POLITECNICO DI MILANO Scuola di Architettura e Società Sede di Mantova Laurea Magistrale in Architettura I parametri termoigrometrici nell'analisi del Palazzo Pallavicino di Cremona: monitoraggio e simulazione in regime dinamico. Autore: Paolo Robusti matricola - 804241 Relatore: Prof. Alberto Grimoldi Correlatori: Prof. Carlo Manfredi Prof. Andrea Luciani Anno Accademico 2014/2015 201 Abstract Il tirocinio svolto presso il laboratorio di Analisi a Diagnostica del costruito mi ha permesso di entrare in contatto con molti esempi di monitoraggi delle condizioni climatiche interne effettuati dallo staff guidato dal Professor Alberto Grimoldi. Le attività che mi è stato consentito di svolgere su questi interventi hanno aperto la strada alla redazione della presente tesi di laurea. La prima parte della trattazione, attraverso la disamina delle variabili coinvolte nei processi di conservazione dei materiali igroscopici, degli effetti di degrado di maggior rilievo a queste connessi e degli strumenti da utilizzare per le rilevazioni si propone di fornire un quadro conoscitivo quanto più possibile completo con l'intento di dotare il lettore degli strumenti necessari alla comprensione della parte conclusiva di analisi incentrata sul caso studio. L'elaborato si occupa poi di esaminare le relazioni intercorrenti tra le strutture murarie, in particolare quelle massive, tipiche dell'architettura storica, e la complessa fenomenologia che interessa la propagazione del calore, nelle sue varie forme, attraverso queste ultime. Lo studio si propone di portare alla luce almeno alcune delle possibili discrepanze tra il comportamento reale delle murature massive di antica costruzione, e di quello simulato mediante appositi softwares che fanno riferimento alle direttive internazionali attuali inerenti le prestazioni energetiche degli edifici. In seguito, la disamina delle peculiarità della simulazione del comportamento termico effettuata in regime dinamico, su un caso di studio, il Palazzo Pallavicino di Cremona, dotato di un impianto di riscaldamento di tipo Temperierung, contrappone gli esiti del monitoraggio attualmente in corso su alcune porzioni significative del fabbricato, in particolare del locale adibito a presidenza, a quelli ottenuti dalle simulazioni sulla medesima porzione, mettendo in luce alcuni aspetti che possono compromettere l'attendibilità degli esiti finali. 1 Indice 7 Introduzione 1 Grandezze, fenomeni fisici e di degrado interessati 1.1 Cenni sulla conservazione dei beni culturali 10 1.2 Degradi riscontrabili su materiali organici ed inorganici 12 1.3 Cause ed effetti delle varie tipologie di degrado 13 1.4 Variabili in gioco per il controllo del clima interno T/UR/US 19 1.4.1 Temperatura 20 1.4.2 Pressione parziale di vapore acqueo 1.4.3 Umidità specifica ( kg/kg, g/kg ) 21 1.4.4 Umidità assoluta ( kg/mc, g/mc ) 22 1.4.5 Umidità relativa (%) 23 1.4.6 Temperatura di rugiada 1.4.7 Distanza dal punto di rugiada ( C° ) 25 1.4.8 Temperatura a bulbo umido ( C° ) 25 ( C°, K° ) ( hPa, mbar ) ( C° ) 21 24 1.5 Correlazioni tra temperatura a bulbo asciutto, umido e punto di rugiada 26 1.6 Strumentazioni per la misurazione dei parametri termoigrometrici 27 1.6.1 Psicrometro elettronico 28 1.6.2 Termometri ad alta risoluzione per misure in continuo 30 1.6.3 Sensori capacitivi per misure di umidità relativa 31 1.6.4 Rilevatori all'infrarosso per misure di temperatura a distanza 32 1.6.5 Anemometri 34 1.6.6 Strumenti per l'analisi della concentrazione di particelle in aria 35 2 2 Nascita e diffusione di impianti centralizzati ad acqua calda 2.1 Sviluppo impianti ad acqua calda, sistemi Perkins 37 2.2 Il sistema ad acqua calda "Temperierung" 43 3 Strutture murarie massive e loro comportamento 3.1 Cenni sul comportamento termico delle murature 54 3.1.1 Isolamento per riflessione 54 3.1.2 Isolamento resistivo 55 3.1.3 Isolamento capacitivo, sfasamento ed attenuazione 57 3.2 Cenni su simulazione in regime stazionario e regime dinamico 4 Caso studio: Il Palazzo Pallavicino di Cremona 4.1 La storia del Palazzo 63 4.2 Caratteristiche dell'immobile 66 4.3 Descrizione del restauro effettuato e del progetto 69 4.4 Storia recente dell'utilizzo e delle problematiche riscontrate 75 4.5 Inquadramento Clima cremonese 78 4.6 Strumentazione utilizzata per le rilevazioni 81 4.7 Descrizione del monitoraggio in corso e variabili considerate 84 4.8 L'analisi dei risultati ottenuti dal monitoraggio in continuo 87 4.9 Prime conclusioni sul sistema Temperierunq 90 3 59 5 La simulazione energetica in regime dinamico 5.1 Differenze tra regime dinamico e regime stazionario 93 5.2 I softwares utilizzati: EnergyPlus e Polimess 95 5.3 Descrizione delle simulazioni effettuate e delle problematiche riscontrate 5.3.1 5.4 6 I dati climatici 96 5.3.2 I dati geometrici del modello 97 5.3.3 I dati dei materiali e dei componenti d'involucro 98 5.3.4 I dati degli apporti interni 101 5.3.5 I dati della ventilazione e delle infiltrazioni 102 5.3.6 I dati dei sistemi impiantistici 103 Confronto dei dati ottenuti dalle simulazioni effettuate 104 5.4.1 105 Confronto delle variabili ottenute 5.4.2 Confronto dei dati sul fabbisogno energetico per riscaldamento 106 Conclusioni sull'uso dei simulatori in ambito conservativo 114 4 Indice delle figure Figura 1 - Palazzo Pallavicino Ariguzzi a Cremona, veduta da p.zza S.Omobono. 116 Figura 2 - Palazzo Pallavicino Ariguzzi a Cremona, veduta aerea nel contesto urbano e localizzazione del locale della presidenza (evidenziato). 117 Figura 3 - Modello realizzato per la simulazione energetica con EnergyPlus del Palazzo Pallavicino nel contesto urbano. 118 Figura 4 - Fotoinserimento del modello realizzato per la simulazione energetica con EnergyPlus del Palazzo Pallavicino nel contesto urbano. 118 Figura 5 - Locale della presidenza. Restituzione planimetrica della psicrometria eseguita il 30/01/2014 (a sinistra) , termografia eseguita l’8/3/2013 (in basso a destra), entrambe con impianto acceso 119 Figura 6 - Locale della presidenza. Collocazione planimetrica del locale della presidenza. 120 Figura 7 - Locale della presidenza. Collocazione in sezione del locale della presidenza. 120 Figura 8 - Locale della presidenza, collocazione planimetrica delle sonde di temperatura a contatto, del globotermometro e della sonda T° ed UR aria interna (adiacente al globotermometro). 121 Figura 9 - Locale della presidenza, collocazione in sezione delle sonde di temperatura a contatto (n12 esterna ed n13 interna), del globotermometro e della sonda T° ed UR aria interna (adiacente al globotermometro). 5 121 Indice dei grafici Grafico 1 - Dettaglio temperatura aria e radiante il 1°genaio 2015 interne alla presidenza 122 Grafico 2 - Temperature interna ed esterna (T int, Text), Temperature superficiali delle pareti nella parte alta (T...a) e bassa (T...b) a confronto 122 Grafico 3 - T° ed UR esterne da file climatico della stazione di Piacenza e rilevate sul posto a confronto (Anno intero) 123 Grafico 4 - T° ed UR esterne da file climatico della stazione di Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto a confronto (Anno intero) 124 Grafico 5 - T° esterne da file climatico Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR interne alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto (Anno intero) 125 Grafico 6 - T° esterne Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR interne alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto (riscaldamento acceso) 126 Grafico 7 - T° esterne Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR interne alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto (riscaldamento acceso) 127 Grafico 8 - T° esterne Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR interne alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto (riscadamento spento) 128 Bibliografia 129 6 Introduzione Il tirocinio svolto presso il laboratorio di Analisi a Diagnostica del costruito mi ha permesso di entrare in contatto con molti esempi di monitoraggi delle condizioni climatiche interne effettuati dallo staff guidato dal Professor Alberto Grimoldi. Le attività che mi è stato consentito di svolgere su questi interventi hanno aperto la strada alla redazione della presente tesi di laurea. Quest'esperienza, di grande importanza formativa, oltre a motivare e rendere possibile la redazione del presente elaborato, mi ha fatto comprendere, da un lato, la grande complessità dei fenomeni igrotermici coinvolti nella conservazione di beni culturali in genere, e dall'altro, le difficoltà legate alla raccolta di dati con le adeguate strumentazioni tecnologiche ed alla loro successiva elaborazione. La materia trattata in questo elaborato è estremamente complessa e ricca di situazioni peculiari, di cui si è cercato di dare conto con la massima chiarezza possibile, ciò ha reso necessaria una corposa opera di studio e rielaborazione dei riferimenti bibliografici utilizzati. La prima parte dell'elaborato si incentra sulla contestualizzazione storica del caso studio del Palazzo Pallavicino di Cremona, scelto per la grande complessità edilizia e per la conseguente ricchezza di peculiarità, ma soprattutto per la quantità di dati analitici disponibili grazie al monitoraggio in continuo in corso. Nella prima parte della trattazione, si sono prese in esame le variabili coinvolte nei processi di conservazione dei materiali igroscopici, degli effetti di degrado di maggior rilievo a queste connessi e degli strumenti da utilizzare per le rilevazioni. Ci si propone, mediante un'attenta disamina delle peculiarità degli argomenti sviluppati, di fornire un quadro conoscitivo quanto più possibile completo, con l'intento di dotare il lettore degli strumenti necessari alla comprensione della parte conclusiva di analisi incentrata sul caso studio. In seguito si passa all'esame degli impianti centralizzati ad acqua calda, cercando di ricostruirne la storia, a partire dalle prime, pionieristiche installazioni del riconosciuto 7 inventore di questa tipologia di sistemi, Jean Simon Bonnemain alle successive del marchese di Chabbannes, fino al brevetto industriale che ne sancì la diffusione su larga scala, ad opera di Angier March Perkins, cercando di darne, in breve, una collocazione storica utile a comprendere le prerogative tecnologiche necessarie alla loro creazione, rese possibili dalla Rivoluzione Industriale. La recente riscoperta di questi sistemi di riscaldamento ad acqua, avvenuta in area tedesca, con la denominazione di "Temperierung", ha conferito nuove peculiarità e nuovi ambiti di applicazione, di cui si cerca di dare una disamina concisa, per esaminarne nel prosieguo, più attentamente, pregi e difetti. In seguito l'elaborato fornisce una contestualizzazione storica del caso studio del Palazzo Pallavicino di Cremona, scelto per la grande complessità edilizia e per la conseguente ricchezza di peculiarità, ma soprattutto per la quantità di dati analitici disponibili grazie al monitoraggio in continuo in corso e per la presenza di un impianto ad acqua a circuiti scaldanti di tipo Temperierung. Il funzionamento dell'impianto di riscaldamento installato nel Palazzo Pallavicino, costituito da tubi in rame, nei quali circola acqua calda come fluido termovettore, alloggiati in un intonaco sovrapposto in malta di calce dello spessore di circa 5 cm collocato lungo le murature in laterizio del palazzo, viene preso in esame cercando di mettere in luce gli aspetti che costituiscono un vantaggio in relazione alle considerazioni di carattere conservativo introdotte nel primo capitolo, ma, allo stesso modo, la trattazione non si sottrae dal dovere di valutarne attentamente le criticità che gli anni di funzionamento hanno evidenziato. L'elaborato si occupa poi di esaminare le relazioni intercorrenti tra le strutture murarie, in particolare quelle massive, tipiche dell'architettura storica, e la complessa fenomenologia che interessa la propagazione del calore, nelle sue varie forme. Lo studio si propone di portare alla luce almeno alcune delle possibili discrepanze tra il comportamento reale delle murature massive di antica costruzione, e di quello simulato mediante appositi softwares che fanno riferimento alle normative attuali inerenti il risparmio energetico degli edifici. 8 L'analisi operata sul Palazzo Pallavicino si incentra sul locale adibito a presidenza, individuato, tra quelli che presentano maggiori criticità, come quello più adatto per lo studio dei fenomeni termoigrometrici ed alla trama di correlazioni che li interessa, considerando sia le ridotte dimensioni dell'ambiente stesso che lo scarso utilizzo. Le valutazioni compiute sugli esiti del monitoraggio (attualmente ancora in corso) cercano di fare chiarezza sul reale funzionamento del sistema di riscaldamento, considerando le variabili più significative tra quelle di cui si è dato conto nella prima parte della trattazione, in particolare temperatura dell'aria, delle superfici murarie, radiante ed umidità relativa. Le considerazioni risultanti dall'esame dettagliato degli andamenti di tali grandezze nel breve e nel lungo periodo, tendono a smentire alcuni dei principi di base che sembravano, invece, caratteristici di questo tipo di impianti. La trattazione si inoltra poi in una breve disamina delle metodologie utilizzate per la simulazione del comportamento energetico degli edifici, con riferimenti alle normative vigenti in Italia, valutando in particolare il metodo di analisi in regime dinamico, ad oggi riconosciuto come l'unico che possa dare informazioni attendibili sul reale comportamento delle murature massive, valutando su base oraria tutte le variabili interessate. Si sono effettuate simulazioni in regime dinamico mediante due softwares, EnergyPlus, mediante l'applicativo Best Energy fornito dal dipartimento BEST (Building Environment Science & Tecnology), e Polimess, messo a disposizione dal dipartimento di Ingegneria Energetica del Politecnico di Milano. L'analisi conclusiva contrappone i dati ottenuti dal monitoraggio in continuo sul locale della presidenza, a quelli derivati dalle simulazioni effettuate sulla medesima porzione, mettendo in luce alcuni aspetti che possono compromettere, almeno in alcune condizioni, la veridicità degli esiti delle simulazioni, dovuti in larga misura alla difformità delle condizioni climatiche locali, delle condizioni termoigrmetriche dei materiali e dei componenti edilizi e dei comportamenti, spesso inconsapevoli ed inadeguati degli utenti. 9 1 Grandezze, fenomeni fisici e di degrado interessati 1.1 Cenni sulla conservazione dei beni culturali Se si fa riferimento al Codice dei beni culturali e del paesaggio (DLgs n42 del 2004), la definizione di beni culturali, si può leggere: " Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonchè ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresigli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico". Volendo specificare in modo più dettagliato, si può dire che fanno parte dei beni culturali tutti gli oggetti sacri e di culto, reliquie, libri, fotografie, opere d'arte, strumenti musicali, costruzioni ed edifici monumentali, arredi, decorazioni, musei, palazzi e residenze storiche. Tutte queste opere richiedono di essere salvaguardate in quanto si può asserire senza timore di smentita che essi appartengono alla categoria delle risorse "non rinnovabili" e, una volta deteriorati, non si possono più in alcun modo riportare alle condizioni originarie. La necessità di preservare le tracce delle epoche passate, che significa dunque conservare la forma originale degli spazi, dei luoghi, dei manufatti e di tutti gli oggetti che custodiscono la memoria storica di un popolo, passa quindi attraverso la tutela e la salvaguardia di quanto ci è pervenuto. Le problematiche legate alla conservazione delle opere d'arte si sono molto accentuate nel nostro secolo a causa delle variazioni delle condizioni ambientali dovute all'aumento del'inquinamento atmosferico e, negli ambienti confinati quali i palazzi storici ed i musei, alla fruizione di massa, fenomeno di grande attualità seguito all'aumento di benessere degli ultimi decenni . I beni culturali, di qualsiasi tipologia, risultano molto sensibili alle variazioni di temperatura ed umidità relativa e, negli anni, si sono adattati alle particolari 10 condizioni microclimatiche locali, ai valori medi ed alla loro variabilità. Conservare significa quindi pianificare interventi atti a contrastare le cause di degrado, ossia interventi volti al mantenimento delle condizioni ambientali più idonee, con lo scopo di ridurre al minimo gli interventi di restauro che altrimenti si renderebbero necessari, e che comunque non possono in alcun modo, nonostante la fatica profusa ed gli ingenti costi sostenuti, riportare i manufatti alle condizioni antecedenti al deterioramento. L'orientamento generale attualmente seguito da chi si occupa di conservazione pone la prevenzione dei danneggiamenti sul gradino più alto delle azioni da mettere in campo, da realizzarsi mediante monitoraggi diagnostici frequenti con lo scopo di arrestare i possibili deterioramenti ed evitare, fin dove possibile, di ricorrere a restauri. La fisica riconosce che "nessun fenomeno fisico spontaneo è reversibile", quindi "qualsiasi azione, incluso il naturale invecchiamento, causa una modificazione irreversibile", dunque anche in ambito conservativo si è obbligati a fare i conti con questa realtà. Da qui si evince che qualsiasi opera d'arte o manufatto di ogni genere, al pari di quanto accade agli esseri viventi, nel tempo subisce delle inevitabili modificazioni, che non possono essere evitate, ma solo rallentate. Da numerosi studi ad oggi eseguiti, si è compreso chiaramente che si può fare moltissimo per migliorare le condizioni di conservazione, in quanto le nuove metodologie e tecnologie permettono di individuare degradi e cause al loro insorgere, anche se, di contro, tecnologie sofisticate richiedono tecnici con un elevato grado di specializzazione e costi talvolta molto elevati per un corretto funzionamento. E' noto altresì come i beni culturali a noi pervenuti siano rimasti pressoché intatti per secoli, conservati in ambienti con particolari condizioni termoigrometriche, come ad esempio nei casi delle opere conservate nelle chiese ed in taluni musei e palazzi. Il recente avvento dei sistemi di riscaldamento, che ha preso piede negli ultimi decenni, ha invece causato enormi danneggiamenti ad opere esposte, stucchi e superfici decorate, serramenti ed agli edifici stessi, dovuti al cambiamento delle 11 condizioni ambientali interne agli edifici. Inoltre le opere fisiche necessarie per l'installazione di generatori e canalizzazioni hanno richiesto il sacrificio o il danneggiamento delle componenti strutturali. Nella trattazione successiva si cercherà di approfondire queste tematiche delineando un quadro generale dei vari fattori in gioco per poter giungere a delle conclusioni calate sulle lavorazioni eseguite sul caso studio del Palazzo Pallavicino, passando attraverso lo studio del monitoraggio in corso e la simulazione del comportamento termico del complesso mediante l'utilizzo dei softwares "Polimess" ed "EnergyPlus". 1.2 Degradi riscontrabili su materiali organici ed inorganici Come già detto in precedenza, si può affermare che ogni cosa in natura, al pari degli esseri viventi, col passare del tempo, si modifica, subendo un degrado tanto inevitabile quanto irreversibile. Le cause di tali modificazioni possono essere di varia natura ed origine. E' possibile individuare trasformazioni chimiche e fisiche, nel corso della vita di un materiale, dovute a molteplici fattori, quali, ad esempio, l'aggressione da parte dei componenti dell'atmosfera ( quali ossigeno, acqua, inquinanti ecc.) o dalla radiazione naturale o artificiale che sia. Ogni materiale tende naturalmente a raggiungere un equilibrio con l'atmosfera, e più nello specifico, con le condizioni microclimatiche dell'ambiente in cui è inserito. La condizione di equilibrio si intende riferita sia alla temperatura che all'umidità, il che significa che un oggetto raggiunge naturalmente la temperatura dell'ambiente ed inoltre assorbe o rilascia il vapore acqueo presente nell'aria. Da ciò consegue che, se ogni oggetto o edificio, seguendo la naturale tendenza a mettersi in equilibrio con le condizioni atmosferiche in cui si trova, modifica il suo stato iniziale in funzione del variare della condizioni, ebbene questi mutamenti causano sicuramente dei danneggiamenti, l'entità dei quali dipende dai materiali di cui si compone l'oggetto. Dunque, per maggior chiarezza, si può affermare che ogni materiale ha una propria specifica capacità di resistere alle variazioni delle condizioni 12 microclimatiche in cui si trova inserito, e che tali variazioni sono alla base dei fenomeni di degrado cui esso incorre. Le variazioni climatiche o microclimatiche, ossia delle condizioni di temperatura ed umidità relativa, sono cicliche e vengono denominate termoigrometriche. Un insieme di fattori è alla base dei cicli termoigrometrici, responsabili del maggiore o minore degrado dei beni culturali in funzione sia della loro "ampiezza", ossia della differenza più o meno ampia tra i picchi di valori registrati, che della frequenza con cui occorrono, che dalla loro durata. Ad essi sono infatti associati una lunga serie di fenomeni di degrado quali, ad esempio, stress, alterazione della struttura del materiale, trasporto di sali e deposizione di inquinanti. Si cercherà a questo punto, facendo seguito a queste importanti premesse, di rendere la trattazione un poco più approfondita, passando all'esame delle varie tipologie di degrado cui sono soggetti i beni culturali. 1.3 Cause ed effetti delle varie tipologie di degrado Prima di sviluppare la trattazione di questi fenomeni è bene specificare che si esamineranno cause, effetti e si cercherà di comprendere qualche strategia di rimedio, limitatamente alle situazioni di clima interno agli edifici, che si ritengono più pertinenti allo sviluppo successivo del presente elaborato. Come accennato in precedenza, tutti i materiali utilizzati per la costruzione di edifici ed opere d'arte in genere rispondono ai cambiamenti di temperatura ed umidità relativa. Si ritiene utile precisare alcuni concetti di base utili alla comprensione delle considerazioni che seguiranno. Una variazione di temperatura innesca una conseguente variazione dimensionale in qualunque materiale, l'entità di quest'ultima dipende dal coefficiente di espansione proprio del materiale. 13 Quando un materiale è sensibile alle variazioni di umidità relativa (definiti materiali igroscopici), ebbene questo tende ad assorbire o rilasciare nell'ambiente umidità, fino al raggiungimento della condizione di equilibrio. Il contenuto igrometrico di equilibrio dei materiali igroscopici è determinato dall'umidità relativa, il che significa che quando il livello di umidità nell'ambiente aumenta il materiale assorbe acqua e si gonfia, quando l'umidità diminuisce il materiale si asciuga e si ritira. A seguito di queste considerazioni bisogna aggiungere che con il passare del tempo i materiali perdono la loro elasticità originaria, risultando ancora più sensibili alle variazioni termoigrometriche ambientali. I materiali subiscono nel tempo un irrimediabile invecchiamento, proprio come avviene negli esseri viventi, accompagnato da un adattamento al microclima locale che li rende poco adatti agli spostamenti e molto sensibili alle variazioni climatiche. Riprendendo a parlare più nello specifico di edifici storici ed opere d'arte in essi contenute, si è riscontrato che questi, nei secoli, si sono adattati alle condizioni locali per due diverse vie. La prima possibilità è che essi abbiano subito delle deformazioni permanenti come risultato del raggiunto equilibrio tra i materiali che compongono l'oggetto ed il microclima, la seconda è che si siano create delle fratture in essi per permettere la variabilità dimensionale indotta dai cicli ambientali. Altra distinzione importante per la comprensione della diversificazione dei degradi fa capo, come accennato in precedenza, all'alternarsi più o meno rapido dei cicli termoigrometrici. Infatti dei cicli rapidi (ad esempio forti escursioni termiche nell'alternarsi di giorno e notte) determinano espansioni differenziali e stress particolarmente dannosi per gli strati superficiali dei materiali e dei manufatti in genere. Espansioni e restringimenti nel breve periodo avvengono con differente velocità tra gli strati più superficiali e quelli più interni (che rispondono più lentamente alle variazioni), questo genera crepe, distacco di strati pittorici e di decorazioni. Variazioni più lente, invece, influenzano i materiali in profondità, diventando causa di danneggiamenti di maggior entità, dovuti principalmente ai differenti coefficienti di dilatazione dei materiali che compongono l'oggetto o il manufatto. 14 Tenendo presente che nei manufatti di interesse artistico le superfici sono la parte più importante, in quanto è sulla superficie che sono depositati gli strati di finitura che costituiscono gli elementi di pregio delle opere, in fase di progettazione è doveroso dedicare un maggior attenzione al controllo dei cicli termoigrometrici quotidiani, rispetto che a quelli stagionali. In pratica, i cicli termoigrometrici inducono una serie di meccanismi di alterazione meccanica e accelerano rotture per fatica in materiali sensibili. Più veloce risulta essere il ciclo, maggiore è il gradiente di temperatura all'interno del materiale, più ripida la parte anteriore della propagazione dell'onda termica all'interno del materiale, maggiore è la forza con cui il materiale reagisce (ritirandosi oppure allungandosi) e dunque più veloce sarà l'invecchiamento e il danno nello strato superficiale. Per la conservazione è dunque di fondamentale importanza che temperatura ed umidità relativa rimangano il più possibile costanti, ciò è garanzia della stabilità del contenuto igrometrico dei materiali e, come si è visto, della loro stabilità dimensionale. Un secondo aspetto da considerare quando si parla di fenomeni di degrado riguarda l'annerimento delle superfici, che avviene a causa dei movimenti dell'aria e della presenza di aria calda che trasporta particelle di polvere, fumo, e batteri che lambendo le superfici più fredde si depositano su queste ultime. In un ambiente circoscritto gli squilibri termici tra le superfici causati da irraggiamento solare attraverso le parti trasparenti dell'edificio o da sistemi di riscaldamento sono causa di formazione di moti convettivi, i quali generalmente aumentano i fenomeni di deposizione con il risultato di deturpare e contaminare le superfici decorate ed ogni oggetto presente. Da quanto esposto si evince la necessità di ridurre il più possibile la presenza di moti convettivi attraverso l'eliminazione di fonti di squilibrio termico, il che risulta molto difficile in ambienti predisposti per l'uso antropico continuativo, ma, comunque sia, ogni intervento deve tenere conto anche di queste problematiche e le soluzioni devono essere consapevolmente valutate prima di essere messe in atto. 15 Un terzo aspetto di grande interesse che riguarda l'insorgere di fenomeni di degrado è dovuto all'eccessiva presenza di umidità nell'ambiente. Quando il grado di umidità relativa dell'aria e/o il contenuto di acqua nei materiali è troppo elevato, si innescano varie tipologie di degrado che è possibile inquadrare in fenomeni di ossidazione e corrosione delle parti metalliche, degrado biologico con deterioramento delle sostanze organiche e/o colonizzazione microbiologica delle superfici, efflorescenze su superfici murarie a seguito della migrazione di sali disciolti su strutture troppo umide. Per quanto concerne le efflorescenze, fenomeni che dipendono dall'adsorbimento di acqua con sali disciolti in essa naturalmente presenti nel terreno. L'unico rimedio possibile è allontanare le cause, ossia di predisporre terreno drenante ed opere di scarico delle acque piovane o allontanamento di corsi d'acqua nei pressi degli edifici per ridurre drasticamente l'imbibizione che, comunque, difficilmente potrà essere annullato. Relativamente agli altri degradi causati dalla presenza di acqua sulle superfici si possono invece mettere in campo una serie di strategie che presentano anch'esse aspetti favorevoli e non, a seconda dell'ambito di applicazione. Eccessi di aumento dell'umidità relativa interna ad un ambiente confinato possono essere dovuti all'affollamento temporaneo. E' utile ricordare che ogni persona è fonte di calore e vapore e fornisce all'atmosfera in media 0,05 kg/ora di vapore acqueo, quindi la massiccia presenza di persone riunite in un ambiente ristretto comporta un sensibile aumento di temperatura ed umidità. La prima ,e forse più semplice, soluzione può essere di garantire il ricambio dell'aria interna con quella esterna mediante l'apertura di finestre o con unità meccaniche di aspirazione e reimmissione dell'aria. Questo metodo può essere valido per contrastare gli effetti negativi dell'eccesso di umidità dell'aria, ma non lo può essere, per esempio per contrastare l'umidità di risalita (anzi accelererebbe il fenomeno), ne' per evitare modificazioni di temperatura delle superfici e relative variazioni dimensionali. 16 Una strategia differente è la deumidificazione meccanica dell'ambiente con appositi apparati tecnologici. Anche in questo caso il metodo, che può ritenersi un ottimo compromesso in caso di situazioni di affollamento, non è opportuno se lo si applica in strutture che presentano problematiche di risalita capillare in quanto non farebbe altro che aumentarne l'evaporazione dell'umidità a della conseguente deposizione di sali. Una terza via per ottenere una diminuzione degli effetti negativi della condensazione è il riscaldamento delle superfici per portarle al di sopra del punto di rugiada. Questo si può ottenere mediante installazione di emettitori ad incandescenza ad Infrarossi (IR) a corta o media lunghezza d'onda, da porre ad opportuna distanza. Un altro metodo potrebbe essere quello di inserire delle resistenze elettriche o delle tubature ad acqua calda nella parete (vedi sistemi Temperierung), strategie che consentono di raggiungere i livelli desiderati di temperatura delle superfici, ma che hanno il difetto di essere invasive, quindi l'impatto deve essere attentamente valutato prima dell'installazione. Si passa ora ad esaminare l'ultima macrocategoria di possibili degradi, quella legata all'insorgenza di biodeteriogeni di vario tipo, ossia di specie animali e vegetali che si nutrono o semplicemente creano colonie sui materiali che compongono i manufatti, definita genericamente "degrado biologico". Negli edifici, ed in particolare in quelli storici, condizioni particolari del microclima interno e le loro variazioni, possono favorire lo sviluppo di microflora sui manufatti e sulle superfici, il che diviene causa di deterioramento biologico. Varie specie di funghi, di batteri e di alghe sono i più frequenti biodeteriogeni. Ogni gruppo sistematico è caratterizzato da particolari esigenze ecologiche che ne determinano o meno lo sviluppo, ovviamente anche in relazione alle caratteristiche del substrato ed alle condizioni ambientali presenti. Ai fini del biodeterioramento, la quantità d'acqua presente nell'ambiente, ossia sia nei materiali che la disponibilità della stessa, risulta essere il fattore discriminante. L'acqua è infatti l'elemento necessario per le diverse attività metaboliche di tutti gli organismi viventi e per il mantenimento stesso delle funzioni vitali di base. 17 A seconda del fabbisogno di acqua, gli organismi vengono distinti in vari gruppi (acquatici, igrofili, mesofili, xerofili e poichiloidrici), che possono tollerare valori alti o bassi di presenza d'acqua. Altra distinzione che si riporta per completezza di informazioni è quella tra organismi fotoautotrofi, ossia che necessitano di luce per produrre le sostanze per il loro sostentamento, ed organismi eterotrofi, che invece producono da altre fonti le sostanze utili allo sviluppo, con la conseguenza che quest'ultimi possono svilupparsi anche in ambienti chiusi. Come già detto in precedenza, la presenza d'acqua è uno dei fattori di maggior importanza per l'insorgenza di biotipi dannosi per i manufatti, ma anche la temperatura ha un'influenza elevata. Infatti si è visto che temperature comprese tra i 20° ed i 30°C favoriscono lo sviluppo di queste forme di vita. Sebbene in ambienti confinati le variazioni di temperatura ed umidità relativa siano più ridotte di quanto avviene nell'ambiente esterno, si è visto come incrementi di soli 2-3°C a determinati livelli di umidità relativa, siano sufficienti, per esempio, alla germinazione di alcuni tipi di spore fungine, determinando la rapida colonizzazione delle superfici dei materiali su cui sono depositate (tessuti, legno, carta). La ventilazione dei locali, dal punto di vista biologico, acquista una duplice valenza. Un aspetto negativo per le superfici è dato dalla veicolazione e diffusione di spore e batteri, uno positivo è invece la disidratazione, l'asciugatura del materiale e delle cellule che ne blocca lo sviluppo. Va detto però che il movimento d'aria, in condizioni normali, difficilmente è un fattore limitante, è più verosimile che induca crescita o asciugatura incidendo sugli altri fattori ambientali, come Temperatura, umidità relativa e disponibilità d'acqua. In ambienti confinati, dunque, è bene tenere conto di ogni fattore che possa modificare le condizioni interne, in particolare non si deve omettere di considerare la presenza di sistemi di riscaldamento o raffrescamento e dei loro cicli di accensione e spegnimento, la presenza di utenti, l'apertura di porte e finestre, le fonti di illuminazione, la destinazione d'uso dei locali ecc.. Tutti questi aspetti, come già accennato, determinano variazioni delle condizioni termoigromentriche interne e sono da valutare con attenzione caso per caso. 18 1.4 Variabili in gioco per il controllo del clima interno T/UR/US Le figure professionali che si occupano della conservazione di edifici storici e beni culturali in genere si trovano a dover fare i conti con molti fenomeni che possono manifestarsi e comprometterne parzialmente o totalmente le condizioni. Questo vasto insieme di fenomeni risulta molto eterogeneo e, come detto in precedenza, difficile da riconoscere, sebbene oggi le indagini si possano svolgere in modo preciso, talvolta queste possono risultare complesse ed onerose. Il controllo che ci si propone di esercitare sui manufatti infatti deve necessariamente tenere conto di molte variabili che generalmente riducono l'efficacia di avanzati sistemi impiantistici e talvolta arrivano ad annullarne gli effetti benefici. Il microclima interno ad un edificio in cui è situata un'opera, oppure quello locale, inteso come l'intorno di un edificio, è sempre la risultante di un insieme di variabili climatiche (situazione climatica locale) ed ambientali (collocazione fisica dell'oggetto) che si correlano alla composizione materica del manufatto alla peculiare configurazione ed alla sua collocazione all'interno dell'ambiente. Tenendo presente per conoscenza le considerazioni appena fatte in breve, che richiederebbero un approfondimento maggiore di quanto non sia possibile fare in questa sede, si proverà adesso a fornire una definizione semplificata quanto più possibile dei fattori che interessano la nostra ricerca, al fine di renderne comprensibile il prosieguo. Si ritiene di doversi astenere, nella presente trattazione, da un esame più approfondito delle formule con cui si calcolano le variabili interessate, rimandando a fonti più autorevoli di chi scrive. In questa sede, si cerca di solamente di fornire delle spiegazioni teoriche più chiare possibile, per rendere comprensibili anche al lettore meno esperto le correlazioni di maggior rilievo nella valutazione dei fenomeni di degrado e delle loro cause. 19 1.4.1 Temperatura ( C°, K° ) La temperatura è la grandezza fisica che da la misura oggettiva del livello di caldo o di freddo con cui ci commisuriamo. La scala di misurazione usata più frequentemente in Europa è quella centigrada, o Celsius, che assegna 100°C alla temperatura di ebollizione dell'acqua e 0°C a quella di fusione del ghiaccio. In ambito internazionale si usa invece la scala Kelvin, o assoluta, che assegna a 0°K, detto zero assoluto, (temperatura minima raggiungibile) al valore di -273,16°C, ed usa il grado Kelvin(K) come unità di misura quantitativamente identica al grado centigrado. La temperatura non è una misura della quantità di energia termica o del calore di un sistema, però è ad essa correlata. Pur con notevoli eccezioni, se ad un sistema viene fornito calore la sua temperatura aumenta, mentre se gli viene sottratto calore la sua temperatura diminuisce; in altre parole un aumento di temperatura del sistema corrisponde a un assorbimento di calore da parte del sistema, mentre un abbassamento di temperatura del sistema corrisponde a una cessione di calore da parte del sistema. Quando due sistemi si trovano in equilibrio termico non avviene nessun trasferimento di energia e si dice che sono alla stessa temperatura. Quando esiste una differenza di temperatura, il calore tende a muoversi dal sistema che viene detto a temperatura più alta verso il sistema che diremo a temperatura più bassa, fino al raggiungimento dell'equilibrio termico. In definitiva si può dire che la temperatura registra il trasferimento di calore da un corpo più caldo verso uno più freddo. Quest'ultima considerazione sarà di fondamentale importanza più avanti nella trattazione, quando si parlerà di flusso di calore attraverso le superfici disperdenti dell'edificio in esame. 20 1.4.2 Pressione parziale di vapore acqueo ( hPa, mbar ) La pressione parziale di vapore acqueo è la pressione esercitata dalle molecole di vapore presenti in una massa d'aria. La pressione di saturazione è la pressione esercitata dalle molecole di vapore alla massima concentrazione permessa dalla temperatura della massa di aria. Questo significa che una data massa d'aria, ad una certa temperatura può contenere al massimo una certa quantità di vapore, non di più. Al di sopra di tale concentrazione le molecole di vapore condensano perché in quelle condizioni non possono esistere. Il processo attraverso cui si raggiunge la massima concentrazione che causa la condensazione è continuo e si definisce dinamico. In pratica nella massa d'aria in esame avviene in continuo il passaggio di molecole dallo stato gassoso allo stato liquido e viceversa., tuttavia la quantità di molecole presenti in forma di vapore risulta costante, questa quantità è detta vapore saturo o pressione di saturazione e tensione di vapore saturo. Per il nostro caso studio è importante comprendere che maggiore è la presenza di vapore nell'aria e maggiore sarà la sua tendenza a condensare sulle superfici. E' però importante notare che la pressione del vapore nella massa d'aria è inversamente proporzionale alla sua temperatura, ossia maggiore è la temperatura e maggiore è la capacità dell'aria di contenere vapore, e, come conseguenza, inferiore è la tendenza a condensare di quest'ultimo. 1.4.3 Umidità specifica ( kg/kg, g/kg ) L'umidità specifica (US) è un altro parametro fondamentale nella comprensione dei fenomeni fisici in esame. Essa esprime il rapporto tra le molecole di vapore ed il numero totale di molecole di aria secca più quelle del vapore stesso. L'umidità specifica è un parametro indipendente dalla temperatura e dal volume, di conseguenza essa rimane invariata in qualsiasi processo termodinamico, purché in 21 tale processo non vi siano fenomeni di variazione di contenuto di vapore, come ad esempio evaporazione e condensazione. In pratica, in una certa massa d'aria secca e vapore, l'umidità specifica rappresenta la quantità di vapore presente espressa in grammi. E' dunque una grandezza che rappresenta la massa d'aria in esame. La misurazione dell'umidità assoluta è molto importante nelle indagini diagnostiche sui degradi dei beni culturali perché permette essa rimane invariata se non ci sono apporti di vapore nell'ambiente (da umidificatori o superfici umide) o estrazione di vapore (da deumidificatori), ne consegue che, monitorando questo parametro, si possono individuare od escludere delle possibili cause generatrici. E' importante aggiungere che anche per l'umidità specifica , come visto in precedenza per la pressione parziale, esiste un valore di saturazione, il quale esprime la quantità di vapore massima che può essere contenuta in una massa d'aria ad una certa temperatura. Diversamente dal valore dell'umidità specifica, che si esprime in termini assoluti e non dipendenti da altri fattori, l'umidità specifica di saturazione, ossia il suo valore massimo, non è costante, ma risulta dipendente dalla temperatura dell'aria. Infatti, maggiore sarà la temperatura dell'aria e maggiore potrà essere il vapore in essa contenuto. 1.4.4 Umidità assoluta ( kg/mc, g/mc ) L'umidità assoluta è una variabile che si riporta per dovere di informazione, in quanto spesso viene confusa con quella specifica, ma che non risulta utile ai fini conservativi. Si definisce come la quantità di vapore acqueo, contenuta nell'unità di volume. Questa grandezza non è particolarmente utilizzata in ambito conservativo in quanto dipende dal volume della massa d'aria e dalla quantità di vapore in essa contenuto. Sapendo che il volume è variabile in funzione della temperatura (se aumenta la 22 temperatura, aumenta anche il volume dell'aria), si riscontra che, se in un ambiente la temperatura aumenta, l'umidità assoluta diminuisce, a differenza di quella specifica che, nella medesima situazione,si mantiene costante. Ciò detto, e considerato che l'umidità specifica non dipende da altri parametri se non quelli quantitativi delle masse d'aria e di vapore, essa risulta essere molto più utilizzata per ottenere un riferimento costante del livello di umidità presente nell'atmosfera (o nell'ambiente confinato) che si intende studiare, mentre la valutazione dell'umidità assoluta risulta poco utile. 1.4.5 Umidità relativa (%) Il parametro più importante ai fini della conservazione e del comportamento dei materiali è l'umidità relativa. Le deformazioni e gli stress subiti dai materiali dipendono prevalentemente dalle variazioni del livello di umidità relativa presente nell'ambiente, da ciò la grande importanza cui sopra accennato. In pratica questo valore da informazioni non tanto sul quantitativo di vapore acqueo presente in atmosfera, ma sul livello presente rispetto a quello massimo possibile. Il suo monitoraggio ed il suo controllo sono fondamentali per ridurre o, nell'ipotesi migliore, annullare gli effetti negativi dei cicli termoigrometrici cui si faceva cenno in precedenza. Esso si esprime con un valore percentuale, in quanto è il risultato del rapporto tra la massa di vapore acqueo contenuta in una massa d'aria e la quantità di vapore che la stessa massa d'aria potrebbe contenere in condizione di saturazione alla temperatura considerata. Si specifica che quanto appena descritto è strettamente correlato alla temperatura dell'aria, infatti si è detto in precedenza che il quantitativo massimo di vapore che una massa d'aria può contenere varia in base alla temperatura (più alta sarà la temperatura, maggiore sarà il quantitativo di vapore che essa potrà contenere). 23 In pratica si motiva il fatto che, se la temperatura resta costante, all'aumentare del contenuto di vapore, anche l'umidità relativa si innalza. Se invece rimane costante il contenuto di vapore, un aumento della temperatura causa una diminuzione del livello di umidità relativa, recependo la maggior capacità di contenere vapore dell'aria più calda. Si può dunque asserire, con riferimento ai fini conservativi, che in un ambiente ideale per la conservazione l'umidità relativa dovrebbe rimanere costante. Se si manifestano variazioni nella temperatura o nel quantitativo di vapore acqueo presente, queste dovrebbero essere compensate da variazioni controllate di entrambi i parametri, volte a mantenere costante il valore dell'umidità relativa. 1.4.6 Temperatura di rugiada ( C° ) Come accennato in precedenza una massa d'aria, raggiunto un certo valore di concentrazione del vapore, si satura e comincia a condensare sulle superfici. La temperatura di rugiada può essere definito come il valore della temperatura alla quale la massa d'aria e vapore deve essere portata perché possa iniziare il processo di condensazione su una superficie piana. E' un parametro molto importante ai fini conservativi, deve essere monitorato con attenzione per evitare che avvenga la condensazione superficiale che accompagna alcuni dei fenomeni di degrado visti in precedenza. Se, ad esempio, a causa dello spegnimento del sistema di riscaldamento la temperatura della massa d'aria e vapore raggiunge il valore di saturazione, ha inizio il processo di condensazione sulle superfici interne, con tutte le conseguenze di cui sopra. 24 1.4.7 Distanza dal punto di rugiada ( C° ) E' una grandezza molto intuitiva che da informazioni circa la differenza termica tra la massa d'aria e vapore ed il valore della propria temperatura di rugiada. Per maggior chiarezza si può dire che essa rappresenta la quantità di gradi centigradi dei quali la massa d'aria e vapore deve essere raffreddata perché possa iniziare la condensazione in aria libera. 1.4.8 Temperatura a bulbo umido ( C° ) Questa particolare misurazione della temperatura è definita dalla fisica come la temperatura di equilibrio, a pressione costante, indicata da un termometro ricoperto da una garza imbibita d'acqua soggetta ad evaporazione adiabatica tramite l'esercizio di una ventilazione forzata alla velocità di 3-5 m/s. La temperatura a bulbo umido risulta inferiore a quella rilevata dal termometro normale perché l'evaporazione dell'acqua, di cui è imbibita la garza, per avvenire necessita di calore che viene sottratto al bulbo, abbassandone di conseguenza la temperatura. L'abbassamento termico (detto anche depressione di bulbo bagnato) rilevato dalla differenza tra la temperatura a bulbo asciutto e quella a bulbo umido risulterà maggiore in un ambiente asciutto che in uno molto umido, ossia sarà maggiore con umidità relativa inferiore. In conseguenza di quanto appena detto, si può anche asserire che la temperatura a bulbo umido dipende dal grado di saturazione dell'aria, è quindi funzione del contenuto igrometrico di quest'ultima, e si può definire anche come la temperatura di equilibrio dell'acqua evaporante in atmosfera, in presenza di ventilazione moderata (come detto 3-5 m/s). 25 La rilevazione delle due temperature, molto importante per il calcolo matematico delle grandezze termodinamiche citate nei paragrafi precedenti, si attua mediante uno strumento molto preciso che si chiama psicrometro. 1.5 Correlazioni tra temperatura a bulbo asciutto, umido e punto di rugiada Ai fini della conservazione è necessario, come detto in precedenza, conoscere i parametri che sono stati definiti nei paragrafi precedenti. In particolare, per la comprensione delle condizioni termoigrometriche delle superfici, è fondamentale la conoscenza delle temperature a bulbo asciutto, a bulbo umido e del punto di rugiada della massa d'aria e vapore, in quanto risultano elementi necessari a comprendere se una superficie si trova in fase di evaporazione o di condensazione. La prima considerazione va fatta sulla temperatura delle superfici. E' bene precisare che una superficie (non porosa), per essere causa di condensazione della massa di vapore contenuta nell'atmosfera (o in un ambiente confinato) deve raffreddarsi fino a raggiungere il valore della temperatura di rugiada, se questo raffreddamento non avviene, non può avvenire la condensazione e dunque nessun fenomeno di degrado ad essa correlato. In riferimento alla temperatura a bulbo umido, si può dire che essa rappresenta la temperatura più bassa che può raggiungere una superficie d'acqua evaporante, dunque questa è la temperatura che una superficie umida deve raggiungere per consentire all'acqua contenuta di evaporare (quindi per asciugarsi). E' molto importante considerare anche che tra le tre grandezze la temperatura di rugiada è sempre quella più bassa, mentre la temperatura a bulbo asciutto è costantemente la più alta, invece la temperatura a bulbo umido, ossia la temperatura dell'acqua evaporante, si attesta sempre tra le altre due. A seconda del livello di umidità relativa i valori si allontanano o si avvicinano, fino a coincidere quando si raggiunge il 100%, situazione in cui il quantitativo di vapore presente nella massa d'aria in esame è massimo e tale da condensare sulle superfici. 26 Da queste considerazioni è possibile dedurre che per evaporazione non si potrà mai raggiungere la temperatura di condensazione, infatti sia i valori della temperatura di condensazione che quelli della temperatura a bulbo umido vengono raggiunti tramite raffreddamenti isobarici (alla medesima pressione) fino ad arrivare a saturazione. La temperatura di rugiada è raggiunta senza variare il contenuto di vapore o di umidità specifica, mentre la temperatura a bulbo umido si raggiunge fornendo acqua, ossia aumentando l'umidità specifica ed anticipando di fatto la saturazione dell'acqua. Dunque il monitoraggio ed il confronto di queste tre temperature è utile per la comprensione del fenomeno in atto e fornisce elementi inequivocabili per raggiungere delle soluzioni. 1.6 Strumentazioni per la misurazione dei parametri termoigrometrici Nelle analisi che seguiranno, relativamente al caso studio, si prenderà in esame il clima locale sulla base dei dati raccolti dalle stazioni metereologiche locali negli ultimi anni. Questi dati verranno utilizzati per confrontare e, laddove necessario, per integrare le rilevazioni recenti derivate dal monitoraggio in continuo che è attualmente in corso presso il Palazzo Pallavicino di Cremona. Esaminate nei paragrafi precedenti le variabili interessate e le principali correlazioni intercorrenti tra di esse, in questa sezione dell'elaborato si ritiene utile fornire una panoramica degli strumenti utilizzati per le rilevazioni climatiche interne, i cui risultati saranno, più avanti, oggetto di analisi e confronto con i risultati del software di simulazione. Nel prosieguo ci si soffermerà sulla disamina degli strumenti utilizzati per le rilevazioni, dette "microclimatiche", necessarie all'analisi del clima interno (Indoor), tralasciando per semplicità le considerazioni sul clima esterno (Outdoor), in quanto si ritiene sia un argomento troppo ampio per poter essere affrontato in questa trattazione. 27 La microclimatologia si è sviluppata sui concetti base della fisica dell'atmosfera, dunque anche la strumentazione in uso per l'analisi microclimatica risulta strettamente correlata a quella utilizzata nel campo della fisica dell'atmosfera. Tuttavia ci sono delle differenze significative riscontrabili tra la strumentazione utile al rilevamento dei fenomeni climatici outdoor e quella per i fenomeni indoor. I fenomeni microclimatici interni infatti richiedono dei limiti operazionali molto più ristretti, e, talvolta, una maggior sensibilità alle variazioni termodinamici di piccola entità. La strumentazione adatta alle rilevazioni climatiche esterne deve essere in grado di funzionare in ambiente esterno, dunque anche in condizioni climatiche non favorevoli e con variazioni di notevole entità, molto superiori a quelle riscontrabili in ambiente interno. Alla strumentazione per il monitoraggio del clima esterno si richiedono dunque differenti prestazioni, anche se i principi fisici su cui si basano sono gli stessi. Le operazioni di misura sono da effettuarsi con un'idonea strumentazione, solo in questo modo si possono, infatti, ottenere delle informazioni quantitative utili alla comprensione dei processi in atto. 1.6.1 Psicrometro elettronico Lo psicrometro elettronico è uno strumento ad alta precisione utilizzato per la rilevazione dei parametri termoigrometrici caratteristici dell'aria dell'ambiente e di quella lambente le superfici che si intendono studiare. La misurazione dell'umidità viene effettuata mediante la lettura di due termometri (di norma due termistori con risoluzione di 0,1°C e costante nel tempo inferiore a 10 s) posti l'uno accanto all'altro, dei quali uno viene mantenuto asciutto mentre l'altro umido, ricoperto da una garzetta bagnata con acqua distillata e sottoposto ad una leggera ventilazione di 3-5m/s. Le letture ottenute dai due termometri sono le temperature a bulbo asciutto ed a bulbo umido di cui si è ampiamente parlato in precedenza. 28 Lo psicrometro è lo strumento più accurato disponibile, in particolare per valutare alti valori di umidità relativa, anche se bisogna tenere presente alcune limitazioni al corretto funzionamento. In primo luogo non è possibile utilizzarlo in condizioni di eccessivo rigore termico, infatti se la temperatura è tale da fare congelare l'acqua di cui è imbevuta la garzetta, l'evaporazione non può avvenire correttamente e di conseguenza le letture non sono efficaci. Inoltre, anche a livelli di umidità relativa al di sotto del 20%, lo strumento da dei problemi. Questi risultano essere dovuti al fatto che l'evaporazione dell'acqua della garzetta è eccessiva, visto l'alto livello di secchezza dell'aria, e, di conseguenza, non riesce a raffreddare al massimo possibile il bulbo umido, il quale quindi non da le informazioni che dovrebbe. Nonostante queste limitazioni lo psicrometro rimane lo strumento più affidabile e preciso oggi a disposizione dei ricercatori. Quando si eseguono campagne di misura manuale, come avviene nel caso del Palazzo Pallavicino, l'operatore deve fare molta attenzione a non interferire con lo strumento, o a farlo il meno possibile, posizionandosi in modo corretto rispetto allo strumento stesso. Per rendere possibile il confronto dei dati, le rilevazioni vengono eseguite con uno stesso psicrometro che, grazie alla velocità di risposta, può essere spostato in tempi brevi da un punto di misura all'altro con la conseguenza di evitare errori di intercalibrazione tra diversi strumenti. Ne consegue che l'unico vero limite è la risoluzione (precisione) dello strumento che si utilizza. va detto inoltre che, nella valutazione dei gradienti (di vari tipi, ad es. aria e temperatura ed umidità), quello che interessa è la differenza tra i valori rilevati, per cui qualsiasi errore sistematico strumentale diviene, ai fini dell'analisi, assolutamente trascurabile ed ininfluente. 29 1.6.2 Termometri ad alta risoluzione per misure in continuo (in aria e di superficie) Quando ci si approccia ad un'analisi microclimatica ambientale, un altro tipo di informazione utile è la conoscenza della temperatura delle superfici, importante per l'analisi dei flussi di calore, e di conseguenza dei cicli termoigrometrici, nello studio del processo di condensazione superficiale, nonché nell'analisi dei processi di deposizione. Per la misurazione delle temperature superficiali vengono comunemente utilizzate delle sonde dotate di resistenze poste a contatto con le superfici in esame. I sensori utilizzati per questo genere di rilevazioni sono delle sonde con al loro interno una resistenza al platino (resistenza elettrica che varia al variare della T°, commercialmente nota con il nome di Pt100) od un termistore (semiconduttore i cui elementi variano la loro resistività al variare della T° ), collegati a sensori che vengono posizionati sulle superfici. Le caratteristiche dichiarate dalle case costruttrici sono generalmente un'incertezza pari a +/-1°C ed una costante di tempo di circa 1 s. Questo tipo di rilevazioni, come nel caso di quelle psicrometriche, sono estremamente delicate. Talvolta esse stesse possono essere causa di alterazione delle condizioni della superficie, oppure è possibile che si stia misurando una temperatura intermedia tra quella della superficie e quella dell'aria, o ancora, è possibile che il sensore risenta dell'energia fornita dall'esterno. Altra causa di errore può essere l'involucro da utilizzare a protezione del sensore, che deve necessariamente utilizzato, ma che, soprattutto in situazioni di variabilità, influisce negativamente condizionando la risposta dello strumento. Appare superfluo sottolineare che delle misurazioni della temperatura di superficie eseguite in modo non appropriato o interpretate senza tener conto delle modalità operative, possono condurre facilmente a risultati erronei e rivelarsi inutili o devianti. Questo tipo di sensori (Pt100 o termistori) viene utilizzato anche per l'analisi dei profili termici verticali per lo studio della stabilità atmosferica interna. L'aria ambiente 30 è soggetta a frequenti e veloci variazioni delle sue caratteristiche termoigrometriche, soprattutto in ambienti frequentati come sono quelli di esposizione o di consultazione. Per analizzare la dinamica dei fenomeni occorre perciò avere risposte veloci e precise, e questo tipo di strumenti possono rispondere bene a queste esigenze. Occorre però prestare molta attenzione alle capsule utilizzate per la protezione dei sensori, in quanto la loro presenza può "tagliare" le variazioni termiche più veloci o rilevarle con un certo ritardo, che dipende dall'apparato incapsulante. Le case costruttrici dichiarano normalmente, relativamente all'"incertezza" dello strumento da loro prodotto, caratteristiche riguardanti la sola parte sensibile e non tutto l'insieme, cioè contenitore e sensore, per cui le caratteristiche lette possono risultare diverse da quanto successivamente rilevato nella realtà. E' quindi necessario essere molto critici nella scelta dello strumento, che va operata in base alle esigenze ed alle caratteristiche dell'ambiente da analizzare, oltre che molto accorti nell'utilizzo dello strumento stesso. 1.6.3 Sensori capacitivi per misure di umidità relativa Il rilevamento dell'umidità relativa in aria è un'operazione molto delicata, soprattutto se si è in condizioni particolari, come ad esempio in ambienti molto inquinati od in presenza di valori di umidità relativa costantemente molto elevati (ad esempio in una grotta). Per misure da effettuarsi in modo continuativo, o per un lungo periodo, o all'esterno, vengono con maggior frequenza utilizzati sensori basati sulla risposta di elementi capacitivi il cui dielettrico è sensibile in modo rapido alle variazioni di umidità relativa, detti sensori "capacitivi". In questo tipo di sensori l'incertezza è di circa +/1-2% e sono caratterizzati da una costante di tempo che, a seconda dei modelli, può andare 10-15 s a qualche minuto, soprattutto se i sensori sono dotati di cappucci di protezione, come accade quasi sempre. 31 Per quanto concerne il principio di funzionamento di tali apparati, esso risulta abbastanza semplice: il film dielettrico (materiale cattivo conduttore di elettricità) di un condensatore (sistema di conduttori separati da materiale isolante detto "dielettrico") assorbe molecole d'acqua facendo variare la capacità elettrostatica (rapporto tra la carica elettrica accumulata da una delle due facce di un condensatore e la differenza di potenziale tra le due facce) del condensatore, lo strumento misura la variazione della costante dielettrica. Questi risultano essere sensori abbastanza affidabili e con una bassa isteresi (quando le due curve di assorbimento e desorbimento di una sostanza, acqua per esempio, non sono sovrapponibili) riscontrata tra i 5% ed il 95% di umidità relativa, mentre non lo sono per valori superiori o inferiori ai detti limiti. I limiti di tali strumenti sono la necessità di una frequente calibrazione, de effettuare ogni 5 mesi o 1 anno a seconda delle condizioni dell'ambiente in cui operano, e la loro elevata "deriva"(deviazione nel tempo del valore di origine) che influisce maggiormente se l'ambiente è inquinato. 1.6.4 Rilevatori all'infrarosso per misure di temperatura a distanza Dalla fisica si sa che ogni superficie emette energia in funzione della propria temperatura. I rilevatori all'infrarosso riescono dunque a misurare la temperatura della superficie in esame attraverso la misurazione dell'energia che esse emette. Il metodo, teoricamente valido, anche se di difficile interpretazione, è quello di misurare la temperatura radiometrica di una superficie con un radiometro. Dalla legge di Stefan-Boltzman si evince che la radiazione emessa dai corpi è una funzione della loro temperatura, di conseguenza, procedendo a ritroso, dalla misura dell'energia emessa da un corpo si può risalire alla sua temperatura. Sempre nella formula citata compare anche il valore dell'emissività, che caratterizza la specifica superficie di ogni corpo e che non sempre risulta di facile determinazione o individuazione. Infatti non è semplice conoscere l'emissività specifica di ogni 32 superficie, nonostante esistano valori tabellati, le variabili in campo diventano molte ed ottenere un risultato preciso è spesso impossibile, in quanto ogni superficie differisce sia per colore che per rugosità dalle altre. Nell'ambito di un'analisi microclimatica si possono utilizzare questi strumenti soprattutto per la misurazione di superfici non facilmente raggiungibili, per le quali è necessario un rilevamento indiretto. Basata sullo stesso principio fisico, la tecnica della termografia da risultati comparabili a quelli che si possono ottenere con i radiometri, ma con un grado di precisione maggiore. L’indagine termografica consiste nell’impiego di una camera ad infrarossi (o termocamera) in grado di misurare e visualizzare l'energia termica emessa dagli oggetti. Le camere ad infrarossi traducono le differenze superficiali di temperatura in immagini cromatiche secondo opportune tabelle di associazione temperatura-colore e rappresentano un preciso strumento per la misurazione celerimetrica non a contatto delle temperature. Le applicazioni della termografia all’infrarosso in campo edilizio attengono soprattutto alla possibilità di visualizzare la differenza di temperatura che interessa le parti più sottili e superficiali dell’elemento indagato. La mappatura di tali discontinuità risulta maggiormente significativa se la ripresa avviene in regime di transitorio termico (in raffreddamento o in riscaldamento, a seguito di una prolungata fase di riscaldamento) a seguito di adeguata sollecitazione termica o in presenza di fenomeni evaporativi. Le prese termografiche hanno svariati impieghi in ambito edilizio (ma non solo) e conservativo. La termografia consente infatti di costruire delle mappe delle superfici, che identificano, attraverso i vari colori, zone termiche aventi la medesima temperatura e discontinuità. Si rivelano altresì molto efficaci per lo studio sulle tessiture murarie, per l'identificazione di elementi non a vista e per l'identificazione di tamponamenti murari e la mappatura degli interventi precedenti, per quanto concerne lo studio storico- conoscitivo sull'edilizia storica e monumentale. Inoltre questa tecnica si rivela importante per il monitoraggio e la diagnostica dello stato di conservazione, 33 rendendo possibile l'individuazione di zone umide, distacchi di intonaci e paramenti murari sottili in genere, oltre che fessurazioni o formazioni di cricche subsuperficiali. Come detto in precedenza, la termografia mostra l'energia che viene emessa dai corpi. Ciò che non è ancora stato specificato è che anche i materiali da costruzione hanno differenti composizioni chimiche, e quindi differente emissività. Lo studio delle prese termografiche può avere, tra le svariate forme di utilizzo, anche quella, molto importante in fase di restauro di mostrare le differenze materiche all'interno delle tessiture murarie, consentendo interventi mirati e localizzati con precisione. Nel caso studio del Palazzo Pallavicino le prese termografiche sono state utilizzate durante tutto l'iter progettuale e dei successivi interventi di restauro, ma lo sono anche oggi per ottenere conferme sui dati rilevati dalle sonde a contatto e per ottenere una precisa mappatura della diffusione del calore interno alle strutture. 1.6.5 Anemometri Gli anemometri utilizzati storicamente sono di vari tipi, taluni funzionali al calcolo della velocità del vento, altri per la misurazione della pressione del vento. In questa trattazione, tenendo presente l'ambito di interesse, ossia la conservazione dei beni culturali, verrà approfondito lo studio di quegli strumenti funzionali al monitoraggio delle condizioni microclimatiche degli ambienti confinati. Negli ambienti confinati non si può infatti utilizzare gli anemometri a coppe in uso per decenni nella meteorologia classica. Infatti questi strumenti hanno dei limiti tali da non rilevare praticamente nulla in un ambiente in cui la ventilazione presenta valori così ridotti da collocarsi al di sotto della soglia minima di tolleranza registrabile. La ventilazione naturale in un ambiente interno, gli influssi d'aria dall'esterno, le circolazioni d'aria in un ambiente confinato come una bacheca o la ventilazione in prossimità delle superfici vengono misurati con uno strumento chiamato anemometro "a filo caldo". 34 Il principio di funzionamento di questo anemometro è che la perdita di calore del corpo è funzione del flusso d'aria che lo attraversa. Il calore perso dall'elemento sensibile dipende dalle caratteristiche del sensore (temperatura, forma geometrica, dimensione) ed anche da quelle dell'aria (velocità, temperatura, pressione, densità, proprietà termodinamiche). Tra le variabili appena elencate, l'unica sconosciuta rimane la velocità dell'aria, quindi la perdita di calore misura la variazione di velocità. L'elemento sensibile è costituito infatti da un sottilissimo filamento (a seconda della casa costruttrice il diametro è di qualche nanometro e la lunghezza di alcuni mm) surriscaldato per effetto Joule. La quantità di calore che l'aria in movimento asporta dipende dalla velocità della ventilazione, oltre che dallo sbalzo termico. I limiti della misura sono praticamente fissati soprattutto dallo strumento registratore. L'anemometro a filo caldo ha una risposta estremamente veloce (costante di tempo inferiore ad 1 s) ed una risoluzione (precisione) che può arrivare ad 1-2 cm/s. Grazie alle caratteristiche appena enunciate questo strumento risulta molto sensibile anche alle basse velocità dell'aria, come si verificano normalmente in un ambiente confinato, ed inoltre è in grado di fornire anche la direzione e l'intensità del flusso d'aria. 1.6.6 Strumenti per l'analisi della distribuzione della concentrazione di particelle in aria Per la misura del particolato atmosferico vi sono in commercio molti strumenti che si basano per la maggior parte sull'aspirazione di un flusso d'aria o sulla deposizione naturale. In questi ultimi il materiale viene generalmente raccolto su speciali supporti (i più comuni sono filtri di diversa natura e porosità) e viene poi analizzato mediante varie tecniche, quali , ad esempio, la microscopia ottica od elettronica, la diffrattometria a raggi X, la spettrofotometria infrarossa, la cromatografia ionica, le analisi termiche differenziali e gravimetriche ed altre meno diffuse. 35 Il parametro più importante nella definizione delle caratteristiche fisiche e comportamentali delle particelle nell'analisi dei processi di deposizione è il diametro. Per la misura della concentrazione di particelle in atmosfera in funzione del loro diametro, la strumentazione diviene più complessa. Le tecniche di rilevamento più precise si basano principalmente su contatori di particelle ("particle counter") il cui principio di funzionamento si basa sulla diffusione della luce da parte delle particelle. Questi sistemi consistono nell'analisi computerizzata della diffusione ottica di un raggio laser che colpisce il flusso d'aria aspirata contenente la particelle conteggiandole in funzione del loro diametro. Infatti, in base alla teoria di Mie sulla diffusione della luce, è possibile dedurre informazioni precise sulle dimensioni delle particelle presenti in atmosfera. Questi contatori di particelle forniscono una misura del numero di particelle sospese in funzione dei diametri delle stesse. Tra gli strumenti , quelli più comuni forniscono rilevazioni di range di diametri che vanno da 0,1 a 10 nanometri, mentre quelli più sofisticati possono arrivare anche a qualche centesimo di nanometro. In tutti i casi sono apparecchiature costose e necessitano di frequenti calibrazioni, il loro utilizzo è quindi da valutare volta per volta, in base ad adeguate valutazioni in termini di necessità. 36 2 Nascita e diffusione di impianti centralizzati ad acqua calda 2.1 Sviluppo impianti ad acqua calda, sistemi Perkins In questa sezione si cercherà di dare una collocazione storica agli impianti per il riscaldamento ad acqua calda, cui il sistema installato nel caso studio, detto "Temperierung", appartiene. Per fare questo, bisogna risalire alla prima fase della Rivoluzione Industriale (seconda metà 1700), durante la quale si assistette, attraverso processi di evoluzione economica e di industrializzazione, ad una progressiva e repentina modificazione del sistema produttivo, delle modalità, oltre che dei luoghi di produzione. Ciò che risulta di maggior interesse è che quanto avvenuto in questa fase storica introdusse trasformazioni e progressi tecnologici in grado di modificare in modo profondo gli ambienti ad dedicati alla nuova forma della produzione industriale. Le intervenute necessità generarono, dunque, nuovi spazi adatti alla produzione, significativamente diversi da quelli che fino a quel momento si erano realizzati, e con dotazioni tecnologiche tali da renderli adatti al mantenimento dell'attività durante tutto l'anno solare. Di particolare pertinenza rispetto all'oggetto di questa trattazione è l'avvento dei nuovi sistemi impiantistici atti al mantenimento di accettabili livelli di comfort per i lavoratori e funzionali al mantenimento di livelli di produttività costanti, che non subivano più l'influenza delle variazioni climatiche stagionali. Le nuove esigenze dettate dalla produzione industriale, unitamente alla possibilità di realizzare grandi quantità di articoli in serie, consentirono lo sviluppo di nuovi prototipi ed attrezzature tecnologiche applicate in ogni ambito ingegneristico, che generarono in un tempo relativamente breve, modificazioni sostanziali della vita sociale, professionale e delle abitudini degli individui. L'avvento di queste modificazioni, da attribuire alle nuove tecnologie di produzione, ha consentito, da un lato, come già accennato, di mantenere costante la produzione industriale nel tempo e quindi di generare occupazioni professionali stabili e (non stagionali come quasi sempre avveniva in passato), e, dall'altro, di modificare le 37 abitudini di vita nelle città. Si rese possibile ciò che ai nostri giorni è dato per scontato, ossia di poter uscire anche durante le ore notturne grazie ai nuovi sistemi di illuminazione a gas, di avere acqua potabile di buona qualità in aree periferiche delle città ( fatto che ne agevolò l'espansione), e di scaldare meglio le abitazioni o i palazzi pubblici (come ad esempio gli ospedali) rendendole più salubri e contribuendo all'incremento dell'età media. Questo insieme di avvenimenti coincidono con quella che più volte è stata definita la nascita del comfort: dalla seconda metà del XVIII secolo si realizzano le condizioni favorevoli alla diffusione, presso una base sociale allargata (la nascente borghesia), di alcune comodità, raffinatezze, piccole astuzie di comportamento che segnano esattamente la misura del cambiamento sociale in atto. Dopo questi brevissimi cenni, funzionali ad illustrare come lo sviluppo industriale diede un impulso fondamentale alla ricerca scientifica ed all'applicazione dei nuovi sistemi tecnologici in ogni ambito, in questa fase si passerà a trattare più nello specifico di impianti di riscaldamento, in particolare di quelli ad acqua. L'avvento di questa tipologia impiantistica è legato alla capacità tecnologica di realizzare tubature, giunti e componentistica varia in quantità tali da consentire un sostanziale abbassamento dei costi legati sia alla produzione stessa che alla manutenzione. La messa in opera di componenti prodotti in serie è, come intuibile, non solo meno onerosa se la produzione è cospicua, ma dà anche maggiori garanzie di uniformità prestazionale. Questi fattori consentono da un lato di abbassare i costi di produzione e la complessità della fase di installazione delle apparecchiature, dall'altro danno maggiori garanzie di funzionamento e durabilità, grazie alla maggior precisione ed uniformità delle componenti tecnologiche. L’idea di proporre un sistema di riscaldamento distribuito attraverso tubature in metallo risale al breve contributo di tale Colonnello Cook, pubblicato sulle pagine delle "Philosophical Transactions" nel 1745. La breve descrizione è corredata anche di una tavola schematica, nella quale è rappresentato un sistema che distribuisce alcuni circuiti, che si dipartono da una caldaia posta in basso. L’episodio è stato più volte accostato alla nascita dei sistemi di riscaldamento centralizzato, ed in realtà ne 38 costituisce un precedente importante, soprattutto per quanto riguarda l’attenzione alla distribuzione nei differenti ambienti, e l’idea di collegarne l’alimentazione alla cucina, che ricopre un doppio uso, anticipando le applicazioni di Rumford e Chabannes. Gli storici delle tecniche sono però concordi nell'attribuire la paternità dell'invenzione e della realizzazione del primo esempio di impianto centrale ad acqua calda, ad un sottovalutato architetto francese: Jean Simon Bonnemain, il quale realizza nel 1777 una dotazione particolarmente innovativa per uno stabilimento dedicato alla cova delle uova, ed all’allevamento di polli. L'impianto di Bonnemain si rivelò in anticipo sui tempi. La genialità dell'applicazione tecnologica stava nel fatto che essa consentiva il trasporto del calore prodotto in una sola centrale termica, per mezzo di un fluido termovettore, ad un interro fabbricato, cosa che, contemporaneamente utilizzando gli strumenti disponibili in quegli anni, avrebbe richiesto molti focolari accesi. Inoltre, un altro fattore di grande innovazione è che questo impianto consentiva di diffondere il calore in modo omogeneo in tutto l'ambiente, il quale poteva essere più o meno ampio senza procurare particolari disagi per l'installazione od il funzionamento. Questa facilità di adattamento dell'impianto si dimostrò una caratteristica molto importante per la successiva diffusione degli impianti centrali, in quanto particolarmente calzante per le nuove installazioni industriali che avevano la necessità di essere riscaldate per consentirne l'uso ed il funzionamento in continuo, ma fu altresì significativa per le applicazioni all'edilizia residenziale e civile in genere. Il primo esemplare messo in funzione dell'impianto di Bonnemain è in funzione dal 1778 in un allevamento avicolo, nel quale le tubazioni in metallo conducono l'acqua calda in tutti i punti dell'edificio, scaldando tanto gli ambienti adibiti alla cova, quanto quelli in cui i polli alloggiano normalmente. Un'altra celebre installazione di questa tipologia di impianto fu realizzata nello Chateau de Pecq, probabilmente di poco successiva alla prima. In questo frangente però Bonnemain realizza, oltre ad un impianto di grande precisione e longevità, anche un primo regolatore di temperatura (regulateur du feu) che consentiva la 39 schiusa delle uova in un'incubatrice senza che fossero covate regolando la temperatura in automatico all'interno dell'ambiente. Grande eco ebbero queste novità tecnologiche sia in Francia che in Germania, dove vennero studiate nuove applicazioni industriali ed a vari processi manifatturieri, come la fusione del sego o la filatura della seta, o, ancora, la macerazione della canapa e la cristallizzazione dello zucchero dalle barbabietole. Di poco posteriori alle realizzazioni di Bonnemain, sull'altra sponda della Manica prendono corpo le prime installazioni di impianti centrali ad acqua calda ad opera del marchese di Chabannes, il quale , diversamente dal collega francese, impianta a Londra una fabbrica per la produzione di componentistica e comincia a promuoverla come "facilities" per il nuovo ceto medio, la sorgente borghesia imprenditoriale, che in quegli anni cominciava ad emergere ed a richiedere i maggiori comfort che fino a quel momento erano stati riservati solo ai ceti nobiliari. Chabannes riesce, oltre ad ottenere riconoscimenti ed una discreta fortuna dalle sue installazioni, ad operare anche su di una serie di edifici pubblici, come il teatro del Covent Garden e la House of Commons, uno degli edifici più prestigiosi della storia, non soltanto dal punto di vista architettonico. In seguito alle installazioni di Chabanes, i sistemi ad acqua calda conoscono una rapida diffusione sia in Inghilterra che sul continente e negli Stati Uniti. Si manifestano molti sostenitori di questa tecnologia tra tecnici, progettisti e critici, che si presenta più affidabile rispetto agli apparecchi a vapore, sviluppati negli stessi anni ma ancora incerti per quanto riguarda la stabilità di esercizio. Il dualismo tra gli impianti ad acqua e quelli a vapore permarrà ancora, successivamente alle installazioni di Chabannes, per alcuni decenni. Questo fatto ci è confermato dal trattato di Thomas Tregold "Principles of warming and ventilating public building" pubblicato nel 1824, che porta molti esempi pratici di installazioni di impianti a vapore in ambiti industriali e civili, nella sua prima edizione non considera gli impianti ad acqua, mentre nella seconda, pubblicata solo alcuni mesi dopo, presenta un'appendice scritta da Josiah Bramah interamente dedicata ai nuovi impianti ad acqua. Non è di poco conto sapere che proprio la seconda edizione 40 riscosse un ampio successo commerciale e fu tradotta sia in francese che in tedesco nei due anni seguenti. Un'altra voce che ebbe una eco fu quella del sovrintendente del County Fire Office di Londra, Alfred Beaumont, architetto, che pubblicò nel 1835 un peana agli HotWater systems, a seguito dell'installazione di uno di questi impianti nell’ufficio distrettuale. Nella sua pubblicazione Beaumont si esprime in termini molto chiari sai a proposito dei sistemi a vapore, che definisce adeguati solo in caso di grandi installazioni industriali, vista la necessità di continue ed onerose manutenzioni e gli elevati costi di gestione, mentre tesse le lodi dei sistemi ad acqua calda diffusi dal marchese di Chabannes, che risultano estremamente più economici (circa 1/12 del costo necessario) e di più facile gestione. Egli si spinge a dire che "davvero sembra una magia, ma il caso illustrato è la dimostrazione che una sola parte su dodici del calore sviluppato dal combustibile in un sistema ad aria, o a vapore, va a riscaldare gli ambienti; mentre la gran parte che ne resta, undici dodicesimi, se ne va aspirata dalla canna fumaria, e viene dispersa sopra il tetto della casa". in questi impianti l’acqua funziona da fluido termovettore principalmente in due modi: riscaldando aria che viene portata a contatto con le superfici calde; e riscaldando direttamente, per irraggiamento. Queste due modalità sostanzialmente convivono nelle installazioni pionieristiche, ma è da segnalare che la seconda poi sostituirà gradualmente la prima. "La più ampia diffusione degli Hot Water systems risale all’attività della famiglia Perkins. Tra i più noti progettisti ed installatori di sistemi ad acqua calda è questa famiglia inglese trasferitasi negli States, e poi nuovamente insediata in Gran Bretagna al volgere del secolo XVIII. Celebri per essere citati nel trattatello del Richardson57, e da allora inevitabilmente associati ai sistemi di riscaldamento ad acqua calda diffusi in Inghilterra, devono il proprio successo e la fama che ne fa un modello ancora nella manualistica di fine secolo, principalmente alla propria abilità commerciale. La diffusione del sistema Perkins fu dovuta ai numerosi contratti che permisero ad installatori forse meno dotati ma volonterosi, di riscaldare chiese, case di campagna 41 e vari edifici pubblici nella campagna dell’Inghilterra meridionale, sotto il marchio e con il nome della famiglia. La ditta Baker-Perkins è ancora oggi attiva nel campo delle installazioni di impianti industriali" (Manfredi C., "La scoperta dell’acqua calda...", 2013). Il brevetto che Perkins riuscì ad ottenere, oltre a farne la fortuna commerciale, fu un'ingegnosa evoluzione degli impianti esistenti, che, sfruttando il potenziale dell'acqua sotto pressione, consente di ridurre la sezione dei tubi impiegati ad 1"(molto inferiore alle sezioni degli impianti a vapore) rendendoli meno ingombranti e consentendo al fluido di circolare meglio (il diametro eccessivo ostacola il moto dell'acqua), e, allo stesso tempo, utilizzando il vaso di espansione, rende l'utilizzo sicuro. Inoltre è fondamentale riscontrare che la minor quantità di fluido da riscaldare è un grande vantaggio in termini di rapidità del raggiungimento del livelli di temperatura di esercizio, consentendo accensioni e spegnimenti frequenti, se necessario. Il brevetto dell'impianto, che di per sé non fu una grande innovazione rispetto agli impianti fino ad allora realizzati da Bonnemain e da Chabannes, fu seguito da una lunga serie di altri brevetti per la componentistica, come quello per i giunti a vite in ghisa che permettevano ai condotti di reggere le alte pressioni di esercizio cui venivano sottoposti. Questa attenzione commerciale che contraddistinse l'opera dei Perkins, ne consentì l'affermazione sul mercato sia in Inghilterra che in vari paesi esteri fino agli anni Cinquanta del XIX secolo, poi, vista la mancanza di un sistema di ricircolo dell'aria viziata, conobbe un lento ridimensionamento, a favore di sistemi di riscaldamento integrati per la ventilazione degli ambienti. Ricollegandosi alle considerazioni fatte in precedenza sullo sviluppo del sistema industriale nell'Ottocento, si può anche riconoscere che due aspetti fondamentali contribuirono a fare la fortuna di questi sistemi: l’applicabilità del sistema Perkins su larga scala e la possibilità di produrre i componenti del sistema in serie con una filiera di tipo industriale. Ebbe così inizio l'era del riscaldamento degli edifici nella forma in cui, seppur con qualche variazione e miglioria tecnologica, è pervenuto a noi. La storia dunque 42 chiarisce come, nella sostanza, durante l'Ottocento si verificarono le condizioni sociali e tecnologiche che consentirono alle innovazioni di svilupparsi, essendosi creata non solo la conoscenza teorica per concepirle, ma anche la capacità tecnologica per realizzarle, oltre che al tessuto sociale ed economico pronto a recepirle. 2.2 Il sistema ad acqua calda "Temperierung" Una delle varianti dell'originale sistema realizzato da Bonnemain, che in alcune sue applicazioni, per la verità, differisce dall'originale solo per la componentistica utilizzata, è stato messo a punto dal Bayerische Landesamt fur Denkmalpflege (Soprintendenza per i musei non statali della Baviera) per risolvere alcune problematiche legate alla conservazione delle tele a contatto con le murature fredde dei palazzi storici. I maggiori esempi di realizzazione e di studio di questo sistema vennero realizzati a cavallo degli anni '80 del secolo XX°, nell'ambito del progetto europeo Eureka/Eurocare "Prevent" che vide la collaborazione di più vari paesi, tra cui l'Italia. Vi sono anche altri ambiti in cui questo sistema è stato studiato, quali ad esempio il progetto "Friendly Heating" and "Climate for Culture", ma anche con le ricerche di vari istituti universitari e di tutela dei Beni Culturali in area tedesca che non si riportano per brevità, rimandando alle fonti bibliografiche per eventuali approfondimenti. Gli studi effettuati sulla "Temperierung" sono ispirati da alcuni criteri che si ricollegano alle necessità primarie della conservazione. In primo luogo si considera il ruolo che l'involucro edilizio svolge, in particolare sulla regolazione del clima interno e sulla stabilizzazione dei valori delle variabili climatiche interessate, cui si sono dedicati alcuni paragrafi del capitolo 2 di questa trattazione. 43 Secondariamente si considera il mantenimento del clima interno, ossia la necessità di ottenere condizioni stabili e variazioni quanto più lente possibile, quindi il ruolo fondamentale che l'inerzia termica delle murature si trova a svolgere. In ultima istanza va detto che non si possono considerare gli standard internazionali sui valori climatici come validi, in quanto questi non tengono in nessun modo conto né delle specifiche condizioni ambientali e stagionali locali, né delle caratteristiche tipologiche e costruttive di ciascun edificio, nonché delle sue specifiche modalità di riscaldamento e raffrescamento. Fatte doverose queste premesse si passa ora a descrivere gli aspetti più tecnici del sistema in esame, allo scopo di comprenderne in funzionamento. La Temperierung consiste nell'installazione, nelle murature o in adiacenza, di tubi in rame in cui circola acqua riscaldata come fluido termovettore a temperature che variano tra i 30° ed i 60°C. I circuiti scaldanti vengono disposti lungo tutto il perimetro degli ambienti e lungo la pareti divisorie interne a quote differenti dal basso fino ad un'altezza massima di 1,5 m circa, in modo da creare più anelli nella parte bassa delle murature con lo scopo di alzare la temperatura di queste ultime riducendo anche, per conseguenza, la quantità di umidità contenuta. Il riscaldamento dei paramenti murari e la conseguente asciugatura degli stessi ingenera molteplici effetti positivi, quali, in particolare, la riduzione dei rischi di condensazione dell'umidità presente nell'aria interna ed il miglioramento della prestazione energetica dell'involucro opaco. Questa tipologia di impianti possiede dei requisiti unici per alcuni aspetti, che risultano estremamente importanti ai fini della conservazione di opere d'arte e strutture edilizie storiche. In primo luogo la maggiore temperatura delle superfici murarie, contrastando la formazione di condensa su di esse, migliora le condizioni di conservazione nell'ambiente delle opere d'arte, ma, in particolare, delle tele esposte, che normalmente soffrono l'effetto "parete fredda" (formazione di condensa ed insorgenza di degradi a causa di batteri o funghi). Quanto detto è anche utile in ottica di risparmio energetico, perché non rende necessari altri, più costosi, sistemi di 44 riscaldamento dell'aria interna, che, nei periodi di funzionamento, richiedono apporti energetici molto superiori degli impianti Temperierung. In secondo luogo vanno considerati gli effetti dell'asciugatura delle murature che consegue al loro riscaldamento, riassumibili nei due principali in seguito elencati. Dal punto di vista conservativo (in questo caso si intende riguardo alle strutture murarie), l'aspetto di maggior interesse risulta essere correlato alla riduzione degli effetti di degrado che conseguono alla deposizione salina causata dall'evaporazione dell'umidità di risalita. E' bene precisare, però, che questo risultato si ottiene solo in caso di funzionamenti in continuo dell'impianto. Infatti in caso di uso intermitente o saltuario, nei periodi di spegnimento dell'impianto, la muratura tenderebbe ad ri-adsorbire, principalmente dal terreno, l'acqua persa generando cicli di ricristallizzazione dei sali in essa disciolti, aumentando dunque il degrado delle strutture in modo irreversibile. E' bene dunque, in fase di progettazione, valutare con attenzione rischi e benefici di questo tipo di installazioni, perché un uso scorretto o non appropriato alla destinazione d'uso dei locali, potrebbe vanificare gli esiti positivi della realizzazione. L'altro aspetto di rilievo riguarda invece la trasmissione del calore attraverso le murature. Come illustrato nel capitolo precedente, infatti, una muratura umida genera una dispersione termica molto maggiore rispetto ad una asciutta, da ciò consegue che, se il sistema di riscaldamento contribuisce a mantenere molto basso il livello di umidità presente, ebbene significa che questo concorre anche alla riduzione della dispersione termica, quindi alla riduzione dei consumi energetici. A questo punto risulta interessante illustrare le modalità di trasferimento del calore in un sistema Temperierung, che risultano essere assimilabili ai sistemi di riscaldamento a pavimento, ma, diversamente da questi, possiedono alcune peculiarità che li distinguono e ne rendono più conveniente l'impiego in ambito conservativo. Il calore viene ceduto all'ambiente, analogamente a quanto avviene nei sistemi a pavimento, mediante radiazioni infrarossa a bassa frequenza (onde molto "lunghe"), scambio per conduzione con la muratura (quando i circuiti vengono inseriti nel 45 paramento) o con l'aria interna ed infine scambio convettivo tra la muratura o i circuiti in rame e l'aria interna. Il risultato che si ottiene con questo tipo di impianto è quello di creare in ogni ambiente una sorta di fascia scaldante lungo tutte le pareti, aumentando la superficie di scambio termico rispetto ai più comuni sistemi ad acqua che riscaldano principalmente l'aria per scambio convettivo, quali radiatori e ventilconvettori. La fascia scaldante che si crea con la Temperierung sfrutta invece la componente radiante (quindi l'irraggiamento) in misura maggiore, il che contribuisce aumentare la sensazione di comfort degli occupanti, in particolare nelle vicinanze delle murature, e riduce gli effetti negativi derivanti dai moti convettivi, quali in primis l'annerimento delle superfici dovuto al trasporto di polvere ed inquinanti in aria e la conseguente deposizione di questi sulle superfici più fredde (solai, parte alta delle pareti e serramenti. Analogamente a quanto rilevato mediante il monitoraggio in continuo effettuato sul Palazzo Pallavicino di Cremona, il calore e la sensazione di comfort per gli utenti sono più marcati in prossimità delle fasce riscaldanti, da ciò consegue che l'applicazione di questo sistema impiantistico è particolarmente adatta in ambienti di dimensioni ridotte, mentre in caso di applicazione in ambienti ampi, si rende necessaria l'integrazione delle fasce laterali con fasce a pavimento, fattore da valutare attentamente in caso di restauro di palazzi storici con pavimentazioni di pregio. I punti critici della Temperierung sono già emersi, ma vale la pena di esplicitarli con maggior chiarezza per evitare fraintendimenti. In primo luogo si deve considerare la formazione dei moti convettivi in prossimità delle murature. Questo aspetto è inevitabile (anche per gli altri comuni sistemi di riscaldamento) ed è causa di un lento ma inesorabile annerimento delle superfici murarie e di deposizione di polveri e particelle sottili sulle opere d'arte presenti nell'ambiente. La deposizione di particelle è maggiore sul soffitto, in particolare laddove questo abbia una temperatura sensibilmente inferiore a quella dell'aria riscaldata che la lambisce. In questo caso si possono verificare anche fenomeni di 46 condensa, con il notevole strascico di fenomenologie di degrado che li accompagnano. In caso di installazione è dunque bene monitorare, preferibilmente in continuo per un lasso di tempo che sia di almeno un anno, le temperature interne dell'ambiente e quelle delle superfici, onde avere consapevolezza dei rischi di condensa e, laddove possibile, provvedere ad installare degli isolamenti per evitare l'eccessivo raffreddamento dei solai e di eventuali serramenti. Altro fattore di criticità riguarda l'utilizzo intermittente. La muratura asciugata dal calore fornitole dai circuiti scaldanti ha in se la naturale tendenza ad inumidirsi nuovamente, qualora ne abbia la possibilità. Il funzionamento in continuo evita che questo si verifichi, perché riesce a creare una fascia calda che blocca la risalita dell'umidità dal terreno, o comunque al di sotto di tale fascia. Questo esito rischia di diventare problematico se il funzionamento è intermittente, in quanto la muratura, nelle fasi di spegnimento dell'impianto avrebbe la capacità di imbibersi nuovamente ed in seguito ne verrebbe nuovamente forzata l'asciugatura, con lo spiacevole lascito di sali cristallizzati che, ad ogni ciclo, aggraverebbe ulteriormente la situazione di conservazione di intonaci, murature, stucchi ed ovviamente di eventuali altri beni culturali presenti. Altri fattori di cui tenere conto in fase di progettazione, sono derivanti dal livello di occupazione, ossia, in sostanza, dalla destinazione d'uso dei locali. E' infatti molto diverso impostare adeguatamente il funzionamento di un sistema impiantistico per una scuola che viene occupata solo nella mattinata, oppure per un museo che invece deve rimanere aperto tutti i giorni e deve contenere opere d'arte da conservare inalterate nel tempo, oppure per un'abitazione che viene occupata solo nelle ore serali e notturne dei giorni feriali e per tutto il giorno nei fine settimana da un numero ridotto di abitanti. Anche per la temperatura dell'acqua è bene spendere una parola. La temperatura a cui viene fatta circolare l'acqua nei condotti può variare tra i 40° ed i 60°C, come detto in precedenza. Un funzionamento intermittente richiede generalmente temperature maggiori di esercizio per garantire il riscaldamento in tempi ristretti, ma 47 questo, come accennato in precedenza non è l'ideale per la Temperierung. Le elevate temperature, infatti, accelerano i degradi agli apparati murari cui sopra si è accennato, ma oltre a ciò, i cicli di accensione e spegnimento sono causa di cicli termoigrometrici nell'aria interna (aumento di temperatura con relativa diminuzione di umidità relativa e viceversa) che sono sempre dannosi nei confronti sia di eventuali opere d'arte esposte che dei materiali edilizi di ogni genere. A seguito di queste premesse, si passerà alla breve disamina di alcuni casi in cui la Temperierung è stata impiegata ponendo la giusta attenzione alla fase di studio e monitoraggio della situazione climatica precedente alla progettazione. Si sono così ottenuti esiti soddisfacenti sia sotto l'aspetto della conservazione degli apparati edilizi e delle strutture che riguardo ai consumi energetici. La crescente consapevolezza dell'importanza del sistema impiantistico nell'ambito del restauro architettonico e conservativo è alla base della ricerca di sistemi impiantistici in grado di garantire livelli prestazionali adeguati alle necessità di utilizzo ma che, al contempo, soddisfino precisi criteri di reversibilità e di non invasività. Le installazioni impiantistiche, con le opere murarie connesse, possono infatti rivelarsi estremamente dannose, ingenerando importanti degradi sugli apparati decorativi, le pavimentazioni, le finiture in genere, quando non per la stessa statica del'edificio storico, che, va ricordato, è sempre estremamente vulnerabile nei confronti di manomissioni e demolizioni anche localizzate. E' dunque in questo contesto di analisi del restauro architettonico d'impronta conservativa che si è sviluppata in Italia la ricerca sui sistemi Temperierung. Un'ulteriore precisazione sul sistema Temperierung può essere fatta relativamente allo scopo dell'installazione. Laddove possa essere ritenuto accettabile il compromesso dell'invasività dei circuiti, il funzionamento può variare, in funzione delle temperature di circolazione dell'acqua calda, per ottenere esiti differenti. Nel caso del Palazzo Pallavicino, un impianto risultante dall'aggregazione di lotti medievali, porzioni sei-settecentesche e porzioni più moderne, l'impianto è stato progettato per assolvere funzioni di riscaldamento. 48 Il complesso del Pallavicino consta di circa 5000 mq di superficie utile, che corrispondono, data l'altezza media dei locali, a circa 20.000 mc di volume d'aria da riscaldare. L'impianto è stato messo in opera tra il 2002 ed il 2005, ed è operante dal 2010, anno in cui si è insediato nel palazzo l'Istituto Professionale Internazionale per l'Artigianato Liutario e del Legno. Considerate le caratteristiche edilizie ed ornamentali del complesso e le stringenti normative da rispettare per la funzione pubblica, i progettisti hanno ritenuto opportuno, in fase di restauro, di provvedere al miglioramento dell'isolamento della struttura (solai e coperture), onde garantire un livello prestazionale e di comfort adeguati, ma ponendo attenzione anche al fabbisogno energetico. L'impianto, in questo caso, si compone di due doppi circuiti scaldanti, dei quali, il doppio circuito più vicino al pavimento è realizzato con tubi in rame del diametro di 18 mm. mentre quello più in alto, di circa 20 cm, consta di due tubazioni da 12 mm, distanti tra loro di una decina di centimetri e posizionati ad un'altezza di circa 85 cm dal pavimento. Lo stato di conservazione degli intonaci prima del restauro non era ottimale, ma si è deciso che il suo mantenimento sarebbe stato doveroso, di conseguenza le tubature scaldanti sono state posizionate in adiacenza alle murature e successivamente ricoperte con una spessore di circa 5 cm di nuovo intonaco di calce finito a stucco di calce e polvere di marmo applicato sopra il filo dell'intonaco esistente sulla superficie interna dei muri perimetrali. La distribuzione avviene mediante un anello principale interrato disposto lungo le facciate sul cortile interno, dal quale si diramano i collettori di zona. Per evitare perdite di rendimento i circuiti hanno una lunghezza media di 60 m e l'acqua vi circola a 40-45°C. A compensazione delle dispersioni dovute ai limitati spessori murari in corrispondenza dei parapetti delle finestre, i tubi in quei punti creano delle serpentine. Alla base delle pareti interne, specie laddove queste presentano uno sviluppo lineare rilevante rispetto a quelle perimetrali, corre un circuito singolo, particolarmente importante specie nella parte settecentesca a corpo doppio. Il percorso dei circuiti è stato attentamente calibrato e 49 dimensionato sulla struttura fisica dell'edificio, ottimizzando il rapporto tra la struttura muraria ed i suoi componenti. L'impianto è alimentato dalla rete di teleriscaldamento cittadino e non sono stati installati sistemi di regolazione automatica delle temperature rimandando, un po' per scelta ed un po' per disponibilità di fondi, ad un secondo tempo lo studio del funzionamento dell'impianto e di idonei sistemi di controllo dell'erogazione del calore. Il clima interno del Palazzo Pallavicino è, infatti, ad oggi soggetto a monitoraggio in continuo, i risultati del primo periodo saranno oggetto di approfondimento nel prosieguo della trattazione. In questa fase si ritiene opportuno l'esame di un'altra applicazione del medesimo sistema impiantistico, che risulta interessante perché differente negli obiettivi che si propone, oltre che, ovviamente per la diversità del contesto edilizio in cui è applicata. Nel caso dell'Oratorio di Santo Stefano a Lentate sul Seveso, la Temperierung è stata installata con intenti conservativi, ossia come dispositivo di conservazione preventiva per il controllo del clima interno, il che presuppone principalmente una modalità di funzionamento differente rispetto alle installazioni a fini di riscaldamento di cui si è parlato in precedenza. La decisione dell'installazione fu presa tenendo conto della necessità di preservare un edificio storico appena restaurato in cui si ritennero parimenti degne di attenzione la conservazione dell'impianto architettonico e quella dell'apparato decorativo (affreschi trecenteschi). Al contempo si dovette tenere conto delle condizioni di degrado precedenti al restauro, innescato da infiltrazioni dalla copertura e da un'ingente quantitativo di umidità di risalita riscontrabile nelle murature. Il monitoraggio in continuo effettuato prima dell'intervento edilizio rivelò all'interno dell'edificio un elevato livello di umidità relativa (65%) ed un alto contenuto d'acqua nelle strutture (7,5%), evidenziando il rischio di condensazione sulle parti interne. Accanto al trattamento delle superfici decorate, l'intervento di restauro fu orientato ad eliminare le vie di adduzione d'acqua alle strutture, mettendo in atto una serie di 50 azioni talvolta molto semplici ma fondamentali per assicurare l'efficacia e la durabilità delle soluzioni. Si sono messi in atto strumenti di conservazione preventiva del bene rivolti all'eliminazione dei rischi derivati dal passaggio di stato dell'acqua. Si temeva infatti che l'acqua ancora presente nelle murature lungamente soggette ad infiltrazioni, potesse evaporare troppo rapidamente, determinando incontrollate deposizioni saline ovvero che gli elevati valori di umidità ambientale potessero dare origine a fenomeni di condensazione sulle superfici affrescate. In questo caso non si sarebbe potuto intervenire deumidificando l'aria interna perché questo avrebbe causato l'evaporazione verso l'interno delle pareti umide con gli effetti deposizione salina ad essa associati. Considerando quanto esposto la scelta del sistema Temperierung fu, in questo caso, installato con la finalità di regolare le dinamiche di scambio tra ambiente interno e muratura, controllando localmente il rischio di condensazione superficiale e le connesse dinamiche di degrado delle superfici. L'impianto nell'Oratorio si costituisce di un unico circuito scaldante in rame di diametro di 18 mm posato sotto il filo dell'intonaco esistente, a circa 5 cm di altezza dalla quota del pavimento esistente. La scelta di optare per questa soluzione di alloggiamento dei condotti è stata resa possibile dall'assenza totale di decorazione pittorica in corrispondenza dei basamenti murari e dal danneggiamento che l'intonaco stesso presentava lungo tutto il perimetro interno. Va precisato che queste circostanze si presentano di frequente in questo tipo di edifici, visto che i fenomeni di degrado dovuti all'evaporazione dalle murature si concentrano in questa posizione. Il fluido termovettore, ossia l'acqua di circolazione dell'impianto, viene riscaldato da due boiler con potenza totale pari a 3 kW, che servono a mitigare le temperature di un volume interno di circa 1000 mc (corrispondente a circa 330mq). La regolazione dell'impianto avviene sulla base della temperatura esterna, i boiler vengono spenti quando la differenza di temperatura esterna e quella di mandata dell'acqua, scende al di sotto di un certo livello. Con questo accorgimento è possibile prolungare il funzionamento dell'impianto fino a primavera inoltrata, 51 stagione in cui la temperatura esterna diviene più mite e l'umidità ambientale cresce, mentre le superfici interne conservano il freddo accumulato dalla struttura durante tutto l'inverno. Con il monitoraggio climatico effettuato nell'anno successivo all'entrata in funzione della Temperierung, fatta lavorare a temperature di mandata tra i 30° ed i 35°C, si sono potuti osservare gli effetti del sistema sulle condizioni dell'aria interna. Si è riscontrata, come previsto una sostanziale diminuzione dell'umidità relativa interna che è passata dal 65% al 49% nel primo periodo di accensione, fatto però che si era già presentato anche ad impianto non esistente, ascrivibile quindi alla diminuzione di umidità dell'esterno, caratteristica dell'inizio della stagione invernale. Si nota invece, nel lungo periodo ( un anno), una diminuzione del quantitativo di umidità specifica presente nella massa d'aria interna, fatto positivo e dovuto alla progressiva asciugatura delle strutture in seguito agli interventi di cui sopra ed al generalemiglioramento della ventilazione interna, oltre che alla mitigazione generale data dal funzionamento dell'impianto. Altra modificazione riscontrata sul clima interno, questa volta dovuta senza dubbio all'azione della Temperierung, è l'aumento dell'inerzia termica delle murature. Questo si verifica non solo a causa del progressivo asciugamento della struttura, ma anche all'effetto di taglio termico che il circuito scaldante procura, interrompendo il contatto "freddo" tra il terreno e la muratura. Questa circostanza, già nota alla letteratura che si occupa di Temperierung e comune ad installazioni di maggior potenza, si riscontra anche nel caso dell'Oratorio di Santo Stefano mediante l'osservazione degli andamenti orari delle temperature interne, i cui picchi (rappresentati in un grafico) risultano più smussati quando l'impianto è in funzione. In pratica le variazione di temperatura interne oscillano di soli 2° C, contro i 5°C che si registrano con impianto spento. Ultimo riscontro dell'opportunità dell'installazione viene dalla verifica che le differenze rilevate tra la temperatura esterna e quella interna sono pressoché analoghe sia con impianto acceso che con impianto spento, a conferma del fatto che la Temperierung, così dimensionata, non riscalda l'aria interna e quindi non 52 causa particolari moti convettivi dell'aria interna (quindi non si verifica annerimento della superfici pittoriche). Si è deciso di riportare in breve solo l'esempio dell'Oratorio di Santo Stefano perché, come detto, esso rappresenta un esempio di applicazione sostanzialmente differente da quella del Palazzo Pallavicino. Tale diversità è riscontabile in più aspetti, ad esempio il numero di circuiti messi in opera, la loro installazione nei confronti delle murature esistenti, il loro funzionamento, in entrambi i casi continuo, ma con differenti temperature di circolazione del fluido termovettore. Ciò che è interessante riscontrare è il fatto che la stessa tipologia impiantistica possa essere utilizzata con esiti soddisfacenti in situazioni tra loro molto diversificate, sia nei presupposti che negli obiettivi. Nel prosieguo della trattazione verrà approfondita la ricerca, ad oggi in corso, sul clima interno negli eterogenei ambiti del complesso del Pallavicino, le premesse fatte finora si riveleranno utili alla comprensione delle considerazioni che si svolgeranno. 53 3 Strutture murarie massive e loro comportamento 3.1 Cenni sul comportamento termico delle murature Si ritiene opportuno, a questo punto della trattazione, di dedicare un approfondimento all' isolamento capacitivo, ossia l'utilizzo di strati ad alta capacità termica nelle strutture edilizie, con il fine di rendere più comprensibile il prosieguo dell'analisi. Partendo dalla considerazione generale che "isolare" significa prevalentemente esercitare un controllo sul flusso di calore che attraversa le superfici, si può dire che questo obiettivo viene perseguito attraverso tre principali meccanismi: l'isolamento per riflessione, resistivo e capacitivo. Si esamineranno in breve, al fine di rendere comprensibili le successive considerazioni, i primi due meccanismi elencati, mentre verrà approfondito l'ultimo di questi, particolarmente importante per lo studio dei fenomeni e delle relative correlazioni nel sistema edificio-impianto del Palazzo Pallavicino, di cui nei successivi capitoli si fornirà una più ampia illustrazione. 3.1.1 Isolamento per riflessione Nella pratica edilizia l'isolamento per riflessione è ancora oggi poco diffuso, ma risulta di grande importanza laddove la trasmissione del calore avviene principalmente tramite emissione di energia radiante, come nel caso di intercapedini e sottotetti o in presenza di impianti ad energia radiante, come quelli a pavimento o parete (come la Temperierung). In questo meccanismo di scambio termico risulta determinante, ai fini dello studio del passaggio di energia termica, la conoscenza di due parametri caratteristici delle superfici scambianti: l'emittanza, ossia la capacità di emettere energia della superficie più calda (da ricordare che il calore fluisce naturalmente da un corpo caldo a quello 54 più freddo, come stabilisce il secondo principio della termodinamica), e l'assorbanza, ossia la capacità di ricevere calore della superficie più fredda. Nella pratica edilizia per realizzare un isolamento per riflessione si utilizzano fogli di alluminio lucidi, ch possiedono sia una bassa emittanza che una bassa assorbanza, costituendo quindi una buona barriera contro il passaggio del calore radiante. Questa tecnologi risulta efficacie solo se il foglio isolante è collocato nell'intercapedine e se non è messo in diretto contatto con le superfici emittenti, in quanto, se le superfici vengono messe in contatto lo scambio termico avverrebbe comunque per conduzione, invalidando di fatto l'effetto della riflessione. L'applicazione di strati di isolamento riflettente è particolarmente efficace in climi caldi, in cui il riscaldamento dell'ambiente interno avviene in larga misura per radiazione proveniente dalle coperture che, durante le ore diurne, si riscaldano e trasmettono l'energia termica accumulata verso il basso senza che si inneschino moti convettivi (in quanto l'aria interna che si riscalda nella parte alta, rimane adiacente alla copertura). Nel caso di climi freddi questo, tuttavia, questa strategia si rivela praticamente inefficacie, in quanto la situazione termica è opposta. Il calore presente nell'ambiente interno infatti innesca moti convettivi nell'aria che riscalda quindi soffitti e/o coperture per contatto, ossia per conduzione, invalidando gli effetti positivi degli strati riflettenti. 3.1.2 Isolamento resistivo Tra tutti i materiali più comuni, l'aria è quello che possiede la minor conduttività termica (0,025 W/mK), a patto che non si inneschino moti convettivi nella massa d'aria, i quali, di fatto, sono i responsabili del trasferimento di energia (calore) da superfici più calde a quelle più fredde quando sono separate da intercapedini. L'isolamento resistivo sfrutta a proprio vantaggio questa caratteristica. Per raggiungere l'annullamento del naturale movimento convettivo, utilizza materiali di 55 varia natura che servono da contenitori di un grande numero di piccole masse d'aria non comunicanti tra loro e, di conseguenza, quanto più possibile ferme. I materiali isolanti compatti sono dunque, generalmente, di due tipi. La prima categoria racchiude gli isolanti a struttura schiumosa, fatta di minuscole celle chiuse separate da sottili membrane o da bolle. La seconda tipologia, invece, include i materiali fibrosi, nei quali, parimenti a quanto avviene in quelli schiumosi, l'aria è intrappolata in piccole porzioni separate tra loro. Della prima categoria fanno parte i materiali come le schiume di plastica espansa o estrusa, come il polistirene o il poliuretano, oppure i materiali fibrosi in forma di lastre, quali lana minerale, fibre di vetro o lane di origine animale. Appartengono alla seconda categoria materiali come le lastre di lana di legno truciolato, (legato da cemento o da resine), lastre di fibra di lana e diversi altri tipi di calcestruzzi o malte isolanti (che utilizzano componenti leggere o vengono aerati in autoclave). Tutti questi materiali trovano larga applicazione in edilizia e si rivelano necessari per il raggiungimento degli standard attuali di controllo del fabbisogno energetico degli edifici, ciò nonostante il loro impiego deve essere ben calibrato da una progettazione consapevole ed attenta, onde evitare problematiche di varia natura legate al passaggio del calore attraverso ponti termici oppure a situazioni di degrado innescate dall'accumulo di vapore acqueo nelle murature o negli ambienti interni. Tralasceremo in questa trattazione di approfondire gli effetti dei sopra citati ponti termici, che si ritengono, sebbene importanti nella trattazione del comportamento termico degli edifici, non fondamentali ai fini degli obiettivi della ricerca che si intende sviluppare in questa sede. 56 3.1.3 Isolamento capacitivo, sfasamento ed attenuazione L'isolamento detto "capacitivo" si basa sulla proprietà dei materiali di accumulare calore al loro interno durante i periodi di riscaldamento, rilasciandolo più o meno velocemente quando vengono a modificarsi in senso opposto le condizioni esterne, ossia nei periodi di raffreddamento. In relazione alla massa ed alla densità, ciascun materiale ha una propria capacità di accumulare e trattenere calore al suo interno, ed inoltre, ha un proprio, peculiare comportamento in fase di rilascio. L'impiego di materiali ad alta capacità termica negli edifici ha una grande influenza non solo sulla quantità (intensità) di calore che gli elementi (murature, solai, coperture ecc.) trasmettono, ma anche sullo sviluppo nel tempo della trasmissione. In precedenza, riguardo all'isolamento per riflessione e resistivo, si è visto che la reazione dei materiali ai cambiamenti di temperatura è istantanea, il che significa che ad un apporto di calore su di una superficie, corrisponde un flusso in uscita dal lato opposto dell'isolante con una differente intensità, ossia "controllato". Ciò non avviene, invece, nell'ambito dell'isolamento capacitivo. Nello studio del comportamento dei materiali dal punto di vista della capacità termica, non si può valutare una risposta istantanea, ma si deve necessariamente esaminarne il comportamento nel tempo. In condizioni di variabilità casuale delle condizioni climatiche il calcolo del relativo flusso di calore attraverso elementi edilizi sarebbe estremamente complesso, ma, fortunatamente, le condizioni ambientali variano in maniera ciclica, generando un flusso di calore periodico ripetitivo nelle 24 ore, che risulta più semplice da studiare. Dall'analisi delle temperature interne alle murature, rilevate per un periodo di 24 ore e paragonate alla situazione teorica con massa nulla e stesso valore di trasmittanza, si possono evidenziare due principali effetti dovuti alla capacità termica. Rappresentando su di un grafico le due curve, una del flusso di calore del muro realmente misurato e l'altra di quello calcolato nelle ipotesi dette sopra, si nota in primo luogo che la prima presenta un "ritardo" rispetto a quella a massa nulla. 57 Questo ritardo del picco di temperatura della muratura reale è denominato sfasamento ed è misurato in ore. Il secondo effetto che si nota è un "abbassamento" della curva reale, ossia una riduzione dell'altezza del picco giornaliero di temperatura raggiunta sul lato opposto a quello riscaldato, sintomatico del fatto che la massa muraria ha trattenuto al proprio interno una parte del calore assorbito e non lo ha trasmesso al'interno, come invece ha fatto nella situazione ipotetica di massa nulla. Questo secondo effetto osservato prende il nome di attenuazione ed è misurato in gradi centigradi (o Kelvin), in quanto, altro non è che il rilievo della temperatura effettuato sempre sul lato opposto a quello riscaldato. Lo studio di queste due proprietà è relativamente complesso, in particolare se si intende valutare a priori le grandezze, in fase di progettazione, e richiede l'utilizzo di specifici softwares e di tecnici specializzati per le impostazioni dei calcoli. Ciò nonostante la conoscenza di questi due parametri risulta essere di fondamentale importanza per la comprensione del reale comportamento degli elementi edilizi da impiegare o, se ci si approccia all'esistente, già presenti in una fabbrica. In particolare risulta di grande utilità la simulazione del comportamento delle componenti edilizie sia durante la stagione invernale che durante quella estiva, ma, ancora di più, la simulazione delle variazioni da apportare sia in termini di inserimento o sostituzione dei materiali che compongono le strutture, che dei vari possibili isolamenti. Diviene dunque possibile conoscere a priori gli effetti termici che le modificazioni possono avere sugli edifici oggetto d'intervento. Si rende quindi possibile la precisa calibrazione di tali modificazioni, rendendo più attenta ed efficace la progettazione e diminuendo conseguentemente i margini d'errore. 58 3.2 Cenni su simulazione in regime stazionario e regime dinamico Al fine di semplificare la procedura di valutazione delle prestazioni energetiche dell'edificio invernali, la maggior parte degli standard e le norme esistenti fanno riferimento al bilancio energetico dell'edificio in condizioni stazionarie. In effetti anche la recente attuazione della Direttiva Europea Building Performance (EPBD) in Italia è legata a questo approccio semplificato. In riferimento al metodo sopra menzionato, l'effetto della massa termica è drasticamente ridotto, anche se, è un dato di fatto che il reale processo di trasferimento di calore delle costruzione edilizie dipende quasi esclusivamente dalla capacità termica del materiale. Inoltre, è opinione comune che l'effetto positivo di massa termica sia associato solo alle prestazioni degli edifici in condizioni climatiche estive. Tuttavia la letteratura consolidata scientifica (Olgyay 1963 Givoni 1967, Szokolay 1980, ASHRAE 2001), così come le soluzioni architettoniche tradizionali, sostengono l'importanza della capacità termica anche in condizioni invernali, il che, generalmente, non è considerato nelle comuni pratiche costruttive. Nel quadro di un progetto di ricerca su "Prestazioni termiche degli edifici massivi", sviluppato al Politecnico di Milano, sono state effettuate una serie di simulazioni dinamiche del comportamento energetico di svariati edifici. Gli effetti su involucri leggeri, medi e pesanti, aventi gli stessi valori di Trasmittanza (U), e gli effetti del posizionamento dello strato isolante in pareti stratificate, sono stati valutati in riferimento a diverse tipologie costruttive, orientamenti, riscaldamento e raffreddamento, con modalità operative che si ritrovano nel contesto climatico italiano. Il risultato principale ottenuto è che la capacità termica ha manifestato il suo contributo decisivo per il risparmio energetico, sia in condizioni estive che invernali. Con la denominazione di "inerzia termica" si intende la capacità di stoccaggio termico di una struttura o di un materiale da costruzione e il suo potenziale di ritardare la trasmissione del calore. Per le tipiche tecnologie costruttive europee, 59 l'inerzia termica, fisicamente definita dal valore di capacità termica - direttamente proporzionale al calore specifico e la densità dei materiali - è comunemente associata alle strutture "pesanti", generalmente denominate anche "massive". Il minor tempo di risposta nel processo di trasferimento di calore di un edificio con elevata inerzia termica in confronto a quello di una struttura "leggera", rivela sia il decremento della tendenza delle parte interna alle oscillazioni di temperatura rispetto a quella esterna (livelli più omogenei di condizioni di comfort durante tutte le 24 ore) che il decremento della quantità di flusso di calore che attraversa le pareti (riduzione del consumo di energia per il riscaldamento/raffrescamento). Inoltre, l'accumulo di calore nella massa termica dell'edificio ritarda la richiesta massima di energia del sistema HVAC nelle ore durante le quali altre fonti di calore potrebbero essere meno incisive (le esigenze di riscaldamento o raffreddamento diventano più omogenee su tutte le 24 ore, e la potenza dell'impianto progettato potrebbe essere sottodimensionata). Come ben noto, diversamente da quanto risulta dalle semplificazioni adottate nel calcolo del bilancio energetico dell'edificio valutate di regime stazionario, questi comportamenti reali dipendono fortemente dalle variazioni delle condizioni al contorno (condizioni ambientali) e la loro valutazione, collegata ai fenomeni di scambio termico, deve essere profondamente indagata con metodi più complessi (ad esempio valutazioni dinamiche basate sulle funzioni del metodo di trasferimento del calore o il metodo delle differenze finite). Ciò significa che è necessario l'utilizzo di software sofisticati, basati almeno su calcoli orari. In prima approssimazione, considerando una variazione periodica regolare con 24 ore di ciclo delle principali condizioni al contorno (ad esempio la temperatura dell'aria esterna e valori di radiazione solare), il flusso di trasferimento di calore può essere visualizzato come nella Figura 1 (Szokolay, 2004), dove la linea continua rappresenta il flusso di calore attraverso una parete massiccia, e quella tratteggiata il flusso di calore attraverso una parete ipotetica, con lo stesso valore di trasmittanza (U) dell'altro, ma senza alcuna capacità termica. 60 Tuttavia, se le stesse pareti sono considerate in condizioni al contorno costanti (valutazione dello stato stazionario) i due flussi termici risultano avere schematizzazioni identiche. È un dato di fatto che quest'ultimo approccio, riduttivo, è principalmente diffuso nelle comuni pratiche di progettazione. In realtà i dettagli sui metodi di valutazione sono ancora scarsamente adottati a causa della necessaria specializzazione superiore e dei tempi necessari per la gestione di strumenti adeguati. Esso comporta il rischio che si riscontrino grandi differenze tra la progettazione basata su ipotesi lacunose e il comportamento termico effettivo dell'edificio realizzato, durante la sua vita utile. Tutto ciò può avvenire a causa di aspetti significativi che possono essere omessi in fase di studio o di simulazione, uno di questi può certamente essere l'effetto dell'inerzia termica. Ad esempio, la procedura italiana di valutazione della prestazione energetica di riscaldamento in edifici residenziali (basata sul metodo europeo stabilito dalla EN 832) è limitata in questo modo. Il metodo per il calcolo del fabbisogno energetico di riscaldamento degli edifici considera un bilancio energetico risultante dalle perdite termiche e guadagni termici, valutate con riferimento alla temperatura media e dati della radiazione solare (mensili e stagionali), e mantenendo la temperatura interna (set point) come costante. L'inerzia termica è considerata solo in relazione ai materiali da costruzione sul fronte interno, in termini di effetto di riduzione dei guadagni di calore interno (fattore di utilizzazione). Al di là delle norme, diversi software esistenti sono in grado di prevedere i flussi orari termici effettivi in tutte le componenti dell'edificio, utilizzando dati climatici orari annuali. Questi strumenti sono in grado di valutare le temperature interne orarie (flottanti) o la domanda di energia per il riscaldamento/raffrescamento per mantenere la temperatura interna oraria come da programma impostato. I più sofisticati possono anche fornire dati per la valutazione dei consumi energetici, simulando le prestazioni orarie degli impianti: tra questi, uno dei più utilizzati dagli anni '70, è DOE-2, disponibile per Windows mediante l'interfaccia VisualDOE-4.1 (AEC, 2005). Risultati simili potrebbero essere ottenuti anche da altri programmi di simulazione analoghi, quali, ad esempio "Wufi Plus" o "EnergyPlus", utilizzati per la 61 realizzazione di modelli tridimesionali atti alla simulazione del comportamento energetico in regime dinamico degli edifici. 62 4 4.1 Il caso del Palazzo Pallavicino a Cremona La storia del Palazzo Per ricostruire le vicende degli edifici che compongono il complesso del Palazzo Pallavicino, è necessario far ricorso alla tesi di laurea di Roberto Spreafico, riguardo alle quali, essa resta la fonte essenziale. La composita fabbrica denominata oggi "Palazzo Pallavicino" (Fig.1) si colloca nel nucleo urbano più antico della città di Cremona, di certo impianto romano ( risalente al 218 a.C.), come si può chiaramente dedurre dall'osservazione dello schema insediativo ortogonale, derivato dalla suddivisione dell'insediamento in cardi e decumani, tipico della centuriazione romana. Gli atti rinvenuti con i quali Nicolino Roncadelli acquista, a partire dal 1440, alcune case in adiacenza alla chiesa dei SS.Egidio ed Omobono, sembrano collegati alla costruzione del grande edificio del tardo Quattrocento che in gran parte sussiste all'angolo fra via Colletta e via Manna. In tutto l'isolato i rogiti notarili documentano proprietà Roncadelli, che aumentano di numero fino ad essere riunificate alla fine del Seicento da Isabella Trecchi Roncadelli al palazzo all'altra estremità dell'isolato, verso Via Grandi. Nel 1578 Alfonso Roncadelli per evitare ai figli il rischio di confisca, derivante da sospetti di eresia, vende con patto di riacquisto a Galeazzo Pallavicino di Busseto e la pianta del Campi del 1585 con i laterizi incisi all'angolo fra Via Colletta e Via Manna ne fissano il nome. Scomparso il marchese Pallavicino nel 1582, già l'anno seguente Francesco Roncadelli riacquista dalla vedova l'edificio con le sue due corti minori e la corte grande, affacciato sulla piazza di Sant'Omobono e confinante con Giulio Mariani ed un altro Roncadelli, Egidio. Più recenti studi condotti da Floriana Petracco sul vicino palazzo Roncadelli, poi, proprietà, prima del 1630, ai Morenghi. Ad essi in data non determinata, ma non oltre l'inizio del Settecento, subentrano forse per vendita forse per eredità o matrimonio gli Ariguzzi. 63 L'estensione della casa quattrocentesca dei Roncadelli si rileva con chiarezza dalla cantina seminterrata su Via Manna e Via Colletta coperta da una volta a botte unghiata a L, senza soluzione di continuità. Lo schema è comune nell'edilizia monastica del tempo, e presuppone archi in spessore a sostenere i muri di spina. Talvolta, per maggior sicurezza, gli si sottopone un tamponamento che riporta i carichi direttamente sul terreno. Così è avvenuto in corrispondenza della parete Sud del portico sul lato di Via Manna, e della parete est dell'atrio, ora scomparso, dell'ingresso settecentesco. Viceversa, la testa di padiglione della volta a botte e delle sue lunette della cantina sono rotte dall'arco che immette alla scala sottostante lo scalone. Questo, a spina centrale, alla romana, si conferma come aggiunta, e la sua tipologia, pressoché sconosciuta a Cremona, è difficilmente anteriore alla metà del Seicento, ed è altrettanto difficilmente contemporanea all'ala Nord del cortile con le sue sale voltate, databili dalle decorazioni del primo Settecento. La pianta del Campi indica come contigua all'abitazione di Galeazzo Pallavicino quella del Decurione e Conservatore degli Ordini Cesare Polizio. E' difficile stabilire quale sia delle tre case, due con imponenti solai quattrocenteschi, che seguono a Est la corte porticata. Non è nemmeno documentato quando le prime due siano annesse al palazzo, mentre la terza, nel catasto teresiano, taglia l'isolato e fa da cuscinetto con le proprietà Roncadelli poi Manna. Venceslao Guida, che la possiede dal 1803, acquisterà nel 1820 dal marchese Giacinto il palazzo Ariguzzi in cambio di un vitalizio, e l'atto testimonia la definitiva crisi del patriziato. Si tratta di un mero investimento, che nel 1833 è ceduto a Paolo Mazzoletti e da questi nel 1835 al vescovo Thun Hohenstein Sardagna, che vi insedia le Canossiane. Delle trasformazioni eseguite restano, nel fondo Ornato della Congregazione Municipale, i disegni delle facciate redatti dall'ingegner Telemaco Torresini. […] Le "Figlie della Carità" si espandono nel 1846, acquistando la casa rimasta al Guida. Questi ne aveva già sopraelevato di un piano la sola manica su strada del corpo di fabbrica a Sud, rialzando facciata e muro di spina, mentre verso corte conservava il mezzanino usato forse come granaio. Quanto meno, questo è il tenore della domanda presenta dall'Ingegner Giovanni Bernini, nel 1834, e lo confermano le 64 piante dei progetti del 1890. Sul complesso si attuano anche consistenti interventi soprattutto interni, e si costruiscono il portico e la loggia soprastante che delimitano a Nord Est il cortile principale del palazzo già Roncadelli-Ariguzzi. La cessione al ricovero comunale di mendicità nel 1890 determina ancor più radicali cambiamenti. L'ingegner Luigi Dovara apre l'attuale portone principale, adeguandosi alla nuova pendenza della strada, che prima scendeva ripida dal portale settecentesco alla via Manna. All'interno, demolisce tramezzi e muri di spina per formare ambienti più vasti adatti alla nuova destinazione. Risale comunque a questo momento l'integrazione del cortile della casa già Guida nel complesso. Le Canossiane si erano limitate ad aprire un passaggio nel muro di confine, che corrispondeva ad un portichetto terreno e ad una soprastante galleria di collegamento al primo piano, fra l'ala su strada e il corpo interno. Inoltre occupa il portico Ovest del Palazzo Roncadelli-Ariguzzi con un'unica stanza , in seguito suddivisa. Nel 1903 il Ricovero acquista dai padri Camilliani la proprietà già Roncadelli Manna all'estremo Nord-Est dell'isolato, ma ingloba soltanto la cappella e la zona delle scuderia. Dopo il 1912 l'ingegner Gianfrancesco Poli, sfruttando i muri perimetrali della casa già Guida, demolendo i solai del corpo su strada per ridurre a due i livelli e costruendo una nuova ala verso strada sull'area del cortile delle scuderie Roncadelli Manna dà un nuovo assetto alla sezione femminile. L'ala di collegamento modificata da Dovara viene demolita. Agli stessi anni risale la costruzione del corpo di fabbrica sulla piazza Sant'Omobono e Via Manna, fino allo scalone, che assume la sagoma del resto dell'edificio. Nel 1942 lo stabile passa alla Gioventù italiana del Littorio, mentre il Ricovero mantiene la proprietà del solo palazzo Roncadelli, all'angolo con Via Guido Grandi. Dopo il 1945 il complesso ospita trentanove famiglie di sfollati. I primi crolli dei tetti, avvenuti prima del 1962, in cui sono attestati i primi lavori , determinano lo sgombero dell'edificio e il successivo rifacimento della copertura secondo la perizia redatta nell'ottobre del 1964 dal Genio Civile di Cremona. Nonostante i numerosi progetti, sanzionati da tutte le approvazioni di rito, il palazzo rimane in abbandono 65 fino al 1988. Nuovi crolli dei tetti determinano l'intervento del Servizio Demanio e Patrimonio della Regione Lombardia, che ha evitato ulteriori danni. 4.2 Caratteristiche dell'immobile Il complesso denominato Palazzo "Pallavicino" si articola intorno a tre cortili disposti lungo un asse Ovest-Est. E' prevalentemente costituito da due ali lungo l'asse suddetto e dotato di tre corpi di collegamento che presentano caratteristiche del tutto differenti (Fig.2). Ciò che maggiormente caratterizza il complesso è la presenza di portici e loggiati che contribuiscono ad offrire all'osservatore un molteplicità di suggestioni, dovute alle differenti espressioni formali che vi si riscontrano. La complessità e la varietà di stili che si ritrovano nelle porzioni del complesso, oltre ad impressionare per la loro eterogeneità, costituiscono un importante traccia delle vicende storiche da cui il fabbricato attuale è risultato e contribuiscono ad aumentarne il valore testimoniale. Le porzioni di fabbricato giunte a noi pressoché integre, come confermato dalle fonti documentarie e, soprattutto, dall'analisi diretta svolta mediante osservazione visiva, sono: I due corpi verso Sud e verso Ovest che affacciano sul cortile gotico situato più ad Ovest tra i tre (oggi con funzioni di Aula magna, aule varie e servizi igienici, tra piano terreno e primo); La porzione di fabbricato situato a Sud che affaccia sul cortile centrale (oggi con funzioni di laboratori vari ed aule varie tra piano terreno e primo); La porzione a Nord-Est, limitatamente al piano terreno che affaccia sempre sul cortile centrale (oggi con funzioni di laboratorio ed esposizione di strumenti musicali). Queste porzioni non hanno subito trasformazioni importanti come è senza dubbio avvenuto nelle restanti. Conservano infatti i loro caratteri originali quali gli archi e le colonne gotiche insistenti sul cortile ad Ovest ed i pregevoli soffitti lignei con travi 66 sagomate e mensole intagliate, tra le quali spiccano quelle nelle ali che affacciano sul cortile a Sud-Ovest. In alcuni di questi soffitti si conservano delle bussole, collocate tra le travi principali e l'intradosso dell'assito, con evidenti tracce di pitture sotto vari strati di calcina. Altro elemento degno di nota per la sua peculiarità è senza dubbio il loggiato centrale che collega le due ali Sud e Nord del complesso. Di datazioni incerta, ma collocabile tra gli anni 1885 e 1890, esso prese il posto del muro divisorio preesistente che suddivideva le proprietà ed i rispettivi cortili. Esso presenta un doppio ordine di colonne, dello stesso interasse ma collegate da archi gotici al piano inferiore ed ellittici al piano superiore, realizzati con lo stesso tipo di malta e mattoni delle stesse dimensioni (diversi da quelli usati negli altri corpi di fabbrica), ad opera delle Figlie della Carità, poi dette Canossiane. I solai sono un altro elemento di continuità tra i due livelli del loggiato e, con travetti di uguali dimensioni, uguale passo ed identiche tavelle in cotto posate tra quest'ultimi, fugano ogni dubbio sulla possibile realizzazione in tempi differenti dei due livelli, confermandone la contemporaneità. Una menzione merita il corpo di fabbrica situato a Nord del cortile "gotico", di certa datazione posteriore agli altri, più antichi, insistenti sul medesimo cortile. Questa porzione pare svolgesse la funzione di stalla e granaio nella residenza quattrocentesca dei Roncadelli, ma nel XVIII secolo, si ipotizza ad opera della famiglia Arriguzzi, venne completamente modificata secondo lo stile dell'epoca (Barocco) e vennero creati tre vani al piano terreno ed altrettanti al piano primo, tutti con volte a padiglione in muratura, ornati con preziosi stucchi. Il primo locale verso Ovest del piano terreno venne poi ampliato (1872) verso la piazza di Sant'Omobono, pare per assolvere alle funzioni di cappella, durante la permanenza delle Canossiane. Stessa attenzione merita la cosiddetta cappella situata a Nord Est della corte situata sul lato Est rispetto alla loggia. Annessa nel 1902 al complesso, che in quegli anni era divenuto Ricovero di mendicità, per ragioni di espletamento delle funzioni religiose per i ricoverati di ambo i sessi, in numero molto maggiore rispetto alle religiose che 67 avevano ivi risieduto precedentemente. L'attuale palco (cantoria) e la volta "finta", realizzata con stucco su incannicciato retto da centine agganciate alle capriate del tetto, pare siano state realizzate proprio in questa fase di ristrutturazione dei locali. Le altre porzioni del fabbricato, si fa riferimento in particolare alle porzioni a NordEst precedentemente adibite a semplici abitazioni o accessori, non presentano particolari elementi di pregio architettonico o comunque storico, essendo state completamente trasformate agli inizi del Novecento e durante il successivo passaggio di proprietà alla Gioventù italiana del Littorio. In seguito il complesso fu utilizzato nel primo dopoguerra, fino all'inizio degli anni '60, come alloggio temporaneo per 39 famiglie di sfollati. E' in questo periodo che cominciano ad emergere delle vere problematiche da correlare alla scarsa manutenzioni delle strutture. Il primo crollo di alcune porzioni delle coperture si verifica nel 1962, ma ne seguirono altri che portarono allo sgombero dei locali in tempi brevi, nel 1964. Si ha nota dello stato di degrado in cui gli immobili versavano in quegli anni, ma appare evidente che non si riuscirono a trovare le risorse per un intervento di recupero completo, quindi si effettuarono solo chiusure di finestre mediante tamponamenti con malta e tavelloni e si procedette al rifacimento completo delle coperture. Quest'ultima opera, sebbene abbia resa possibile almeno in parte la conservazione dei solai lignei e degli stucchi presenti negli ambienti interni, fu però a sua volta causa di importanti dissesti statici, causati dall'eccessivo carico di una correa realizzata in cemento armato sui maschi murari. Inoltre la stessa copertura, realizzata mediante tavelloni poggiati sui travetti in legno preesistenti, laddove ancora recuperabili, non si può certamente definire un'opera eseguita per durare nel tempo, infatti già negli anni '80 altri crolli la interessarono, riportando in evidenza la necessità di un serio e duraturo intervento di recupero. 68 4.3 Descrizione del restauro effettuato e del progetto La tesi dello Spreafico del 1989, oltre ad una approfondita ricerca storica sulle vicende storiche legate al Palazzo Pallavicino, svolge una prima analisi dei degradi e dei dissesti riscontrati, individua le possibili o, quantomeno, le più evidenti cause generatrici ed ipotizza una serie di interventi, o, quantomeno, di linee guida utili ad orientare un prossimo eventuale restauro. Dalla relazione di progetto si evince che l'intento era di conservare il più possibile la multiforme e spesso contraddittoria complessità di attributi del palazzo, dagli intonaci agli infissi, dalle porte interne ai pavimenti. Si ha la sensazione che questo fosse reputato essere l'unico modo di interrompere una vicenda di impoverimento, di distruzione che invece aveva caratterizzato la recente storia del complesso. Il degrado dei corpi di fabbrica che lo compongono negli anni '90 del Novecento, la progressiva perdita, in un secolo e mezzo, dell'apparato di finiture che ne definiva l'aspetto, lo hanno ridotto ad una rovina, ad una accozzaglia di manufatti talvolta umili ma anche rari e pregevoli, di si sono citati gli imponenti solai lignei con tracce di decorazioni, le volte in muratura coperte di stucchi e quelle con stucchi su incannicciato, le murature medioevali. Inoltre, le condizioni in cui versava il complesso rendevano molto complessa persino la lettura dei singoli elementi edilizi, dei quali era sicuramente difficile se non quasi impossibile la comprensione dell'ultima veste unificante, quella dimessa e cupa del ricovero. Nel progetto si esprime il tentativo di rispettare la molteplicità dei dati di partenza, il rifiuto di ridurli arbitrariamente. Se un disegno d'insieme, un programma coerente restano indispensabili, ogni sforzo va dedicato a tradurli in decisioni minute, differenziate, calibrate sui singoli contesti, al tempo stesso verificate nella loro rispondenza al disegno più generale. Più che ulteriormente impoverito e riconnotato, il vecchio ricovero deve riacquistare, in modi diversi, la complessità perduta. Lo studio per il progetto parte da considerazioni prettamente funzionali, infatti a regime il centro curerà l'insegnamento del restauro degli strumenti musicali nei 69 cinque seguenti settori, cordofoni, organi, strumenti a fiato, strumenti etnici, pianoforti e percussioni. Le scelte effettuate si articolano quindi su una sorta di bipartizione tra ambiti amministrativi e didattici da un lato e le officine con i veri e propri laboratori di restauro dall'altro. Nel vero e proprio palazzo Roncadelli-Ariguzzi (edifici ad Ovest della loggia centrale) si concentrano dunque la didattica e l'amministrazione. Si riservano cioè gli ambienti più delicati alle funzioni che richiedono il minor numero di modificazioni, di aggiunte, di apparati tecnologici. Negli edifici annessi ( ad Ovest della loggia centrale), che si presentano molto danneggiati o sostanzialmente rifatti fra il 1912 e il 1940, sono invece previste le officine ed i laboratori di restauro. In questi corpi di fabbrica relativamente recenti ed elementari del complesso, si attuano le restanti e consistenti modifiche, la costruzione di un soppalco e di una nuova scala. Usare l'esistente, scelta di cui è superfluo richiamare le buone ragioni, significa anche accettarne i limiti, anche nell'ottica di evitare eccessivi aumenti di costi che farebbero venire meno l'opportunità culturale e civile dell'intervento. Si è cercato di intervenire sulle strutture usando il principio generale del minimo intervento al fine di renderle adeguate alle norme cogenti, in relazione alle nuove funzioni di istituto scolastico. Gli interventi sono stati dunque studiati minuziosamente per garantire la minor invasività possibile e, in ogni caso, il massimo grado di reversibilità. Si sono messi in atto interventi di consolidamento sulle murature, ad esempio interventi di scuci-cuci e di sostituzione di tutti i mattoni ormai schiacciati o lesionati con altri, simili per resistenza ed anch'essi formati a mano, sui piedritti della volta dell'ingresso all'ala Nord accanto allo scalone. Sempre con l'intento di consolidare e stabilizzare le strutture murarie si è operato mediante inserimento di catene metalliche all'estradosso delle volte in muratura, sempre nelle stanze dell'ala Nord, nei vani nei quali oggi hanno sede la segreteria e la presidenza. Interventi simili si sono eseguiti anche in altre porzioni del complesso e nel matroneo della cappella di Nord-Est, dove due catene incrociate contrastano 70 le spinte laterali dell'arco della serliana, gravato eccessivamente da una soletta in laterocemento realizzata probabilmente durante gli interventi del 1965. Il consolidamento del solaio ligneo del portico gotico della porzione di fabbricato risalente al Quattrocento, è ottenuto mediante l'inserimento di nuove travi metalliche trasversalmente all'orditura secondaria per costituire un adeguato rompitratta dei travetti, i quali , appoggiati in più punti , godono di un grande beneficio statico. Da notare come i travetti metallici non vengano inseriti nella muratura, ma siano sostenuti da piastre metalliche, sagomate secondo la forma degli archi, fissate mediante tasselli chimici, e da ulteriori piastre collocate all'estradosso del solaio, sempre per non gravare puntualmente ma da distribuire i carichi su un'area più ampia. Interventi più accurati sono stati eseguiti per la riparazione dei solai lignei e per il restauro delle decorazioni, a partire da adeguati saggi stratigrafici in ogni zona, le riparazioni effettuate hanno seguito l'intento di consentire la lettura dei diversi trattamenti e delle decorazioni, ravvivandoli moderatamente con oli e cere ed effettuando una generale pulitura delle superfici. Per quanto concerne le parti gravemente ammalorate, la sostituzione, valutata caso per caso, è stata eseguita lasciando ben evidenti le porzioni sostituite, onde consentire all'osservatore di riconoscere agevolmente le addizioni e le parti originali. La loggia ad Est del complesso ha richiesto un importante lavoro di consolidamento statico, in quanto gli archi e le colonne presentavano forti dissesti strutturali e di degrado nei materiali dovuti sopratutto all'evidente risparmio di mezzi e materiali in fase di realizzazione. Si è dunque scelto di intervenire mediante la messa in opera di un graticcio di travi metalliche per il consolidamento del solaio. Per la copertura si è resa necessaria la sostituzione ed il rifacimento completo, attuato mediante una struttura leggera di centine composte da tavole di legno, la cui spinta laterale viene contrastata da due catene metalliche collegate tra loro da una lunga chiave visibile in facciata. Le coperture furono altresì oggetto di intervento mediante il ripristino e la sostituzione delle parti lignee ammalorate e la posa di nuovi coppi. Ma la maggiore 71 attenzione fu posta nella realizzazione del cornicione ligneo e nelle nuove gronde in rame. Il rifacimento delle coperture e l'impropria realizzazione della correa in cemento armato lungo il perimetro degli edifici interessati dall'intervento del 1964 non potevano essere rimossi, se non con il rischio di causare ulteriori danneggiamenti alla fabbrica, si è quindi optato per la realizzazione di un cornicione ligneo simile ma comunque differente ai cornicioni a gola già presenti in alcuni palazzi nobiliari cittadini. Si è quindi cercato di rinsaldare e definire una zona particolarmente manomessa riconnettendola alla tradizione costruttiva cremonese mediante una finitura accurata e caratteristica. Gli stucchi degli ambienti voltati si presentavano, in generale, in discreto stato di conservazione, si è quindi proceduto al loro recupero mediante la chiusura della lacune con malta di calce, il ripristino delle tinte decoesionate mediante nuove tinteggiature a base di calce e, in generale, le decorazioni sono state fissate, pulite ed integrate con materiali analoghi a quelli utilizzati per la loro esecuzione. Altri interventi di rifacimento e adeguamento alle norme cogenti si sono attuati sul solaio in putrelles e tavelloni realizzato dopo il 1912 nella casa di proprietà del Guida, menzionata precedentemente . Il solaio, che non presentava lacune dal punto di vista della portata di carichi accidentali, necessitava di un adeguamento alle norme per la sicurezza alla resistenza al fuoco, si è pertanto realizzata una struttura ausiliaria composta da un graticcio di travi assemblate con tavole di legno protetta da pannelli ignifughi in fibrocemento intonacati. Interventi di sostituzione e ripristino, laddove necessario, dei medoni dell pavimentazione interna, il totale rifacimento della pavimentazione esterna a sostituzione del getto di cemento armato realizzato nel 1964, e sul trattamento delle superfici murarie interne ed esterne con l'applicazione di pellicole a base di olio di lino ed ossidi per renderle maggiormente resistenti all'acqua per i normali lavaggi ed alle precipitazioni meteoriche sono citati per dovere di cronaca, ma non saranno oggetto di ulteriori approfondimenti in questa sede. Si ritiene invece doveroso iniziare a porre in rilievo degli aspetti, utili per il prosieguo della trattazione, riguardo alcune opere effettuate, non solo allo scopo di adeguare 72 ai vari ambiti della normativa cogente i locali e di consentire l'utilizzo del complesso, ma anche per il miglioramento della prestazione energetica degli edifici che lo compongono. Sebbene al momento dell'inizio del restauro del complesso, nel 2002, non esistesse ancora alcun obbligo normativo riguardo alla necessità di effettuare intereventi che perseguissero una riduzione dei consumi per riscaldamento e raffrescamento, nel complesso del Palazzo Pallavicino ne sono stati comunque eseguiti alcuni che si elencano in seguito e che verranno approfonditi nei successivi capitoli. Per quanto riguarda gli interventi sui serramenti, si riporta un passo della relazione di progetto: "I serramenti ottocenteschi non sono in generale più in opera. Sono conservati in più casi i telai fissi, e si ritrova accatastata una parte dei telai mobili. E' possibile recuperare circa 50 serramenti completi, poco più di un quarto del fabbisogno. La presenza di serramenti nuovi e di serramenti recuperati darebbe luogo ad una troppo marcata disomogeneità delle facciate. Da qui la decisione di introdurre in modo sistematico una finestra d'inverno sul filo esterno dei vani, secondo una consuetudine diffusa nel secolo scorso. Le ante, per semplicità di manutenzione, si apriranno verso l'interno. In tal modo si riuscirà ad evitare, verso l'interno, l'effetto della parete fredda senza ricorrere a serramenti con vetrocamere, ma sarà garantita una ventilazione naturale degli ambienti. Si sono disegnati profili lignei dipinti a olio, rinforzati da profilati di ferro in quanto le dimensioni dei vani comporterebbe un eccessivo aumento delle sezioni. Lo stesso tipo di serramento sarà usato per la parziale chiusura delle logge, in modo che vetri e profili sottili riducano al massimo l'ingombro visivo, senza ricorrere a grandi campi vitrei in cui lo spessore delle lastre finisce per annullare l'effetto di trasparenza e sono spesso di problematica apertura e pulitura". La soluzione della finestra d'inverno non è quella che può massimizzare in termini assoluti il risparmio energetico abbattendo drasticamente la trasmittanza dell'elemento trasparente, ma è un compromesso ragionevole sia in termini di riduzione delle dispersioni che in termini di coerenza con le soluzioni storicamente 73 adottate nei palazzi nobiliari, nei quali la si trova utilizzata con grande frequenza, in particolare nelle regioni del Nord Europa. Sui solai che confinano con i sottotetti non abitabili sono, infine, stati applicati dei pannelli di sughero con spessori di 8 cm, al fine di migliorarne la prestazione termica senza inficiare la permeabilità al vapore dell'elemento di chiusura orizzontale. Le scelte effettuate per le soluzioni impiantistiche hanno tenuto conto di più aspetti, principalmente quello conservativo e quello delle necessità d'utilizzo da progetto, ma ci si è posti anche il problema di trovare delle soluzioni che potessero risultare adeguate anche qualora la destinazione d'uso o altre necessità future variassero. Per quanto concerne l'impianto tecnologico installato per il riscaldamento, la scelta, sempre dettata da criteri di massima reversibilità e minimo impatto sull'esistente, oltre che dalla convenienza in termini di costi di gestione ipotizzati, è ricaduta sulla tipologia di sistemi ad acqua calda tipo Perkins, più recentemente denominati in area tedesca "Temperierung". Si tratta di un sistema di tubazioni scaldanti in rame collocate in aderenza alle murature esterne ed interne, ricoperte da un zoccolo alto 90 cm e spesso circa 5 in malta di calce che riesce a sommare più effetti positivi, quali la distribuzione omogenea e costante di calore radiante e l'asciugatura delle murature umide, oltre che costi di gestione inferiori ai normali sistemi di riscaldamento ad aria (quali radiatori e ventilconvettori). Si tratta inoltre di un'installazione caratterizzata da un elevato grado di reversibilità, in quanto sia le tubature che il massetto vengono applicati alle murature esistenti senza bucare (se si tralasciano alcune forature di ridotte dimensioni per i sostegni del circuito delle tubature), dunque, nel caso in cui il futuro rendesse necessaria la loro rimozione, questa sarebbe possibile senza danneggiare alcunché di quanto a noi pervenuto. Le caratteristiche dell'immobile, in particolare delle murature massive di mattoni e malta di calce e argilla, di spessori elevati (50-85cm), sommate all'utilizzo dei futuri locali, concentrato nella stagioni di attività scolastica (da Settembre a Giugno), hanno fatto ritenere che non fosse necessaria l'installazione di alcun sistema di raffrescamento. 74 Nella progettazione dell'impianto elettrico, sempre in nome della reversibilità e considerati i frequenti cambiamenti di necessità delle attrezzature tecnologiche, si è proceduto in modo similare all'impianto di riscaldamento, ossia mediante canalizzazioni esterne, applicate in aderenza al massetto realizzato per l'alloggiamento dei tubi scaldanti e rivestite da una zoccolatura bassa in ottone. Anche questa soluzione risulta infatti un miglior compromesso sia sotto l'aspetto conservativo, perché evita l'esecuzione di fori di ogni tipo sulle murature, che più flessibile nell'ipotesi di variazioni future di utilizzo dei locali e dei laboratori tecnologici. 4.4 Storia recente dell'utilizzo e delle problematiche riscontrate Come molto spesso accade in edifici ed installazioni di grandi dimensioni destinati a durare a lungo nel tempo, l'utilizzo viene a discostarsi dalle prefigurazioni progettuali e, talvolta anche a causa del'evoluzione tecnologica dei sistemi impiantistici, si rendono necessarie delle modifiche fisiche alle strutture ed agli apparati che li compongono. Una progettazione consapevole e giudiziosa tiene conto del tempo e lo pone in rilievo, considerandolo uno dei fattori di maggior importanza, che quindi sono in grado di influenzare maggiormente le scelte progettuali, specie se si tratta di opere di pubblico utilizzo. Nel caso del Palazzo Pallavicino si sono operate delle scelte fortemente influenzate dalla dimensione temporale dell'intervento. Questo si è realizzato commisurando le opere di recupero delle componenti strutturali e delle superfici all'età dell'edificio, mediante l'esecuzione di interventi altamente compatibili e, fin dove possibile, in tutto simili a quelli tradizionalmente attuati già all'epoca di costruzione dell'edificio Quattrocentesco. Dal punto di vista impiantistico, come accennato in precedenza la scelta è stata orientata verso la progettazione di sistemi caratterizzati da un elevato grado di 75 removibilità, ed un bassissima invasività. Infatti sia il sistema di riscaldamento Temperierung che gli impianti elettrico ed antincendio, essendo stati aggiunti all'esistente, sovrapposti come dei layers su un foglio di lucido, potrebbero essere rimossi, qualora se ne presentasse la necessità, senza alcun danneggiamento alle strutture e con un minimo impatto sulle finiture di superficie. Esaminando la situazione dell'utilizzo attuale del nostro complesso, emerge che le considerazione appena fatte, si fa riferimento in particolare alla variazione degli usi rispetto a quanto sancito negli elaborati di progetto, hanno già iniziato a verificarsi, generando alcune problematiche nella gestione dei sistemi impiantistici e qualche lieve, conseguente, effetto sugli utenti. Una prima modifica al progetto è stata apportata nel 2007 al vano situato al primo piano dell'ala più antica, a Sud-Ovest della corte gotica. L'ampio salone è stato, per esigenze legate alla didattica, suddiviso in tre aule minori separate da tramezzi leggeri, realizzati con struttura lignea e pannelli in cartongesso come tamponamento. A seguito della modifica sono arrivate quasi subito le prime segnalazioni da parte degli utenti che lamentavano temperature basse nei periodi di utilizzo. Da qui la necessità di una prima modifica all'impianto di riscaldamento, con l'installazione di tre ventilconvettori che, accesi durante le ore di insegnamento, colmano la lacuna dell'impianto radiante, che pare comunque esser dovuta, in particolare, al fatto che i muri divisori non sono stati dotati di alcuna tubazione scaldante. Una seconda variazione sarebbe richiesta nei vani dell'ala Nord-Ovest del cortile gotico, nei quali, sia al piano terreno che al piano primo si verifica la situazione opposta alla precedente, ossia l'erogazione di calore è eccessiva e le temperature interne ai locali si attestano tra i 21° ed i 25°C nella stagione invernale e gli utenti si trovano spesso a dover aprire le finestre per raffrescare, dissipando così calore e denaro. Si tratta quindi, in questo caso di intervenire sul sistema di regolazione dell'impianto, che ha evidenziato delle carenze, giustificabili con la grande disomogeneità degli 76 spessori delle murature e della percentuale assai variabile di superfici trasparenti degli ambienti serviti dall'impianto. Un'altra variazione rispetto al progetto, questa volta solamente nell'utilizzo dei locali, riguarda l'utilizzo della ex cappella di Nord-Est. La destinazione prevista dal progetto era di ambiente per "restauro organi", di cui una parte avrebbe dovuto essere anche dotata di una unità di trattamento aria, allo scopo di mantenere in condizioni termoigrometriche costanti gli strumenti, in particolare le canne degli organi, ed evitarne il degrado. In realtà in questi ambienti non si sono mai restaurate le canne d'organo e sono stati adibiti per alcuni anni a sede di un ente locale, successivamente ( situazione che si protrae fino ad oggi) sono stati lasciati inutilizzati. Un'altra problematica fatta emergere dagli utenti riguarda lo sfarinamento cui sono soggetti gli intonaci che contengono le tubazioni scaldanti e le murature al di sopra di essi. Sembra infatti che l'elevata temperatura di esercizio delle tubazioni inserite nel massetto sia causa di un precoce degrado di quest'ultimo, con relativo accumulo di polvere di calce e sabbia nelle zone limitrofe alla murature e di particelle più leggere, trasportate dai flussi convettivi che lambiscono le superfici, nell'atmosfera interna. L'insorgenza di fenomeni di degrado può essere considerata, entro ragionevoli limiti, un prezzo da pagare al livello di comfort che ai nostri giorni si ritiene necessario per l'utilizzo. Infatti le temperature oggi considerate come adeguate per l'uso umano, ossia i 20°C , si discostano notevolmente da quelle che storicamente lo erano, infatti in una qualunque residenza o sede istituzionale, fino all'Ottocento o addirittura ai primi del Novecento, una temperatura interna di 12°C pare fosse sufficiente a soddisfare qualsiasi necessità d'impiego. Si reputa dunque doveroso proseguire la trattazione con la consapevolezza di quanto l'epoca moderna abbia modificato delle consuetudini umane e della conseguente presa di coscienza della necessità di guardare agli edifici storici con un atteggiamento maggiormente "tollerante" e ,forse, in qualche modo meno esigente. Se l'edificio storico ha un valore derivato dalle tracce e dalla memoria delle epoche 77 passate in esso custodite, ebbene pretendere che esso sia sempre pienamente adeguato alle variabili esigenze umane non è affatto un atteggiamento corretto per approcciarvisi o per pronunciare giudizi di merito. La diffusione di questo tipo di cultura sarebbe molto utile in ambito conservativo in quanto consentirebbe all'utenza di utilizzare un approccio differente verso gli edifici più antichi ed in generale verso i cosiddetti "beni culturali". Comprendendone la storia passata e le caratteristiche fisiche e materiche, infatti, sicuramente sarebbe meglio tollerata qualche rinuncia alla fruibilità ed al comfort, in cambio di un minor degrado, di una maggiore durata e, conseguentemente, di una riduzione dei costi di gestione e di manutenzione degli stessi. 4.5 Inquadramento Clima cremonese Il clima di Cremona è caratterizzato da un'ampia escursione termica annuale con temperature medie basse in inverno (1,7 °C nel mese di gennaio, misurata nel trentennio dal 1961 al 1990) ed alte in estate (24,3 °C nel mese di luglio, misurata nel trentennio dal 1961 al 1990). Nella stagione invernale, le temperature minime possono attestarsi anche diversi gradi al di sotto dello zero nelle ore notturne, e talvolta permanere negative o prossime allo zero anche nelle ore centrali del giorno (specialmente in caso di nebbia). In queste condizioni, a causa del ristagno dell'aria dovuto alla caratteristica scarsità di ventilazione, le temperature massime si attestano su valori decisamente bassi: in alcuni casi si possono registrare, anche se raramente, giornate di ghiaccio, ossia con valori termici che restano negativi anche durante il giorno, con fenomeni come la galaverna. In estate invece le temperature massime possono toccare, in caso di anticiclone subtropicale, punte di 38 °C e, talvolta, anche superiori, come dimostrano le recenti misurazioni di questi valori estremi: nell'estate 2003, con l'anticiclone subtropicale, 78 sono stati toccati i 40°C; nel gennaio e nel dicembre 2009, grazie all'effetto albedo e all'inversione termica, si sono toccati i –14º. La piovosità è concentrata principalmente nei mesi primaverili ed autunnali, ma nelle estati calde e umide sono frequenti i temporali. La caratteristica conformazione "a conca" della pianura padana fa sì che sia in inverno che in estate vi sia un notevole ristagno dell'aria (è una delle aree meno ventilate d'Italia), con effetti diversi nelle due stagioni, come accennato sopra. In inverno, quando vi è un accumulo di freddo e scarsità di vento, si forma un cuscinetto freddo che può perdurare anche diversi giorni, specie nelle giornate umide e nebbiose, causando giornate molto rigide e gelo. Tuttavia in questa stagione vi sono anche diverse giornate più secche, ma comunque sempre rigide, poiché entra direttamente sulla pianura vento freddo dalla "porta della bora" (da nord-est) e dalla valle del Rodano (da nord-ovest) sotto forma di "fohn". E' infatti la bora ad essere foriera di perturbazioni fredde provenienti dalle zone polari, che possono portare forte maltempo con temperature molto basse e neve. In alcune occasioni soffia anche il buran, vento orientale di origine russa che in certe occasioni riesce a raggiungere la pianura padana sferzandola con intense raffiche gelide. Proprio in questi casi fa spesso la sua comparsa la neve, con copiose precipitazioni derivanti da perturbazioni provenienti dalle latitudini polari, rinforzate dal vento freddo già presente sulla pianura. Per contro, nelle zone ai piedi delle Alpi possono soffiare venti di caduta (occidentali e nord-occidentali in Piemonte e Valle d'Aosta, settentrionali in Lombardia), come il comune föhn, che, oltre a rendere il cielo limpidissimo, porta giornate più miti e secche (l'umidità relativa può scendere anche fino al 10%) anche in pieno inverno. Cessato questo vento però, se il cielo è sereno, le temperature calano sensibilmente nella notte (anche 10 °C in 3-5 ore). La catena alpina esplica un'azione di difesa verso le perturbazioni invernali, ma ostacola anche il passaggio di masse d'aria umide e temperate di origine atlantica, che in tal caso non riescono a mitigare il clima come nelle regione atlantiche europee. Il bacino della pianura padana, delimitato dalle Alpi a nord e a ovest e 79 dagli Appennini a sud che la isolano dalla regioni limitrofe, ha quindi un clima a sé, diverso in particolare dal comune clima mediterraneo a cui di solito viene abbinata l'Italia. Il mare Adriatico peraltro si limita a mitigare solo le zone costiere della pianura romagnola, veneta e friulana, poiché troppo basso e lungo per incidere profondamente sul clima padano, mentre le masse d'aria calda provenienti dal mar Ligure vengono bloccate dall'Appennino ligure e dalle ultime propaggini delle Alpi. In estate, invece, l'effetto cuscinetto della pianura padana produce effetti opposti, favorendo il ristagno di aria calda e molto umida che produce temperature alte, connesse a tassi di umidità altrettanto alti, che causano frequenti giornate molto calde ed afose (specialmente in presenza dell'anticiclone africano). Tale umidità, inoltre, tende spesso a scaricarsi sotto forma di violenti temporali e grandine, che portano temporaneo refrigerio e permettono di rimescolare le masse d'aria, causando un rapido ridimensionamento termico. Ma di solito questa situazione dura poco, con un veloce aumento delle temperature e degli indici di umidità. Cremona si trova dunque al centro di una regione geografica che ha tutte le caratteristiche è una zona di "transizione", nel continente europeo, tra il tipico clima mediterraneo (a sud) e quello oceanico o marittimo temperato (a nord, nord-ovest). Secondo la classificazione dei climi di Köppen il clima che caratterizza la pianura del Po è detto "Cfb" per le zone più fredde (Cuneo, Novara) o "Cfa - Humid subtropical" (quello mediterraneo è "Csa, Csb - Mediterranean"). Alla luce delle caratteristiche evidenziate, in linea generale, si può definire il clima della pianura padana anche come subcontinentale, con caratteristiche di semi-continentalità molto più marcate rispetto al resto dell'Italia. I dati raccolti nelle stazioni meteorologiche presenti in Cremona (quella di via Fatebenefratelli e quella di Piazza Roma) confermano quanto esposto fin qui e consentono un confronto peculiare con le rilevazioni effettuate dalla sonda esterna installata presso il Palazzo Pallavicino, di cui si darà conto nel prosieguo. 80 4.6 Strumentazione utilizzata per le rilevazioni e loro collocazione Per quanto concerne la strumentazione tecnologica utilizzata nel monitoraggio sul Palazzo Pallavicino, si ritiene di interesse per il lettore darne un'indicazione più precisa, con l'intento di rendere replicabili le esperienze anche in altri ambiti, in nome di una prassi di studio che si ritiene di grande rilevanza nel panorama attuale. Le rilevazioni, come già accennato in precedenza, hanno preso in considerazione le variabili che maggiormente possono interessare il controllo del clima interno, con una attenzione in più allo studio del reale funzionamento dell'impianto di riscaldamento Temperierung, del quale ancora oggi esiste solo una limitata quantità di letteratura specifica. L'interesse per lo studio del funzionamento dell'impianto è dovuto al fatto che questa tipologia impiantistica ha una limitata diffusione in area italiana (più diffuso ad oggi in area tedesca), anche se pare che si possa ritenere, a ragione, che tali installazioni possano rappresentare una soluzione molto efficacie in ambito conservativo e di contenimento dei consumi energetici di immobili storici. Per avvalorare tale tesi si è ritenuto necessario monitorare non solo le condizioni dell'aria nell'ambiente interno, ma anche quelle delle superfici delle murature, sia interne che esterne, oltre che quelle climatiche esterne. Il sistema di monitoraggio in continuo scelto è di tipo wireless ed è costituito da una centralina per la raccolta e lo scarico dei dati a cui sono collegati via radio una serie di sensori dotati di radiotrasmettitore. Oltre alla maggiore facilità di installazione, gli indubbi vantaggi di un tale sistema sono legati alla minore invasività e alla maggiore flessibilità dello stesso. Gli strumenti utilizzati vengono elencati in seguito: • Sensore UR% - C° per interni con display e trasmissione radio sulla frequenza di 434.075Mhz codificato a 12 bit. Modello ad alta potenza di trasmissione con taratura su tre punti della scala umidità e 81 programmazione software rata trasmissione e codifica. Studiato per la misurazione di °C e UR% in ambiente museale. Scarico dati, calibrazione e programmazione con software per Windows 2000XP-NT tramite centralina Radiolog controller. Sensore temperatura: Termistore di precisione Campo di temperatura: -10°C..+50°C Risoluzione °C: 0,1°C Precisione °C: ± 0,2°C Sensore umidità: polimero capacitivo Campo UR%: 0..100% Risoluzione UR%: Precisione: • 0,1%UR ± 2%UR Sensore UR%- C° per esterni con trasmissione radio sulla frequenza di 434.075Mhz codificato a 12 bit il sensore è dotato di schermo antiradiante. Modello ad alta potenza di trasmissione con taratura su tre punti della scala umidità e programmazione software rata trasmissione e codifica. Scarico dati, calibrazione e programmazione con software per Windows tramite centralina radiolog controller. Studiato per la misurazione di °C e UR% in ambiente esterni, parchi archeologici, edifici monumentali ecc. Sensore temperatura: Campo di temperatura: -40°C..+60°C Risoluzione °C: 0,1°C Precisione °C: ± 0,5°C Sensore umidità: capacitivo Campo UR%: 0..100% Risoluzione UR%: Precisione: 0,1%UR ± 2%UR 0-90% 82 PT1000 • Sensore UR% - C° per interni con sonda temperatura esterna globotermometrica (esclusa) trasmissione radio sulla frequenza di 434.075Mhz codificato a 12 bit. Modello ad alta potenza di trasmissione con taratura su tre punti della scala umidità e programmazione software rata trasmissione e codifica. Studiato per la misurazione di °C e UR% in ambiente museale. Scarico dati, calibrazione e programmazione con software per Windows 2000-XP-NT tramite centralina Radiolog controller. Sensore umidità: polimero capacitivo Campo UR%: 10..90% Risoluzione UR%: Precisione: • 1%UR ± 2%UR Sensore UR% - C° per interni con sonda temperatura superficie trasmissione radio sulla frequenza di 434.075Mhz codificato a 12 bit. Modello ad alta potenza di trasmissione con taratura su tre punti della scala umidità e programmazione software rata trasmissione e codifica. Studiato per la misurazione di °C e UR% in ambiente museale. Scarico dati, calibrazione e programmazione con software per Windows 2000-XP-NT tramitee centralina Radiolog controller. Sensore temperatura: Termistore di precisione Campo di temperatura: -15°C..+40°C Risoluzione °C: 0,1°C Precisione °C: ± 0,2°C Sensore umidità: polimero capacitivo Campo UR%: 10..90% Risoluzione UR%: Precisione: 1%UR ± 2%UR 83 • SONDA GLOBOTERMOMETRICA IN RAME NERO OPACO. Sonda conforme norma ISO7726. Riflessione <2% ASTM97-55 Diametro 150 mm per misura temp.radiante Campo misura: -40..+80°C Accuratezza: 0,15°C (a 0°C) Gli strumenti elencati restituiscono dati orari rilevati di temperatura dell'aria, temperature superficiali, temperatura radiante ed umidità relativa degli ambienti interni, ritenute le variabili di maggior interesse per descrivere al meglio il clima interno e gli effetti del sistema impiantistico su quest'ultimo. Le indagini vengono completate da periodiche analisi termografiche e psicrometriche (eseguite anche prima degli interventi di restauro) che completano il quadro d'indagine e possono fornire importanti indicazioni sulla situazione reale e sulle cause generatrici dei fenomeni ritratti dai dati dei sensori. Nel prosieguo della trattazione si daranno informazioni più approfondite sulle indagini svolte. 4.7 Descrizione del monitoraggio in corso e variabili considerate Il progetto di un monitoraggio in continuo è nato per rispondere a molteplici necessità, legate sia alle funzioni diversificate a cui il Palazzo Pallavicino è chiamato oggi a rispondere sia alle esigenze di quanti utilizzano l’edificio o sono comunque coinvolti in modo diretto o indiretto nella sua gestione. Attualmente il principale sistema di controllo del clima esistente nel palazzo è il riscaldamento a parete “Temperierung”, installato in occasione dei lavori di restauro conservativo. Il principio di funzionamento del sistema si basa sulla trasmissione del calore per conduzione alle murature le quali, a loro volta, dovrebbero trasmetterlo all’ambiente e alle persone per irraggiamento termico. 84 Oltre alla verifica delle modalità di funzionamento di questa tipologia di impianto, l’obiettivo principale del monitoraggio del clima interno di Palazzo Pallavicino è stata la verifica della soddisfazione, da parte di tale sistema, delle condizioni di comfort termico per i diversi utenti che affollano l’edificio: studenti, insegnanti, impiegati negli uffici ed eventuali visitatori che avevano segnalato alcuni squilibri e situazioni di disagio. Ad esempio, la recente installazione di ventil-convettori in alcune aule del primo piano per fornire calore supplementare si è resa necessaria perché l’impianto nei mesi più freddi dell’anno non riusciva a raggiungere temperature sufficienti a garantire il comfort delle persone che studiano ed insegnano in tali ambienti. D’altro canto è stato anche segnalato come nelle mezze stagioni la temperatura sia eccessiva in taluni uffici del piano terra. Oltre alle persone, Palazzo Pallavicino ospita anche diverse opere artigianali e artistiche e diversi manufatti creati da studenti e insegnanti della scuola di liuteria sono sparsi per l’edificio. I materiali igroscopici di cui tali opere sono costituiti, sono particolarmente esposti al degrado di tipo meccanico dovuto alle variazioni dei valori termoigrometrici di temperatura e, soprattutto, di umidità relativa. Oltre a ciò l’edificio stesso, o, più precisamente, le finiture di superficie come stucchi ed affreschi, costituisce un oggetto di valore che può essere soggetto ad analoghi fenomeni di degrado dovuti ai medesimi fattori termoigrometrici e la cui conservazione costituisce un ulteriore importante obiettivo. Infine è di strettissima attualità anche il tema dell’efficienza energetica. Gli edifici storici e in particolare quelli di proprietà pubblica come nel caso di Palazzo Pallavicino, non possono fare eccezione. Oltre alle preoccupazioni di tipo ecologico e ambientale, va sottolineato come in tempi di tagli da parte dello Stato e ristrettezze economiche, è richiesta una maggiore attenzione al contenimento delle spese: i costi operativi dei sistemi di riscaldamento e climatizzazione costituiscono senza dubbio una delle principali voci di bilancio per un’amministrazione locale. Le attività di diagnostica ambientale e analisi del clima interno si sono svolte seguendo una metodologia ormai collaudata e più volte messa in pratica dal Laboratorio di Analisi e Diagnostica del Costruito, basata sul confronto dei dati del 85 monitoraggio in continuo con analisi più specifiche, necessariamente limitate nel tempo, come termografie e mappature psicrometriche. Queste ultime sono state pertanto effettuate, come accennato nel capitolo precedente, sia in fase preliminare all’installazione del sistema di monitoraggio sia ripetute in seguito nel tempo, in modo da raccogliere dati in diverse condizioni stagionali di funzionamento dell’impianto. Al fine di ottimizzare il confronto dei dati, è stato selezionato un limitato numero di ambienti e locali particolarmente significativi in cui concentrare le attività di analisi. L’analisi termografica permette di ottenere un’immagine termica delle temperature superficiali (Ts) di un oggetto. In questo caso oggetto di analisi sono state le interazioni termoigrometriche tra ambiente, murature e impianto, sia durante i periodi freddi a riscaldamento acceso che, per confronto, nei periodi in cui il riscaldamento rimane spento. Le analisi psicrometriche sono state invece utilizzate per ottenere una mappatura in pianta delle variazioni di temperatura (T), umidità relativa (UR o RH) e umidità specifica (US o SH) dell’aria contenuta in determinato ambiente. I parametri osservati dal sistema di monitoraggio sono stati in generale la temperatura (T) e l’umidità relativa dell’aria (UR o RH). Sono stati poi scelti diversi punti per la misura della temperatura superficiale (Ts), in genere in prossimità dei tubi per monitorare la temperatura indotta dal sistema alla superficie dell’intonaco. Una serie di rilevazioni più mirate ha interessato il locale della presidenza, dove oltre alla temperatura e alla umidità relativa ambientale vengono monitorate le temperature superficiali delle tre pareti esterne a due altezze differenti: il primo punto di misura è posto in prossimità della coppia superiore di tubi dell’impianto, il secondo è posto più in alto di circa un metro, in modo da valutare se anche a questa altezza il muro subisca l’influenza dell’impianto. Su una parete sono stati posti due ulteriori punti di misura, in corrispondenza degli altri due ma sulla superficie esterna della muratura. Al centro della stanza a un’altezza di circa 2,5m è stato infine posizionato un globotermometro che, misurando anche la componente 86 radiante della temperatura, è servito a quantificare l’eventuale effetto radiante che si supponeva potesse venire originato dal sistema. Al fine di fornire all’amministrazione comunale informazioni utili per la gestione energetica dell’edificio, sono stati misurati anche il consumo di energia elettrica e il consumo dell’impianto di riscaldamento, misurato nella sottostazione di scambio con il sistema comunale di teleriscaldamento. 4.8 L'analisi dei risultati ottenuti dal monitoraggio in continuo Il confronto dei dati monitorati in continuo è stato effettuato in tre diversi ambienti, individuatiti come quelli più problematici sulle base delle indicazioni fornite dall'utenza, e ritenuti quelli maggiormente significativi per comprendere in modo esaustivo le cause degli squilibri nell'erogazione del calore segnalate. L’analisi dei dati delle rilevazioni effettuate nell'aula magna al piano terra ed in due aule al piano primo con affaccio verso sud (una posta nell’ala sud su via Colletta, l’altra nell’ala nord sulla corte interna), mostra, fin da subito, alcune differenze interessanti nell’andamento dei parametri termoigrometrici. Nella presente trattazione ci occuperemo di quanto avviene nella stanza adibita a presidenza, nella quale sono collocati il maggior numero di sonde di rilevazione e sulla quale si sono impostate le simulazioni energetiche che saranno oggetto di analisi nei capitoli successivi. Le scelta di concentrare le indagini su questo ambiente è dovuta principalmente al fatto che l'utenza segnalava un'erogazione eccessiva di calore nella stagione invernale, nella quale infatti, come si vedrà in seguito, si registrano temperature di molto superiori agli standard che la normativa prevede. Il locale della presidenza è stato interessato da un’approfondita analisi con il monitoraggio in continuo di temperatura e umidità relativa dell’aria, di diverse temperature superficiali e della temperatura radiante tramite globotermometro. Si sono così ottenute indicazioni molto interessanti sul funzionamento del sistema Temperierung. Da notare innanzitutto come la temperatura 87 rilevata dal globotermometro (posto al centro della stanza ad una altezza si circa 2,5 m) e quella ambientale (rilevata da un sensore posto immediatamente al di sopra) si siano dimostrate praticamente identiche (grafico 1). Questo dato permetterebbe di affermare che, almeno in questo punto, il sistema non è in grado di influenzare termicamente un oggetto per irraggiamento. Probabilmente l’effetto radiante dell’impianto è limitato alle porzioni perimetrali della stanza, più vicine ai circuiti, come suggeriscono anche la psicrometria e la termografia riportate in seguito (fig.5). Il grafico 2 permette di caratterizzare il comportamento termoigrometrico delle 3 pareti perimetrali esterne nella settimana che va dal 27 gennaio al 3 febbraio 2014 ed evidenzia alcuni dei fattori che influenzano le varie interazioni. Vengono riportate la temperatura dell’aria interna (linea viola) ed esterna (linea grigia), le temperature superficiali dei muri rilevate in prossimità dei circuiti a circa un metro di altezza dal piano di calpestio (Ts 10b, Ts 11b, Ts 13b), ed infine, le temperature superficiali dei muri rilevate un metro circa sopra i circuiti, quindi a circa due metri dal piano di calpestio (Ts 10a, Ts 11a, Ts 13a), come si evince dalla rappresentazione in figura 9.. La temperatura del circuito che corre lungo la parete verso la corte interna (Ts 10b, la parete è quella nell'immagine in alto nella fig. 5) si mantiene di circa 1°C inferiore rispetto a quella rilevata sulle altre due pareti (Ts 11b e Ts 13b, pareti rispettivamente in basso e a sinistra nella rappresentazione psicrometrica in fig.8), probabilmente a causa delle maggiori dispersioni imposte dalla disposizione a serpentina messa in opera sotto le finestre (vedi termografia fig.5). Come la termografia in fig. 5 suggerisce, la trasmissione di calore dai circuiti al muro sembrerebbe limitata alle aree limitrofe al circuito stesso e non influenzare le altre porzioni di muratura. Le tre temperature rilevate 1 metro al di sopra dei circuiti sono infatti inferiori alla temperatura dell’aria (linea viola), il che significherebbe che in questa porzione di parete la dispersione di calore attraverso la muratura sia preponderante rispetto al riscaldamento della stessa da parte dei circuiti posti al di sotto. 88 D’altra parte è interessante anche notare cosa causi la differenza di temperatura tra i diversi punti di misura: Ts 13a e Ts 11a sono posti dietro a delle tarsie lignee che le isolano dall’aria calda della stanza (vedi immmagine in fig.5) mentre Ts 10a, essendo scoperto, è ovviamente influenzato dall’aria riscaldata e misura quindi la temperatura di equilibrio (e scambio) tra la superficie interna della parete esterna e l’aria interna. Le aree fredde che vanno a formarsi dietro le tarsie appese alle pareti sono mostrate sempre dalla termografia in fig. 5. La differenza di quasi un grado che è possibile osservare tra Ts11a e Ts 13a è dovuta alla differenza di spessore delle rispettive murature che influenza la trasmittanza delle stesse: Ts11a è maggiore rispetto a Ts13a poiché misurata su una parete più spessa, 60 cm contro i 50 della muratura su cui è posizionata la sonda n°11, e quindi con minore trasmittanza. La dispersione del calore attraverso le pareti perimetrali è accentuata in prossimità dei circuiti, cosa che costituisce uno dei motivi di critica più diffusi al sistema Temperierung. Il grafico 2 costituisce un primo passo nel tentativo di descrivere meglio qualitativamente e quantitativamente tale problematica. Come mostrato nello stesso grafico, oltre alla temperatura dell’aria interna (linea viola) ed esterna (linea grigia) e alla temperatura superficiale interna della muratura in prossimità dei circuiti (Ts13b) e un metro sopra questi (Ts13a), sono rilevate anche le temperature in corrispondenza di altri due punti di misura posti sulla superficie esterna della muratura (Ts12b in corrispondenza ai circuiti e Ts12a un metro sopra). La differenza tra Ts 12b e Ts12a è dovuta indubbiamente alla dispersione del calore dei circuiti verso l’esterno, infatti dal momento in cui le temperature operative dell’impianto cominciano ad essere abbassate (già al 19 febbraio) fino al momento dello spegnimento dello stesso (20 marzo), la differenza si assottiglia progressivamente, fino a che Ts12b non va praticamente a sovrapporsi a Ts12a, che rappresenta la temperatura di equilibrio tra la superficie esterna del muro e l’aria esterna. Le rilevanti dispersioni di calore che si determinano in corrispondenza dei circuiti erano state già evidenziate in fase preliminare dalle analisi termografiche e si sono 89 confermate come uno degli aspetti più critici di questo tipo di impianto dal punto di vista della sostenibilità e dell’efficienza energetica. Questo problema si manifesta in modo particolarmente grave in corrispondenza delle porzioni muratura posti al di sotto delle finestre, dove il limitato spessore del muro si abbina alla disposizione a serpentina dei circuiti, pensata per compensare la dispersione di calore attraverso le superfici vetrate e i serramenti. Non a caso è ormai prassi piuttosto diffusa tra chi progetta e installa impianti di tipo Temperierung prevedere uno strato di isolamento termico in questi punti particolarmente problematici e sensibili. 4.9 Prime conclusioni sul sistema Temperierunq Sebbene operativo per un periodo ad oggi abbastanza limitato (circa un anno continuativo) il sistema di monitoraggio installato a Palazzo Pallavicino ha già consentito di raccogliere dati piuttosto rilevanti, sia in generale sulle modalità di funzionamento del sistema Temperierung di cui fino ad oggi esistono pochissimi dati rilevati sul campo nella letteratura tecnico-scientifica, sia sulle problematiche specifiche dell'impianto del palazzo. Riguardo al primo aspetto le analisi diagnostiche e i dati analizzati finora sembrerebbero smentire almeno in parte alcuni principi di che fino ad ora si supponevano alla base e caratteristici della Temperierung. Il primo è quello secondo cui il sistema permetterebbe di scaldare la struttura muraria in modo da risolvere il problema di discomfort dovuto alla parete fredda. Si è visto, infatti, come la trasmissione di calore alla muratura avvenga in modo limitato alla porzione inferiore (in pratica solo in prossimità dei circuiti) sviluppandosi in modo problematico lungo la sezione, causando una notevole dispersione di calore verso l’esterno. Il secondo principio di funzionamento della Temperierung che sembrerebbe smentito è quello della rilevante componente radiante del calore rilasciato all’interno dell’ambiente scaldato, grazie alla quale tale sistema risulterebbe più efficiente di un 90 classico sistema a radiatori che funzioni principalmente per convezione; anche in questo caso la temperatura rilevata dal globotermometro sembrerebbe non avvallare questa ipotesi, sebbene siano sicuramente necessarie ulteriori analisi e misure della radiazione termica, magari posizionando lo strumento a una distanza più ravvicinata alle pareti, per capire quanto e fino a che punto l'effetto della radiazione sia percepibile. I dati raccolti fino ad ora non permettono, infatti, di smentire che nell’area in prossimità delle pareti dotate di circuiti il sistema possa funzionare in maniera confortevole per gli utenti ed allo stesso tempo efficiente. A questo proposito è forse utile notare come nella presidenza e negli uffici al piano terra gli utenti, le cui postazioni sono generalmente vicine alle pareti, tendano a lamentarsi di un eccessivo caldo, mentre nelle aule al primo piano dell’ala sud, in cui come si è visto i circuiti sono limitati ed è stato ritenuto necessario installare dei ventilconvettori, gli utenti tendano a sentire ancora freddo nonostante sia rilevata una temperatura dell’aria, scaldata dai nuovi apparecchi, molto maggiore. Per una valutazione più completa delle problematiche appena descritte sono, comunque, da tenere in considerazione anche altri fattori, quali gli spessori delle murature degli ambienti, maggiori al piano terreno rispetto a quelle del primo piano, oltre che alcuni aspetti lacunosi dell'impianto, infatti la centrale termica non baricentrica non garantisce a tutte le porzioni dell'impianto un proporzionato apporto di calore, sfavorendo le diramazioni più distanti, ed infine, i circuiti stessi non sono numericamente adeguati a sopperire a queste contingenze. Riguardo alle problematiche specifiche del sistema installato a Palazzo Pallavicino, il monitoraggio ha finora confermato che le situazioni di discomfort e gli squilibri che si vengono a creare sono dovuti alla mancanza di un efficace sistema di controllo e alla difficoltà (quando non impossibilità) di regolare la temperatura e il flusso di calore in modo diversificato in diversi ambienti. Se questi problemi possono essere verosimilmente risolti con appositi e mirati interventi sulle valvole e sui sistemi di regolazione dell’impianto, sia a livello locale che centralizzato, di più difficile soluzione appare la problematica della dispersione 91 di calore, in particolare nelle porzioni di muratura al di sotto delle finestre, che richiederebbe consistenti e impegnativi lavori di muratura e la probabile necessità di smontare e rimettere in opera i circuiti interessati. In conclusione si vuole sottolineare l’importanza dell’installazione del sistema di monitoraggio che con il passare del tempo continuerà a raccogliere una quantità sempre maggiore e mirata di dati e, di conseguenza, permetterà di affinare ed approfondire l’analisi e di giungere a risultati più significativi e conclusioni più solide. 92 5 La simulazione energetica in regime dinamico 5.1 Differenze tra regime dinamico e regime stazionario Nella soluzione di problemi di trasmissione del calore, non basta individuare i meccanismi di scambio termico in gioco, ma è anche necessario stabilire se il processo avviene in regime stazionario (detto anche regime permanente) o dinamico. Si parla di regime stazionario quando la potenza termica in un sistema non varia nel tempo e la temperatura in ciascun tempo e la temperatura in ciascun punto non cambia. In qualsiasi punto del sistema, la potenza termica entrante è pari esattamente a quella uscente e non si ha alcuna variazione dell’energia interna. Ciò avviene quando il campo termico di un corpo non è funzione del tempo, ossia è soggetto a condizioni al contorno fisse. Il regime periodico stazionario è legato a radicali semplificazioni non sempre accettabili per almeno due fattori fondamentali: • la variabilità delle condizioni climatiche esterne (es. temperatura, radiazione solare) • il funzionamento non continuo dei sistemi impiantistici interni. Quando, invece, la temperatura in qualche punto varia nel tempo, allora si dice che la trasmissione del calore del sistema avviene in condizioni di regime non stazionario (detto anche regime dinamico). Questa situazione si verifica quando il campo termico di un corpo è funzione del tempo, ossia le condizioni al contorno sono considerate variabili. Le caratteristiche termiche in regime dinamico di un componente edilizio descrivono il comportamento termico del materiale soggetto a condizioni al contorno variabili, ovvero flusso termico variabile o temperatura variabile su una o entrambe le facce. 93 Poiché una variazione di temperatura sta ad indicare una variazione di energia interna, è evidente che l’accumulo di energia è tipico del flusso non stazionario. L’effetto della variabilità delle condizioni esterne può essere trattato con un metodo semplificato definito in regime periodico stabilizzato: si suppone cioè che mentre la temperatura interna rimane costante quella esterna vari con legge periodica sulle 24 ore. Se ci si pone l'obiettivo di simulare correttamente il comportamento termico di un edificio, si può dire che le condizioni climatiche esterne non sono mai stabili durante il giorno ma continuamente variabili, anche e soprattutto per la periodicità dell’alternarsi del giorno e della notte, quindi per la presenza della radiazione solare nel periodo diurno dall’alba al tramonto. Lo studio del comportamento termico degli edifici (proprio della Termofisica dell’edificio) parte proprio da queste considerazioni e pertanto valuta sempre le condizioni transitorie determinate in risposta alle variazioni climatologiche esterne. Una volta assegnati alcuni parametri (che spesso sono vincolanti quali l'area climatica, la posizione rispetto al sole, la destinazione dell'edificio), ciò che qualifica la prestazione termica dell'edificio è in massima parte il comportamento dell'involucro murario. La conoscenza del comportamento termico di un edificio quando le condizioni esterne non sono stazionarie ma continuamente variabili risulta molto importante anche ai fini di una corretta progettazione degli impianti termici. La simulazione in regime dinamico, dunque, risulta molto più verosimile rispetto a quella in regime stazionario o semistazionario utilizzate oggi nella progettazione e nella certificazione energetica degli edifici, in quanto riesce a tener conto della variabilità delle condizione esterne e, come si è accennato, dell'accumulo di energia termica nelle murature. 94 5.2 I softwares utilizzati: EnergyPlus e Polimess Esistono ad oggi diversi softwares in grado di simulare il comportamento termico degli edifici in regime dinamico. I primi simulatori della risposta termica degli edifici risalgono agli anni Settanta, ma gli attuali programmi di simulazione sono, come è ovvio, estremamente più affinati e consentono anche ad operatori meno esperti di ottenere dei risultati plausibili. La prima categoria di programmi che ha trovato diffusione è quella che utilizza modelli stazionari di base, i quali vengono completati dei fattori di compensazione per approssimare il comportamento dinamico. Altri modelli, più sofisticati, sono basati invece sui concetti di sfasamento e di attenuazione (o fattore di smorzamento) introdotti in precedenza, utilizzando la procedura di ammittanza dell'UKBRE (United Kingdom Building Research Establishment). Questi programmi analizzano la risposta termica dinamica, ma non simulano in senso stretto i diversi flussi di calore. Vengono utilizzati alcuni complessi algoritmi matematici per individuare le proprietà di sfasamento e le altre proprietà termiche degli elementi di contorno, ma, una volt elaborati, il resto della simulazione consiste in semplici calcoli. Sono poi presenti programmi che sono in grado di tracciare i flussi di calore orari attraverso tutti i componenti di un edificio, utilizzando un database climatico annuale che contiene i dettagli orari. Questi programmi possono calcolare le temperature interne orarie ed il carico di riscaldamento o raffrescamento necessario per mantenere le temperature di comfort interne desiderate. E' questa la categoria cui appartiene il software EnergyPlus, creato dallo U.S. Department of Energy. Altre applicazioni si spingono ancora oltre e sono in grado di simulare il contributo impiantistico dei sistemi HVAC (Heating Ventilation Air Conditioning) in modo da prevedere il consumo di energia orario, quotidiano, mensile o annuale. A questa categoria appartiene invece il software Polimess, messo a punto dal Dipartimento di Ingegneria Energetica del Politecnico di Milano. Nello studio del comportamento termico del Palazzo Pallavicino sono stati impiegati i due softwares appena citati, con l'obiettivo di confrontarne i risultati, ma soprattutto 95 di comprendere la ragioni che potrebbero portare ad esiti differenti rispetto ai dati ottenuti dal primo anno di monitoraggio in continuo. L'ipotesi iniziale infatti era che differenti tipologie di simulazione dinamica avrebbero potuto condurre ad ottenere esiti differenti tra loro ed in qualche modo difformi dalla situazione reale rilevata sul posto. In seguito si parlerà di quanto si è fatto e delle problematiche riscontrate nel confronto dei risultati di tali strumenti. 5.3 Descrizione delle simulazioni effettuate e delle problematiche riscontrate 5.3.1 I dati climatici L'impostazione della simulazione mediante i softwares citati ha inizio dall'inquadramento del contesto climatico in cui si trova inserito l'edificio. Ciò avviene mediante l'utilizzo di files climatici creati ad hoc per questi simulatori e forniti gratuitamente dai fornitori dei softwares. Questi files, in formato .epw, sono dei database delle maggiori variabili climatiche che caratterizzano il clima locale e vengono creati sulla base dei dati registrati dalle stazioni di monitoraggio meteorologico presenti in tutte le maggiori località nazionali. I dati che le sofisticate strumentazioni in funzione nelle stazioni meteo forniscono sono orari e vengono registrati in continuo anche dagli anni Sessanta. Il file climatico rappresenta una raccolta delle medie dei valori orari registrati nel periodo più lungo disponibile, con lo scopo di ottenere dei valori quanto più possibile rappresentativi della situazione reale locale. Nel caso in cui non sia disponibile la località in cui è situato l'edificio oggetto di simulazione, si può utilizzare il file della località più vicina disponibile, oppure si può creare un file ad hoc utilizzando i dati climatici della stazione meteo più prossima. A questo riguardo va detto che solo alcune località sono dotate di stazioni meteo, 96 quindi non è possibile creare files climatici specifici per ogni località, ma solo utilizzare quelli della località più prossima. E' questa una prima ragione di difformità riscontrabile tra situazione reale e simulata, alla quale non è possibile ovviare, ma che in molti casi può essere causa di errori anche notevoli, se si considerano ad esempio, località montane in cui le varie località possono essere disposte su versanti differenti dei rilievi. Le difformità evidenziate da queste analisi sono in alcuni casi di entità notevole, il che, riallacciandosi a quanto detto in precedenza, rende la simulazione imprecisa, in particolare se interessano situazioni puntuali, mentre possono divenire verosimili ed accettabili, nel lungo periodo, in quanto, in queste situazioni, risultano avere minor influenza le fluttuazioni repentine delle variabili climatiche. Le difficoltà per i progettisti e per gli impiantisti, partendo da queste considerazioni, sono senza dubbio legate al corretto dimensionamento di murature, isolamenti e sistemi impiantistici, soprattutto nel momento in cui ci si trova a dover fronteggiare situazioni climatiche anomale o situazioni peculiari, cui i simulatori faticano ad adattarsi. 5.3.2 I dati geometrici del modello A seguito dell'impostazione della località e della scelta del file climatico più adeguato, l'impostazione della simulazione prosegue attraverso la creazione del modello virtuale dell'edificio. Con EnergyPlus è possibile costruire un modello tridimensionale mediante l'applicativo SketchUp, che consente di ricreare sia l'edificio che il contesto, distinguendo tra porzioni oggetto di simulazione (zone termiche) e porzioni che svolgono la funzione di ombreggiamenti e/o edifici adiacenti (zone ombreggianti). Questa modellizzazione è abbastanza precisa, e consente di valutare con buona approssimazione anche gli effetti del contesto sull'edificio (o le parti di esso) in termini di esposizione alla radiazione solare ed ai venti (Fig.3 e 4). 97 Quanto appena descritto non è invece possibile con Polimess, in quanto questo applicativo si limita a recepire i dati geometrici e stratigrafici delle sole superfici disperdenti verso l'ambiente esterno, tralasciando la valutazione delle dispersioni verso altri ambienti, riscaldati e non, che non devono essere inseriti. Questa semplificazione può essere sicuramente accettabile in ambito industriale (ambito per il quale è stato concepito questo software), visto che edifici adiacenti non riscaldati si trovano raramente e comunque generalmente hanno un peso trascurabile sul complesso delle porzioni produttive, ma possono avere un peso anche notevole nel caso di edifici residenziali ed in particolare di quelli storici, in cui l'incidenza di tali superfici può essere molto rilevante. Per quanto concerne l'esposizione a radiazione solare e venti con Polimess, questi effetti sono valutati solo mediante l'inserimento iniziale dei dati climatici locali e mediante l'orientamento delle superfici disperdenti. Eventuali ombreggiamenti non sono tenuti in considerazione. 5.3.3 I dati dei materiali e dei componenti d'involucro Nella definizione peculiare delle superfici si nota in entrambi i softwares un'altra semplificazione necessaria ma che può rivelarsi fuorviante in caso si stia tentando di approcciarsi alla complessa fenomenologia inerente l'edilizia storica. I valori che descrivono le proprietà fisiche dei materiali da costruzione che compongono le parti strutturali e non dell'edificio, quali in primo luogo la conduttività, sono infatti tutti derivati dalla norma cogente (UNI 10351, UNI 10355), ed in ultima analisi da prove eseguite su campioni. L'analisi eseguita in condizioni standardizzate, propria dei test in laboratorio, nel caso di murature costituite da materiali più recenti, può essere considerata un'approssimazione accettabile, anche se pur sempre differente dalle reali condizioni di esercizio degli elementi edilizi. 98 In caso di edilizia storica non si può omettere di denotare come entrino in gioco fattori peculiari difficilmente valutabili che complicano il calcolo e la possibilità di un riscontro preciso. Il Palazzo Pallavicino, come si è detto nella prima parte della trattazione, è una fabbrica complessa, pervenuta a noi come un insieme di porzioni ciascuna contraddistinta da proprie caratteristiche edilizie risultanti da aggiunte e modificazioni operate nei secoli da differenti proprietari. Le murature, così come si trovano al giorno d'oggi, sono tutte in laterizi risalenti ad epoche differenti, quindi con proprietà fisiche simili tra loro, ma anche con leggere peculiarità che un'analisi precisa e dettagliata non dovrebbe trascurare. Altro capitolo andrebbe aperto per la composizione delle malte, degli intonaci e degli stucchi di finitura interni. Le malte di calce che vengono utilizzate nei test per i materiali e che si devono utilizzare nei softwares di simulazione non sono certamente composte con gli stessi materiali che si utilizzavano comunemente nel Quattrocento. E ancora, si sta considerando un edificio situato a Cremona, nota per l'utilizzo di malte di argilla provenienti da varie cave sparse sul territorio, ciascuna con proprie caratteristiche fisiche differenti tra loro, delle quali sono sicuramente state testate le proprietà di resistenza strutturale, ma delle quali ad oggi non risultano esser state in alcun caso studiate le proprietà termodinamiche. Le murature di questo tipo sono famose per essere particolarmente ricche di umidità al loro interno, favorita dall'abbondanza di precipitazioni, da falde acquifere poco profonde (tipiche del fondo della Valle Padana) e dall'elevatissima umidità dell'aria, che raggiunge in molte occasioni il 100% (come emerge dai dati della stazioni meteorologiche locali e da quelli della sonda esterna collocata al Pallavicino). Queste caratteristiche, ad oggi non valutabili mediante i softwares di simulazione, possono senza dubbio influenzare l'analisi e le stime tanto dei fabbisogni energetici per riscaldamento e raffrescamento, quanto quelle delle temperature interne alle superfici murarie, con relative problematiche, tanto nella progettazione, quanto nell'utilizzo degli ambienti. 99 Le murature massive, come dimostrato in molti studi recenti, hanno ottime proprietà termiche, ossia consentono, a parità di valori di trasmittanza, di ottenere un beneficio dal punto di vista del fabbisogno energetico rispetto ad involucri leggeri, con meno massa e più materiali isolanti. Questo beneficio, è attribuito alla capacità termica, ossia alla predisposizione ad immagazzinare calore delle murature massive, proprietà che le loro corrispettive leggere possiedono in misura largamente inferiore, come accennato in precedenza. Non è obiettivo di questa trattazione l'approfondimento delle cause e degli effetti della massa muraria sul comfort interno e sul fabbisogno energetico degli edifici, ci si limiterà a fare presente alcune peculiarità che si ritengono trascurate anche dai moderni sistemi di calcolo delle prestazioni termiche degli edifici. Un aspetto cui si è fatto cenno poco sopra è quello della standardizzazione dei parametri prestazionali delle murature, sanciti a livello di normativa italiana dalle norme UNI menzionate in precedenza. Tali schematizzazioni sono comprensibili e necessarie per stabilire delle linee guida per la progettazione a livello nazionale, ma non possono di certo ritenersi adeguate quando si tratta di edilizia storica. E' infatti fuorviante pensare che la specifica composizione delle malte e le peculiari caratteristiche dei laterizi impiegati per le murature d'involucro possano rientrare in una schematizzazione operata su test eseguiti in condizioni di laboratorio. Inoltre è da considerare che gli studi e le misurazioni effettuate per redigere delle norme sono realizzati impiegando materiali simili, ma non sempre rappresentativi di quelli impiegati in epoche antiche, ed in zone differenti. Le peculiarità di una malta di argilla come quella presente nel Palazzo Pallavicino, dunque, sono difficilmente rappresentabili dai campioni su cui si sono redatte le norme cui accennato sopra, ma su questi dati, in mancanza di altri più verosimili, si deve impostare il modello di edificio per la simulazione energetica, con il relativo strascico di imprecisione che ne deriva. Un altro aspetto che viene standardizzato in modo eccessivamente semplificato dai test in laboratorio è quello, su cui esistono pochi studi specifici, degli effetti dell'umidità presente nelle murature. Il quantitativo di acqua contenuta in un setto 100 murario non ha particolari riflessi sulla stabilità e sulla resistenza alle forzanti strutturali, ma ha una rilevanza non trascurabile se si considerano le prestazioni termiche. La conducibilità dei materiali varia con il variare del contenuto igrometrico all'interno del materiale stesso, allo stesso modo delle temperature interne e superficiali, e gli effetti di queste variazioni, in murature antiche di spessori notevoli, sono assolutamente rilevanti e non trascurabili. Questi aspetti possono influenzare sia la prestazione energetica che la durabilità degli strati di finitura che il comfort interno, è quindi difficile credere di poter effettuare qualsiasi studio su un edificio senza tener conto di una così ampia gamma di fenomeni coinvolti. Il rischio sarebbe quello di ottenere dei risultati parziali o fuorvianti, con possibili conseguenze anche gravi sia dal punto di vista conservativo che da quelli, forse meno gravi, ma comunque importanti, del comfort interno e del risparmio energetico. 5.3.4 I dati degli apporti interni Quando ci si approccia alla creazione di un modello termico di un edificio non ci si può fermare alla modellizzazione geometrica e dei materiali ed all'inquadramento climatico, ma è necessario definire anche molte altre variabili che diano informazioni relative all'utilizzo dei locali. La definizione dei parametri che i softwares richiedono è molto articolata e riguarda tutte le fonti di calore che si ipotizza possano essere presenti all'interno. Ciò presuppone, come appare chiaro, che siano ben definite già in fase di studio, sia la destinazione d'uso dei locali, che il numero di utenti presenti. Oltre alla presenza antropica è oggetto di analisi e simulazione anche la presenza di apparecchiature elettriche, quali calcolatori, macchine varie da ufficio, distributori di cibi e bevande, macchinari ed utensili da lavoro per laboratori o zone di produzione ecc.. 101 Infine si deve tener conto della presenta di corpi illuminanti, anche questi non semplici generatori di radiazione luminosa, ma soprattutto portatori di calore, che ingenera moti convettivi e micro turbolenze nell'aria ambiente e che contribuiscono al riscaldamento del medesimo quando sono in funzione. E' quindi richiesta un'opera di computazione e di inevitabile approssimazione per giungere ad inserire dei valori, espressi in unità di potenza (Watt) che ritraggano, il più verosimilmente possibile, la situazione reale, sia in fase di funzionamento che di stand-by, delle apparecchiature elettriche e dei corpi illuminanti, oltre che i livelli di occupazione degli utenti. L'approssimazione in questo caso può risultare considerevole, ma generalmente, è possibile simulare varie situazioni, quindi non si rischia di ottenere risultati fuorvianti, se si predispongono opere ed impiantistica opportune. 5.3.5 I dati della ventilazione e delle infiltrazioni Altri parametri da tenere in conto quando ci si approccia alle simulazioni energetiche sono la ventilazione degli ambienti e le infiltrazioni di aria esterna. I softwares sono impostati per considerare un ricambio d'aria standardizzato a seconda che si tratti di una nuova costruzione (0,3 vol/h), o che si tratti di un edificio esistente con serramenti non dotati di guarnizioni a tenuta d'aria (0,5 vol/h), come da norma UNI TS 11300-1 e la UNI EN 15251. Non si può certamente dire che in questo caso la normativa soddisfi appieno le esigenze di precisione nella simulazione, ma per fortuna i softwares possono essere parametrizzati a piacimento, quindi, previa esecuzione di adeguate analisi sull'esistente con idonea strumentazione, si può impostare il calcolo su parametri molto vicini alla situazione reale. 102 Nella maggior parte dei casi reali purtroppo, viste le difficoltà e l'onere di tali rilevazioni, sono necessarie delle approssimazioni che rendono implicito anche in questa fase, un certo margine di imprecisione. 5.3.6 I dati dei sistemi impiantistici Anche per quanto riguarda la simulazione del funzionamento degli impianti tecnologici, i due softwares che si sono utilizzati per le simulazioni hanno approcci differenti. Nel primo caso il software si concentra sull'approfondita analisi della struttura fisica dell'edificio e sui parametri di funzionamento per calcolare, tra le decine di possibili variabili, il fabbisogno di energia dell'edificio, sia per riscaldamento che per raffrescamento. E' questo il funzionamento di EnergyPlus, che, come si è accennato in precedenza, non contempla la simulazione del funzionamento degli impianti tecnologici recependone le specifiche tecniche, ma comunque ne considera gli effetti sul clima interno e sulle strutture. Con questo applicativo è infatti sufficiente un'impostazione di livello di temperatura interna nei periodi estivo ed invernale per consentire al programma di restituire il dato relativo al fabbisogno energetico dell'edificio, al quale un impianto (di qualsiasi tipologia) dovrà provvedere. Il software Polimess, al contrario, è calibrato proprio per questo tipo di analisi, concedendosi maggiori approssimazioni sulla struttura fisica dell'edificio e sulla geometria, è invece preciso sia nella computazione degli apporti interni e nel calcolo delle dispersioni per ventilazione e ricambi d'aria. Questo applicativo ha già impostata una sezione nella quale il calcolo del fabbisogno viene tradotto in consumo di combustibile (o elettricità) del sistema impiantistico impostato e, previo che si immettano i prezzi della fornitura, fornisce già un'indicazione abbastanza precisa dei costi che si dovranno sostenere. 103 5.4 Confronto dei dati ottenuti dalle simulazioni effettuate Nei paragrafi precedenti si sono illustrate, seppur con molte semplificazioni, le maggiori lacune che si possono individuare nei due softwares presi in esame, in un'analisi che ne ha paragonati alcuni risultati a quelli ottenuti dagli strumenti installati nell'edificio in esame. In questa fase conclusiva si darà conto dell'iter seguito per raggiungere tali esiti e, attraverso la lettura delle rappresentazioni grafiche maggiormente significative, si metteranno in luce gli aspetti maggiormente problematici che limitano la corretta rappresentazione dei fenomeni che interessano una fabbrica antica come il Palazzo Pallavicino. Con il software EnergyPlus la modellazione geometrica dell'edificio è preceduta dall'inquadramento geografico, da effettuare mediante l'inserimento delle coordinate specifiche della località in cui è situato l'edificio oggetto di studio. Come detto in precedenza, con questo software è possibile costruire un modello tridimensionale mediante l'applicativo SketchUp, che consente di ricreare sia l'edificio che il contesto (Fig.3), distinguendo tra porzioni oggetto di simulazione (zone termiche) e porzioni che svolgono la funzione di ombreggiamenti e/o edifici adiacenti (zone ombreggianti). Si è dunque proceduto alla creazione di un modello tridimensionale sulla base delle reali dimensioni derivate dalle rilevazioni geometriche precedentemente effettuate sul fabbricato. A seguito della creazione della conformazione fisica del modello, il software richiede l'inserimento degli altri dati che servono a descriverne sia la composizione materica sia, in base alla destinazione d'uso, il quantitativo di apporti di calore derivati dalla presenza di occupanti ed apparecchiature elettroniche, sia gli effetti della ventilazione e delle infiltrazioni d'aria. Si è dato conto più dettagliatamente di quanto sopra menzionato nei paragrafi precedenti, cercando di fare luce su possibili discrepanze tra la realtà e le condizioni simulate, nel prosieguo si riporteranno i 104 primi risultati ottenuti, cercando di fornirne una lettura critica che ne metta in luce aspetti positivi e criticità. 5.4.1 Confronto delle variabili ottenute Nella prima fase dell'analisi si sono utilizzati, ai fini dell'inquadramento geografico, le coordinate ed il file climatico disponibile della località più prossima all'edificio, ossia di Piacenza, che dista dal sito di analisi circa 25 km. Si riporta nel grafico 3 la prima rappresentazione degli andamenti annuali di temperatura ed umidità relativa rilevate in loco e di quelle restituite dal file climatico di Piacenza, al fine denotarne le difformità. Come si evince dalle linee che rappresentano gli andamenti delle due principali grandezze prese in esame, temperatura ed umidità relativa, le differenze, seppur non molto rilevanti per quanto riguarda le temperature, sono invece notevoli quando si prende in considerazione l'umidità relativa, che risulta in molti punti molto distante dalla situazione reale. Si è ritenuto che la problematica fosse principalmente dovuta all'utilizzo di dati climatici non perfettamente rappresentativi della situazione climatica della località in esame, che, seppur con situazioni di temperatura simili, ritraggono una situazione molto differente di umidità relativa, che potrebbe essere dovuta a peculiari situazioni microclimatiche locali del sito in cui è collocata la stazione meteorologica che li ha registrati. Inoltre si deve considerare che i dati climatici disponibili delle stazioni meteorologiche italiane rappresentano la media dei dati disponibili registrati, risalenti in parte al ventennio 1951-1970, l’anno tipo consiste in 12 mesi caratteristici scelti da un database di dati meteorologici di un periodo che dovrebbe essere preferibilmente ampio almeno 10 anni. La metodologia di calcolo utilizzata è quella riportata nella norma europea EN ISO 15927-4. Lo studio da effettuare ha quindi reso necessario la creazione del file climatico che non fosse necessariamente rappresentativo dell'andamento climatico caratteristico 105 della località geografica, ma piuttosto che fosse massimamente confrontabile con il periodo in esame e con la peculiare situazione microclimatica locale, seppur con le dovute cautele. Infatti la situazione microclimatica del centro città può essere con massima precisione ritratta solo sul posto, e non certo in una località periferica della città, come nel caso della stazione meteorologica di via Fatebenefratelli, dalla quale si sono potuti ottenere i dati, tramite i files forniti da ARPA Lombardia. Si riporta in seguito una rappresentazione delle medesime grandezze raffigurate nel grafico precedente, ottenute, per quanto concerne i dati del file climatico, dalla stazione di Cremona di cui sopra. Si può notare come le linee di temperatura ed umidità relativa, in questa situazione siano molto vicine, quasi sempre sovrapposte, quindi i valori che si stanno utilizzando sono sicuramente più vicini alla situazione reale, questo renderà possibile i successivi confronti tra variabili misurate e simulate all'interno del vano della presidenza. La differenza tra i dati climatici registrati dalla stazione meteo cremonese di via Fatebenefratelli e quelli registrati nello stesso periodo presso il Palazzo Pallavicino può essere riconducibile alla situazione microclimatica che essi ritraggono, infatti mentre la stazione meteo di cui sopra è situata in una zona periferica della città, caratterizzata da una forte presenza di aree verdi ed alberature di grandi dimensioni, il Palazzo Pallavicino è situato in pieno centro cittadino, circondato da edifici e costituente esso stesso due corti interne, come si è detto nei capitoli precedenti. A ciò va aggiunto che la sonda esterna, per motivi di manutenzione e per garantire la durabilità dell'apparecchiatura stessa, è stata installata sotto il loggiato rivolto a Nord della porzione Sud del fabbricato più antico, quello in cui oggi è situata l'aula magna. Nel grafico 4 si possono notare quali siano gli andamenti, nell'anno indagato, delle misurazioni di temperatura ed umidità relativa esterne rilevate dalla sonda e quella restituita dal software EnergyPlus con i dati della stazione Cremona (qui detta T°Est.file climatico). 106 meteorologica di Sono rappresentate invece nel grafico 5 le temperature e l'umidità relativa interne misurate dalla sonda adiacente al globotermometro (per la collocazione nel complesso vedere fig. 6 e 7, nell'ambiente fig. 8 e 9) e le stesse variabili restituite dalla simulazione con il software di cui sopra. Dalla rappresentazione (grafico 5) si possono fare alcune considerazioni: per quanto riguarda l'andamento dell'umidità relativa si possono notare delle notevoli difformità tra la linea di umidità relativa interna dell'aria rilevata dal sensore adiacente al globotermometro e quella dell'umidità relativa interna restituita dal software. Le cause di tale difformità così evidente sono molto probabilmente da ricercare nella diversità dei dati immessi nel software per consentire il calcolo, ossia, facendo riferimento ai valori di umidità relativa esterna (quindi dell'ambiente) che si possono osservare nel grafico 4. Inoltre, come si vedrà più avanti, non si può trascurare di considerare in qualche modo inadeguata la valutazione che il software EnergyPlus fa dell'effetto di accumulo di umidità (effetto buffer) tipico delle murature massive, il che si produce in un effetto inerziale sulle variazioni del quantitativo di vapore acqueo nell'ambiente interno. Altra situazione è invece quella concernente le temperature. Queste infatti, come si vede dalla rappresentazione nel grafico 4, non presentano difformità così ampie come si vede per l'umidità relativa e l'andamento annuo delle temperature esterne è molto simile. Questa prossimità delle due linee di temperatura esterna genera due linee di temperatura dell'aria interna molto simili tra loro, a dimostrazione della bontà del calcolo effettuato per la situazione simulata che è, lo si deve sempre tenere presente, costruita sulla base dei dati ambientali immessi mediante il file climatico creato appositamente. Le differenze tra le temperature interne sono davvero notevoli solo in pochissimi casi, anche se, ad una scala di osservazione più dettagliata, si notano e non possono considerarsi poco significative. E' questo il caso di analisi degli andamenti settimanali (grafico 6), oppure giornalieri (grafico 7). 107 Dalla rappresentazione settimanale si nota chiaramente quanto i dati differiscano nel dettaglio, in particolare per quanto riguarda l'umidità relativa, che non riesce ad avvicinarsi praticamente mai alla situazione reale, presentando picchi di valori e variazioni molto più ampie. Le temperature esterne, da file climatico e registrate, sono differenti tra loro e, per quanto il loro andamento annuo sia similare, nel dettaglio presentano difformità, come accennato in precedenza, significative, che rendono la simulazione inefficace per la rappresentazione puntuale dell'esistente. Inoltre va notato in entrambi i grafici che la temperatura dell'aria interna rilevata registra, nel periodo autunnale in particolar modo, valori molto più alti dei 20°C richiesti dalla normativa vigente, dovuti all'accensione dell'impianto di riscaldamento a livelli ben più elevati di quelli che sarebbero necessari. E' da denotare altresì che la temperatura dell'aria interna da simulazione rimane, invece, sulla quota fissa dei 20°C. Questa peculiarità è dovuta al fatto che il software EnergyPlus è creato per il calcolo del fabbisogno di energia per il riscaldamento e per il raffrescamento dell'edificio, dunque i valori di temperatura dell'aria interna sono le condizioni interne che imposta l'utente e non quelle che potrebbero esserci in caso di malfunzionamento dell'impianto o di lacune nella regolazione di quest'ultimo. Circostanze peculiari come quelle appena citate, che caratterizzano le condizioni termoigrometriche dei locali del Palazzo Pallavicino, di certo, non possono essere contemplate mediante un software di simulazione. La situazione invernale interna ai locali può essere ritratta, mediante la simulazione con EnergyPlus, solo in regime passivo, ossia impostando come spento il sistema di riscaldamento. Quanto appena ipotizzato è sicuramente uno studio che potrebbe ottenere maggiori riscontri nella situazione invernale, ma presuppone di effettuare il monitoraggio sull'immobile lasciato, per tutto il periodo di simulazione, inutilizzato, in modo da registrare i valori delle variabili in esame senza che siano in alcun modo condizionati da fattori di perturbazione quali l'affollamento, la ventilazione incontrollata dei locali e gli apporti di calore dovuti al funzionamento delle apparecchiature elettroniche. 108 Nel periodo estivo, invece, in particolare nella prima settimana del mese di agosto, è possibile effettuare questo tipo di confronto, in quanto il Palazzo Pallavicino, in questo periodo, è praticamente inutilizzato, vista la destinazione ad uso scolastico. Nella rappresentazione grafica, di seguito riportata nel grafico 8, si nota come in questa situazione le temperature esterne del file climatico utilizzato e quelle recepite dalla sonda esterna siano molto simili, diversamente dalla situazione invernale. Questa maggiore uniformità dei dati ambientali, unita alla mancanza di apporti interni sia nella situazione reale che nelle impostazioni di simulazione, si traduce in un output dei valori di temperatura interna dell'aria molto simili a quelli registrati dalla sonda interna, quindi in questa situazione la simulazione è molto efficacie. Questa considerazione sta a dimostrazione del fatto che la schematizzazione delle strutture dell'edificio e del loro comportamento termico è senza dubbio rappresentata in modo abbastanza preciso dalla simulazione dinamica, anche se permangono alcune differenze. Il caso dell'umidità relativa resta invece molto differente e, come si vede sempre dalla rappresentazione nel grafico 8, anche in questo regime , che si potrebbe definire, semplificato per gli annullamenti delle variabili dovute all'utilizzo, permangono delle evidenti lacune nei valori restituiti dal simulatore. Queste difformità sono probabilmente da attribuire alla difficoltà di valutare correttamente la percentuale di umidità presente nelle murature massive e gli effetti di quest'ultima sia sulle temperature interne (effetti di lieve entità) che sul livello di umidità interna all'ambiente. Una lettura attenta della rappresentazione grafica consente di mettere in luce alcuni aspetti dell'andamento reale dell'umidità relativa interna all'ambiente, che pare avere una maggior inerzia di quello simulato, che invece reagisce sempre con immediatezza alle variazioni della temperatura dell'aria. Si nota infatti che, quando sale la temperatura simulata, l'umidità relativa simulata si abbassa, come dovrebbe avviene da formule matematiche. La stessa cosa avviene con modalità differenti quando si passano in esame le medesime variabili rilevate dalle strumentazioni installate nel locale. Si vede infatti 109 come alle variazioni di temperatura l'umidità interna varii con maggior lentezza e con oscillazioni di ampiezza inferiore, rispetto alla corrispondente simulata. La ragione di questo comportamento è molto probabilmente da ricercarsi nelle proprietà igroscopiche dei materiali costituenti le murature. Qualsiasi muratura infatti ha la naturale tendenza ad adsorbire l'umidità presente nell'aria che la lambisce ed è noto che sia ugualmente propensa a rilasciarla all'ambiente quando le condizioni lo consentono. Le modalità di questo scambio di molecole di acqua tra murature e aria dipendono da molti fattori, ma sicuramente anche e significativamente dai materiali e dagli spessori propri della muratura in esame. Non sarà in questa sede che si approfondiranno tematiche così peculiari e complesse (per approfondimenti vedere D.Camuffo, Basic environmental mechanism..., 2011), ci si limiterà a denotare che la muratura del vano sottoposto ad analisi e simulazione ha un comportamento simile ad un accumulatore di umidità ed è predisposta a rilasciarla quando si riscalda e e riadsorbirla quando si raffresca, contribuendo in modo molto efficace al mantenimento di una certa stabilità all'interno del locale. Denotiamo che questo comportamento, invece, non è considerato correttamente dal simulatore, che, pur ottenendo valori simili, non riesce a ricreare un tale comportamento inerziale della muratura. Si può ipotizzare infatti che la permeabilità al vapore e la resistenza termica delle murature del Pallavicino, vista la peculiare composizione delle malte cremonesi in calce ed argilla, di cui si è parlato nei capitoli precedenti, non sia perfettamente ascrivibile ai valori medi tipici di malte di calce normalmente utilizzate in fabbricati coevi di altre località, o comunque non sia rappresentata in modo sufficientemente preciso dai modelli di calcolo utilizzati. Queste ipotesi, che potrebbero spiegare le ragioni di difformità così ampie tra gli output ottenuti dalla simulazione con EnergyPlus e la situazione monitorata, necessitano sicuramente di approfondimenti incentrati su analisi peculiari del comportamento termoigrometrico di tali strutture in loco. Un tale approfondimento scientifico sarebbe utile a comprendere quali siano le reali caratteristiche fisiche ed 110 igroscopiche di questa peculiare tipologia di murature e di quale entità siano le differenze con i valori che la normativa vigente (UNI 10351, UNI 10355) attribuisce a murature di struttura similare. Questo renderebbe possibile, altresì, di affinare la simulazione, adeguando i valori standard dei materiali inseriti a quelli peculiari risultati dalle analisi, modificando così il comportamento delle murature, sui sembra lecito ricondurre le difformità degli output finali. 5.4.2 Confronto dei dati sul fabbisogno energetico per riscaldamento In questo studio sono stati messi a confronto due softwares per la simulazione energetica in regime dinamico del comportamento termico degli edifici. Emerge da quanto riportato in precedenza, la conferma di una differenza sostanziale tra i due softwares che si sono utilizzati. EnergyPlus è creato appositamente per simulare il comportamento degli edifici, siano questi di progetto o già esistenti, ed infatti risulta molto più ricco di variabili specifiche per ottenere una maggior precisione nella costruzione di modelli quanto più simili al vero. Polimess è un applicativo nato per la simulazione dei consumi energetici degli edifici industriali, che fornisce dei risultati abbastanza vicini al vero anche in caso di edifici a differente destinazione, ma che si concentra molto di più sulla sezione impiantistica rispetto che all'impostazione di un modello dettagliato. I risultati ottenuti in termini di fabbisogno di energia termica in entrambi i casi sono abbastanza lontani dai consumi reali del Pallavicino, in termini di kWh/mqa. Le semplificazioni che si rendono obbligatorie con Polimess, sia in termini di superfici, che in termini di composizione degli elementi disperdenti, hanno su un edificio storico eterogeneo come il Palazzo Pallavicino, l'effetto di distanziare notevolmente i risultati ottenuti da quanto si registra nella situazione reale. 111 Questo conferma che il software, che, come detto in precedenza, è nato come supporto per gli impianti di produzione industriale, non è adeguato alla simulazione di edifici civili, ed a maggior ragione, di edifici storici. Differenti sono le considerazioni da fare per quanto riguarda la simulazione con EnergyPlus. Con questo software si è ottenuto, settando la temperatura dell'aria interna a 20°C, un risultato molto differente da quello rilevato reale, ma una considerazione va fatta: la temperatura interna dell'aria nella realtà è quasi sempre superiore a tale valore, quindi è di sicuro coerente che il fabbisogno di energia per mantenerla su valori più alti richieda maggiori apporti. Si sono dunque eseguite ulteriori simulazioni, procedendo per approssimazioni successive, fino ad ottenere un fabbisogno pari al reale consumo energetico registrato. Si è dunque visto che, per raggiungere tale soglia di consumo, la temperatura dell'aria interna, con il modello impostato, avrebbe dovuto essere mantenuta a 22,7°C. Anche in questo caso, confrontando la temperatura così impostata con la media delle temperature rilevate nel periodo di accensione del riscaldamento si possono riscontrare delle differenze, infatti queste ultime si attestano sui 21,6°C. Questa considerazione rimanda direttamente a quanto detto in precedenza sul funzionamento del sistema di riscaldamento Temperierung. Infatti nella fase di analisi dei dati del monitoraggio si era constatato che la dispersione di calore lungo la sezione orizzontale avveniva in misura maggiore rispetto alle ipotesi, secondo le quali, invece, i circuiti scaldanti alla base della muratura avrebbero dovuto trasferire il calore alle parti alte della muratura stessa, limitando le dispersioni verso l'esterno. In questo caso emerge un'altra incompatibilità tra software e situazione reale: il fabbisogno energetico dell'edificio nella simulazione risulta inferiore, mentre il consumo energetico reale è superiore. Se sia da attribuire alle diseconomie della gestione dell'impianto, alle eccessive dispersioni attraverso le murature oppure ad altri tra i fattori di incongruenza elencati in precedenza, non è facile da 112 comprendere, di sicuro emerge chiara la necessità di effettuare ulteriori approfondimenti sia in ambito di indagine in loco sia nelle simulazioni. L'applicativo EnergyPlus, dunque, nonostante le ben più ampie possibilità di settaggio, rispetto a Polimess, non riesce a ritrarre con sufficiente precisione il comportamento termoigrometrico dell'edificio e, di conseguenza, non sembra poter essere utilizzato per le analisi sull'esistente di fabbricati storici, per i quali la via del monitoraggio in continuo pare essere l'unica soluzione per non incappare in inesattezze che potrebbero comprometterne la durabilità. Allo stesso modo una considerazione può essere fatta a favore di questi strumenti i quali, seppur non adatti a ritrarre le situazioni di dettaglio, possono invece essere un validissimo aiuto ai progettisti qualora non vi sia la possibilità di eseguire analisi specifiche e monitoraggi, in quanto, si è visto, le indicazioni sul lungo periodo possono essere considerate accettabili, almeno per quanto riguarda le temperature. 113 6 Conclusioni sull'uso dei simulatori in ambito conservativo La corretta valutazione delle problematiche legate all'umidità ed alle temperature dell'aria, come visto nel primo capitolo della trattazione, sono di fondamentale importanza se si parla di conservazione degli strati pittorici, delle decorazioni parietali e delle eventuali opere o manufatti esposti, in quanto tutti, in misura differente, subiscono gli effetti negativi delle variazioni queste due variabili. Al contrario, non è ancora possibile stabilire con precisione quanto influisca la presenza di umidità nelle murature in termini di fabbisogno energetico dell'edificio, in quanto questa complessa fenomenologia non è, ad oggi, ancora stata sufficientemente considerata da alcuna normativa nazionale. La principale ragione di ciò è sicuramente che i fenomeni legati alla presenza di umidità negli elementi murari sono aspetti molto specifici, che interessano ogni edificio, ma ciascuno in modo differente dagli altri. La normativa può certamente standardizzare e dare delle linee guida, ma difficilmente può uniformare qualcosa che può variare da caso a caso. Per una corretta impostazione dei parametri richiesti dai softwares ed una conseguente verosimiglianza dei risultati, si ritiene difficile di potersi esimere dallo studio peculiare dei materiali in loco, con apposita strumentazione che consenta di ottenere i corretti valori di conducibilità e di trasmittanza degli elementi dell'involucro da inserire in seguito nei software. Questa appare come una "conditio sine qua non" per la corretta impostazione tanto del modello di calcolo utilizzato dal simulatore, quanto, più in generale, dello studio del comportamento termico di edifici storici. Considerando quanto appena esposto, sembra non esserci alcun dubbio sulla necessità di operare una approfondita analisi termoigrometrica sugli edifici oggetto di studio, che possa fare luce, senza lasciare spazio ad incertezze, sulle reali caratteristiche di materiali e componenti d'involucro, oltre che sulle reazioni di questi alle variazioni nel tempo dei parametri coinvolti. 114 Si è riscontrato che, per poter utilizzare correttamente gli strumenti tecnologici esistenti per la simulazione energetica, non si può esimersi, almeno in casi di edilizia storica, dall'operare delle indagini preliminari che rendano noti inequivocabilmente i parametri necessari ad operare un settaggio iniziale in linea con l'esistente, per non andare incontro ad errori che possono essere anche di notevole entità. Le problematiche principali riscontrate nella creazione del modello termico dell'edificio, seppur di varia natura, sono riconducibili alla difficoltà di reperimento e standardizzazione sia dei valori delle reali caratteristiche dei materiali che del reale comportamento dell'utenza. Come detto in precedenza, sia nei fattori di occupazione dei locali, che nei livelli di ventilazione e di ricambi d'aria, che nella regolazione dell'erogazione del calore, le difformità di una situazione reale da quella simulata possono condizionare il buon esito sia delle analisi sull'esistente che della progettazione. Le standardizzazioni necessarie per ottenere dei risultati concreti e degni di nota per l'abbattimento dei costi di gestione degli edifici storici sono moltissime e coinvolgono tutti i soggetti interessati, a partire dall'utenza, che attraverso i comportamenti quotidiani, può incidere profondamente sul buon funzionamento del sistema edificio-impianto. Gli approfondimenti sviluppati in questo elaborato intendono mettere in luce sia alcuni fattori di pregio dei softwares presi in esame che alcune lacune, non sempre imputabili agli strumenti stessi. La possibilità di utilizzare mezzi così sofisticati per lo studio delle condizioni termoigrometriche degli edifici ha aperto da tempo un'ampio ventaglio di possibilità per i progettisti, ma la consapevolezza degli almeno altrettanto ampi possibili errori di calibrazione degli stessi softwares deve necessariamente indurre un atteggiamento di cautela nella valutazione dei risultati. Un utilizzo consapevole di tali strumenti non può dunque mettere al riparo da valutazioni sommarie e scelte non del tutto opportune, ma sicuramente può ridurne gli impatti negativi su edifici ed opere di valore storico e culturale, oltre che sul comfort degli utenti e sul mantenimento di prestazioni energetiche adeguate alla situazione economica ed ambientale attuale. 115 Immagini Figura 1 - Palazzo Pallavicino Ariguzzi a Cremona, veduta da p.zza S.Omobono. 116 Figura 2 - Palazzo Pallavicino Ariguzzi a Cremona, veduta aerea nel contesto urbano e localizzazione del locale della presidenza (evidenziato). 117 Figura 3 - Modello realizzato per la simulazione energetica con EnergyPlus del Palazzo Pallavicino nel contesto urbano. Figura 4 - Fotoinserimento del modello realizzato per la simulazione energetica con EnergyPlus del Palazzo Pallavicino nel contesto urbano. 118 Figura 5 - Locale della presidenza. Restituzione planimetrica della psicrometria eseguita il 30/01/2014 (a sinistra) , termografia eseguita l’8/3/2013 (in basso a destra), entrambe con impianto acceso 119 Figura 6 - Locale della presidenza. Collocazione planimetrica del locale della presidenza. Figura 7 - Locale della presidenza. Collocazione in sezione del locale della presidenza. 120 Figura 8 - Locale della presidenza, collocazione planimetrica delle sonde di temperatura a contatto, del globotermometro e della sonda T° ed UR aria interna (adiacente al globotermometro). Figura 9 - Locale della presidenza, collocazione in sezione delle sonde di temperatura a contatto (n12 esterna ed n13 interna), del globotermometro e della sonda T° ed UR aria interna (adiacente al globotermometro). 121 Grafici Grafico 1 - Dettaglio temperatura aria e radiante il 1°genaio 2015 interne alla presidenza Grafico 2 - Temperature interna ed esterna (T int, Text), Temperature superficiali delle pareti nella parte alta (T...a) e bassa (T...b) a confronto 122 Grafico 3- T° ed UR esterne da file climatico della stazione di Piacenza e rilevate sul posto a confronto (Anno intero) 123 Grafico 4- T° ed UR esterne da file climatico della stazione di Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto a confronto (Anno intero) 124 Grafico 5- T° esterne da file climatico Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR interne alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto (Anno intero) 125 Grafico 6- T° esterne Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR interne alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto (riscaldamento acceso) 126 Grafico 7- T° esterne Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR interne alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto (riscaldamento acceso) 127 Grafico 8- T° esterne Cremona (via Fatebenefratelli) e rilevate sul posto, T°ed UR interne alla presidenza rilevate e simulate con EnergyPlus a confronto (riscadamento spento) 128 Bibliografia TESTI ARCHITETTURA ED AMBIENTE Reyner Banham, Architecture of the Well-tempered Environnement, London, 1969; trad. it. 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V.Pracchi, correlatori Prof. Rajendra S.Adhikari, Prof.Arch. A.Rogora, Prof.Arch. E.Rosina, a.a. 2008/09 TESI DI DOTTORATO A.Luciani, Historical climates and conservation environments, tesi di dottorato, relatore Prof A.Grimoldi, correlatore Prof. T.Brostrom, responsabile del dottorato Prof.Carolina Di Biase, ciclo XXIV, anni 2009-13 TESTI SIMULAZIONE ENERGETICA MEDIANTE SOFTWARES C.M.Capener; S.Burke, S.Le Roux, S.Ott, Hygrothermal Performance of TES Energy Façade at two European residential building demonstrations, Comparison between Field Measurements and Simulations, Lund University, Proc. 10th Nordic Symposium (2014) M.Pazold, F.Antretter, J.Radon, HVAC Models coupled with hygrothermal building simulation software, Lund University, Proc. 10th Nordic Symposium (2014) E.Rosina, le analisi microclimatiche e termoigrometriche dal 1986 al 2003, in "l'oratorio di Santo Stefano a Lentate. 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Andrea Luciani • Palazzo Pallavicino, Relazione Centro Nazionale per il restauro e la conservazione degli strumenti musicali, 2008 Normativa di riferimento: • • • • • • • • • • • UNI 10829, Beni di interesse storico e artistico, condizioni ambientali di conservazione, misurazione ed analisi, luglio 1999 legge 10/91, Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia Normal 42/93, oggetto: criteri generali per la scelta e l’applicazione di indagini non distruttive campo di applicazione: manufatti e loro materiali costruttivi Direttiva 2010/31/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia Legge Regionale 18 aprile 2012 , n. 7, Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione Normativa di riferimento UNI 9252, novembre 1988, isolamento termico, rilievo ed analisi qualitativa delle irregolarità termiche negli involucri degli edifici, metodo della termografia all’infrarosso EN 16242: 2012 Conservation of cultural heritage, Procedures and instruments for measuring humidity in the air and moisture exchanges between air and cultural property EN ISO 15927-4 “Hygrothermal performance of buildings - Calculation and presentation of climatic data - Part 4: Hourly data for assessing the annual energy use for heating and cooling" Decreto interministeriale 26 giugno 2015, Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici Decreto interministeriale 26 giugno 2015, Schemi e modalità di riferimento per la compilazione della relazione tecnica di progetto ai fini dell’applicazione delle prescrizioni e dei requisiti minimi di prestazione energetica negli edifici Decreto interministeriale 26 giugno 2015, Adeguamento linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici 133 SITOGRAFIA • • • • • • • • • • • http://emmanuellegallo.free.fr/ http://www.ibp.fraunhofer.de/en.html http://www.hevac-heritage.org/ http://www.netdiap.polimi.it/Lab/diagnostica/index.html http://www.elsevier.com/ http://www.conservationphysics.org/ http://apps1.eere.energy.gov/buildings/energyplus/ http://wufi.de/en/literature/ http://www.cti2000.it/ http://clisun.casaccia.enea.it/ http://www.gsd.harvard.edu/research/gsdsquare/Publications/ 134