roncadelli
Manna dà un nuovo assetto alla sezione femminile. L'ala di collegamento modificata
da Dovara viene demolita. Agli stessi anni risale la costruzione del corpo di fabbrica
sulla piazza Sant'Omobono e Via Manna, fino allo scalone, che assume la sagoma
del resto dell'edificio.
Nel 1942 lo stabile passa alla Gioventù italiana del Littorio, mentre il Ricovero
mantiene la proprietà del solo palazzo Roncadelli, all'angolo con Via Guido Grandi.
Dopo il 1945 il complesso ospita trentanove famiglie di sfollati. I primi crolli dei tetti,
avvenuti prima del 1962, in cui sono attestati i primi lavori , determinano lo
sgombero dell'edificio e il successivo rifacimento della copertura secondo la perizia
redatta nell'ottobre del 1964 dal Genio Civile di Cremona. Nonostante i numerosi
progetti, sanzionati da tutte le approvazioni di rito, il palazzo rimane in abbandono
65
fino al 1988. Nuovi crolli dei tetti determinano l'intervento del Servizio Demanio e
Patrimonio della Regione Lombardia, che ha evitato ulteriori danni.
4.2
Caratteristiche dell'immobile
Il complesso denominato Palazzo "Pallavicino" si articola intorno a tre cortili disposti
lungo un asse Ovest-Est. E' prevalentemente costituito da due ali lungo l'asse
suddetto e dotato di tre corpi di collegamento che presentano caratteristiche del
tutto differenti (Fig.2).
Ciò che maggiormente caratterizza il complesso è la presenza di portici e loggiati
che contribuiscono ad offrire all'osservatore un molteplicità di suggestioni, dovute
alle differenti espressioni formali che vi si riscontrano. La complessità e la varietà di
stili che si ritrovano nelle porzioni del complesso, oltre ad impressionare per la loro
eterogeneità, costituiscono un importante traccia delle vicende storiche da cui il
fabbricato attuale è risultato e contribuiscono ad aumentarne il valore testimoniale.
Le porzioni di fabbricato giunte a noi pressoché integre, come confermato dalle
fonti documentarie e, soprattutto, dall'analisi diretta svolta mediante osservazione
visiva, sono:
I due corpi verso Sud e verso Ovest che affacciano sul cortile gotico situato più ad
Ovest tra i tre (oggi con funzioni di Aula magna, aule varie e servizi igienici, tra piano
terreno e primo);
La porzione di fabbricato situato a Sud che affaccia sul cortile centrale (oggi con
funzioni di laboratori vari ed aule varie tra piano terreno e primo);
La porzione a Nord-Est, limitatamente al piano terreno che affaccia sempre sul
cortile centrale (oggi con funzioni di laboratorio ed esposizione di strumenti
musicali).
Queste porzioni non hanno subito trasformazioni importanti come è senza dubbio
avvenuto nelle restanti. Conservano infatti i loro caratteri originali quali gli archi e le
colonne gotiche insistenti sul cortile ad Ovest ed i pregevoli soffitti lignei con travi
66
sagomate e mensole intagliate, tra le quali spiccano quelle nelle ali che affacciano sul
cortile a Sud-Ovest. In alcuni di questi soffitti si conservano delle bussole, collocate
tra le travi principali e l'intradosso dell'assito, con evidenti tracce di pitture sotto vari
strati di calcina.
Altro elemento degno di nota per la sua peculiarità è senza dubbio il loggiato
centrale che collega le due ali Sud e Nord del complesso. Di datazioni incerta, ma
collocabile tra gli anni 1885 e 1890, esso prese il posto del muro divisorio
preesistente che suddivideva le proprietà ed i rispettivi cortili. Esso presenta un
doppio ordine di colonne, dello stesso interasse ma collegate da archi gotici al piano
inferiore ed ellittici al piano superiore, realizzati con lo stesso tipo di malta e mattoni
delle stesse dimensioni (diversi da quelli usati negli altri corpi di fabbrica), ad opera
delle Figlie della Carità, poi dette Canossiane. I solai sono un altro elemento di
continuità tra i due livelli del loggiato e, con travetti di uguali dimensioni, uguale
passo ed identiche tavelle in cotto posate tra quest'ultimi, fugano ogni dubbio sulla
possibile realizzazione in tempi differenti dei due livelli, confermandone la
contemporaneità.
Una menzione merita il corpo di fabbrica situato a Nord del cortile "gotico", di certa
datazione posteriore agli altri, più antichi, insistenti sul medesimo cortile. Questa
porzione pare svolgesse la funzione di stalla e granaio nella residenza
quattrocentesca dei Roncadelli, ma nel XVIII secolo, si ipotizza ad opera della
famiglia Arriguzzi, venne completamente modificata secondo lo stile dell'epoca
(Barocco) e vennero creati tre vani al piano terreno ed altrettanti al piano primo, tutti
con volte a padiglione in muratura, ornati con preziosi stucchi. Il primo locale verso
Ovest del piano terreno venne poi ampliato (1872) verso la piazza di Sant'Omobono,
pare per assolvere alle funzioni di cappella, durante la permanenza delle
Canossiane.
Stessa attenzione merita la cosiddetta cappella situata a Nord Est della corte situata
sul lato Est rispetto alla loggia. Annessa nel 1902 al complesso, che in quegli anni era
divenuto Ricovero di mendicità, per ragioni di espletamento delle funzioni religiose
per i ricoverati di ambo i sessi, in numero molto maggiore rispetto alle religiose che
67
avevano ivi risieduto precedentemente. L'attuale palco (cantoria) e la volta "finta",
realizzata con stucco su incannicciato retto da centine agganciate alle capriate del
tetto, pare siano state realizzate proprio in questa fase di ristrutturazione dei locali.
Le altre porzioni del fabbricato, si fa riferimento in particolare alle porzioni a NordEst precedentemente adibite a semplici abitazioni o accessori, non presentano
particolari elementi di pregio architettonico o comunque storico, essendo state
completamente trasformate
agli inizi del Novecento
e durante il successivo
passaggio di proprietà alla Gioventù italiana del Littorio.
In seguito il complesso fu utilizzato nel primo dopoguerra, fino all'inizio degli anni
'60, come alloggio temporaneo per 39 famiglie di sfollati. E' in questo periodo che
cominciano ad emergere delle vere problematiche da correlare alla scarsa
manutenzioni delle strutture. Il primo crollo di alcune porzioni delle coperture si
verifica nel 1962, ma ne seguirono altri che portarono allo sgombero dei locali in
tempi brevi, nel 1964. Si ha nota dello stato di degrado in cui gli immobili versavano
in quegli anni, ma appare evidente che non si riuscirono a trovare le risorse per un
intervento di recupero completo, quindi si effettuarono solo chiusure di finestre
mediante tamponamenti con malta e tavelloni e si procedette al rifacimento
completo delle coperture.
Quest'ultima opera, sebbene abbia resa possibile almeno in parte la conservazione
dei solai lignei e degli stucchi presenti negli ambienti interni, fu però a sua volta
causa di importanti dissesti statici, causati dall'eccessivo carico di una correa
realizzata in cemento armato sui maschi murari. Inoltre la stessa copertura, realizzata
mediante tavelloni poggiati sui travetti in legno preesistenti, laddove ancora
recuperabili, non si può certamente definire un'opera eseguita per durare nel
tempo, infatti già negli anni '80 altri crolli la interessarono, riportando in evidenza la
necessità di un serio e duraturo intervento di recupero.
68
4.3
Descrizione del restauro effettuato e del progetto
La tesi dello Spreafico del 1989, oltre ad una approfondita ricerca storica sulle
vicende storiche legate al Palazzo Pallavicino, svolge una prima analisi dei degradi e
dei dissesti riscontrati, individua le possibili o, quantomeno, le più evidenti cause
generatrici ed ipotizza una serie di interventi, o, quantomeno, di linee guida utili ad
orientare un prossimo eventuale restauro.
Dalla relazione di progetto si evince che l'intento era di conservare il più possibile la
multiforme e spesso contraddittoria complessità di attributi del palazzo, dagli
intonaci agli infissi, dalle porte interne ai pavimenti. Si ha la sensazione che questo
fosse reputato essere l'unico modo di interrompere una vicenda di impoverimento,
di distruzione che invece aveva caratterizzato la recente storia del complesso.
Il degrado dei corpi di fabbrica che lo compongono negli anni '90 del Novecento, la
progressiva perdita, in un secolo e mezzo, dell'apparato di finiture che ne definiva
l'aspetto, lo hanno ridotto ad una rovina, ad una accozzaglia di manufatti talvolta
umili ma anche rari e pregevoli, di si sono citati gli imponenti solai lignei con tracce
di decorazioni, le volte in muratura coperte di stucchi e quelle con stucchi su
incannicciato, le murature medioevali. Inoltre, le condizioni in cui versava il
complesso rendevano molto complessa persino la lettura dei singoli elementi edilizi,
dei quali era sicuramente difficile se non quasi impossibile la comprensione
dell'ultima veste unificante, quella dimessa e cupa del ricovero.
Nel progetto si esprime il tentativo di rispettare la molteplicità dei dati di partenza, il
rifiuto di ridurli arbitrariamente. Se un disegno d'insieme, un programma coerente
restano indispensabili, ogni sforzo va dedicato a tradurli in decisioni minute,
differenziate, calibrate sui singoli contesti, al tempo stesso verificate nella loro
rispondenza al disegno più generale. Più che ulteriormente impoverito e
riconnotato, il vecchio ricovero deve riacquistare, in modi diversi, la complessità
perduta.
Lo studio per il progetto parte da considerazioni prettamente funzionali, infatti a
regime il centro curerà l'insegnamento del restauro degli strumenti musicali nei
69
cinque seguenti settori, cordofoni, organi, strumenti a fiato, strumenti etnici,
pianoforti e percussioni. Le scelte effettuate si articolano quindi su una sorta di
bipartizione tra ambiti amministrativi e didattici da un lato e le officine con i veri e
propri laboratori di restauro dall'altro.
Nel vero e proprio palazzo Roncadelli-Ariguzzi (edifici ad Ovest della loggia
centrale) si concentrano dunque la didattica e l'amministrazione. Si riservano cioè gli
ambienti più delicati alle funzioni che richiedono il minor numero di modificazioni, di
aggiunte, di apparati tecnologici.
Negli edifici annessi ( ad Ovest della loggia centrale), che si presentano molto
danneggiati o sostanzialmente rifatti fra il 1912 e il 1940, sono invece previste le
officine ed i laboratori di restauro. In questi corpi di fabbrica relativamente recenti ed
elementari del complesso, si attuano le restanti e consistenti modifiche, la
costruzione di un soppalco e di una nuova scala.
Usare l'esistente, scelta di cui è superfluo richiamare le buone ragioni, significa anche
accettarne i limiti, anche nell'ottica di evitare eccessivi aumenti di costi che farebbero
venire meno l'opportunità culturale e civile dell'intervento.
Si è cercato di intervenire sulle strutture usando il principio generale del minimo
intervento al fine di renderle adeguate alle norme cogenti, in relazione alle nuove
funzioni
di
istituto
scolastico.
Gli
interventi
sono
stati
dunque
studiati
minuziosamente per garantire la minor invasività possibile e, in ogni caso, il massimo
grado di reversibilità.
Si sono messi in atto interventi di consolidamento sulle murature, ad esempio
interventi di scuci-cuci e di sostituzione di tutti i mattoni ormai schiacciati o lesionati
con altri, simili per resistenza ed anch'essi formati a mano, sui piedritti della volta
dell'ingresso all'ala Nord accanto allo scalone.
Sempre con l'intento di consolidare e stabilizzare le strutture murarie si è operato
mediante inserimento di catene metalliche all'estradosso delle volte in muratura,
sempre nelle stanze dell'ala Nord, nei vani nei quali oggi hanno sede la segreteria e
la presidenza. Interventi simili si sono eseguiti anche in altre porzioni del complesso
e nel matroneo della cappella di Nord-Est, dove due catene incrociate contrastano
70
le spinte laterali dell'arco della serliana, gravato eccessivamente da una soletta in
laterocemento realizzata probabilmente durante gli interventi del 1965.
Il consolidamento del solaio ligneo del portico gotico della porzione di fabbricato
risalente al Quattrocento, è ottenuto mediante l'inserimento di nuove travi metalliche
trasversalmente all'orditura secondaria per costituire un adeguato rompitratta dei
travetti, i quali , appoggiati in più punti , godono di un grande beneficio statico. Da
notare come i travetti metallici non vengano inseriti nella muratura, ma siano
sostenuti da piastre metalliche, sagomate secondo la forma degli archi, fissate
mediante tasselli chimici, e da ulteriori piastre collocate all'estradosso del solaio,
sempre per non gravare puntualmente ma da distribuire i carichi su un'area più
ampia.
Interventi più accurati sono stati eseguiti per la riparazione dei solai lignei e per il
restauro delle decorazioni, a partire da adeguati saggi stratigrafici in ogni zona, le
riparazioni effettuate hanno seguito l'intento di consentire la lettura dei diversi
trattamenti e delle decorazioni, ravvivandoli moderatamente con oli e cere ed
effettuando una generale pulitura delle superfici. Per quanto concerne le parti
gravemente ammalorate, la sostituzione, valutata caso per caso, è stata eseguita
lasciando ben evidenti le porzioni sostituite, onde consentire all'osservatore di
riconoscere agevolmente le addizioni e le parti originali.
La loggia ad Est del complesso ha richiesto un importante lavoro di consolidamento
statico, in quanto gli archi e le colonne presentavano forti dissesti strutturali e di
degrado nei materiali dovuti sopratutto all'evidente risparmio di mezzi e materiali in
fase di realizzazione. Si è dunque scelto di intervenire mediante la messa in opera di
un graticcio di travi metalliche per il consolidamento del solaio. Per la copertura si è
resa necessaria la sostituzione ed il rifacimento completo, attuato mediante una
struttura leggera di centine composte da tavole di legno, la cui spinta laterale viene
contrastata da due catene metalliche collegate tra loro da una lunga chiave visibile
in facciata.
Le coperture furono altresì oggetto di intervento mediante il ripristino e la
sostituzione delle parti lignee ammalorate e la posa di nuovi coppi. Ma la maggiore
71
attenzione fu posta nella realizzazione del cornicione ligneo e nelle nuove gronde in
rame. Il rifacimento delle coperture e l'impropria realizzazione della correa in
cemento armato lungo il perimetro degli edifici interessati dall'intervento del 1964
non potevano essere rimossi, se non con il rischio di causare ulteriori
danneggiamenti alla fabbrica, si è quindi optato per la realizzazione di un cornicione
ligneo simile ma comunque differente ai cornicioni a gola già presenti in alcuni
palazzi nobiliari cittadini. Si è quindi cercato di rinsaldare e definire una zona
particolarmente manomessa riconnettendola alla tradizione costruttiva cremonese
mediante una finitura accurata e caratteristica.
Gli stucchi degli ambienti voltati si presentavano, in generale, in discreto stato di
conservazione, si è quindi proceduto al loro recupero mediante la chiusura della
lacune con malta di calce, il ripristino delle tinte decoesionate mediante nuove
tinteggiature a base di calce e, in generale, le decorazioni sono state fissate, pulite
ed integrate con materiali analoghi a quelli utilizzati per la loro esecuzione.
Altri interventi di rifacimento e adeguamento alle norme cogenti si sono attuati sul
solaio in putrelles e tavelloni realizzato dopo il 1912 nella casa di proprietà del Guida,
menzionata precedentemente . Il solaio, che non presentava lacune dal punto di
vista della portata di carichi accidentali, necessitava di un adeguamento alle norme
per la sicurezza alla resistenza al fuoco, si è pertanto realizzata una struttura
ausiliaria composta da un graticcio di travi assemblate con tavole di legno protetta
da pannelli ignifughi in fibrocemento intonacati.
Interventi di sostituzione e ripristino, laddove necessario, dei medoni dell
pavimentazione interna, il totale rifacimento della pavimentazione esterna a
sostituzione del getto di cemento armato realizzato nel 1964, e sul trattamento delle
superfici murarie interne ed esterne con l'applicazione di pellicole a base di olio di
lino ed ossidi per renderle maggiormente resistenti all'acqua per i normali lavaggi ed
alle precipitazioni meteoriche sono citati per dovere di cronaca, ma non saranno
oggetto di ulteriori approfondimenti in questa sede.
Si ritiene invece doveroso iniziare a porre in rilievo degli aspetti, utili per il prosieguo
della trattazione, riguardo alcune opere effettuate, non solo allo scopo di adeguare
72
ai vari ambiti della normativa cogente i locali e di consentire l'utilizzo del complesso,
ma anche per il miglioramento della prestazione energetica degli edifici che lo
compongono.
Sebbene al momento dell'inizio del restauro del complesso, nel 2002, non esistesse
ancora alcun obbligo normativo riguardo alla necessità di effettuare intereventi che
perseguissero una riduzione dei consumi per riscaldamento e raffrescamento, nel
complesso del Palazzo Pallavicino ne sono stati comunque eseguiti alcuni che si
elencano in seguito e che verranno approfonditi nei successivi capitoli.
Per quanto riguarda gli interventi sui serramenti, si riporta un passo della relazione di
progetto:
"I serramenti ottocenteschi non sono in generale più in opera. Sono conservati in più
casi i telai fissi, e si ritrova accatastata una parte dei telai mobili. E' possibile
recuperare circa 50 serramenti completi, poco più di un quarto del fabbisogno. La
presenza di serramenti nuovi e di serramenti recuperati darebbe luogo ad una
troppo marcata disomogeneità delle facciate. Da qui la decisione di introdurre in
modo sistematico una finestra d'inverno sul filo esterno dei vani, secondo una
consuetudine diffusa nel secolo scorso.
Le ante, per semplicità di manutenzione, si apriranno verso l'interno. In tal modo si
riuscirà ad evitare, verso l'interno, l'effetto della parete fredda senza ricorrere a
serramenti con vetrocamere, ma sarà garantita una ventilazione naturale degli
ambienti. Si sono disegnati profili lignei dipinti a olio, rinforzati da profilati di ferro in
quanto le dimensioni dei vani comporterebbe un eccessivo aumento delle sezioni.
Lo stesso tipo di serramento sarà usato per la parziale chiusura delle logge, in modo
che vetri e profili sottili riducano al massimo l'ingombro visivo, senza ricorrere a
grandi campi vitrei in cui lo spessore delle lastre finisce per annullare l'effetto di
trasparenza e sono spesso di problematica apertura e pulitura".
La soluzione della finestra d'inverno non è quella che può massimizzare in termini
assoluti
il
risparmio energetico
abbattendo
drasticamente
la
trasmittanza
dell'elemento trasparente, ma è un compromesso ragionevole sia in termini di
riduzione delle dispersioni che in termini di coerenza con le soluzioni storicamente
73
adottate nei palazzi nobiliari, nei quali la si trova utilizzata con grande frequenza, in
particolare nelle regioni del Nord Europa.
Sui solai che confinano con i sottotetti non abitabili sono, infine, stati applicati dei
pannelli di sughero con spessori di 8 cm, al fine di migliorarne la prestazione termica
senza inficiare la permeabilità al vapore dell'elemento di chiusura orizzontale.
Le scelte effettuate per le soluzioni impiantistiche hanno tenuto conto di più aspetti,
principalmente quello conservativo e quello delle necessità d'utilizzo da progetto,
ma ci si è posti anche il problema di trovare delle soluzioni che potessero risultare
adeguate anche qualora la destinazione d'uso o altre necessità future variassero.
Per quanto concerne l'impianto tecnologico installato per il riscaldamento, la scelta,
sempre dettata da criteri di massima reversibilità e minimo impatto sull'esistente,
oltre che dalla convenienza in termini di costi di gestione ipotizzati, è ricaduta sulla
tipologia di sistemi ad acqua calda tipo Perkins, più recentemente denominati in
area tedesca "Temperierung". Si tratta di un sistema di tubazioni scaldanti in rame
collocate in aderenza alle murature esterne ed interne, ricoperte da un zoccolo alto
90 cm e spesso circa 5 in malta di calce che riesce a sommare più effetti positivi,
quali la distribuzione omogenea e costante di calore radiante e l'asciugatura delle
murature umide, oltre che costi di gestione inferiori ai normali sistemi di
riscaldamento ad aria (quali radiatori e ventilconvettori). Si tratta inoltre di
un'installazione caratterizzata da un elevato grado di reversibilità, in quanto sia le
tubature che il massetto vengono applicati alle murature esistenti senza bucare (se si
tralasciano alcune forature di ridotte dimensioni per i sostegni del circuito delle
tubature), dunque, nel caso in cui il futuro rendesse necessaria la loro rimozione,
questa sarebbe possibile senza danneggiare alcunché di quanto a noi pervenuto.
Le caratteristiche dell'immobile, in particolare delle murature massive di mattoni e
malta di calce e argilla, di spessori elevati (50-85cm), sommate all'utilizzo dei futuri
locali, concentrato nella stagioni di attività scolastica (da Settembre a Giugno), hanno
fatto ritenere che non fosse necessaria l'installazione di alcun sistema di
raffrescamento.
74
Nella progettazione dell'impianto elettrico, sempre in nome della reversibilità e
considerati i frequenti cambiamenti di necessità delle attrezzature tecnologiche, si è
proceduto in modo similare all'impianto di riscaldamento, ossia mediante
canalizzazioni
esterne,
applicate
in
aderenza
al
massetto
realizzato
per
l'alloggiamento dei tubi scaldanti e rivestite da una zoccolatura bassa in ottone.
Anche questa soluzione risulta infatti un miglior compromesso sia sotto l'aspetto
conservativo, perché evita l'esecuzione di fori di ogni tipo sulle murature, che più
flessibile nell'ipotesi di variazioni future di utilizzo dei locali e dei laboratori
tecnologici.
4.4
Storia recente dell'utilizzo e delle problematiche riscontrate
Come molto spesso accade in edifici ed installazioni di grandi dimensioni destinati a
durare a lungo nel tempo, l'utilizzo viene a discostarsi dalle prefigurazioni
progettuali e, talvolta anche a causa del'evoluzione tecnologica dei sistemi
impiantistici, si rendono necessarie delle modifiche fisiche alle strutture ed
agli
apparati che li compongono.
Una progettazione consapevole e giudiziosa tiene conto del tempo e lo pone in
rilievo, considerandolo uno dei fattori di maggior importanza, che quindi sono in
grado di influenzare maggiormente le scelte progettuali, specie se si tratta di opere
di pubblico utilizzo.
Nel caso del Palazzo Pallavicino si sono operate delle scelte fortemente influenzate
dalla dimensione temporale dell'intervento. Questo si è realizzato commisurando le
opere di recupero delle componenti strutturali e delle superfici all'età dell'edificio,
mediante l'esecuzione di interventi altamente compatibili e, fin dove possibile, in
tutto simili a quelli tradizionalmente attuati già all'epoca di costruzione dell'edificio
Quattrocentesco.
Dal punto di vista impiantistico, come accennato in precedenza la scelta è stata
orientata verso la progettazione di sistemi caratterizzati da un elevato grado di
75
removibilità, ed un bassissima invasività. Infatti sia il sistema di riscaldamento
Temperierung che gli impianti elettrico ed antincendio, essendo stati aggiunti
all'esistente, sovrapposti come dei layers su un foglio di lucido, potrebbero essere
rimossi, qualora se ne presentasse la necessità, senza alcun danneggiamento alle
strutture e con un minimo impatto sulle finiture di superficie.
Esaminando la situazione dell'utilizzo attuale del nostro complesso, emerge che le
considerazione appena fatte, si fa riferimento in particolare alla variazione degli usi
rispetto a quanto sancito negli elaborati di progetto, hanno già iniziato a verificarsi,
generando alcune problematiche nella gestione dei sistemi impiantistici e qualche
lieve, conseguente, effetto sugli utenti.
Una prima modifica al progetto è stata apportata nel 2007 al vano situato al primo
piano dell'ala più antica, a Sud-Ovest della corte gotica. L'ampio salone è stato, per
esigenze legate alla didattica, suddiviso in tre aule minori separate da tramezzi
leggeri,
realizzati
con
struttura
lignea
e
pannelli
in
cartongesso
come
tamponamento. A seguito della modifica sono arrivate quasi subito le prime
segnalazioni da parte degli utenti che lamentavano temperature basse nei periodi di
utilizzo. Da qui la necessità di una prima modifica all'impianto di riscaldamento, con
l'installazione di tre ventilconvettori che, accesi durante le ore di insegnamento,
colmano la lacuna dell'impianto radiante, che pare comunque esser dovuta, in
particolare, al fatto che i muri divisori non sono stati dotati di alcuna tubazione
scaldante.
Una seconda variazione sarebbe richiesta nei vani dell'ala Nord-Ovest del cortile
gotico, nei quali, sia al piano terreno che al piano primo si verifica la situazione
opposta alla precedente, ossia l'erogazione di calore è eccessiva e le temperature
interne ai locali si attestano tra i 21° ed i 25°C nella stagione invernale e gli utenti si
trovano spesso a dover aprire le finestre per raffrescare, dissipando così calore e
denaro.
Si tratta quindi, in questo caso di intervenire sul sistema di regolazione dell'impianto,
che ha evidenziato delle carenze, giustificabili con la grande disomogeneità degli
76
spessori delle murature e della percentuale assai variabile di superfici trasparenti
degli ambienti serviti dall'impianto.
Un'altra variazione rispetto al progetto, questa volta solamente nell'utilizzo dei locali,
riguarda l'utilizzo della ex cappella di Nord-Est. La destinazione prevista dal progetto
era di ambiente per "restauro organi", di cui una parte avrebbe dovuto essere anche
dotata di una unità di trattamento aria, allo scopo di mantenere in condizioni
termoigrometriche costanti gli strumenti, in particolare le canne degli organi, ed
evitarne il degrado.
In realtà in questi ambienti non si sono mai restaurate le canne d'organo e sono stati
adibiti per alcuni anni a sede di un ente locale, successivamente ( situazione che si
protrae fino ad oggi) sono stati lasciati inutilizzati.
Un'altra problematica fatta emergere dagli utenti riguarda lo sfarinamento cui sono
soggetti gli intonaci che contengono le tubazioni scaldanti e le murature al di sopra
di essi. Sembra infatti che l'elevata temperatura di esercizio delle tubazioni inserite
nel massetto sia causa di un precoce degrado di quest'ultimo, con relativo accumulo
di polvere di calce e sabbia nelle zone limitrofe alla murature e di particelle più
leggere, trasportate dai flussi convettivi che lambiscono le superfici, nell'atmosfera
interna.
L'insorgenza di fenomeni di degrado può essere considerata, entro ragionevoli limiti,
un prezzo da pagare al livello di comfort che ai nostri giorni si ritiene necessario per
l'utilizzo. Infatti le temperature oggi considerate come adeguate per l'uso umano,
ossia i 20°C , si discostano notevolmente da quelle che storicamente lo erano, infatti
in una qualunque residenza o sede istituzionale, fino all'Ottocento o addirittura ai
primi del Novecento, una temperatura interna di 12°C pare fosse sufficiente a
soddisfare qualsiasi necessità d'impiego.
Si reputa dunque doveroso proseguire la trattazione con la consapevolezza di
quanto l'epoca moderna abbia modificato delle consuetudini umane e della
conseguente presa di coscienza della necessità di guardare agli edifici storici con un
atteggiamento maggiormente "tollerante" e ,forse, in qualche modo meno esigente.
Se l'edificio storico ha un valore derivato dalle tracce e dalla memoria delle epoche
77
passate in esso custodite, ebbene pretendere che esso sia sempre pienamente
adeguato alle variabili esigenze umane non è affatto un atteggiamento corretto per
approcciarvisi o per pronunciare giudizi di merito.
La diffusione di questo tipo di cultura sarebbe molto utile in ambito conservativo in
quanto consentirebbe all'utenza di utilizzare un approccio differente verso gli edifici
più antichi ed in generale verso i cosiddetti "beni culturali". Comprendendone la
storia passata e le caratteristiche fisiche e materiche, infatti, sicuramente sarebbe
meglio tollerata qualche rinuncia alla fruibilità ed al comfort, in cambio di un minor
degrado, di una maggiore durata e, conseguentemente, di una riduzione dei costi
di gestione e di manutenzione degli stessi.
4.5
Inquadramento Clima cremonese
Il clima di Cremona è caratterizzato da un'ampia escursione termica annuale con
temperature medie basse in inverno (1,7 °C nel mese di gennaio, misurata nel
trentennio dal 1961 al 1990) ed alte in estate (24,3 °C nel mese di luglio, misurata nel
trentennio dal 1961 al 1990).
Nella stagione invernale, le temperature minime possono attestarsi anche diversi
gradi al di sotto dello zero nelle ore notturne, e talvolta permanere negative o
prossime allo zero anche nelle ore centrali del giorno (specialmente in caso
di nebbia). In queste condizioni, a causa del ristagno dell'aria dovuto alla
caratteristica scarsità di ventilazione, le temperature massime si attestano su valori
decisamente bassi: in alcuni casi si possono registrare, anche se raramente, giornate
di ghiaccio, ossia con valori termici che restano negativi anche durante il giorno, con
fenomeni come la galaverna.
In estate invece le temperature massime possono toccare, in caso di anticiclone subtropicale, punte di 38 °C e, talvolta, anche superiori, come dimostrano le recenti
misurazioni di questi valori estremi: nell'estate 2003, con l'anticiclone subtropicale,
78
sono stati toccati i 40°C; nel gennaio e nel dicembre 2009, grazie all'effetto albedo e
all'inversione termica, si sono toccati i –14º.
La piovosità è concentrata principalmente nei mesi primaverili ed autunnali, ma nelle
estati calde e umide sono frequenti i temporali. La caratteristica conformazione "a
conca" della pianura padana fa sì che sia in inverno che in estate vi sia un notevole
ristagno dell'aria (è una delle aree meno ventilate d'Italia), con effetti diversi nelle
due stagioni, come accennato sopra.
In inverno, quando vi è un accumulo di freddo e scarsità di vento, si forma un
cuscinetto freddo che può perdurare anche diversi giorni, specie nelle giornate
umide e nebbiose, causando giornate molto rigide e gelo. Tuttavia in questa
stagione vi sono anche diverse giornate più secche, ma comunque sempre rigide,
poiché entra direttamente sulla pianura vento freddo dalla "porta della bora" (da
nord-est) e dalla valle del Rodano (da nord-ovest) sotto forma di "fohn". E' infatti la
bora ad essere foriera di perturbazioni fredde provenienti dalle zone polari, che
possono portare forte maltempo con temperature molto basse e neve. In alcune
occasioni soffia anche il buran, vento orientale di origine russa che in certe occasioni
riesce a raggiungere la pianura padana sferzandola con intense raffiche gelide.
Proprio in questi casi fa spesso la sua comparsa la neve, con copiose precipitazioni
derivanti da perturbazioni provenienti dalle latitudini polari, rinforzate dal vento
freddo già presente sulla pianura.
Per contro, nelle zone ai piedi delle Alpi possono soffiare venti di caduta (occidentali
e nord-occidentali in Piemonte e Valle d'Aosta, settentrionali in Lombardia), come il
comune föhn, che, oltre a rendere il cielo limpidissimo, porta giornate più miti e
secche (l'umidità relativa può scendere anche fino al 10%) anche in pieno inverno.
Cessato questo vento però, se il cielo è sereno, le temperature calano sensibilmente
nella notte (anche 10 °C in 3-5 ore).
La catena alpina esplica un'azione di difesa verso le perturbazioni invernali, ma
ostacola anche il passaggio di masse d'aria umide e temperate di origine atlantica,
che in tal caso non riescono a mitigare il clima come nelle regione atlantiche
europee. Il bacino della pianura padana, delimitato dalle Alpi a nord e a ovest e
79
dagli Appennini a sud che la isolano dalla regioni limitrofe, ha quindi un clima a sé,
diverso in particolare dal comune clima mediterraneo a cui di solito viene abbinata
l'Italia. Il mare Adriatico peraltro si limita a mitigare solo le zone costiere della
pianura romagnola, veneta e friulana, poiché troppo basso e lungo per incidere
profondamente sul clima padano, mentre le masse d'aria calda provenienti dal mar
Ligure vengono bloccate dall'Appennino ligure e dalle ultime propaggini delle Alpi.
In estate, invece, l'effetto cuscinetto della pianura padana produce effetti opposti,
favorendo il ristagno di aria calda e molto umida che produce temperature alte,
connesse a tassi di umidità altrettanto alti, che causano frequenti giornate molto
calde ed afose (specialmente in presenza dell'anticiclone africano). Tale umidità,
inoltre, tende spesso a scaricarsi sotto forma di violenti temporali e grandine, che
portano temporaneo refrigerio e permettono di rimescolare le masse d'aria,
causando un rapido ridimensionamento termico. Ma di solito questa situazione dura
poco, con un veloce aumento delle temperature e degli indici di umidità. Cremona si
trova dunque al centro di una regione geografica che ha tutte le caratteristiche è
una zona di "transizione", nel continente europeo, tra il tipico clima mediterraneo (a
sud) e quello oceanico o marittimo temperato (a nord, nord-ovest). Secondo
la classificazione dei climi di Köppen il clima che caratterizza la pianura del Po è
detto "Cfb" per le zone più fredde (Cuneo, Novara) o "Cfa - Humid subtropical"
(quello mediterraneo è "Csa, Csb - Mediterranean"). Alla luce delle caratteristiche
evidenziate, in linea generale, si può definire il clima della pianura padana anche
come subcontinentale, con caratteristiche di semi-continentalità molto più marcate
rispetto al resto dell'Italia.
I dati raccolti nelle stazioni meteorologiche presenti in Cremona (quella di via
Fatebenefratelli e quella di Piazza Roma) confermano quanto esposto fin qui e
consentono un confronto peculiare con le rilevazioni effettuate dalla sonda esterna
installata presso il Palazzo Pallavicino, di cui si darà conto nel prosieguo.
80
4.6
Strumentazione utilizzata per le rilevazioni e loro collocazione
Per quanto concerne la strumentazione tecnologica utilizzata nel monitoraggio sul
Palazzo Pallavicino, si ritiene di interesse per il lettore darne un'indicazione più
precisa, con l'intento di rendere replicabili le esperienze anche in altri ambiti, in
nome di una prassi di studio che si ritiene di grande rilevanza nel panorama attuale.
Le rilevazioni, come già accennato in precedenza, hanno preso in considerazione le
variabili che maggiormente possono interessare il controllo del clima interno, con
una attenzione in più allo studio del reale funzionamento dell'impianto di
riscaldamento Temperierung, del quale ancora oggi esiste solo una limitata quantità
di letteratura specifica.
L'interesse per lo studio del funzionamento dell'impianto è dovuto al fatto che
questa tipologia impiantistica ha una limitata diffusione in area italiana (più diffuso
ad oggi in area tedesca), anche se pare che si possa ritenere, a ragione, che tali
installazioni possano rappresentare una soluzione molto efficacie in ambito
conservativo e di contenimento dei consumi energetici di immobili storici.
Per avvalorare tale tesi si è ritenuto necessario monitorare non solo le condizioni
dell'aria nell'ambiente interno, ma anche quelle delle superfici delle murature, sia
interne che esterne, oltre che quelle climatiche esterne.
Il sistema di monitoraggio in continuo scelto è di tipo wireless ed è costituito da una
centralina per la raccolta e lo scarico dei dati a cui sono collegati via radio una serie
di sensori dotati di radiotrasmettitore. Oltre alla maggiore facilità di installazione, gli
indubbi vantaggi di un tale sistema sono legati alla minore invasività e alla maggiore
flessibilità dello stesso.
Gli strumenti utilizzati vengono elencati in seguito:
•
Sensore UR% - C° per interni con display e trasmissione radio sulla
frequenza di
434.075Mhz codificato a 12 bit. Modello ad alta
potenza di trasmissione con taratura su tre punti della scala umidità e
81
programmazione software rata trasmissione e codifica. Studiato per
la misurazione di °C e UR% in ambiente museale. Scarico dati,
calibrazione e programmazione con software per Windows 2000XP-NT tramite centralina Radiolog controller.
Sensore temperatura:
Termistore di precisione
Campo di temperatura:
-10°C..+50°C
Risoluzione °C:
0,1°C
Precisione °C:
± 0,2°C
Sensore umidità:
polimero capacitivo
Campo UR%: 0..100%
Risoluzione UR%:
Precisione:
•
0,1%UR
± 2%UR
Sensore UR%- C° per esterni con trasmissione radio sulla frequenza
di
434.075Mhz codificato a 12 bit il sensore è dotato di schermo
antiradiante. Modello ad alta potenza di trasmissione con taratura su
tre
punti della scala umidità e programmazione
software
rata
trasmissione e codifica. Scarico dati, calibrazione e programmazione
con software per Windows tramite centralina radiolog controller.
Studiato per la misurazione di °C e UR% in ambiente esterni, parchi
archeologici, edifici monumentali ecc. Sensore temperatura:
Campo di temperatura:
-40°C..+60°C
Risoluzione °C:
0,1°C
Precisione °C:
± 0,5°C
Sensore umidità:
capacitivo
Campo UR%: 0..100%
Risoluzione UR%:
Precisione:
0,1%UR
± 2%UR 0-90%
82
PT1000
•
Sensore UR% - C° per interni con sonda temperatura esterna
globotermometrica (esclusa) trasmissione radio sulla frequenza di
434.075Mhz codificato a 12 bit. Modello ad alta potenza di
trasmissione con taratura su tre
punti della scala umidità
e
programmazione software rata trasmissione e codifica. Studiato
per la misurazione di °C e UR% in ambiente museale. Scarico
dati, calibrazione e programmazione con software per Windows
2000-XP-NT tramite centralina Radiolog controller.
Sensore umidità:
polimero capacitivo
Campo UR%: 10..90%
Risoluzione UR%:
Precisione:
•
1%UR
± 2%UR
Sensore UR% - C° per interni con sonda temperatura superficie
trasmissione radio sulla frequenza di 434.075Mhz codificato a 12 bit.
Modello ad alta potenza di trasmissione con taratura su tre punti
della scala umidità e programmazione software rata trasmissione e
codifica. Studiato per la misurazione di °C e UR% in ambiente
museale. Scarico dati, calibrazione e programmazione con software
per Windows 2000-XP-NT tramitee centralina Radiolog controller.
Sensore temperatura:
Termistore di precisione
Campo di temperatura:
-15°C..+40°C
Risoluzione °C:
0,1°C
Precisione °C:
± 0,2°C
Sensore umidità:
polimero capacitivo
Campo UR%: 10..90%
Risoluzione UR%:
Precisione:
1%UR
± 2%UR
83
•
SONDA GLOBOTERMOMETRICA IN RAME NERO OPACO. Sonda
conforme norma ISO7726.
Riflessione <2% ASTM97-55
Diametro 150 mm per misura temp.radiante
Campo misura: -40..+80°C
Accuratezza: 0,15°C (a 0°C)
Gli strumenti elencati restituiscono dati orari rilevati di temperatura dell'aria,
temperature superficiali, temperatura radiante ed umidità relativa degli ambienti
interni, ritenute le variabili di maggior interesse per descrivere al meglio il clima
interno e gli effetti del sistema impiantistico su quest'ultimo. Le indagini vengono
completate da periodiche analisi termografiche e psicrometriche (eseguite anche
prima degli interventi di restauro) che completano il quadro d'indagine e possono
fornire importanti indicazioni sulla situazione reale e sulle cause generatrici dei
fenomeni ritratti dai dati dei sensori. Nel prosieguo della trattazione si daranno
informazioni più approfondite sulle indagini svolte.
4.7
Descrizione del monitoraggio in corso e variabili considerate
Il progetto di un monitoraggio in continuo è nato per rispondere a molteplici
necessità, legate sia alle funzioni diversificate a cui il Palazzo Pallavicino è chiamato
oggi a rispondere sia alle esigenze di quanti utilizzano l’edificio o sono comunque
coinvolti in modo diretto o indiretto nella sua gestione.
Attualmente il principale sistema di controllo del clima esistente nel palazzo è il
riscaldamento a parete “Temperierung”, installato in occasione dei lavori di restauro
conservativo. Il principio di funzionamento del sistema si basa sulla trasmissione del
calore per conduzione alle murature le quali, a loro volta, dovrebbero trasmetterlo
all’ambiente e alle persone per irraggiamento termico.
84
Oltre alla verifica delle modalità di funzionamento di questa tipologia di impianto,
l’obiettivo principale del monitoraggio del clima interno di Palazzo Pallavicino è stata
la verifica della soddisfazione, da parte di tale sistema, delle condizioni di comfort
termico per i diversi utenti che affollano l’edificio: studenti, insegnanti, impiegati negli
uffici ed eventuali visitatori che avevano segnalato alcuni squilibri e situazioni di
disagio. Ad esempio, la recente installazione di ventil-convettori in alcune aule del
primo piano per fornire calore supplementare si è resa necessaria perché l’impianto
nei mesi più freddi dell’anno non riusciva a raggiungere temperature sufficienti a
garantire il comfort delle persone che studiano ed insegnano in tali ambienti. D’altro
canto è stato anche segnalato come nelle mezze stagioni la temperatura sia
eccessiva in taluni uffici del piano terra.
Oltre alle persone, Palazzo Pallavicino ospita anche diverse opere artigianali e
artistiche e diversi manufatti creati da studenti e insegnanti della scuola di liuteria
sono sparsi per l’edificio. I materiali igroscopici di cui tali opere sono costituiti, sono
particolarmente esposti al degrado di tipo meccanico dovuto alle variazioni dei
valori termoigrometrici di temperatura e, soprattutto, di umidità relativa. Oltre a ciò
l’edificio stesso, o, più precisamente, le finiture di superficie come stucchi ed
affreschi, costituisce un oggetto di valore che può essere soggetto ad analoghi
fenomeni di degrado dovuti ai medesimi fattori termoigrometrici e la cui
conservazione costituisce un ulteriore importante obiettivo.
Infine è di strettissima attualità anche il tema dell’efficienza energetica. Gli edifici
storici e in particolare quelli di proprietà pubblica come nel caso di Palazzo
Pallavicino, non possono fare eccezione. Oltre alle preoccupazioni di tipo ecologico
e ambientale, va sottolineato come in tempi di tagli da parte dello Stato e
ristrettezze economiche, è richiesta una maggiore attenzione al contenimento delle
spese: i costi operativi dei sistemi di riscaldamento e climatizzazione costituiscono
senza dubbio una delle principali voci di bilancio per un’amministrazione locale.
Le attività di diagnostica ambientale e analisi del clima interno si sono svolte
seguendo una metodologia ormai collaudata e più volte messa in pratica dal
Laboratorio di Analisi e Diagnostica del Costruito, basata sul confronto dei dati del
85
monitoraggio in continuo con analisi più specifiche, necessariamente limitate nel
tempo, come termografie e mappature psicrometriche. Queste ultime sono state
pertanto effettuate, come accennato nel capitolo precedente, sia in fase preliminare
all’installazione del sistema di monitoraggio sia ripetute in seguito nel tempo, in
modo da raccogliere dati in diverse condizioni stagionali di funzionamento
dell’impianto. Al fine di ottimizzare il confronto dei dati, è stato selezionato un
limitato numero di ambienti e locali particolarmente significativi in cui concentrare le
attività di analisi.
L’analisi termografica permette di ottenere un’immagine termica delle temperature
superficiali (Ts) di un oggetto. In questo caso oggetto di analisi sono state le
interazioni termoigrometriche tra ambiente, murature e impianto, sia durante i
periodi freddi a riscaldamento acceso che, per confronto, nei periodi in cui il
riscaldamento rimane spento. Le analisi psicrometriche sono state invece utilizzate
per ottenere una mappatura in pianta delle variazioni di temperatura (T), umidità
relativa (UR o RH) e umidità specifica (US o SH) dell’aria contenuta in determinato
ambiente.
I parametri osservati dal sistema di monitoraggio sono stati in generale la
temperatura (T) e l’umidità relativa dell’aria (UR o RH). Sono stati poi scelti diversi
punti per la misura della temperatura superficiale (Ts), in genere in prossimità dei
tubi per monitorare la temperatura indotta dal sistema alla superficie dell’intonaco.
Una serie di rilevazioni più mirate ha interessato il locale della presidenza, dove oltre
alla temperatura e alla umidità relativa ambientale vengono monitorate le
temperature superficiali delle tre pareti esterne a due altezze differenti: il primo
punto di misura è posto in prossimità della coppia superiore di tubi dell’impianto, il
secondo è posto più in alto di circa un metro, in modo da valutare se anche a
questa altezza il muro subisca l’influenza dell’impianto. Su una parete sono stati
posti due ulteriori punti di misura, in corrispondenza degli altri due ma sulla
superficie esterna della muratura. Al centro della stanza a un’altezza di circa 2,5m è
stato infine posizionato un globotermometro che, misurando anche la componente
86
radiante della temperatura, è servito a quantificare l’eventuale effetto radiante che si
supponeva potesse venire originato dal sistema.
Al fine di fornire all’amministrazione comunale informazioni utili per la gestione
energetica dell’edificio, sono stati misurati anche il consumo di energia elettrica e il
consumo dell’impianto di riscaldamento, misurato nella sottostazione di scambio con
il sistema comunale di teleriscaldamento.
4.8
L'analisi dei risultati ottenuti dal monitoraggio in continuo
Il confronto dei dati monitorati in continuo è stato effettuato in tre diversi ambienti,
individuatiti come quelli più problematici sulle base delle indicazioni fornite
dall'utenza, e ritenuti quelli maggiormente significativi per comprendere in modo
esaustivo le cause degli squilibri nell'erogazione del calore segnalate.
L’analisi dei dati delle rilevazioni effettuate nell'aula magna al piano terra ed in due
aule al piano primo con affaccio verso sud (una posta nell’ala sud su via Colletta,
l’altra nell’ala nord sulla corte interna), mostra, fin da subito, alcune differenze
interessanti nell’andamento dei parametri termoigrometrici.
Nella presente trattazione ci occuperemo di quanto avviene nella stanza adibita a
presidenza, nella quale sono collocati il maggior numero di sonde di rilevazione e
sulla quale si sono impostate le simulazioni energetiche che saranno oggetto di
analisi nei capitoli successivi. Le scelta di concentrare le indagini su questo ambiente
è dovuta principalmente al fatto che l'utenza segnalava un'erogazione eccessiva di
calore nella stagione invernale, nella quale infatti, come si vedrà in seguito, si
registrano temperature di molto superiori agli standard che la normativa prevede.
Il locale della presidenza è stato interessato da un’approfondita analisi con il
monitoraggio in continuo di temperatura e umidità relativa dell’aria, di diverse
temperature superficiali e della temperatura radiante tramite globotermometro. Si
sono così ottenute indicazioni molto interessanti sul funzionamento del sistema
Temperierung. Da notare innanzitutto come la temperatura
87
rilevata dal
globotermometro (posto al centro della stanza ad una altezza si circa 2,5 m) e quella
ambientale (rilevata da un sensore posto immediatamente al di sopra) si siano
dimostrate praticamente identiche (grafico 1).
Questo dato permetterebbe di affermare che, almeno in questo punto, il sistema
non è in grado di influenzare termicamente un oggetto per irraggiamento.
Probabilmente l’effetto radiante dell’impianto è limitato alle porzioni perimetrali della
stanza, più vicine ai circuiti, come suggeriscono anche la psicrometria
e la
termografia riportate in seguito (fig.5).
Il grafico 2 permette di caratterizzare il comportamento termoigrometrico delle 3
pareti perimetrali esterne nella settimana che va dal 27 gennaio al 3 febbraio 2014
ed evidenzia alcuni dei fattori che influenzano le varie interazioni. Vengono riportate
la temperatura dell’aria interna (linea viola) ed esterna (linea grigia), le temperature
superficiali dei muri rilevate in prossimità dei circuiti a circa un metro di altezza dal
piano di calpestio (Ts 10b, Ts 11b, Ts 13b), ed infine, le temperature superficiali dei
muri rilevate un metro circa sopra i circuiti, quindi a circa due metri dal piano di
calpestio (Ts 10a, Ts 11a, Ts 13a), come si evince dalla rappresentazione in figura 9..
La temperatura del circuito che corre lungo la parete verso la corte interna (Ts 10b,
la parete è quella nell'immagine in alto nella fig. 5) si mantiene di circa 1°C inferiore
rispetto a quella rilevata sulle altre due pareti (Ts 11b e Ts 13b, pareti rispettivamente
in basso e a sinistra nella rappresentazione psicrometrica in fig.8), probabilmente a
causa delle maggiori dispersioni imposte dalla disposizione a serpentina messa in
opera sotto le finestre (vedi termografia fig.5).
Come la termografia in fig. 5 suggerisce, la trasmissione di calore dai circuiti al muro
sembrerebbe limitata alle aree limitrofe al circuito stesso e non influenzare le altre
porzioni di muratura. Le tre temperature rilevate 1 metro al di sopra dei circuiti sono
infatti inferiori alla temperatura dell’aria (linea viola), il che significherebbe che in
questa porzione di parete la dispersione di calore attraverso la muratura sia
preponderante rispetto al riscaldamento della stessa da parte dei circuiti posti al di
sotto.
88
D’altra parte è interessante anche notare cosa causi la differenza di temperatura tra i
diversi punti di misura: Ts 13a e Ts 11a sono posti dietro a delle tarsie lignee che le
isolano dall’aria calda della stanza (vedi immmagine in fig.5) mentre Ts 10a, essendo
scoperto, è ovviamente influenzato dall’aria riscaldata e misura quindi la temperatura
di equilibrio (e scambio) tra la superficie interna della parete esterna e l’aria interna.
Le aree fredde che vanno a formarsi dietro le tarsie appese alle pareti sono mostrate
sempre dalla termografia in fig. 5.
La differenza di quasi un grado che è possibile osservare tra Ts11a e Ts 13a è dovuta
alla differenza di spessore delle rispettive murature che influenza la trasmittanza
delle stesse: Ts11a è maggiore rispetto a Ts13a poiché misurata su una parete più
spessa, 60 cm contro i 50 della muratura su cui è posizionata la sonda n°11, e quindi
con minore trasmittanza.
La dispersione del calore attraverso le pareti perimetrali è accentuata in prossimità
dei circuiti, cosa che costituisce uno dei motivi di critica più diffusi al sistema
Temperierung. Il grafico 2 costituisce un primo passo nel tentativo di descrivere
meglio qualitativamente e quantitativamente tale problematica.
Come mostrato nello stesso grafico, oltre alla temperatura dell’aria interna (linea
viola) ed esterna (linea grigia) e alla temperatura superficiale interna della muratura
in prossimità dei circuiti (Ts13b) e un metro sopra questi (Ts13a), sono rilevate anche
le temperature in corrispondenza di altri due punti di misura posti sulla superficie
esterna della muratura (Ts12b in corrispondenza ai circuiti e Ts12a un metro sopra).
La differenza tra Ts 12b e Ts12a è dovuta indubbiamente alla dispersione del calore
dei circuiti verso l’esterno, infatti dal momento in cui le temperature operative
dell’impianto cominciano ad essere abbassate (già al 19 febbraio) fino al momento
dello
spegnimento
dello
stesso
(20
marzo),
la
differenza
si
assottiglia
progressivamente, fino a che Ts12b non va praticamente a sovrapporsi a Ts12a, che
rappresenta la temperatura di equilibrio tra la superficie esterna del muro e l’aria
esterna.
Le rilevanti dispersioni di calore che si determinano in corrispondenza dei circuiti
erano state già evidenziate in fase preliminare dalle analisi termografiche e si sono
89
confermate come uno degli aspetti più critici di questo tipo di impianto dal punto di
vista della sostenibilità e dell’efficienza energetica. Questo problema si manifesta in
modo particolarmente grave in corrispondenza delle porzioni muratura posti al di
sotto delle finestre, dove il limitato spessore del muro si abbina alla disposizione a
serpentina dei circuiti, pensata per compensare la dispersione di calore attraverso le
superfici vetrate e i serramenti. Non a caso è ormai prassi piuttosto diffusa tra chi
progetta e installa impianti di tipo Temperierung prevedere uno strato di isolamento
termico in questi punti particolarmente problematici e sensibili.
4.9
Prime conclusioni sul sistema Temperierunq
Sebbene operativo per un periodo ad oggi abbastanza limitato (circa un anno
continuativo) il sistema di monitoraggio installato a Palazzo Pallavicino ha già
consentito di raccogliere dati piuttosto rilevanti, sia in generale sulle modalità di
funzionamento del sistema Temperierung di cui fino ad oggi esistono pochissimi dati
rilevati sul campo nella letteratura tecnico-scientifica, sia sulle problematiche
specifiche dell'impianto del palazzo.
Riguardo al primo aspetto le analisi diagnostiche e i dati analizzati finora
sembrerebbero smentire almeno in parte alcuni principi di che fino ad ora si
supponevano alla base e caratteristici della Temperierung.
Il primo è quello secondo cui il sistema permetterebbe di scaldare la struttura
muraria in modo da risolvere il problema di discomfort dovuto alla parete fredda. Si
è visto, infatti, come la trasmissione di calore alla muratura avvenga in modo limitato
alla porzione inferiore (in pratica solo in prossimità dei circuiti) sviluppandosi in
modo problematico lungo la sezione, causando una notevole dispersione di calore
verso l’esterno.
Il secondo principio di funzionamento della Temperierung che sembrerebbe
smentito è quello della rilevante componente radiante del calore rilasciato all’interno
dell’ambiente scaldato, grazie alla quale tale sistema risulterebbe più efficiente di un
90
classico sistema a radiatori che funzioni principalmente per convezione; anche in
questo caso la temperatura rilevata dal globotermometro sembrerebbe non
avvallare questa ipotesi, sebbene siano sicuramente necessarie ulteriori analisi e
misure della radiazione termica, magari posizionando lo strumento a una distanza
più ravvicinata alle pareti, per capire quanto e fino a che punto l'effetto della
radiazione sia percepibile.
I dati raccolti fino ad ora non permettono, infatti, di smentire che nell’area in
prossimità delle pareti dotate di circuiti il sistema possa funzionare in maniera
confortevole per gli utenti ed allo stesso tempo efficiente. A questo proposito è forse
utile notare come nella presidenza e negli uffici al piano terra gli utenti, le cui
postazioni sono generalmente vicine alle pareti, tendano a lamentarsi di un
eccessivo caldo, mentre nelle aule al primo piano dell’ala sud, in cui come si è visto i
circuiti sono limitati ed è stato ritenuto necessario installare dei ventilconvettori, gli
utenti tendano a sentire ancora freddo nonostante sia rilevata una temperatura
dell’aria, scaldata dai nuovi apparecchi, molto maggiore. Per una valutazione più
completa delle problematiche appena descritte sono, comunque, da tenere in
considerazione anche altri fattori, quali gli spessori delle murature degli ambienti,
maggiori al piano terreno rispetto a quelle del primo piano, oltre che alcuni aspetti
lacunosi dell'impianto, infatti la centrale termica non baricentrica non garantisce a
tutte le porzioni dell'impianto un proporzionato apporto di calore, sfavorendo le
diramazioni più distanti, ed infine, i circuiti stessi non sono numericamente adeguati
a sopperire a queste contingenze.
Riguardo alle problematiche specifiche del sistema installato a Palazzo Pallavicino, il
monitoraggio ha finora confermato che le situazioni di discomfort e gli squilibri che
si vengono a creare sono dovuti alla mancanza di un efficace sistema di controllo e
alla difficoltà (quando non impossibilità) di regolare la temperatura e il flusso di
calore in modo diversificato in diversi ambienti.
Se questi problemi possono essere verosimilmente risolti con appositi e mirati
interventi sulle valvole e sui sistemi di regolazione dell’impianto, sia a livello locale
che centralizzato, di più difficile soluzione appare la problematica della dispersione
91
di calore, in particolare nelle porzioni di muratura al di sotto delle finestre, che
richiederebbe consistenti e impegnativi lavori di muratura e la probabile necessità di
smontare e rimettere in opera i circuiti interessati.
In conclusione si vuole sottolineare l’importanza dell’installazione del sistema di
monitoraggio che con il passare del tempo continuerà a raccogliere una quantità
sempre maggiore e mirata di dati e, di conseguenza, permetterà di affinare ed
approfondire l’analisi e di giungere a risultati più significativi e conclusioni più solide.
92
5
La simulazione energetica in regime dinamico
5.1
Differenze tra regime dinamico e regime stazionario
Nella soluzione di problemi di trasmissione del calore, non basta individuare i
meccanismi di scambio termico in gioco, ma è anche necessario stabilire se il
processo avviene in regime stazionario (detto anche regime permanente) o
dinamico.
Si parla di regime stazionario quando la potenza termica in un sistema non varia nel
tempo e la temperatura in ciascun tempo e la temperatura in ciascun punto non
cambia. In qualsiasi punto del sistema, la potenza termica entrante è pari
esattamente a quella uscente e non si ha alcuna variazione dell’energia interna. Ciò
avviene quando il campo termico di un corpo non è funzione del tempo, ossia è
soggetto a condizioni al contorno fisse.
Il regime periodico stazionario è legato a radicali semplificazioni non sempre
accettabili per almeno due fattori fondamentali:
•
la variabilità delle condizioni climatiche esterne (es. temperatura, radiazione
solare)
•
il funzionamento non continuo dei sistemi impiantistici interni.
Quando, invece, la temperatura in qualche punto varia nel tempo, allora si dice che
la trasmissione del calore del sistema avviene in condizioni di regime non stazionario
(detto anche regime dinamico).
Questa situazione si verifica quando il campo termico di un corpo è funzione del
tempo, ossia le condizioni al contorno sono considerate variabili. Le caratteristiche
termiche
in
regime
dinamico
di
un
componente
edilizio
descrivono
il
comportamento termico del materiale soggetto a condizioni al contorno variabili,
ovvero flusso termico variabile o temperatura variabile su una o entrambe le facce.
93
Poiché una variazione di temperatura sta ad indicare una variazione di energia
interna, è evidente che l’accumulo di energia è tipico del flusso non stazionario.
L’effetto della variabilità delle condizioni esterne può essere trattato con un metodo
semplificato definito in regime periodico stabilizzato: si suppone cioè che mentre la
temperatura interna rimane costante quella esterna vari con legge periodica sulle 24
ore.
Se ci si pone l'obiettivo di simulare correttamente il comportamento termico di un
edificio, si può dire che le condizioni climatiche esterne non sono mai stabili durante
il giorno ma continuamente variabili, anche e soprattutto per la periodicità
dell’alternarsi del giorno e della notte, quindi per la presenza della radiazione solare
nel periodo diurno dall’alba al tramonto.
Lo studio del comportamento termico degli edifici (proprio della Termofisica
dell’edificio) parte proprio da queste considerazioni e pertanto valuta sempre le
condizioni transitorie determinate in risposta alle variazioni climatologiche esterne.
Una volta assegnati alcuni parametri (che spesso sono vincolanti quali l'area
climatica, la posizione rispetto al sole, la destinazione dell'edificio), ciò che qualifica
la prestazione termica dell'edificio è in massima parte il comportamento
dell'involucro murario.
La conoscenza del comportamento termico di un edificio quando le condizioni
esterne non sono stazionarie ma continuamente variabili risulta molto importante
anche ai fini di una corretta progettazione degli impianti termici.
La simulazione in regime dinamico, dunque, risulta molto più verosimile rispetto a
quella in regime stazionario o semistazionario utilizzate oggi nella progettazione e
nella certificazione energetica degli edifici, in quanto riesce a tener conto della
variabilità delle condizione esterne e, come si è accennato, dell'accumulo di energia
termica nelle murature.
94
5.2
I softwares utilizzati: EnergyPlus e Polimess
Esistono ad oggi diversi softwares in grado di simulare il comportamento termico
degli edifici in regime dinamico. I primi simulatori della risposta termica degli edifici
risalgono agli anni Settanta, ma gli attuali programmi di simulazione sono, come è
ovvio, estremamente più affinati e consentono anche ad operatori meno esperti di
ottenere dei risultati plausibili. La prima categoria di programmi che ha trovato
diffusione è quella che utilizza modelli stazionari di base, i quali vengono completati
dei fattori di compensazione per approssimare il comportamento dinamico.
Altri modelli, più sofisticati, sono basati invece sui concetti di sfasamento e di
attenuazione (o fattore di smorzamento) introdotti in precedenza, utilizzando la
procedura
di
ammittanza
dell'UKBRE
(United
Kingdom
Building
Research
Establishment). Questi programmi analizzano la risposta termica dinamica, ma non
simulano in senso stretto i diversi flussi di calore. Vengono utilizzati alcuni complessi
algoritmi matematici per individuare le proprietà di sfasamento e le altre proprietà
termiche degli elementi di contorno, ma, una volt elaborati, il resto della simulazione
consiste in semplici calcoli.
Sono poi presenti programmi che sono in grado di tracciare i flussi di calore orari
attraverso tutti i componenti di un edificio, utilizzando un database climatico annuale
che contiene i dettagli orari. Questi programmi possono calcolare le temperature
interne orarie ed il carico di riscaldamento o raffrescamento necessario per
mantenere le temperature di comfort interne desiderate. E' questa la categoria cui
appartiene il software EnergyPlus, creato dallo U.S. Department of Energy.
Altre applicazioni si spingono ancora oltre e sono in grado di simulare il contributo
impiantistico dei sistemi HVAC (Heating Ventilation Air Conditioning) in modo da
prevedere il consumo di energia orario, quotidiano, mensile o annuale. A questa
categoria appartiene invece il software Polimess, messo a punto dal Dipartimento di
Ingegneria Energetica del Politecnico di Milano.
Nello studio del comportamento termico del Palazzo Pallavicino sono stati impiegati
i due softwares appena citati, con l'obiettivo di confrontarne i risultati, ma soprattutto
95
di comprendere la ragioni che potrebbero portare ad esiti differenti rispetto ai dati
ottenuti dal primo anno di monitoraggio in continuo.
L'ipotesi iniziale infatti era che differenti tipologie di simulazione dinamica avrebbero
potuto condurre ad ottenere esiti differenti tra loro ed in qualche modo difformi
dalla situazione reale rilevata sul posto. In seguito si parlerà di quanto si è fatto e
delle problematiche riscontrate nel confronto dei risultati di tali strumenti.
5.3
Descrizione delle simulazioni effettuate e delle problematiche riscontrate
5.3.1
I dati climatici
L'impostazione
della
simulazione
mediante
i
softwares
citati
ha
inizio
dall'inquadramento del contesto climatico in cui si trova inserito l'edificio. Ciò
avviene mediante l'utilizzo di files climatici creati ad hoc per questi simulatori e forniti
gratuitamente dai fornitori dei softwares. Questi files, in formato .epw, sono dei
database delle maggiori variabili climatiche che caratterizzano il clima locale e
vengono creati sulla base dei dati registrati dalle stazioni di monitoraggio
meteorologico presenti in tutte le maggiori località nazionali. I dati che le sofisticate
strumentazioni in funzione nelle stazioni meteo forniscono sono orari e vengono
registrati in continuo anche dagli anni Sessanta. Il file climatico rappresenta una
raccolta delle medie dei valori orari registrati nel periodo più lungo disponibile, con
lo scopo di ottenere dei valori quanto più possibile rappresentativi della situazione
reale locale.
Nel caso in cui non sia disponibile la località in cui è situato l'edificio oggetto di
simulazione, si può utilizzare il file della località più vicina disponibile, oppure si può
creare un file ad hoc utilizzando i dati climatici della stazione meteo più prossima. A
questo riguardo va detto che solo alcune località sono dotate di stazioni meteo,
96
quindi non è possibile creare files climatici specifici per ogni località, ma solo
utilizzare quelli della località più prossima.
E' questa una prima ragione di difformità riscontrabile tra situazione reale e simulata,
alla quale non è possibile ovviare, ma che in molti casi può essere causa di errori
anche notevoli, se si considerano ad esempio, località montane in cui le varie località
possono essere disposte su versanti differenti dei rilievi.
Le difformità evidenziate da queste analisi sono in alcuni casi di entità notevole, il
che, riallacciandosi a quanto detto in precedenza, rende la simulazione imprecisa, in
particolare se interessano situazioni puntuali, mentre possono divenire verosimili ed
accettabili, nel lungo periodo, in quanto, in queste situazioni, risultano avere minor
influenza le fluttuazioni repentine delle variabili climatiche.
Le difficoltà per i progettisti e per gli impiantisti, partendo da queste considerazioni,
sono senza dubbio legate al corretto dimensionamento di murature, isolamenti e
sistemi impiantistici, soprattutto nel momento in cui ci si trova a dover fronteggiare
situazioni climatiche anomale o situazioni peculiari, cui i simulatori faticano ad
adattarsi.
5.3.2 I dati geometrici del modello
A seguito dell'impostazione della località e della scelta del file climatico più
adeguato, l'impostazione della simulazione prosegue attraverso la creazione del
modello virtuale dell'edificio. Con EnergyPlus è possibile costruire un modello
tridimensionale mediante l'applicativo SketchUp, che consente di ricreare sia l'edificio
che il contesto, distinguendo tra porzioni oggetto di simulazione (zone termiche) e
porzioni che svolgono la funzione di ombreggiamenti e/o edifici adiacenti (zone
ombreggianti). Questa modellizzazione è abbastanza precisa, e consente di valutare
con buona approssimazione anche gli effetti del contesto sull'edificio (o le parti di
esso) in termini di esposizione alla radiazione solare ed ai venti (Fig.3 e 4).
97
Quanto appena descritto non è invece possibile con Polimess, in quanto questo
applicativo si limita a recepire i dati geometrici e stratigrafici delle sole superfici
disperdenti verso l'ambiente esterno, tralasciando la valutazione delle dispersioni
verso altri ambienti, riscaldati e non, che non devono essere inseriti.
Questa semplificazione può essere sicuramente accettabile in ambito industriale
(ambito per il quale è stato concepito questo software), visto che edifici adiacenti
non riscaldati si trovano raramente e comunque generalmente hanno un peso
trascurabile sul complesso delle porzioni produttive, ma possono avere un peso
anche notevole nel caso di edifici residenziali ed in particolare di quelli storici, in cui
l'incidenza di tali superfici può essere molto rilevante.
Per quanto concerne l'esposizione a radiazione solare e venti con Polimess, questi
effetti sono valutati solo mediante l'inserimento iniziale dei dati climatici locali e
mediante l'orientamento delle superfici disperdenti. Eventuali ombreggiamenti non
sono tenuti in considerazione.
5.3.3 I dati dei materiali e dei componenti d'involucro
Nella definizione peculiare delle superfici si nota in entrambi i softwares un'altra
semplificazione necessaria ma che può rivelarsi fuorviante in caso si stia tentando di
approcciarsi alla complessa fenomenologia inerente l'edilizia storica.
I valori che descrivono le proprietà fisiche dei materiali da costruzione che
compongono le parti strutturali e non dell'edificio, quali in primo luogo la
conduttività, sono infatti tutti derivati dalla norma cogente (UNI 10351, UNI 10355),
ed in ultima analisi da prove eseguite su campioni.
L'analisi eseguita in condizioni standardizzate, propria dei test in laboratorio, nel
caso di murature costituite da materiali più recenti, può essere
considerata
un'approssimazione accettabile, anche se pur sempre differente dalle reali condizioni
di esercizio degli elementi edilizi.
98
In caso di edilizia storica non si può omettere di denotare come entrino in gioco
fattori peculiari difficilmente valutabili che complicano il calcolo e la possibilità di un
riscontro preciso. Il Palazzo Pallavicino, come si è detto nella prima parte della
trattazione, è una fabbrica complessa, pervenuta a noi come un insieme di porzioni
ciascuna contraddistinta da proprie caratteristiche edilizie risultanti da aggiunte e
modificazioni operate nei secoli da differenti proprietari.
Le murature, così come si trovano al giorno d'oggi, sono tutte in laterizi risalenti ad
epoche differenti, quindi con proprietà fisiche simili tra loro, ma anche con leggere
peculiarità che un'analisi precisa e dettagliata non dovrebbe trascurare.
Altro capitolo andrebbe aperto per la composizione delle malte, degli intonaci e
degli stucchi di finitura interni. Le malte di calce che vengono utilizzate nei test per i
materiali e che si devono utilizzare nei softwares di simulazione non sono
certamente composte con gli stessi materiali che si utilizzavano comunemente nel
Quattrocento.
E ancora, si sta considerando un edificio situato a Cremona, nota per l'utilizzo di
malte di argilla provenienti da varie cave sparse sul territorio, ciascuna con proprie
caratteristiche fisiche differenti tra loro, delle quali sono sicuramente state testate le
proprietà di resistenza strutturale, ma delle quali ad oggi non risultano esser state in
alcun caso studiate le proprietà termodinamiche.
Le murature di questo tipo sono famose per essere particolarmente ricche di umidità
al loro interno, favorita dall'abbondanza di precipitazioni, da falde acquifere poco
profonde (tipiche del fondo della Valle Padana) e dall'elevatissima umidità dell'aria,
che raggiunge in molte occasioni il 100% (come emerge dai dati della stazioni
meteorologiche locali e da quelli della sonda esterna collocata al Pallavicino).
Queste caratteristiche, ad oggi non valutabili mediante i softwares di simulazione,
possono senza dubbio influenzare l'analisi e le stime tanto dei fabbisogni energetici
per riscaldamento e raffrescamento, quanto quelle delle temperature interne alle
superfici murarie, con relative problematiche, tanto nella progettazione, quanto
nell'utilizzo degli ambienti.
99
Le murature massive, come dimostrato in molti studi recenti, hanno ottime proprietà
termiche, ossia consentono, a parità di valori di trasmittanza, di ottenere un
beneficio dal punto di vista del fabbisogno energetico rispetto ad involucri leggeri,
con meno massa e più materiali isolanti. Questo beneficio, è attribuito alla capacità
termica, ossia alla predisposizione ad immagazzinare calore delle murature massive,
proprietà che le loro corrispettive leggere
possiedono in misura largamente
inferiore, come accennato in precedenza. Non è obiettivo di questa trattazione
l'approfondimento delle cause e degli effetti della massa muraria sul comfort interno
e sul fabbisogno energetico degli edifici, ci si limiterà a fare presente alcune
peculiarità che si ritengono trascurate anche dai moderni sistemi di calcolo delle
prestazioni termiche degli edifici.
Un aspetto cui si è fatto cenno poco sopra è quello della standardizzazione dei
parametri prestazionali delle murature, sanciti a livello di normativa italiana dalle
norme UNI menzionate in precedenza. Tali schematizzazioni sono comprensibili e
necessarie per stabilire delle linee guida per la progettazione a livello nazionale, ma
non possono di certo ritenersi adeguate quando si tratta di edilizia storica.
E' infatti fuorviante pensare che la specifica composizione delle malte e le peculiari
caratteristiche dei laterizi impiegati per le murature d'involucro possano rientrare in
una schematizzazione operata su test eseguiti in condizioni di laboratorio. Inoltre è
da considerare che gli studi e le misurazioni effettuate per redigere delle norme
sono realizzati impiegando materiali simili, ma non sempre rappresentativi di quelli
impiegati in epoche antiche, ed in zone differenti.
Le peculiarità di una malta di argilla come quella presente nel Palazzo Pallavicino,
dunque, sono difficilmente rappresentabili dai campioni su cui si sono redatte le
norme cui accennato sopra, ma su questi dati, in mancanza di altri più verosimili, si
deve impostare il modello di edificio per la simulazione energetica, con il relativo
strascico di imprecisione che ne deriva.
Un altro aspetto che viene standardizzato in modo eccessivamente semplificato dai
test in laboratorio è quello, su cui esistono pochi studi specifici, degli effetti
dell'umidità presente nelle murature. Il quantitativo di acqua contenuta in un setto
100
murario non ha particolari riflessi sulla stabilità e sulla resistenza alle forzanti
strutturali, ma ha una rilevanza non trascurabile se si considerano le prestazioni
termiche.
La conducibilità dei materiali varia con il variare del contenuto igrometrico all'interno
del materiale stesso, allo stesso modo delle temperature interne e superficiali, e gli
effetti di queste variazioni, in murature antiche di spessori notevoli, sono
assolutamente rilevanti e non trascurabili.
Questi aspetti possono influenzare sia la prestazione energetica che la durabilità
degli strati di finitura che il comfort interno, è quindi difficile credere di poter
effettuare qualsiasi studio su un edificio senza tener conto di una così ampia gamma
di fenomeni coinvolti. Il rischio sarebbe quello di ottenere dei risultati parziali o
fuorvianti, con possibili conseguenze anche gravi sia dal punto di vista conservativo
che da quelli, forse meno gravi, ma comunque importanti, del comfort interno e del
risparmio energetico.
5.3.4 I dati degli apporti interni
Quando ci si approccia alla creazione di un modello termico di un edificio non ci si
può fermare alla modellizzazione geometrica e dei materiali ed all'inquadramento
climatico, ma è necessario definire anche molte altre variabili che diano informazioni
relative all'utilizzo dei locali.
La definizione dei parametri che i softwares richiedono è molto articolata e riguarda
tutte le fonti di calore che si ipotizza possano essere presenti all'interno. Ciò
presuppone, come appare chiaro, che siano ben definite già in fase di studio, sia la
destinazione d'uso dei locali, che il numero di utenti presenti. Oltre alla presenza
antropica è oggetto di analisi e simulazione anche la presenza di apparecchiature
elettriche, quali calcolatori, macchine varie da ufficio, distributori di cibi e bevande,
macchinari ed utensili da lavoro per laboratori o zone di produzione ecc..
101
Infine si deve tener conto della presenta di corpi illuminanti, anche questi non
semplici generatori di radiazione luminosa, ma soprattutto portatori di calore, che
ingenera moti convettivi e micro turbolenze nell'aria ambiente e che contribuiscono
al riscaldamento del medesimo quando sono in funzione.
E' quindi richiesta un'opera di computazione e di inevitabile approssimazione per
giungere ad inserire dei valori, espressi in unità di potenza (Watt) che ritraggano, il
più verosimilmente possibile, la situazione reale, sia in fase di funzionamento che di
stand-by, delle apparecchiature elettriche e dei corpi illuminanti, oltre che i livelli di
occupazione degli utenti.
L'approssimazione in questo caso può risultare considerevole, ma generalmente, è
possibile simulare varie situazioni, quindi non si rischia di ottenere risultati fuorvianti,
se si predispongono opere ed impiantistica opportune.
5.3.5 I dati della ventilazione e delle infiltrazioni
Altri parametri da tenere in conto quando ci si approccia alle simulazioni energetiche
sono la ventilazione degli ambienti e le infiltrazioni di aria esterna.
I softwares sono impostati per considerare un ricambio d'aria standardizzato a
seconda che si tratti di una nuova costruzione (0,3 vol/h), o che si tratti di un edificio
esistente con serramenti non dotati di guarnizioni a tenuta d'aria (0,5 vol/h), come
da norma UNI TS 11300-1 e la UNI EN 15251. Non si può certamente dire che in
questo caso la normativa soddisfi appieno le esigenze di precisione nella
simulazione, ma per fortuna i softwares possono essere parametrizzati a piacimento,
quindi,
previa
esecuzione
di
adeguate
analisi
sull'esistente
con
idonea
strumentazione, si può impostare il calcolo su parametri molto vicini alla situazione
reale.
102
Nella maggior parte dei casi reali purtroppo, viste le difficoltà
e l'onere di tali
rilevazioni, sono necessarie delle approssimazioni che rendono implicito anche in
questa fase, un certo margine di imprecisione.
5.3.6 I dati dei sistemi impiantistici
Anche per quanto riguarda la simulazione del funzionamento degli impianti
tecnologici, i due softwares che si sono utilizzati per le simulazioni hanno approcci
differenti.
Nel primo caso il software si concentra sull'approfondita analisi della struttura fisica
dell'edificio e sui parametri di funzionamento per calcolare, tra le decine di possibili
variabili, il fabbisogno di energia dell'edificio, sia per riscaldamento che per
raffrescamento. E' questo il funzionamento di EnergyPlus, che, come si è accennato
in precedenza, non contempla la simulazione del funzionamento degli impianti
tecnologici recependone le specifiche tecniche, ma comunque ne considera gli
effetti sul clima interno e sulle strutture. Con questo applicativo è infatti sufficiente
un'impostazione di livello di temperatura interna nei periodi estivo ed invernale per
consentire al programma di restituire il dato relativo al fabbisogno energetico
dell'edificio, al quale un impianto (di qualsiasi tipologia) dovrà provvedere.
Il software Polimess, al contrario, è calibrato proprio per questo tipo di analisi,
concedendosi maggiori approssimazioni sulla struttura fisica dell'edificio e sulla
geometria, è invece preciso sia nella computazione degli apporti interni e nel calcolo
delle dispersioni per ventilazione e ricambi d'aria. Questo applicativo ha già
impostata una sezione nella quale il calcolo del fabbisogno viene tradotto in
consumo di combustibile (o elettricità) del sistema impiantistico impostato e, previo
che si immettano i prezzi della fornitura, fornisce già un'indicazione abbastanza
precisa dei costi che si dovranno sostenere.
103
5.4
Confronto dei dati ottenuti dalle simulazioni effettuate
Nei paragrafi precedenti si sono illustrate, seppur con molte semplificazioni, le
maggiori lacune che si possono individuare nei due softwares presi in esame, in
un'analisi che ne ha paragonati alcuni risultati a quelli ottenuti dagli strumenti
installati nell'edificio in esame.
In questa fase conclusiva si darà conto dell'iter seguito per raggiungere tali esiti e,
attraverso la lettura delle rappresentazioni grafiche maggiormente significative, si
metteranno in luce gli aspetti maggiormente problematici che limitano la corretta
rappresentazione dei fenomeni che interessano una fabbrica antica come il Palazzo
Pallavicino.
Con il software EnergyPlus la modellazione geometrica dell'edificio è preceduta
dall'inquadramento
geografico,
da
effettuare
mediante
l'inserimento
delle
coordinate specifiche della località in cui è situato l'edificio oggetto di studio.
Come detto in precedenza, con questo software è possibile costruire un modello
tridimensionale mediante l'applicativo SketchUp, che consente di ricreare sia l'edificio
che il contesto (Fig.3), distinguendo tra porzioni oggetto di simulazione (zone
termiche) e porzioni che svolgono la funzione di ombreggiamenti e/o edifici
adiacenti (zone ombreggianti). Si è dunque proceduto alla creazione di un modello
tridimensionale sulla base delle reali dimensioni derivate dalle rilevazioni
geometriche precedentemente effettuate sul fabbricato.
A seguito della creazione della conformazione fisica del modello, il software richiede
l'inserimento degli altri dati che servono a descriverne sia la composizione materica
sia, in base alla destinazione d'uso, il quantitativo di apporti di calore derivati dalla
presenza di occupanti ed apparecchiature elettroniche, sia gli effetti della
ventilazione e delle infiltrazioni d'aria. Si è dato conto più dettagliatamente di quanto
sopra
menzionato nei paragrafi precedenti, cercando di fare luce su possibili
discrepanze tra la realtà e le condizioni simulate, nel prosieguo si riporteranno i
104
primi risultati ottenuti, cercando di fornirne una lettura critica che ne metta in luce
aspetti positivi e criticità.
5.4.1
Confronto delle variabili ottenute
Nella prima fase dell'analisi si sono utilizzati, ai fini dell'inquadramento geografico, le
coordinate ed il file climatico disponibile della località più prossima all'edificio, ossia
di Piacenza, che dista dal sito di analisi circa 25 km.
Si riporta nel grafico 3 la prima rappresentazione degli andamenti annuali di
temperatura ed umidità relativa rilevate in loco e di quelle restituite dal file climatico
di Piacenza, al fine denotarne le difformità.
Come si evince dalle linee che rappresentano gli andamenti delle due principali
grandezze prese in esame, temperatura ed umidità relativa, le differenze, seppur
non molto rilevanti per quanto riguarda le temperature, sono invece notevoli
quando si prende in considerazione l'umidità relativa, che risulta in molti punti molto
distante dalla situazione reale.
Si è ritenuto che la problematica fosse principalmente dovuta all'utilizzo di dati
climatici non perfettamente rappresentativi della situazione climatica della località in
esame, che, seppur con situazioni di temperatura simili, ritraggono una situazione
molto differente di umidità relativa, che potrebbe essere dovuta a peculiari situazioni
microclimatiche locali del sito in cui è collocata la stazione meteorologica che li ha
registrati. Inoltre si deve considerare che i dati climatici disponibili delle stazioni
meteorologiche italiane rappresentano la media dei dati disponibili registrati,
risalenti in parte al ventennio 1951-1970, l’anno tipo consiste in 12 mesi caratteristici
scelti da un database di dati meteorologici di un periodo che dovrebbe essere
preferibilmente ampio almeno 10 anni. La metodologia di calcolo utilizzata è quella
riportata nella norma europea EN ISO 15927-4.
Lo studio da effettuare ha quindi reso necessario la creazione del file climatico che
non fosse necessariamente rappresentativo dell'andamento climatico caratteristico
105
della località geografica, ma piuttosto che fosse massimamente confrontabile con il
periodo in esame e con la peculiare situazione microclimatica locale, seppur con le
dovute cautele. Infatti la situazione microclimatica del centro città può essere con
massima precisione ritratta solo sul posto, e non certo in una località periferica della
città, come nel caso della stazione meteorologica di via Fatebenefratelli, dalla quale
si sono potuti ottenere i dati, tramite i files forniti da ARPA Lombardia.
Si riporta in seguito una rappresentazione delle medesime grandezze raffigurate nel
grafico precedente, ottenute, per quanto concerne i dati del file climatico, dalla
stazione di Cremona di cui sopra.
Si può notare come le linee di temperatura ed umidità relativa, in questa situazione
siano molto vicine, quasi sempre sovrapposte, quindi i valori che si stanno
utilizzando sono sicuramente più vicini alla situazione reale, questo renderà possibile
i successivi confronti tra variabili misurate e simulate all'interno del vano della
presidenza.
La differenza tra i dati climatici registrati dalla stazione meteo cremonese di via
Fatebenefratelli e quelli registrati nello stesso periodo presso il Palazzo Pallavicino
può essere riconducibile alla situazione microclimatica che essi ritraggono, infatti
mentre la stazione meteo di cui sopra è situata in una zona periferica della città,
caratterizzata da una forte presenza di aree verdi ed alberature di grandi dimensioni,
il Palazzo Pallavicino è situato in pieno centro cittadino, circondato da edifici e
costituente esso stesso due corti interne, come si è detto nei capitoli precedenti.
A ciò va aggiunto che la sonda esterna, per motivi di manutenzione e per garantire
la durabilità dell'apparecchiatura stessa, è stata installata sotto il loggiato rivolto a
Nord della porzione Sud del fabbricato più antico, quello in cui oggi è situata l'aula
magna.
Nel grafico 4 si possono notare quali siano gli andamenti, nell'anno indagato, delle
misurazioni di temperatura ed umidità relativa esterne rilevate dalla sonda e quella
restituita dal software EnergyPlus con i dati della stazione
Cremona (qui detta T°Est.file climatico).
106
meteorologica di
Sono rappresentate invece nel grafico 5 le temperature e l'umidità relativa interne
misurate dalla sonda adiacente al globotermometro (per la collocazione nel
complesso vedere fig. 6 e 7, nell'ambiente fig. 8 e 9) e le stesse variabili restituite
dalla simulazione con il software di cui sopra.
Dalla rappresentazione (grafico 5) si possono fare alcune considerazioni:
per quanto riguarda l'andamento dell'umidità relativa si possono notare delle
notevoli difformità tra la linea di umidità relativa interna dell'aria rilevata dal sensore
adiacente al globotermometro e quella dell'umidità relativa interna restituita dal
software.
Le cause di tale difformità così evidente sono molto probabilmente da ricercare nella
diversità dei dati immessi nel software per consentire il calcolo, ossia, facendo
riferimento ai valori di umidità relativa esterna (quindi dell'ambiente) che si possono
osservare nel grafico 4.
Inoltre, come si vedrà più avanti, non si può trascurare di considerare in qualche
modo inadeguata la valutazione che il software EnergyPlus fa dell'effetto di
accumulo di umidità (effetto buffer) tipico delle murature massive, il che si produce
in un effetto inerziale sulle variazioni del quantitativo di vapore acqueo nell'ambiente
interno.
Altra situazione è invece quella concernente le temperature. Queste infatti, come si
vede dalla rappresentazione nel grafico 4, non presentano difformità così ampie
come si vede per l'umidità relativa e l'andamento annuo delle temperature esterne è
molto simile. Questa prossimità delle due linee di temperatura esterna genera due
linee di temperatura dell'aria interna molto simili tra loro, a dimostrazione della
bontà del calcolo effettuato per la situazione simulata che è, lo si deve sempre
tenere presente, costruita sulla base dei dati ambientali immessi mediante il file
climatico creato appositamente.
Le differenze tra le temperature interne sono davvero notevoli solo in pochissimi
casi, anche se, ad una scala di osservazione più dettagliata, si notano e non possono
considerarsi poco significative. E' questo il caso di analisi degli andamenti settimanali
(grafico 6), oppure giornalieri (grafico 7).
107
Dalla rappresentazione settimanale si nota chiaramente quanto i dati differiscano nel
dettaglio, in particolare per quanto riguarda l'umidità relativa, che non riesce ad
avvicinarsi praticamente mai alla situazione reale, presentando picchi di valori e
variazioni molto più ampie.
Le temperature esterne, da file climatico e registrate, sono differenti tra loro e, per
quanto il loro andamento annuo sia similare, nel dettaglio presentano difformità,
come accennato in precedenza, significative, che rendono la simulazione inefficace
per la rappresentazione puntuale dell'esistente.
Inoltre va notato in entrambi i grafici che la temperatura dell'aria interna rilevata
registra, nel periodo autunnale in particolar modo, valori molto più alti dei 20°C
richiesti dalla normativa vigente, dovuti all'accensione dell'impianto di riscaldamento
a livelli ben più elevati di quelli che sarebbero necessari.
E' da denotare altresì che la temperatura dell'aria interna da simulazione rimane,
invece, sulla quota fissa dei 20°C. Questa peculiarità è dovuta al fatto che il software
EnergyPlus è creato per il calcolo del fabbisogno di energia per il riscaldamento e
per il raffrescamento dell'edificio, dunque i valori di temperatura dell'aria interna
sono le condizioni interne che imposta l'utente e non quelle che potrebbero esserci
in caso di malfunzionamento dell'impianto o di lacune nella regolazione di
quest'ultimo. Circostanze peculiari come quelle appena citate, che caratterizzano le
condizioni termoigrometriche dei locali del Palazzo Pallavicino, di certo, non
possono essere contemplate mediante un software di simulazione.
La situazione invernale interna ai locali può essere ritratta, mediante la simulazione
con EnergyPlus, solo in regime passivo, ossia impostando come spento il sistema di
riscaldamento. Quanto appena ipotizzato è sicuramente uno studio che potrebbe
ottenere maggiori riscontri nella situazione invernale, ma presuppone di effettuare il
monitoraggio sull'immobile lasciato, per tutto il periodo di simulazione, inutilizzato,
in modo da registrare i valori delle variabili in esame senza che siano in alcun modo
condizionati da fattori di perturbazione quali l'affollamento, la ventilazione
incontrollata dei locali e gli apporti di calore dovuti al funzionamento delle
apparecchiature elettroniche.
108
Nel periodo estivo, invece, in particolare nella prima settimana del mese di agosto, è
possibile effettuare questo tipo di confronto, in quanto il Palazzo Pallavicino, in
questo periodo, è praticamente inutilizzato, vista la destinazione ad uso scolastico.
Nella rappresentazione grafica, di seguito riportata nel grafico 8, si nota come in
questa situazione le temperature esterne del file climatico utilizzato e quelle recepite
dalla sonda esterna siano molto simili, diversamente dalla situazione invernale.
Questa maggiore uniformità dei dati ambientali, unita alla mancanza di apporti
interni sia nella situazione reale che nelle impostazioni di simulazione, si traduce in
un output dei valori di temperatura interna dell'aria molto simili a quelli registrati
dalla sonda interna, quindi in questa situazione la simulazione è molto efficacie.
Questa considerazione sta a dimostrazione del fatto che la schematizzazione delle
strutture dell'edificio e del loro comportamento termico è senza dubbio
rappresentata in modo abbastanza preciso dalla simulazione dinamica, anche se
permangono alcune differenze.
Il caso dell'umidità relativa resta invece molto differente e, come si vede sempre
dalla rappresentazione nel grafico 8, anche in questo regime , che si potrebbe
definire, semplificato per gli annullamenti delle variabili dovute all'utilizzo,
permangono delle evidenti lacune nei valori restituiti dal simulatore.
Queste difformità sono probabilmente da attribuire alla difficoltà di valutare
correttamente la percentuale di umidità presente nelle murature massive e gli effetti
di quest'ultima sia sulle temperature interne (effetti di lieve entità) che sul livello di
umidità interna all'ambiente. Una lettura attenta della rappresentazione grafica
consente di mettere in luce alcuni aspetti dell'andamento reale dell'umidità relativa
interna all'ambiente, che pare avere una maggior inerzia di quello simulato, che
invece reagisce sempre con immediatezza alle variazioni della temperatura dell'aria.
Si nota infatti che, quando sale la temperatura simulata, l'umidità relativa simulata si
abbassa, come dovrebbe avviene da formule matematiche.
La stessa cosa avviene con modalità differenti quando si passano in esame le
medesime variabili rilevate dalle strumentazioni installate nel locale. Si vede infatti
109
come alle variazioni di temperatura l'umidità interna varii con maggior lentezza e
con oscillazioni di ampiezza inferiore, rispetto alla corrispondente simulata.
La ragione di questo comportamento è molto probabilmente da ricercarsi nelle
proprietà igroscopiche dei materiali costituenti le murature. Qualsiasi muratura infatti
ha la naturale tendenza ad adsorbire l'umidità presente nell'aria che la lambisce ed
è noto che sia ugualmente propensa a rilasciarla all'ambiente quando le condizioni
lo consentono. Le modalità di questo scambio di molecole di acqua tra murature e
aria dipendono da molti fattori, ma sicuramente anche e significativamente dai
materiali e dagli spessori propri della muratura in esame.
Non sarà in questa sede che si approfondiranno tematiche così peculiari e
complesse
(per
approfondimenti
vedere
D.Camuffo,
Basic
environmental
mechanism..., 2011), ci si limiterà a denotare che la muratura del vano sottoposto ad
analisi e simulazione ha un comportamento simile ad un accumulatore di umidità ed
è predisposta a rilasciarla quando si riscalda e e riadsorbirla quando si raffresca,
contribuendo in modo molto efficace al mantenimento di una certa stabilità
all'interno del locale.
Denotiamo che questo comportamento, invece, non è considerato correttamente
dal simulatore, che, pur ottenendo valori simili, non riesce a ricreare un tale
comportamento inerziale della muratura.
Si può ipotizzare infatti che la permeabilità al vapore e la resistenza termica delle
murature del Pallavicino, vista la peculiare composizione delle malte cremonesi in
calce ed argilla, di cui si è parlato nei capitoli precedenti, non sia perfettamente
ascrivibile ai valori medi tipici di malte di calce normalmente utilizzate in fabbricati
coevi di altre località, o comunque non sia rappresentata in modo sufficientemente
preciso dai modelli di calcolo utilizzati.
Queste ipotesi, che potrebbero spiegare le ragioni di difformità così ampie tra gli
output ottenuti dalla simulazione con EnergyPlus e la situazione monitorata,
necessitano sicuramente di approfondimenti incentrati su analisi peculiari del
comportamento termoigrometrico di tali strutture in loco. Un tale approfondimento
scientifico sarebbe utile a comprendere quali siano le reali caratteristiche fisiche ed
110
igroscopiche di questa peculiare tipologia di murature e di quale entità siano le
differenze con i valori che la normativa vigente (UNI 10351, UNI 10355) attribuisce a
murature di struttura similare.
Questo renderebbe possibile, altresì, di affinare la simulazione, adeguando i valori
standard dei materiali inseriti a quelli peculiari risultati dalle analisi, modificando così
il comportamento delle murature, sui sembra lecito ricondurre le difformità degli
output finali.
5.4.2 Confronto dei dati sul fabbisogno energetico per riscaldamento
In questo studio sono stati messi a confronto due softwares per la simulazione
energetica in regime dinamico del comportamento termico degli edifici.
Emerge da quanto riportato in precedenza, la conferma di una differenza
sostanziale tra i due softwares che si sono utilizzati.
EnergyPlus è creato appositamente per simulare il comportamento degli edifici,
siano questi di progetto o già esistenti, ed infatti risulta molto più ricco di variabili
specifiche per ottenere una maggior precisione nella costruzione di modelli quanto
più simili al vero.
Polimess è un applicativo nato per la simulazione dei consumi energetici degli edifici
industriali, che fornisce dei risultati abbastanza vicini al vero anche in caso di edifici a
differente destinazione, ma che si concentra molto di più sulla sezione impiantistica
rispetto che all'impostazione di un modello dettagliato.
I risultati ottenuti in termini di fabbisogno di energia termica in entrambi i casi sono
abbastanza lontani dai consumi reali del Pallavicino, in termini di kWh/mqa.
Le semplificazioni che si rendono obbligatorie con Polimess, sia in termini di
superfici, che in termini di composizione degli elementi disperdenti, hanno su un
edificio storico eterogeneo come il Palazzo Pallavicino, l'effetto di distanziare
notevolmente i risultati ottenuti da quanto si registra nella situazione reale.
111
Questo conferma che il software, che, come detto in precedenza, è nato come
supporto per gli impianti di produzione industriale, non è adeguato alla simulazione
di edifici civili, ed a maggior ragione, di edifici storici.
Differenti sono le considerazioni da fare per quanto riguarda la simulazione con
EnergyPlus.
Con questo software si è ottenuto, settando la temperatura dell'aria interna a 20°C,
un risultato molto differente da quello rilevato reale, ma una considerazione va fatta:
la temperatura interna dell'aria nella realtà è quasi sempre superiore a tale valore,
quindi è di sicuro coerente che il fabbisogno di energia per mantenerla su valori più
alti richieda maggiori apporti.
Si sono dunque eseguite ulteriori simulazioni, procedendo per approssimazioni
successive, fino ad ottenere un fabbisogno pari al reale consumo energetico
registrato.
Si è dunque visto che, per raggiungere tale soglia di consumo, la temperatura
dell'aria interna, con il modello impostato, avrebbe dovuto essere mantenuta a
22,7°C. Anche in questo caso, confrontando la temperatura così impostata con la
media delle temperature rilevate nel periodo di accensione del riscaldamento si
possono riscontrare delle differenze, infatti queste ultime si attestano sui 21,6°C.
Questa considerazione rimanda direttamente a quanto detto in precedenza sul
funzionamento del sistema di riscaldamento Temperierung. Infatti nella fase di analisi
dei dati del monitoraggio si era constatato che la dispersione di calore lungo la
sezione orizzontale avveniva in misura maggiore rispetto alle ipotesi, secondo le
quali, invece, i circuiti scaldanti alla base della muratura avrebbero dovuto trasferire il
calore alle parti alte della muratura stessa, limitando le dispersioni verso l'esterno.
In questo caso emerge un'altra incompatibilità tra software e situazione reale: il
fabbisogno energetico dell'edificio nella simulazione risulta inferiore, mentre il
consumo energetico reale è superiore. Se sia da attribuire alle diseconomie della
gestione dell'impianto, alle eccessive dispersioni attraverso le murature oppure ad
altri tra i fattori di incongruenza elencati in precedenza, non è facile da
112
comprendere, di sicuro emerge chiara la necessità di effettuare ulteriori
approfondimenti sia in ambito di indagine in loco sia nelle simulazioni.
L'applicativo EnergyPlus, dunque, nonostante le ben più ampie possibilità di
settaggio, rispetto a Polimess, non riesce a ritrarre con sufficiente precisione il
comportamento termoigrometrico dell'edificio e, di conseguenza, non sembra poter
essere utilizzato per le analisi sull'esistente di fabbricati storici, per i quali la via del
monitoraggio in continuo pare essere l'unica soluzione per non incappare in
inesattezze che potrebbero comprometterne la durabilità.
Allo stesso modo una considerazione può essere fatta a favore di questi strumenti i
quali, seppur non adatti a ritrarre le situazioni di dettaglio, possono invece essere un
validissimo aiuto ai progettisti qualora non vi sia la possibilità di eseguire analisi
specifiche e monitoraggi, in quanto, si è visto, le indicazioni sul lungo periodo
possono essere considerate accettabili, almeno per quanto riguarda le temperature.
113
6
Conclusioni sull'uso dei simulatori in ambito conservativo
La corretta valutazione delle problematiche legate all'umidità ed alle temperature
dell'aria, come visto nel primo capitolo della trattazione, sono di fondamentale
importanza se si parla di conservazione degli strati pittorici, delle decorazioni
parietali e delle eventuali opere o manufatti esposti, in quanto tutti, in misura
differente, subiscono gli effetti negativi delle variazioni queste due variabili.
Al contrario, non è ancora possibile stabilire con precisione quanto influisca la
presenza di umidità nelle murature in termini di fabbisogno energetico dell'edificio,
in quanto questa complessa fenomenologia non è, ad oggi, ancora stata
sufficientemente considerata da alcuna normativa nazionale.
La principale ragione di ciò è sicuramente che i fenomeni legati alla presenza di
umidità negli elementi murari sono aspetti molto specifici, che interessano ogni
edificio, ma ciascuno in modo differente dagli altri. La normativa può certamente
standardizzare e dare delle linee guida, ma difficilmente può uniformare qualcosa
che può variare da caso a caso.
Per una corretta impostazione dei parametri richiesti dai softwares ed una
conseguente verosimiglianza dei risultati, si ritiene difficile di potersi esimere dallo
studio peculiare dei materiali in loco, con apposita strumentazione che consenta di
ottenere i corretti valori di conducibilità e di trasmittanza degli elementi
dell'involucro da inserire in seguito nei software. Questa appare come una "conditio
sine qua non" per la corretta impostazione tanto del modello di calcolo utilizzato dal
simulatore, quanto, più in generale, dello studio del comportamento termico di
edifici storici.
Considerando quanto appena esposto, sembra non esserci alcun dubbio sulla
necessità di operare una approfondita analisi termoigrometrica sugli edifici oggetto
di studio, che possa fare luce, senza lasciare spazio ad incertezze, sulle reali
caratteristiche di materiali e componenti d'involucro, oltre che sulle reazioni di questi
alle variazioni nel tempo dei parametri coinvolti.
114
Si è riscontrato che, per poter utilizzare correttamente gli strumenti tecnologici
esistenti per la simulazione energetica, non si può esimersi, almeno in casi di edilizia
storica, dall'operare delle indagini preliminari che rendano noti inequivocabilmente i
parametri necessari ad operare un settaggio iniziale in linea con l'esistente, per non
andare incontro ad errori che possono essere anche di notevole entità.
Le problematiche principali riscontrate nella creazione del modello termico
dell'edificio, seppur di varia natura, sono riconducibili alla difficoltà di reperimento e
standardizzazione sia dei valori delle reali caratteristiche dei materiali che del reale
comportamento dell'utenza. Come detto in precedenza, sia nei fattori di
occupazione dei locali, che nei livelli di ventilazione e di ricambi d'aria, che nella
regolazione dell'erogazione del calore, le difformità di una situazione reale da quella
simulata possono condizionare il buon esito sia delle analisi sull'esistente che della
progettazione.
Le standardizzazioni necessarie per ottenere dei risultati concreti e degni di nota per
l'abbattimento dei costi di gestione degli edifici storici sono moltissime e
coinvolgono tutti i soggetti interessati, a partire dall'utenza, che attraverso i
comportamenti quotidiani, può incidere profondamente sul buon funzionamento del
sistema edificio-impianto.
Gli approfondimenti sviluppati in questo elaborato intendono mettere in luce sia
alcuni fattori di pregio dei softwares presi in esame che alcune lacune, non sempre
imputabili agli strumenti stessi. La possibilità di utilizzare mezzi così sofisticati per lo
studio delle condizioni termoigrometriche degli edifici ha aperto da tempo un'ampio
ventaglio di possibilità per i progettisti, ma la consapevolezza degli almeno
altrettanto ampi possibili errori di calibrazione degli stessi softwares deve
necessariamente indurre un atteggiamento di cautela nella valutazione dei risultati.
Un utilizzo consapevole di tali strumenti non può dunque mettere al riparo da
valutazioni sommarie e scelte non del tutto opportune, ma sicuramente può ridurne
gli impatti negativi su edifici ed opere di valore storico e culturale, oltre che sul
comfort degli utenti e sul mantenimento di prestazioni energetiche adeguate alla
situazione economica ed ambientale attuale.
115
Immagini
Figura 1 - Palazzo Pallavicino Ariguzzi a Cremona, veduta da p.zza S.Omobono.
116
Figura 2 - Palazzo Pallavicino Ariguzzi a Cremona, veduta aerea nel contesto urbano e
localizzazione del locale della presidenza (evidenziato).
117
Figura 3 - Modello realizzato per la simulazione energetica con EnergyPlus del Palazzo
Pallavicino nel contesto urbano.
Figura 4 - Fotoinserimento del modello realizzato per la simulazione energetica con
EnergyPlus del Palazzo Pallavicino nel contesto urbano.
118
Figura 5 - Locale della presidenza. Restituzione planimetrica della psicrometria eseguita il
30/01/2014 (a sinistra) , termografia eseguita l’8/3/2013 (in basso a destra),
entrambe con impianto acceso
119
Figura 6 - Locale della presidenza. Collocazione planimetrica del locale della presidenza.
Figura 7 - Locale della presidenza. Collocazione in sezione del locale della presidenza.
120
Figura 8 - Locale della presidenza, collocazione planimetrica delle sonde di temperatura a
contatto, del globotermometro e della sonda T° ed UR aria interna (adiacente al
globotermometro).
Figura 9 - Locale della presidenza, collocazione in sezione delle sonde di temperatura a
contatto (n12 esterna ed n13 interna), del globotermometro e della sonda T° ed UR aria
interna (adiacente al globotermometro).
121
Grafici
Grafico 1 - Dettaglio temperatura aria e radiante il 1°genaio 2015 interne alla presidenza
Grafico 2 - Temperature interna ed esterna (T int, Text), Temperature superficiali delle pareti
nella parte alta (T...a) e bassa (T...b) a confronto
122
Grafico 3- T° ed UR esterne da file climatico della stazione di Piacenza e rilevate sul posto a
confronto (Anno intero)
123
Grafico 4- T° ed UR esterne da file climatico della stazione di Cremona (via Fatebenefratelli) e
rilevate sul posto a confronto (Anno intero)
124
Grafico 5- T° esterne da file climatico Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto,
T°ed UR interne alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto
(Anno intero)
125
Grafico 6- T° esterne Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR interne alla
presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto (riscaldamento acceso)
126
Grafico 7- T° esterne Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR interne alla
presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto (riscaldamento acceso)
127
Grafico 8- T° esterne Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR interne alla
presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto (riscadamento spento)
128
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